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Autore: yeahbuddie    04/03/2012    8 recensioni
Vi è mai capitato di perdere qualcuno di caro?
Ma soprattutto, vi è mai capitato di perdere qualcuno ed essere completamente soli?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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a lei, la donna della mia vita.
e a lui, Jojy.



Mancavano solo dieci minuti all’atterraggio, e come ero solita fare quando ero nervosa, iniziai a picchiettare insistentemente con le dita sul bracciolo del mio sedile.
Accanto a me sedeva scomodamente un uomo piuttosto robusto, che era partito per la tangenziale non appena aveva messo il culo sul sedile, iniziando anche a russare. Non ne potevo più, ma ero uscita da casa in fretta e furia, e per un’ora di volo non pensavo mi sarebbe servito il mio iPod, cosa che però si era rivelata sbagliata, come sempre.
Quando finalmente l’aereo atterrò, mi precipitai fuori, facendomi spazio tra la gente in fila davanti a me, prendendo per sbaglio a gomitate qualcuno che emise strani grugniti. Non ci feci molto caso, avevo poco tempo e se avessi perso quell’occasione, me ne sarei pentita per tutta la vita.
Scesi velocemente gli scalini dell’aereo, ringraziando la fretta per non avermi fatto portare dietro valigie ingombranti o zainetti scomodi che ti scendono dalla spalla ogni millisecondo.
Non ero una credente, in quanto non andavo mai in chiesa né avevo fatto la Cresima, eppure mi ritrovai a pregare Dio che quel ragazzo fosse lì. Che fosse in quell’aeroporto, a pochi metri da me, e dopo aver percorso in lungo e in largo tutto l’aeroporto fino ad arrivare al parcheggio, notai una cresta nera tra la poca folla, accanto a due corpi enormi che dovevano essere le guardie del corpo.
Non avevo mai fatto educazione fisica e in quel preciso momento me ne pentii, ma misi ugualmente tutta la forza che le mie gambe mi permettevano di avere, per correre e raggiungere Zayn prima che arrivasse alla sua auto. Sperai vivamente che le guardie del corpo non mi fucilassero o mi buttassero a terra con qualche mossa di wrestling, ma quando fui a pochi centimetri da quella persona che per me era tutto, rimasi sorpresa quanto loro due – e Zayn compreso – del fatto che non mi avessero sentita arrivare.
Non che avessi lanciato un grido di battaglia come succede nei film, o che fossi inciampata rotolando fino a casa mia, ma per il mio non-allenamento nella corsa, era una cosa abbastanza sorprendente.
Quando mi trovai a pochi centimetri da Zayn, riuscii a fermarmi in tempo, e prima che le guardie del corpo capirono quel che stava succedendo, abbracciai Zayn quasi con un salto, stringendolo mentre le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento cominciavano a scendere lentamente sulla sua spalla.
Lo sentii dubitare per un momento, e poi muovere un braccio come per fare un cenno alle due guardie, per poi ricambiare il mio abbraccio lentamente.
Lo strinsi ancora di più, e lui fece lo stesso con me. Agli occhi di chiunque sarebbe sembrata una scena stupida, ma per me non lo era. Forse era la cosa più bella che avessi mai visto, che avessi mai provato, perciò volevo godermela più che potevo, anche se non era quello il motivo della mia “visita”.
Era strano però che lui, Zayn, il ragazzo timido nelle interviste e che faceva sempre fatica ad aprirsi, ricambiava l’abbraccio con quella facilità. Forse aveva semplicemente bisogno di quello, di un abbraccio caloroso, e forse ne aveva così bisogno in quel momento che lo accettava anche da persone sconosciute come me, o meglio, anche da delle fan, come me.
 Fatto sta, che non accennò a staccarsi, ed io che avevo aspettato e desiderato quell’abbraccio per mesi, feci lo stesso, continuando a piangere.
Sicuramente ripensandoci più avanti l’avrei trovata una cosa stupida, piangere intendo, ma non potevo controllare le mie emozioni, non in quel momento. Non quando avevo quel che io chiamavo “idolo” davanti, che ricambiava il mio abbraccio.
Passarono pochi minuti, e lentamente riuscii a staccarmi, anche se di malavoglia. Lo guardai negli occhi che avevo amato sin dal primo momento in cui l’avevo visto, quegli occhi color miele che mi avevano stregata, e che in quel momento erano lucidi, in preda ad un pianto che sarebbe arrivato di lì a poco.
