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Autore: Matt2291    14/02/2012    11 recensioni
[NaruHina]
Cit:/ Hinata non si considerava affatto una ragazza bella, anzi a dirla tutta non si considerava affatto.
Forse era per la mancanza di fiducia in se stessa che non le permetteva di avere un ragazzo.

Scusate ma non sono bravo a incuriosire le persone con una buona presentazione ^^"
Spero abbiate passato un buon San Valentino ^^
E spero apprezziate la mia storia :)
Per quello che posso dirvi, è carina ^^"
Leggete!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho finito solo ora di scrivere questa mega One-shot.
Dedicata a San Valentino, che può essere, senza che voi lo sappiate, un giorno davvero speciale!
Buona lettura e scusate eventuali errori ^^”

PS: Ho ricontrollato la storia, rendendomi conto che era stracolma di errori.
Ho corretto un po' tutto, spero che la lettura sarà ora più piacevole :)

 
 
 
 
 
 
 

L’amore ha il colore dei tuoi occhi

 
 
 
Hinata non si considerava affatto una ragazza bella, anzi a dirla tutta non si considerava affatto.
Forse era la mancanza di fiducia in se stessa il motivo che non le permetteva di avere un ragazzo.
Ormai aveva 17 anni, la sua media scolastica era la migliore della classe, al pari con Sasuke Uchiha e Sakura Haruno, suoi amici e coppia da circa un anno. Ricorda ancora le fatiche dell'amica per conquistare il ragazzo moro; Sakura non era la sola ad andarci dietro, anzi a dirla tutta metà delle ragazze della scuola sbavava letteralmente dietro il tenebroso, così soprannominato da molte.
A lei invece non interessava minimamente, quell’espressione sempre gelida e distaccata la metteva in soggezione, anche per quello non si era mai dimostrata particolarmente attratta. Ad ogni modo, dopo vari macchinosi piani, Sakura riuscì a fare breccia nel cuore di lui, che si accorse di aver sempre trovato divertente quella ragazza che pur di essere notata era entrata nella squadra di calcio della scuola. L’unica ragazza in mezzo a tutti ragazzi, ed era anche in gamba.
Neanche pochi giorni che Sakura gli presentò la sua “conquista”, e da allora diventarono amici. Più o meno.
Seduta sul suo banco, Hinata scrutava assorta il paesaggio fuori dalla finestra. Pioveva a dirotto e le foglie dorate delle querce del parco sembravano stringersi in se stesse per difendersi dal vento pungente che imperversava.
Un altro pensiero però le fece capolino nella mente: oggi era San Valentino.
C’è da dire che è la festa più inutile dell’anno.
Se hai un ragazzo, passi la giornata insieme a lui tra parole dolci e momenti di spensieratezza, se invece non ce l’hai, rimani tutto il giorno a casa a deprimerti sul fatto che nessuno ti abbia considerato nella vita e ti abbandoni a interi sacchetti di dolci che colmino almeno in parte la tristezza che ti avvolge.
Uscire di casa se ne parla, vedere tutte quelle coppiette in giro a sorridere e scambiarsi teneri baci accrescerebbe solo la malinconia e il senso di inadeguatezza alla propria esistenza; c’è chi invece se ne frega altamente, ma quella è un’altra storia.
- Uzumaki, vuole seguire la lezione per cortesia?
Il suddetto ragazzo era stato beccato mentre guardava fuori dalla finestra. Sentendosi chiamare tornò subito composto, chiedendo scusa.
Hinata l’osservò con lo sguardo di chi ha perso la speranza, avrebbe tanto voluto che fosse stato beccato mentre osservava lei, e non la pioggia fuori la finestra.
Sospirò, rassegnata. Naruto era nella loro classe da settembre dell’anno scorso, per quanto ne sapeva si era trasferito qui insieme alla famiglia dato che il padre aveva trovato lavoro in quella città, e da allora era diventato il suo chiodo fisso.
La prima volta che varcò la soglia della loro classe ebbe quasi un collasso.
Quella volta stava contemplando insieme alle sue amiche una rivista in cui comparivano gli scatti di un fotomodello davvero attraente, un ragazzo che, secondo l’intervista riportata, era della loro stessa età.
La campanella suonò e non poté leggere il seguito.
Quando il professore annunciò che da quell’anno avrebbero avuto un nuovo compagno di classe, un brusio curioso e perplesso si diffuse in tutta l’aula.
Ad Hinata quella notizia non faceva molta differenza, l’importante è che fosse stato un tipo simpatico con cui fare eventualmente amicizia, in caso contrario lo avrebbe ignorato.
Insieme a Sakura, avevano immaginato che tipo fosse e comunque non sapevano neppure se sarebbe stato un ragazzo o una ragazza.
Quando però vide chi si trattava, Hinata smise di respirare.
Scarpe da ginnastica nere con strisce arancioni, jeans strappati, una camicia arancione che sfumava in giallo alla base, sorriso bianco come la neve, ma caldo come il sole, lo stesso colore dei suoi capelli che si muovevano leggeri ad ogni suo passo e per finire, occhi di un blu che non aveva mai visto in nessun essere umano; unici.
Hinata avvampò di colpo e con una certa fretta riprese la rivista che stava leggendo. Era lui, lo stesso ragazzo della foto.
Si accorse solo dopo che nell’intervista riportata vi era anche il fatto che si sarebbe trasferito in un'altra città; la sua.
E che si sarebbe iscritto ad una scuola; la sua.
Non riusciva a crederci.
Tornò a guardarlo, e i loro occhi si scontrarono nel momento esatto in cui il ragazzo sollevò i suoi; non seppe spiegarsi che successe, ma in quel momento sentì, oltre una particolarmente attrazione per quello sguardo magnetico, anche una sorta di nostalgia. E tanta.
In quei cinque mesi aveva più volte cercato di parlargli, scambiare qualche parola, ma la sua timidezza la fermava sempre e così finiva in bagno a sciacquarsi il viso per poter attenuare il rossore sulle guance.
