IL REGALO DEL TEMPO
- SEI UN CRETINO! – mi svegliai di soprassalto e mi guardai attorno cercando di capire se avevo sognato o qualcuno aveva gridato davvero.
In
soggiorno non c’era nessuno eppure… ero convinta
di aver sentito la sua voce…
Ripresi in mano il libro che mi era scivolato sulle gambe, lo chiusi e
lo
poggiai sul tavolino davanti a me.
E a un tratto sentii qualcuno che piangeva a
dirotto e una specie di terremoto che mi arrivava addosso.
– Piano, piano! -
-
Nonnaaaaaaaa, ho bisogno di coccoleeeeee!! – e mia nipote mi
si gettò addosso
con tutta la giovane irruenza dei suoi diciassette anni.
– Che è successo
stavolta? – le chiesi mentre carezzavo i suoi capelli chiari,
immaginando già
di cosa poteva trattarsi.
– C’è che i maschi sono tutti cretini!
Stanno sempre
a cercare dove non dovrebbero e non si accorgono di quello che si
perdono! -
-
E chi sarebbe questo sfortunato che ha perso questo qualcosa? O forse
questo
qualcuno? -
- Eh… chi sarebbe… Tutti! Non ce
n’è uno che ci provi a cercare
bene! -
- Calmati, come può essere facile trovare la persona
più importante
della tua vita? È una ricerca lunga, ci vuole tempo!
-
- Ma io non voglio la
più importante della mia vita, mi va bene anche una che sia
importante solo un
po’ – si era calmata e mi alzò in faccia
i suoi occhi verdi che grazie alle
lacrime appena accennate brillavano più del solito.
Ci guardammo e scoppiammo a
ridere insieme, ancora abbracciate.
-
Hyobo!* [tesoro] – al suono di quella voce ci staccammo e mia nipote
si sedette accanto a me sul sofà.
– Hyobo! Cos’erano quelle voci? – un uomo
alto e con i capelli brizzolati entrò nella stanza e ci
guardò.
Gli bastò un
attimo per capire cos’era successo, scosse la testa
e…
- TTo?* [ancora] Tto? Sempre a
confabulare voi due! Lo sapevo io che non dovevo permetterti di
insegnarle l’italiano!
Non lo sopporto quando parlate e non vi capisco! Che ci fai tu a casa a
quest’ora?
Non dovresti essere a scuola? Lo sai che nella vita bisogna impegnarsi
al massimo
se si vuole ottenere qualcosa! -
-Deee, harabeoji… * [Sì, nonno]-
- Emi appa!* [Padre di Emi, modo per rivolgersi indirettamente a una persona] – gli feci uno
sguardo che nel nostro codice significava “ancora
a fare il rompiscatole perfettino?”.
Nostra nipote si alzò per andare in
camera e lui con sguardo interrogativo mi disse – Che
c’è? Ho esagerato?
–
Io feci spallucce e dissi – Vedi un
po’ tu! –
Mio marito si affacciò ai piedi della scala, che una
Francesca a metà
tra il contrito e il divertito saliva trascinando i piedi e
appoggiandosi al
corrimano.
– Lo vuoi un gelato? – le urlò.
– No, harabeoji! –
Per
mio marito essere gentile con qualcuno consisteva come
al solito nel permettere di mangiare qualcosa contenente grassi e
carboidrati.
Se solo mi avesse conosciuta un anno prima del nostro primo incontro
credo che
non sarei qui adesso.
Lo guardai tutto contento che sua nipote avesse rifiutato
un gelato, scossi la testa e mi alzai.
– Dove vai? -
- Hai dimenticato che oggi
è il compleanno di tua nipote? -
- Chi? Susy? -
-No, Rita -
- Davvero? E dove
sono tutti? In
questa casa non c’è mai
nessuno ora che posso stare con loro! Prima, quando ero sempre pieno di
impegni
e non c’ero mai, erano sempre tutti qui – mi
avvicinai alle sue spalle e lo
abbracciai, carezzandogli il torace e stringendomi al suo corpo alto,
forte e
muscoloso.
– Ci sono io, non ti basto? – mi scostò
le mani solo per girarsi e
stringermi a sé a sua volta.
Inspirai a fondo il suo odore e il mio corpo
istintivamente ritrovò la sua posizione naturale tra le sue
braccia.