Nelle ultime due ore avevo immaginato Zayn piangere milioni di volte, in milioni di modi diversi, eppure nessuno si era avvicinato a quel che avevo ora davanti. Non stava piangendo esteriormente, ma lo faceva dentro, e nonostante avessi sempre pensato che io e lui fossimo ben diversi, in quel momento eravamo molto più che simili.
Fissai quegli occhi per quel che parve un’eternità, mentre lui fissava i miei di un colore orribile tra il mogano e il castano, finché io non mi decisi a parlare, anche se balbettando.
«Mi.. mi dispiace essere piombata qui così.. cioè mi dispiace di averti spaventato, forse, ma ero di corsa,» presi un breve respiro, e poi continuai senza fermarmi. «E avevo paura di non riuscire ad incontrarti e dirti tutto ciò dato che sei di fretta e che ti staranno aspettando, forse anche in ansia, ma non potevo fare a meno di salire su quell’aereo e venire fin qui, anche se questo non era esattamente il discorso che mi ero preparata, o forse dovrei dire che non mi ero preparata.» Iniziai a gesticolare, sentendomi una fuggitiva di un manicomio, e notai un accenno di un sorriso nei suoi occhi ancora lucidi. «Fatto sta che nonostante non avessi neanche un mezzo, sono riuscita a farmi accompagnare in aeroporto da un’anima pia che si è fermata al mio autostop, e dopo aver praticamente pregato una stupidissima hostess di farmi superare la fila per non perdere il volo, sono arrivata fin qui, sperando di trovarti anche se ero sicura al novantanove per cento che quella stupida pagina di Twitter non mentisse riguardo al tuo arrivo» buttai fuori l’aria che avevo inspirato poco prima, prendendo di nuovo fiato per poi ricominciare col mio stupido, stupidissimo monologo. «E quindi eccomi qui, dopo un ora di volo accanto ad un uomo che mi era praticamente sdraiato sopra mentre faceva i versi di qualsiasi animale esistente e non, ma eccomi qui, per te, nonostante tu non sappia chi sono né ti interessa, e nonostante io sia sicura che in questo momento non hai capito niente di quel che ho detto, ma non importa, perché sei qui. Finalmente sei qui.»
Zayn sorrise, trattenendo forse una risata, e mentalmente mi dissi tutti gli insulti e le parolacce esistenti, in quanto la mia stupidità aveva preso il sopravvento di nuovo.
«Voglio dire, io sono qui, da casa mia, cioè..» Continuai come una stupida, ma per fortuna lui mi interruppe con un cenno della mano, sorridendo ancora.
Non potevo crederci, mi stava rivolgendo uno di quei sorrisi per cui morivo da mesi, per cui piangevo e per cui affrontavo ogni stupida e inutile giornata della mia stupida e inutile vita.
«Calmati.» Disse semplicemente, poggiandomi una mano – la sua mano – sulla spalla. «E prendi un bel respiro. Ho seguito parola per parola quel che hai detto, anche se non ho capito da dov’è che vieni..» Chiuse un po’ i suoi meravigliosi occhi, come era solito fare quando pensava, per poi aggiungere: «E perché sei qui.», con tono curioso e altrettanto confuso.
«Italia. Vengo dall’Italia, e sono qui per..» M’interruppe di nuovo, per fortuna o forse no.
«Cosa? Aspetta, sei seria? Voglio dire, sei venuta fin dall’Italia, affrontando tutto quel che hai detto poco fa, per cosa poi?»
«Per te.» Risposi sinceramente, calmandomi del tutto e guardandolo dritto nelle iridi, che diventavano di un bellissimo color nocciola man mano che la luce cambiava.
«Per me?» Chiese sorpreso ma allo stesso tempo meravigliato, forse un po’ felice.
«Sì, voglio dire..»
«Aspetta.» Per la terza volta in quei dieci minuti più belli della mia vita, mi interruppe, ma non mi arrabbiai come facevo di solito con chi osava farlo, non solo perché era il ragazzo che avevo sempre sognato di incontrare ad averlo fatto, ma perché in quella situazione gli avrei permesso di fare qualsiasi cosa, anche prendermi a insulti, o a schiaffi.
«Sali in macchina, ti do un passaggio così nel frattempo mi racconti.» Aprì lo sportello della macchina nera e lussuosa, ma io non accennai ad entrare. «Dov’è che devi andare?» Continuò poi.
