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Autore: vampiredrug    09/03/2012    7 recensioni
Spoiler per chi non ha ancora visto la settima stagione!
Non è la prima storia che scrivo ma la prima che oso pubblicare. Da grande fan di Supernatural, ho pensato di trasportare l'intensità del rapporto tra Dean e Castiel nella realtà, mettendo Jensen e Misha di fronte ai loro sentimenti.
"Jensen era qualche centimetro più alto di lui, per cui si ritrovò a guardarlo dal basso verso l’alto (come una ragazza, pensò confusamente) mentre rabbrividiva sotto le sue mani, e la cosa gli sembrò… bizzarra. Ma piacevole. Fin troppo."
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FINAL CUT

 

“Eeeeeeeee… stop! Questa era l’ultima, ragazzi, siete stati incredibili! Complimenti a tutti quanti e ci vediamo stasera alla festa della produzione. Ah, e voi due… grandiosa improvvisazione. Un colpo di genio! Genio!”

Il regista lasciò per l’ultima volta la sua poltroncina, mollò gli storyboard su una cassa e, dopo una rapida stiracchiata, si allontanò lentamente con aria compiaciuta, rimuginando tra sé e sé.

Il resto della troupe sciamò via altrettanto lentamente, in silenzio, restio ad abbandonare il set che per tanto tempo aveva associato a “casa”.

Furono i due attori rimasti al centro della scena gli ultimi ad andarsene. Il più alto, dopo un breve tentennamento, schizzò letteralmente via mugugnando, lasciando un uomo dall’impermeabile stazzonato e dallo sguardo smarrito a domandarsi cosa diavolo fosse successo.

 Comincia così questa storia, dalla fine.

 La fine di Supernatural. E non il season finale, ma la fine della serie. Inevitabile come il raffreddore. Perché ogni cosa, anche se bella, deve avere una fine, e ai fratelli Winchester restavano ormai solo Mazinga e i Puffi, da combattere.

 E l’ultima scena, naturalmente, non poteva che essere di Dean.

Dean, lo sbruffone, prevedibile, testardo Dean. Dean il guerriero, il cacciatore leggendario, caduto, segnato nel corpo e nell’anima, in ginocchio nel mezzo di una landa brulla e desolata, sotto la pioggia battente, imprecando contro gli angeli, i leviatani, Dio e chiunque gli venisse in mente.

Volendo, quella sarebbe stata un’ultima immagine grandiosa, ma avrebbe accontentato solo la parte… diciamo più cervellotica dei fan.

Perciò fu la disperazione di Dean, il suo aver sacrificato ogni cosa, che permise alle anime di tutti quelli che aveva amato e perso durante quel lungo cammino di concentrare la loro forza per quel giovane uomo spezzato e fargli un ultimo dono (ok, questa cosa fa un po’ Harry Potter, ma la produzione confidava in un diverso target).

Tra le braccia del ragazzo, prese lentamente forma un angelo, un po’ malconcio in effetti, ma vivo, vivo e reale.

Luminoso come l’alba, Castiel tornò da Dean.

Sul viso del ragazzo passò un arcobaleno di emozioni nello spazio di un secondo: sorpresa, paura, sospetto. Poi riconoscenza, felicità. E amore.

Quell’amore che si rispecchiava anche negli occhi blu dell’angelo, enfatizzati da un primo piano che avrebbe fatto tremare le ginocchia a migliaia di fans.

E infine, dopo quattro anni di tensione neanche troppo dissimulata, dopo centinaia di fanfiction che inneggiavano a quel momento, con il fandom in delirio Destiel, quell’amore si cristallizzò in un lungo, languido, appassionato bacio alla Via col Vento.

Per non farci mancare nulla, uno squarcio si aprì tra le nubi temporalesche, e un singolo, dorato raggio di sole (la luce di Dio?) andò a illuminare il cacciatore circondato dalle ali del suo angelo, mentre l’inquadratura si spostava lentamente a seguire una piuma bianca, che si posava a terra in silenzio (ok, Forrest Gump, ma è un film di tanti anni fa, chi se lo ricorda?).

Fine.

Epico.

L’intera troupe aveva le lacrime agli occhi, perciò doveva essere stato davvero epico!