Sakura cercava di aiutarla, il problema era semplice ma senza soluzione; se voleva parlagli poteva benissimo andare da lui e iniziare un discorso, più di questo non sapeva che dire o fare.
Hinata invece si sentiva sempre più inutile, e così erano trascorsi cinque mesi senza che riuscisse a parlargli seriamente, tranne per le volte in cui si salutavano educatamente.
Non sapeva cosa pensare, anzi a dirla tutta una cosa la pensava; era un’idiota.
E lui poi? Cosa pensava di lei? L’aveva sempre vista come una ragazza impacciata e che si emoziona subito, una studentessa modello con amicizie normali. Non con lui però.
Il suonò della campanella la fece sobbalzare, ridestandola dai suoi ricordi.
Ripose tutto nella cartella e uscì senza guardare in faccia nessuno. Non che non volesse salutare, ma quel giorno si sentiva piuttosto malinconica; forse era dovuto al maltempo.
Scese le scale, accalcandosi insieme agli altri centinaia di studenti che cercavano di uscire dalle strette porte dell’atrio.
Strette perchè ne uscivano 6-7 alla volta, andandosi così ad incastrare e ostruire il passaggio.
Finalmente riuscì ad uscire, l’umidità la colpì come uno schiaffo in pieno viso e intorno a lei, diversi studenti si stavano già allontanando sotto il proprio ombrello, altri invece si accingevano ad una bella corsa con il cappuccio tirato su.
Inutile dire che guardò con una certa invidia le varie coppiette che si allontanavano abbracciati sotto lo stesso riparo; pensò che quel giorno sarebbe rimasta a casa a rimpinzarsi di dolci e a leggere un buon libro.
Poggiò la cartella a terra e vi frugò dentro per cercare l’ombrello. Ma non lo trovò.
- Oh no, l’ho dimenticato in classe!
Si rimise lo zaino in spalla per poi voltarsi velocemente senza però vedere dove stesse andando, così finì addosso a qualcuno; sarebbe caduta se quel qualcuno non l’avesse presa per un braccio e stretta a sé.
Alzò lo sguardo per ringraziare, ma non ci riuscì.
I suoi occhi divennero stupore quasi palpabile quando incontrarono quelli blu di Naruto, che per risposta gli fece un sorriso. Hinata si sentì sciogliere ad avere il viso del ragazzo così vicino al suo, e solo per la velocità degli eventi non si accorse di dove fosse finita.
Stava respirando poco sopra la spalla del ragazzo, il braccio di lui sulla sua schiena e le sue mani poggiate sul suo petto. Si sentì svenire.
- Tutto bene?
La vista di Hinata, che per un momento si era offuscata dall’emozione tornò immediatamente nitida; l’imbarazzo però rimase dentro di lei ed era così forte che non aveva idea di cosa fare.
Avrebbe voluto staccarsi perché quella era una posa alquanto imbarazzante, ma allo stesso tempo desiderava rimanere lì per sempre, il tepore che i loro due corpi uniti stava formando le sembrò il calore migliore del mondo.
- Sì -  soffiò debolmente, quasi non si rese conto di aver parlato.
Naruto la allontanò un poco, anche lui mostrava un’espressione alquanto imbarazzata, forse gli dava fastidio che lei non si fosse staccata subito.
Mise a terra lo zaino e ne estrasse un ombrello bianco che porse alla ragazza.
- Ti ho riportato questo, lo hai lasciato sotto al banco -.
Hinata sorrise istintivamente, senza forse un motivo apparente. La sola cosa che veniva in mente era il fatto di avere davanti un ragazzo fantastico. Sapeva che non era quel tipo che va con qualunque ragazza e si ritiene il padrone del mondo solo perché riesce a far sentire gli altri una nullità; lui non era nulla di tutto quello.
Naruto era sempre gentile con tutti.
Abile in tutti gli sport, faceva anche lui parte della squadra calcistica dell’istituto, guadagnandosi alle audizioni un posto da titolare.
Hinata qualche volta andava agli allenamenti perché giocava anche il cugino Neji, ma lei neanche lo vedeva.
I suoi occhi rimanevano sempre incantati ad osservare il corpo scolpito del ragazzo che le aveva rubato ogni attenzione, ogni pensiero, e forse ogni gesto.
Prese l’ombrello e per un momento le loro mani si toccarono. Una scossa le fece battere forte il cuore e altre mille sensazioni si impossessarono di lei, ridestandola improvvisamente sul fatto di essere ancora all’uscita di scuola, e non in un luogo appartato insieme a lui, insieme al ragazzo che le piaceva.
- Grazie -  disse timidamente e con un certo disagio.
Naruto gli fece un cenno a mo di saluto per poi spostarsi al lato della tettoia. Hinata aprì l’ombrello e si voltò a guardarlo un’altra volta. Era davvero bello.
Poggiato su una delle colonne che reggeva la copertura dell’atrio, Naruto aveva lo sguardo pensieroso mentre osservava la pioggia cadere senza nessun accenno a smettere, le mani nelle tasche per poterle tenere al caldo e la testa che ogni tanto si nascondeva nelle spalle.
Hinata pensò che non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi più di quello che era successo un momento prima; solo un colpo di fortuna.
Sospirò sconsolata, ma felice di avergli rivolto qualche parola.
Si mise l’ombrello sulla testa e incominciò a camminare, non aveva fretta di andare da nessuna parte e poi indossava degli stivali impermeabili, quindi non temeva neppure di inumidirsi i piedi.
Si voltò di nuovo, e lui era ancor là. Non si era mosso.
Hinata corrugò la fronte per poi fermarsi. Che aspettava ad andare via?
Ma poi, un sospetto si fece largo nella sua mente.
Si fece coraggio e tornò indietro, forse quel giorno sarebbe riuscita nel suo intento. Ogni passo che faceva si sentiva sempre più agitata, ma per cosa poi? Doveva solo fare una domanda nulla di più.
Arrivata abbastanza vicina, lo sentì imprecare contro il maltempo, confermando le sue ipotesi.
- Naruto? -  lo chiamò con un filo di voce, ma il ragazzo non si accorse di nulla. Il rumore della pioggia riempiva molto lo spazio, oltretutto la tettoia dove si trovavano era di alluminio e produceva un chiasso infernale.