«Da nessuna parte veramente.. Cioè, non ho prenotato un albergo o ho la fortuna di avere dei parenti qui. Sono venuta semplicemente per fare e dire quel che ho fatto poco fa, e ora dovrei ripartire..»
Forse ero stata una stupida a non preoccuparmi di cercarmi un posto dove stare, lo ammetto, ma come ho già detto, avevo fatto tutto in fretta e oltretutto.. i miei non ne sapevano nulla. Avevo detto loro che stavo uscendo con i soliti coglioni che io chiamo amici, ma tutto avevo fatto meno che quello. Avevo prenotato i biglietti all’istante, andata e ritorno, e avevo pianificato tutto quel che avrei fatto una volta atterrata a Londra. Certo, forse il discorso che avevo fatto poco prima non era come mi ero aspettata che fosse, ma almeno ero riuscita a spiccicare parola invece che morire sul colpo o scoppiare a ridere come avevo sempre immaginato che sarebbe stata la mia reazione non appena l’avessi incontrato.  Ero stata coraggiosa, in un certo senso, ma stupida per aver fatto quel che avevo fatto. Partire senza avvisare nessuno, senza soldi né qualcuno che mi accompagnasse, e soprattutto partire senza sapere se sarei riuscita o no nella mia impresa.
Non appena avevo saputo del lutto in famiglia di Zayn - ovviamente tramite quello stupido social network su cui stavo fissata per ore aspettando che lui o uno degli altri ragazzi si connettesse – avevo preso la decisione di prendere e partire, appena dopo aver letto la conferma che Zayn sarebbe tornato a casa sua, dalla sua famiglia.
Avevo letto che i ragazzi, soprattutto Liam, sarebbero voluti andare con lui, ma non potevano abbandonare il tour, e nonostante sia Zayn che gli altri sapevano che le fan – noi fan – c’eravamo, volevo dimostrarglielo non da dietro uno stupidissimo pc. Era sicuramente la cosa più insensata che avessi mai fatto, ma ne era valsa la pena, e sarebbe stato lo stesso anche se fossi riuscita a vederlo da lontano.
Avevo sempre visto Zayn in foto e video, e da mesi a quella parte avevo sognato e desiderato ardentemente di riuscire a vederlo un giorno, magari anche di abbracciarlo o di scambiarci due parole, nonostante sapessi dell’imbarazzo che calava su di me quando avevo davanti qualcuno che mi piaceva. Sì, era quel che veniva chiamato “amore platonico” forse, ma non m’importava. C’era Zayn davanti a me in quel momento, il ragazzo che era riuscito a farmi innamorare solo guardandolo negli occhi, e volevo godermi quegli ultimi minuti con lui, dato che non l’avrei mai più rivisto in carne ed ossa.
«Devi ripartire di già?» Chiese di nuovo confuso, per poi sbarrare pian piano gli occhi, allargando anche la bocca. Se non l’avesse avuta attaccata al resto della faccia, probabilmente la mascella gli sarebbe caduta.
«Stai dicendo che quindi sei venuta qui, affrontando tutto ciò solo per potermi abbracciare?»
Annuii, ma tentai comunque di spiegarmi meglio per non sembrare una delle solite fan fuori di testa.
«Non è proprio così, in realtà sono venuta per aiutarti.. Nel senso di conforto, intendo.» Lui parve non capire, e non lo biasimai in quanto non avevo capito un’acca di quel che avevo detto da quando avevo aperto bocca per parlare con lui. «Sono venuta qui per starti accanto, ecco.»
Zayn tornò alla normalità (ovvero richiuse occhi e bocca) e vidi quasi apparire una lampadina accanto alla sua testa, come succedeva nei cartoni animati.
«Ho capito allora.» Confermò, per poi facendo cenno alle guardie di salire in macchina. «Avanti, sali.» Mi sorrise, aprendo di più la portiera per farmi entrare.
Lo guardai confusa, molto confusa, ma nonostante non lo conoscessi davvero mi fidavo di lui ciecamente, così salii sull’auto lussuosa, che partì all’istante. Non sapevo dove stessimo andando, ma non m’importava. Ero con Zayn, lo avevo accanto a me dopo che avevo ardentemente desiderato di vederlo anche solo da lontano, per mesi, lo avevo accanto a me. E mi sarei goduta quel momento senza rovinarlo con qualche gaffe o battuta squallida delle mie. Fu lui infatti ad interrompere quel momento di imbarazzante silenzio – almeno per me.