 

Ma andiamo con ordine…

Misha aveva accettato la proposta della produzione come un regalo di Natale fuori stagione: non gli pareva vero di poter tornare alla sua “famiglia canadese” per l’ultimo episodio della serie, non vedeva l’ora di immergersi ancora una volta nell’atmosfera giocosa che regnava sul set, di riabbracciare quei due metri di coglione di Jared, il ragazzo più gentile del pianeta, e di rivedere Jensen, l’uomo più bello su cui avesse mai posato gli occhi.

In realtà la sua collaborazione alla serie sarebbe dovuta finire con la famosa scena del lago, ma all’occhio attento degli addetti ai lavori non era passato inosservato il tumulto, sul web e alle convention, relativo alla dipartita dell’angelo in trench.

Così l’ultimo episodio era stato, in parte, riscritto e Misha reintegrato.

Reintegrato, ma soprattutto grato, dal momento che sprizzava gioia da ogni poro, all’idea di tornare sul set.

 

 Rivedere Jensen, come aveva temuto, era stato un colpo al cuore. Aveva quasi dimenticato quelle cavolo di labbra che su un uomo erano oltraggiose (per non dire altro), le lentiggini da ragazzino, gli occhi verdi, la schiena ampia. Sì,  quasi.

 “Oh, Cristo, Collins, ti sei completamente bevuto il cervello. Sappilo” pensò Misha, nell’osservare l’amico poco lontano mentre si faceva spettinare ad arte da una delle parrucchiere.

“CosadiavolotiprendeèiltuoamicoJens!” veniva ripetuto come un mantra nella mente del poveretto, ma non c’era nessuna frase in grado di tamponare il tumulto che, strisciando, si era fatta strada nei suoi pensieri.

All’inizio, dopo aver lasciato la serie, credeva fosse solo malinconia dovuta alla mancanza della quotidianità e degli scherzi col suo amico e collega, ma poi, dopo aver constatato che il suo cuore perdeva un battito ogni volta che sul display del cellulare compariva la scritta “Jens” (e che, con le chiamate di Bigfoot Padalecky questo non accadeva), era stato costretto a fare i conti con la realtà: si era preso una cotta pazzesca.

Cotta che, con il passare del tempo, aveva assunto i contorni della disperazione.

Non era il fatto che Jens fosse un uomo a turbarlo, Misha era uno di larghe vedute e senza pregiudizi, quanto piuttosto che l’uomo in questione fosse decisamente etero (insomma, lo era anche lui, in effetti. Bè, prima), decisamente sposato e decisamente suo amico.

Non avrebbe potuto prendersi una sbandata per il postino? Noooooooooooo, solo il meglio per Mr. Collins, niente poco di meno che la sua co-star, nonché personaggio pubblico, nonché oggetto del desiderio delle ragazze di mezzo mondo.

Altro che Supernatural, Mission Impossible sarebbe stato più appropriato. Accidenti a lui.

 

Il regista aveva chiesto inoltre ai due ragazzi di non passare troppo tempo insieme prima delle riprese, in modo da rendere ancora più credibile e intenso il ricongiungimento fra i personaggi .

Così, a parte saluti frettolosi e qualche parola volante scambiata al buffet del catering, non si erano detti nulla di sostanziale, cosa che rendeva Misha nervoso all’inverosimile.

Come se non bastasse, Jensen gli trasmetteva una strana sensazione, non era più lo stesso ragazzone allegro che conosceva da ormai quattro anni, era… distante, quasi scostante. Sembrava che tutta la loro amicizia fosse stata risucchiata in un buco nero di formalità.

Ce l’aveva forse con lui?

Si era forse tradito, fissandolo come un cane bastonato?

Cazzocazzocazzo.

Forse aveva fatto una colossale scemenza ad accettare quella comparsata. Avrebbe dovuto pensarci, avrebbe dovuto capire che rivedere Jens dopo tanto tempo non sarebbe stata una passeggiata.

Che idiota!

Di sicuro, prepararsi a girare una scena intensa come quella del ritorno di Cas in quello stato d’animo non era certo una cosa intelligente da fare, perciò, da professionista qual era, Misha sgomberò la mente dai pensieri negativi per potersi concentrare e calarsi ancora una volta negli stropicciati panni di Castiel.