- Naruto!?
L’interpellato si girò di scatto, quasi spaventato; non durò molto che sopraggiunse un’espressione confusa e accigliata.
- Perché mi hai chiamato urlando? Ci sento benissimo! -  disse infastidito. Hinata si sentì sprofondare nell’imbarazzo e chiese subito scusa.
Il ragazzo si addolcì di fronte quell’espressione sconsolata e con tono più calmo domandò: - Volevi dirmi qualcosa?
Hinata risollevò lo sguardo, grata della comprensione del ragazzo.
- Beh, ho visto che non ti sei mosso da qui -  disse, scostando gli occhi altrove.
Naruto spostò lo sguardo da lei alla pioggia, poi al cielo che era completamente coperto da nuvoloni scuri
- Ah già. Sto aspettando che smetta dato che non ho l’ombrello -  tornò sulla ragazza, sorridendo rassegnato.
Hinata armeggiò un momento con il proprio ombrello fino a chiuderlo, e in quell’istante si domandò perché l’avesse fatto dato che doveva andare via; si diede della sciocca.
Naruto stava aspettando una qualche svolta in quel discorso, a parte la pioggia, intorno a loro non c’era più nessuno e l’assenza di parole creava un silenzio imbarazzante.
- Se vuoi, possiamo dividere il mio l’ombrello.
Le parole furono flebili, ma giunsero abbastanza nitide al suo orecchio e in poco tempo raggiunsero il cervello che elaborò istantaneamente il loro senso; si stava offrendo di accompagnarlo a casa. Più o meno.
Naruto osservò bene a ragazza che aveva di fronte, finora gli aveva solo dato delle occhiate di sfuggita senza però dare importanza a quella che aveva in poco tempo considerato la prima della classe.
Però, in quel piccolo angolo tutto per loro, i suoi occhi stavano scoprendo più di quello che solitamente vedeva all’interno di quattro mura contenti ragazzi alle prese con professori e materie impossibili.
Vedeva una ragazza timida, che sembrava volersi nascondere il viso all’interno del paffuto giubbotto bianco; la parte sotto il naso era già sparita dentro una sciarpa color lilla.
Il cappello di lana era dello stesso colore del giubotto, con un bonbon che ne faceva da cima, i capelli scuri, solitamente tenuti sulla schiena, ora scivolavano leggeri sul petto, incorniciandole in parte il viso che, lo notò solo ora, aveva assunto una tenue colorazione rossa.
E poi i suoi occhi; nella sua professione aveva conosciuto diverse modelle, tutte molto belle e con occhi provocatori, alcuni anche particolari, ma mai ne aveva visti di quel tipo; classificò la colorazione simile ad una perla. Occhi unici, a cui aveva dato importanza solo in quel momento.
Non sapeva quanto fosse rimasto a contemplarla, perché era quello che aveva fatto. Sta di fatto che si rese conto in un secondo momento di non aver risposto alla domanda fattagli e forse questo stava mettendo a disagio la ragazza.
- Ma certo! -  ne uscì però una voce roca. La salivazione gli si era azzerata facendogli fare una figuraccia. Si schiarì la gola e riprese.
- Mi farebbe piacere, non abito molto lontano. Ti ringrazio.
Hinata si sentì improvvisamente leggera, tutta quell’attesa le aveva formato un peso sullo stomaco difficile da sostenere e temeva un rifiuto, che però non arrivò mai.
La risposta che udì, per un momento le era sembrato un rutto in piena regola, ma poi capì di essersi sbagliata quando all’orecchio le giunse la voce calda e riconoscente del ragazzo.
Sorrise, felice per quella opportunità, ed aprì l’ombrello, lui da buon cavaliere glielo tolse delicatamente dalle mani, ricevendo un timido grazie di lei.
Si avviarono sotto la pioggia battente, l’ombrello non era molto grande e dovettero stringersi parecchio per poter evitare di bagnarsi; inutile dire che Hinata aveva il cuore a mille.
Stava passeggiando insieme a Naruto, il fotomodello. Ok non era proprio un appuntamento o simili ma, cavolo! Era insieme a lui e finalmente potevano avere un momento per stare insieme.
La pioggia creava un’atmosfera magica intorno a loro, la strada era leggermente in discesa e un irrequieto fiumiciattolo scorreva al confine tra la strada e il marciapiede, dove entrambi stavano camminando.
Alla sinistra di Hinata, oltre la strada, un piccolo parco giochi era completamente deserto e nonostante la breve distanza, la pioggia riusciva a nasconderne i particolari da quanto era fitta. Si stupì di non riconoscere quel che vedeva da quasi tutta la vita; in quel parco lei ci aveva passato l'infanzia.
Si girò verso il ragazzo, notando che anche lui stava osservando quel luogo a lei caro; sembrava anche piuttosto assorto.
- Cos’hai? -  La sua espressione la divertiva e affascinava; era davvero carino con quello sguardo pensieroso.
Lo vide abbassare abbassare il viso mostrando un mesto sorriso, sembrava aver ricordato qualcosa di triste o malinconico.
- Scusami non volev…
- Sai, una volta giocavo in quel parco -  disse indicandolo dietro di sé, dato che lo avevano superato camminando.
Hinata si sorprese non poco.
- Quindi prima abitavi in questa città? -  Lo vide annuire e sorridere. Poi tornò a guardare davanti a sé.
- Mia madre mi portava quasi ogni giorno in quel parco oppure ero io ad andarci da solo e fu così per circa due anni, poi dovemmo trasferirci perché papà aveva trovato lavoro altrove e inevitabilmente andammo tutti con lui.
- Anch’io giocavo in quel parco quando ero piccola, però ero molto timida e avevo difficoltà ad unirmi agli altri -  sorrise al ricordo, per la lei di quell’età non fu facile quel periodo ma parlarne dopo tanto tempo non le faceva né caldo né freddo; semplicemente gli faceva piacere poter condividere quei ricordi con qualcuno.
- Forse giocavamo insieme, chissà -  la buttò sul ridere, coinvolgendo anche Hinata che asserì convinta di quell’ipotesi.
 
