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Autore: Breed 107    15/09/2006    22 recensioni
Lei è una schiava, la sua schiava... lui è un principe, il suo padrone. Due vite che si incontrano, due destini che si intrecciano... Capitoli dal 1° all'11° revisionati
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il posto era esattamente come lo ricordava: una bettola appena visibile tra la fitta vegetazione che sembrava esser sul punto di risucchiarla da un momento all'altro.

Il terreno battuto appena dinanzi all'ingresso era crepato, nuvole di polvere si sollevavano ad ogni soffio di vento, vento che faceva frusciare rumorosamente le chiome degli alberi incombenti sulla stamberga a malapena illuminata dalla luna. Risa sgraziate di tanto in tanto si levavano rompendo il silenzio della notte, così come le fosche luci esterne spazzavano via il buio esterno, se pur a fatica.

Il Generale smontò da cavallo e i suoi freddi occhi osservarono ancora una volta quel postaccio; non amava recarvisi, ma non poteva fare altrimenti: non era missione da affidare ad altri, quella.

Diede un'affettuosa pacca alla sua cavalcatura, prima di legarla ad uno dei pali di legno scrostato che reggevano il patio della locanda. Salì i gradini che gemettero sotto il suo peso e si avvicinò ad una delle finestre per poter osservare l'interno; nonostante lo spesso strato di sudiciume che copriva i vetri, riuscì a scorgere le poche persone che avevano deciso di passare una serata all'Inferno Rosso, la peggior locanda di tutto il paese. Era famosa per la brutta gente che vi si recava, ma il Generale era più che convinto del fatto che nessuno dei clienti avrebbe potuto superare in sgradevolezza le tenutarie del locale.

Contò i clienti di quella sera con facilità, essendo circa una decina; pochi, ma particolarmente animosi: un paio di loro stavano giusto prendendosi a pugni, mentre gli altri li guardavano, tifando sguaiati per uno o per l'altro contendente e agitando a tal punto i boccali ricolmi di birra di pessima qualità da farne traboccare quasi l'intero contenuto.

L'interno del locale non era affatto meglio della facciata, anche lì sporcizia e squallore la facevano da padroni. Vi era un bancone in legno in cui i fori delle termiti erano visibili persino da quella distanza; botti di birra campeggiavano un po' ovunque, contendendo il poco spazio a tavoli traballanti, molti dei quali privi di scanni. Sul pavimento uno strato di paglia, resa grigia dal continuo calpestio, nascondeva a malapena il terreno battuto e celava ancor di meno la vera e propria spazzatura che i clienti vi gettavano, dal tabacco delle pipe, agli avanzi di cibo che più tardi avrebbero fatto da lauto banchetto per i molti topi che si aggiravano anche in quel momento tra le gambe dei suddetti astanti. Pesanti lampade ad olio illuminavano, poco e male, l'ambiente, infestandone l'aria con il loro odore rancido d'olio bruciato. Un camino spento in fondo era il momentaneo giaciglio di un ubriacone, per nulla infastidito del letto di cenere sul quale si ritrovava a dormire.

Ad una prima occhiata il Generale non vide l'oggetto del proprio interesse, poi, in un angolo scorse il motivo per cui aveva cavalcato al buio in quella contrada sperduta, lontana dalla capitale di Gea e dal suo confortevole palazzo. Una ragazzina dall'aspetto delicato assisteva allo scontro tra i due ubriachi con indifferenza, i grandi occhi neri parevano quasi opachi, colpiti dalla luce delle molte lampade; indossava una bella veste chiara, di un bianco così paradossale in tanto lerciume che la circondava che l'uomo si domandò come avesse potuto non scorgerla da subito. Inoltre la giovane era così bella da catturare subito lo sguardo, si disse sorridendo appena. Non era cambiata nemmeno lei dall'ultima volta che l'aveva vista: i lunghi capelli corvini, lustri e lisci, erano sempre raccolti in una semplice coda di cavallo alta che lasciava scoperto il collo sottile, candido quasi quanto la veste nella quale si nascondeva.

Il volto era come sempre struccato, come a voler lasciar visibile la pelle liscia e priva d'imperfezioni; meno visibile erano le mani, che il generale immaginò piccole ed aggraziate, anche se letali. In realtà non aveva mai visto le mani della ragazza, così come non ne aveva mai sentito la voce ed anche in quel caso non poteva che lavorare di fantasia. La osservò ancora per un istante, riflettendo su come le apparenze potessero ingannare: chi, guardandola come aveva appena fatto lui, avrebbe mai detto che quella graziosa e delicata fanciulla era una spietata assassina, di cui si era largamente servito in quegli ultimi anni?

Quando entrò nel locale la rissa era giunta al culmine ed entrambi i contendenti sembravano essere sul punto di crollare; nessuno prestò attenzione all'alto uomo bardato in un mantello nero che si avvicinò al bancone, subito dopo esser entrato, tutti troppo presi dallo scoprire chi dei due lottatori sarebbe stramazzato sul lurido pavimento. L'unica ad avvedersi immediatamente del nuovo arrivato fu la barista alla quale egli sussurrò poche parole.

Era una delle donne più brutte che si fossero mai viste. Piccola e raggrinzita, stava abbarbicata su un alto scranno che le permetteva di arrivare all'altezza del bancone. I capelli di un nero spento erano raccolti in una crocchia appena striata di bianco ed incorniciavano un volto coperto di rughe che, era facile intuire, non aveva conosciuto beltà neppure negli anni giovanili.

Aveva una bocca spropositatamente larga per i tratti sgraziati sui quali spiccavano occhi scuri e vividi, animati da una luce inquietante e sinistra. Folte sopracciglia nere ne rendevano ancora più minaccioso lo sguardo da arpia.

La vecchia annuì con un gesto rapido del capo a quanto dettole, poi scivolò senza alcun rumore dal suo alto seggio e sparì per qualche istante dalla vista del Generale, alquanto sollevato di ciò… Era impossibile abituarsi alla bruttezza di quella vecchia strega, si disse, sentendosi tra l'altro fortunato che ad accoglierlo fosse stata lei e non una delle sue figlie: quelle erano pure peggio.