 

Quando però lo sistemarono – quasi di peso, più arruffato che mai e ricoperto di ferite posticce – in posizione tra le braccia di Jensen, Misha si sentì debole e vulnerabile sul serio.

Erano troppo appiccicati, le sue braccia troppo confortevoli, il suo viso troppo vicino. Merda.

La freddezza percepita prima nell’amico aveva lasciato ora il posto a uno sguardo insolito, indecifrabile, in ogni caso decisamente insostenibile.

Che quello strazio finisse al più presto, così, giusto per conservare un briciolo di sanità mentale! A Misha non sembrava di chiedere poi molto, no?

Calando la voce di alcune ottave fino ad ottenere la “tonalità-Cas”, biascicò la sua unica battuta fissando le iridi verdi a quindici centimetri da lui con crescente nervosismo, poi attese.

Attese che il regista fermasse la scena e lo obbligasse a rifarla, dal momento che era quasi certo di avere uno sguardo ai confini dell’autismo (dov’è l’intensità attoriale, quando ti serve?)… avrebbero dovuto rigirarla 50 volte, poi l’avrebbero mandato via a calci nel culo perché aveva rovinato l’ultimo episodio, perché era un pessimo attore, perché…

Invece nessuno fiatò, compreso Jens/Dean. La sceneggiatura, infatti, pretendeva che l’intero dialogo tra i due si svolgesse semplicemente come un gioco di sguardi, cosa sicuramente più semplice per FacciaDiGommaAckles che per lui, che riteneva ormai di aver raggiunto la fissità di un soprammobile.

FacciaDiGomma stava appunto facendo sfoggio del suo talento, ipnotizzando Misha con quelle dannate sopracciglia, approdando infine ad un’espressione inusuale in Dean, uno sguardo carico d’amore che sembrava quasi… reale.

Accidenti, se era bravo!

Misha a quel punto tirò un sospiro di sollievo e fu lieto di dover smettere di recitare, lasciò semplicemente che le sue emozioni trasparissero, guardando l’amico come avrebbe voluto guardarlo sempre.

La cosa dovette sortire un certo effetto, perché percepì ai limiti del suo campo visivo i gesti concitati del regista che intimava al cameraman di stringere su di lui.

Percepì anche la stretta di Jens aumentare e vide il suo sguardo dapprima sorpreso, poi le sue ciglia si abbassarono appena, in una sorta di silenziosa richiesta. Eccolo là, lo sguardo illegale.

Misha annuì in maniera impercettibile, e poi dovette per forza succedere qualcosa di assurdo, un miracolo, o una catastrofe, perché il cacciatore si piegò a baciare il suo angelo. Davanti a tutta la troupe. Per un intero minuto. Con la lingua.

Quando qualcuno si ricordò di dare lo stop e i due si staccarono, avevano entrambi le pupille dilatate e il fiato corto, non tanto quanto la crew, comunque: chi non li fissava a bocca spalancata (gli uomini) stava praticamente piangendo (le donne e i costumisti gay).

Furono quattro secondi surreali, in cui Misha valutò l’ipotesi di scavare una buca per seppellircisi e sparire quando tutti, risvegliatisi come da un incantesimo, scoppiarono in un fragoroso applauso, sommergendo lui e l’attonito Jensen di complimenti.

Grandi elogi anche dal regista e poi, in pochi minuti, il set fu vuoto.

 

Misha galleggiava in una bolla d’incredulità e non osava voltarsi verso l’amico, semplicemente non riusciva a credere a quello che era appena accaduto. Jensen, dal canto suo, sembrava una statua di sale. Una statua di sale molto interessata al pavimento.

“Senti, Jens...” tentò debolmente Misha.

“Roulotte. Adesso!” ringhiò di rimando Jensen, dirigendosi a grandi passi fuori dal set, a testa bassa e grondando acqua.

Dio, sembrava furioso, aveva persino parlato col vocione da Dean, notò distrattamente Misha. Indeciso sul da farsi, cincischiò la cravatta sbilenca per qualche istante, arrendendosi infine al suo destino e dirigendosi mestamente verso la roulotte dell’altro.

 

Entrò senza bussare, e la vista di Jensen, con addosso solo i jeans, intento ad asciugarsi il torace e i capelli con una salvietta, non fu un grande aiuto per i suoi neuroni già provati.