«Spiegami bene, cos’è che ci fai qui? Da dov’è che vieni esattamente?»
«Da Roma, e ti ho spiegato prima perché sono qui..» Certo, non era stata un granché come spiegazione, ma era già tanto che fossi riuscita a spiccicare parola davanti a lui. Oltretutto, ero lì per un motivo strano e forse stupido, e se gli avessi davvero spiegato per filo e per segno il motivo della mia pazzia, sarebbe scoppiato a ridere o mi avrebbe fatta rinchiudere in un manicomio. O forse avrebbe fatto entrambe, in quest’ordine.
Lui non batté ciglio, ancora in attesa di una risposta concreta, così sbuffai, e voltandomi verso il finestrino cominciai il nuovo monologo, che comprendeva non solo brutti ricordi, ma anche lacrime, parecchie. Avrei dovuto esternare i miei sentimenti, e non era una cosa che facevo spesso, anzi, non accadeva mai, soprattutto con chi non conoscevo. Certo, sapevo tutto su quel bellissimo ragazzo dagli occhi color miele e la pelle ambrata, ma lui non sapeva nulla di me.. Se mi avesse presa per l’ennesima fan-ragazzina?
Nonostante i miei pensieri stupidi e fuori di testa, cominciai a parlare, guardando fuori dal finestrino oscurato per non dover affrontare i suoi occhi così magnetici per me.
«Esattamente un anno fa, è morta mia nonna, la mia ultima nonna.» Cominciai, tentando con tutte le mie forze di non scoppiare a piangere, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di scendere da quando ero tornata mentalmente a quel giorno, di un anno prima. «Lei era la nonna perfetta, voglio dire, era di quelle nonne che accompagnavano i propri nipoti a scuola, che li ricompensavano con della cioccolata quando facevano qualcosa di giusto e anche di sbagliato. Era una di quelle nonne che c’erano sempre, ed è stata lei a crescermi, in un certo senso.» Sospirai, e poi ripresi, attendendo le fitte al cuore che mi prendevano ogni volta che pensavo a lei. «C’è sempre stata per me, andavamo d’accordo su tutto e scherzavamo come se fossimo state amiche, ma poi è arrivato quel giorno, quel maledetto giorno che se l’è portata via.» Sentii la mia guancia destra bagnarsi, e abbassai lo sguardo sulle mie mani attorcigliate per non dover affrontare il mio riflesso nel vetro scuro. «E’ successo tutto talmente in fretta che non ho avuto nemmeno il tempo di salutarla, di dirle che le volevo bene.. Ma la cosa più brutta era che ho dovuto affrontare tutto quello da sola.» Mi voltai un attimo verso di lui, sperando che non si fosse addormentato o non fosse saltato fuori dall’auto in corsa per non dover ascoltare il mio discorso strappalacrime, ma lui era rimasto dov’era, tenendo lo sguardo basso come me poco prima. «Sì, la mia famiglia c’era, ma era distrutta, completamente distrutta dal dolore, ed io avevo bisogno di qualcuno accanto a me, che mi tenesse la mano durante le mie crisi isteriche e che mi dava una spalla su cui piangere, ma quella persona non c’era.» Ormai le lacrime avevano fatto il loro corso, bagnandomi completamente le guance, mentre Zayn per fortuna teneva ancora il viso basso.
Mi voltai di nuovo verso il finestrino, ma ormai il dolore era arrivato fin nelle mie corde vocali, per cui non ci voleva un genio per sapere che Zayn – e molto probabilmente anche le guardie del corpo – aveva notato la mia voce rotta. «Sai,» continuai «Io non sono il tipo di persona che si apre facilmente, anzi direi che non lo faccio proprio, e su questo lato ci somigliamo.» Lo guardai di nuovo, mentre lui si voltò verso di me, con uno sguardo che non gli avevo mai visto, forse un misto tra tristezza e compassione, o forse no.
