That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.020
- La Lunga Giornata di Sirius Black
Sirius Black
Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972
(dal
capitolo 100)
Appoggiò
la testa contro la mia spalla ed io l'abbracciai, un po' impacciato, ma
stavolta, in me, non c'erano confusione, imbarazzo, timore, come quando
avevo preso il coraggio di baciarla. No, stavolta ero sicuro che starle
vicino fosse l'unica cosa da fare, che fosse la mia, solo la mia, la
spalla che doveva e poteva darle conforto, prima ancora che mi dicesse
qualcosa.
«Tu hai
salvato la mia vita, quella notte... e non solo la mia, è
questo
ciò che hai fatto... te ne sarò grata per
sempre... in
questi giorni, invece... ho temuto di aver perduto anche te... che te
ne fossi andato anche tu... sono felice di essermi sbagliata...
felice... mi sei mancato Sirius... »
La sua voce era un
soffio ed io
tremavo, perché avevo voglia di dirle che io non volevo
andare
da nessuna parte, che non sarei mai voluto andare da nessuna parte,
perché quando l’avevo vista sparire, avevo capito
che… non poteva più esserci felicità
vera intorno
a me senza… Abbassai gli occhi, sentendo le guance andarmi a
fuoco, anche se lei non poteva vedermi, il viso affondato sulla mia
spalla: ero così felice per quel suo respiro lieve che mi
solleticava, per l'odore della sua pelle, che contenermi non ebbe
più importanza...
«Mi sei mancata anche tu... come nessuno... mai... »
(fine)
Meissa
si staccò dal mio abbraccio e mi fissò. Avevo
ancora la
faccia rossa, per i pensieri che erano diventati parole, per quel
sussurrare che avrebbe dovuto essere solo con me stesso,
perché
a quelli come noi, fin da piccoli, insegnavano che mostrare i propri
sentimenti è “roba da deboli”. Di
solito, nonostante
tutti i miei propositi di ribellione verso mia madre, non riuscivo a
essere diverso dalla mia famiglia in quell'ostinato senso del decoro e
del pudore, ma in quel momento... Avevo dovuto e voluto e desiderato
condividere i miei pensieri con lei. Per questo, nonostante il disagio
che mi sentivo addosso, non mi sottrassi al suo sguardo, volevo che
vedesse quanto fossi felice e insieme rammaricato. Che sapesse che ero
sincero. Glielo dovevo, dopo la vigliaccheria che avevo dimostrato in
quei giorni e la sofferenza che aveva patito anche a causa del mio
silenzio. Volevo che si fidasse ancora di me, più di ogni
altra
cosa... Troppo grande era stata la paura di averla perduta, troppo
grande era la gioia per averla ritrovata.
Sì, io l'avevo ritrovata: Meissa... lei... mi stava
sorridendo.
E sorrideva con gli occhi prima ancora che con le labbra. Era smagrita,
pallida, diversa dalla solita Mei, eppure era lei: guardandomi, il suo
sguardo si era riacceso, all'improvviso, della luce che le conoscevo,
quella luce fatta di fiducia che mi aveva mostrato poco per volta a
Herrengton e mi parve di risvegliarmi finalmente da un brutto sogno.
Eravamo ritornati indietro, via, lontano dall'oscurità...
Era
tornata da me.
Avrei voluto darle un bacio, dalla felicità. Un bacio
infantile
e ingenuo, certo, com'erano i nostri, ma fatto di quel sentimento
diverso e confuso che avevo sentito farsi largo in me, poco per volta,
da quando l'avevo vista sparire nel buio di quella notte maledetta, e
che ero riuscito a mettere a fuoco e confidare a lei e a me stesso solo
pochi istanti prima. Un bacio dato non per gioco, né per
sfida.
Un bacio che fosse... una promessa. La promessa che quel silenzio, tra
noi, non ci sarebbe stato più. Mi avvicinai di nuovo, le sue
lentiggini presero fuoco, forse le mie intenzioni erano impresse sulla
mia faccia stralunata, cercai i suoi occhi ma Meissa abbassò
lo
sguardo e, rossa in faccia addirittura più di me,
arretrò
di un passo, incespicando nelle sue stesse parole.
