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Autore: Cucuzza2    25/02/2012    1 recensioni
[Spinoff di Un Pessimo Inizio]
"«Lo odiavamo. Scendevi a fare colazione nella sala e questo mostro sapeva chi ti eri fatto la notte prima.» «Semplicemente osservavo.»" - The Blind Banker.
Ma spesso un'arma può essere a doppio taglio.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spinoff di Un pessimo inizio, così, per megalomania.
Canzone di Zucchero inserita all'ultimo momento perché boh a sentirla mi ricorda sempre il modo di pensare di Sherlock, e non solo per quanto riguarda il ritornello.
Partecipa al COW-T se riesco a segnalarla entro i prossimi quattro minuti evviva.

 


Il tuo cervello non pesa un chilo,
da troppo tempo non passa di qua…


«Ma non sa fare altro che dormire?» borbottò fra sé e sé, scendendo le scale in modo svelto. Non che Sherlock lo ritenesse davvero poi così pigro – dopotutto, era cresciuto con Mycroft, e con un fratello del genere non ci sarebbe stato modo di non abituarsi a facce assonnate o sveglie che squillano a vuoto per ore consecutive – ma gli dava oltremodo fastidio che Victor non fosse ancora pronto. Gli dava un’idea di inattività, di staticità, di – oh, al diavolo.
Una fitta. Si sentiva dolorante. Non importava, ci avrebbe pensato in un altro momento.
«Sebastian, sei venuto più presto del solito. Di venticinque minuti, scommetto» salutò, senza gettare neppure un’occhiata all’orologio e sedendosi di fronte a lui giusto per innervosirlo.
Un’altra fitta. Fece una smorfia nel sedersi, ma cercò di ignorare la sofferenza.
Sebastian lo squadrò, alzando un sopracciglio. Sherlock non disse nulla, prendendo piuttosto a servirsi delle uova. L’altro mandò giù qualche boccone di porridge, incerto, alzando di tanto in tanto lo sguardo verso di lui, perplesso.
«Non c’è bisogno che tu mi chieda se l’ho dedotto» Sherlock gli lanciò uno sguardo ironico. «Non ti sei portato a letto proprio nessuno, fine della storia.»
Non che gli importasse davvero qualcosa della vita sessuale degli altri, anzi, ma ormai era appurato come la correttezza di deduzioni di quel genere fosse molto più semplice da verificare rispetto alla media, e lui aveva bisogno di verifiche certe.
Sebastian deglutì, in imbarazzo; poi riprese controllo e lo squadrò male. «Vedi perché non hai amici? Non hai tatto.»
«Né mai mi servirà nella vita.»
«Pensala così, se vuoi» rispose, per poi aggiungere, borbottando, un «coglione.»
«Sociopatico ad alta funzionalità.»
«Gli piace chiamarsi così» borbottò al vicino, uno studente piuttosto stupido, Lee Gilles «ma sempre coglione resta. Ma è solo geloso, per questo gli importa tanto di chi si fanno gli altri.»
«Divertito con Sandy, Lee?» si rivolse a quest’ultimo Sherlock, contraendosi sulla sedia.
«Ti prego» implorò questi. «Non davanti a tutti.»
«Uhm» mandò giù il primo boccone, giusto per dimostrare di non essere seduto lì per bellezza – dopotutto, la colazione era uno dei momenti più adatti per dare un minimo di concretezza ai metodi deduttivi che andava sviluppando. Si dimenò sulla sedia, dolorante. «Sei sceso di corsa, hai i calzini di colori diversi l’uno dall’altro – no, non ti ho guardato i calzini, ma una donna dietro di te li ha visti e sta sghignazzando. Hai un esame a brevissimo, per questo speravi di sbrigarti con la colazione e di correre a studiare, perché hai perso troppo tempo a divertirsi e temi un disastro, che naturalmente avverrà. Non dirò nemmeno una balla del tipo “mi dispiace”.»
«Bel trucco di prestigio, Sherlock Holmes» commentò Sebastian.
Sherlock fece una smorfia, ma continuò a fingere stoicamente che non stesse succedendo nulla. «Anche tu hai un esame a breve, ma non ti serve studiare perché hai una raccomandazione niente male alle spalle. Capisco come passare la notte sui libri possa non sembrare altrettanto divertente che passarla su una ragazza facile, ma rivedrei comunque le mie priorità. Mollala, l’Università. Dopotutto, il posto di papà è assicurato laurea o non laurea.»
«Non voglio sapere come tu…»
«Hai ragione, non vuoi saperlo» tagliò corto Sherlock. Ingoiò altri due bocconi di uova fritte, poi bevve una sorsata d’acqua e si assicurò che le proprie funzioni vitali avrebbero continuato a funzionare. Nascose l’ennesima smorfia, senza riuscire a smettere di dimenarsi in modo strano ed inconscio sulla sedia. Qualcuno lo indicò, ridacchiando. «Non ringrazierò per la stupenda compagnia – ma, Sandy, che grandissimo piacere!» ironizzò, mentre la ragazza si avvicinava al tavolo muovendosi in modo decisamente impacciato, ma che si fingeva disinvolto.
«A-altrettanto» mormorò, senza nascondere una smorfia. Sembrava in imbarazzo.
«Più di quanto pensassi, Lee. Da dietro, addirittura – e non ditemi che le mie deduzioni vi stupiscono, questo era davvero banale.»
Si servì di un altro uovo fritto, tagliò due bocconi e riprese ad osservare Sandy. In visibile imbarazzo, e senza nessuno stupore. Deduzione corretta, dunque. Accennò un sorrisetto, poi assaggiò appena la colazione ed attese una reazione concreta, che non arrivò.
«Dev’essere la seconda o terza volta» aggiunse, alzando lo sguardo e contraendosi appena con una smorfia. Notò solo allora di essere al centro dell’attenzione.
«Sherlock» lo interpellò Sebastian senza troppa decisione «per te invece era la prima, non è vero?»
Sherlock non impiegò più di un secondo a realizzare quanto l’altro avesse detto, ma rimase immobile per qualche momento per dare un’apparenza di perplessità – poi ebbe un’idea migliore.
Alzò le spalle. Sebastian si girò, sorpreso, verso Lee e Sandy, che sembravano stupiti quanto lui; poi, riprese a guardare verso Sherlock. «Quando ti muovi, si vede che hai male al cu-»
La sua voce fu interrotta dal rumore sei o sette libri schiantatisi sul pavimento a scacchi della sala. L’attenzione di tutti e quattro gli studenti, Sherlock incluso, si spostò su Victor intento a raccoglierli. Questi alzò lo sguardo.
«Sherlock-»
«Le sue deduzioni gli si sono ritorte contro» rispose Sebastian, sprezzante.
«È un classico» confermò Sandy.
«Vedi, Victor, è questo quello che intendevo con “non ho altri amici”» accennò un sorrisetto, alzando gli zigomi.
Il ragazzo impallidì; una volta raccolti i libri si allontanò nervosamente senza una parola di saluto alla ricerca di un posto libero, ora che i tavoli erano quasi del tutto occupati.
Sherlock si ricompose, come se nulla fosse successo, sopportando il dolore con maggiore stoicismo del solito.
«Allora, Sherlock!» cominciò Sebastian, ironico. «L’avevo sempre saputo, ad ogni modo, da quella volta che hai scrutato per mezz’ora quel ragazzo con le cuffie e l’aria da schizzato.»
«Quella non è attrazione, si chiama sospetto.» Ed incapacità di dedurre alcunché. L’aveva archiviato.
«Trevor non è il tuo ragazzo, vero? Vi siete solo divertiti, a modo, ehm…» deglutì, allontanandosi impercettibilmente dal tavolo «vostro.»
«Dovresti lasciare l’Università, Sebastian. Anche io lo farò.»
Sebastian rise nel vederlo impassibile. «Avanti! Magari così la prossima volta ci penserai due o tre volte prima di sputare sentenze, che ne dici? Tutti i tuoi stupidi trucchetti – ma a te dà fastidio che li si chiami così, non è vero? Preferisci “deduzioni”.»
«Niente affatto» rimase calmo. Portò i gomiti sul tavolo, sollevando il colletto del cappotto che si era lasciato indosso. «Lee, il tuo esame è di Psicologia. In realtà tua madre sarebbe nella posizione di raccomandarti, volendo, ma non lo fa poiché crede molto nella tua istruzione. “Come fai a saperlo, Sherlock?” bene, perché odi visibilmente la facoltà, ma la frequenti sicuramente sotto ordini dall’alto, e un genitore altolocato nel settore può essere un ordine dall’alto. Sì, ma come faccio a sapere che è tuo madre? Ti ho visto al telefono con lei più volte di quante tu ti masturbi giornalmente.»
«Sherlock-»
«E quanto a quello, no, non ti spio, non c’è bisogno di agitarsi, osservo solo che le tue mani hanno sempre l’odore del sapone dei bagni pubblici, segno che li frequenti spesso. Igienismo o incontinenza, penserete? Non così improbabili, ma comunque più delle pulsioni continue, considerato il tuo carattere.»
«Per piacere…» implorò, mentre Sebastian ridacchiava, senza comunque nascondere lo stupore.
«Hai invertito il colore dei calzini, sì, ma solo perché uno dei due è di Sandy, che non appena si è resa conto di portare uno dei tuoi è corsa in stanza a cambiarli, scommetto perché qualcuno glielo ha fatto notare, non è una persona poi così attenta all’abbigliamento. Ecco perché ha ritardato – e comunque avresti dovuto cominciare a studiare sedici o diciassette minuti fa.»
Mandò giù un ultimo boccone della colazione, sollevando entrambe le sopracciglie.
«Sebastian, hai ragione, quelli sono trucchetti, queste sono deduzioni.» Sorrise alzando gli zigomi, poi bevve definitivamente un sorso d’acqua. Non avrebbe dovuto mangiare null’altro per un bel po’. Nascose l’ennesima smorfia. «A domani, gente.»

