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Autore: taisa    13/10/2006    21 recensioni
Bulma e Vegeta dal punto di vista di Trunks
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OCCHI DI BAMBINO

OCCHI DI BAMBINO

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“Ti ho detto di no!!!” fu l’ennesimo rifiuto da parte di Vegeta che guardava la moglie con sguardo di sfida, che lo ricambiava con la stessa luce negli occhi.

“Perché devi essere sempre così testardo! Si può sapere perché ti ostini così?!?” Bulma aveva le mani poggiate ai fianchi mentre osservava quell’uomo accigliato seduto sulla poltrona davanti a lei a braccia incrociate.

“Perché non ho alcuna intenzione di venire!” rispose l’altro digrignando i denti.

“La smetti di fare il bambino? Vieni e basta!” gli rispose lei con un tono che era più quello di un ordine che di una richiesta.

“Della parola NO, cosa non hai capito?” fu la risposta sarcastica che ottenne dall’uomo, che cercava di ignorare l’offesa e il tono, almeno per non darle soddisfazione di vederlo arrabbiato in quel momento.

“Quando l’hai dette dopo la mia richiesta di andare al mare tutti insieme!” questa volta lo mise a tacere, almeno per qualche secondo.

Trunks osservava il battibecco quotidiano dei genitori, ormai ci aveva fatto l’abitudine. Era seduto sul divano del soggiorno accanto alla poltrona sulla quale il padre era seduto, mangiava delle patatine davanti alla televisione al plasma, almeno fino a quando non era cominciata la discussione.

Ora li fissava con vivo interesse, della televisione si era completamente dimenticato, quello spettacolino era decisamente più divertente. Era sorprendente di come i suoi genitori sapessero costantemente mettersi in ridicolo a vicenda, ma lui si divertiva da matti ad osservarli.

Un bambino normale penserebbe che se i genitori litigano tutti i giorno per delle stupidaggini qualunque qualcosa non và. Ma non lui, lui sapeva che quando i sui genitori litigavano andava tutto bene.

Erano una strana coppia quei due, e nessuno potrebbe dire il contrario.

Aveva osservato più volte i genitori di Goten, da quando suo padre, Goku, era tornato dall’aldilà. E sicuramente non avevano lo stesso atteggiamento che avevano i suoi.

Sapeva esattamente cosa sarebbe successo da lì a pochi secondi, suo padre si sarebbe alzato seccato dalla discussione, o perché, più probabilmente, sua madre era riuscito a zittirlo una volta per tutte. Sarebbe uscito dalla stanza, o dalla casa, a seconda di quanto quel litigio lo aveva indignato, e sarebbe sparito per un paio d’ore, o anche per il resto del giorno.

Sua madre lo avrebbe guardato seccata, ma se era riuscito a zittirlo anche con una punta di orgoglio, poi anche lei se ne sarebbe andata in giro per casa, o in laboratorio diventando intrattabile finché lui non si fosse fatto vivo.

Nonostante tutto, Trunks sapeva per certo una cosa: il giorno dopo tutto sarebbe ricominciato come prima.

Non sapeva bene perché, ma al mattino sembravano entrambi più rilassati, e la cosa lo rassicurava.

Era sempre stato così, fin da quando era molto piccolo, per lui era normale amministrazione, e quindi non ci faceva mai caso, più di tanto.

Un bambino della sua classe gli aveva detto che anche i suoi genitori litigavano sempre così, e che avevano finito per divorziare. Ma Trunks sapeva che hai sui non sarebbe mai accaduto, anche perché non poteva immaginarsi un dialogo diverso tra quei due.

Come volevasi dimostrare, suo padre si alzò sparendo dalla stanza, qualche secondo più tardi lo sbattere dell’enorme porta della gravity room gli fece capire che non doveva poi essere così tanto seccato.

Anche dall’espressione di sua madre si poteva dedurre la stessa cosa, infatti la donna incrociò lo sguardo del figlio e gli sorrise, cosa che faceva quando in realtà sapeva di aver vinto.

*

Sua madre alla fine era riuscita a convincere quell’uomo burbero a venire al mare con loro. Ed il giorno dopo stavano facendo le valige pronti a partire per un po’ di tempo verso il mare.

C’erano tutti, i suoi nonni, sua madre, ed incredibilmente, anche suo padre.

