Iron
«Cos’è successo? Quella
volta, al tuo primo ballo scolastico»
Kurt mi sta osservando
attentamente come se temesse di vedermi crollare: scruta i miei movimenti in
cerca di un segno di cedimento. Teme che la sua domanda possa portare con sé brutti
ricordi.
«Non mi hai mai raccontato
com’è andata davvero. Ti eri dichiarato da poco?»
Troppo tardi.
E’ bastato semplicemente
nominarlo per rievocare nella mia mente
la semplice sensazione del ferro freddo sulla pelle.
Non l’avevo dimenticato, quello no.
Si fa fatica a cancellare
dalla memoria il dolore dei graffi sul viso o la sensazione del sangue che ti
scorre sulla pelle tagliata come se fosse un pezzo di carne qualsiasi, ma prima
o poi il ricordo sbiadisce e non rimangono nient’altro che cicatrici.
Chiare, sottili, sempre
evidenti, sì, ma cicatrici. Si lotta tutta una vita per dimenticare il significato
della parola ‘paura’, quello della parola ‘bullismo’;
poi incontri la persona giusta e la tua vita cambia. Pian piano il ricordo
diventa sopportabile perché non sei più da solo ad affrontarlo.
Il ferro non riesco a
dimenticarlo.
Alzo gli occhi sui suoi.
Ricordo bene che credevo di essere intoccabile, che
credevo di essere al sicuro. Mi hanno spezzato due costole e perforato un
polmone.
«Ci hanno massacrato di
botte»
Eravamo in strada, aveva
appena smesso di piovere.
Il primo colpo non l’ho
visto arrivare.
Non sono nemmeno sicuro di
aver gridato di dolore. Ho semplicemente sentito il respiro spezzarsi nel petto
e i polmoni svuotarsi all’improvviso con violenza.
Sono caduto a terra? Dio,
non lo so, non me lo ricordo più.
Mi girava la testa e avevo
le orecchie piene della confusione della festa e degli schiamazzi intorno a me.
Presto quegli schiamazzi sono stati sostituiti dalle risate ubriache dei tre
ragazzi intorno a noi e delle urla di Mark, ad un
soffio da me, ma non abbastanza vicino. Mi sono divincolato, ho gridato a pieni
polmoni nella speranza che qualcuno ci sentisse, ho lottato.
Non sono riuscito ad
aiutarlo.
Credevo di essere di
ferro, credevo di essere intoccabile. Dichiararsi era stato un atto di
coraggio, credevo che mi avrebbero lasciato in pace. Solo in pace, nient’altro.
Illuso.
In fondo è con una spranga
di ferro che mi stanno spezzando la spina dorsale.
Un altro colpo mi mozza il
respiro e scatto in avanti, piegandomi su me stesso.
Un pugno tra le scapole.
Cado in ginocchio.
Il ferro gelido che si
abbatte sulla mia spalla scatena un’ondata di risate. Sento l’odore dell’alcool
misto a quello del sangue. Mark è immobile a terra da
un pezzo.
Qualcuno mi afferra da
dietro piegandomi le braccia per tenermi fermo e tirarmi su: sento l’ennesimo
pugno affondarmi nello stomaco, poi sul fianco, poi sulla mascella.
Un altro colpo sui reni –
un’altra sprangata? Non lo so più – e
cado di nuovo in ginocchio.
Non sento più gli occhi,
non ho fiato per gridare.
Tossisco e il sapore
ferroso del sangue mi invade la bocca. L’ho sputato da qualche parte e ho
pensato che non riuscivo più a respirare.
Poi hanno iniziato a
gridare e io ho smesso di lottare.
Che schifo.
Uno schiaffo. Sono quasi caduto in avanti.
Che orrore.
Un pugno nello stomaco. Ho sputato un’altra boccata di sangue caldo.
Mostro.
Un taglierino ha iniziato a incidermi la guancia. Ho smesso di
sperare.
Checca.
Tanto non sentirà nessuno.
Sbagliato, sbagliato, sbagliato.
Di ferro sono solo la
spranga e il sapore del sangue. Abominio,
mostro. Che schifo.
Un altro colpo mi mozza il
respiro e cado in avanti, in ginocchio.
Un pugno tra le scapole e sento
distintamente qualcosa dentro di me scricchiolare sinistramente e spezzarsi.
