Mi
manchi tanto amico
caro, davvero
Io
son partito poi
così d'improvviso,
che
non ho avuto
il tempo di salutare;
istante
breve ma
ancora più breve
se
c'è una luce
che trafigge il tuo cuore
Freddo:
tanto,
tantissimo freddo.
Non
ne
avevo provato di così intenso nemmeno quando ero sbarcato per la prima
volta
sulle coste orientali della Siberia, in un giorno che sembrava essere
appartenuto ad una vita precedente.
Poi,
d'improvviso,
una luce calda e abbagliante mi riempì gli occhi; mi avvolse nel
suo fulgore come fa un raggio di sole nei pomeriggi d'agosto, e il
gelo sparì.
Anche
i
contorni dell'Undicesimo Tempio e la figura del nuovo Signore dei
ghiacci
riversa al mio fianco andarono via via svanendo, quasi fossero stati
ricoperti
da un velo di foschia sempre più spesso.
I
ricordi si accavallavano l'uno sull'altro in una fitta rete di
immagini sfocate
a cui non sapevo dare un ordine. Semplicemente, permettevo che mi
inondassero
il cuore.
Avrei
voluto
lasciarmi andare, abbandonare le mie membra stanche fra le braccia di
quella luce confortevole; invece stringevo i denti, perché altre erano
le
braccia tra le quali desideravo spegnermi.
Stringevo
i
denti e ti pregavo di far presto, ché la morte non aspetta.
Solo
il
pensiero del tuo volto era rimasto a rubare all'oblio i miei ultimi
istanti
– ma non fu sufficiente.
Viaggiavo
già
verso il vuoto nel momento in cui udii, lontanissima, la voce che
tanto
avevo amato chiamare il mio nome.
«Camus!»
Troppo
tardi:
non potevo più tornare indietro.
Una
lacrima
scese, solitaria, sulle guance che un tempo mi erano appartenute; poi,
il bianco. E il nulla.
L'
arcobaleno è il
mio messaggio d'amore,
può
darsi un
giorno ti riesca a toccare:
con
i colori si
può cancellare
il
più avvilente e
desolante squallore
Non
piangere,
Milo, se davvero mi ami.
Le
lacrime
non si addicono al viso di un cavaliere, rammenti?
Ce
lo
ripetevano con la stessa frequenza di un mantra, quando eravamo
bambini e la
notte sporcavamo il letto di sangue rappreso; ma già allora pensavamo
che un
braccio rotto o una ferita alla tempia fossero il male minore.
Siamo
diventati
uomini senza temere nulla, stretti a braccetto con lo spettro della
morte.
Spesso
tu
tentavi di sdrammatizzare ridendoci sopra, spavaldo e sicuro di
Antares – la
stella che nella volta celeste per sedicesima brilla di più.
«Ci
sarà
tempo per pensare a ciò che sarà. Viviamo, adesso».
Così
io
mi convincevo che avevi ragione, che ci sarebbe stato tempo per tutto,
e
vivevo.
Ma
nella
terra del Freddo, dove l'orizzonte è grigio e i fiori non sbocciano,
era
difficile crederci, specialmente perché, invece, tu eri rimasto a
crescere
sotto il sole di Grecia.
Allora,
con
la neve a farmi da unica amica, tornavo a gettare lo sguardo
sull'ombra
funesta che lì chiamano cmeptb.
Non
l'avrei
mai confessato, ma certe volte ne avevo paura, poiché non sapevo cosa
aspettarmi da essa; la immaginavo terribile, avvolta nel suo mantello
scuro
come la notte.
Quando
poi,
anni dopo, venne a prendersi il mio allievo maggiore senza che io
potessi
far nulla per impedirlo, ne ebbi ancora più timore: era stata l'unica
a
cogliermi impreparato.
Ora
che
anch'io volo con lei, ho scoperto quanto in realtà mi sbagliassi.
Non
c'è
sofferenza, qui fra le anime, né buio. E, soprattutto, non c'è nero.
Non
piangere,
Milo, se davvero mi ami: io continuerò a vivere nello sfondo colorato
dei tuoi ricordi, e non solo.
