Disclaimer:
I personaggi appartengono a Nakamura-Sensei, e non l’ho scritta a scopo di lucro.
Dediche:
Questa è la prima ff che scrivo. Vorrei dedicarla alla mia beta reader Seiten Shiwa (che mi ha aiutato con le correzioni) e a Mizuki95, che l’hanno letta in anteprima e mi hanno convinto a pubblicarla! Grazie per il supporto.
Pairing:
Akihiko X Misaki
Rating:
Verde
Buona lettura ^_^
Nightmare
Paura. Una paura folle. In quel
momento il mondo sembrava aver rallentato la sua corsa e Misaki
fu a dir poco terrorizzato dal pensiero di poter perdere qualcuno a lui caro… di nuovo.
Per fortuna quella paura non lo
paralizzò, anzi: il corpo di Misaki si mosse prima
ancora che se ne rendesse conto, affrettandosi a percorrere quella breve
distanza che lo separava dalla strada… dove Akihiko stava per essere travolto da un autobus.
-USAGI-SAN,
ATTENZIONE!!!- urlò Misaki afferrandolo e
trascinandolo indietro, finendo per cadere entrambi sul marciapiede. Nonostante
Akihiko stesse bene, il ragazzo non riusciva a
togliersi di dosso quella sensazione: la sensazione che tutto sarebbe potuto
finire molto male.
Di colpo
aprì gli occhi e tutto ciò che poté vedere fu il buio più totale. Il cuore gli
batteva a mille e aveva addosso un enorme disagio. Si accorse solo in un
secondo momento che era sudato. Un po’ incerto, decise di alzarsi dal letto e
darsi una rinfrescata nonostante fosse notte fonda. I suoi passi erano
titubanti e la sua mente era altrove, ancora a quell’incubo…
no, non era un vero e proprio incubo, era già successo in passato (per San Valentino precisamente) e quella
volta era stato presente anche il padre di Akihiko.
Perché doveva rivivere un’altra volta quella brutta esperienza? Misaki avrebbe tanto voluto cancellare dalla sua memoria
quei momenti.
Uscito
dal bagno rifece il percorso contrario per tornare nella sua stanza, ma si
fermò all’ingresso, a fissare il suo letto, non riuscendo a muovere un solo
passo: era ancora impaurito, temeva di sognare di nuovo qualcosa di brutto.
Doveva calmarsi. Eppure da solo sapeva di non riuscirci.
Che fare?
Misaki sospirò. D’un tratto un’idea balenò nella sua
mente.
“Non c’è
modo che io possa fare una cosa del genere” disse tra sé e sé, convincendosi dell’impossibilità
di mettere in atto ciò che aveva pensato. Tuttavia passarono parecchi minuti, e
il giovane non aveva ancora mosso un passo verso alcuna direzione. Infine,
convintosi (un po’ contrariato) decise di avanzare … ma verso la stanza
accanto, aprendo piano la porta e camminando silenziosamente per non svegliare
lo scrittore immerso nel mondo dei sogni. Cercando di essere il più discreto
possibile, scostò le coperte e si intrufolò nel letto di Akihiko,
impossessandosi di parte del cuscino.
“Stiamo calmi… in-infondo non sto facendo
nulla di male, no? E poi, non è la prima volta che mi trovo sopra questo letto…” iniziò a pensare Misaki,
col cuore che gli batteva all’impazzata (questa volta per un motivo diverso) e
con una faccia leggermente arrossata. “Inoltre, mi basta solo andare via prima
che Usagi-san si svegli…
sì, farò esattamente così! È… è solo per stanotte,
per non dormire da solo”.
Si
convinse di ciò che stava pensando, per poi volgere lo sguardo verso Akihiko: dormiva profondamente. Misaki
rimase affascinato dalla sua figura. “È davvero bellissimo” si ritrovò ad
ammettere “mi chiedo perché abbia scelto me”. Molte persone sono, infatti,
affascinate da Usami-sensei (bello, ricco e di buone
maniere) pur rimanendo totalmente all’oscuro di come realmente sia il suo
carattere. “Se conoscessero il suo vero io, scapperebbero a gambe levate”
sorrise divertito.