Pochi istanti dopo, la donna tornò alla sua postazione e riprese l'attività da cui l'uomo l'aveva distolta, tornò ad asciugare con uno straccio, che di sicuro non aveva un incontro ravvicinato con l'acqua da secoli, un boccale che probabilmente non aveva mai nemmeno sfiorato l'acqua.

"Vada sul retro – gracidò sottovoce – io e mia figlia la raggiungeremo."

Il Generale lanciò un'occhiata alla ragazza ancora immobile nel suo angolo; dubitava che tra le due vi fosse davvero un legame di sangue: la natura non poteva esser stravagante a tal punto!

Senza dir altro, si strinse nel mantello ancor di più per nascondere la divisa militare che chiunque nella bettola avrebbe riconosciuto e uscì, proprio nel momento in cui uno dei due uomini coinvolti nella contesa piombava al suolo più morto che vivo, suscitando grida di giubilo o di delusione dagli altri scalmanati avventori.

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La stanza era accogliente, non lussuosa, ma lontana dallo squallore misero della locanda a cui faceva da retro. Non si sarebbe mai detto che un tale tugurio, sordido e maleodorante, celasse un sì bel posto.

Vi si accedeva da una porta angusta e malandata, ma appena risalita la stretta e cigolante scala su cui la porta affacciava, ci si ritrovava in una sala ampia, scarsamente decorata, ma questo non era certo un difetto agli occhi dell'altolocato soldato che si accomodò su una delle due uniche sedie, molto più rilassato di quando era giunto all'Inferno Rosso; l'altra era accostata ad un lucido tavolo ingombro solo di un lume d'ottima fattura. Altri lumi, posizionati nei angoli della sala, ne garantivano un'adeguata illuminazione.

Sul camino, minuscolo rispetto a quello ricolmo di cenere del piano sottostante, facevano bella mostra alcuni suppellettili e una panoplia, oggetto che il Generale non mancava mai di ammirare con occhio esperto: alcune delle armi esposte erano davvero pregiate… Altre dalle forme bizzarre e esotiche colpivano sempre la sua fantasia: chissà se la bella assassina ne aveva mai fatto uso?

L'unica finestra della sala era celata da una pesante tenda scura, il che aumentava il senso di discrezione dell'ambiente, proprio quello che la poco avvenente proprietaria voleva trasmettere ai radi ospiti di quel luogo, riservato a clienti poco interessati all'alcool e al pessimo cibo della locanda.

La porta alle spalle del Generale si aprì senza rumore e la suddetta proprietaria entrò, seguita a breve da due delle sue figlie. Oltre alla giovine di cui aveva ammirato le grazie prima, un'altra infatti chiudeva il piccolo corteo: con lei non si stentava a credere in un legame di sangue con la locandiera. La sua poca beltà era paragonabile solo all'imponenza della sua mole: il suo corpo quasi completamente tondo troneggiava nettamente su quello della sorella.

Anche il volto largo e caratterizzato da labbra spesse e protuberanti non mostrava alcun segno d'armonia e l'espressione arcigna in cui sembrava esser perennemente imbronciato non lo rendeva più attraente. Piccoli occhi furbi sembravano incastonati in quel faccione torvo, e il Generale non poté evitare di sentirsi a disagio quando questi si posarono su di lui con sguardo avido e calcolatore; evidentemente già pregustava il lauto compenso che la sottile arte della sorella avrebbe procurato loro.

Arte non era un'espressione azzardata, riteneva il soldato, soprattutto se riferita all'operato della ragazza che, appena entrata nella sala, era rimasta immobile accanto alla porta, lo sguardo basso ed opaco di prima. Già, quella esile fanciulla era una vera artista nel suo campo: niente spargimenti di sangue inutili, niente sofferenze eccessive per le sue vittime, a dimostrazione di un sangue freddo apprezzabile in simili circostanze, e soprattutto nessuna traccia. Abile e discreta… Kuno non avrebbe potuto capitare in mani migliori.

"E' da tanto che non veniva a trovarci, signore" la donna più anziana arrancò sulle corte gambe sino al tavolo e vi sedette, le paffute mani subito intrecciate sulla linda superficie lignea.

"Oramai godo di una posizione solida, certo anche grazie al vostro operato, signora Kotetsu."

Lei annuì comprensiva, un pallido sorriso rischiarò per un istante il volto severo, per poi sparire "Koume, porta del vino al nostro amico."

La ragazza grassa annuì e con rapidità persino insospettata si avvicinò ad una cassapanca poco discosta dal camino e, sollevatone l'apertura, raccolse dal suo interno una bottiglia in fine vetro cesellato e la depose sul tavolo, accompagnata da un paio di coppe. Il Generale accettò il vino vermiglio con piacere, sapeva che al contrario di quello offerto di sotto, questo era di qualità ottima; lo assaporò appena, imitato dalla proprietaria che non poté evitare un'esclamazione di piacere, dopo aver svuotato la propria coppa in un sol sorso.

"Bene, davvero ottimo! Koume, torna di sotto a dare una mano a tua sorella Koeda." I convenevoli erano finiti, ora avrebbero parlato di quello per cui era venuto.

Appena la porta si fu chiusa dietro le poderose spalle di Koume, il Generale ripose la coppa ancora piena e piantò lo sguardo color acciaio in quello attento della donna "Stavolta ciò che ho da chiedervi non è cosa da poco."

"Quando mai lo è stato, amico mio?" non amava molto sentirsi definire con tanta familiarità, ma i servigi di quella strega erano troppo preziosi per inimicarsela.

"Certo, ma stavolta ciò che richiedo è altamente rischioso… Quasi impossibile oserei dire se non conoscessi la maestria di sua figlia" la blandì, recuperando quel fare un po' artificiale che aveva appreso negli anni di corte. Kotetsu però non parve impressionata, né lusingata, anzi, l'occhiata che dedicò alla suddetta figlia fu alquanto carica di biasimo.

"Konatsu non è abile la metà di quanto è fortunata. Allora, chi è l'abitante di Gea che ha osato intralciare il cammino di un uomo come lei?"

"Non è un suddito del mio attuale padrone di cui dovrà occuparsi: al momento si trova in un altro regno, ad Augusta per la precisione."

