Grigio e Rosa
- Si può sapere perché ti sei tagliata i
capelli?-
- Sono molto più comodi corti, in
missione, shisho -
- Che cazzata. Ti sembra che a me danno
fastidio, se li tengo lunghi?-
- Io… penso che lei sia a un livello
tale, da non dover badare più a queste cose.-
- Piantala di fare la leccaculo, Sakura.-
- Io non…-
- Non è che perché sei una ninja, devi
rinunciare alla tua femminilità.-
Abbassò lo sguardo.
- é che sto cercando di essere più
pratica possibile, per velocizzare gli allenamenti.-
- Sarà, ma sappi che a volte, l'essere
donna può rivelarsi molto utile anche in missione.-
- Che vuole dire?-
- Niente, muoviti. Consegna questi a
Shizune.-
- Va bene, shisho.-
Tump, tump, tump.
- Sakura, apri la porta!-
Distesa sul divano, al buio, pensa che prima o poi se ne
andrà.
Richiude gli occhi.
- Sakura, non puoi reagire così, cazzo, stiamo tutti
male!-
Silenzio.
- Sakura, apri questa cazzo di porta! -
Voglio solo silenzio.
- Sakura! Anf… Anf..-
- Cosa c'è Ino? é successo
qualcosa all'ospedale?-
- La shisho, si è sentita
male!-
- Come?-
Si alza dallo sgabello.
Naruto fa capolino dalla
tazza di ramen in cui era immerso.
- Che succede con la
baa-chan?-
Sasuke guarda con disprezzo
il suo muso sporco della qualsiasi.
- Vieni, dai! -
Ci mette un po' per
carburare, ma appena realizza la situazione, lascia la mano di Ino che la sta
trascinando e comincia a correre sui tetti delle case di Konoha.
In silenzio, percorrono il
tragitto che le separa dall'ospedale.
Arrivate di fronte
l'edificio, si fermano ai piedi delle ampie scalinate. C'è già una piccola
folla di civili e shinobi, inquieta dietro le porte.
Entrando, la situazione non
migliora. La sala aspetti è costellata di gruppetti di ninja che parlano a
bassa voce tra loro, e che quando entrano la guardano, dispiaciuti.
Comincia a innervosirsi.
Lei e Ino oltrepassano la
porta della zona più interna dell'ospedale, presidiata da due AMBU che le
lasciano passare solo dopo che gli hanno mostrato un documento che le
identifica come medici.
Come se non sapessero che
Sakura è l'allieva del Godaime.
Il corridoio è innaturalmente
calmo. La rosa è abituata a vederlo pieno di gente che corre convulsamente, da
una parte all'altra, di pazienti che camminano lentamente, infermiere
indaffarate, dottori con il naso incollato alle diagnosi, parenti che cercano
di scavalcare l'orario di visita.
Durante la guerra era stato,
nonostante tutto, il luogo più vivo di Konoha, dove la gente consumava il suo
dolore in silenzio, nelle camere. I
corridoi, invece, non avevano tempo per le lacrime. Erano troppo occupati a
contenere il brulicante movimento dei lottatori più accaniti, coloro che
combattevano con la morte per dare speranza ad altri che di lacrime ancora, non
ne avevano versate.
Anche se Sakura sapeva, era
stata costretta a sapere, che la parte peggiore non sono le lacrime. No, la
parte peggiore è stare su quel baratro di angoscia, in bilico su un filo di
speranza che sembra invisibile, rispetto alle profondità nere della
disperazione. E puoi solo andare avanti, anche se i tentacoli neri della
disperazione si avvinghiano ai cancelli della tua mente. E non riesci a non
fissarli, ipnotizzata, fino a quando una voce lontana, di un medico ignaro,
taglia quel filo sottile, e tu cadi nell’abbraccio mortifero e inebriante dell’oscurità.
Odia il suono dei loro passi
che rimbalzano tra le pareti asettiche dell’ospedale.
Segue Ino, mentre l’angoscia
si espande velenosa nella sua mente.
Non svoltare a destra!
Cosa urli, stupida speranza?
I piedi di Ino svoltano a
destra. Terapia intensiva.
Sakura chiude gli occhi un attimo, prima di seguirla.
Altri AMBU, di fronte alla camera che l’anno prima ha
ospitato la degenza dell’eroe di Konoha, che l’anno prima era già diventata la
sua prigione soffocante, che tratteneva la titanica voglia di vivere del suo
migliore amico.
Che ironia. Un altro eroe di Konoha rinchiuso tra quelle
pareti sterili.
Stavolta gli AMBU non le lasciano andare.
