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Autore: DanP    06/03/2012    4 recensioni
Spartacus Vengeance {Agron/Nasir}
"Non guardarmi in quel modo, so che l'hai fatto, tu sei così. Sin dal primo momento sei stato una fidata guida per me solo, con tuo fratello doveva essere lo stesso."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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NdA: Questa fic è stata scritta durante la prima comparsa di Nasir in Spartacus Vengeance, e ha continuato a svilupparsi, un po' anche per conto suo, fino alla quinta puntata (per chi lo segue in lingua originale sa dove voglio andare a parare) che mi ha dato finalmente un punto fisso nel quale credere che questi due siano destinati a stare assieme nel telefilm e non solo nell'assurdità delle mie farneticazioni da fanwriter! Oh yeah!
Chiunque abbia una cotta per questi due adorabili amanti, enjoy!

 

The Gladiator and the little dog.

 

Una fottuta situazione senza via d'uscita ecco cos'era.
Lui che ostentava la sua virilità come fosse uno stramaledetto Dio di qualche bordello romano -che poi romano non era e pregava gli Dei solo in situazioni disperate- ora aveva una nuova bega per la testa.
Oltre certo al mettere un po' di sale in zucca, e magari aggiungerci qualche pugno dritto allo stomaco, al loro salvatore, il Portatore delle piogge, il Campione di Capua e blablabla, se solo il Pretore fosse stato a conoscenza dell'eccessiva bontà d'animo del trace a quest'ora il corpo di Spartacus avrebbe fatto ben sfoggio di sé nelle piazze cittadine, impiccato ad un palo o mozzato a metà e sparso nelle polveri delle strade.
Dopo il fortuito intervento per salvare la fanciulla di Crisso dalle miniere che, manco a dirlo, era stato ricompensato con la cattura dello stesso dai soldati romani, di cui il sottosuolo era gremito come le fosse di formiche che da bambino, con l'aiuto del fratello, inondava d'acqua e stava fermo a fissare mentre gli abitanti indesiderati venivano vomitati fuori, a zampe all'aria, in preda all'agonia. Il bastardo trace, con sguardo fiero e indomito, aveva preso a latrare ordini a destra e a manca che suonavano come condanne a sorti ben peggiori delle stesse miniere.

Risultava stonato persino per le sue orecchie assecondare i comandi di una tale testa calda, anche se Spartacus aveva dato prova di non essere pronto a morire, che fosse per desiderio degli Dei o per semplice cocciutaggine, Agron non era ancora venuto a capo della questione o forse nemmeno gli riguardava. Tutto sommato lo riempiva d'orgoglio starsene lì, al fianco dell'uccisore di Theokoles, fiducioso che lo considerassi un suo pari, nonostante di vittorie nell'arena lui ne avesse calcate ben poche, ma quando poteva averne il tempo? Se l'unico interesse fino a qualche mese prima -strano come il tempo trascorresse nonostante tutto- era stato proteggere Duro fino alla morte, ma la morte non era stata quella sperata.
Ed ora era un subordinato dell'uomo più ricercato di Roma, il braccio destro, il consigliere e fidato amico. Non più un animale alla mercé di un Domino o soldati o venditori di schiavi.
In catene o nella polvere che fosse, in ginocchio di fronte ad un Padrone pronto a sborsare qualche moneta per accaparrarsi un po' di carne da macello, in bui cunicoli a contendersi uno spazio per vivere e fuggire allo sguardo indiscreto di spie del Legato, aveva sperimentato le situazioni più violente e tragiche e crudeli, eppure nulla come quella libertà poteva essere più soddisfacente.
Mai però, nei suoi più ambiti desideri di uomo, avrebbe sperato di trovare qualcos'altro per cui combattere, un genere di ristoro per il sensi, ma soprattutto per il suo cuore infranto che nascondeva sotto la sua ironia pungente e la maschera di sprezzo del pericolo.
Un sentimento che complicava la situazione assurda nel quale si trovavano tutti i suoi compagni fuggitivi e si celava in una villa nell'aperta campagna, incrostata di vizi e ricchezze senza più un padrone, se non una manciata di folli comandata da un ancora più integerrimo pazzo.

Gladiatori, schiave, servi. E poi c'era lui.
Una specie di animaletto silente, dall'aria addomesticata, che covava negli occhi una luce di ribellione e rivalsa. Una pelle color caramello fuso, liscia, definita, soda, senza l'ombra di una cicatrice, la pelle di un ragazzo imberbe temprato più dai gusti del proprio Domino che non dal campo di battaglia che un'arena, con dei veri combattenti, non l'aveva vista e non l'avrebbe veduta mai.
Quello era la sua nuova preoccupazione. Sembrava che qualcuno lassù lo stesse costringendo ad interpretare nuovamente la parte del protettore, del fratello maggiore e l'ultima volta non era finita così bene dal voler ritentare l'esperienza.

