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Autore: Selene Silver    04/02/2012    3 recensioni
«È tornato per restare?»
Teneva le mani dietro la schiena, dandomi le spalle, in una posizione che, inconsapevolmente, accentuava la fragilità della sua figura.
«Perché mi fa simili domande? Non ha già capito tutto?»
«Voglio sbagliarmi. Lei mi fa desiderare di sbagliare.»
Sorrisi amaramente, senza argomenti da opporre al ragionamento che, per una volta, non avrebbe avuto bisogno di spiegarmi. «Lei non sbaglia mai.»
«E allora perché
sei qui?»
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I'll be waiting in line - just to see if you care

 

«È tornato per restare?»
Teneva le mani dietro la schiena, dandomi le spalle, in una posizione che, inconsapevolmente, accentuava la fragilità della sua figura.
«Perché mi fa simili domande? Non ha già capito tutto?»
«Voglio sbagliarmi. Lei mi fa desiderare di sbagliare.»
Sorrisi amaramente, senza argomenti da opporre al ragionamento che, per una volta, non avrebbe avuto bisogno di spiegarmi. «Lei non sbaglia mai.»
«E allora perché sei qui?»
Si voltò verso di me, un guizzo di rabbia sul suo viso spigoloso, lanciandomi uno sguardo con gli occhi scuri, le iridi che parevano liquide.
Trattenni il fiato. «Davvero non capisci?»
«Non questa volta.»
Occhi bassi e gola stretta, mi sforzai di pronunciare le uniche parole che mi fossero venute in mente per spiegare. «Non lo so. Non riesco ad andare via.»

Mi sfuggì un singhiozzo quando la sua pelle bianca fu nuovamente soto le mie mani, illuminata dalle fioche luci che penetravano dagli scuri socchiusi contro il buio della notte. Avevo sempre amato quel pallore che evidenziava la differenza fra i nostri colori.
«Cosa c'è?» chiese con un tono morbido, passando le dita fra i miei capelli. Quand'eravamo così vicini sembrava cedere alla pressione di ciò che saliva da dentro se stesso, e mi lasciava il tempo di trovare le parole per descrivere qualcosa, invece che pormela davanti nel suo crudo linguaggio scientifico, in un modo che non sarei più riuscito a dimenticare. Ugualmente, sapevo che aveva già la risposta a quel suo quesito ben chiara in mente.
Perciò non risposi, continuando a passare le mani sul suo petto magro, tentando di percepire ancora una volta tutti i percorsi che sangue, muscoli ed ossa creavano sotto la sua pelle così bianca. Quanto tempo era passato, dall'ultima volta che l'avevo fatto? Non ricordavo, ma ogni distanza sembrò sparire quando lui posò la sua bocca sottile sul bio collo.
Sapevo che, anche in quel momento, il suo mirabile cervello continuava ad elaborare teorie, porsi domande e trovare risposte; ma lasciai che accadesse, perché anch'io ero impegnato nello stesso atto, a modo mio.
Conoscevo quel corpo. Avevo passato anni dedicandomi a catalogarne anche la più minuta alterazione, sia dal punto di vista medico che dal punto di vista umano. Era mio.
Era stato mio.
Un altro suono, simile ad un guaito soffocato, sgusciò fuori dalle mie labbra prima che potessi trattenerlo. Sul suo petto trovavo cicatrici che non conoscevo. Sulle sue braccia fiorivano lividi scuri ed i piccoli fori degli aghi.
Alzai lo sguardo, trovando i suoi occhi scuri e luminosi fissi sul mio viso. Non ebbi bisogno di dir nulla.
«Le vecchie abitudini non spariscono solo perché un amico ci lascia.» La sua mano tracciò il profilo del mio braccio nudo, soffermandosi sulla cicatrice della mia vecchia ferita di guerra, proseguendo per soffermarsi poi sul mio collo. «Peggiorano, se mai.»
Il suo tono fu scientifico esattamente come quando mi parlava di analisi ed indizi, ma senza il medesimo entusiasmo. Il mio cuore si strinse in un palpito doloroso, che mi fece desiderare di non essere mai andato via.
Volli che dimenticasse tutto. Volli affogasse in me come io non riuscivo a smettere di affogare in lui.
Premetti la mia bocca sulla sua, sentendo un sapore amaro ad esplodermi sulla lingua. Forse era il sapore che hanno i ricordi, oppure le troppe ore passate lontani, quando i pensieri si tendono a dispetto della volontà verso qualcuno che vuoi dimenticare.
Ma non l'avevo mai davvero desiderato, per quanto avessi tentato di sostituire le sue memorie con quelle di un'altra persona. Il biancore della sua pelle, il gusto della sua bocca, il tocco delle sue mani sottili e delicate; erano rimasti impressi dentro di me, immuni al tempo come al tentativo di altri colori, sapori e tocchi di cancellarli. Vi si erano solo sovrapposti.
Mi chiesi se la sua mente tanto brillante avesse già sciolto il rebus della mia fuga - se si fosse teso conto che una fuga c'era stata; ma la pressione delle sue braccia ad avvolgersi attorno al mio busto scacciarono via quella domanda. Mi serrò contro di sé. Sussurrò il mio nome, con un tono incerto, come se avesse dimenticato come fare.
Sapevo che la sua mente geniale non poteva dimenticare. Il mio cuore si strinse ancora un po' quando mi resi conto che ci stava provando, come me.
Ma un altro tocco delle sue lunghe dita fece sbiadire ed infine scomparire anche quel pensiero, come inchiostro da una pagina immersa nell'acqua. Lentamente, mentre chiudevo il mondo fuori dalla porta del vecchio appartamento 221B di Baker Street, il mio cuore tornò alle sue normali dimensioni ed anzi si allargò, pur non di molto: mentre lo abbracciavo, scoprii che faceva anche più male di quando si stringe.

«Non riesci ad andare via?»
Il sole filtrava con lentezza dolce e beffarda dalle finestre chiuse, segnando la fine di quella notte. Strinsi un braccio attorno alle sue spalle, perché non aveva fatto solo male. «Non finché tu mi chiedi di rimanere.»


Credits titolo: Coldplay - Shiver


Ambientata durante il racconto Uno scandalo in Boemia: la sera prima di recarsi a casa di Irene Adler, per prenderle la foto con cui lei stava minacciando il Re di Boemia, Watson si ferma a dormire a Baker Street dopo aver passato un lungo (almeno per come ne parla lui o_O) tempo lontano da Holmes...
Come molte(/i?) fanwriters di questa splendida sezione, ho tentato d'imitare lo stile di scrittura di Doyle, ma non credo mi sia venuto molto bene, e credo di aver solo creato un goffo patchwork fra il mio stile ed il suo °_° *argh* Se non altro, ho espresso un'idea che mi girava da lungo tempo in testa: ogni volta che Sherly fa a John una proposta, questo non riesce mai ad andare via.
In parte, ovviamente, è perché Watsy è un personaggio tutto panna (dottor cuor di panna? Trolol, dovremmo suggerirlo per un telefilm come Dottor Sexy M.D. Gray's Anatomy xD), senza la minima ombra - coma che mi ha reso ancor più difficile immedesimarmi con lui -, ma in parte... be'. Ci sarà anche una carica affettiva, in quegli uomini. Anzi, certo che c'è. Per non parlare di tutta la gayness.
(Ah, gli occhi di Sherlock sono scuri come vengono descritti nel libro ^^)
  
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