“Ehi, amico, cosa diavolo stai fac…” ma non fini la frase, perché il suddetto amico si era voltato, l’aveva fulminato con un’occhiata omicida e in una frazione di secondo l’aveva preso per il bavero del trench, sbattendolo abbastanza brutalmente contro la parete della roulotte.

“Ehi, amico? Seriamente? Ti ho appena baciato, davanti a trenta fottute persone, e tutto quello che sai dire è ehi amico?” lo aggredì Jensen, con una strana luce negli occhi.

Sembrava allo stesso tempo incazzato ed esaltato. Faceva un po’ paura.

“In realtà, ci siamo appena baciati davanti a trenta fottute persone” specificò Misha con una nota di disappunto “Non so se l’hai notato ma c’ero anch’io, e se volessi essere così gentile da dirmi perché ce l’hai con me, mi faresti un grosso favore… amico!”

Di colpo dallo sguardo di Jens svanì la luce folle di poco prima, prova che il colpo era andato a segno, ma non mollò la presa su Misha, che era ancora schiacciato dal suo peso contro la parete.

“Io… non lo so! “ sbottò “Sono nervoso! Sono così… arrabbiato!”

“E con chi, scusa?”

“Con me. Con Jared che gioca a fare Samantha. Con te, cazzo!”

“Prego?”

“Sì, con te, figlio d’una buona donna! Accidenti a te e ai tuoi stramaledetti occhi blu, alla tua ‘espressione da Castiel’, a tutte le stronzate che fai sul set! Mi hai rovinato la vita, pazzo d’un russo!” farneticò Jensen.

Misha non riuscì a reprimere un sorrisetto sghembo di fronte a quelle parole, un misto di sorpresa e… bè, soddisfazione, che fu come levarsi un macigno dal petto. Aveva capito bene?

“Stupido, stupido coglione con gli occhioni. Ti sembra normale che baci un altro uomo sul set? Ti sembra normale seguire ossessivamente le cazzate che scrivi su Twitter, solo per sapere dove sei o cosa stai facendo? Ti sembra normale che il mio migliore amico mi venga a dire di essersi accorto di quello che provo per te dal primo momento in cui hai messo piede sul set? Ti sembra normale che, quando sono con mia moglie, io pensi costantemente a un tizio con l’impermeabile da Tenente Colombo? Ti sembr…”

“Dean!” tuonò Misha, di proposito, con la voce da Castiel “Non osare parlare così ad un Angelo del Signore”

Jensen tacque di colpo, mortificato.

“Sei calmo?”

 “…”

“Ok, la stai prendendo parecchio male, ho capito. Ma perché? Voglio dire, anche io sono rimasto un po’ spiazzato dalla cosa, però infuriarsi in questo modo non port…”

Si interruppe, perché l’altro lo guardava con occhi grandi come piattini, evidentemente senza afferrare una sola parola.

“In che… in che senso, anche tu sei rimasto spiazzato?”

“Nell’unico senso possibile!” sottolineò Misha, con una sfumatura d’esasperazione nella voce.

“Nel senso che ritrovarmi a pensare a uno dei miei più cari amici in termini non propriamente amichevoli, se permetti, mi lascia piuttosto perplesso”

Gli occhi dell’altro, se possibile, si spalancarono ancora di più.

Poi la consapevolezza investì Misha come un treno.

Jensen, beata innocenza, non aveva ancora capito un accidente, di tutta quella situazione! Forse il clichè del “bello&scemo” non era poi così campato per aria…

Nel frattempo, Jensen stava assorbendo la portata delle parole dell’amico, cosa che, finalmente, lo fece ammutolire. E poi ridere, dapprima sommessamente, di seguito in maniera decisamente isterica.

 

Misha lasciò che sfogasse tutta la tensione repressa e quando le risate cominciarono a scemare si rese conto che era ancora schiacciato dal corpo Jens. Mezzo nudo. E che, in un imprecisato momento, mentre l’altro era ancora aggrappato al suo impermeabile come un koala incazzoso, lui aveva appoggiato le mani sui suoi fianchi.