Suo padre, era un uomo strano, molto strano. Sua madre fin da quando era molto piccolo gli aveva raccontato parecchie storie su di lui, e il piccolo Trunks ne era sempre rimasto affascinato, forse è stato allora che ha cominciato ad ammirarlo.

Inizialmente aveva paura, gli faceva soggezione, aveva un’aura che gli metteva i brividi. Ed il suo aspetto così severo ed autoritario lo metteva spesso a disagio, ma sua madre lo rassicurava sempre. Gli diceva che non era cattivo, solo non era molto bravo ad esprime i sentimenti.

Mentre cresceva ed osservava quei soliti e quotidiani litigi aveva lentamente capito un paio di cose su di lui, e soprattutto aveva capito come andava preso.

Solo una volta gli aveva mostrato un po’ di affetto, ma quello era un momento di gioia mista a tristezza, e amarezza.

Lo aveva abbracciato solo per pochi secondi, in un gesto che lo avrebbe condotto alla morte.

In quel momento aveva avuto una paura terribile di perderlo, di perdere per sempre quello che lui considerava il più grande guerriero di tutti i tempo, il principe dei Saiyan, suo padre.

Quando ci ripensava si ricordava il calore dei quell’abbraccio, che per la prima volta aveva sentito, e di quelle parole sussurrategli prima di colpirlo per farlo cadere addormentato. Ma questo fatto non lo aveva mai raccontato a sua madre.

Lo osservò mentre saliva nella macchina volante della Capsule Corporation, si sedeva sul sedile del passeggero davanti, accanto a sua madre.

“Mi spieghi perché dobbiamo usare questo catorcio per andarci?” le chiese seccato una volta chiusa la portiera ed assumendo la sua solita posa a braccia conserte e sguardo accigliato.

“Perché, mio caro, non tutti qui sanno volare!” gli fece presente lei sarcastica, mentre lui con la coda dell’occhio andò a guardare il sedile posteriore incrociando gli sguardi più o meno idioti dei genitori di lei, e di suo figlio che per un riflesso condizionato lo guardò con fierezza, quasi dovesse mostrare al padre quanto valesse, anche solo con uno sguardo. In pratica lo imitava inconsciamente.

*

Arrivarono dopo quasi cinque ore di viaggio, un eternità per chi sapeva volare, e che poteva raggiungere quel posto in un solo secondo.

Bulma fermò la macchina davanti ad alcune villette a schiera sulla spiaggia costruite per i turisti, afferrò la sua borsa, vi frugò dentro trovando un foglio in mezzo a tutta la confusione che c’era. Bulma è sempre stata una donna parecchio disordinata.

Lesse il foglio e con gli occhi andò a cercare la villetta che corrispondeva a quella scritta sul foglio.

“Eccola! È quella!” disse euforica indicandone una tra le tante, parcheggiata la macchina scese come con altrettanto entusiasmo saltellando come una bambina in un negozio di bambole.

*

Una volta sistemati nell’accogliente villetta Bulma si avvicinò al figlio appoggiando la mani alle ginocchia per guardarlo dritto negli occhi, “Trunks, ti va di andare in spiaggia?” gli chiese con un sorriso, il bambino guardò la madre per un paio di secondi prima di sorridere a sua volta e annuire energicamente. La donna gli mise una mano sulla testa scombussolandogli leggermente i capelli, successivamente si alzò appoggiando le mani sui fianchi come era solita fare, “Bene, allora vatti a mettere il costume, io preparo un paio di cose e sono pronta”. Trunks annuì nuovamente e sparì in quella che per qualche giorno sarebbe stata la sua camera. Bulma allora si rivolse a Vegeta che se ne stava sulle sue a braccia conserte mentre guardava fuori dalla finestra della piccola cucina.

“Tu cosa intendi fare? Vuoi venire con noi?” gli chiese sapendo che aveva ascoltato la sua breve conversazione col figlio.

“No” rispose secco, senza nemmeno guardarla, continuando a fissare fuori, lei decise di non insistere, era tanto per lui trovarsi là, almeno per oggi lo avrebbe risparmiato.

“Come vuoi tesoro. Noi saremo qui, proprio davanti alla casa” gli disse indicando fuori dalla villetta da una finestra che dava sull’immensa spiaggia e la sconfinata quantità di acqua, ma lui ancora non si degnò di girarsi a controllare, rimanendosene zitto a fissare chissà cosa.

