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Autore: Mela and Polly    02/03/2012    20 recensioni
John “Three Backstage Pass” Watson è un modello costretto ad abbandonare il proprio lavoro dopo una dolorosa caduta da un paio di Armadillos firmate McQueen.
Per superare lo shock post-traumatico cerca di scrivere un blog sulla propria vita da comune mortale, ma fallisce, piombando nella depressione più profonda e ritrovandosi a indossare maglioni di lana tremendamente indie e bluse a quadri degne del peggiore degli Hipsters.
Tutta la sua vita sembra sfilacciarsi tragicamente, come un abito ultra cheap Made in China.
Ma poi incontra lui, Sherlock Holmes.
Professione? Fashion Detective: the only one in the world.
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fashion Detective, the only one in the world.




John “Three Backstage Pass” Watson è un modello costretto ad abbandonare il proprio lavoro dopo una dolorosa caduta da un paio di Armadillos firmate McQueen.
Per superare lo shock post-traumatico cerca di scrivere un blog sulla propria vita da comune mortale, ma fallisce, piombando nella depressione più profonda e ritrovandosi a indossare maglioni di lana tremendamente indie e bluse a quadri degne del peggiore degli Hipsters.
Tutta la sua vita sembra sfilacciarsi tragicamente, come un abito ultra cheap Made in China.
Ma poi incontra lui, Sherlock Holmes.
Professione? Fashion Detective: the only one in the world.










~Uno studio in Raso



Lo ricordava come se fosse accaduto ieri, John. L'accecante baluginio dei flash fotografici, il bianco alone dell'occhio di bue puntato su di lui e su di lui soltanto, i quaranta metri di passerella da percorrere con la grazia di un fenicottero del Borneo Sudequatoriale, Anna Wintour e Franca Sozzani in front row ad ammirare il suo défilé.
Stralci d'immagini vivide quanto dolorose colpivano la sua mente ogni volta che chiudeva gli occhi nell'inutile tentativo di prendere sonno, tingendo i suoi incubi di
greige e tortora, taupe e belje, particulière, tangerine e tanti altri colori in quel momento tristemente passati di moda.
Poi ancora ricordi, come scene sconnesse di un film indipendente: un giovane modello con ai piedi un magnifico paio di Armadillos in vera pelle di Drago di Komodo, un penetrante crampo al polpaccio, l'incespicare del suo passo sicuro e leggiadro e... la caduta.
A quel punto dell'incubo John si risvegliava sudato, sconvolto e sofferente.
No, checché ne dicesse la sua terapeuta, non sarebbe mai riuscito a superare l'umiliante fine della sua splendente carriera.
Lui, John “Three Backstage Pass” Watson, aveva un'unica ragione di vita:
la moda.

“Non hai scritto ancora nulla?”
La psicoterapeuta lo fissava con insistenza, beatamente inconsapevole di indossare una blusa che sarebbe stata fuori moda perfino nel duemiladieci, aspettando da lui una risposta.
“No” rispose John, per nulla incline al dialogo.
La donna aggrottò la fronte e scarabocchiò qualcosa sulla sua agenda – chiaramente non una Moleskine.
“Hai deciso il nome? Hai dato un titolo al tuo blog, almeno?” lo incalzò, sperando di ottenere più che risposte monosillabiche.
John distolse lo sguardo, nel tentativo di celare la profonda sofferenza che lo attanagliava. Era successo proprio quella mattina, dopo l'ennesimo incubo a base di tomaie e tacchi a spillo: aveva trovato un nome perfetto per il suo blog, o almeno così credeva. Aveva acceso il proprio MacBook e aperto WordPress, finalmente deciso a creare quel maledetto diario; sotto alla dicitura titolo aveva digitato quello che riteneva essere una delle catchphrase migliori dell'universo e aveva atteso, atteso e atteso nuovamente migliaia millesimi di secondo per ottenere l'approvazione.
Poi, la disperazione: il dominio “The Fashion Kitten” era già in uso. Aveva pianto per ore prima di superare lo shock.
“N-no, non ho ancora un nome per il blog” riuscì a balbettare, nonostante la voce, sopraffatta dal dolore, gli morisse in gola dopo ogni parola. “The... The Fashion Kitten era già occupato” aggiunse successivamente, sentendo gli occhi diventare lucidi.
La donna-dall'orribile-blusa annuì comprensiva.
“Sei stato coraggioso ad ammetterlo. So quanto può essere dolorosa questa esperienza, ma sono qui per aiutarti a superarla. Insieme ce la possiamo fare, John, credimi” lo consolò.
Dopo un attimo di silenzio l'uomo si alzò di scatto, assai più rapidamente di quanto i suoi skinny jeans sembrassero permettere.
“No, questo... questo è più di quanto una persona alla moda possa sopportare!” mormorò ferito. “Era già in uso. Già in uso.” ripeté, abbassando le palpebre per contenere tutto il dolore che lo attraversava, poi con gesti decisi si drappeggiò la sciarpa vintage attorno al collo e lasciò lo studio.