Di colpo, nella roulotte era sceso un silenzio sepolcrale. Le mani di Misha risalirono leggermente al di sopra dei jeans, incontrando finalmente la pelle nuda, leggermente abbronzata, dell’altro, poi si spostarono verso la schiena, a palmo aperto, per godere di quel contatto e di quel calore.

Jensen era qualche centimetro più alto di lui, per cui si ritrovò a guardarlo dal basso verso l’alto (come una ragazza, pensò confusamente) mentre rabbrividiva sotto le sue mani, e la cosa gli sembrò… bizzarra. Ma piacevole. Fin troppo.

 

L’altro, in compenso, ora sembrava serissimo e lo fissava da distanza ravvicinata con occhi liquidi, più scuri del solito, e quella stupida, sexy bocca socchiusa.

Buffo, pensò Misha, già era singolare che un uomo avesse delle labbra carnose e femminili come le sue, ma il fatto che stesse per baciarne di ancora più belle, e che queste appartenessero ad un altro uomo, lo divertiva in maniera inspiegabile e lo faceva ridacchiare come un idiota.

Ma era da quando tutta quella faccenda era iniziata che si sentiva un idiota, minuto più minuto meno, non sarebbe cambiato nulla.

Fu questo il motivo per cui sfiorò Jensen non con un bacio ma con un sorriso. Depose un sorriso sulla spalla nuda e, ora lo notò, lentigginosa di quella specie di dio greco che aveva di fronte.

Jensen sospirò, compiaciuto e rassegnato all’inevitabile, abbandonando finalmente il bavero del suo trench e prendendogli il viso fra le mani,  fissandolo così da vicino che Misha riuscì a distinguere perfettamente ogni pagliuzza dorata che si mescolava al verde, in quegli occhi che lo fissavano come se il suo amico volesse mangiarlo ma non sapesse bene da dove iniziare.

O se iniziare.

Poi, dopo un tempo interminabile, senti la pressione di labbra oscenamente morbide sulle sue.

Un movimento… guardingo, e gentile, più esplorativo che appassionato, ma sufficiente a mandargli in pappa il cervello.

L’aveva baciato, e a fondo, solo pochi minuti prima ma… questo era diverso. Abbracciandolo forte per non dargli modo di scostarsi, Misha protese il viso in modo da non perdere il contatto, ma Jensen non sembrava avere nessuna intenzione di sottrarsi; dopo un gemito soffocato, passò la lingua sul contorno marcato del suo labbro superiore, mormorando al contempo qualcosa che all’orecchio di Misha giunse come “Ommioddio”, in pratica l’eco dei suoi pensieri.

 

Poi le mani di Jensen tornarono sul suo trench, ma stavolta per toglierglielo, quasi a strattoni, mentre la lingua di Misha si avventurava ad assaggiare quella del compagno. Era semplicemente pazzesco che baciare un uomo potesse mandarlo così in orbita, anche se Misha, di uomini belli quanto Jensen, non ne aveva mai conosciuti.

Ignaro del fatto che Mister Lentiggini pensasse la stessa cosa di lui e dei suoi grandi occhi tristi, Misha si ritrovò ben presto in balia di un ansante Jensen che gli metteva le mani dappertutto, sotto i vestiti, tra i capelli, poi diventò tutto piuttosto… umido. E caldo. E, accidenti, normale.

Come poteva essere così naturale avvinghiarsi a un corpo tanto simile al suo, tutto spigoli e muscoli tesi? Come poteva essere tanto familiare un contatto che avrebbe dovuto sembrargli quantomeno alieno? Come faceva l’uomo che gravava sopra di lui ad avere la mappa dettagliata di tutte le sue zone erogene?

Poi, osservando Jensen che gli sfilava i pantaloni con uno sguardo che lasciava poco all’immaginazione, si esaurì anche il raziocinio e il tempo per le domande.

 

Ore dopo, nella roulotte semidevastata, Misha aprì un occhio per controllare che Jensen fosse ancora con lui e per accertarsi che non fosse un altro di quei sogni deliranti che lo tormentavano da mesi.

Mosse una mano, che incontrò subito una massa di capelli biondo scuro, sconvolti quanto i suoi, e sorrise, perché i suoi occhi blu ne incrociarono altri, innaturalmente verdi, che lo guardavano come Dean guardava le torte.

 

   
 
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