 
10 febbraio. 12 anni prima
 
- Sei solo un fifone!
- Non è vero!
- Si invece!
- Ho detto di no! Non ho paura!
- Allora entra! Dimostralo!
Era tardo pomeriggio, il sole aveva appena iniziato la sua lenta discesa oltre oscurità che avrebbe ospitato le prime stelle di una nuova notte.
Un piccolo gruppo di bambini era davanti una vecchia casa diroccata, interamente costruita in legno e formata da tre piani. Le finestre erano ormai solo un ricordo e la porta giaceva rotta e abbandonata alle intemperie del tempo, la vernice che la ricopriva ormai non c’era più tranne per qualche piccola venatura che faceva intuire che fosse marrone.
La vegetazione aveva ormai inghiottito gran parte dell’abitazione, anche solo passare dall’entrata principale sembrava difficile; inoltre i rovi erano un po’ ovunque e chiunque vi si addentrasse non poteva uscirne senza qualche graffio.
Un bambino era poco più avanti degli altri suoi amichetti, propri di fronte quell’abitazione che, nonostante ci fosse ancora la luce, la faceva sembrare ugualmente spettrale.
I suoi occhi blu vagavano alla ricerca di una soluzione, ma non voleva assolutamente dimostrare di avere paura. Dava le spalle gli altri bambini che continuavano ad incitarlo ad entrare e questo accresceva in lui il disagio, ma non sarebbe scappato, lui era coraggioso e lo avrebbe dimostrato.
Strinse le labbra in una linea sottile, poi si volte di scatto verso i bambini che lo guardarono in attesa che dicesse o facesse qualcosa.
- Adesso vi faccio vedere! Adesso entrerò lì dentro e dimostrerò che Uzumaki Naruto non ha paura di niente! -  gridò per nulla intimorito.
Detto questo si voltò di nuovo e incominciò a fare qualche passo verso l’ingresso dell’abitazione sotto i commenti ingiuriosi di quelli che dovevano essere i suoi amici; in verità erano solo dei fifoni che lo sfidavano e lui per non fare una figuraccia doveva dimostrarsi più forte di loro, non avrebbe permesso a nessuno di prenderlo in giro.
Camminò con passi incerti, una cosa normale per un bambino di 5 anni che doveva entrare in una casa abbandonata.
Strinse ancor più le labbra, trattenendo le lacrime e il desiderio di fuggire dalla propria mamma, poter dimenticare quella faccenda e soprattutto il guaio in cui si era cacciato; sperò solo di non incontrare nessun mostro o fantasma che lo volesse spaventare a morte.
Superò i primi rovi con facilità, quelli che bloccavano l’ingresso principale e finalmente raggiunse l’atrio; il soffitto era molto alzo, per lui sarebbero sembrati anche 10m. Di fronte, il lampadario che prima era attaccato al soffitto ora era un cumolo di polvere e pezzi di vetro senza senso, e poi quel posto puzzava come la cantina che aveva a casa, infatti proprio per quel motivo lui non ci andava mai. E poi era troppo buia, senza alcuna finestra.
Si guardò in giro, rassicurandosi sul fatto che la luce permetteva una buona visuale di tutta l’entrata, così i fantasmi non sarebbero apparsi.
Voltò a destra e cominciò a cercare le scale che conducessero al piano superiore; la scommessa prevedeva che si sarebbe fatto vedere da una delle due finestre che erano al primo piano, così quegli sciocchi avrebbero smesso di considerarlo un fifone.
Le trovò subito. Erano tutte impolverate e qualche asse era anche spezzata; doveva fare attenzione.
Deglutì, timoroso di proseguire, ma si fece coraggio e con titubanza incominciò a salire. Non si era accorto che, oltre le scale, dietro un angolo, qualcuno lo osservava con curiosità.
 
 
14 febbraio. Oggi
 
- Eccoci arrivati, questa è casa mia!
Hinata gli fece subito i complimenti sulla bella abitazione che lui e la sua famiglia avevano comperato, era una deliziosa casa su due piani ma piuttosto ampi.
Le mura erano di un azzurro molto chiaro e sotto la pioggia risaltava particolarmente, la porta era blindata ma l’esterno era di un legno molto ben lavorato.
Al piano di sopra, un unico e lungo balcone attraversava le finestre delle varie stanze, avvolgendo parte della casa.
Naruto armeggiò un momento con le tasche del giubbotto per poi estrarre un mazzo di chiavi, prese quella della porta e dopo un paio di mandate l’aprì.
- Allora io vado, ci vediamo domani a scuola. Ciao!
Avrebbe voluto rimanere un altro po’ con lui, ma averlo aiutato a tornare a casa era già abbastanza per quel giorno e si sentì soddisfatta di aver fatto qualcosa di buono. Una volta tanto.
Stava per fare dietrofront, ma una presa salda ma delicata al braccio glielo impedì.
Alzò gli occhi, incontrando quelli di Naruto che esprimevano una calda serenità. Era tranquillo ma soprattutto non voleva che andasse via.
- Ti va di entrare? È il minimo che possa fare per avermi risparmiato un raffreddore -  e le regalò un altro bianchissimo sorriso.
- Io…
- Mi farebbe piacere! -  la interruppe.
Il viso del ragazzo esprimeva una speranza di acconsentimento, aveva davvero voglia di stare un po’ con lei? Hinata non seppe cosa rispondere, perciò si limito ad annuire. Felice.
Naruto si fece spazio, invitandola a varcare la soglia con un “prego”.
Hinata chiuse l’ombrello e, molto timidamente, entrò in casa, seguita a ruota dal ragazzo che richiuse la porta alle sue spalle.
Il freddo che vigeva all’esterno le aveva quasi penetrato le ossa nonostante portasse degli abiti parecchio invernali, ma si sa lei soffriva particolarmente il freddo, ad ogni modo lo preferiva all’appiccicoso caldo afoso che l’estate “gentilmente” regalava.
Quando però entrò in casa di Naruto, un dolce tepore si fece subito sentire sul suo viso, cosa che permise alle sue labbra di allargarsi in un rilassato sorriso.
Tolse il giubbotto e il cappello e li consegnò al ragazzo che gentilmente appese sull’attaccapanni all’ingresso, decise però di tenere la sciarpa dato che oltre a tenerle caldo, la faceva sentire comoda.
L’atrio era un tutt’uno con il salotto, dove facevano la loro figura due divani messi trasversalmente al camino, già accesso e che illuminava gran parte della stanza nonostante fossero accese le luci.
- Posso offrirti qualcosa? Ti va una cioccolata calda?
Hinata aveva sempre paura di sbagliare, ma se c’era una cosa che sapeva era che se qualcuno ti offre qualcosa, non bisogna rifiutarla o potrebbe offendersi. E poi aveva proprio voglia di bere una calda cioccolata.
- Certo, grazie.
Naruto annuì contento e andò velocemente in cucina, lasciando Hinata in piedi sull’atrio. Non passarono dieci secondi che arrivò una voce dalla cucina.
- Hinata, come si fa una cioccolata?
 