Scomparve anche lei andando a cambiarsi proprio mentre Trunks riappariva con il suo bel costume a pantaloncino decorato con disegni di macchinine. Si guardò attorno vedendo solo il padre, e gli si avvicinò.

“Tu non vieni con noi papà?” gli chiese con una punta di timidezza, che però non era molto evidente, almeno non a Vegeta.

L’uomo decise infine di girarsi per guardare negli occhi il figlio “No” rispose con la stessa freddezza con la quale aveva risposto alla moglie, ma il bambino a differenza di Bulma la prese un po’ male abbassando leggermente la testa.

Vegeta lo notò e continuò a fissarlo per un paio di secondi, prima di tornare a guardar fuori.

Trunks ritirò su la testa, non voleva che suo padre pensasse fosse uno smidollato o una femminuccia, come gli diceva quando metteva il broncio. “Bè, fa nulla, ci rivediamo dopo allora” disse cercando di mascherare la sua delusione dirigendosi verso la porta aspettano l’arrivo della madre.

Era quasi arrivato quando la voce severa del padre lo raggiunse “Trunks…”, il bambino si voltò di scatto “Forse” aggiunse l’uomo alimentando nel bambino qualche speranza.

Trunks sorrise a trentadue denti, annuì, anche se Vegeta non poteva vederlo, poi uscì accompagnato dalla madre e i nonni.

*

“Forse”, una così piccola parola lo aveva reso il bambino più felice della Terra nel secondo in cui era stata pronunciata. Non era una risposta positiva, ma non era neanche negativa, però per Trunks voleva dire molto.

Gli altri bambini erano felici quando ricevevano dei regali, ma lui No.

Gli altri bambini erano felici quando ricevevano dei complimenti, ma lui No.

Trunks era felice quando suo padre gli diceva che FORSE sarebbe andato in spiaggia con lui.

Trunks era felice quando suo padre gli faceva capire, in un modo tutto suo, di essere orgogliosi di lui.

Non gli aveva mai fatto i complimenti per aver vinto il torneo giovanile, ma gli aveva fatto capire che era molto soddisfatto.

Suo padre era forse una delle persone a cui lui tenesse di più al mondo, se non LA persona a cui teneva di più al mondo.

Quindi quel “forse” era la parola più bella del mondo, se veniva pronunciato da suo padre.

E i suoi occhi si illuminarono quando durante una nuotata aveva visto apparire quell’uomo perennemente imbronciato.

Nuotò più veloce del vento per arrivare alla spiaggia, uscì dall’acqua andandogli incontro “Papà!” gli disse una volta vicono “Sei venuto anche tu!!”. Avrebbe voluto nasconderlo, sempre per lo stesso principio di silenziosa imitazione, ma era molto felice di vederlo lì.

Vegeta lo guardò un po’ sorpreso, non si aspettava tanto entusiasmo da parte di quel marmocchio che gli era corso incontro.

Non disse nulla, si limitò a sedersi leggermente in disparte rispetto agli altri. Trunks si fermò a pochi passi da lui, sapeva che non sarebbe certo corso ad abbracciarlo, gli bastava la sua imperscrutabile e silenziosa presenza.

Bulma sorrise largamente nell’osservare la scena, ma non disse nulla.

*

Non rimase molto sulla spiaggia, se ne andò presto, di questo il bambino era un po’ dispiaciuto, ma d’altra parte era felice anche solo per quei pochi minuti.

Quando tornò a casa suo padre non era ancora rientrato dalla sua “passeggiata”, e anche quando andò a dormire lui non era ancora rientrato.

Solo quando il piccolo si addormentò profondamente Vegeta tornò alla villetta sulla spiaggia.

“Bentornato” gli disse Bulma appena lo vide atterrare dal cielo stellato.

Lei era seduta su una sedia appena fuori dall’abitazione, con una tazza di caffè in mano, per godere di quell’aria fresca che solo la brezza marina è in grado di offrire.

Lui non rispose nulla si limitò a passarle accanto, stava quasi per appoggiare la mano sulla maniglia quando Bulma riprese a parlare.

“Grazie per essere venuto oggi” Vegeta si girò a guardarla “Per Trunks era importante” continuò la donna stringendo la tazza ormai vuota tra le mani, e guardando l’orizzonte, anche se sentiva gli occhi freddi di lui puntati sulla sua schiena.

