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Autore: Shadowolf    24/02/2012    1 recensioni
Personaggi: Tom Hiddleston, Jude Law, Luke Windsor, Ben Jackson
Quando Luke gli aveva proposto di andare a cena fuori, insieme con un’altra coppia, non gli era passato neanche per un momento per la testa che intendesse il significato più stretto di “double date”. Si era immaginato una coppia normale, due persone che stavano insieme, insomma. Non certo un altro attore e il suo assistente personale.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa, Tom Hiddleston
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '"And Then It Came A Day, A Day Unlike Any Other...'
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AUTHOR'S CORNER: Questa andrebbe taggata sotto una sola voce: "Cose che non dovrei mai cedere alla tentazione di scrivere". Perché cioè, è il nonsense più nonsense che possiate immaginare. E il guaio è che è pure lungo! Io davvero, non so che dire O_O Comunque, la colpa è tutta di una certa persona che mi ha detto che Luke Windsor va sempre dietro a Tom (lol, è il suo personal assistant, che avete capito? >:D). Da lì, la mia mente malata ha fatto la correlazione con Jude e Ben, e la frittata era fatta.


Fermo di fronte al ristorante, il sorriso sempre al proprio posto come al solito, Tom stringe la mano che gli viene porta sforzandosi di non far trasparire alcuna emozione diversa da quella che significa “ciao, piacere di fare la tua conoscenza!”. Anche se in realtà la sua testa sta pensando a tutto meno che alle suddette parole. Quando Luke gli aveva proposto di andare a cena fuori, insieme con un’altra coppia, non gli era passato neanche per un momento per la testa che intendesse il significato più stretto di “double date”. Si era immaginato una coppia normale, due persone che stavano insieme, insomma. Non certo un altro attore e il suo manager.
E quella non è neanche la cosa peggiore.
‹‹ ... And this is his manager, Ben. We went to the same high school, you know, Tom. ››
La voce di Luke gli suona un po’ distante, come se stesse parlando con lui al telefono tramite un apparecchio Bluetooth. Cerca di concentrarsi sulle parole che gli sta dicendo, ma per ognuna che ne becca se ne lascia cinque o sei per strada. Non ha speranze di sopravvivere a quella serata senza farsi sfuggire qualche dettaglio che dovrebbe essere segreto, ma che lui – all’apparenza inspiegabilmente – conosce.
‹‹ ... Oh. Nice... Nice to meet you too, Ben. I… A friend of mine is called Ben, you know… ›› fa una pausa, riflettendo su ciò che ha appena detto, e poi si acciglia leggermente. ‹‹ I mean, his name is Benedict, actually, but we... I... we call him Ben, yes. ››
Dopo questa affermazione si ritrova gli occhi delle tre persone attorno a lui su di sé, e per un attimo torna bambino e vorrebbe soltanto scomparire, e ritrovarsi da un’altra parte. Solo che non può. Così abbassa lo sguardo, meccanicamente, sperando che loro non noteranno il leggero rossore che gli sta colorando il viso.
‹‹ I’d say we go in, then. ››
Le parole magiche pronunciate da Luke gli alleggeriscono le spalle di almeno qualche chilo, e lui può finalmente prendere un piccolo respiro di sollievo. Che ha come l’impressione non durerà molto. Mentre si accinge a seguirli all’interno, pensa che se potesse parlare un attimo da solo con lui, forse potrebbe riuscire a non mandare all’aria tutto quanto. Magari Ben è a conoscenza di quella... cosa. E Tom sa che a Luke non importerebbe nulla comunque, perché gli piace farsi i fatti propri, da ragazzo riservato qual è. In effetti è quello che gli serve, rimanere da solo con l’altro per cinque minuti. Già, ma il problema rimane come fare. Potrebbe afferrarlo per il lembo della giacca adesso che stanno seguendo il cameriere verso il tavolo, ma non se la sente di fare un gesto così tanto... confidenziale. In fondo si sono visti soltanto tre o quatto volte prima di allora, e non hanno mai parlato molto, loro due.
‹‹ Well, sit down, Tom, come on... ››
Ancora una volta, è la voce di Luke a farlo tornare con i piedi per terra. Si guarda attorno e si accorge con un moto di terrore che è l’unico rimasto in piedi. Idiota.
‹‹ I am so sorry, really, I just… I was just thinking about an old friend, I thought I had spotted him on the table, over there, but… I’m realizing now it’s not him, no… ››
Senza prestare troppa attenzione neanche a quello, prende la prima sedia che gli capita a tiro e si mette a sedere, l’ombra di un sorriso sempre in punta di labbra, più per abitudine che per una reale correlazione tra il sentimento ed i pensieri che gli stanno affollando la testa in questo momento. È solo quando si è già sistemato che, alzando lo sguardo e puntandolo dritto davanti a sé, si rende conto dell’ennesimo errore compiuto nel giro di una decina scarsa di minuti. Perché i suoi occhi incontrano proprio quelli grigio-celesti di Jude Law. Esattamente quello che voleva evitare. Rimane perfettamente immobile, ancora una volta, tanto che quando Luke gli poggia una mano sulla spalla quasi arriva al soffitto, per come sobbalza.