"Oh, un suddito del re Saotome allora… Una trasferta simile vi costerà molto di più del solito" lo avvertì, le sopracciglia appena aggrottate.

"Il prezzo non è un problema."

Gli occhi della vecchia parvero rilucere ed un sorriso orribile tornò a deformarle ancor di più la faccia "Bene, questo appiana il più grosso dei problemi che potrebbero sorgere nella nostra contrattazione, amico mio. Allora, chi è l'uomo in questione?"

"E' una donna, una giovane ragazza. Una schiava."

"Una schiava? Sareste disposto a pagare una cifra esorbitante per una misera schiava?"

Kean si massaggiò la corta barbetta e sorrise "Non credo che la definirete più misera appena vi avrò detto chi è il padrone di questa schiava, Kotetsu… Egli è il motivo per cui questa missione è più ardua di altre. Si chiama Ranma, Ranma Saotome."

Un guizzo improvviso animò il volto sgualcito della donna che stupita inarcò una delle folte sopracciglia "Il principe? Voi vorreste uccidere la schiava del principe d'Augusta?" solo lo stupore poteva spiegare il perché avesse parlato tanto chiaramente di omicidio; era la prima volta che l'astuta Kotetsu si lasciava sfuggire una dichiarazione tanto compromettente, ma era anche la prima volta che le veniva richiesto un simile incarico.

Uccidere qualcuno alla corte dei Saotome già pareva impossibile: forse solo il palazzo dell'usurpatore di Nerima era meglio protetto e sorvegliato! Giungere a qualcuno tanto vicino alla famiglia reale era impensabile, o quasi, senza contare poi che il principe stesso era un valente combattente, un osso davvero duro.

La donna lanciò un'occhiata alla più giovane, rimasta chiusa nel suo impassibile silenzio e rifletté sulle reali possibilità che ella potesse compiere un tale incarico "Sarà difficile…" mormorò, torturandosi il mento sfuggente.

"Sua figlia è una delle combattenti più abili di Gea. E' stata lei, Kotetsu, a dirmi che di combattenti come lei ne nasca una ogni cento anni, se non di più."

"Certo, non per nulla è una kunoichi (*), la più forte che abbia calpestato questo mondo… Certo, la poverina non è particolarmente intelligente o attraente, ma per questo ci siamo io e le sue sorelle a compensare tali carenze."

Il Generale dovette impiegare tutto il proprio sangue freddo per restare impassibile di fronte ad una simile dichiarazione, ma evidentemente dovette riuscirvi perché l'altra non parve accorgersi di questo sforzo, o forse era troppo impegnata a valutare la vera e propria fortuna che stava per capitarle tra le corte ed avide dita per farvi caso "Il doppio rispetto al solito subito, prima che Konatsu parta. A missione compiuta, in caso di successo, ci corrisponderete una somma pari al triplo della solita tariffa. In caso d'insuccesso, il quadruplo: se Konatsu dovesse perire nel corso del… lavoro, ci rimetterei notevolmente e questa perdita andrebbe compensata."

"Avrete quanto pattuito, anzi, se il tutto sembrerà un incidente e nessun sospetto sarà destato, allora per voi ci sarà anche un piccolo extra. Quello che però conta è che la ragazza muoia: che soffra o meno, non è affar mio."

"Oh, la mia piccola non è una sanguinaria, come lei ben sa, caro amico… Qual è il nome della schiava?"

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"Akane! Presto, dell'acqua!"

Solerte come non mai, la giovane riversò l'intero contenuto del secchio che aveva retto fino a quel momento in attesa di quell'ordine di Obaba. L'unico a non sembrare soddisfatto di tanta solerzia fu il suo padrone, ritrovatosi completamente zuppo grazie a lei.

Alzò il capo minaccioso verso la schiava, vedendola a malapena attraverso la frangia bagnata che gli ricadeva con impertinenza sugli occhi "Ehi! Non dovevi mica farmi un bagno! Sarebbe bastato gettarmi l'acqua sulle mani, sciocca!" la apostrofò con rabbia, ma lei si limitò a scrollare le spalle, per nulla impressionata da quello sfogo. Sapeva che il motivo di tanto malumore non era in realtà dovuto al bagno non previsto, quanto dall'insuccesso nell'allenamento, insuccesso invece più che prevedibile almeno per lei e l'Amazzone. Solo Ranma poteva, accecato com'era da un'esacerbata autostima, illudersi di riuscirvi dopo pochi tentativi.

Obaba ridacchiò, la sottile pipa dondolò allegra tra le altrettanto affusolate dita ossute "Devo proprio farti i miei complimenti, ragazzino!"

Lui sbuffò e si rialzò dalla posizione accucciata in cui era rimasto per lunghi minuti "Mi prendi in giro, vecchia? Le tue maledette castagne sono ancora lì, di che ti complimenti?" borbottò antipatico, scostandosi le ciocche madide dal viso. Akane trovò molto magnanimo da parte della maestra non punire tanta insolenza verbale con una bastonata, ma evidentemente la donna era d'ottimo umore perché ridacchiò ancor più forte, prima di aspirare con evidente goduria dalla pipa.

"Guardati le mani, ragazzino indisponente" sogghignò, osservando poi le delicate volute di fumo innalzarsi verso il cielo terso.

Ranma aggrottò le sopracciglia e curioso si guardò le mani, domandandosi cosa dovesse mai vedere "Non c'è un bel niente" asserì, polemico. Stavolta l'anziana amazzone non rise, ma scosse il capo con rassegnazione.

"Appunto, ragazzino – il principe fece una smorfia: cominciava ad esser stufo d'esser chiamato così – non hai un bel niente… Nemmeno un'ustione o una ferita, eppure hai appena infilato le mani in uno scoppiettante fuoco. Credi a me, è un progresso."

Era vero, si disse stupito il ragazzo tornando a guardarsi le mani. Le sentiva calde, ma erano indubbiamente intatte… forse dopotutto non era tutta una perdita di tempo.