«E’ vero, non ti conosco come i tuoi amici, come la tua famiglia. Non ti conosco come Liam, Louis, Harry e Niall, ma ho imparato a conoscerti anche solo attraverso un computer, ed è per questo che sono qui. E’ per questo che ho preso quell’aereo senza dir niente a nessuno, ed è per questo che sono seduta qui a raccontarti tutto ciò, è perché tengo a te, Zayn.» Mi fermai per un attimo, ma ripresi a parlare prima che lo facesse lui. «Sì, lo so, sono una fan come tante altre, ma non è questo che importa. Sono qui per fare quel che nessuno ha fatto con me quando una delle persone più importanti della mia vita se n’è andata. Sono qui per aiutarti, per darti quella spalla su cui piangere e sono qui per essere quella persona con cui non servono parole. Sono qui per farti star bene, Zayn, e per farti sorridere.» Abbassai di nuovo lo sguardo, sorridendo amaramente, in imbarazzo. «Sai, c’è chi muore per quel sorriso.»
Avevo già dimenticato anche la penultima frase che avevo appena detto, ma Zayn non doveva aver fatto lo stesso dato il modo in cui mi guardava. Non disse niente, forse perché non ne poteva più dei miei discorsi stupidi, o perché il mio monologo aveva fatto così pena che stava tentando con tutte le forze di non scoppiare a piangere, o forse, perché eravamo semplicemente arrivati.
La macchina si fermò, e mentre Zayn scese velocemente, una delle guardie del corpo aprì il mio sportello, tenendolo aperto con gentilezza finché non scesi dal veicolo.
Mi guardai intorno, ma non avevo la minima idea di dove potessimo essere. Era un quartiere di quelli residenziali e in stile inglese – non per niente eravamo in Inghilterra – e la macchina si era fermata davanti ad una delle villette del quartiere, una casa grande e composta da mattoni blu, che veniva completata da un tetto a spiovente,  di un grigio chiaro.
Era la solita casa inglese, ma per la seconda volta in quella pazza giornata mi ritrovai a pregare Dio. A pregarlo che non fosse quella casa, quella della sua famiglia.
Zayn era accanto alla macchina, intento a parlare di chissà cosa con la guardia che era scesa, mentre io camminai fino a fermarmi davanti al vialetto della casa. Attraverso le tende chiare delle finestre, chiaramente illuminate dalle luci interiori, si potevano scorgere delle persone, che dovevano essere i parenti di Zayn, venuti dal Pakistan e da chissà dove, per l’accaduto.
Sentii uno strano calore sulla mia mano sinistra, e quando mi voltai, trovai Zayn, che mi prese per mano, facendomi strada verso l’entrata.
«Che stai facendo?» Chiesi impaurita. Non volevo affrontare tutto quello, non ero “pronta”. Ero lì per Zayn, non per la sua famiglia. Mi avrebbero sicuramente preso per una fan malata, completamente fuori di testa e forse anche per una stalker.
«Non avere paura, avanti.» Zayn cercò di incoraggiarmi, stringendo di più la presa sulla mia mano. Non riuscivo a credere di star avendo quel contatto con lui, eppure era vero, era tutto incredibilmente reale.
«Perché?» Domandai stupidamente, indicando la casa con un cenno del capo.
«Per lo stesso motivo per cui tu sei qui.»
 
 
 
Il funerale dello zio, il signor Jojy, era durato quattro ore o poco più, in quanto molti dei parenti presenti – erano almeno una cinquantina – avevano voluto onorarlo con qualche parola, come fece anche Zayn.
Lo avevo ascoltato come non avevo mai ascoltato nessuno in vita mia, avevo sentito e appreso ogni sua parola, notando subito i suoi occhi lucidi non appena arrivò davanti al leggio col microfono. Era stato coraggioso, era riuscito ad esprimere i suoi sentimenti invece che tenerli per sé, come avevo fatto io l’anno prima, e per tutta la vita.
La sera prima, dopo avermi presentata alla maggior parte dei parenti nonostante parlassero quasi tutti una lingua neanche lontanamente vicina all’inglese, mi aveva accompagnato nella camera in cui era cresciuto, ed avevamo parlato quasi per tutta la notte.
Se l’avessi raccontato in giro, non ci avrebbe creduto nessuno, piuttosto sarebbe stata più credibile la scena del mio rapimento da parte degli alieni. Non mi importava però, non c’era bisogno che qualcuno sapesse di tutto ciò, non lo avevo fatto per farmi “vedere”, ma l’avevo fatto per una delle persone più importanti, che nonostante non avessi mai visto prima d’ora, era riuscita a salvarmi dalla mia quasi depressione nel periodo in cui mia nonna lasciò me e la mia famiglia. Era grazie a lui se riuscivo ancora a sorridere, per cui quel che io avevo fatto aiutando lui, non era niente a confronto di ciò che lui aveva fatto per me.