 
10 febbraio. 12 anni prima
 
Uno scricchiolio sinistro riecheggiò in tutta la stanza, l’asse dove era appena passato doveva essere rovinata; si convinse di questo.
Naruto aveva superato le scale con calcolata lentezza, facendo attenzione a non inciampare e a non camminare sulle assi spezzate; fin lì sapeva come cavarsela, ma nessuno gli aveva insegnato a difendersi dagli spettri e i mostri, come avrebbe fatto?
Mancava ancora molto alla fine del calar del sole, aveva molto tempo per trovare la finestra giusta, pavoneggiarsi sul fatto di essere più bravo e coraggioso di loro e tornare a casa prima che facesse buio.
Uscì da quello che identificò come una vecchia e polverosa camera da letto che però non dava di fronte l’edificio ma bensì al lato destro; come ci era finito non se lo seppe spiegare.
- “Allora, se non sbaglio c’era una porta prima di questa, forse è quella giusta”.
Ad ogni passo che faceva, un cigolio delle vecchie assi gli faceva accapponare la pelle. Come se non bastasse, inquietanti volti ritratti sembravano seguirlo con gli occhi, se poi si unisce la sensazione ad un bambino, allora quella diventa quasi una certezza.
Finalmente raggiunse la porta e senza tanti preamboli l’aprì, accompagnando il movimento con l’ennesimo quanto stridulo cigolio spettrale.
Era un’altra camera da letto, i mobili erano ancora tutti lì però questi erano coperti da del nailon che li proteggeva dalla polvere.
Il piccolo Naruto poté riprendere un po’ di calma; di fronte alla porta entrava una gran luce rossastra che illuminava di molto l’intera stanza, rendendola quasi accogliente.
Il letto matrimoniale era alla sua sinistra, anche quello coperto e non riconoscibile per aspetto, ma fu sicuro che le coperte nascoste fossero bianche.
Si guardò ancora un po’ intorno, come ad essere sicuro che il luogo fosse sicuro, poi con una veloce corsa raggiunse la finestra, dovette mettersi in punta di piedi per poter guardare di sotto dove riconobbe i visi degli altri bambini.
Sentì il suo orgoglio raggiungere i picchi massimi quando non si trattenne dall’urlare a tutti la sua evidente contentezza e sbruffoneria di chi la sa lunga.
Gli altri lo guardarono in parte delusi, speravano di poterlo spaventare un po’ e invece gli era andata male, ma riconobbero il fatto che avesse vinto la scommessa; dopodiché se ne andarono, lasciandolo ancora dentro la grande abitazione.
Naruto continuava a ridersela e a parlare a se stesso di quanto fosse stato in gamba, burlandosi del fatto di aver pensato che ci fosse qualche creatura spaventosa quando invece si trovava in una normalissima casa abbandonata.
Si sentì fiero di aver affrontato coraggiosamente la sfida, non poteva andare meglio e cosa che ancor più gli premeva, moriva dalla voglia di raccontare tutto alla mamma e al papà.
Poteva anche andare, dopotutto lì non c’era nient’altro da fare, e poi, ora che non c’era proprio più nessuno, cominciava a sentire un po’ di inquietudine; e poi il sole stava tramontando.
Girò su se stesso per poi dirigersi verso la porta a passo svelto, sarà che prima stava facendo tutto per una questione personale, ma ora non si sentiva più sicuro di se stesso.
“Etciù!”
Sentì il proprio corpo paralizzarsi appena un centimetro prima di aver raggiunto la soglia della porta. Il cuore gli fece un salto spaventoso e forti brividi gli percorsero la schiena e le braccia; deglutì, e con occhi sbarrati dal terrore girò molto lentamente il viso, dove aveva sentito quello che pareva essere stato uno starnuto; vicino il letto.
 
 
14 febbraio. Oggi
 
Era sempre affascinante vedere come il fuoco potesse creare giochi di ombre irregolari e curiose. Di tanto in tanto, timidi scoppiettii riempivano il silenzio che vigeva nel salotto, dove per l’appunto non c’era nessuno.
Fuori, il tempo aveva cominciato a peggiore, aggiungendosi al martellante scroscio della pioggia anche dei tuoni che poco a poco si stavano avvicinando, minacciando sempre più la quiete con il loro assordante rombo di guerra.
Naruto si sentiva davvero in imbarazzo, aveva ampliamente dimostrato di non essere un asso in cucina, facendo di per sé una figuraccia, e come se non bastasse aveva dovuto dare carta bianca a quella che, fino a prova contraria, doveva essere la sua ospite. Allora perché l’aveva messa ai fornelli?
Sta di fatto che in soli dieci minuti la ragazza aveva preparato due ottime cioccolate fondenti, dense e cremose, forse erano ancora meglio di quella che cucinava sua madre. Non seppe come ringraziarla per l’aiuto.
- Scusami, spero che non ti abbia disturbato prepararle tu -  disse mortificato, trovando improvvisamente interessante la sua tazza mezza piena.
Sentì Hinata trattenere una risata, questo lo tranquillizzò un poco e rialzò leggermente lo sguardo; la vide nella sua medesima posizione, cioè ad osservare la propria tazza, quasi piena però.
- Ma figurati… per me non è un disturbo.
La solita voce timida e delicata, sembrava avesse paura ad usarla, come se temesse di dire la cosa sbagliata, e così rimaneva sulle difensive. Ma quella era solo una sua sensazione.
- Sei davvero brava, questa cioccolata è anche meglio di quella che solitamente prepara mia madre, come hai fatto?
Hinata arrossì un poco per il complimento, ma rispose di aver solo seguito la ricetta scritta sulla busta, ma Naruto scosse la testa.
- Anche mia madre fa così, ma la tua è… non lo so, speciale. Dico sul serio! -  esclamò, bevendone un altro sorso e sorridendo in modo ammiccante.
Hinata dovette alzare lo sguardo per prendere un altro sorso della sua cioccolata, e fu proprio nel momento in cui il ragazzo sorrise che non riuscì a trattenersi dallo spruzzargli addosso ciò che aveva ancora in bocca.
Naruto cercò di parare il colpo ma cadde malamente dalla sedia in modo alquanto ridicolo, Hinata invece era mortificata e mentalmente stava già pregando ogni Santo che la perdonasse per quel gesto.
- Oddio Naruto, mi dispiace non volevo!
- T-tranquilla, va tutto bene.
Si rialzò a fatica da terra, facendo presa sul grosso tavolo in legno come sostegno. Non appena Hinata lo vide si dovette trattenere dallo scoppiargli a ridere in faccia; il viso era interamente coperto di “nei”, alias gocce di cioccolato, e non solo sulla faccia ma anche nei capelli e sui vestiti. Tra l’ilarità e la mortificazione, non seppe cosa scegliere.
- Si può sapere perché mi hai sputato addosso? Scottava troppo? -  chiese tra il perplesso e l’imbronciato, pulendosi con un tovagliolo preso dal cassetto.
Hinata avvampò di vergogna, e il ragazzo capì che doveva essere una cosa davvero imbarazzante.
- Dai non sono arrabbiato, magari se me lo dici ci rido sopra anch’io -  disse rassicurante, cosa che Hinata apprezzò dandole più coraggio.
- Beh, diciamo che il tuo sorriso non era più bianco -  rise nervosamente per la figuraccia che stava facendo, ma il solo ricordo di quello che aveva visto la stava facendo ridere per davvero.
Naruto non intuì subito cosa intendesse la ragazza, infatti i suoi occhi chiedevano una spiegazione più precisa.
Gli fu tutto più chiaro quando Hinata gli disse di andare a specchiarsi.
- E sorridi come se fossi davanti l’obiettivo della macchina fotografica! -  lo canzonò dalla cucina, mentre lui attraversava il lungo corridoio per andare in bagno.
Tutto ciò che Hinata sentì dopo, fu un’ovattata risata divertita.
- “Accidenti, adesso capisco perché si è messa a ridere; sembra che non mi lavi i denti da un anno!”.
Armeggiò per qualche minuto con spazzolino e dentifricio, fino a riscoprire il solito bianco che gli apparteneva, credeva di averlo perduto.
Notò poi che i suoi vestiti non erano più presentabili, così li tolse per poi lanciarli nella cesta dei panni sporchi, rimanendo così a torso nudo.
- Qui, non ho nulla da mettermi, devo andare in camera mia.
Hinata intanto stava vagando nella sua mente alla ricerca di un qualche ricordo che la collegasse a quel ragazzo, aveva la sensazione di aver già visto quegli occhi, ma non riusciva a ricordare dove e quando.
La nostalgia che l’aveva accompagnata ogni volta che vedeva il volto di Naruto, in quel momento si era particolarmente accentuata; si sentiva confusa e incapace di capire se stessa.
C’era però un'altra cosa che non capiva: aveva visto altre ragazze andare dietro a Naruto e chiedergli addirittura di uscire con loro, cosa che provocava in lei una certa frustrazione mista a delusione.
Ciò che però la sollevava, era il fatto che il ragazzo rifiutasse puntualmente ogni invito con assoluta indifferenza, quasi non gli importasse di avere una ragazza o meno.
Gli dava da pensare che fosse un tipo schivo e con un passato difficile, o potevano essere mille altre ragioni, come ad esempio un amore difficile da superare; ad ogni modo non aveva il diritto di impicciarsi della sua vita privata, era già tanto essere riuscita ad entrare in casa sua.
- Hinata, puoi venire qui per favore?
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì al voce chiusa del ragazzo chiamarla dal fondo del corridoio, da dove, per quello che aveva capito, doveva essere il bagno.
Non pensò neppure a cosa gli volesse dire, ma quando fu davanti la porta, il pensiero si fece sentire come un fulmine a ciel sereno.
Bussò.
- Entra pure!
Abbassò la maniglia ed aprì la porta. Se ne pentì subito dopo.
Era a petto nudo, davanti a lei, e le sorrideva come se nulla fosse.
Quel corpo era perfetto, e le riviste che lo riportavano non gli facevano affatto onore.
Si era emozionata nel vederlo in pose provocanti in qualche foto, ma stavolta era davanti a lui.
Vide le labbra del ragazzo muoversi, e solo in quel momento si rese conto di non sentire più alcun suono, la vista si stava annebbiando e il forte battere del suo cuore la stava indebolendo sempre più.
Le braccia di Naruto scattarono in avanti, poi più nulla.
 