- State scherzando, vero? Non la riconoscete? Lei è
Sakura, Sakura Haruno, l’allieva di Tsunade!-
Sakura rivolge solo una piccola parte della mente alla
discussione tra Ino e le guardie, cercando di vedere attraverso l’oblò
trasparente della porta.
Quest’ultima si apre di scatto, dall’interno.
- Che succede qui? Cos’è questo fracasso?-
Assurdo. L’aspetto di Shizune è assurdo.
L’ho vista solo ieri, non può essere tanto sciupata!
Le occhiaie risaltano nella luce impietosa del neon, la
postura è trasandata nonostante il tono di rimprovero, sembra essere implosa.
Gli occhi legnosi e secchi la riconoscono.
- Oh Sakura, sei tu.-
Rimane immobile.
- Lei può entrare.-
- Ma…-
L’occhiata di Shizune al ninja non è minacciosa; è
spaventosamente tagliente.
- Lei entra.-
La maschera dell’uomo si abbassa in un cenno di assenso,
scostandosi.
- Ino, non posso farti entrare.-
La bionda, interrotto lo sguardo di sfida con lo shinobi
con cui aveva discusso, sussultò alla voce stanca, improvvisamente flebile di
Shizune.
- Oh ma certo, volevo solo accompagnare Sakura.-
La rosa le rivolge uno sguardo di ringraziamento, per poi
proseguire dentro la stanza bianca.
- Ho saputo che vuoi dare l’esame di fisiologia
questo mese.-
-
Ho già studiato qualcosa quando mi ha dato quel volume così pensavo…-
-
Dovevi prima parlarne con me.-
Si
morde il labbro.
-
Non sono pronta?-
-
Non è questo il punto. Mi sembra che tu lo stia prendendo alla leggera.-
-
Ma mi sto impegnando al massimo per essere un buon medico!-
L’esclamazione
le era scappata, esasperata.
-
No, ti stai impegnando al massimo per poter riportare qui Sasuke.-
Sussulta.
-
Voglio solo aiutare Naruto.-
-
Lo so. Ma non c’è tutta questa fretta. Non tornerà domani. E potresti essere
molto più utile conoscendo ogni dettaglio di ogni materia e diventando la
migliore in ogni settore, anziché affannarti a studiare superficialmente le
materie.-
Si
guarda le scarpe, mortificata.
-
Fa l’esame, e poi prenditi una pausa.-
Grazie
shisho.
La stanza è come se la ricordava, solo senza tutti quei
macchinari che avevano circondato e tenuto in vita il suo amico, tempo prima.
Solo una flebo è attaccata al braccio dell’Hokage, ma lei
non ha ancora il coraggio di guardarla in faccia.
- Sakura.-
Gli occhi le si inumidiscono al suono di quella voce,
bassa ma decisa.
- Guardami.-
Non ha mai visto la sua maestra senza che fosse coperta
dalla tecnica di ringiovanimento.
Le sembra quasi… scortese, ma la forza dell’abitudine la
spinge ad obbedire alla donna che stima di più al mondo.
È
sempre bellissima.
O almeno, a lei sembra bellissima.
Non sembra più una ventenne, ma il suo aspetto è più…
naturale, quasi.
La pelle non è tonica e liscia, ma ha formato delle
leggere grinze ai lati degli occhi; lo sguardo, ora sembra più profondo.
Il resto del corpo è coperto da un pesante kimono, che non
mostra alcuna scollatura.
Le mani sono sottili, le labbra sembrano bianche, non più
coperte dal forte rossetto.
La guarda seria, mentre Shizune si siede nella poltrona
vicino al letto.
- Avvicinati, non ho mica la lebbra.- sbotta la sua
maestra.
Lei sussulta, riesce a stiracchiare un sorriso.
- Shisho…-
- Come avrai capito, la tecnica di Rinascita ha deciso di
venire a riscuotere il tributo.-
Parla distaccata, come se non gli importasse.
- Non c’è niente che…-
- No, e non ho intenzione di far cercare una cura
impossibile a medici che potrebbero essere più utili altrove.-
La
sua maledetta mania di interromperla.
Sakura si sorprende…da quando le dà fastidio? Non ci ha
mai fatto caso.
- Non portarmi rancore, sai che è la cosa giusta.-
Oh. Era rabbia allora. La sua maestra la conosce meglio di
quanto lei conosca se stessa.
Non può fare a meno di sentirsi stupida.
- Io… ho ancora bisogno di lei…-
Shizune la guarda con compassione. Probabilmente lei e
Tsunade si sono dette tutto quello che dovevano dirsi, oppure, tra loro non c’è
nemmeno bisogno di parole.