Son
diventato sai
tramonto di sera
e
parlo come le
foglie d'aprile,
e
vibro dentro ad
ogni voce sincera
e
con gli uccelli
vivo il canto sottile;
il
mio discorso
più bello e più denso
esprime
con il
silenzio il suo senso
Al
tramonto
ci piaceva sedere sulle scale dell'Ottavo Tempio, a rimirare il sole
rosseggiare sul mare e tingere di bagliori infuocati i candidi marmi
del
Santuario.
Tu
riempivi
l'aria di parole, per sovrastare quel silenzio della sera nascente che
a te metteva malinconia; sei sempre stato una persona rumorosa, al
contrario di
me.
«Grazie».
«Di
cosa,
Milo?»
«Di
esserci.
Senza di te questo spettacolo sarebbe immensamente triste – tutto
sarebbe triste, senza di te».
Io
continuavo
a tacere e stringevo di più la tua mano, credendo che non ci fosse
risposta migliore di quel gesto.
Immagino
che,
dalla mia scomparsa, tu non ti sia più fermato sui quei gradini. Fallo
ancora, Milo.
Anche
se
non potrai vedermi o toccarmi, io sarò comunque accanto te e ti terrò
compagnia.
Cercami
in
tutte le cose belle, perché lì mi troverai: che sia nell'imbrunire del
giorno, nel migrare di uno stormo di gabbiani o nello spuntare delle
prime
gemme in primavera, lì mi troverai.
Presta
attenzione
al soffio del vento e alla voce dolce di quella Dea che non ho
riconosciuto giacché, se li saprai ascoltare, loro ti narreranno un
poco di ciò
che sono diventato.
Nei
volti
dei nostri fratelli d'armi potrai scorgere il riflesso del mio raro
sorriso.
Lo
stesso
silenzio che prima rifuggivi, ora parlerà per me.
Non
piangere,
quindi, se davvero mi ami: molti sono i luoghi dove mi troverai,
quando sentirai la mia mancanza.
Io
quante cose non
avevo capito
che
sono chiare
come stelle cadenti,
e
devo dirti ch' è
un piacere infinito
portare
queste mie
valigie pesanti
Atena
è
stata misericordiosa con noi cavalieri caduti; ci ha concesso di
morire nel
perdono, nonostante il nostro tradimento.
Come
abbiamo
fatto a non accorgerci dell'inganno, Milo?
La
luce
che vidi spirando era lei: un cosmo tanto grande e splendente che è
impossibile descrivere a parole.
Grazie
a
esso, adesso mi sono ricongiunto alle stelle che mi diedero i natali.
Ciò
che
vedo non mi stupisce, ma mai avrei creduto che l'universo fosse vasto
e
meraviglioso a tal punto.
Qui
non
vi sono errori, ogni cosa si muove in perfetto equilibrio: è come
tornare a
far parte di una danza primordiale, da cui nascendo ci allontaniamo.
Io
sono
tutto e, al contempo, non sono niente.
Sono
corpo
e spirito; buio e luce; caldo e freddo.
Sono
ovunque
e da nessuna parte.
Non
so
più quanto tempo sia passato dalla mia morte; il ricordo di chi sono
stato
in vita è come una foto dai contorni sbiaditi.
La
sola
cosa di cui sono certo è il sentimento che a te mi ha legato, e che
ancora
tiene unite le nostre due anime.
Non
posso
fare a meno di aspettarti: raggiungerò la pace completa solo quando
saremo finalmente tutt'uno.
Nel
frattempo
respirerò col tuo respiro, toccherò con le tue dita, guarderò coi
tuoi occhi.
Non
piangere,
Milo, se davvero mi ami: io vivrò attraverso di te.
Mi
manchi tanto
amico caro, davvero
e
tante cose son
rimaste da dire;
ascolta
sempre
solo musica vera
e
cerca sempre, se
puoi, di capire
Non
c'è
posto per i rimorsi, non qui – un solo rimpianto è rimasto.
Non
ci
crederai: sono le milioni di cose che non ti ho detto mai.