La sua
bocca scese a cercare il mio collo e poi lenta risalì verso
il viso.
Un bacio
leggero sulle labbra e poi sussurrò – Lo sai che
di te non ne ho mai abbastanza…
- le nostre labbra si riavvicinarono e il contatto si fece
più profondo e
intimo…
-
Eomma! Appa!* [Mamma! Papà!] Per favore! – al sentire quella voce ci
allontanammo
istintivamente il più possibile senza nemmeno guardarci in
faccia, io
improvvisamente interessata alle cadute delle tende, lui al libro che
io avevo
lasciato sul tavolo poco prima.
– Dov’è Franci? Non è ancora
tornata? –
Senza osare
girarmi le dissi – È di sopra in camera
sua… -
Sentii ridacchiare da dietro le
mie spalle e la sua voce che si allontanava dicendo – Potete
continuare! Tolgo
il disturbo! -
- MaeRi! – le gridammo dietro all’unisono io e suo
padre.
Lei
alzò la mano agitandola come per dire “niente
ringraziamenti, gente” e andò
dritta verso le scale.
Contemporaneamente la porta d’ingresso si aprì e
nostro
figlio entrò con dei libri in mano e il giubbotto,
palesemente trafelato.
–
Ajumma! Ajumma! * [Signora! - termine rispettoso con il quale ci si rivolge a donne di una certa età]–
- Emi, è andata a fare la spesa! Che è successo?
–
- Oh, eomma!
Devo andare a prendere Susy all’università, torno
presto! -
- Ma scusa, perché
non mandi… - ma la frase mi restò a
metà perché Emi era già fuori di
casa.
Mio
marito fece spallucce e mi disse – Lo sai che sua figlia non
la lascia a
nessuno, è così da quando è nata e non
cambierà di certo ora. –
Sospirai.
–
Quando quella ragazza si innamorerà saranno guai. Come se in
questa casa non
avessimo già avuto abbastanza problemi di cuore -
- Tranquilla hyobo, le vuole
bene e capirà quando sarà il momento di lasciarla
andare – mi si riavvicinò per
battermi la mano sulla spalla, con quel suo solito sorriso largo in
quella
faccia da schiaffi.
Mi venne da ridere perché da ragazza avevo una sua gif che
aveva proprio quella stessa espressione, ma ovviamente molte cose del
mio
essere sua fan da ragazza mio marito non le sa, e credo che
riuscirà a vivere
bene anche senza saperle.
Soddisfatto per avermi fatta ridere, comunque, si allontanò
anche lui verso le scale.
– Vado a prepararmi! -
- Arassò –
Presi il libro che
era rimasto in giro, sistemai il segnalibro e stavo per riporlo nella
libreria
giù in soggiorno quando sentii i suoi passi che si
fermavano
– Hyobo… è finito
il magic stick! –
Con gli occhi sgranati mi girai a guardarlo
– Cosa?! -
- Il
deodorante! – e se ne andò su per le scale
fischiettando la canzone dei tre
orsi.
– Hyoboyaaaa, saranghaeee!* [Tesoro, ti amo!] – gli gridai dietro
ridendo.
Sono
passati trent’anni da quando siamo sposati, e ci amiamo
ancora come il primo giorno.
Io per lui ho lasciato il mio mondo e la mia
patria, lui per me ha cambiato la sua vita in mille piccoli
modi.
Il nostro
amore non ci ha reso la vita semplice e bella, anzi ci ha complicato
tante,
troppe cose.
Ma grazie all’amore siamo stati in grado di arrivare qui dove
siamo.
La fotografia della nostra famiglia mi sorride da sopra il camino, e
siamo belli, siamo tanti.
Ognuno di noi ha la propria storia racchiusa in
cuore, e in ognuno di noi c’è un po’
della storia degli altri, perché nella
nostra famiglia è così.
Le gioie di uno sono le gioie di tutti e i dolori di
uno sono i dolori di tutti.
Ma il tempo, nel suo corso infinito di mesi, anni e
stagioni, ci ha fatto un grande regalo: ci ha permesso di essere
presenti
ognuno nella storia dell’altro.
Perché voglio raccontarvi questa storia? Perché
è la storia della nostra vita.
E questa vita che non mi aspettavo così…
è ogni
giorno un regalo.