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Autore: Fluxx    20/02/2012    5 recensioni
Era William l'acqua della sorgente più pura, e si sbagliava: con quella visita aveva travolto nuovamente il terreno arido del piccolo germoglio appassito dandogli la forza di farsi strada ancora una volta, riportandolo in vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, William Birkin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piccolo germoglio appassito

(L'Acqua della Sorgente più Pura)



“E' una follia.” Mi ripeteva sempre. “Lo vedrai, Dottore. Non appena le cose cominceranno ad andare a gonfie vele ti dimenticherai della ricerca e di tutto questo.”
Beh, non ho mai compreso a fondo di che cosa intendesse con quel 'tutto questo'. Di tanto in tanto mi veniva il dubbio che si riferisse a lui, a noi. Di tutto quello che avevamo costruito insieme ed il nostro rapporto.
Ma avrei mai potuto dimenticarlo? Sinceramente e razionalmente parlando, come mai avrei potuto farlo? L'uomo che ho amato per tutti questi anni, l'uomo che amo tutt'ora seppur io sia sposato oramai.
Albert non ha mai capito i miei conflitti sentimentali: sposarmi con Annette e lasciare che il rapporto con lui crollasse.. Oppure lasciare Annette e continuare a vivere nell'ombra di un amore impossibile.
Mi ci era voluto tanto tempo per capirlo ma finalmente, o purtroppo, era successo: era amore, senza ombra di dubbio. Quel sentimento di dolcezza, misto a paura, agitazione e tante altre cose inspiegabili che sentivo ogni qual volta lo vedevo...
Ne ero ancora più certo ora che, dopo un anno dal mio matrimonio, mi ritrovavo davanti la porta di casa
sua, con il cuore in gola. Avevo un'ansia tremenda, sentivo i battiti amplificati nelle orecchie e il cervello in panne. Come avrebbe reagito nel vedermi dopo un anno? Lui diceva che avrei dimenticato tutto ma non è stato così. E' stato lui a dimenticare me.
I primi tre mesi ho provato a chiamarlo, gli mandavo messaggi e una volta che mi fui arreso con quelli cominciai con vere e proprie lettere, ma nulla. Mai una risposta.
Per un istante ho cominciato a sperare: sperare che lui non fosse in casa, che avesse traslocato o qualsiasi altra cosa per far si che non appena avessi suonato quel campanello, non sarebbe stato lui ad aprire quella dannata porta.
Credo che erano passati ormai cinque minuti di intensa contemplazione mentre me ne stavo fermo come uno stoccafisso lì davanti a quella porta. Probabilmente la gente che passava lungo il viale mi aveva preso per uno spaventapasseri da giardino o qualcosa del genere.
Deglutii e finalmente – seppur mi violentai psicologicamente – mi feci forza: allungai la mano e suonai a quel fottutissimo campanello. Silenzio.
Il primo impulso fu quello di girare i tacchi e fuggire via, ma che figura ci avrei fatto se Al avesse aperto la porta proprio quando me la davo a gambe levate?
Feci un profondo respiro e, proprio quando sentii i polmoni pieni d'aria quasi esplodere, la porta si aprì: era
lui, era lì. Era il mio Albert.
Non era cambiato affatto, nemmeno di una virgola, aveva la solita espressione da una di quelle persone che si sentono superiori al mondo intero, i capelli tirati tutti indietro e le lenti nere a coprire quegli occhi dalle iridi di un colore così innaturale, rosse come il sangue.
“Ciao.” Borbottò lui con tono distaccato e la massima naturalezza, come se fossi uscito dieci minuti prima a comprare il pane e adesso suonavo perché mi ero dimenticato le chiavi.
Sentii un lieve moto di rabbia smuovermi le viscere. “Ciao?” Chiesi, “Ciao è tutto quello che sai dirmi?!”
Mi osservò per qualche istante in silenzio, senza battere ciglio. “Come stai?” Aggiunse poi. Lo conoscevo abbastanza da capire che quella domanda era una chiara presa in giro.
“Come sto? Non mi vedi da un anno e tutto ciò che sai dirmi è 'ciao come stai'?” Doveva aver notato la mia irritazione, tanto che vidi un fremito percorrere le sue labbra, quasi a voler reprimere un lieve sorriso. Questa era la sua dolce vendetta.
“L'hai voluto tu.” Disse poi mentre la sua espressione si fece ancor più dura di prima.
“L'ho voluto io? Sei stato tu a dirmi che avrei dimenticato tutto! Non l'ho fatto! Ti ho cercato Albert, ti ho scritto e chiamato per tre lunghi mesi e tu non hai fatto una piega! Sei andato avanti con la tua convinzione che io ti avevo abbandonato!” Alzai la voce tanto che le persone fuori dalle loro abitazioni cominciavano a voltarsi verso di noi. Non ero riuscito a contenermi anche se sapevo che Albert non amava dare spettacolo, difatti allungò una mano e mi afferrò per la camicia tirandomi dentro e chiudendo la porta. Dio, in quel momento giurai di sentire il cuore scoppiarmi in petto.
Mi lasciò in malo modo, con uno spintone, tanto che andai a finire con la schiena contro la porta.
“Potevo essere morto e nemmeno te ne saresti interessato. Potevi venirmi a cercare.”
“C-cosa?” Non credetti alle mie orecchie, si stava comportando come un bambino offeso... Anche se da una parte mi ritrovai a dovergli dare ragione: e se gli fosse successo qualcosa? Io avevo continuato a credere che volesse tenere il punto, non mi ero mai preoccupato di pensare che poteva essergli capitato qualcosa.
Ci fu silenzio tra noi. Un silenzio per me straziante, che mi spaccava il cuore.
Mi avvicinai piano senza proferire ulteriore parola, come d'altronde non fece nemmeno lui. Una volta che gli arrivai vicino gli cinsi la vita in un caldo abbraccio, appoggiandogli il capo sulla spalla. “Mi dispiace...” Biascicai, “Non avevo intenzione di abbandonarti... Mi sei mancato.” Aggiunsi poi.
Lui non si mosse. Rimase fermo per lunghi secondi che a me sembrarono interminabili, fin quando non alzò un braccio, appoggiandomi una mano sulla schiena. Credevo che volesse contraccambiare il mio abbraccio fin quando non sentii la sua mano risalire fino alla mia spalla per poi scostarmi. “Ma l'hai fatto. Vattene via Will.”
Sentii il cuore andarmi in frantumi, non tanto per quel contatto mancato ma per il fatto che – in quel momento – vidi davanti a me l'immagine di Albert solo, per un lungo anno, in attesa. Come avevo potuto? Io ero l'unica persona di cui si fidava, lo sapevo! Lo avevo sempre saputo! Come avevo potuto abbandonarlo a quel modo?
Lo guardai in viso cercando di scorgere i suoi occhi dietro le lenti scure, senza successo. “Mi dispiace..” Mormorai con un filo di voce.
“Non ha più importanza oramai. So stare anche da solo.” Mi disse di tutta risposta. La sua voce risuonava fredda ed impassibile. Mi sembrava di star parlando con un robot.
Non aggiunsi altro, cosa c'era da aggiungere!? Avevo torto. Avevo abbandonato il mio migliore amico... E lui non era una persona qualsiasi, era Albert. Colui che aveva bisogno di costanti attenzioni per far si che rimanesse in vita quel piccolo germoglio di umanità che era in lui. Come potevo pretendere che dopo un anno di siccità, fosse ancora verde? Avevo quasi preteso di tornare e ritrovarmi uno splendido fiore... Ma la realtà era che quel piccolo germoglio, che aveva faticato tanto per farsi strada nel terriccio ed uscire finalmente allo scoperto, era appassito. Probabilmente era morto e nemmeno l'acqua della sorgente più pura l'avrebbe riportato in vita.