***


L'uomo lacerò l'involucro di cellophane del lavasecco con un gesto deciso.
"Quant'è vecchio?" domandò alla ragazzina, arricciando il naso in una malcelata smorfia di disgusto.
Molly si morse nervosamente il labbro.
"P...Primavera
-Estate 2011" disse lisciandosi nervosamente la coda di cavallo che profumava di Sunsilk-lisci-effetto-seta. "Non ho saputo trovare di meglio."
Sherlock sospirò.
"Va bene. Possiamo iniziare con la macchina da cucire." Il rumore secco della macchina da cucire riempiva la sartoria, un rumore che suonava come TATA TAPATATA TAPATAPATA, ma anche come TAPATAPATÀ TAPATÌ TÀ.
Molly vedeva l'ombra di Sherlock proiettata sul muro, le dita abili che lavoravano veloci, così simile a come, sin da bambina, si era sempre immaginata il Fantasma dell'Opera.
“Ma siamo a Milano” si corresse mentalmente “Forse dovrei pensare a lui come al Fantasma della Scala”.
Avanzò timidamente verso l'uomo.
Com'era affascinante, Sherlock Holmes!
I riccioli bruni, frutto di molteplici permanenti eseguite dagli hair stylist di Coppola, lassù all'ultimo piano della Rinascente, si stagliavano contro la pelle eburnea del suo volto, resa liscia e luminosa dallo scrub al miele della sera precedente. La sartina si fece coraggio. “Non può dirmi di no, questa volta.” pensò.
“Ho mandato LOVE seguito da IL MIO NOME seguito da IL SUO NOME al Love Calculator. La nostra percentuale di affinità è più alta del solito, questa settimana. È un buon segno. Coraggio, Molly Hooper” Si schiarì delicatamente la voce per richiamare l'attenzione del detective. L'uomo alzò lo sguardo dal minidress che stava rendendo, senza tanti complimenti, a brandelli.
“Sì, Molly?” la ragazza prese un profondo respiro. “Mi chiedevo se dopo, una volta finito qui in sartoria... Mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè più tardi.”
“Liscio, al ginseng. Mi mantiene attivo e mi aiuta a bruciare più in fretta le calorie della lattuga senza condimento che mi sono concesso per pranzo tre giorni fa. Niente zucchero, ovviamente. Mi troverai al piano di sopra.” fu la risposta laconica del detective.
Molly lo seguì con lo sguardo mentre si dirigeva all'appendiabiti e si riappropriava del suo cappotto Belstaff e della sua sciarpa vintage Paul Smith.
“La prossima volta andrà meglio, Molly” sussurrò a se stessa.