Il sangue mi scorre a
fiotti addosso, si riversa sull’asfalto e si confonde con la pioggia.
Un rantolo, un altro.
Ma tanto non sentirà nessuno.
Sono caduto di nuovo in
ginocchio. Sono tutti intorno a me e non hanno ancora smesso di gridare.
L’ultimo colpo l’ho visto
arrivare. Con quale forza potrei fermarlo, tanto? Con quale diritto? Sono un mostro. Contro natura.
Più a lungo te lo
ripetono, più finisci col crederci.
L’ultima cosa che ricordo
è la spranga di ferro che mi cala sulla tempia con violenza.
Mi piego sull’asfalto
umido di pioggia mentre mi accascio di lato, spezzato,
e cala il buio.
Note dell’Autrice
Non lo so, ragazzi. E’ da
stamattina che mi ronza quest’idea in testa e non sono davvero riuscita a farla
uscire fino a che non l’ho scritta. Non so se ne esistano altre simili su
questo fandom – non ho cercato molto, ci avrei messo
anni – e se ci fossero vi prego di segnalarmele perché
mi piacerebbe moltissimo leggerle.
In ogni caso, ho messo
rating arancione perché non so regolarmi con i rating, lo so, ma qualcuno
potrebbe impressionarsi perché questo episodio è violento e ho preferito
avvisare prima con tutti gli avvertimenti del caso.
Servono delle spiegazioni,
immagino.
Il bullismo
in america e non solo è molto frequente e passa attraverso episodi molto più violenti di questo, purtroppo. Ryan
Murphy non ci ha – come al solito – concesso quest’ottima
occasione di capire meglio Blaine e il suo passato, e
non mi sono sentita completa. Era come se mancasse qualcosa, nella mia testa.
L’ha liquidato così, con
un “ci hanno pestato a sangue”, e addio a tutti i sani principi di combattere
il bullismo tramite glee. Forse
sarebbe stato un ottimo tema da trattare, forse avrebbe dato quel pizzico di
realtà che mancava.
Così ho dovuto scriverlo, o non mi sarei sentita
a posto con me stessa. Ho sperimentato su me stessa cosa significa “bullismo”, quindi è qualcosa che ancora mi colpisce
profondamente e sono estremamente sensibile all’argomento.
Stranamente questa storia
mi convince fino in fondo, ma forse è perché, come ho detto sopra, è un tema
che mi è particolarmente vicino e quindi mi sta molto a cuore.
Glee dovrebbe essere anche questo, no? Avvicinare le
persone nelle difficoltà.
E come Blaine
ha imparato tempo dopo – alla Dalton o con Kurt – ci vuole
coraggio per affrontare certe cose.
Piccola annotazione dal
punto di vista stilistico. Verso la fine Blaine
inizia ad arrendersi e i suoi pensieri iniziano a farsi più scoordinati e per
niente lucidi. Metteteci il fatto che sta per perdere i sensi, o saranno tutte
le botte che prende, ma a mio parere rende meglio l’idea. Tutta la storia ha un
qualcosa di nonsense e può sembrare distante e ovattata,
e probabilmente lo è, ma, ripeto, rendeva meglio l’idea di ciò che volevo dire.
Lui è lì, da solo, contro
gente in netta superiorità numerica il cui unico scopo è quello di massacrarlo
di botte solo perché è diverso. E’ una cosa orribile e sentivo il bisogno di
scriverne e di parlarne, ecco. Spero di non aver turbato nessuno. Ho anche
cercato di regolarmi con la volgarità del linguaggio, quindi non ci sono
insulti orribili, solo i soliti che usa quella
gente.
E Kurt che gli domanda
proprio quello all’inizio…è che non
gli ho mai perdonato di aver liquidato Blaine con un “sì,
allora andiamo al mio ballo così affronti i miei, di bulli”, senza chiedere
altro. E’ colpa del vecchio RM, lo so, ma tutta questa freddezza per un tema
così delicato mi aveva lasciato perplessa.
Come al
solito grazie a Ilaryf90, la mia superinformatrice e ispirazione costante :)
Beh, spero che la storia
vi abbia toccato come ha toccato me scriverla e pensarci. Inutile dire che
episodi del genere non dovrebbero mai accadere, no?
Un bacio,
SeleneLightwood