Si girò a guardare la maniglia e la sua mano quasi appoggiata sopra. “Credi davvero che lo abbia fatto per il moccioso?!?” chiese lui con finta freddezza.

“Sì” rispose semplicemente lei senza guardarlo.

“Bè ti sbagli” appoggiò la mano alla maniglia aprendola finalmente, ma lei sapeva che stava mentendo, aveva imparato a conoscerlo troppo bene.

Alzò lo sguardo ammirando le stelle, un brivido di freddo la percorse tutta, “In ogni caso, grazie” concluse prima che lui sparì sbattendo la porta.

Solo allora si girò, ad osservare la porta di legno per qualche secondo.

Non fece in tempo a rigirarsi avanti a sé, che sentì la porta riaprirsi per poi chiudersi di nuovo.

Con enorme stupore notò una coperta che era stata bruscamente lanciata a terra, evidentemente QUALCUNO aveva notato il brivido di freddo, e ora le stava, a modo suo dicendo di coprirsi.

*

“Stiamo andando a fare la spesa, Trunks, vuoi venire anche tu?”, sua madre era entrata nella sua stanza, mentre lui stava giocando con alcuni dei giocattoli che si era portato da casa.

Si voltò a guardarla “Chi? Tu e la nonna?” chiese incrociando lo sguardo con quello della madre, lei gli sorrise.

“Sì, e viene anche il nonno” rispose dolcemente, il bambino si girò avanti a se guardando il vuoto per un attimo riflettendo sulla proposta.

Alla fine decise di alzarsi dal pavimento “Va bene vengo”, Bulma gli sorrise ancora, “Bene, preparati allora” così dicendo sparì dalla stanza.

Non è che amasse particolarmente andare con sua madre a fare la spesa, soprattutto se era in compagnia della nonna, entrambe pese a gironzolare per negozi noiosi per ore ma se c’era suo nonno era diverso.

Anche lui si scocciava a star dietro alle due donne, così molto spesso decideva di andare a guardare il reparto tecnologia, dove l’interesse di Trunks era decisamente più acceso.

Suo nonno gli spiegava molte cose sui computer e sulle nuove tecnologie appena uscite sul mercato, anche se non capiva completamente tutto gli piacevano quei discorsi.

Spesso a casa sgattaiolava nei laboratori dove venivano prodotti i prototipi della loro azienda. Anche lì suo nonno gli spiegava molte cose, anche se la cosa che gli piaceva di più era veder lavorare sua madre.

Gli piaceva osservarla mentre con un aria seria e composta lavorava al computer inserendo, controllando, o leggendo dati di una difficoltà spaventosa.

Suo nonno gli aveva confessato che alcuni di quei dati non riusciva a capirli nemmeno lui, e che solo sua madre riusciva a decifrarli.

Quando era più piccolo lei lo faceva accomodare sulle sue ginocchia mentre lavorava spiegandogli alcune cose elementari in modo che anche un bambino piccolo come lui potesse capire. Quando poi si stancava si addormentava ascoltando il regolare digitare delle dita sulla tastiera.

Appoggiava la testa sul seno della madre mentre ne percepiva il calore, ed il suo profumo lo circondava, facendolo sentire a suo agio.

Una volta diventato troppo grande dove limitarsi ad osservarla seduto su uno sgabello, mente lei continuava a spiegargli i significati di alcuni di quei numeri e quei codici.

Altre volte sua madre smanettava con i vari prototipi in progettazione, quante volte l’aveva vista apparire da sotto qualche mezzo meccanico in riparazione, o in lavorazione.

La tuta da lavoro grande e perennemente sporca d’olio e lubrificanti, e la faccia altrettanto imbrattata. Lui la guardava mentre si districava tra quei fili colorati e gli aggeggi metallici che ne componevano il motore.

Con quanta forza e con quanta determinazione lavorava, il suo sguardo in quei momenti era unico, l’aveva solo quando lavorava. Uno sguardo che oltre alla concentrazione e alla passione che ci metteva lasciava trasparire anche del divertimento, perché sua madre era così, a lei piaceva il suo lavoro.

Una donna forte, sua madre, questo lo aveva capito, non fisicamente come suo padre, ma nello spirito.