Rimasero a fissarsi per lunghi istanti nei quali mille pensieri vorticavano nella testa di entrambi.
Il povero William non riuscì a dire altro, sentì il peso della colpa schiacciarlo. Si voltò e raggiunse la porta, in silenzio. La aprì e volse il capo ancora una volta verso quello che era il suo migliore amico, seppur il sentimento che provava per lui fosse uno dei più teneri. “Stammi bene Al...” Sussurrò prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.
Wesker rimase a fissare quella porta impassibile. Il distacco e la freddezza erano solo esteriori mentre dentro di sé, quella visita, aveva riacceso in lui migliaia di piccoli sentimenti ed emozioni. Tra di esse c'erano anche la rabbia e la delusione per essere stato lasciato a quel modo... Ma da un'altra parte, seppur detestava ammetterlo, era felice. Felice di vedere che William non lo aveva dimenticato, che era tornato, anche se il suo orgoglio aveva prevalso e aveva fatto in modo di allontanarlo nuovamente, questa volta forse per sempre.

Era William l'acqua della sorgente più pura, e si sbagliava: con quella visita aveva travolto nuovamente il terreno arido del piccolo germoglio appassito dandogli la forza di farsi strada ancora una volta, riportandolo in vita.
Raggiunse la porta senza esitare, aprendola. William stava percorrendo il vialetto dirigendosi verso la macchina. Quando sentì la porta riaprirsi si voltò e mai gli sembrò che parole simili potessero risuonare più belle.
“William,
resta.”

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Oddio, ciao a tutti!
Hahahah, l'oddio iniziale è perché non mi sono mai cimentata in una ff scritta in prima persona! xD
Il passaggio da prima persona della prima parte a terza persona dell'ultima è voluto. Volevo un po' più di distacco emotivo!
Ehmm.. E che dirvi? Spero vi piaccia! A me l'ultima parte piace molto xD ahahaha, modestia a parte!
Eeee... Niente, ringrazio già Gemini_No_Aki che so leggerà e la Moja! Vi ringrazio!
Ringrazio anche anticipatamente chi leggerà e chi avrà voglia di recensirla! (Una recensione è sempre gradita, si sa! Hahaha ^w^)

E ne approfitto per lasciarvi il link qui ad un'altra mia ff Al x Will, sperando vi piaccia:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=962158&i=1


Questo è tutto! Passo e chiudo!
Alla prossima! :)

   
 
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