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Autore: juliaBarakat    20/02/2012    1 recensioni
Julie è una ragazza che tenta di far funzionare la sua vita e inseguire i suoi sogni in una realtà che le impedisce anche di respirare diversamente dagli altri; nella sua vita fondamentale è il ruolo del signor Purr, il suo marito degli Anni Cinquanta, e poi ci sono Mark e Suz, i suoi compagni di viaggio da sempre, grazie ai quali può inseguire il sogno di arrivare all'arena di Wembley. E infine, ma non per importanza, c'è Gerard, che diventerà un ponte sempre più solido per raggiungere i suoi sogni. Ma il ruolo che più è importante nella vita incasinata di Julie è quello ricoperto da tre band: gli Avenged, i 30 seconds to Mars e i My Chemical Romance, che da una passione adolescenziale si trasformeranno in amici, colleghi e fan del suo piccolo gruppo senza nome. Gli unici ostacoli nella scalata al successo sono i problemi familiari che sempre più gravano sulle spalle di Julie: i debiti del padre, i furti del fratello, il giro di droga e marijuana che gira in casa sua. Julie sarà in grado di abbattere tutte queste barriere per inseguire i suoi Guys on Stage e con loro i suoi sogni di una vita?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel tragitto dalla fermata fino a scuola, mi sedevo sempre da sola, anche perché l’unico quasi-coetaneo che prendeva quella linea era Jim, un secchione del secondo anno che occupava il primo posto proprio dietro il sedile dell’autista, e che immergeva la testa nel libro di qualche materia, facendosi scivolare gli occhiali enormi sulla punta del naso, il che gli dava l’aria di una talpa. Io occupavo il posto in quarta fila, vicino al finestrino, e osservavo i paesaggi urbani del mio paesino scorrere oltre il vetro, con le musiche dei miei gruppi preferiti che rimbombavano nelle orecchie. Quella mattina nel bus entrò un ragazzo che non avevo mai visto in città; Aveva i capelli nerissimi, e sollevati in aria in stile manga da un po' di gel. Aveva un'aria misteriosa quando si avvicinò al mio sedile.

‘Posso sedermi?’ mi chiese. Aveva una voce morbida, calda, era sicuramente più grande di me, e se non lo era, lo sembrava senza dubbio.

‘C-certo...’ abbozzai. Notai che aveva gli occhi di un azzurro quasi ghiacciato mentre mi osservava nell’attesa di una risposta.

‘Grazie.’

Sorrise, e i suoi occhi, che sembravano due piccole lucciole nel buio di quel bus sudicio, casa di barboni e tossici, s’incresparono in quel modo così familiare, mostrando gratitudine... Sfiorai i suoi jeans mentre spostavo lo zaino per fargli posto; aveva un odore di muschio bianco. Pensai al contrasto tra la delicatezza di quel profumo e il colore così intenso dei suoi capelli, e ciò mi fece quasi ridere.

Non ci volle molto per capire che sarebbe sceso esattamente di fronte a scuola. Nonostante ciò non gli chiesi nulla durante il viaggio, ero imbarazzata dalla sua presenza, e lui lo era dalla mia. Non si aspettava di trovare qualcuno della sua età su quella linea, ed era lo stesso motivo per cui da quattro anni anch’io preferivo quella alla linea centouno, invasa da cheerleader e giocatori di football.

Arrivammo a scuola alle otto meno cinque, e scendemmo senza salutarci o guardarci. Io raggiunsi con passo veloce il mio armadietto, il numero trenta, e notai che Mark agitava la mano per salutarmi dall’altra parte del corridoio. Agitai la mano per fargli capire che l’avevo notato, incastrai lo zaino nell’armadietto, dopo averne estratto il raccoglitore di biologia, la prima lezione della giornata, e lo raggiunsi.

‘Ehi Mark.’

‘Ehi Julie. Suz dovrebbe essere qui a momenti, la aspettiamo prima di entrare in aula.’ Mi fece l’occhiolino.

Mi piaceva Mark, non solo perché fosse un bel ragazzo, ma perché condividevamo molti interessi, dalla musica, ai libri e ai film. Aveva i capelli biondo rame, in perfetta armonia con due occhi castani che brillavano come quelli di un bambino. Era l’unico ragazzo della mia età che avrebbe potuto pensare di concorrere con gli occhi del signor Purr, pensavo, fino a quando non avevo incrociato quelli di quel Ragazzo dagli occhi di Ghiaccio quella stessa mattina.