***



Aveva bisogno di una tisana calmante agli estratti naturali di frutta, pensò mentre percorreva le trafficate vie di Milano. Aveva
decisamente bisogno di una tisana calmante agli estratti naturali di frutta.
“Ehi, stai un po' attento!” berciò verso l'uomo che l'aveva appena urtato.
“John?! John Watson, l'astro nascente dell'alta moda maschile!?” domandò questo, non appena scorse la sua morbida chioma bionda. “Stamford! Sono Mike Stamford, sfilavamo insieme per la Élite Models.”
Il volte di John si illuminò.
“Sì, certo, mi ricordo di te. Ermenegildo Zegna Autunno/Inverno 2005, vero?” gli chiese, pur conoscendo già la risposta.
“Già” rispose Mike gioviale. “Ma è comprensibile che tu non mi abbia riconosciuto subito: sono ingrassato di ben sette etti da allora. Figuriamoci, ho dovuto allargare tutti i miei vestiti di un millimetro virgola tre... sto proprio invecchiando!”
John sorrise. In effetti le guance del vecchio amico avevano un aspetto meno scavato del solito, gli anni passati e i sette etti di grasso non erano stati clementi con lui.
“Beh, ti va un MocaCioccoLatte Dietetico senza caffeina, senza cioccolato e senza latte? Ho sentito che da Arnold's lo preparano in modo di-vi-no” propose Mike, ansioso di ingurgitare le quattro agognate calorie del MocaCioccoLatte Dietetico. John non poté declinare.
“Ho sentito del tuo piccolo incidente, quello alla settimana della moda di Parigi. Cosa è successo?” indagò Stamford, una volta che entrambi ebbero tra le mani l'enorme bicchiere di carta pieno di liquido bollente e assolutamente sugar free.
“Ho avuto un... piccolo incidente” disse, calibrando bene ogni parola.
“Capisco.”
“E tu, Mike? Lavori ancora per la Élite Models?” domandò John, desideroso di distogliere l'attenzione dal proprio problema.
“Ora faccio il manager. Ci sono un sacco di giovani aggraziati e affascinanti, proprio come eravamo noi una volta. Dio, quanto li detesto!”
“Già, maledetti pseudo-alternativi!” rise John.
“E adesso? Cosa pensi di fare? Hai intenzione di rimanere in città?”
Il biondo impallidì.
“Scherzi, vero? Sono un modello in pensione e Milano è una città talmente costosa! Insomma, lo so che avere una gelateria Vegan-Fruttariana sotto casa è indispensabile, però temo di dover rinunciare a queste forme basilari di civiltà e trasferirmi. Ho sentito dire che nell'hinterland non hanno caffetterie d'asporto, né boutique d'abiti vintage. Sarà dura!”
“Oh. My. God. Sembra terribile!” esclamò Mike, sinceramente terrorizzato. “Amico, devi trovarti un coinquilino, è vitale!”
“Andiamo, sono un modello in pensione, estremamente ordinato, silenzioso, bellissimo, educato e alla moda. Chi mi vorrebbe mai come coinquilino?” rispose John, cercando di farlo ragionare.
“Sai una cosa? Non sei il primo che me lo dice, oggi”.
“...Conosci un altro modello in pensione estremamente ordinato, silenzioso, bellissimo, educato e alla moda in cerca di un coinquilino?” chiede il biondo, stupito.
“Aspetta e vedrai, mio caro, aspetta e vedrai!”


