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Autore: SAranel    14/02/2012    8 recensioni
John detesta San Valentino, e il suo umore quel giorno non è decisamente dei migliori. Sherlock però, ha un asso nella manica. Cosa avrà in mente?
“Roba da matti” disse John tra i denti per non farsi sentire dal coinquilino. Nonostante questo, -ovviamente- Sherlock carpì ogni parola.
“Perché così insofferente, John?” gli domandò il detective, distogliendo l’attenzione dallo schermo illuminato e concentrandola tutta sul volto corrucciato del dottore. Questi ricambiò la sua occhiata, sbuffando di nuovo, contrito.
"E' il quattordici di febbraio, Sherlock. E io sono sempre insofferente, il quattordici di febbraio" grugnì. [...]
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie enorme a chi recensisce o anche solamente legge le mie fanfiction. Vi ringrazio profondamente, davvero. Grazie grazie grazie!
Questa è una piccola fan fiction nata mezz’ora fa, ispiratami dall’inevitabile atmosfera ‘romantica’ che si respira in giro, oggi. Lo slash è appena accennato, non esplicito, diciamo che può essere interpretato diversamente a seconda delle vostre chiavi di lettura.
Spero vi piaccia e di non aver fatto troppo male, al solito!

Buona Lettura!

S.

 

Inaspettato

*

 

 
John entrò in casa sbuffando, mentre Sherlock sedeva davanti al computer, poggiato sul tavolo del salotto. Quando lo sentì entrare, si voltò a guardarlo.
“Roba da matti” disse John tra i denti per non farsi sentire dal coinquilino. Nonostante questo, -ovviamente- Sherlock carpì ogni parola.
“Perché così insofferente, John?” gli domandò il detective, distogliendo l’attenzione dallo schermo illuminato e concentrandola tutta sul volto corrucciato del dottore. Questi ricambiò la sua occhiata, sbuffando di nuovo, contrito.

"E' il quattordici di febbraio, Sherlock. E io sono sempre insofferente, il quattordici di febbraio" grugnì.

Sherlock guardò in aria, gettando gli occhi al cielo.

“Dovresti vedere l’ambulatorio, Sherlock. Tutto un fiorire di cuoricini, festoni rosa, e cupidi svolazzanti” sbottò il medico scuotendo la testa, visibilmente contrariato. Era rimasto sulla soglia, appoggiato al muro, come se restando fermo avesse potuto sbollire un po’ la rabbia.

“E’ San Valentino, John. Cosa ti aspettavi?” rispose Sherlock pacato, gettando inspiegabilmente delle occhiate rapide alla cucina.
“E’…discriminante, Sherlock. Non tutti hanno un compagno o una compagna, sai? Quando si è…single, è veramente umiliante” sibilò “…e poi c’è Sarah.”
“Sarah?” ripeté Sherlock, pensoso. Poi sembrò ricordare.

“Già” disse John “Sarah con il suo nuovo, adorabile ragazzo…” diede un pugno contro il legno dello stipite della porta, contrariato. “Non fa che raccontarmi di dove la porta, dei regali che le fa…”
“Tipico” ripose Sherlock incrociando le gambe. John si incupì.
“Magari se non l’avessi messa in pericolo di vita al nostro primo appuntamento…” insinuò il medico, con sguardo gelido puntato verso il suo coinquilino.
Quello si limitò a sospirare.
“Cose che capitano, John”
“Solo con te, Sherlock”
“Sono stato un amico, John. Sarah era talmente… noiosa.” disse, storcendo il naso.

John fece per parlare ma poi si bloccò, scuotendo la testa. Era molto meglio finirla li, per il proprio bene e per quello di Sherlock.
“Odio San Valentino. Con tutte le mie forze” specificò ancora, come se tutto quel discorso non avesse accuratamente convinto Sherlock “Non voglio più sentir pronunciare quelle due parole, oggi. Mai più, o rischio di diventare pericoloso.” concluse e finalmente si schiodò dal muro, scrollando le spalle e sfilandosi il giubbotto. Quando fece per posare la valigetta sul tavolo si guardò attorno rimamendo impietrito.

La cucina era perfettamente pulita e in ordine. Quasi brillava. I sacchetti della spesa erano poggiati sul tavolo, stracolmi, e nessun pezzo di chissà cosa troneggiava in bella vista nel forno, o nella padella sul piano di marmo.
John, incredulo, aprì il frigo, aspettandosi una situazione totalmente diversa, cercando una spiegazione a tutta quella inverosimile vicenda. Era tutto in perfetto ordine e decisamente più fornito del solito. Nessuno strano odore, nessuna testa, nessun sacchetto pieno di dita o ossa umane tra la verdura e le scatolette. Era tutto normale. E questo spaventava il povero John all’inverosimile.
“Sherlock” bisbigliò appena, sicuro che il detective lo sentisse “la signora Hudson ha deciso di fare gli straordinari?” domandò, non trovando altra motivazione.
La voce del detective gli giunse chiara e forte. Si voltò e lo vide sulla porta della cucina, con un sorriso appena accennato sul volto.
“No”

“Allora ho sbagliato appartamento e tu sei una specie di clone alieno venuto da Marte. Oppure sto sognando”

“No, John” rispose Sherlock, con calma.
John non poteva crederci. Se non era stata la signora Hudson, allora…
“Sei stato tu?” disse, con voce sbigottita “tu hai…pulito? Tu hai fatto la spesa e sistemato il frigo?”

Sherlock annuì, con espressione tranquilla, serena, come se fosse una cosa da tutti i giorni. Come se John non avesse motivo di credersi in una specie di perfetta dimensione parallela.
“E…e…” boccheggiò, incapace di formulare una frase coerente “e… a cosa dobbiamo questo drastico…cambiamento?”

Sherlock parve pensoso, per un momento, e guardò in aria, come se la risposta fosse ovvia, come se stesse vagliando, scegliendo mentalmente le parole con cui esporla. Poi il suo sguardo tornò sul dottore e i suoi bellissimi occhi chiari parvero sorridere, per un momento.

“Non posso dirtelo, John. Non vorrei che tu diventassi…come hai detto? Oh… pericoloso” si limitò a dire, girando i tacchi e lasciandolo solo nella stanza.

Il cuore di John accelerò, mentre guardava il detective varcare la soglia della cucina, uscendo.
Una marea di domande, di idee, di pensieri affollavano la sua mente, confondendolo ma anche rendendolo incredibilmente euforico.
“Sherlock! Sherlock, ascolta…” cominciò poi a dire John, inseguendolo. Sherlock non si fermò, certo, sicuro di quello che sarebbe successo dopo.
Abbassò lo sguardo, e sorrise.

*

 

 

 

 

 

 

 

 


  
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