Un grazie enorme a chi
recensisce o anche solamente legge le mie fanfiction. Vi ringrazio
profondamente, davvero. Grazie grazie grazie!
Questa è
una piccola fan fiction nata
mezz’ora fa, ispiratami dall’inevitabile atmosfera
‘romantica’ che si respira
in giro, oggi. Lo slash è appena accennato, non
esplicito, diciamo
che può essere interpretato diversamente a seconda delle
vostre chiavi di
lettura.
Spero vi piaccia e di non aver fatto troppo male, al solito!
Buona Lettura!
Inaspettato
“Roba da matti” disse John tra i denti per non
farsi sentire dal coinquilino. Nonostante
questo, -ovviamente- Sherlock carpì ogni parola.
“Perché così insofferente,
John?” gli domandò il detective, distogliendo
l’attenzione
dallo schermo illuminato e concentrandola tutta sul volto corrucciato
del
dottore. Questi ricambiò la sua occhiata, sbuffando di
nuovo, contrito.
"E' il quattordici di febbraio, Sherlock. E io sono sempre insofferente, il quattordici di febbraio" grugnì.
Sherlock guardò in aria, gettando gli occhi al cielo.
“Dovresti vedere
l’ambulatorio, Sherlock. Tutto un fiorire di cuoricini,
festoni rosa, e cupidi svolazzanti” sbottò il
medico scuotendo la testa,
visibilmente contrariato. Era rimasto sulla soglia, appoggiato al muro,
come se
restando fermo avesse potuto sbollire un po’ la rabbia.
“E’ San
Valentino, John.
Cosa ti aspettavi?” rispose Sherlock pacato, gettando
inspiegabilmente delle
occhiate rapide alla cucina.
“E’…discriminante, Sherlock. Non tutti
hanno un compagno o una compagna, sai? Quando
si è…single,
è veramente umiliante”
sibilò “…e poi c’è
Sarah.”
“Sarah?” ripeté Sherlock, pensoso. Poi
sembrò ricordare.
“Già”
disse John “Sarah
con il suo nuovo, adorabile ragazzo…” diede un
pugno contro il legno dello
stipite della porta, contrariato. “Non fa che raccontarmi di
dove la porta, dei
regali che le fa…”
“Tipico” ripose Sherlock incrociando le gambe. John
si incupì.
“Magari se non l’avessi messa in pericolo di vita
al nostro primo appuntamento…”
insinuò il medico, con sguardo gelido puntato verso il suo
coinquilino.
Quello si limitò a sospirare.
“Cose che capitano, John”
“Solo con te, Sherlock”
“Sono stato un amico, John. Sarah era talmente… noiosa.” disse, storcendo il
naso.
John fece per parlare ma
poi si bloccò, scuotendo la testa. Era molto meglio finirla
li, per il proprio
bene e per quello di Sherlock.
“Odio San Valentino. Con tutte le mie forze”
specificò ancora, come se tutto
quel discorso non avesse accuratamente convinto Sherlock “Non
voglio più sentir
pronunciare quelle due parole, oggi. Mai più, o rischio di
diventare pericoloso.”
concluse e finalmente si schiodò dal muro, scrollando le
spalle e sfilandosi il
giubbotto. Quando fece per posare la valigetta sul tavolo si
guardò attorno
rimamendo impietrito.
La cucina era
perfettamente pulita e in ordine. Quasi brillava.
I sacchetti della spesa erano poggiati sul tavolo, stracolmi, e nessun
pezzo di
chissà cosa troneggiava in bella vista nel forno, o nella
padella sul piano di
marmo.
John, incredulo, aprì il frigo, aspettandosi una situazione
totalmente diversa,
cercando una spiegazione a tutta quella inverosimile
vicenda. Era tutto in perfetto ordine e decisamente più
fornito del solito. Nessuno
strano odore, nessuna testa, nessun sacchetto pieno di dita o ossa
umane tra la
verdura e le scatolette. Era tutto normale. E questo spaventava il
povero John
all’inverosimile.
“Sherlock” bisbigliò appena, sicuro che
il detective lo sentisse “la signora
Hudson ha deciso di fare gli straordinari?”
domandò, non trovando altra
motivazione.
La voce del detective gli giunse chiara e forte. Si voltò e
lo vide sulla porta
della cucina, con un sorriso appena accennato sul volto.
“No”
“Allora ho sbagliato
appartamento e tu sei una specie di clone alieno venuto da Marte.
Oppure sto
sognando”
“No, John”
rispose
Sherlock, con calma.
John non poteva crederci. Se non era stata la signora Hudson,
allora…
“Sei stato tu?” disse, con voce sbigottita
“tu hai…pulito? Tu hai fatto la
spesa e sistemato il frigo?”
Sherlock annuì, con
espressione tranquilla, serena, come se fosse una cosa da tutti i
giorni. Come
se John non avesse motivo di credersi in una specie di perfetta
dimensione
parallela.
“E…e…” boccheggiò,
incapace di formulare una frase coerente “e… a
cosa dobbiamo
questo drastico…cambiamento?”
Sherlock parve pensoso,
per un momento, e guardò in aria, come se la risposta fosse
ovvia, come se
stesse vagliando, scegliendo mentalmente le parole con cui esporla. Poi
il suo
sguardo tornò sul dottore e i suoi bellissimi occhi chiari
parvero sorridere, per un momento.
“Non posso dirtelo,
John.
Non vorrei che tu diventassi…come hai detto? Oh… pericoloso” si
limitò a dire, girando i tacchi e lasciandolo solo
nella stanza.
Il cuore di John
accelerò,
mentre guardava il detective varcare la soglia della cucina, uscendo.
Una marea di domande, di idee, di pensieri affollavano la sua mente,
confondendolo ma anche rendendolo incredibilmente euforico.
“Sherlock! Sherlock, ascolta…”
cominciò poi a dire John, inseguendolo. Sherlock
non si fermò, certo, sicuro
di quello
che sarebbe successo dopo.
Abbassò lo sguardo, e sorrise.
*