«Dovremmo andare... si sta
facendo tardi, Sirius... »
Non m'importava della lezione e, ci avrei scommesso, non importava
neppure a lei, non mi preoccupava neppure la prospettiva di una
punizione, perché per lei ne sarebbe valsa la pena: non
volevo
lasciarla andare, desideravo parlarle, sapere… volevo starle
vicino e consolarla, se necessario… non era da me, certo,
non
l'avevo mai fatto, a parte un paio di volte con mio fratello, ma per
lei avrei tentato, ispirandomi a come si comportava Remus con me quando
ero io a sentirmi triste... Forse vaneggiavo, anzi, ne ero certo, ma
ero preso dalla frenesia e dal sollievo di chi, dopo aver rischiato di
perdere tutto per i propri stupidi timori, ottiene dal Destino
un'insperata, seconda possibilità e sente che sarebbe capace
di
tutto pur di non sprecarla.
Non riuscii a fare o dire nulla, invece: Meissa mi aveva già
afferrato la mano, trascinandomi con sé, in uno svolazzare
di
mantelli di lana, sotto il porticato di pietra, diretta al ponte. Forse
era solo l'imbarazzo del momento o la paura di quelle parole che
stavano diventando gesti tangibili o, davvero, non voleva arrivare
tardi, ma sembrava che avesse le ali ai piedi. Per me non era
importante sapere cosa la spingesse a correre: ciò che
contava
era la forza con cui stringeva la mia mano, la stessa forza con cui io
la tenevo stretta nella mia. Non avrei più lasciato quella
mano.
Fosse crollato il mondo, non sarebbe più successo, non avrei
più permesso che lei... restasse indietro.
Giunti sul ponte, Meissa rallentò e iniziò a
camminare,
perché stavamo per incrociare Amos Diggory con la sua
ragazza,
una Gryffindor del sesto anno, lontana cugina di Frank Longbottom, e
non volevamo essere ripresi, ancora una volta, dal Caposcuola degli
Hufflepuff. Poco dopo averli superati, però, Meissa
scoppiò a ridere, con la vitalità e l'aria
pestifera che
non le vedevo da settimane: la guardai interrogativo e lei, a sorpresa,
mi chiese se avessi visto, a Londra, alla partenza del treno per
Hogwarts, la madre di Frank e cosa ne pensassi del suo copricapo. Non
sapevo di cosa stesse parlando, non sapevo che cosa risponderle, ma la
situazione la divertiva parecchio.
«No, non l'hai vista,
altrimenti non faresti
quella faccia… Salazar, ti giuro, Sirius, era uno
spettacolo:
elegante, in nero per il lutto, ma... L'ho guardata tre volte, non
volevo crederci: aveva un uccellaccio impagliato in testa!»
La guardai inebetito, incerto se dicesse la verità o mi
stesse
prendendo in giro, me ne aveva fatti diversi di scherzi del genere, la
precedente estate, dandomi poi del credulone, quando però
capii
che era tutto vero, scoppiammo a ridere all'unisono, mentre uscivamo da
un corridoio deserto e riprendevamo a correre dentro un ampio cortile
vuoto, il sole nitido che riscaldava appena l'aria frizzantina e la
leggera corrente che saliva dal Lago Nero a infiammarci le guance.
Eravamo entrambi altrove, in quel momento, anche grazie alla bizzarra e
altera mamma di Frank: Meissa ed io eravamo all'interno di altri
giardini, sotto altri porticati di pietra, sotto il sole di un'estate
scozzese, tanto che a un certo punto alzai lo sguardo sul torrione alla
mia destra, quasi aspettandomi di veder uscire Alshain con uno dei suoi
sorrisi più incoraggianti. Meissa rise, vicino a me, la sua
mano
stretta nella mia, anche il suo sguardo luminoso era corso nella stessa
direzione, la sua mente ai miei stessi pensieri: eravamo noi, di nuovo
noi, nonostante le ombre della malattia e della preoccupazione
offuscassero ancora il suo volto, eravamo tornati indietro, ai nostri
giorni felici.
La
tua mano non
scivolerà più via dalla mia… e
farò di
tutto perché tu torni a sorridere… penserai a
Herrengton
e non vedrai più il Male… vedrai di nuovo solo
l'affetto
dei tuoi, le risate, il colore dei roseti… i nostri giochi.
Dimenticherai l'Oscurità, Meissa, la terrò io
lontano da
te, te lo prometto...