Adesso si
sentiva più tranquillo: era incredibile il modo in cui Akihiko
riusciva a rasserenarlo anche solo dormendogli affianco. Senza nemmeno
accorgersene, i suoi stessi occhi si chiusero e cadde in un sonno profondo e
ristoratore.
Quella
notte Misaki dormì come non mai.
* * * * *
Alle
prime luci del mattino il Sensei si sentì pervadere
da una dolce sensazione di calore al braccio destro. Strano che si svegliasse
in questo modo: di solito al suo risveglio aveva sempre un’aria cupa e
inquietante.
Lentamente
aprì i propri occhi viola, che finirono per sgranarsi di colpo dopo aver visto
qualcosa che ritenne a dir poco irreale: Misaki nel
suo letto, con le braccia intrecciate ad uno dei suoi. Per un attimo credette
ancora di stare sognando. Sorrise dolcemente al viso addormentato dell’amato,
passando poi interi minuti ad osservarlo. Provava una gioia incontenibile ad
averlo a fianco a lui, e non solo in quel momento: anche nei giorni che
trascorrevano insieme da anni. Averlo intorno gli procurava una felicità
immensa.
“Se
questa è la realtà” pensò Akihiko “sono davvero
fortunato ad averlo con me, mi ripaga di ogni mia singola sofferenza del
passato e pensa sempre a me e a come non ferirmi”. Non seppe dire con certezza
per quanto tempo le sue iridi furono su Misaki, ma di
sicuro non fu poco.
D’un
tratto, la persona al suo fianco mugolò e si mosse leggermente, pronunciando –
in uno stato di semi-veglia -…non lo capisco per niente… stupido inglese…-.
Ad Akihiko scappò una risata -Sei sveglio?-
-Uh? Usagi-san?- fu la risposta confusa di Misaki,
mentre le sue palpebre si aprivano.
-Che ci fai qui? Hai bisogno di qualcosa?-
continuò il giovane, non essendosi ancora accorto che quella non era la sua
stanza.
Akihiko alzò un sopracciglio e ribatté
-Questo dovrei chiedertelo io… Ma comunque: hai
dormito bene?- concluse poi con un sorrisetto che era tutto un programma.
-Eh? Io?-
iniziò Misaki, ma improvvisamente si rese conto delle
azioni compiute quella notte passata. “Merda! Sarei dovuto andare via prima che
lui si svegliasse! E quel sorriso non mi piace per niente, non porta nulla di
buono!”.
L’uomo si
accorse del rapido cambiamento espressivo del viso, come anche del fatto che Misaki stesse arrossendo. Lo incalzò -Misaki?-
-Ehm… ecco… io… veramente…- il giovane tentò
di dare una spiegazione al suo comportamento, ma la sua mente non gli stava
suggerendo nulla di credibile, mentre il Sensei
rimaneva ancora in attesa di una risposta.
-Misaki?- ripeté, questa volta con un tono
di voce più basso e leggermente preoccupato. -C’è qualcosa che non va?
Raccontami tutto… Se sei triste o in ansia per
qualcosa, lo sono anch’io.-
Adesso
erano seduti sul letto, guardandosi a vicenda. Misaki
non riusciva a resistere allo sguardo della persona che gli stava di fronte: in
quegli occhi viola scorse seria preoccupazione, e senza neanche accorgersene
cominciò a parlare tenendo, però, la testa bassa -Ho…
Ho avuto un incubo. M-mi sono spaventato-. A quella
confessione, l’espressione di Akihiko si distese e lo
abbracciò forte: per risollevarlo, per fargli capire che era lì per lui.
-Ehm… Usagi-san?
Puoi anche non farlo, sto bene adesso e…-
-No!- lo
interrompe lo scrittore con sguardo serio. -Non mi importa ciò che dici, voglio
stringerti a me, adesso. Sai Misaki, tu tendi a
nascondere i tuoi problemi e tutto quello che ti turba…
Ma vorrei che tenessi presente che ci sono io con te: puoi sfogarti, lamentarti
e fare ciò che più ti piace. Non limitarti, non è questo ciò che voglio-.