Dopo aver parlato e pianto per delle ore buone, io ero andata in camera di sua sorella Waliyha, che era stata così gentile da farmi dormire nel vecchio letto della loro sorella più grande, Doniya. Tutta la loro famiglia era stata gentile con me, nonostante fossero in lutto, così dissi a tutti che se mai fossero venuti in Italia, li avrei fatti sentire a casa come loro avevano fatto con me.
Non appena il funerale finì, Zayn mi accompagnò all’aeroporto, ancora in smoking lui e con i vestiti del giorno prima io, e nonostante non volessi più andarmene da.. lui, lo feci sorridendo.
«Non fare mai più una cosa del genere.» Mi disse sorridendo, prima che entrassi nello stretto corridoio che mi avrebbe portata al mio aereo. «Avvisami,» continuò, sorridendo sempre di più per la mia espressione confusa. «La prossima volta che vieni.»
Gli sorrisi anch’io, trovandomi stranamente più a mio agio sotto quello sguardo magnetico, ipnotico. «Lo farò.» Non sapevo se abbracciarlo, se baciarlo sulla guancia o se dovevo semplicemente andarmene, ma per fortuna Zayn captò la mia insicurezza, e mi abbracciò, stringendomi in una morsa da orso, che a quanto avevo sentito era – di solito – tipica di Liam.
Ricambiai l’abbraccio, e quando ci staccammo, sapevo di avere gli occhi lucidi, ma mi costrinsi con tutte le forze a non piangere, non in quel momento. Avrei potuto farlo sull’aereo più tardi magari, o forse no. Perché avrei dovuto poi? Avevo passato il giorno più bello della mia vita, nonostante era stata una giornata triste per tutti, ma io avevo guadagnato la cosa più preziosa al mondo: la sua mano, i suoi abbracci e soprattutto, la sua amicizia.
Lo guardai un’ultima volta, facendogli poi un cenno con la mano per poi voltarmi verso il corridoio.
«Sai,» quasi urlò, facendomi voltare verso di lui, immobile dove l’avevo lasciato un secondo prima. «Sbagliavi ieri. Sei la miglior fan che si possa desiderare.»
Sorrisi a quella frase, e lui ricambiò, facendomi un cenno con la testa e regalandomi il sorriso più bello del mondo.
 

***

Ehilà. So che fa davvero ma davvero schifo, ma non lo so, stamattina l’ho sognata in un certo senso, e ho dovuto scriverla subito. Avevo immaginato/sognato qualche scena in più in realtà, ma credo sia già abbastanza lunga (più di quel che dovrebbe) per essere una one-shot, per cui non ho potuto far altro che scrivere questa schifezza.
Tutto ciò che è successo qui è vero, o meglio, quel che è successo al personaggio femminile (che sì, qui sarei io) e a quello maschile (Zayn) è vero, ma la storia della fan che va fin lì solo per aiutarlo purtroppo non lo è, anche se non sapete quanto cazzo avrei voluto prendere un fottutissimo aereo e fare tutto ciò, anche se è una pazzia bella e buona. Ma per Zayn farei davvero di tutto, e dopo quel che è successo due giorni fa, non voglio vederlo star male, perché so che si prova a perdere qualcuno di importante (come potete aver letto..) per cui ecco, non lo so. Non so che dire riguardo alla one-shot, perché come ho già detto fa schifo, soprattutto perché non ho roba di fantasia ma sono cose reali, per cui non so se riuscirete a capirla fino in fondo, o se riuscirete ad impersonarvi nei personaggi (suona male, ma fa niente). Spero comunque che se siete arrivati fino a leggere to myspace orrendo, lasciate una recensione, anche di due parole, giusto per farmi sapere che avete letto tutto questo obbrobrio, o per dirmi che vi è piaciuta/non vi è piaciuta/vi ha fatto piangere/vi ha fatto vomitare il pranzo della settimana prossima o non so che altro. Mi sto rendendo conto che il myspace qui sta diventando più lungo della one shot, per cui me ne vado, sì °-° e ripeto ancora che so che fa schifo, ma non so perché qualcosa mi ha spinto a scrivere tutto ciò e a caricarlo qui, per cui, ‘enjoy’. :)
   
 
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