-
Shizune, mi aiuti con le suture? –
L’impegnatissima
dottoressa la guarda, leggermente sorpresa.
È da
pochi mesi che studia con il quinto Hokage, e ha paura che la sua prima allieva
l’abbia presa in antipatia.
- Non
hai bisogno di aiuto, ci riuscirai anche senza di me.-
Sakura
abbassa lo sguardo delusa, e continua a lavorare sul pezzo di pollo.
- Più
vicini i punti, a distanza sempre uguale.-
Sta
ancora leggendo una cartella clinica. Sakura sorride.
-
Sakura, apri per favore.-
Tra
tutte le voci, questa è l’unica che abbia il diritto di ricevere le sue
attenzioni.
-
Shizune, ho bisogno di tempo.-
- Ne
abbiamo tutti, ma non andare al suo funerale non servirà a niente.-
-…
non ce la faccio..-
La
voce arriva ancora da dietro la porta ma non sembra voglia spingerla ad aprire.
-
Beh, provaci. È questo che ti ha insegnato.-
Silenzio.
Se n’è andata.
- Voglio che continui in chirurgia generale.-
Non può mica obbiettare, non ora. Addio, cardiochirurgia.
- So che preferisci specializzarti, ma fidati. Te ne
pentiresti e sarebbe uno spreco dedicarti solo ad un settore.-
Si fida. Come potrebbe non farlo?
- Va bene, maestra.-
- Avvicinati.-
La rosa ubbidisce, accostandosi lentamente al lettino.
E, per la prima volta, la sua maestra le prende la mano
con le sue, invitandola a sedersi.
- Non fare quella faccia. Sei una ragazza fortunata, i
tuoi desideri si sono realizzati. Non piangere per una vecchia.-
E allora crolla. La cosa più importante che la sua maestra
le ha trasmesso è la forza d’animo. Ma proprio non ce la fa, nel risentire
quelle parole così simili a quelle della vecchia Chiyo prima di morire, a
trattenere le lacrime traditrici. Forse
tutti i grandi medici muoiono allo stesso modo.
Le gocce salate cadono sulla pelle della sua maestra.
- Maestra io… non ce la f-faccio… ho bisogno di lei per
così tante cose… il villaggio ha bisogno di lei e io ho… non posso…- le parole
corrono su un filo alogico interrotto da singhiozzi violenti, che fanno
scuotere le sue spalle.
Per una volta, la shisho non la rimprovera per la sua
debolezza.
Non sa come trova il coraggio, fatto sta che Sakura,
l’allieva prediletta dell’Hokage, si ritrova tra le braccia della donna che per
lei è come una seconda madre, e che a volte pensa di stimare di più di sua
madre stessa.
E che sta,
lentamente, rispondendo al suo abbraccio, in un movimento goffo ma delicato.
Ancora il pianto non cessa, e un’ultima sorpresa la
attende. Le sta accarezzando i capelli, con un tocco leggero, leggerissimo.
- Ce la fai benissimo. Sakura, io credo in te.-
E lei sgrana gli occhi, fulminata da quelle parole, tanto
che il suo corpo smette di tremare.
Io
credo in te.
Nessuno glielo aveva mai detto.
È sempre stata lei a dover credere negli altri, in Naruto,
in Sasuke, nell’amicizia, nell’amore…
Com’è crudele il destino a volerle togliere una persona così
eccezionale.
Tsunade la risolleva, tenendola per gli avambracci.
- Va a chiamare Naruto, per favore. Ho delle cose da
dirgli.-
Sakura si asciuga le lacrime con la manica e si alza dal
letto.
Arriva alla porta, poi un sospetto atroce la immobilizza
sulla soglia.
- Non è l’ultima volta che…- non riesce a finire la frase,
si blocca nella sua gola.
- Penso di resistere ancora un po’. E adesso va’.-
Bugiarda. Bugiarda.
La sua maestra le ha mentito.
***
Vede Naruto venire verso di lei con una faccia funerea.
Sono tutti nella hall dell’ospedale.
Una rabbia illogica la pervade. Non ha il diritto di
essere triste. E’ la sua maestra, non
di Naruto. L’egoismo di questo pensiero la spaventa.
Si alza e gli va incontro.
- Cosa ti ha detto?-
Naruto la guarda assente. La rabbia le rientra dentro con
prepotenza, ma mantiene l’espressione impassibile mentre Naruto si sforza di
focalizzarla.