Ricordava di aver dubitato della sanità mentale della vecchia Kou- lon quando gli aveva spiegato in cosa consisteva la tecnica per cui aveva tanto allenato lui e sua sorella: diventare talmente veloci da poter strappare delle castagne dal fuoco? Era da folli! E anche quando la maestra gli aveva mostrato personalmente la portentosa tecnica, lui era rimasto alquanto scettico: forse per un'amazzone centenaria (ed incartapecorita aveva malignamente aggiunto) infilare una mano in una pira era cosa da poco, ma lui ci teneva a restare integro!

Dopo averlo giustamente punito con la solita randellata fulminea per averle dato dell'incartapecorita, Obaba gli aveva fatto presente che anche la tecnica esplosiva insegnata a Ryoga era sembrata impossibile, mentre ora il ragazzo ne era diventato così padrone da farne uno sfoggio persino irritante: il Re Genma continuava a domandarsi allibito perché d'improvviso molte mura del suo bellissimo palazzo sembravano esplodere da sole… Era forse lui inferiore a Ryoga? Era forse la sua determinazione minore di quella del cugino? Il pungolo della sfida aveva avuto successo: l'orgoglioso principe aveva smesso di protestare per impegnarsi nell'apprendere.

Ora, a distanza di quattro giorni, finalmente sembrava esservi stato un miglioramento. Fino a quel momento, infatti, aveva rischiato davvero di perdere le mani, ma a furia di provare e di rischiare, poteva almeno dirsi soddisfatto di non essersi procurato alcuna vescica.

Se le sue mani erano intatte, lo stesso però non poteva dirsi per gli abiti: macchie di fuliggine comparivano qua e là sulla casacca rossa che tanto amava, alcuni fori dovuti alle scintille costellavano il davanti della suddetta casacca la quale aveva anche perso mezza manica, divorata dalle fiamme; proprio a quell'ultimo incidente era dovuto il bagno da parte d'Akane.

Ranma riassettò quel poco di camicia che gli restava, cercando di eliminare quanta più acqua poteva e di sottecchi osservò la schiava. Non poteva giurarlo, ma c'era forse un sorrisetto troppo divertito sulle sue labbra?

"Che hai da ridere?" le domandò, di nuovo brusco. Probabilmente trovava buffo l'averlo dovuto annaffiare come una pianta troppo rinsecchita o forse, peggio, rideva del suo insuccesso.

Akane depose il secchio ai suoi piedi e scosse il capo "Nulla, Signore, non stavo certo ridendo del fatto che così conciato sembra uno straccione e che tra breve lei dovrà rientrare per presentarsi al cospetto della sua gentile genitrice. Non ridevo affatto al pensiero di quello che l'amata sovrana potrà dire sul suo abbigliamento." Piccola serpe velenosa!

"Se fossi in te andrei a cambiarmi, Ranma. La mamma trova poco virile la trascuratezza, lo sai." Anche Ranko ci si metteva, adesso! E solo perché lei era riuscita ad imparare la tecnica prima di lui, adesso ostentava quell'aria seccante da saputella!

Ranma non ci si raccapezzava: lui era molto più in gamba di quella mocciosa, perché diavolo lei aveva padroneggiato la tecnica così presto? Il pensiero lo faceva impazzire, soprattutto quando quella lingua lunga di Ranko se n'era andata in giro vantandosene con Ryoga e Taro, i quali da perfetti idioti quali erano non perdevano occasione di prenderlo in giro; soprattutto il capitano sembrava divertirsi al pensiero che per una volta la piccola di famiglia avesse superato l'infallibile fratello maggiore.

Nonostante non si sentisse alquanto ben disposto nei confronti delle due ragazze, Ranma dovette convenire che avevano ragione: non poteva presentarsi a sua madre in quello stato. Sarebbe stato capace di appioppargli uno di quegli stupidi istitutori che ogni tanto provava a mettergli alle calcagna, nella speranza che imparasse a comportarsi da vero uomo… Beh, per lo meno aveva smesso di aggirarsi con quella maledetta spada che da bambino lo aveva tante volte terrorizzato.

"D'accordo, per oggi finiamola qui, senza contare che si è fatta quasi ora di pranzo – lanciò uno sguardo al cielo visibile dallo spiazzo privo di alberi che ormai era diventato il loro abituale campo di addestramento – il sole è infatti molto alto in cielo" incrociò le braccia al petto, un sorriso cattivo si dipinse sul volto ora umido ed i suoi occhi tempestosi si fissarono sulla propria schiava: prima di andarsene poteva, anzi, doveva!, vendicarsi… Quella stava davvero divertendosi troppo alle sue spalle, mentre chissà perché quando si era trattato di Ryoga e del suo stupido allenamento con il masso, lei era stata fin troppo partecipe e pronta a precipitarsi in aiuto di quell'idiota.

"Prima di andare però gradirei poter osservare di nuovo la tecnica… No, non da te, Ranko – la fermò notando come la giovane avesse cominciato ad arrotolare le maniche della casacca scura che indossava, pronta a far sfoggio della propria bravura – in fondo sei una principiante. Akane, tu che te la ridevi tanto, che ne dici di farmi vedere quanto sei brava a raccogliere le castagne, eh?"

Fu con sommo compiacimento che Ranma vide sparire il sorrisetto divertito sul volto della ragazza, per esser sostituito da un'espressione corrucciata. Aveva visto giusto, allora: non ne era capace.

La guardava allenarsi da mesi ormai e alcune cose su di lei gli erano note: punto primo, Akane era incredibilmente forte; punto secondo, Akane non era altrettanto rapida. Era dannatamente irruente e nei momenti di rabbia poteva persino rappresentare un pericolo per lui, ma a tanta vigoria non corrispondeva un'adeguata velocità. Godendosi istante dopo istante, Ranma la osservò mordersi le labbra, presa alla sprovvista… era carina quando faceva così, si disse di sfuggita, sgridandosi poi immediatamente per una distrazione così futile.

"Paura di farti male le mani da fabbro che hai?" la canzonò, per nulla stupito di vederle accendersi lo sguardo d'ostilità.

"Certo che no!… Signore" aggiunse poi in ritardo, troppo arrabbiata per ricordare di aggiungere subito il dovuto titolo. Oh, adorava quando ci cascava in pieno! Era così prevedibile da fargli quasi tenerezza. Un momento: tenerezza? Ma che era, impazzito?!

