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Autore: xharrysdimples    11/02/2012    5 recensioni
"E lui, lui aveva solo bisogno di saltare nel vuoto,
o essere salvato."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                                 no one here to save me.


Era ora di pranzo ed Harry, come sempre, era seduto solo sulla terza panchina nel cortile interno della scuola. Non dava fastidio a nessuno: stava lì zitto, a ripassare la lezione dell’ora successiva mentre addentava una mela.
Ma non riusciva a concentrarsi sulle scritte del libro, perché ogni morso che mandava giù sembrava graffiargli la gola con violenza, sembrava voler risalire in fretta, quasi spaventato nell’arrivare fino allo stomaco. Chiuse gli occhi e costrinse anche quel boccone ad andare fino in fondo, deglutendolo.
Senza alzare gli occhi dal libro vide una schiera di ragazzi passargli davanti ridendo: avrebbe riconosciuto quelle gambe ovunque. Poi il più grosso di loro, Charlie, piantò i suoi piedi a terra, proprio davanti al ragazzo.
Harry fece finta di niente e, mentre sentiva una goccia fredda di sudore rigargli la tempia, continuò a tenere gli occhi fissi su quelle formule matematiche.
- “Hey Styles, come mai ieri non sei venuto? Ci siamo preoccupati, sai?”
Harry continuò a fissare la stessa riga della stessa pagina, senza alzare lo sguardo.
- “sto parlando con te, ricciolino!” Charlie chiuse di botto il libro al ragazzo e con la sua mano strinse la mascella di lui, costringendolo a guardarlo in faccia.
Harry non cercò di liberarsi dalla presa ma, immobile, cercava di leggere negli occhi di quel mostro che lo picchiava ogni giorno da più di un anno, il motivo di tutto quell’odio: ma non lo trovò, non c’era nessuna ragione per farlo, eppure quell’incubo si ripeteva quotidianamente.
Tenendo sempre ben ferma la faccia del ricciolino, Charlie alzò l’altro braccio in alto e chiuse la mano in un pugno. Harry istintivamente chiuse gli occhi, cercando di ricordare, in quei pochi secondi di integrità, qual’era la sensazione che si provava quando si era presi a pugni, ma ogni giorno il dolore sembrava cambiare e amplificarsi sempre più.
Lo colpì.
Con odio, digrignando i denti come un cane.
Il ragazzo vide lo sguardo appannarsi e sentì il sapore del sangue riempirgli piano tutta la bocca, come un mare d’ira. Si rese conto che stava per essere colpito ancora, ma tra le figure offuscate che lo circondavano, ne vide una perfetta, messa ben a fuoco. Era forse morto?
Un altro pugno stava per schiantarsi contro il suo volto quando, questa ragazza dai capelli neri come il carbone e gli occhi verdi come il più bel albero in fioritura, posò la sua mano sulla spalla del bestione.
- “smettila Charlie, ma sei matto? Basta!”
Inspiegabilmente, al suono di quella dolce voce, la stretta che teneva ben fermo il viso di Harry, si sciolse e il pugno si abbassò lentamente. “mio dio, guarda che gli hai fatto!” aveva un tono preoccupato: davvero qualcuno aveva deciso di porre fine a quell’inferno, di aiutarlo?
Il bestione si voltò verso di Harry con aria furiosa dopo aver zittito la ragazza.
- “vai via, stronzetto. Corri, vai via!” Harry se ne andò raccogliendo in fretta le sue cose. Cominciò a correre nella scuola con lo sguardo ancora appannato e il sangue che si confondeva con la saliva. 
Raggiunse il primo bagno dei maschi che trovò e che, fortunatamente, era vuoto, si mise in ginocchio davanti alla tazza vomitando quei pochi morsi di mela e del sangue.
Era sempre così: ogni volta che mangiava qualcosa, vomitava. Il suo corpo ormai era privo di forza, così come la sua mente, completamente in preda alla paura dell’affrontare il giorno seguente, sapendo che avrebbe portato solo altro dolore, nel vero senso della parola. Si sciacquò la bocca più volte, ma il sapore di sangue era persistente: aveva lo zigomo viola e gonfio e il labbro inferiore completamente spaccato sul lato destro e bruciava, bruciava da morire. La campanella suonò, ormai i corridoi erano vuoti ed Harry poteva stare tranquillo. Salì le scale cercando di non pensare al dolore che si irradiava per tutto il suo corpo e a quel costante senso di nausea che aveva. Spinse la porta della terrazza della scuola, ma perfino quella sembrava essere più forte di lui che, solo dopo innumerevoli sforzi, riuscì ad aprirla. Si sedette a terra e senza accorgersene, cominciò a piangere.
Si sentiva così fragile, talmente fragile che qualsiasi cosa sarebbe stata in grado di ucciderlo in quel momento. Si alzò e fece dei passi verso la ringhiera: era alto, molto alto. Il vento soffiò forte tra i suoi capelli e sul suo viso, asciugando qualche lacrima. Il ragazzo chiuse gli occhi scavalcando quella ringhiera marrone e mettendosi seduto sull’ultimo pezzo di cemento dopo la protezione di metallo, con i piedi a penzoloni.
Si sentiva talmente piccolo e insignificante che se anche fosse saltato giù nessuno se ne sarebbe accorto, a nessuno sarebbe davvero importato. Cominciò a piangere più forte, mentre sentiva la voglia di urlare salirgli per le vene, scorrergli nel sangue: ma dalla sua bocca non uscì niente, perché non ne aveva la forza. Non aveva più una valida ragione per respirare ancora e, in quel momento, buttarsi di sotto gli sembrava l’unica soluzione. Sarebbe tutto finito, solo un salto e non avrebbe sentito più niente. Perché preferiva morire che alzarsi il giorno seguente, fingere un sorriso alla madre, mangiare la sua colazione, vomitarla, andare a scuola, essere picchiato, tornare a casa, rubare il fondotinta alla sorella per coprire lividi e ferite, cenare, vomitare e andare dormire. Perché tutte le sue giornate erano così.
E lui, lui aveva solo bisogno di saltare nel vuoto,
o essere salvato.
Ma nessuno avrebbe mai varcato quella porta, nessuno l’avrebbe fatto perché Harry non significava niente in quell’immenso universo, solo un inutile puntino.
Un rumore alle sue spalle lo fece voltare di botto: la ragazza di prima. Era lì ferma, vicino a lui, e lo fissava negli occhi. Per un istante il ragazzo vide una luce illuminare la sua vita buia, si sentì salvo. Ma anche lei si era persa, non sapeva chi era e perché stesse aiutando quel ragazzo quando era lei la prima ad avere bisogno di aiuto, forse perché erano uguali, entrambi tremendamente deboli.
Le labbra rosse di quella sconosciuta tremavano mentre una sua mano si stese verso di lui. 
Se si fosse buttato, tutto quel dolore sarebbe finito.
Ma se avesse afferrato la sua mano? Cosa sarebbe successo? 
Sarebbe stato salvo. E quel dolore sarebbe stato sovrastato dalla fragilità di due persone che, insieme, avrebbero affrontato le cose, diventando forti.
Così senza pensarci, saltò.
 
Saltò dentro la sua nuova vita, promettendosi che le cose sarebbero cambiate. 
Adesso erano due i puntini insignificanti in quell’immenso universo,
ma entrambi salvi.



Harry.





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è uno stupido one shot su Harry..ed ero indecisa se pubblicarlo o meno perchè non mi piaceva tanto, ma alla fine ho detto "va bene, lo metto comunque." AHAHAHAH
oooook...sciao jasdhbskjnd :3
  
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