- Che le ricordo Jiraya.-
Sakura si gira stizzita, e vede Sasuke appoggiato ad una
parete che la guarda.
Sente che non può più stare lì e sale nel tetto
dell’ospedale.
Stranamente, non c’è nessuno.
Non sa perché, ma quel luogo è diventato una specie di
rifugio per i depressi dell’ospedale.
Sorride al suo nuovo pensiero cinico.
Quel
deficiente di Naruto ha capito solo una cosa del discorso sicuramente lungo
della shisho. Lei gli avrà parlato delle responsabilità da Hokage, del futuro
di Konoha, della guerra… e lui ha capito solo che era il degno erede di quel
maniaco del maestro.
La rabbia, la gelosia e la frustrazione fluiscono nella
sua mente allentando la morsa ferrea del dolore. Per la prima volta, sente di
comprendere vagamente l’odio di Sasuke.
Ma la razionalità torna a tormentarla.
Sa che Naruto ha tutto il diritto di essere triste, sa che
è stato lui, insieme al nobile Jiraya a portarle la mentore a Konoha. Sa che
sicuramente ha capito ogni parola di Tsunade, e che non può dirle tutto il
discorso, come lei non può riferirgli il suo.
Ma sapere queste cose, implica anche sapere che la sua
maestra sta morendo.
E che lei è assolutamente, totalmente inutile.
Non parla, quando sente la voce di Ino che la chiama alle
sue spalle.
Non si muove, mentre sente i suoi passi avvicinarsi.
È rigida, quando l’amica le siede vicino.
Sakura non la guarda, ma sa che ha le lacrime sull’orlo
delle ciglia bionde.
Cerca di articolare qualche parola, Ino, tra i singhiozzi,
e quando non ci riesce le prende la mano.
Lei la ritira e si alza.
Svanisce con calma sotto lo sguardo disperato della sua
amica.
----
Il silenzio, il buio.
La soffocano con lentezza disarmante, lei che è abituata
alla luce, alla vita.
Lei che porta i colori della primavera, dell’albero più
bello di tutti.
Ora è circondata da un colore uniforme.
Il grigio che si insinua anche nel rosa più brillante.
Cerca di non pensare, ma i pensieri le ronzano in testa,
dolorosi.
- Sakura Haruno?-
Questa è una voce sconosciuta.
Barcolla fino alla porta e non vuole nemmeno immaginare il
suo aspetto mentre apre la porta, mostrandosi ad un ignaro postino.
Quello pare un po’ destabilizzato.
- Ha una raccomandata, firmi qui.-
Prende la busta, firma, chiude la porta.
Convocazione
per il testamento del Godaime.
Entra nell’ufficio del notaio con le mani nelle tasche
anteriori della felpona che ha indossato.
Ha i capelli legati e la cera di una che non ha dormito
per giorni. Solo da due.
Non le importa del suo aspetto, neanche quando vede il
notaio in giacca e cravatta, Shizune in tailleur e Naruto… persino Naruto è più
elegante del solito.
Neanche quando si accorge che Sasuke è appoggiato al muro
dietro la sedia di Naruto.
Non le sarebbe importato neanche se fosse stato un
incontro pubblico alla presenza di tutti i ninja di Konoha, e non la riunione
privata che si sta svolgendo in quel momento.
La guardano, ma non vuole nemmeno classificare i
sentimenti che vede nei loro occhi.
Si siede nella sedia libera.
Un terzo. Un terzo delle ricchezze personali di Tsunade
Senju.
L’assegno le pesa nella tasca e si chiede se anche per
Shizune e Naruto sia così. Si chiede se Shizune ci sia rimasta male ad aver
ricevuto solo un terzo dopo tutti gli anni passati con lei. Si chiede cosa la
sua maestra si aspetterebbe che lei faccia con quei soldi.
Una vetrina attira la sua attenzione.
È un negozio per vestiti, uno dei più prestigiosi di
Konoha.
Si ferma. È entrata lì solo per consigliare Ino. Non ha
mai avuto bisogno di vestiti ricercati, non pensa a truccarsi, farsi bella,
valorizzarsi da… da quando lui se n’è andato da Konoha, realizza d’un tratto.
Logico. Per chi si sarebbe dovuta fare bella? Tacchi,
trucchi, le sembravano cose frivole, adatte a quella ragazzina che non voleva
più essere. Tre anni della sua vita erano passati mentre lei era concentrata
solo sul suo obiettivo. Era stato naturale preferire i vestiti comodi, persino
la minigonna non aveva nulla di particolare: l’ospedale era stata la sua
seconda casa e il camice la sua seconda pelle; non aveva sentito la mancanza
della sua femminilità. E ora… perché le ritornavano in mente le parole della
shisho?