 
10 febbraio. 12 anni prima
 
- C-chi c’è? C’è nessuno? I-io non ho paura!
Non ci avrebbe creduto neppure sua madre che lo assecondava in tutto, o quasi.
In quel momento pensò di essere spacciato, aveva immaginato in pochi secondi ogni tipo di creatura mostruosa che conosceva, e in tutte ci vedeva sempre la stessa immagine: lui che veniva catturato tenuto prigioniero a vita.
Voleva scappare più in fretta possibile, ma la curiosità stava avendo la meglio; e poi non aveva mai visto un mostro con il raffreddore.
Sentì un debole strascicare, seguito da dei piccoli passi, e poi la vide.
Non era un mostro, non poteva definirla tale dato che era carina.
Rilasso l’espressione sul suo piccolo viso notando che si trattava di una bambina, all’incirca grande come lui o forse un po’ più bassa.
Aveva un grazioso caschetto di capelli neri che gli arrivava appena sotto il mento, incorniciandole un viso dalla pelle chiara e candida.
- Ciao.
Silenzio.
Naruto aveva fatto qualche passo verso di lei, ma la bambina non faceva altro che allontanarsi da lui, come se ne avesse paura.
- Hai paura di me?
La vide annuire.
- E non posso avvicinarmi?
Scosse la testa con vigore che gli scompigliò leggermente i capelli.
- Come ti chiami?
Silenzio.
Naruto era sempre più confuso, non aveva mai incontrato una bambina più strana.
- Non vuoi dirmelo?
Scosse di nuovo la testa, leggermente imbronciata.
Naruto scrollò le spalle indifferente.
- Va bene, comunque ti dico il mio, mi chiamo Naruto -  disse mostrando un tenero sorriso. La bambina sembrò rilassarsi.
- I tuoi occhi sono belli, non ne avevo mai visti di simili ai tuoi.
Naruto si sentì soddisfatto nel vederla sorridere appena.
- Anche mia madre dice che ho degli occhi unici, abbiamo una cosa in comune! -  esclamò contento.
Quella bambina lo incuriosiva, si trovava in una casa abbandonata e non aveva affatto paura, pensò che fosse un tipo coraggioso.
- Posso avvicinarmi? -  chiese con un rassicurante sorriso.
Stavolta la bambina annuì, per poi sedersi sul letto con uno slancio.
- Qui è tranquillo. - Parlò improvvisamente la bimba con la voce placida come un lago.
- Ah ma allora parli! Dovresti farlo più spesso, hai una voce delicata e piacevole -  disse sedendosi sul letto accanto a lei.
La bambina abbassò leggermente lo sguardo prendendo tra le labbra l’unghia del suo pollice, come se fosse nervosa o imbarazzata. Arrossì per quel complimento, l’aveva fatta sentire bene.
- Grazie -  soffiò debolmente.
- Sentì, ma tu abiti qui?
Scosse la testa.
- Allora dovremmo tornare a casa, la mia mamma dice che è pericoloso andare in giro senza il sole, ci sono tante persone cattive!
Annuì leggermente, un po’ intimorita.
Naruto scese dal letto con un balzo e porse la propria mano alla bambina, che la prese con timidezza.
- Ti accompagno a casa, ok?
Annuì, e sembrava felice.
In poco tempo uscirono dall’abitazione, varcarono l'entrata del parco e presero la strada che portava alla casa della sua nuova amichetta, o meglio è quello che pensava lui dato che non aveva idea di dove abitasse.
- Vuoi essere mia amica? -  Domandò volgendole un tenero sorriso.
La bambina parve illuminarsi per quella domanda, e annuì con vigore.
- Però devi dirmi il tuo nome -  disse perplesso.
Prima che potesse rispondere, i suoi occhi perla incontrarono la sua casa. era una bella villetta su due piani.
Corse al cancello e suonò il citofono, al quale le aprirono immediatamente.
Prima di entrare, si avvicinò al bambino e gli posò un piccolo bacino sulla guancia, gesto che fece arrossire entrambi.
- Ci vediamo domani? Sempre alla casa? -  domandò con una punta di speranza.
Naruto, ancora imbambolato per il gesto, annuì.
- Mi chiamo Hinata, a domani, Naruto -  e corse via, chiudendosi il cancello alle spalle.
 