‹‹ Tom? Is there something wrong? ›› gli domanda, e in qualche modo il suo tocco riesce a fargli distrarre lo sguardo da Jude per concentrarsi su di lui. Gli sorride amabilmente come al solito e scuote piano la testa, augurandosi di non balbettare quando apre bocca.
‹‹ No, nothing, everything’s fine, don’t worry... ›› risponde, ignorando il cuore che immediatamente gli salta in gola alla bugia appena pronunciata. Deve stare calmo, e aspettare il momento opportuno per prendere Jude da parte e fare con lui il punto della situazione. Ce la può fare, deve farcela, e sa che ci può riuscire.

Dopo un paio di frasi risultate un po’ strane da parte sua, la serata prende finalmente la giusta piega. Una volta ogni tanto getta un’occhiata di fronte a sé, ma non becca mai gli occhi di Jude una seconda volta, cosa della quale gli è profondamente grato, perché sì, è vero quel che dicono, sono penetranti, e bellissimi, capaci di immobilizzarti all’istante. E dato lo stentato avvio della cena, quella è l’ultima cosa che vuole. Tuttavia, in più di una occasione Tom avverte il suo sguardo addosso, segno inequivocabile – almeno per quanto lo riguarda – che anche l’altro vorrebbe scambiare due parole in privato.
E difatti è proprio Jude a prendere l’iniziativa, annunciando di andar fuori a fumare, quando il cameriere arriva a prendere i piatti dell’antipasto per portarli via. Si alza e per tre secondi contati i suoi occhi cercano quelli di Tom, limitandosi a fissarli, quando li trovano. Dopodiché guadagna l’uscita, non aggiungendo neanche una parola.
Lui rimane seduto per un paio di minuti, chiacchierando amabilmente sia con Ben sia con Luke, poi alla prima pausa di silenzio utile ne approfitta e ridacchiando chiede loro di scusarlo, ma non può resistere proprio al suo appuntamento personale con il bagno. La scusa più vecchia del mondo funziona senza problemi, e in un attimo si ritrova a chiudere dietro di sé la porta dei servizi, sospirando profondamente ed appoggiandosi alla parete, sperando con tutto il cuore che quella loro comunicazione visiva sia davvero riuscita.
Passa un paio di minuti e comincia a dubitarne, perché nessuno si fa vivo. Pensa che forse ha sbagliato, Jude non gli aveva lanciato nessun segnale, i loro occhi si erano incontrati soltanto per sbaglio. Si dà dell’imbecille, e sta quasi per rinunciare e ritornare al tavolo quando si sente qualcuno bussare alla porta del bagno.
‹‹ ... Busy! ›› gli esce di dire, il cuore che gli batte un po’ più veloce in petto.
La prima risposta che ottiene è una risata appena accentuata, seguita da una voce familiare.
‹‹ Tom, it’s me, Jude. ››
‹‹ Oh, thank God... ›› sospira di sollievo, affrettandosi a sbloccare la porta e richiuderla l’istante dopo che l’altro ha messo piede all’interno. ‹‹ Thought I had... misinterpreted your signal, you know, our... eye-contact. ››
‹‹ No, no, don’t worry, I meant this. But I actually had to... smoke. Otherwise Ben wouldn’t have sniffed the smell of tobacco on me and he’d have got suspicious… ››
‹‹ … Wow. Aren’t you a little… too much sneaky? ››
‹‹ Oh, believe me, I’ve got some experience in this, in the last few years… ››
Un sorriso diverso, più tenero e dolce, gli affiora adesso sulle labbra, ed è quello più delle sue parole a far capire a Tom la risposta alla sua domanda. E a quel punto si apre a sua volta in un sorriso, annuendo piano e restandosene in silenzio, come a godersi la bellezza di quel sentimento, anche se non gli appartiene. Poi Jude parla di nuovo, e lui torna a pensare normalmente.
‹‹ What a situation, huh? ››
‹‹ Oh my god, yes! We aren’t supposed to know each other, right? ››
‹‹ No, not at all. Too bad we do. ››
‹‹ Yeah… That’s why I got nervous, I didn’t… I mean, I don’t know if… if Ben knows or not, and I don’t wanna say something that I’m not supposed to know, so… ››
Si rende conto di starsi incasinando così sospira e tace, massaggiandosi lievemente il collo. Jude gli poggia una mano sul braccio e gli sorride, scuotendo la testa e parlandogli tranquillamente.