***
Correndo, alla fine, avevamo recuperato tutto il ritardo, tanto che
vedemmo nel corridoio, poco più avanti di noi, l'ultimo
gruppetto dei suoi pigri compagni di Casa che ridacchiavano dirigendosi
a lezione. Meissa si fermò, con la scusa di volersi
ricomporre
dopo la corsa, si accostò a una colonna per sistemarsi il
mantello e m’invitò a fare altrettanto,
perché
avevo il cravattino sulle ventitré. Quando alzò
la mano
verso di me, forse per pettinarmi un ciuffo scompigliato dal vento, le
sorrisi, lei divenne ancora una volta rosso porpora e si ritrasse, poi
iniziò a parlarmi dell'ultima lezione della McGonagall,
guardandosi la punta delle scarpe e chiedendomi le mie impressioni su
un incantesimo, forse per cambiare discorso e darsi un contegno. Tutti
i suoi gesti, però, la tradivano: avevamo corso e non
avevamo
parlato molto, dopo la battuta sulla madre di Frank, ora invece
sembrava non avere più molta fretta, mi aveva preso di nuovo
la
mano, quasi senza accorgersene, e teneva un passo lento, intervallato
da frequenti soste. Immaginai che forse, come me, non voleva dividere
quel momento con nessun altro, soprattutto non con quei
“soggetti” che ci precedevano e che ci avrebbero
infastidito perché “... una vera Slytherin non
parla con
uno stupido Gryffindor!”... o più probabilmente,
ora che
stavamo per raggiungere gli altri, si rendeva conto di quante cose
dovessimo ancora dirci.
Mi feci coraggio e lasciai da parte i commenti sulle lezioni per
chiederle della sua famiglia, era un argomento delicato, lo sapevo, ma
Meissa aveva bisogno di qualcuno, fidato, con cui parlare e sfogarsi: a
scuola, a parte me e suo fratello, infatti, non aveva la certezza che
le sue confidenze non finissero all'orecchio delle persone sbagliate.
Quel pensiero mi fece capire, ancora una volta, che stupidaggine avessi
commesso, dandomi alla macchia per quasi due settimane.
La situazione a casa Sherton era peggiore di quanto immaginassi: una
parte di me s'illudeva ancora che Alshain sapesse qualcosa di utile su
Mirzam e che all'ultimo avrebbe giocato una carta con cui dimostrare
l'innocenza di suo figlio davanti all’intero Mondo Magico.
Invece
Alshain... Con voce atona, Meissa mi raccontò come la sua
famiglia non sembrasse più la stessa: suo padre aveva detto
a
tutti loro di considerare Mirzam come morto ed io sapevo quali
conseguenze comportasse una frase del genere nelle famiglie come le
nostre, perché l’avevo sentita pronunciare il
giorno in
cui il nome di Andromeda era stato bruciato via dall'Arazzo dei Black.
Volevo consolarla, ma avevo anche paura di non riuscire a fingere fino
in fondo: ero deluso anch'io da suo fratello, anche per me Mirzam era
peggio che morto, perché, con le sue amicizie e le sue
scelte,
aveva tradito suo padre, un uomo che stimavo e ammiravo e, peggio
ancora, aveva messo a rischio la sua famiglia, a cominciare proprio da
lei, da Meissa, che pure diceva di amare. Per fortuna riuscii a tenere
per me quei pensieri, non volevo farla soffrire ancora di
più,
dicendole che neppure io avrei mai perdonato suo fratello. Strinsi i
pugni, facendo attenzione alle parole, le assicurai che presto tutto si
sarebbe chiarito e sistemato: in realtà, se solo avessi
avuto
Mirzam tra le mani, sarei stato io il primo a...
A fare che cosa? Che cosa potrebbe mai fare un moccioso contro un uomo
così forte e crudele?
Crudele? Ricordi com'era protettivo Mirzam con te quando Lestrange ha
preteso il tuo anello?
Certo... era protettivo con me... ma solo per non farmi sospettare di
lui!
Se Alshain non aveva dubbi sulla colpevolezza di suo figlio, come
potevo averne io? Non lo diceva solo James, uno che parlava senza
conoscere i fatti... Lo diceva anche Alshain, il mio padrino, l'uomo
che aveva tutta la mia stima e la mia fiducia, l’uomo che era
nientemeno il padre di quel traditore assassino. Sospirai e sentii
ancora più rabbia quando Meissa mi raccontò che
Deidra
era distrutta e non voleva credere alle verità del marito;
Rigel, invece, di solito molto polemico nei confronti del fratello,
sembrava cauto nello schierarsi, anche se cercava di convincere la
sorella ad aprire gli occhi su Mirzam e a non opporsi al loro padre.