-Ma sto
bene, davvero… ormai è passato- affermò il giovane
tentando di sciogliersi da quella presa, stretta e al contempo dolce, invano.
-Perché
non me lo racconti?-
-Hah?- Misaki
mostrò un’espressione alquanto stupita, non si aspettava minimamente una
domanda simile. Non voleva rispondere, non voleva che Usagi-san
sapesse che la vera ragione (quella che non voleva ammettere nemmeno a se
stesso) altro non era che il timore di poterlo perdere. E in altre parole
significava che volesse stare con lui per sempre. Non voleva dirglielo.
Tuttavia si fidava di quell’uomo e decise comunque di vuotare il sacco. Per
tutto il tempo lo scrittore rimase in silenzio ad ascoltare le ansie del
giovane; poi gli poggiò delicatamente una mano sulla testa e gli scompigliò i
capelli, facendo sì che Misaki lo guardasse.
-Quando
lo capirai che noi due rimarremo insieme fino alla fine dei nostri giorni?>-
affermò Akihiko, gli occhi fissi sul ragazzo e lo
sguardo serio e sicuro. Per tutta risposta, Misaki
finse indifferenza, replicando -Eeh? C-come fai… a-ad
esserne… così certo?-. Si sentiva tranquillizzato
dalle parole che gli rivolse Usagi-san, ma in qualche
modo non voleva farsi illusioni. In fondo, sarebbe potuta accadere qualunque
cosa in qualunque momento, quindi, perché avere false speranze?
-Ne sono
certo perché ti amo e per te ci sarò sempre, non importa cosa. È il mio amore
nei tuoi confronti che mi dà questa sicurezza. Se dovessi aver bisogno,
accorrerò immediatamente! Anche se dovessi trovarmi nel punto più distante
dell’universo>. Il cuore di Misaki mancò un
battito, e una piccola lacrima, di gioia, scese lenta lungo la guancia. -Che
frase da film… ma… grazie, Usagi-san-.
Perché
quell’uomo era in grado di spazzare via le sue ansie così facilmente? Come
riusciva a farlo stare bene in ogni situazione? Si sentiva così perché era
innamorato di lui? Il flusso dei suoi pensieri fu bloccato quando si sentì
avvolgere nuovamente da un abbraccio dolce e rassicurante, seguito da un bacio
che lo fece arrossire leggermente.
Akihiko era già contento del fatto che il
suo Misaki avesse deciso di confidarsi con lui e lo
divenne ancora di più quando non si oppose al bacio. Si staccò dalle sue labbra
e si distese nuovamente sul letto, trascinando con sé anche il ragazzo dagli
occhi smeraldo.
-Che stai
facendo?- protestò, ma senza metterci troppo impegno.
-Oggi è
domenica: non hai lezioni né turni di lavoro; inoltre è ancora presto.
Rimaniamo così per un po’.- gli sussurrò Akihiko,
avvicinandolo a sé, affinché entrambi i loro visi fossero a pochi centimetri di
distanza, distendendo il proprio braccio destro in modo da avvolgere il
ragazzo. Quest’ultimo però si sentì tremendamente imbarazzato di quel gesto, e
si girò dall’altro lato, dandogli le spalle. In quella posizione si sentiva
rilassato, protetto: era “davvero una bella sensazione”…
Addossò
la sua piccola mano su quella di lui e il solo contatto bastò a farlo arrossire
fino alla punta delle orecchie, decidendo comunque di non tirarsi indietro. Il Sensei rimase sorpreso dal gesto del suo compagno: era un
evento raro che Misaki prendesse iniziative, pur
trattandosi di una cosa semplice come tenergli la mano. Quel gesto significava
molto di più di quanto si potesse pensare: era come un “rimani con me” espresso
non a parole ma a fatti.
Restarono
in silenzio, continuando a non dirsi nulla: nessuna parola era in grado di
eguagliare quel silenzio che sembrava, invece, parlare di tutto.
Per tutta
la mattinata, le uniche cose che entrambi riuscirono a sentire furono i loro
due cuori battere all’unisono.
The End