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Autore: Umiko_chan    05/02/2012    8 recensioni
Nei suoi occhi azzurri rivedevo i miei, lo stesso sguardo vispo e allegro, talvolta quasi infantile. E mentre le sue mani continuavano a danzare, il suo sorriso si allargò.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio | Coppie: Kaito Kuroba/Kaito Kid
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo osservavo lavorare dalla porta socchiusa, attento a non farmi notare. Aveva un’espressione serena mentre le sue mani esperte e sicure eseguivano una coreografia incomprensibile, facendo sparire e riapparire oggetti per il puro divertimento di farlo. Lo faceva come se fosse stata la cosa più naturale del mondo e la cosa mi incantava. Anch’io sarei diventato come lui, un giorno. Sarei stato il degno erede di Toichi Kuroba. Nei suoi occhi azzurri rivedevo i miei, lo stesso sguardo vispo e allegro, talvolta quasi infantile. E mentre le sue mani continuavano a danzare, il suo sorriso si allargò.
“Kaito, vieni dentro,” mi intimò senza distogliere lo sguardo dal suo gioco.
Entrai con cautela, accostandomi la porta alle spalle. Aspettavo il suo rimprovero. Che, per mia sorpresa, non arrivò.
“Perché ti nascondi? Hai paura perfino del tuo papà? Ti credevo più coraggioso…”
“Io sono coraggioso,” sbottai.
“E allora avvicinati.”
Non smetteva di sorridere, un sorriso dolce e malinconico. Le sue mani iniziarono a muoversi più lente e delicate. Con le lunghe dita affusolate disegnava linee morbide su una tela invisibile.
Azzardai un passo verso di lui, poi mi fermai. Non ero più tranquillo di prima, ma papà non sembrava affatto turbato. Divorai quegli ultimi metri che ci separavano, attraversando l’enorme stanzone quasi di corsa. Papà rise del mio entusiasmo. Salii in piedi su una sedia accanto alla sua scrivania per vedere meglio.
“Da grande anch’io voglio diventare un mago come te,” esclamai, cercando di imitare i suoi movimenti.
“Sei ancora un bambino, Kaito,” disse sorridendo.
Calò il silenzio. Io lo fissavo incantato mentre una colomba appena apparsa volava via dalle sue mani.
“Insegnami a fare le magie! Anch’io voglio essere come te, papà!”
Senza dire una parola, mi prese una mano tra le sue e ne fece apparire un’altra colomba, più piccola della prima.
“Può sembrare bello, Kaito,” disse, improvvisamente serio, “ma non è così. Io non sono perfetto come pensi.”
“Ma tu sei il mio papà!”
“Sì, piccolo mio. E niente potrebbe rendermi più felice,” sussurrò.
Il suo viso era una maschera di tristezza. In quegli occhi di un blu quasi surreale vedevo la pesantezza di quelle parole, sapevo che non si sarebbe lasciato andare così ancora, non molto presto almeno.
Dalle sue mani, che non avevano mai smesso di ballare nell’aria, uscì soltanto una nuvola di fumo. Poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Ci guardammo a lungo, senza una parola. In quel silenzio ci stavamo dicendo tutto e niente in una lingua che solo noi due potevamo capire, anche se nessuno ce l’aveva mai insegnata. Mio padre si lasciò sprofondare nella poltrona alle sue spalle. Sempre in silenzio mi fece cenno di sedermi sulle sue ginocchia. Obbedii, stavolta senza riluttanza.
“Kaito,” sussurrò, “ti voglio bene.”
Appoggiai la testa sul suo petto, mentre mi sussurrava una ninna nanna all’orecchio, stretto nel suo caldo abbraccio. Ci addormentammo entrambi che il sole già faceva timidamente capolino tra i palazzi all’orizzonte. Le colombe avevano smesso di tubare, come se avessero capito che non dovevano darci fastidio. Si erano addormentate l’una accanto all’altra, anche loro. Non sognai niente: infondo non c’era sogno più bello di quello che stavo vivendo.   

   
 
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