‹‹ Hey, everything’s okay, don’t worry. You didn’t let go anything. But… Ben doesn’t know almost a thing, let alone the latest… stuff, so we’re gonna keep on pretending we didn’t know each other before tonight, and most important, I never was in Albuquerque during last summer, okay? For what he is concerned… I believe that city is in Mexico, not in the U.S. ››
Tom annuisce serio, anche se una piccolissima parte di lui vorrebbe ridere all’ultima frase. Però si contiene, e sospira piano, guardandolo negli occhi e sorridendogli.
‹‹ Got it. I won’t mention anything about work. Let’s hope those two best friends we’ve got as managers keep their mouth shut as well. ››
‹‹ Even because it’s boring, right? Always talking about that… Like there wasn’t anything else wor—oh. ››
Si interrompe a metà frase quando nella piccolo stanza comincia a diffondersi il tema di Sherlock Holmes di Hans Zimmer. Nella mente di Tom si accende una piccola lampadina quasi all’istante, e questa volta non può fare a meno di trattenere una piccola risata.
‹‹ That’s... not so much discreet, if you ask me, Jude... ››
‹‹ I… wasn’t the one who chose it, you know… ›› gli risponde, mentre si infila una mano prima in una tasca e poi nell’altra alla ricerca del cellulare. Tom lo guarda e si accorge che è arrossito, così distoglie lo sguardo da lui, sorridendo per tutta la tenerezza insita in quel gesto. Non crede di aver mai visto qualcosa del genere, non nel loro mondo, almeno.
‹‹ I should have known... ››
‹‹ Yeah, well... Oh, here you are… Sorry, I… ››
Lascia la frase in sospeso non appena recupera il telefonino, ed indica l’apparecchio, per far cenno che deve rispondere per forza.
‹‹ Sure, of course... I’m going back, or Luke is gonna come looking for me… ››
‹‹ Tell them I’m in the bathroom, okay? ›› gli chiede, e poi apre la comunicazione, appoggiandosi al lavandino. ‹‹ Hey, Robert... ››
Tom sorride di nuovo e sospira, avviandosi verso l’uscita; ha appena messo la mano sulla maniglia quando si gira all’improvviso e fa un cenno a Jude.
‹‹ Tell him Loki says hi, would you? ››
‹‹ Baby? Loki… Loki says hi… ›› ridacchia Jude, e lui non può fare a meno di imitarlo, perché poverino, si ritrova ad essere l’unico sano in mezzo a tutti loro supereroi o semidei per finta. ‹‹ Oh, Tom... Robe— sorry, Tony, says to take care, because he still has to return a…  – a what!? ›› i suoi occhi guardano interrogativi quelli dell’altro. ‹‹ … a throw out of the window!? What the hell are you talking about? ››
Ma Tom sa benissimo cosa intende, e si affretta ad annuire, ridacchiando ancora.
‹‹ Yeah, don’t worry… Tell him he’s got to catch me, before. ››
L’altro lo guarda ancora più perplesso, ma non fa commenti e riferisce le stesse parole, aprendosi infine in un altro dei suoi sorrisi speciali.
‹‹ He’s laughing now. Guess you’ve won. ››
‹‹ Yes, I guess so. ›› concorda, e poi fa un cenno verso la porta e la spalanca, richiudendosela alle spalle e gettando un ultimo sguardo a Jude. Quel sorriso che nessuno gli vede mai in viso è ancora lì al suo posto, e crede che ci resterà per tutta la durata della chiamata. Tom ne è sicuro, perché non è la prima volta che glielo vede sulle labbra. Gli torna alla mente un pomeriggio di fine giugno scorso, sul set, nella città del New Mexico. Le riprese per quel giorno erano finite, e tutti quanti erano tornati ai propri appartamenti, giù in città. Credeva di essere rimasto l’unico indietro, a cercare di ritrovare il suo berretto con la scritta degli Avengers, così era rimasto completamente stupito quando aveva sentito delle voci avvicinarsi nella sua direzione. Aveva riconosciuto subito quella di Robert, ma non l’altra, che era decisamente inglese. Aveva fatto mente locale della troupe, cercando di ricordare qualcuno che fosse di Londra, ma non c’era riuscito. Ed era allora che gli aveva visti. Camminavano mano nella mano, e Robert gli stava mostrando tutto il set, spiegando minuziosamente che scene giravano per ogni interno. E Jude era lì, ma era palese che non lo stava ascoltando quasi per niente. La sua attenzione era tutta rivolta all’uomo che gli stava facendo da guida turistica. Un largo e dolce sorriso gli illuminava tutta la faccia. Lo stesso che Tom ha appena visto comparire magicamente non appena il suo cellulare ha preso a squillare.
Se i sorrisi avessero un nome, Tom è sicuro che quello si chiamerebbe “Robert”.

   
 
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