‘Eccola, è lì!’ Mark interruppe il flusso di pensieri che viaggiavano nella mia testa, agitando la mano verso Suz.

Lei ci veniva incontro dall’entrata, facendo un cenno da militare per salutarci.

‘Ehi francesina!’ mi salutò.

‘Ciao Mark.’ L’abbracciò. Ero convinto che tra quei due ci fosse del tenero, che non era mai venuto a galla, almeno non quando erano con me.

Mi ero quasi dimenticato di dirvi che io ero ‘La Francesina’, perché mia madre era francese di nascita, e si era trasferita in America dopo aver conosciuto mio padre in una serata a base d’alcol e droghe in quel di Parigi. Mi avevano chiamato Julie, come mia nonna, morta quando mia madre aveva poco più di vent'anni. Mia madre si era ammalata quando io avevo meno di cinque anni, e nel giro di tre mesi Il Male se l’era portata via. Avevo capito a tempo debito di quale male si trattava, ma preferivo chiamarlo così piuttosto che cancro, mi rendeva più facile parlarne. Da quando mia madre se n’era andata, la mia famiglia cadeva a pezzi: mio padre era diventato succube dell’alcol e del gioco d'azzardo; mio fratello non faceva che trangugiare salatini mentre giocava all’ultimo videogioco uscito in negozio; e poi c’ero io, che tentavo di far funzionare la mia vita finché ero costretta sotto il loro stesso tetto.

‘Che ne dite di entrare prima di dover condividere il banco con Jim e scatenare l’ira della Grimp?’ disse Suz.

‘Ok, entriamo.’ Convenimmo io e Mark.

In aula c’era ancora subbuglio, come al solito prima dell’arrivo della professoressa, e mentre prendevamo posto al terzo banco, gli occhi guizzarono verso la porta, dove la signorina Grimp entrava con al seguito lui, Il Ragazzo dagli occhi di Ghiaccio, che più che un ragazzo pareva un’ombra, tanto cercava di farsi piccolo dietro la figura imponente della prof. Una bellissima ombra, convenni. I suoi occhi parevano scrutare ogni centimetro della stanza, alla ricerca di un posto dove nascondersi, ma brillavano di una luce quasi surreale, che mi fece pensare per un attimo che la sua eccessiva timidezza fosse solo una farsa.

‘Buongiorno ragazzi – gracchiò la Grimp – lui è un nuovo compagno, Gerard.’ Non riuscii a non provare un moto di sgomento al suono di quel nome. Era solo una banale coincidenza, ma non m’impedii di pensare, scioccamente, che ci fosse un nesso. A pensarci, ma forse era solo frutto della mia fantasia, il signor Purr e quel ragazzo, che mi veniva difficile chiamare Gerard, avevano qualcosa di molto simile. I miei occhi non poterono non soffermarsi anche sul corpo del ragazzo, e in particolare sulla maglietta, che raffigurava uno di quei gruppi che la mattina lesionava i miei timpani, i Green Day. Ciò che vedevo su quella maglia, era la copertina della trilogia degli album appena usciti, iUno!, iDos! e iTré!.

Probabilmente si accorse che lo fissavo, perché mi guardò, e chiuse lo zip della giacca per nascondermi quella passione, che forse gli sembrava stupido mostrare così apertamente. Prese il foglio delle lezioni, e andò a sedersi accanto a Jim, che non invidiai mai come quella volta. Durante tutta la lezione non potevo evitare di guardarlo, nei pochi istanti in cui  sembrasse casuale, per ammirare quell'incredibile oceano che aveva al posto degli occhi, e per convenire che era perfettamente intonato con la pece dei suoi capelli. Suz mi urtò con il gomito, e mi fece cenno verso la Grimp, che probabilmente aveva notato la mia distrazione. Finsi di tornare attenta, cercando di non guardare più verso il primo banco, per concentrarmi sulla lezione di genetica. Sentivo però uno sguardo addosso, e dopo essermi girata un paio di volte dietro per scoprire chi fosse che mi fissava, la terza volta notai che le guance di...Gerard, avevano preso un leggero colorito, tipico di un improvviso imbarazzo. Abbozzai un sorriso quando la campanella suonò, soddisfatta, sicura che gli Occhi di Ghiaccio si erano posati anche su di me, attirati magari da quei lineamenti che la stessa mattina avevo tanto osservato e anche criticato.

  
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