"Akane, non cadere in tutte le provocazioni di questo scemo – Ranko la avvicinò, ponendole una mano su un braccio nel tentativo di placarla – lo fa solo per farti arrabbiare" e ci riusciva fin troppo bene, pensò la principessa notando quanto fosse ignorato il suo consiglio.

Akane stava infatti già slacciandosi i piccoli alamari che chiudevano i polsini della blusa cobalto che indossava, in perfetto accordo con i pantaloni della stessa tonalità, stretti e corti al polpaccio, ideali per allenarsi visto l'ampia libertà che garantivano ai movimenti del corpo. "Quante devo prendergliene, Signore?" domandò poi, la sfida negli occhi scuri.

"Lascia perdere figliola – stavolta fu Obaba ad intervenire, la voce pacata – il principe voleva solo stuzzicarti… Sa benissimo che non sei ancora abbastanza veloce." Se l'intento della maestra era quello di farla desistere, aveva scelto le parole sbagliate: oltre che arrabbiata, ora la giovane era anche offesa.

Si gettò i lunghi capelli dietro la schiena con un movimento fluido e senza dire una parola, s'inginocchiò davanti al fuoco ancora scoppiettante. Ne avvertì il calore sul viso e sperando di non apparire troppo tesa, osservò i piccoli frutti giacere sui ciocchi di legno ardenti: provò a concentrarsi, ricacciando indietro la paura.

Era vero, non era ancora riuscita in questa particolare tecnica, ma prima o poi l'avrebbe appresa… e poi pur di non darla vinta al suo padrone, avrebbe persino rischiato di cuocersi una mano!

Ranma intanto la osservò perplesso. Stava facendo sul serio? "Ehi…" la richiamò, ma la ragazza era così concentrata da non sentirlo. O forse lo stava volutamene ignorando.

"Ehi!" riprovò a voce più alta e quando lei continuò a non prestargli attenzione, le s'inginocchiò accanto "Ehi, smettila."

Akane lo guardò con la coda dell'occhio, poi inspirò a fondo per raccogliere il coraggio "Ti ho detto di…" prima che lui finisse la frase, aveva già sollevato una mano e con tutta la velocità che poteva, stava per gettarla tra le fiamme, lo sguardo determinato di chi non si sarebbe fermato dinanzi a nulla.

Fu una presa solida intorno alle dita a fermarla, invece. Con un movimento rapido la mano di Ranma le si era avvolta con forza intorno alla sua, bloccandola ed imprigionandola al tempo stesso; inconsciamente Akane provò a ritirarla, ma le dita del ragazzo si strinsero ancor di più intorno alle sue. Istupidita fissò dapprima lo sguardo su quella mano grande e più scura della propria, osservando come alcune dita fossero annerite per la cenere, poi sollevò gli occhi fino ad incontrare quelli di lui e ciò che vide non le piacque.

Era arrabbiato, o almeno così le sembrava a giudicare dalla profonda ruga che ora gli solcava la fronte aggrottata; nei suoi occhi, tempestosi come non mai, vi era quello che a lei parve disapprovazione, ma non solo… possibile che si fosse preoccupato? Per lei?

Akane tornò a mordersi le labbra, confusa: si stava sbagliando, non era possibile. Che senso avrebbe avuto istigarla, sfidarla, per poi preoccuparsi per lei?

Lo sguardo di Ranma fu catturato da quel gesto e senza volerlo si ritrovò a fissarle la bocca. Aveva avuto ragione prima, era davvero carina quando se la mordeva, per imbarazzo o perché in preda alla confusione; non aveva mai avuto occasione di osservarle le labbra così da vicino… erano più rosee di quanto sembrassero di solito e più pronunciate anche.

Ranko inarcò un sopracciglio e si volse verso la maestra Obaba la quale, dimenticata la pipa per il momento, faceva mostra di un vero e proprio ghigno che le andava da un orecchio all'altro; la scena era davvero degna di una ghignata, si disse la ragazzina: quei due sembravano essersi paralizzati, persi in un mondo interamente loro e tutto questo per una semplice presa ad una mano! Maliziosa, si domandò cosa sarebbe accaduto ai due imbranati in caso di un contatto più intimo…

 Ranma fu comunque il primo a ridestarsi da quella specie di sogno ad occhi aperti in cui erano precipitati e scrollò il capo, come a liberarsi fisicamente dei residui di quell'ipnosi "Razza di stupida, cosa vorresti fare?" le domandò senza troppa animosità e toccò a lei stavolta aggrottarsi.

"Mostrarle la tecnica, Signore" non era ovvio? L'aveva sfidata, dopotutto!

"A che pro, scusa? Per imparare come non farla, forse? Sei lenta come un elefante e con la stessa grazia, per giunta! E poi sei già brutta a vedersi così, figurarsi con un moncherino!"

Akane batté le palpebre: elefante? Brutta?! "E' stato lei a dirmi di mostrargliela ed ora mi ferma! Teme di esser messo in imbarazzo da un'altra ragazza, per caso? E poi lei non dovrebbe darsi tante arie, dal momento che non ci è riuscito!"

"Ma sono mille volte più veloce di te, ci riuscirò senz'altro prima che tu riesca solo a capire come fare!"

"Anch'io ci riuscirò! Ci riuscirò e allora lei dovrà rimangiarsi tutti i suoi insulti! Uno ad uno!" ormai litigavano naso contro naso, le loro parole accese dall'ira almeno quanto gli sguardi che stavano lanciandosi, non meno arroventati del falò che avevano dinanzi.

"Ehm, scusate…" Ranko si avvicinò loro e poggiò una mano sulla spalla di ognuno, attirando finalmente la loro attenzione; i loro sguardi incandescenti infatti si posarono su di lei, oltraggiati per quella interruzione.

"Che vuoi tu?" sbraitò l'erede al trono con lo stesso tono ruvido dedicato alla schiava.

"Sappiate che non siete molto credibili – scosse il capo dinanzi alle loro espressioni vacue – insomma, da quando in qua si sono visti due litigare tenendosi per mano?"