Sorpreso, le chiesi che informazioni avesse Rigel per essere
così misurato, ma Meissa si limitò ad alzare le
spalle,
sostenendo che forse non voleva esacerbare ancora di più il
pesante clima familiare. Ero perplesso: a Herrengton, avevo notato che
Rigel, sotto la facciata da disincantato “combina
guai”,
nascondeva un'indole attenta e un notevole intuito nei confronti delle
persone e delle situazioni, finendo col trovare la soluzione giusta nei
momenti più caotici, com'era avvenuto anche il giorno del
matrimonio di Mirzam, quando tutti sembravano aver perso la ragione
perché non vedevano riemergere la barca. Sospirai: se,
nonostante tutto, ci fosse stata una parte di me disposta a credere
ancora nell'innocenza di Mirzam, avrebbe tratto spunto
dall’intuito di Rigel e non, anche se le volevo bene,
sull'amore
cieco di Meissa per suo fratello.
«E voi due come state? Mio
padre e tutti noi
abbiamo cercato di avere vostre notizie, per giorni, ma... non era
possibile venire a farvi visita a Inverness... »
Era un'argomentazione debole, lo sapevo, avevo avuto quasi due
settimane a scuola per farle quella domanda, sentii la faccia andarmi a
fuoco di nuovo per la vergogna di essere stato tanto vigliacco.
«Lo so, la mamma è
rimasta così
sconvolta da quanto accaduto a Herrengton che non ha permesso a nessuno
di avvicinarsi; alla fine, però, Moody, l'Auror, ha
infastidito
mio padre anche in ospedale! I miei non mi hanno detto nulla, certo, io
però ho sentito un paio di Guaritori parlarne, ho finto di
essere addormentata mentre controllavano la mia cartella... loro erano
lì quando è successo... ed è stato
quel Crouch...
il capo degli Aurors... è stato lui a ordinare a Moody di
usare
ogni mezzo... »
«Come? Questo non è
giusto! Voglio
dire… tuo padre... è lui che è stato
attaccato… tutti voi siete… Con quale scusa...
»
«Credi che ci sia qualcosa di
giusto nel
nostro mondo, Sirius? Io non so se mio fratello è colpevole
o
innocente, non sono ingenua come mi credono tutti, non ho le stelline
davanti agli occhi... e non parlo così di mio fratello solo
perché gli voglio bene... Ho iniziato a ragionare... da
sola...
dimmi, Sirius, se qualcuno ti accusasse e tu fossi innocente, se, a
causa del nome che porti, sfruttassero qualsiasi scusa per addossarti
ogni colpa... non proveresti a fuggire?»
«Sì, ma...
»
«Non è stata una
grande idea fuggire
senza provare a difendersi, lo so, ma se ci avesse provato, sarebbe
servito a qualcosa? O sarebbe finito in carcere, in quel luogo orrendo
e spaventoso, portandosi dietro pure Sile? Conosco mio fratello... e ho
conosciuto Sile... Mirzam la ama, Sirius… non le avrebbe mai
fatto un torto simile... se fosse stato veramente un seguace del
Signore Oscuro... non avrebbe aspettato il giorno del loro matrimonio
per svelare il proprio volto, non avrebbe coinvolto anche lei... no,
non lei... e non avrebbe mai fatto del male nemmeno a me o a
Rigel!»
Mi parlò della sua teoria, con voce bassa e cospiratoria mi
raccontò delle pergamene rubate a Doire, della leggenda
della
sua antenata, Sheira nic'a Thon fuggita con Habarcat, di come, di
nuovo, la Fiamma fosse stata spostata, pur restando ancora dentro le
Terre. Aveva sentito suo fratello e altri ragazzi della Confraternita
parlarne, dire che la Fiamma era percepibile, che non era stata rubata
alla loro gente, che se il Lord non attaccava, era perché
Mirzam
non l'aveva sottratta per donargliela. Tutti loro, gli amici
più
stretti di Rigel, erano convinti che Mirzam non fosse scappato dagli
Aurors, ma si fosse allontanato per nascondere la Fiamma al Signore
Oscuro e proteggere meglio le Terre del Nord. Perché era lui
l'Erede di Hifrig... Sentii un brivido lungo la schiena, mi stava
dicendo che, all'interno della Confraternita, soprattutto tra i
più giovani, c’era chi vedeva nel Signore Oscuro
il nemico
e in Mirzam una specie di bandiera dell'opposizione? La fissai, non
sapevo se crederle e sperare che fosse così, ma annuii
promettendole il mio silenzio: forse era solo un'illusoria speranza,
certo, ma se quella fosse stata invece la verità...