«Victor, è stato pazzesco. Avresti potuto evitare i libri in caduta libera, almeno ti saresti evitato che si dicesse in giro che stai con un sociopatico ad alta funzionalità.» Lo trasse da parte e lo strinse, lasciando che le loro lingue si avvolgessero, ma non furono più di quattro o cinque secondi.
«Alla faccia della riservatezza» commentò Victor.
«Ormai Sebastian l’avrai già detto a tutti. Rassegnati, l’intera Università saprà che sei gay – l’intera città, in effetti.»
«Cazzo» mormorò Victor, mordendosi un labbro e maledicendolo mentalmente per il bacio di poco prima. Cercò di cambiare discorso. «E per quanto riguarda quel ragazzo con le cuffie?»
Sherlock alzò le spalle. «Nulla di personale. Aveva l’aria strana. Se lo rincontrerò, saprò che non è stato per caso.»
Victor sorrise appena. «E avevi davvero così tanto male al culo? Mi dispiace, se vuoi la prossima volta-»
«Meglio evitare» rispose Sherlock, senza aggiungere nient’altro neppure in risposta alle occhiatacce di Victor. Dopotutto, ammettere di sottovalutare la sua soglia di sopportazione del dolore non sembrava una grande idea.

… voglio saltar sul treno
quando l’amore arriva in città.

   
 
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