Due paia di palpebre batterono all'unisono, perplesse. Due paia d'occhi si fissarono sulle mani e scoprirono, con sgomento, che la giovane aveva ragione: erano ancora una stretta all'altra.

Ranma lasciò andare quella di Akane con tale velocità che si sarebbe potuto pensare che stesse ancora allenandosi per afferrare le castagne. Con il volto arrossato in zona guance, si alzò di scatto e sbuffò, tentando di mostrarsi più disinvolto di quanto in realtà fosse "Ho perso fin troppo tempo, nostra madre mi aspetta. Tu – guardò a fatica verso la schiava ancora inginocchiata – fa' quel che ti pare, ma non provarci nemmeno ad avvicinarti ad un fuoco, sia chiaro! E' un ordine" specificò, notando che lei stava per obbiettare.

"Sì… Signore."

Soddisfatto, e rincuorato tutto sommato, il ragazzo dichiarò ufficialmente finito quell'allenamento. Fu il primo ad allontanarsi verso il palazzo, seguito a distanza di qualche passo dalla sua schiava imbronciata. Ranko invece si trattenne qualche istante per aiutare la sempre più divertita Obaba, che ora sghignazzava palese, a spegnere il fuoco. "Quei due…" mormorò, riponendo la pipa nell'ampia manica della propria veste.

"Sa cosa penso, maestra?"

"Cosa, sua Grazia?"

Ranko lanciò uno sguardo agli altri ragazzi, ormai lontani "Se Ranma fosse sempre veloce a recuperare le castagne come lo è stato quando ha fermato la mano di Akane, avrebbe imparato la tecnica da un pezzo."

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Odioso. Odioso. Odioso. Odioso.

Se lo ripeteva ad ogni passo, mentre lo seguiva in quel groviglio di verde che tutti si sforzavano di chiamare bosco, ma che per lei restava un groviglio infernale, per l'appunto. Gli occhi puntati sulla schiena del principe, dove la camicia scarlatta aderiva come una seconda pelle a causa dell'acqua che gli aveva gettato addosso, Akane tentava di reprimere la rabbia e di non lanciargli qualche masso proprio al centro delle spalle… Però, aveva mai notato quanto fosse muscolosa quella schiena?

Oh, insomma! Non era questo il punto! Lei era arrabbiata con lui, furiosa, anzi, tanto per cambiare! La prendeva in giro, la umiliava per poi salvarla da una probabile menomazione verso la quale l'aveva spinta lui, con la sua cattiveria… Si rendeva conto di quanto ciò fosse incoerente?

Inciampò in una radice, imprecando tra i denti. Odiava quella foresta almeno quanto odiava il suo padrone. Perché lo odiava, oh se lo detestava! Deprecava la sua presunzione, la sua superbia, il suo modo pomposo di credersi al centro dell'universo. Arrogante, spocchioso, irritante e…

"Akane?"

Sussultò, timorosa per un istante di aver espresso quei pensieri ad alta voce, ma poi lo vide voltarsi, il viso tranquillo "Sì, Signore?"

Lo vide deglutire, come per prepararsi a qualcosa di serio e, di riflesso, lei s'irrigidì preoccupata "Se vuoi t'insegnerò io la tecnica… appena la avrò imparata, naturalmente."

Ecco, lo rifaceva. Perché ogni volta che lei era impegnata a pensare il peggio su di lui, se ne usciva con una gentilezza inattesa o una frase carina che la spiazzava e la faceva sentire in colpa? Era snervante! Così le toglieva anche il gusto di detestarlo fino in fondo.

"Lo farà Obaba, non occorre che si disturbi. E poi non è detto che lei la impari prima di me."

Ranma sorrise, null'affatto stupito da tanta sgarbatezza. Dopo tutto non era stato proprio lui a farle capire di preferirla così? "Le mani sono tue, fa' come ti pare, però se in tutti questi anni non sei riuscita ad imparare dalla vecchiaccia, cosa ti fa pensare di poterlo fare ora?"

"E a lei cosa fa pensare di riuscire dove la venerabile maestra ha fallito?" lo provocò, il tono ostile di chi non vuole ammettere la verità.

"E se facessimo un patto?" il principe si fermò, la grande entrata del palazzo ormai in vista. Lei fece altrettanto, piantandogli addosso per l'ennesima volta quello sguardo perplesso che più volte aveva visto.

"Un… patto?" domandò, cercando di nascondere la curiosità, senza riuscirvi.

"Sì, un patto. Se tu prometti di non provarci da sola, non solo ti do la mia parola che t'insegnerò la tecnica delle castagne, ma ti concederò anche una specie di premio, diciamo per il tuo impegno."

Ora era a tal punto curiosa che dimenticò persino la rabbia; la guardò spalancare la bocca, forse stupita, per poi richiuderla di scatto e assumere un'espressione pensierosa, come di chi sta valutando una proposta tutto sommato allettante "Che premio?" la sentì chiedere con un filo di voce. Un'altra ondata di tenerezza lo invase, controvoglia, quando lei afferrò una ciocca dei lunghissimi capelli per giocherellarci nervosa.

"Se accetti ti porterò fuori dalle mura di questo palazzo. Per un'intera giornata."

Akane aggrottò le sopracciglia, era chiaro che non si fosse aspettata una simile proposta. Forse per alcuni istanti ne fu delusa, ma quando tornò a parlare, sembrò interessata "Fuori da qui… come se fossi libera?"

Il cuore del principe si accartocciò a quella domanda. Quanto dolore ancora le dava esser una schiava, la sua schiava… "Devi meritartelo, però. Allora, ci stai? Un giorno di libertà in cambio della promessa di non allenarti da sola in questo caso."

"Perché?"
"Eh?" stavolta tocco a lui esser stupito "Che significa perché?"

"Perché dovrebbe stringere un simile patto con me? Cosa ci guadagna lei?"

Ranma si grattò un sopracciglio, pensieroso, poi si strinse nelle spalle con noncuranza "Di non ritrovarmi una schiava monca, tanto per dirne una. E poi non voglio che Obaba perda tempo con una come te, già ne ha sprecato in abbondanza con quell'idiota che non sa distinguere la destra dalla sinistra… Inoltre se insegnassi ad un incapace come te, dimostrerei di essere davvero il migliore, no? Persino migliore della megera amazzone!"

