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Autore: Rota    18/02/2012    4 recensioni
Lui stava leggendo il giornale, con la lemma di chi non bada troppo allo scorrere del tempo - Norvegia aveva sempre, d'altronde, un'apparenza indifferente con la quale si presentava al mondo. Ne sfogliava le pagine con lentezza e tranquillità, lasciando scivolare gli occhi da un articolo all'altro e ogni tanto tornando indietro quasi che il pensiero si fosse focalizzato proprio su una questione appena letta ma non più ricordata nel dettaglio: andava avanti così da almeno dieci minuti e, se quello era il ritmo, ne avrebbe impiegati almeno altrettanti prima di terminare la lettura.
[DanimarcaNorvegia, per Chyko (L)]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: Rota
*Titolo: Di giornali e biscotti al burro
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Danimarca, Norvegia
*Prompt/Sfida COW-T: Poi/Quarta settimana
*Genere: Sentimentale, Introspettivo, Romantico
*Avvertimenti: Shonen ai, What if...?, One shot
*Rating: Verde
*Parole: 1025
*Dedica: A Chyko, perché la mia prima DenNor non può che essere per lei (L)
*Note autore: La mia prima DenNor, sono abbastanza emozionata *///////////* Spero sinceramente possiate apprezzarla, ci ho messo così tanto a decidermi di scriverla XD




Lui stava leggendo il giornale, con la lemma di chi non bada troppo allo scorrere del tempo - Norvegia aveva sempre, d'altronde, un'apparenza indifferente con la quale si presentava al mondo. Ne sfogliava le pagine con lentezza e tranquillità, lasciando scivolare gli occhi da un articolo all'altro e ogni tanto tornando indietro quasi che il pensiero si fosse focalizzato proprio su una questione appena letta ma non più ricordata nel dettaglio: andava avanti così da almeno dieci minuti e, se quello era il ritmo, ne avrebbe impiegati almeno altrettanti prima di terminare la lettura.
Sul tavolo c'erano ancora i resti di una colazione ormai dimenticata, il piatto per le aringhe affumicate e la tazza enorme di caffè dai bordi ancora piacevolmente tiepidi e dal profumo soffuso ma inequivocabile. Solo le briciole di qualche biscotto al burro stonavano nel quadro perfetto del tutto – quelle, d'altronde, non erano state causate dalla sua sola volontà ma anche da una ad egli contingente, fin troppo vicina.
Danimarca era lì, seduto a quello stesso tavolo, proprio di fronte a Norvegia. Come dono di seppur costretta ospitalità per l'altro, aveva portato lui l'enorme scatola di biscotti al burro, immancabili a sua detta in ogni dieta che si rispettasse. E non era stato chiaro l'intento, non chiaro se ci fosse qualche sottinteso di troppo, ma il sorridente Nordico aveva presentato il dolce come tipico da accompagnarsi a una solida colazione, o al massimo a una merenda assai robusta; Norvegia si era limitato a fare quanto da lui detto, evitando di porsi domande pericolose.
Girò l'ennesima sottile pagina e arrivò alla sezione dedicata alle iniziative culturali, sia nazionali che internazionali. Lesse di una mostra dedicata a uno Scandinavo contemporaneo, un museo naturale che festeggiava il suo quinto compleanno di fondazione e persino di uno spettacolo teatrale che si sarebbe svolto all'aperto, proprio nel centro di Stoccolma: la bella stagione era arrivata e sicuramente i norvegesi non avrebbero perso tempo a darsi da fare.
Ogni tanto, la coda dell'occhio capitava al di sopra dell'oggetto che teneva tra le mani e adocchiava con discrezione le azioni che l'altro commensale stava svolgendo. Danimarca era incredibilmente silenzioso e già questo fatto straordinario meritava almeno un briciolo d'attenzione e curiosità. Eppure, benché lo avesse intravisto poche volte, l'aveva sempre trovato nella medesima attività, non un centimetro più in là e neppure con un'espressione diversa sul viso.
Lo stava guardando.