«Spero tanto, per te, per lui,
per tutti voi
che sia così, anche se questo vorrebbe dire... »
«Mirzam e Sile sarebbero in
grave pericolo, se
questa fosse la verità, lo so... e mio padre guiderebbe una
Confraternita divisa e in parte a noi ostile, se continuasse a porsi
contro Mirzam... come se avessimo già pochi problemi...
»
Cambiai discorso, per non farla rattristare e preoccupare di nuovo, mi
disse che lei e Rigel si stavano riprendendo lentamente, in particolare
suo fratello, finito anche quella mattina in infermeria con una spalla
malconcia: il resoconto della zuffa con MacNair mi aveva colpito, non
immaginavo che tra gli Slytherins qualcuno arrivasse a tanto, era
“normale” che “mettessero in
difficoltà”
i ragazzi delle altre case ma Alshain e zio Alphard raccontavano sempre
che nei sotterranei vigeva un certo cameratismo e un “codice
d’onore”, le dispute non si risolvevano
brutalmente, ma
attraverso macchinazioni che miravano a battere l'avversario senza
esporsi in prima persona.
Certo,
ma con dei Troll come MacNair, un'azione basata su intelligenza e
astuzia sarebbe impensabile...
Rigel non aveva tentato di reagire, forse, visti i precedenti e la
situazione a casa, aveva deciso di ingoiare il rospo per non incorrere
nell’espulsione paventata e non dare altri dispiaceri a sua
madre.
O forse come dicono alcuni Gryffindors, non è e non
sarà più il ragazzo che era un tempo?
Meissa mi parlò anche dell'“alleanza”
con Narcissa,
nata con l'arrivo di Myrddin, il gatto che mia cugina le aveva
regalato, e di come avessero fatto pressione su Lucius
perché la
faccenda della zuffa non passasse sotto silenzio: Malfoy aveva
raccontato quanto era accaduto a Slughorn, che aveva inviato quella
stessa mattina una lettera formale al signor MacNair, con cui lo
avvertiva di nuove, severe ammonizioni tra le quali, probabilmente,
anche l’espulsione del figlio. Quella era, finalmente, una
buona
notizia: quel gradasso ne aveva combinate di tutti i colori in quei
pochi mesi, aveva iniziato a prendere di mira Rigel quando i fratelli
Sherton l'avevano accusato davanti al Preside della mia misteriosa
aggressione e da allora le cose erano andate sempre peggio.
«Ecco, il motivo, dunque... Mi
pareva strano che parlassi con Malfoy, stamani... »
«È stata tua cugina
a
convincermi... gli ha fatto capire che conveniva anche a lui
per... »
Meissa si fermò, io la guardai incuriosito, non capivo
perché di colpo fosse così titubante.
«Non starai diventando
così amica di
Malfoy da difenderne i segreti? Ahahahahah... Sarebbe la fine del
mondo!»
«Non scherzare, Sirius... lo
trovo insopportabile e odioso, lo sai... ma… »
«Ma? Esiste un ma? Che cosa
c'è di
diverso? Perché ti fai scrupoli a dire ciò che
pensi di
quel damerino?»
«Non lo so... forse... non mi
pare carino
verso tua cugina dire malignità su quello che
sarà suo
marito... lei è così… gentile con
me... lo
è sempre stata... ora poi si adopera anche per aiutarmi...
»
«Chi? Narcissa? Stai
scherzando, vero?
Andiamo, Mei, Lucius ti ha aiutato per il suo tornaconto, e non
illuderti, perché anche mia cugina vorrà di
sicuro
qualcosa da te!»
«Di quale tornaconto parli?