"Guardi che l'ho sentita" gracchiò improvvisa una voce tra gli alberi e il poveretto non poté far altro che stramazzare al suolo, colpito a tradimento da un bastone volante.

Akane gli andò vicino e si chinò su di lui, le mani poggiate alle ginocchia "D'accordo, accetto il patto."

--- --- ---

"Sei sicuro, nonno?" la voce del giovane uomo risuonò ansiosa, mentre ancora più ansioso il suo sguardo color antracite si posò sulla figura stesa sul letto.

Il vecchio era alquanto pallido ed il suo viso sembrava ancora più niveo per la lunga e candida barba che lo ricopriva in parte. Gli occhi erano chiusi per la stanchezza, quasi nascosti da cespugliose sopracciglia altrettanto canute; il respiro era flebile, seppur regolare. La malattia aveva minato il corpo un tempo robusto dell'uomo e la vecchiaia sembrava averlo fiaccato nell'animo, ancora di più del misterioso male "Sì, nipote mio. Dopo lunghe ricerche, finalmente ho scoperto ciò che da tanto anelavamo sapere… Non è stato facile, ma sono appagato per aver appurato la verità prima della mia morte."

Il giovane chinò il capo, addolorato da quell'atroce verità. Del resto come non sentirsi disperato quando l'unica persona che aveva al mondo stava per abbandonarlo?

Il vecchio tossì e allarmato il nipote si precipitò accanto a lui per sorreggerlo in quell'attacco violento, ma per fortuna fu breve e poco intenso, tanto che egli tornò a parlargli, la voce solo un po' più tremula di prima "Sai quello che devi fare, vero?" gli domandò, apprensivo. Ora i suoi occhi scuri erano ben aperti e fissi sull'unico nipote, lo guardavano con timore mal celato. Fu sollevato solo in parte quando il ragazzo annuì.

"Devo partire per il regno di Augusta e recarmi al palazzo dei Saotome."

Bene, pensò sollevato il vecchio, lasciandosi cadere sui cuscini del letto che non abbandonava più tanto spesso "Sì, ragazzo mio, proprio così. Sarà un viaggio lungo, ma sta' tranquillo, verrai accolto come un amico… La lettera di Genma Saotome non poteva esser più chiara, del resto."

Il nipote annuì ancora, lieto di scorgere un sorriso sul volto stanco dell'adorato… adorato… chi era? Ah, sì, dell'adorato nonno. Però, ora che ci pensava…

"Nonno?"

"Sì, caro?"

"Perché devo andare ad Augusta?"

Il vecchio richiuse gli occhi, mentre una lacrima solitaria gli solcava la guancia, meno pallida di prima "Oh, Shinnosuke…"

"Chi è Genma Saotome?"

"Oh, Shinnosuke…"

"E poi, cos'è che abbiamo scoperto?"

"Oh… Shinnosuke…"

Il ragazzo si grattò la fronte, chiedendosi perché quel vecchio se ne stesse a letto. Chissà, forse era malato, a guardarlo infatti non sembrava star troppo bene: una mano, poggiata sulle molte coperte che lo proteggevano dall'aria frizzante del pomeriggio, era chiusa a pugno e tremava violentemente. Ma poi, chi era quel vecchietto? Ah, già, era il nonno.

"Ehm… nonno? – stavolta il vecchio si limitò a guardarlo – Chi è questo Shinnosuke che continui a chiamare?"

La mano racchiusa a pugno si sollevò con una rapidità incredibile per una persona tanto anziana, per abbattersi sulla testa del giovane che stramazzò a terra gambe all'aria, preso alla sprovvista. Il nonno si era rizzato a sedere, improvvisamente sembrava essere in perfetta salute e la voce che fino a poco prima era risuonata flebile, tuonò cavernosa echeggiando nella stanza vuota.

"Idiota di un nipote! Sei tu Shinnosuke, razza di smemorato! Possibile che ti sia dimenticato tutto ciò che ti ho raccontato centinaia e centinaia di volte?! Ti sei dimenticato della tua fidanzata?"

Un mugugno si levò dal corpo ancora schiantato a terra, un lamento che giunse fino alle orecchie del povero nonno, l'attuale Re di Ryujenzawa e che egli purtroppo riuscì a comprendere. Il suo amatissimo nipote, e futuro sovrano del suo piccolo e boscoso regno, aveva appena chiesto chi fosse lui per poterlo malmenare in quel modo; disperato il re tornò a stendersi sul suo letto di morte… beh, a dire il vero, erano più di dieci anni che era steso in quel letto in attesa di una morte che sembrava alquanto riluttante a giungere, ma per quanto ciò fosse motivo di piacere per lui, prima o poi avrebbe fatto i conti con l'Oscura Signora.

Affrontare la bieca Falciatrice non lo spaventava, ma che destino avrebbe atteso i suoi sudditi una volta che al trono fosse salito Shinnosuke? Era un ragazzo dal cuore d'oro, un po' brusco con gli estranei forse, anche se non per colpa sua… Già, tutta colpa della sua memoria bislacca: uno che non riconosceva il proprio nonno, non era forse logico che fosse costantemente guardingo, convinto com'era di esser circondato da sconosciuti?

L'unica speranza che restava al giovane, e ai sudditi, era quella di una moglie giudiziosa e saggia, una donna che potesse guidarlo e magari ricordargli ogni tanto il suo nome. Già, trovargli moglie era davvero questione capitale a quel punto e la lettera di Saotome era giunta con un incredibile tempismo.

Che destino bizzarro, a pensarci bene: chi avrebbe mai detto che la risposta ad un sì grave problema come il futuro del regno di Ryugenzawa fosse nascosta in un passato creduto ormai svanito?

 

 

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(*) Kunoichi: donna ninja.

 

Carla's corner

Salve a tutti! Come sono andate le vacanze? Spero bene! Un altro capitolo di ITMH, capitolo che ho scritto in una sola notte dopo aver deciso che quello che stavo già buttando giù non mi convinceva affatto. Chiamiamola un'ispirazione improvvisa, va', però era davvero da tanto che non scrivevo tanto e così di getto… E' stato bello vedere le mie dita volare sulla tastiera del pc senza sosta, come ai bei tempi. Sciocchezze a parte, spero che il suddetto capitolo vi piaccia.