Entrò nel negozio.
Domani. Il funerale è domani.
Non ci andrà. Non
ne è capace. È stanca di fare finta di essere forte.
Lei non lo è, e la prova è che senza Tsunade si sente
completamente allo sbando.
Perché non riesce a reagire? Sa che gli altri si aspettano
qualcosa da lei, sa che il suo lutto non è paragonabile a quelli dei suoi
compagni, che ha ancora tante persone che rappresentano un punto di riferimento
per lei, un rifugio sicuro, persone che le vogliono bene.
Lo sa, ma non riesce a pensarci. Sente che il suo sguardo
è distante, che il verde degli occhi è opaco, che il corpo è immobile.
Sasuke guarda la finestra della casa. Entrare da lì non è
un problema.
L’alba proietta i suoi raggi rosei sulla parete
dell’abitazione della persona che, nonostante non riesce ad accettare questo
pensiero, lo sta facendo vagamente preoccupare.
Nessuno meglio di lui sa cos’è il lutto.
E non minimizza nemmeno il dolore che Sakura dovrebbe
provare. Il dolore è dolore, non si può giudicare né misurare.
E lei non è abituata a questo tipo di dolore, non per una
persona tanto vicina.
Sasuke lo sa. Ed è per questo che si preoccupa per la
mancanza di lacrime, per la mancanza di risposte alla Yamanaka, per la freddezza
persino con Naruto, che di solito guarda con affetto anche quando lo picchia.
Non è una reazione da Sakura, tenersi tutto dentro.
Lei sprizza vita e sentimenti da tutti i pori, lei è i sentimenti.
Di qualsiasi genere: gioia, malinconia, rabbia, odio,
preoccupazione, compassione, il suo viso non ha mai avuto segreti per lui, e
solo un’idiota come Sai poteva non accorgersi di un suo sorriso finto, come gli
hanno detto. Lui l’avrebbe smascherata in un attimo.
Per questo il fastidio è stato grande, quando non ha
saputo vedere niente dietro i suoi occhi mentre tornava dal colloquio con la
maestra. Ha solo potuto intuire i suoi sentimenti, ma non li ha colti. Lei non
metteva barriere tra sestessa e il mondo, mai. Era lui quello che aveva dovuto
imparare a costruirsi un solido muro contro la realtà. Lei è sempre stata in
vitale contatto con la realtà, non ha mai voluto fuggirla; non quando lui se
n’è andato, non quando ha dovuto affrontare gli orrori della guerra.
Si intrufola nella casa, senza preoccuparsi di fare
rumore. Sakura riconoscerebbe comunque il suo chakra.
Deve spostare le tende per entrare.
La casa, infatti, è tutta in penombra, dominata da un
grigio uniforme che spegne i colori vivaci che Sakura aveva voluto donarle.
Il silenzio è stagnante. Per un attimo si chiede se dorma
ancora, ma in un secondo realizza che è
sdraiata sul divano, un braccio a coprire gli occhi, immobile.
Appena lo sente, si alza quanto basta per girarsi ma ha lo
sguardo vuoto quando lo riconosce, l’apatia le intacca pure i lineamenti.
Il leggero stupore fugge via rapido dal viso.
Si distende nuovamente, prima di chiedergli fiocamente:-
Che ci fai qui?-
Sasuke non risponde,
si avvicina piano.
Vede appoggiato alla poltrona un tailleur, elegantissimo,
nero, dei collant scuri su un bracciolo, uno strano cappello sull’altro e, sul
pavimento, delle scarpe di vernice nere con tacchi vertiginosi, eleganti anche
quelle. Vicino la poltrona, un sacchetto dall’aria costosa e sofisticata, che
doveva aver contenuto tutto quell’armamentario.
Allora vuole andarci,
a quel funerale.
Sakura è sorpresa, ma per una volta Sasuke non è il suo
pensiero preminente. Si accorge di non aver pensato a lui, in quegli ultimi
giorni, o meglio, di non aver pensato ossessivamente a lui.
- Credi che risolverai qualcosa, non venendo al funerale?-
Zitto.
Per una volta non voglio ascoltarti.
- Alzati, andiamo.-
Un moto di rabbia la fa effettivamente mettere seduta.
- Chi ti ha chiesto niente, Sasuke? Solo tu puoi fare il
depresso? O sei venuto a dirmi quanto sono noiosa e prevedibile?... non mi
interessa, non voglio… andare…-
L’impeto iniziale è risucchiato dall’apatia, che le fa
portare lo sguardo dal viso di Sasuke al pavimento, opacizzandosi sempre di
più.