Goku una volta gli disse che era così da quando la conosceva. Gli disse che ogni volta, quando si trovavano in pericolo non aveva mai indietreggiato, e che lei stessa era una calamita per i guai, soprattutto quand’era più giovane, ma che in ogni occasione riusciva a cavarsela.

Già, di questo si era accorto anche da solo. Si era accorto durante lo scontro con Majin-Bu. Dopo la notizia della scomparsa di suo padre e lui doveva allenarsi per poter sconfiggere il mostro rosa insieme a Goten. Fu solo durante una piccola pausa che riuscì a parlarle.

Lei stava guardando i cielo quando lui sopraggiunse, aveva gli occhi rossi, doveva aver pianto, ma nonostante ciò riuscì a sorridergli e rassicurarlo che sarebbe andato tutto bene. Lo aveva abbracciato, stretto forte a sé, gli aveva promesso che non lo avrebbe mai abbandonato. Da quel momento cominciò a seguire i suoi allenamenti, e ogni volta che Trunks incrociava lo sguardo con quello di lei vedeva un forte orgoglio verso il figlio, capì anche che lei non aveva più pianto.

“Allora? Sei pronto?” gli chiese Bulma una volta che vide il bambino uscire dalla sua stanza “Sì” rispose annuendo convinto.

“Andiamo allora” lei gli diede una mano, ma il piccolo Trunks la guardò con sospetto, poi guardò il volto della madre, che sorrideva.

Il bambino incrociò le braccia con un gesto di stizza accigliandosi “Non sono più un bambino!” esclamò con fierezza.

La donna lo guardò per un istante, un istante che le bastò per notare come, quella posizione, quello sguardo, quegli occhi e per finire quella tonalità usata nella risolutezza della frase le ricordassero Vegeta.

Sorrise, “Certo, come vuoi tesoro”.

*

Erano ore che lui e suo nonno giravano per quell’enorme negozio pieno di tecnologie. Non perché ci volessero effettivamente ore per poterlo girare, ma perché i due rimanevano affascinati da tutti gli apparecchi che incrociavano.

Quando finalmente giunsero all’uscita l’attenzione di Trunks fu attratta da un volantino situato accanto alla cassa.

Si avvicinò per consultarlo, era una piccola festa che si sarebbe svolta nei paraggi tra qualche giorno, che includevano gare padre-figlio. Suo nonno gli si avvicinò curioso di sapere cosa avesse attirato così l’interesse del nipote.

“Cos’è?” gli chiese una volta raggiunto il bambino, lui gli mostrò il volantino, e l’anziano sorrise. “Sembra interessante” gli disse una volta finito di leggerne il contenuto. La reazione di Trunks però era indecifrabile, non capiva se il bambino ne fosse entusiasta o se invece ne era rattristato.

Effettivamente aveva assunto uno sguardo un po’ triste, il suo desiderio era quello di andarci col padre, ma lui non sarebbe mai andato ad una simile manifestazione.

Inutile fantasticare troppo, conosceva suo padre, e sapeva cosa gli avrebbe risposto: no! Ma qualcosa dentro di sé gli diceva di provare a chiederlo comunque.

Si rigirò il foglio tra le mani, pensieroso, quando sentì la mano di suo nonno appoggiarsi sulla sua spalla. Si girò verso di lui per guardarlo negli occhi e vide che l’uomo gli stava indicando una donna bionda che sventolava una mano in segno di saluto, era sua nonna.

Trunks si portò una mano al volto in segno d’imbarazzo, mentre suo nonno lo trascinava verso di lei, appena alzò nuovamente lo sguardo notò che sua madre aveva inconsciamente compiuto lo stesso gesto di coprirsi il volto.

Sua nonna era strana anche per lei, senza alcun dubbio.

Di tutte le persone che conosceva lei era sicuramente quella più esuberante ed espansiva.

Non era fastidiosa, non sempre almeno, ma era sempre in grado di metterti in imbarazzo, e questo sembrava saperlo bene anche sua madre.

Anzi entrambi i nonni erano strani, ma dei due la nonna era decisamente quella più fuori dal comune, almeno suo nonno aveva la scusa di essere un genio, giustificando così il suo stravagante abbigliamento, ma sua nonna no, lei era stravagante e basta, di geniale non aveva proprio niente, e neanche di normale.

Suo padre le mostrò il volantino che Trunks aveva trovato, lo lesse e guardò il figlio con il suo solito sorriso da mamma. “Ti va di andarci tesoro?” gli chiese mostrandogli il soggetto della sua affermazione.