⊰ ⊱

Agron gettò il gladio a terra.
La lama incrostata di sangue e senza filo che rifletteva l'ambiente circostante, spoglio e polveroso, lasciato incustodito per mesi. Il loro istinto di sopravvivenza, -il suo più che quello del loro insperato leader- li stava obbligando a spostarsi da una zona all'altra nei dintorni di Napoli, come animaletti in cerca di un rifugio sicuro dall'infida mano dei romani.
Quell'ombra che li seguiva come una piaga era stata defraudata di una piccola rivincita, un fascio di luce in tempi troppo bui per orientarsi, che aveva visto cadere come un labile castello di stoffa, l'Arena, quella in cui aveva fieramente combattuto al fianco dei suoi fratelli e di Duro.
Darla in pasto alle fiamme, durante l'esecuzione scampata dei propri compagni e farla in barba a quella nullità di Glabro, aveva scatenato un'ebrezza comune nelle file amiche ma non era riuscito minimamente a scalfire né l'interesse di Spartacus né il suo, a quanto pareva, visto il suo timore nelle ripercussioni di ciò che era accaduto.
Mentre la domus depredata veniva scossa dagli ululati di vittoria dei Gladiatori, decise per una volta che avrebbe lasciato le celebrazioni ad altri, mentre lui, rintanato in un'angusta stanza che probabilmente era stata adibita all'uso per la servitù, contemplava con lo sguardo rivolto verso l'alto le travi sfondate, inframmezzate dal cielo stellato.
Mentre cercava un minuto di silenzio e solitudine, era stato tormentato da ricordi che credeva sepolti per sempre. La ricerca della propria libertà, che una volta avrebbe condiviso con quella persona e che gli era stata negata per così tanto tempo, lo aveva spinto ad allontanarsi da tutto e tutti.
E forse non era il solo sconfortato da pensieri cupi, rifletté, posando il suo sguardo su quello del ragazzo appoggiato allo stipite della porta, come se avesse bisogno di un ulteriore sostegno o non vi fosse nessun'altra ancora di salvezza alla quale aggrapparsi.

Nasir lo guardava come un cagnetto sperduto, incerto se muovere i pochi passi che lo separavano dal guardingo ospite della stanza, eppure quegli occhi nascondevano una tale intensità e purezza di spirito da lasciarlo costantemente basito. Audace, sfrontato, curioso, il ragazzo era tutto questo e ancora di più, un guerriero nato che stava finalmente uscendo dalla crisalide che fino a quel momento gli aveva impedito di trasformarsi in un uomo capace di difendersi dalle avversità.
La vita lo aveva quasi abbandonato in uno scontro ai piedi del Vesuvio, per salvare quella di Naevia eppure ora stava lì, pronto a qualsiasi altra sfida gli si fosse parata di fronte.
Agron sentì fiorire un sentimento di orgoglio nel sostenere lo sguardo del giovane siriano che comunque, se ne rimaneva sulla porta, come se non volesse irrompere in uno spazio che temeva non gli appartenesse.
-Hai intenzione di entrare o temi che ti mangi?- oh, l'avrebbe mangiato ben volentieri, il piccoletto, divorandolo lentamente boccone dopo boccone, notte dopo notte.
Nasir mandò un piccolo gemito offeso, scuotendo la testa e procedendo finalmente a passo serrato fino a trovarsi di fronte al guerriero, più rilassato e consapevole che Agron avrebbe accettato la sua presenza in qualsiasi tipo di situazione. La verità era che il Gladiatore avrebbe preferito non perderlo mai di vista, nemmeno per un istante e questo il ragazzino l'avrebbe compreso, presto o tardi.
Nasir appoggiò il carico che portava e si inginocchiò disinteressatamente di fronte all'altro, bagnando una pezza consunta d'acqua e approcciandosi verso i muscoli ancora intrisi di sangue nemico del Gladiatore.


-Che...che stai facendo, cosetto?- puntò un'occhiata incuriosita e guardinga all'ospite.
-Mi curo di te.- Nasir l'aveva detto come fosse stata la cosa più semplice al mondo, non sapendo che mai qualcuno si era preso il disturbo di interessarsi alla sua persona, non nel modo in cui il ragazzo faceva, amorevole e curiosamente intenso.
-Ah, mi lusinghi omuncolo ma non vorrei che poi ti mettessi a mordere.- deciso a porre fine a quella strana, imbarazzante, poco chiara situazione ritornò ad usare la sua solita maschera di cinismo e ilarità. Non era a suo agio in contesti simili, sembrava che fosse il cagnetto a condurre il gioco e lui di certo non aveva mai provato la sensazione di essere in qualche modo sottomesso alle attenzioni che il siriano nutriva verso di lui.
-Non mordo, promesso.- rispose il giovane, la mano ancora tesa tra di loro, con lo straccio che gocciolava a terra e si mescolava alla polvere e ai cocci rotti.
Con un'ultima, solenne occhiataccia Agron scostò lo sguardo, come fosse un invito a continuare e il piccoletto fu ben felice di accontentarlo.