E rimane così, seduta con le mani in grembo e
completamente immersa nei suoi ragionamenti nascosti e labirintici, ancora più
assente di prima.
Sasuke prende la giacca del tailleur e la poggia sullo
schienale del divano.
Poi si china su di lei, e comincia ad abbassare la
cerniera della sua maglietta rossa.
Nessuna reazione.
Le sfila lentamente il capo, mentre le membra di lei lo
seguono, docili e inermi.
Le prende l’orlo della maglia metallica, scrutando intanto
il suo volto in attesa di qualche rimprovero, di qualche brusco ceffone. Che
non arriva.
Sente leggermente una punta di imbarazzo, che comunque non
si palesa assolutamnte all’esterno, quando, facendole alzare le braccia per
sfilarle l’indumento, scopre prima la pancia piatta, poi il reggiseno della
kunoichi. Ma la situazione è così seria, che è presto accantonato. Sakura
continua a guardare il vuoto.
Allora le infila dalla testa il top di pizzo, che allaccia
dietro il collo.
Si abbassa, ed esita un secondo prima di sfilarle, con
difficoltà, la minigonna.
Interiormente, è stupito, no, oltremodo stupito, dal fatto
che Sakura ancora non reagisca, non si opponga al suo tentativo. Si chiede se
sia successo qualcosa che non sa.
-
Sakura?-
Perché
tutti hanno deciso di venirle a rompere le scatole?
Decide
di ignorarlo. Ha comprato quel dannato completo, non sa bene che farci, ma
forse, se ha trovato la forza di entrare in quel negozio, può davvero farcela,
può permettersi di andare al funerale con la speranza di non crollare del
tutto.
I
colpi sulla porta si fanno insistenti. Naruto ha le mani pesanti e anche se non
volesse potrebbe sfondargli la porta con un pugno se ha deciso di insistere. E
lei sa che è utopico pensare che lui si arrenda davanti a qualcosa.
Va ad
aprirgli, cercando di trovare la forza per apparire irritata come realmente si
sente.
Ma il
volto di Naruto è preoccupato, e lei capisce di assomigliare più ad uno zombie
che ad un essere umano.
Lo fa
entrare e lo guarda mentre fissa il pavimento, senza il coraggio di guardarla.
-
Sakura… io… mi dispiace, non avrei dovuto… forse ho fatto male a dirti solo
quelle cose all’ospedale, avrei dovuto seguirti ma… stavo male anche io e
davvero non ce la facevo a…-
- Non
ti devi scusare, Naruto, io non ho chiesto niente.-
Naruto
alza di scatto la testa.
- Non
è questo il punto! Sono il tuo migliore amico, avrei dovuto prendermi cura di
te! –
-
…Lascia stare-
-
Picchiami.-
Sakura
lo guarda, la mano ancora sulla maniglia della porta chiusa.
-
Come, scusa?-
-
Picchiami, sfogati, prendimi a pugni, ma ti prego, ti prego, non… fare così!
Non essere così…fredda, maledizione, sembri un robot! In quell’ufficio non ti
riconoscevo! Stai facendo preoccupare tutti senza motivo e…-
Sente
qualcosa salire e stavolta la riconosce subito. Sente la rabbia montare,
Sakura, contro quel ragazzo che si merita solo affetto e ammirazione da lei.
-… E
Sasuke? Sasuke lo può fare il robot?-
- Che
stai dicendo che c’entra Sas-
-
Sasuke può fare il freddo, no? Nessuno gli dice niente! Quando io ho bisogno di
solitudine, di stare da sola, mi becco la predica perché sto facendo penare
tutti quanti!-
La
rabbia si libera, fluida, dopo che è stata trattenuta per giorni dentro di lei.
- Non
ho bisogno di voi, non voglio picchiarti perché non me ne frega un cazzo di
te!-
E
Naruto sussulta. Ha sentito troppe volte questa frase dal suo migliore amico,
non può sopportare che anche lei gli parli così. Non può.
Sakura
non si ferma, ma perlomeno dice qualcosa, perlomeno mostra una reazione.