***



L'atelier era deserto, non fosse stato per la figura longilinea ed efebica che se ne stava davanti allo specchio, intenta ad applicarsi delle ciglia finte tempestate di zirconi.
Lo sconosciuto non sembrò sorpreso del loro arrivo. Sembrava che si aspettasse la loro visita, così come ci si aspetta il prepotente -e oramai quasi stucchevole- ritorno del nero nelle collezioni invernali.
“Mike, mi presti il tuo iPad? Il mio è scarico” d
omandò, tendendo una mano elegante e dalle unghie perfettamente curate verso di loro.
“Perché non usi il laptop?” replicò l'amico.
Il ragazzo sbuffò sonoramente, con aria d'impazienza. “...cielo, Mike. Sei giurassico.”
“Mi dispiace, temo di averlo dimenticato al brunch macrobiotico di questa mattina con gli altri manager.” L'imbarazzo dell'uomo era più che evidente. Imbarazzo per la dimenticanza, o per qualcosa di ben più difficile da confessare? “Ma non credo me lo abbiano portato via. Voglio dire, è un...” Sembrò esitare, soppesando con cautela le proprie parole. “Un iPad, non un iPad 2. Chi mai lo vorrebbe? Se vuoi te lo vado a prendere...”
John si sentì raggelare. Mike Stamford, Mike Stamford che suggeriva di utilizzare un volgarissimo laptop, e che confessava -cielo! Così spudoratamente!- di non essere in possesso del gadget hi-tec più cool del momento?! Che ne era stato del vecchio Mike “Oh-so-damn-cool” Stamford?
Era come se tutte le sue certezze fossero crollate.
“Può usare il mio.” si offrì, più per togliere l'amico dall'imbarazzo che per mera filantropia.
Mike parve apprezzare il gesto.
“Lui è un vecchio amico, John Watson.” annunciò, dandosi un'aria importante.
Lo sconosciuto sollevò a malapena gli occhi dalle sue cuticole.
“...Parigi o Milano?” domandò con fare annoiato.
John sussultò, sperando di aver capito male.
“Come scusi?”
“Dove è successo? A Parigi o a Milano?” ripeté il ragazzo, spazientito.
Vennero interrotti dall'arrivo di una giovinetta scialba, con un metro da sarta annodato attorno al collo.
“Che sia una nuova tendenza?” si domandò John, frastornato.
“Ah, Molly col mio ginseng, grazie!” esclamò l'androgino sconosciuto. “Che è successo al rossetto, gioia?”
La ragazza arrossì violentemente.
“L'ho... L'ho cambiato. Era una nuance troppo intensa per il mio incarnato.” pigolò con voce flebile.
L'uomo la squadrò con compassione.
“Davvero? Secondo me era un gran passo in avanti. Ora il segno della matita per il contorno delle labbra è troppo netto. Fa così anni novanta, Molly.”
Il rossore sulle guance della ragazza raggiunse una insolita tonalità amaranto (“Siamo in autunno” -si disse John “Che razza di guance si tingono d'amaranto in autunno? Dovrebbero virare verso il rosso melograno, come minimo, per non essere considerate di cattivo gusto.”). Con un'ultima occhiata nervosa all'uomo a cui aveva portato il caffè, la giovane si dileguò.
“Le dà fastidio il pilates?” La domanda dello sconosciuto colse nuovamente John alla sprovvista.
“Come, scusi?”
“Quando rifletto faccio pilates, e, a volte, non assumo carboidrati per giorni. Le darebbe fastidio? I possibili coinquilini dovrebbero conoscere i loro difetti.”
Il mondo stava iniziando a girare un po' troppo velocemente per i gusti di John.
“Hai...hai fatto del gossip su di me, Mike?” domandò sconvolto all'amico.
Stamford sfoderò un sorriso divertito. “Nemmeno una parola, John. Non un tweet. Nulla.”
Il ragazzo si intromise.
“Sono stato io a dire a Mike questa mattina che mi serviva un coinquilino. Sa, sono un personaggio difficile da gestire, soprattutto in periodo di saldi. E ora eccolo qui, di ritorno da un MocaCioccoLatte da Arnold's assieme a un vecchio compagno di passerella che ha dovuto prematuramente abbandonare le sfilate, dopo una poco signorile caduta avvenuta a Parigi. Non è così difficile da capire.”
“Come fa a sapere di Parigi?” chiese John, che nel frattempo si stava domandando se stava scontando in quel momento surreale tutti gli eccessi della propria gioventù vissuta tra i party e i club più esclusivi della Milano da bere.
L'altro non lo filò di striscio. “Ho messo gli occhi su un loft in via Montenapoleone che è l'amore. Dovremmo essere in grado di permettercelo. Ci incontreremo lì domani sera, giusto prima dell'happy hour.” Si infilò il cappotto di ottima fattura, e si annodò una sciarpa vintage al collo.
“Scusatemi ma sono di fretta, ho dimenticato i miei cartamodelli in sartoria.”
“...tutto qui?” John non sapeva se sentirsi più sconvolto o più irritato. Non doveva irritarsi. Quando si irritava contraeva eccessivamente i muscoli del viso, e poi doveva spendere una fortuna in antirughe.
“Prego?”
“Ci siamo appena conosciuti e già si parla di condividere un loft... arredato da chissà chi, poi.” affermò John, con una punta di panico. Non avrebbe mai abitato in un posto che non fosse stato progettato da un interior desingner di fama nazionale.
“Problemi, gioia?”
“Non sappiamo nulla l'uno dell'altro. Non so dove ci dovremmo incontrare, non conosco il suo nome, né la sua professione, né chi è il suo estetista o che marca di smalto ha usato per la french manicure.”
“So che lei è un ex modello in pensione, azzoppatosi cadendo da delle Armadillos durante la Settimana della Moda di Parigi. Ha un fratello che si preoccupa per lei, ma non vuole chiedergli aiuto perché non lo approva, forse a causa della sua insana passione per gli stivali da cowboy a punta decorati con fiamme e teschi, o più probabilmente perché di recente ha indossato una maglia Monella Vagabonda. E so che il suo terapista pensa che la sua imitazione di Zoolander sia psicosomatica, e credo abbia perfettamente ragione. Penso che possa bastare, no?
Il mio nome è Sherlock Holmes, e il mio indirizzo è 221B, Via Montenapoleone. Kisses.”











Mela&Polly
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