-Perchè mi hai baciato?- non erano passati che pochi secondi da quando l'ex schiavo aveva diligentemente iniziato a detergergli le spalle, che fino a qualche ora prima erano coperte dalla pesante armatura dei soldati a servizio del Pretore, e Agron aveva pensato in diverse occasioni di fermarlo, ma quella mano -Dei, quella mano- quelle dita morbide e affusolate che lo sfioravano da sopra la pezza ora sporca del sangue romano e del suo, quella carezza era stato un tormento e un conforto allo stesso tempo, una tentazione troppo forte per essere interrotta.
La creatura che si trovava di fronte a lui e che in qualche modo, senza nemmeno che se ne rendesse conto, gli aveva distanziato le ginocchia finendo inevitabilmente tra le sue cosce, era di una bellezza senza eguali.
Dalla sua agiata posizione riusciva a scorgere a malapena gli occhi scuri di Nasir, ombreggiati da ciglia finissime e morbide, e sapendo che se l'altro si fosse arrischiato ad alzare lo sguardo, Agron ne sarebbe rimasto vittima come un ratto alla vista di una serpe, si passò una mano tra i capelli, un gesto che faceva in continuazione ma che non abbandonava, nemmeno ora che le sue dita incontravano solo il rigido taglio anonimo. L'atto si perse nella curva del collo nudo fino al materasso di fortuna, chiazzato di vecchiume e solitudine.
Come si perse pure la risposta alla quale Agron si rifiutò di dare voce.

Nasir si rassegnò a quel silenzio, lasciando cadere la questione solo per spostarsi su argomenti ancora più insidiosi.
-Parlami di tuo fratello...- chiese, quasi timoroso, con una voce così sottile che si perse nell'accento di terre straniere.
-E' nato, è vissuto, è morto.- secco, didascalico, non una traccia di vittimismo eppure...
-Per causa mia. Per proteggermi.- l'aveva detto, ecco fatto. Vuotare il sacco era fuori questione ed invece ora si presentava questo giovane estraneo e lui gli apriva il cuore come non aveva mai fatto con nessun altro.
-Come tu avrai certamente fatto con lui, ogni giorno.- e fece inaspettatamente quello che Agron aveva temuto fino a quel momento. Alzò lo sguardo, serio e fiducioso, deciso a venire a capo della scomoda domanda che aveva posto istanti prima.
-Non guardarmi in quel modo, so che l'hai fatto, tu sei così. Sin dal primo momento sei stato una fidata guida per me solo, con tuo fratello doveva essere lo stesso.-
-Tu non sei lui.- obiettò Agron, la vita quasi offuscata da tutto quel sentimentalismo.

-Anch'io morirei per proteggerti.-
-Non sai quel che dici...- la sua mano si poggiò leggera come una piuma su quella di Nasir, gli occhi che fiammeggiavano di incomprensione. -Meriti qualcosa di meglio che fare una fine simile. Abbi un cazzo di istinto di sopravvivenza, per gli Dei.-
Nasir si sporse in avanti, aggrappandosi alle sue spalle e arrivando fin quasi a toccargli le labbra, il suo respiro a pochi centimetri da quelle.

-Perché mi hai baciato?- ripeté di nuovo, piano, come stesse parlando con un fanciullo stordito. Agron sbuffò contrariato.
-Sei un rompicoglioni incredibile.- proseguì, trovando appoggio nel calore che gli infondeva il corpicino dell'altro, quasi avvinghiato al suo nel disperato tentativo di non lasciarlo andare, né con la mente né con il fisico.
-...e mi ricordi lui.- si prese qualche secondo per venir sommerso dalle immagini della sua infanzia, condivise con quel fratello che non avrebbe lasciato andare nemmeno in punto di morte, quando gli Dei avrebbero reclamato una buona volta la sua anima, dalla lama di un cane di Roma o da quella di un suo stesso compagno d'armi, non era dato saperlo.
-No, non è vero, non gli somigli per niente.- rilasciò in un sospiro contrariato. Duro era una testa calda, un impulsivo figlio di buona donna che non temeva di finire a terra mille volte, perché sapeva per certo che si sarebbe rialzato ancora e ancora, Nasir d'altro canto era un'anima candida e imperturbabile e, a confronto con la propria, credeva di essere lui ora, il mulo testardo, desideroso di lanciarsi nella mischia.
-Avresti mai baciato tuo fratello?- gli chiese in un sussurro, mentre nella mente gli scorrevano forse le sensazioni che quel leggero e inaspettato contatto tra le loro labbra gli aveva scatenato.
-No, non così...motivo per cui l'ho fatto con te.- non aveva senso, ma in quel momento, di fronte a tutti, gli era sembrato semplicemente giusto. Dopo il pensiero di averlo perso per sempre, sapere che poteva ancora stringere quella pelle morbida e calda lo rinfrancava fin dentro l'animo.