Passiamo ai soliti ringraziamenti, cominciando subito da Loony, la quale nella mail speditami per il sondaggio (vedere l'ultimo capitolo di AQdD postato), avanzava l'ipotesi che l'assassina potesse essere Konatsu. Brava! Come vedi hai indovinato, anche se ad essere sincere, non volevo creare nessuna atmosfera misteriosa su questo particolare…

Ringrazio inoltre la mitica Muttley : non una delle tue ipotesi sul futuro di questa fic si avvereranno, mia cara, ma non posso fare a meno di lodare la tua fantasia, alcune erano davvero fantastiche. No, per ora non ho alcuna intenzione di inserire la dolce Akari, ma mai dire mai. Anche a me farebbe piacere vederti, questa relazione a distanza mi sta uccidendo XD.

Ruka88: si stata velocissima a commentare la volta scorsa, un vero record! La situazione per ora non è peggiorata di molto, ma fosche nubi si stanno addensando sull'avvenire dei miei protagonisti. Poveri… Spero che la brutta situazione a cui facevi riferimento nel commento sia finita, nel caso non fosse così, non posso che sperare (immodestamente) che questo capitolo ti aiuti a distrarti almeno un po'. Grazie ancora per il commento.

TigerEyes: il tuo è stato il commento n° 100 per ITMH, mia cara. Ho già deciso come celebrare l'evento: userò il tuo nick name nella fic "L'Ultimo desiderio"; ho già deciso come inserirlo, eh eh eh, non vedo l'ora! Tornando a questa fic in particolare, ormai è chiaro che non sia Shan-po la fantomatica killer assoldata dal Generale che sì, è un vero infame. Inoltre c'è un motivo per cui Nabiki ha tanta paura di quest'uomo, un motivo legato alla sua infanzia, ma per ora non dico di più. Per quel che riguarda Kasumi, non credo che sia molto consapevole dei sentimenti di Tofu, né dei propri se è per questo. Insomma, è di Kasumi che stiamo parlando… L'avvicinamento tra Ranma ed Akane è "inevitabilmente" vicino, anche se mi divertirò a complicarglielo, se no che sfizio c'è? Ti ringrazio per i complimenti, ma ti ricordo che parti di questi ti spettano di diritto: da quando sei mia beta mi sento spronata a scrivere meglio anche questa fic che in realtà costituiva il mio piccolo spazio di libertà, ma forse lo è ancora dopotutto. Baci! 

Akane!!!: Grazie! La scena del balcone è una delle mie preferite. Ora sì che si è capito che è la misteriosa assassina, vero? >_^ In effetti Shan-po non farà parte di questa fic, me ne dispiace per i suoi tanti fans. Ciao e grazie ancora.

Simona: ho aggiornato il prima possibile, spero che il capitolo non abbia risentito dell'insolita celerità… Grazie tanto per il commento.

Fabichan: Grazie! Forse la colpa è mia se quasi tutti hanno pensato a Shan-po, ma non l'ho fatto volutamente… beh, quasi. Diciamo che dopo aver postato il capitolo scorso mi sono resa conto che inevitabilmente tutti avrebbero pensato a lei. Mi colma di piacere sapere che le scene tra Nabiki e Kuno incontrano il favore dei lettori: amo scrivere di loro, soprattutto amo scrivere di loro due insieme ^_^. C'è un'alchimia indubbia… Parlando di Ukyo, credo che sia per forza di cose diversa da quella del manga e dell'anime. E' una AU, le premesse sono diverse: è cresciuta come una principessa, conscia che il proprio dovere sia quello di sposarsi per il bene del suo regno. Essendo costretta a sposare uno sconosciuto, credo che il fatto di poter praticare le arti marziali costituisca un motivo di gioia. Ancora grazie per il commento, ci ribecchiamo sul forum.

Laila: Ah, questo Kean è proprio un cattivone! E pensa che il suo ruolo nel detronizzare Soun è anche più rilevante di quello che ho accennato finora… Grazie per l'apprezzamento, Nabiki e Kuno ringraziano sentitamente ^_^

Hatori: Sono contenta che ti piaccia, spero continuerai a leggere. Grazie!

YaYa: Grazie! In effetti per un bacetto ci sarà da aspettare ancora un po', temo. Per ora li ho fatti tenere per mano… un po' poco, mi sa, vero? Ho aggiornato relativamente presto rispetto ai miei canoni, spinta da un'ispirazione improvvisa, ma non fateci l'abitudine ^_^: Grazie ancora!

Earine: La scena tra Nabiki e Kuno ha spopolato ^_^ quei due rischiano di surclassare i veri protagonisti. Non so se si sia capito, ma io adoro Ryoga, lo adoro proprio, quindi figurati come mi possa sentire nel descriverlo così illuso e innamorato senza speranze… ah, che crudeltà! Grazie per il commento e le belle parole.

Ai 93: Grazie per il commento entusiasta. Non ti preoccupare, a volte capita anche a me di non trovare le parole ^_^

Kirachan: Ho postato il prima possibile. Grazie!

Saluto anche Minù per la bellissima mail: non ti preoccupare, continua pure commentarmi via mail. Non sono una che conta i commenti nei siti, per cui se preferisci così a me sta più che bene. Non so quando, ma penso sia inevitabile un confronto tra i due anche se non penso di ripetere una scena come quella del capitolo 14 di AQdD: lì c'era molto più in ballo di una "banale" gelosia per un amore non corrisposto. In questa fic, in particolare, non credo che forzerò molto i toni tra Ranma e Ryoga, saranno troppo presi dall'avvicendarsi di eventi più rilevanti… Grazie ancora e grazie per il consiglio, ho già letto il libro che mi consigli, ma se vorrai suggerirmene altri, sono sempre disponibile.

Bene, per ora è tutto, ci si rivede per l'ultimo capitolo di AQdD che forse posterò per fine mese o per gli inizi di ottobre. Vi ringrazio per l'attenzione ed il tempo che mi dedicate.

  
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