Lui abbassò lo sguardo intento a pensare ad una risposta valida, ma non fece in tempo a dir nulla.

Sua madre gli si inginocchiò davanti raggiungendone l’altezza appoggiando entrambe le mani sulle spalle del ragazzino.

“Trunks, ti stai preoccupando che tuo padre non voglia venire, vero?”, il bambino ci pensò su un attimo, poi annuì debolmente.

La donna si alzò nuovamente togliendo le mani dalle spalle del figlio, sorrise dolcemente. “Non essere così ansioso, vedrai che lo convinceremo” gli disse mentre appoggiandogli una mano sulla testa lo invitò a seguirla verso la macchina.

*

Appena tornarono a casa trovarono Vegeta sdraiato sul divano in preda a chissà quali pensieri, e decisamente annoiato.

Bulma incrociò lo sguardo con quello del marito, che per risposta si girò dalla parte opposta, poi guardò Trunks appoggiandogli una mano sulla spalla “Trunks, tesoro, vai a giocare in camera un secondo”.

Trunks annuì, e corse in camera, ma non andò a giocare, aprì leggermente la porta nel tentativo di sbirciare la discussione che da lì a poco si sarebbe consumata.

Il dott. Brief e signora portarono dentro la spesa e cominciarono a sistemarla, anche loro dalla cucina restarono in ascolto.

Bulma fece un respiro profondo poi cominciò il suo discorso, “Vegeta, posso parlarti?”. Non gli ci volle molto per capire che voleva chiedergli qualcosa.

Innanzi tutto di solito lo chiamava “tesoro” e se lo chiamava per nome era cattivo segno. Secondo di solito parlava e basta, senza chiedergli il permesso di farlo.

Quindi “No” fu la sua risposta, ma Bulma lo ignorò continuando a parlare.

“Tra un paio di giorni ci sarà una festa, e Trunks vorrebbe andarci…” fece una pausa in attesa di una reazione, che non mancò di arrivare.

“E allora? Cosa vuoi che m’interessi?” lui sapeva che c’era dell’altro, e che il peggio doveva arrivare, restò ancora sdraiato sul divano osservandone lo schienale con una mano posizionata sotto la testa.

“…Ci saranno della gare…” fece un’altra pausa per osservare il marito che questa volta non disse nulla.

“…E alcune di queste saranno… padre-figlio” si blocco, incrociando le braccia mentre osservava la robusta schiena di lui che non accennava a muoversi.

Rimase in silenzio per un paio di secondi.

“Allora Vegeta! Mi rispondi?” insistette lei convinta che la sua proposta fosse ovvia, e lui aveva capito, ma fece finta di nulla.

“Non sono affari che mi riguardano” rispose dopo qualche altro secondo di silenzio, mentre mettendosi seduto incrociò lo sguardo della moglie.

Trunks che stava sentendo tutto, si accigliò, sapeva che avrebbe risposto qualcosa di simile, guardò il pavimento per qualche secondo prima che la voce di sua madre lo riportasse alla realtà.

“Come sarebbe a dire che non sono affari che ti riguardano?!? Si tratta di tuo figlio!” il tono della voce cominciò decisamente a farsi più alto, e Bulma appoggiò le mani ai fianchi, segno che la lotta era cominciata.

“E con questo? Perché dovrei andare ad una stupida festa?!” anche lui alzò il tono della voce, appoggiò i piedi al pavimento mettendosi seduto in modo composto a braccia incrociate, era ormai guerra.

“Sei il solito egoista Vegeta! Possibile che non pensi mai a tuo figlio? E pensare che lui ti ammira così tanto” Bulma gli puntò il dito contro.

Vegeta si alzò dal divano mostrandole un pugno “Non m’interessa affatto cosa pensa di me!” ma questa era un bugia, e lo sapevano entrambi, anzi tutti e tre.

Vegeta non voleva ammetterlo, ma la cosa lo riempiva di gioia, Bulma lo conosceva troppo bene e sapeva quello che pensava realmente, mentre Trunks si era reso conto dopo quell’abbraccio che a suo padre qualcosa di lui gli importava.

Ci fu un secondo di silenzio.

“Ah, è così? Allora perché ieri sei venuto in spiaggia?” la sua mano tornò sul fianco.