-Morirei per te...- gli ricordò il ragazzo, le mani che gli si chiudevano attorno alle guance, come a voler mantenere stabile e fisso il loro sguardo, anche se l'unica cosa che stava fissando era la bocca di Agron, dove andarono a condensarsi le sue parole e il suo respiro, poco più che un un sussurro impercettibile.
-...e morirei per avere ancora solo un bacio.-
-Oh.- il suo nutrito complesso di parole terminò lì, lui che era un gran intenditore di battute per smorzare qualsiasi tipo di argomentazione scottante, non trovò nulla di meglio da dire.
“Oh” per non aver messo in conto che il cagnolino potesse sfoggiare una simile tattica di controllo, seducente e ipnotica e che stava funzionando fin troppo bene, su di lui.
“Oh” perché non era abituato a sentir professare confessioni del genere, troppo dissimili dagli ambienti malsani e sporchi dei bordelli, per cui la mente o il cuore non avevano alcun valore di commercio.
Ma soprattutto “Oh” perché Nasir, con poche, piccole, parole innocenti, era riuscito a scatenare un inferno di passioni, un uragano impetuoso che alimentava in lui un interesse che si discostava troppo dall'immagine fraterna che si era costruito intorno alla figura del siriano.
Non una frase da un fratello, quando piuttosto dal più amorevole degli amanti.

Attonito, meravigliato e troppo colpito per riuscire a concepire ciò che stava accadendo Agron si ritrovò a sospirare sulle labbra socchiuse di Nasir, sigillate e immobili, che tremavano sulle sue come le ali di una farfalla. Quindi, non era il solo ad aver perso il suo coraggio.
Prima ancora di riuscire a dare una degna risposta a quell'affascinante attacco, il ragazzino partì in ritirata. Le guance in fiamme e il petto che si alzava e abbassava come fosse a corto d'ossigeno.
Quella visione fu abbastanza da mandargli il sangue al cervello, o in altre parti coerenti solo col suo istinto. Afferrò i polsi di Nasir, spaventandolo, facendolo sussultare e mandò al diavolo ogni minimo buonsenso, trascinandolo giù con lui, cadendo sul materasso con un rumore ovattato e uno sbuffo di polvere.
Senza avere più alcuna coscienza di quel che succedeva al di fuori delle mura scricchiolanti, rivolse uno sguardo indulgente -dolce, appassionato, profondo- al fanciullo steso sopra il suo corpo, che si contorceva come un'affabile cucciolo al suo tocco, sgusciando sotto il sottile strato di tessuto delle vesti, che piano piano scivolavano al suolo.
Dentro quella stanza, illuminata dalla pallida luce di alcune torce, esistevano solo loro. Nasir e la sua pelle caldissima, bollente sotto le sue dita che, sapientemente, esploravano la piega delle braccia e su, verso le spalle, il collo, le guance. Il respiro che diventava sempre più affannoso.
Semi sdraiato sul letto di fortuna, con il giovane siriano e i suoi grandi occhi luminosi sgranati a chiedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa, pensò che non potesse esserci momento migliore che quello, nella sua vita, dopo l'immenso vuoto che l'aveva colpito.
I sacrifici erano valsi il cuore pulsante e l'affezione che sentiva nell'aria quando era circondato da lui, quando mente, cuore e corpo del Gladiatore appartenevano a quel piccolo cagnetto randagio. Chiudendo di nuovo gli occhi, pregò che gli Dei gli concedessero un ultimo desiderio, un sogno di una possibile vita, al di fuori dalla loro condizione di fuggitivi, lontano.

Ma per il momento, andava bene anche così, fintanto che fossero rimasti l'uno tra le braccia dell'altro, stretti come se quella fosse la loro ultima notte nel mondo dei vivi.

 

Fine

 

(?) Forse, chissà. I personaggi sono sorprendentemente OOC, ma datemi un po' di credito, mi piace giocare con loro e il loro amore che sta pian piano sbocciando.
Spero che vi sia piaciuta, datemi qualche parere! Bacioni
JZero

 

   
 
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