«Che
hai?»
«Nulla.
Riflettevo».
«Su
cosa?»
«Su
un
fatto bizzarro. Camus, tu sai tutto di me: ogni singola sfumatura
della mia
persona ti è nota. Io, invece, a volte ho come l'impressione di
non conoscerti
affatto».
«Mi
conosci
quanto basta ad amarmi. Non ti pare sufficiente?»
Sapevi
che
questo ti sarebbe dovuto bastare, così annuivi incerto e io mi
ritenevo
soddisfatto.
Ironia
della
sorte, tantissime sono adesso le domande a cui risponderei volentieri,
infiniti gli argomenti che mi piacerebbe trattare con te – se solo
potessi
ancora.
Vorrei
raccontarti
dei miei pensieri riguardo alla cmeptb, lassù nell'isba, o
di come la mia mente volasse a cercare la tua immagine nei momenti di
maggior
solitudine.
Di
quando,
nelle notti gelate in cui mi recavo fra i ghiacci con i miei pupilli,
al posto dell'aurora boreale vedevo quegli arcobaleni che tu mi
indicavi
entusiasta dopo un violento acquazzone estivo.
Mi
manchi
tanto amico caro, davvero.
Mi
manchi.
Per
quanto
possano essere belle, le stelle non saranno mai calde quanto il tuo
abbraccio.
Però
non
piangere, Milo, se veramente mi ami: nemmeno la morte ha avuto il
potere di
farmi scordare di noi.
Son
diventato sai
tramonto di sera
e
parlo come le
foglie d'aprile,
e
vibro dentro ad
ogni voce sincera
e
con gli uccelli
vivo il canto sottile;
il
mio discorso
più bello e più denso
esprime
con il
silenzio il suo senso
Cercami
in
tutte le cose belle, perché lì mi troverai: che sia nell'imbrunire del
giorno, nel migrare di uno stormo di gabbiani o nello spuntare delle
prime
gemme in primavera, lì mi troverai.
Presta
attenzione
al soffio del vento e alla voce dolce di quella Dea che non ho
riconosciuto giacché, se li saprai ascoltare, loro ti narreranno un
poco di ciò
che sono diventato.
Nei
volti
dei nostri fratelli d'armi potrai scorgere il riflesso del mio raro
sorriso.
Lo
stesso
silenzio che prima rifuggivi, ora parlerà per me.
Io
sono
tutto e, al contempo, non sono niente.
Sono
corpo
e spirito; buio e luce; caldo e freddo.
Sono
ovunque
e da nessuna parte.
Ma
soprattutto
sono dentro di te – nel tuo cuore.
Respirerò
col
tuo respiro, toccherò con le tue dita, guarderò coi tuoi occhi.
Ama
te
stesso, ama la vita poiché, così facendo, potrai continuare ad avermi
vicino.
Non
piangere,
Milo, se davvero mi ami: anche se non ci sono, sono e sarò sempre con
te.
Mi
manchi tanto
amico caro, davvero
e
tante cose son
rimaste da dire;
ascolta
sempre
solo musica vera
e
cerca sempre se
puoi di capire.
Arrivederci,
amico
caro.
Un giorno ci rincontreremo.
Note
dell’autore
Anche
se in ritardo di un giorno, auguri
chéri: questa ennesima sciagura è il mio regalo di compleanno per te.
Fortunatamente
gli eventi significativi da
celebrare con componimenti di tal genere sono finiti, dunque spero di
riuscire
a farla finita per un po'.
Lo
dico sempre, ma sento che questa è la
volta buona: abbiate fede!
So
che lui e gli altri dopo la battaglia
delle Dodici Case finiscono all'inferno, tuttavia per una volta facciamo
finta
che non sia stato così o, almeno, non subito.
La
canzone si intitola
"L'arcobaleno" ed è stata scritta dal poeta Mogol, musicata da Gianni
Bella e cantata da Adriano Celentano come loro personale addio a Lucio
Battisti.
Spero
vi piaccia: l'ho scritta con amore
come sempre, e forse di più.
Cmeptb
significa "morte" in russo.