- Non
volevo rimproverarti, ero venuto solo..-
- Per
cosa, Naruto? Volevi salvarmi con i tuoi discorsi sull’amicizia? Lo sai, sono
sempre stati molto ispirati, quando erano rivolti a Sasuke! Ma non stai
parlando con lui adesso. Tsunade è morta Naruto, è morta! E io sono stanca di
dovervi sempre aspettare, non sono forte né virtuosa come lei! Io sono egoista
Naruto – no, non interrompermi! – sono una debole che non riesce ad andare al
funerale della sua maestra e che è stanca di vedervi fingere che vi importa
qualcosa di lei!-
-
Come puoi dire cose del genere? Io mi ammazzerei per te, sei la persona più
importante per me insieme a Sasuke e lo sai benissimo!-
La risata quasi isterica di Sakura lo spaventa.
- Io?
Importante quanto Sasuke? Naruto, ma ti ascolti quando parli? Se lui mi
uccidesse tu non faresti niente, tu lo perdoneresti! Se per caso io fossi
riuscita a ucciderlo, non mi avresti rivolto la parola per tutta la vita!
Quindi per favore, smettila di dire cazzate.-
- Sei
meschina.-
Naruto
si arrende. Non sa trattare con una Sakura così diversa. Non in quel momento,
dopo aver detto addio ad una delle persone che per prime avevano riconosciuto
il suo valore, ad una delle persone che avevano costituito un punto di
riferimento, un modello da seguire.
Il labbro
di Sakura trema.
-
Fuori da casa mia.- Apre la porta e la tiene.
Naruto
si avvia verso la soglia, per poi fermarsi al limitare dell’uscio.
- So
esattamente quello che stai provando, e sai perché. Solo, ritorna in te il più
presto possibile, mi scoccia quando i miei migliori amici vanno fuori di
testa.-
E sparisce.
Sakura
chiude la porta e scivola con la schiena su di questa fino a raggiungere il
pavimento, squassata dai singhiozzi.
Sasuke le stava sfilando la gonna. Questa consapevolezza
arrivò attutita alla sua coscienza.
Vede i movimenti, ma è intorpidita. Pensa a Naruto, a
quanto è stata stronza, a quanto l’ha ferito, a Ino, a Shizune, al funerale, a
Tsunade, a Tsunade; e questi pensieri soffocano tutti gli altri, non riesce a
fare nient’altro che pensare convulsamente, dolorosamente.
Le dita di Sasuke le sfiorano le cosce candide mentre le
tolgono l’indumento.
Sakura lo guarda, focalizzandolo lentamente, come se lo
vedesse per la prima volta.
Si rende vagamente conto che non dovrebbe lasciarglielo
fare, che dovrebbe allontanarlo per preservare quel po’ di dignità che le
resta.
Eppure in quel momento non gli importa un cazzo della sua
dignità, della sua pudicizia.
C’è Sasuke, e lei che arriva ad un altro livello. È sempre
stato così con Sasuke. Lei che lo scopre a livelli, andando ogni volta un po’
più in fondo.
Prima è partita dai bellissimi lineamenti, ne ha divorato
i dettagli con gli occhi fino a conoscere ogni più piccola increspatura del
viso; poi ha visto la rabbia che gli attanagliava le viscere, ed è rimasta
sconvolta dalla potenza dell’odio; poi ha cercato di andare più in fondo, ha
visto l’amore incondizionato per la sua famiglia.
Ora, pensa di vedere l’ultimo livello, l’ultimo pezzo del
puzzle. Ora vede il dolore.
E non perché Sasuke le mostra una faccia intristita o lei
si accorge della sua malinconia da qualche ruga sulla fronte. No, Sasuke è lo
stesso.
È lei che è cambiata. Lei che ha provato, non capito, ma provato quel tipo di dolore.
E si chiede come deve essere stato, per un bambino di
sette anni, provare quel dolore che lei fatica a sorreggere da diciannovenne,
moltiplicato cento volte, e senza il sostegno di sapere, anche inconsciamente,
di avere ancora delle persone su cui contare.
E ora, quel ragazzo, quell’uomo maturato, la sta vestendo
come si fa con una bambola, le sta chiedendo di risalire dal baratro di
disperazione di cui lui conosce tutti gli angoli più nascosti, le sta sbattendo
in faccia la verità – come ha fatto Naruto, come hanno fatto tutti – che lei è
egoista, arrogante e vittimista.
E lei lo lascia fare, gli permette costringerla a mettere
quegli abiti che le sembravano urticanti, gli permette di farla mettere in
piedi per tirare su la gonna nera ed elegante, che le fascia le gambe fino al
ginocchio.
Poi, arriva finalmente ad una decisione. Tutti i tasselli
del puzzle sono andati a posto e lei si rende conto, accetta, che la sua maestra è morta.
La consapevolezza la squarcia e quasi trattiene il
respiro.