Ci pensò un po’ “Ti ho già detto che non era per il moccioso!” affermò con rabbia voltando lo sguardo altrove.

“Stai ancora mentendo! Quand’è che lo ammetterai a te stesso? Quand’è che gli dimostrerai di volergli bene?” Bulma alzò ancora il tono della voce, ormai i due stavano urlando.

Trunks sobbalzò, a dire la verità un piccolo gesto d’affetto da parte di suo padre lo aveva anche avuto, però…però sua madre non lo sapeva. Avrebbe voluto che lei lo sapesse, ma pensò che suo padre non sarebbe stato d’accordo, per questo era sempre rimasto zitto.

L’atteggiamento del marito non era ciò che si aspettava, lei pensava che rispondesse con qualcuna delle sue imprecazioni, ma lui non reagì.

Guardava altrove in silenzio aggrottando ancora di più le sopracciglia, ed emettendo un piccolo ringhio, stava nascondendo qualcosa.

Bulma rilassò le mani ai fianchi, e lo guardò un po’ sorpresa “Vegeta…” sussurrò calmandosi “…C’è qualcosa che… non so?!?” chiese molto delicatamente.

“Non c’è niente da sapere!” mentì lui tornando ad agitarsi “Se volevi un padre che portasse i tuoi figli a queste stupide feste hai sbagliato! Se volevi un buon padre tanto valeva restassi col fallito del tuo ex! Perché io non sarò mai un buon padre!” sbottò ancora, era già pronto ad andarsene in preda al nervosismo quando la porta dietro la quale il piccolo Trunks stava origliando si spalancò.

“Papà!!” disse entrando nella stanza, attirando l’attenzione di entrambi i genitori.

“Non è vero che sei un cattivo padre! Per me sei il papà migliore del mondo!” la convinzione con cui lo disse, lo sguardo, e il tono che aveva usato, in tutto e per tutto era uguale a sua madre, quella fu la sensazione che Vegeta ebbe in quel momento.

Solo dopo qualche secondo realizzò quel che il bambino aveva appena detto, e rimase a fissarlo visibilmente sorpreso.

Fu Bulma a rompere il silenzio, sorrise delicatamente e si avvicinò al figlio che stava guardando negli occhi il padre. Lo abbracciò “Ne sono convinta anch’io, tesoro”.

Trunks smise di fissarlo lasciandosi andare all’abbraccio materno annuendo sulla sua spalla.

Vegeta osservò ancora la scena, poi si risedette pesantemente sul divano, chiudendo gli occhi. E chi lo avrebbe mai detto che quel bambino che teneva così tanto a distanza col tempo si era affezionato così tanto a lui.

Lo sentì avvicinarsi, e riaprì gli occhi lentamente per guardarlo in faccia.

Il bambino che si era staccato dalla madre ora lo fissava con uno sguardo deciso.

“Papà, non importa se tu non vuoi venire, vorrà dire che ci andrò con la mamma” affermò con decisione.

Vegeta richiuse gli occhi mentre sorrise debolmente. Con una sorta di timidezza allungò la mano appoggiandola sulla testa del figlio. “Va bene Trunks. Verrò a quella stupida festa” così dicendo si alzò dal divano e si avviò verso l’ingresso.

Il bambino sorrise annuendo, ma appena vide il padre che stava per andarsene lo bloccò di nuovo.

“Aspetta…” disse guardando a terra “Sarò sempre devoto alla mamma… e anche a te, papà” alzò lo sguardo andando a cercare la schiena di suo padre.

“Eh?!?” Bulma guardò prima uno poi l’altro senza capire l’affermazione di Trunks.

Vegeta, invece recepì il riferimento che il figlio aveva fatto riguardo al momento della sua morte, quando gli aveva detto di essere devoto a sua madre, sorrise sotto i baffi senza farsi vedere da moglie e figlio e uscì dalla stanza accompagnato da uno “Tsk”.

Eh sì, i suoi erano una strana coppia di genitori, ma voleva un gran bene ad entrambi.

*

FINE

*

*

*

Altra piccola One-shot in attesa di un “progetto” un pochino più impegnativo, spero vi sia piaciuta.

Ciao…

P.S. per Bra, ho letto l’ultimo commento che hai lasciato per “Giorni di scuola”, se proprio vuoi una mano contatami, ma non so quanti consigli potrei darti…

  
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