Aveva negli occhi non tanto la voglia inquisitoria che ha come fine ultimo il mettere a disagio né un'aspettativa eccessivamente grande da far sentire nell'intimo il dovere morale di accontentarla, qualsiasi sia il suo movente. Danimarca sorrideva appena ed era calmo, guardava Norvegia come si può ammirare un bel quadro: colpiti da una bellezza che non ha davvero un perché, si protrae il tempo senza sentirne il peso sulle spalle. Non sentiva neppure il desiderio di dire qualcosa – proprio lui che non perdeva occasione di riempire il vuoto con le sue sciocche opinioni e i suoi strampalati discorsi.
Vagava con il pensiero come Norvegia vagava con gli occhi, pensava lento come l'altro lento leggeva. Norvegia sapeva che Danimarca non era stupido quanto dimostrava, che c'era qualcosa sotto il velo di idiozia di cui si ammantava che poteva essere interpretato come vera umanità; strano, per una Nazione come loro, ma capace di donare una profondità seducente. Danimarca era così.
Stava pensando a cosa dirgli, poi.
Era abituato a fargli un sacco di complimenti, non necessariamente sul suo aspetto o per il suo carattere, molto spesso per le sue capacità e le sue doti. Parlava tanto, tantissimo, tanto che la principale attività del suo compagno era quello d'inventarsi metodi con i quali zittirlo e far riposare le orecchie – non capitava così di rado che lo attaccasse al muro e gli piantasse gli occhi addosso finché quello non gli pigolava in rimando delle scuse inventate al momento: Norvegia diventava davvero tremendo, quando si arrabbiava sul serio.
C'erano volte, però, in cui persino uno come Danimarca riusciva a dare un peso maggiore a quanto diceva senza sosta. Non era bravissimo a scegliere i momenti migliori e molto spesso faceva delle figuracce assurde, decantando mezzo ubriaco in quali posizioni gli piaceva di più fare l'amore con lui mentre mezzo locale lo stava ascoltando. Ma nonostante questo, Norvegia lo ascoltava sempre, perché sapeva che ne valeva la pena. Valeva la pena, per lui, sentire quelle duecento parole stupide unicamente per le cinque parole serie che vi erano dentro. Seppur la pazienza aveva un limite, né lui né Danimarca erano finiti: avrebbe aspettato, e nel caso si fosse stufato troppo avrebbe estratto personalmente quanto voluto dalla gola di lui.
Rapporto quasi umano, il loro. A conti fatti strano e normale allo stesso tempo.
Danimarca pensava che cose banali come “ti amo” non andassero sprecate nella maniera più assoluta. Dalla sua bocca era uscita, in tutti quegli anni e quei secoli assieme, solo tre volte in croce una simile frase e Norvegia se le ricordava quasi fossero state impresse a fuoco nella sua memoria. Danimarca pensava anche che non c'era alcuna vergogna a manifestare le emozioni in maniera libera e svincolata ma al contrario che fosse deplorevole vantarsene a sproposito e a ingigantire troppo ciò che non aveva essenza alcuna. Erano stati gli insegnamenti di una vita tanto lunga a forgiarlo a quella maniera e Norvegia non poteva che comprendere le sue emozioni.
Quindi, cosa mai volesse dirgli poi – una volta che quel dannato giornale fosse finito assieme all'inserto sportivo e alla paginetta dedicata all'ecologia – per Norvegia era un mistero e una scommessa. Ipotizzava la proposta di un'attività da condividere, come una passeggiata o una bella torta piena di liquore e frutta; poteva persino sperare in semplici domande a cui avrebbe risposto in maniera monosillabica ma che l'avrebbero presto liberato.
Avrebbe sentito poi, direttamente dalle sue labbra, tutto ciò che doveva e voleva sentire: Danimarca sarebbe rimasto lì, a guardarlo mentre finiva la sua lettura, paziente come tutte quelle volte che si svegliava prima e lo accarezzava con dolcezza in attesa che si svegliasse a sua volta.
Di giornali e di biscotti al burro si sarebbe volentieri riempito la vita, se quello era il pegno da pagare.
   
 
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