Ma di fronte a lei c’è il petto caldo di Sasuke, che ha
già capito che qualcosa è cambiato, e non si sottrae alle sue mani che si
aggrappano al suo kimono, alle sue lacrime che bagnano la stoffa bianca, alla
sua fronte che si appoggia contro i suoi pettorali.
Non la abbraccia, né la respinge, ma restano così per lungo
tempo.
Finchè, i singhiozzi di Sakura si fanno meno violenti, e
allora Sasuke appoggia le sue mani sulle braccia di Sakura e la scosta
leggermente da sé.
Lei alza gli occhi e incontra i suoi.
- G-Grazie…- gli dice cercando di tenere il labbro fermo.
Sasuke la fissa intensamente.
- Finisci di prepararti, ti aspetto al funerale.-
Si assicura che lei annuisca, prima di girarsi e uscire,
dalla porta questa volta.
Sakura rimane sola e guarda le scarpe costose.
L’afa di Konoha ha deciso di dare una tregua agli
abitanti, come se pure lei rispettasse il sommo rito che si sta svolgendo tra
le mura del villaggio.
I ninja sono infagottati nel loro abito da funerale nero,
mentre i civili, per lo più nelle file posteriori, guardano con tristezza la
bara del loro ultimo Hokage, posta sopra dei gradini.
Molti shinobi sono sconvolti: non sono abituati al fatto
che una malattia possa portare via uno dei migliori. Non hanno armi contro
queste eventualità.
Sasuke è in prima fila, insieme a Naruto, e si chiede se
Sakura abbia trovato la forza.
A un tratto, il ministrante chiede, come di rito, se le
persone più prossime vogliano lasciare un ultimo saluto alla defunta.
È Naruto il primo a salire i gradini e lasciare
un’orchidea, appoggiandola alla bara.
Si sofferma un attimo, e a tutti viene alla mente il
pensiero che quello potrebbe essere un saluto da Hokage a Hokage. Di sicuro,
non si vede tutti i giorni un titano chinarsi di fronte ad un’anima simile.
È la volta di Shizune, accompagnata da Ino, che quasi la
sorregge.
Poi Kakashi, i jonin, gli altri ragazzi, molti shinobi,
qualche civile.
Sembra che una ragazza dai capelli castani sia l’ultima,
ma ad un certo punto si sente un rumore di passi, un rumore di tacchi sulla
strada.
La folla si scinde automaticamente, e Sasuke la vede.
E la vedono Naruto, Ino, Shizune e tutti gli altri.
Sakura si erge con le spalle dritte contro l’aria fredda
della giornata.
Non ha il vestito da funerale tipico dei ninja.
Porta un completo nero femminile, da donna.
Le calze velate nere spariscono sotto le decolté raffinate
e alte, molto alte.
Il tailleur le cade elegante sulle forme, risaltando la
bellezza del suo corpo, ma nessuno ha il tempo di soffermarsi su questo, perché
sono tutti catturati dal suo sguardo, dalla sua presenza.
I capelli sono trattenuti indietro da un cappellino, anch’esso
nero ed elegante, che le fa ricadere una rada retina sugli occhi, che però
sembrano risaltare ancora di più, con quel verde primavera che non ammette
nessuna ombra.
È quasi regale il suo passo, quando attraversa la folla. E
sembra una regina ferita, quando sfiora con le dita la superficie del legno
della bara, e lascia un fiore di loto su di essa.
Il dolore è evidente a tutti, ma la dignità che mostra fa
sovrapporre quell’immagine alla figura dell’altra donna, quella che li ha
lasciati, e di cui Sakura sembra rappresentare l’eredità.
Sasuke non le scolla gli occhi di dosso, ma in lui non c’è
l’emozione che sta turbando tutti. Lui si sente quasi… orgoglioso di Sakura, per il fatto che abbia trovato la forza.
Non sorride, ma mentre la guarda scendere dalle scale,
pensa che non ha mai conosciuto o visto una donna così, a parte sua madre.
La guarda di sottecchi mentre si posiziona tra loro due,
stringendo per un breve ma intenso attimo la mano di Naruto, che ricambia con
calore, e guardandolo seria attraverso la retina, per poi riportare gli occhi
verso la bara.
Pensa che sia l’unica donna degna.
- Madamigella Tsunade, lei è fiera di me?-
- Ma che domande sono? Solo perché hai battuto Sasori, ora
ti monti la testa?-
Sakura ride.
- Ha ragione, oggi sono un po’ su di giri.-
Saltella via prima che possa rispondere, e raggiunge
allegra un Naruto festante come lei.
Tsunade sorride. Che
sciocca.