 
14 Febbraio. Oggi
 
Suoni confusi e senza senso le stavano riempiendo la mente.
Poco a poco riuscì a distinguerli, era la pioggia e qualche tuono che l’accompagnava.
Riaprì leggermente gli occhi, c’era una soffusa luce gialla che illuminava un soffitto interamente bianco.
Aprì e chiuse le palpebre, poi in un pieno di lucidità scattò subito a sedere a guardarsi intorno con un certo disagio.
- Ti sei svegliata, rilassati sta tranquilla.
Nonostante avesse riconosciuto la voce di Naruto, non smise di guardarsi in giro con occhi sbarrati e ricolmi di irrequietezza.
Poi sentì una delicata presa sulle spalle, costrinse a fermare i propri occhi dentro due zaffiri brillanti che la immobilizzarono. Quegli occhi…
- Ehi Hinata, calmati va tutto bene, sei in camera mia!
Guardò in basso, accorgendosi solo in quel momento di essere sdraiata sopra un letto, e Naruto era proprio seduto affianco a lei, troppo vicino per i suoi nervi.
- C-che è successo? -  domandò più confusa che mai.
Naruto prese un bicchiere d'acqua dal comodino dove vi era la lampada con abatjour. Hinata accettò riconoscente e bevve a piccoli sorsi.
- Non lo so, ti ho fatta venire in bagno per dirti che avresti dovuto seguirmi in camera dato che dovevo vestirmi, ma poi sei svenuta. Fortuna che ti ho afferrata prima che cadessi a terra, e poi ti ho portata in camera mia. Fine.
I ricordi cominciarono a tornare, fino a quando non si interruppero nella parte più “spettacolare” del film.
- Eri nudo! -  gridò con evidente imbarazzo.
Naruto la osservò come se fosse un’aliena.
- E allora?
- Come allora?!
- Sì, che c’è di strano?
Naruto era veramente perplesso, e Hinata si stava chiedendo se fosse un tipo normale, o magari fosse lei quella retrò.
- Beh, non mi capita tutti i giorni di avere un ragazzo a torso nudo davanti gli occhi -  man mano che parlava, il suo sguardo, come la voce, si abbassarono sempre più fino a divenire un sussurro che Naruto riuscì, avvicinandosi un po’, a percepire fino all’ultimo.
Dopodiché scoppiò in una sonora risata.
- Smettila! -  lo rimproverò più rossa che mai, ma Naruto parve non ascoltarla, troppo impegnato a ridersela.
- Dai! Scusami ma, nel mio mestiere sono abituato a restare senza maglia e ormai non ci faccio più caso! -  e giù altre risate.
A parte la situazione imbarazzante, Hinata trovò quella risata bellissima, il suo viso così allegro era estremamente attraente e difficile era reprimere l’impulso di anche solo sfiorarlo con una carezza.
Nonostante i pensieri, mantenne un’espressione assolutamente imbronciata.
Una volta smesso di ridere, Naruto notò che la cosa aveva infastidito la ragazza, ma quell’espressione era tutto tranne che arrabbiata; sorrise di nuovo.
- Dai, scusami non volevo. Mi perdoni?
Silenzio. Hinata aveva voltato lo sguardo dalla parte opposta.
- Non vuoi parlarmi?
Scosse la testa.
- Posso parlare io allora?
Sembrò pensarci su, ma poi la vide annuire.
- Scusami dai, a volte agisco senza pensare alle conseguenze; certo non mi è mai capitato che una ragazza svenisse solamente nel vedermi…
Hinata si prese le ginocchia tra le braccia, desiderando di scomparire.
Naruto invece non si scompose affatto.
- Però è anche vero che non posso presentarmi ad una ragazza che non conosco mezzo nudo, perciò credo proprio che tu abbia ragione! -  concluse, soddisfatto del ragionamento.
Hinata girò lentamente la testa, cercando in modo furtivo la speranza che si celava dietro quelle parole, che tra l’altro, gli piacquero molto.
Sospirò rassegnata.
- Va bene -  disse sorridendo mestamente.
- Ah ma allora parli! Dovresti farlo più spesso, hai una voce delicata e piacevole!
Quelle che all’apparenza sembrarono poche e semplici parole, furono per entrambi un forte brivido attanagliante e intenso.
In quell’esatto momento, un fulmine squarciò il cielo e fece saltare la corrente.
La stanza cadde completamente immersa nell’oscurità.
Hinata lanciò un forte grido e si fiondò sulla prima cosa su cui si potesse rifugiare: Naruto.
I lampi, di tanto in tanto, creavano ombre lunghe e psichedeliche. Spettrali le avrebbe definite Hinata, cosa che invece pensò Naruto.
La ragazza teneva saldamente gli occhi chiusi, le mani strette alla felpa nera del ragazzo a cui era abbracciata e nessun’altro pensiero vorticava se non il desiderio che quel chiasso di lampi e pioggia finisse.
Naruto era rimasto immobile, sorpreso forse, non riusciva a capirlo.
Abbracciò però Hinata con forza, forse per istinto o senso di protezione o forse solamente per compassione, ma sapeva di doverlo fare.
Dal suo canto, nonostante i lampi ancora distintamente udibili, Hinata non si era mai sentita così bene come in quel momento, e mai avrebbe voluto che quelle braccia la lasciassero andare. Strinse ancor più le mani, sentendo distintamente il calore che il corpo di Naruto emanava e in quel momento avrebbe voluto alzare lo sguardo, incontrare i suoi occhi e lasciare che le dolci sensazioni che sentiva facessero il loro corso.
- Stai bene?
Non sembrava neppure la sua voce.
Quella era piena di un qualcosa che non riusciva a capire; profonda l’avrebbe definita Hinata, e anche rassicurante.
- Sì -  soffiò leggermente sul suo petto.
La pioggia si stava attenuando sempre più, lasciando spazio ad una melodia più dolce e quieta, come quella dei loro cuori in quel momento. I lampi erano solo un suono non definibile; era tutto passato.
La luce tornò improvvisamente, ma non ruppe affatto quel momento di tenerezza che nacque tra loro.
Hinata trovò il coraggio di alzare le proprie iridi, e Naruto abbassò le sue, fino a quando entrambi non si trovarono sulla medesima traiettoria.
I loro occhi erano più di mille parole, sembravano perfettamente consci dei rispettivi pensieri e questo bastò per confermare le loro emozioni.
Naruto mise lentamente una mano dentro il collo della propria felpa e vi tirò fuori una catenina d’oro con un piccolo ciondolo rotondo; molto semplice.
Hinata sentì il proprio cuore saltargli in gola, ma un salto assolutamente piacevole.
Fece anche lei il medesimo movimento, estraendo una catenina assolutamente identica a quella del ragazzo.
Era sufficiente, per i loro cuori bastava.
Lasciarono che entrambi i ciondoli cadessero sui rispettivi petti.
Le loro mani si intrecciarono e i loro occhi erano ricolmi di gioia.
- Ti ho trovata… -  soffiò delicatamente Naruto a pochi centimetri dal viso di lei.
- Anch'io… -  mormorò Hinata.
Non sentivano più la pioggia, solo i loro cuori occupavano quel loro angolo di paradiso, due battiti che sembravano provenire da un unico cuore.
I bagliori della lampada raggiunsero le due catenine, che sembrarono risplendere di luce propria non appena un raggio le colpì, questo perché i corpi di Hinata e Naruto si erano mossi, avvicinandosi sempre più.
Lei si issò dolcemente sulle punte, e ciò che ne conseguì, fu la consapevolezza che, un sogno è in grado di avverarsi. Non si tratta sempre di fantasia, può esistere nella realtà.
Tocca a noi trovarlo, perché quasi sicuramente, risiede dentro una persona speciale.
Il loro bacio fu lento, delicato e accompagnato da una sensazione fortissima e piacevole per entrambi. Casto inizialmente, perché sapeva di un sentimento simile all’amore. Solo dopo divenne una passione che richiamava la frenesia dei sensi, il desiderio di sentire la pelle dell’altro sulla propria.
Hinata non si era mai sentita così viva, e in quel momento non gli importava di cosa sarebbe successo, voleva solo continuare quel bacio il più a lungo possibile. Fu però lui ad interromperlo, lasciandola spiazzata e confusa.
- Q-qualcosa non va?
Naruto teneva gli occhi chiusi, come stesse riordinando le idee o tenendo a bada i propri desideri, ma non un momento aveva lasciato che le sue mani si allontanassero da lei.
- Hinata… non voglio che sia una sola notte.
- Eh? -  Non riusciva a capire cosa intendesse, sembrava però calmo e concentrato. Aveva riaperto gli occhi e la stava scrutando con intensità.
- Hinata… vuoi diventare la mia ragazza?
Quasi non terminò la frase che la ragazza si era letteralmente lanciata sulle sue labbra in un bacio casto ma carico d’amore.
- Non c’era bisogno di chiedermelo.
Hinata constatò che, dopotutto, quel San Valentino fu una gradita sorpresa.
Aveva ritrovato ciò che aveva perduto, la promessa era stata mantenuta.
 
 
 
 
 
 

Fine

 
 
 
 
 
 
 
14 febbraio. 12 anni prima
 
- Dici davvero?
Il bambino annuì debolmente, tirando su con il naso e asciugandosi le lacrime con il pugnetto chiuso.
Era un altro tramonto di un altro giorno.
Naruto e Hinata avevano passato tutto il pomeriggio a giocare e parlare di cose che il bambino talvolta neanche capiva, però aveva continuato ad ascoltare, perché con lei ci stava bene.
I giorni scorsi erano stati fantastici per entrambi: Hinata grazie al carattere forte di Naruto era riuscita a superare un po’ le sue paure a relazionarsi, e Naruto aveva appreso che non esistono mostri e fantasmi, e se ci sono non si fanno mai vedere; Hinata aveva detto che il termine per definirlo era “suggestionante”, ma non aveva capito bene che voleva dire.
Ora invece sembrava tutto un lontano ricordo, quel momento stava distruggendo un’amicizia appena nata e chi ne soffriva era particolarmente Naruto, che non faceva nulla per nascondere la sua tristezza messa in evidenza dalle lacrime.
Erano entrambi seduti su una panchina all’interno del parco, la luce rossastra e gialla era alle loro spalle e faceva risplendere particolarmente i capelli oro del bambino, che parevano avere una luce propria.
Un altro singhiozzo scosse le spalle del ragazzo, e Hinata gli porse timidamente un fazzolettino.
- In genere sei tu quello forte -  sussurrò con un leggero sorriso.
Naruto si voltò, stupito che quelle parole provenissero da lei, di come in così poco tempo avesse imparato a riconoscere il suo carattere, i suoi modi di fare e come cercasse sempre di farlo sentire meglio.
Prese il fazzoletto e si asciugò gli occhietti che ancora luccicavano, gli veniva ancor più da piangere ma stavolta si trattenne; aveva detto che lui era forte, e doveva dimostrarlo.
Tirò ancora su con il naso.
- Hinata, ti prometto che ci rivedremo! -  gridò con determinazione, cosa che fece leggermente sobbalzare Hinata.
- Davvero?
- Davvero! Quando sarò cresciuto tornerò qui e ti cercherò, torneremo di nuovo insieme e non ti lascerò più!
Hinata non seppe cosa dire.
Era sempre stata un tipo timido, ma non si lasciava coinvolgere tanto facilmente dagli altri. Con lui invece fu diverso, era diventato suo amico in poco tempo e di questo gliene fu grata.
Ora invece, se lo vedeva portare via per colpa di un trasloco; sarebbe andato via il giorno dopo.
Decise di non dire niente, perciò prese la catenina che aveva al collo, aprì la manina di Naruto e la posò sul suo palmo. Allo sguardo confuso di lui, rispose: - Con questa ti ricorderai della tua promessa… e di me.
Naruto era commosso, guardò la catenina con curiosità, rendendosi conto di un particolare: si sfilò quella che aveva lui e la mise vicina a quella di Hinata; erano identiche.
Senza pensarci un momento, diede la sua ad Hinata.
- E tu ti ricorderai della mia promessa… e di me.
Così, al calar del sole, due bambini si abbracciarono calorosamente, promettendosi amicizia reciproca e sorridendo su questo ultimo loro gesto.
Quando Naruto dovette andare via, promise ancora una volta che si sarebbero rivisti, e Hinata gli credette veramente.
Una volta soli, notarono che su entrambi i ciondoli vi era una scritta; quella che ora aveva Hinata recitava “Per il tuo battesimo, N”, e quella che Naruto osservò nella sua cameretta diceva “Per il tuo battesimo, H”
Entrambi sorrisero, consci che sarebbero, in un certo senso, rimasti sempre vicini.
 
 
 
 
 

Ri-Fine

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spero abbiate passato un romantico San Valentino ^^
Ciao!
 
Matt
  
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