Quanto a
Cissa… è stata una delle poche persone gentili
verso di
me da quando sono a scuola... e lei… c'era, quando la
maggior
parte degli altri mi ha abbandonato!»
Le lacrime le salirono agli occhi, mi sentii un verme vedendo le tracce
di un’altra ferita inferta dal mio silenzio.
«Scusami... »
«Non parlavo di te, Sirius...
»
«No, hai ragione, ti ho fatto
star male, anche
se non volevo. Desidero rimediare, Mei, per questo ti avverto...
Narcissa è una Black, potrebbe avere un preciso interesse a
comportarsi così!»
«Quale interesse? E cosa
c'entrano i Black,
ora? Vuoi dirmi che anche tu mi parli e mi chiedi scusa per avere
qualcosa in cambio? Sbaglio o anche tu sei un Black, Sirius?»
«Certo che no...
cioè... voglio dire...
certo, vorrei che mi considerassi ancora tuo amico, ma... non pretendo
nulla... cioè… è solo che... Salazar!
Senti...
Walburga Black è mia madre ed è anche sua zia,
Meissa! Ed
è la peggior intrigante che io conosca... e che conosci
anche
tu... e... lo sai di cosa ho paura... »
«Tua madre può
intrigare quanto vuole,
Sirius, mio padre mantiene sempre le sue promesse, lo farà
anche
con le promesse che ha fatto a me... e mi lascerà libera di
scegliere la vita che voglio!»
«Appunto... »
Tacqui. Ciò che all'improvviso temevo era che un'amica
gentile,
generosa, prodiga di consigli fosse proprio l’arma scelta da
mia
madre per manipolare Meissa e portarla a desiderare ciò che
progettava lei... conoscendone la caparbietà,
però, se
avessi detto a Meissa che cosa pensavo, l'avrei fatta arrabbiare ancora
di più. Meissa mi fissò interrogativa poi, visto
che mi
ostinavo a restare zitto, cambiò discorso ed io sospirai,
sollevato.
«Che notizie ci sono da
Grimmauld Place? Come sta Regulus?»
Le raccontai che mio padre era rimasto turbato dagli ultimi
avvenimenti, il che era normale visto quanto era rimasto coinvolto,
lui, un uomo che metteva nel “disimpegnarsi sempre e
comunque” ogni sua energia. Per alleggerire un po' i discorsi
le
raccontai che Regulus mi aveva scritto pochi giorni prima, la sua
lettera era nascosta nel pacco di vestiti nuovi che avevo ricevuto da
Londra in settimana: il moccioso era tutto eccitato al pensiero del
compleanno ormai prossimo, sognava la sua prima bacchetta e la lettera,
contava ormai i giorni, ma soprattutto era felice perché
sembrava che nostro padre gli avesse promesso di accompagnarlo a Diagon
Alley e che avesse spostato la maggior parte dei suoi impegni solo per
“esserci”. Lo dissi a Meissa cercando di celare la
gelosia
che provavo verso mio fratello, perché, un anno prima,
l’indomani del mio compleanno, quando eravamo andati da
Ollivander, mio padre mi aveva seguito controvoglia, l’uscita
era
stata frettolosa e tornati a casa, papà era uscito di nuovo
tutto il giorno, senza dedicare un po' di tempo a parlare con me, per
occuparsi dei suoi affari.
«Dovremmo comprargli un
regalo, non trovi? Undici anni non si compiono tutti i
giorni!»
«Purtroppo tuo fratello
è in punizione,
quindi non possiamo chiedergli di comprare un regalo a Hogsmeade per
conto nostro, e i grandi di Gryffindor sono tutti nella stessa
situazione... »
«Narcissa, però,
può uscire:
andrà fuori con le amiche anche domani... potremmo chiederle
un
suggerimento, darle i soldi e affidarci a lei... Stravede per tuo
fratello, non si tirerà indietro... »
L'idea di avvicinare mia cugina e vederle in faccia tutto il suo
altezzoso disprezzo, mi fece salire alla gola una delle solite
battutine che innervosivano “sua maestà la
principessa di
ghiaccio”, e un ghignetto che ebbi difficoltà a
celare a
Meissa, rimediando un'occhiataccia. D'altra parte, avendo visto quanto
Narcissa fosse già riuscita a infilarsi nella sua vita in
quelle
poche settimane, mentre io mi comportavo da idiota, dovevo fare molta
attenzione o mi sarei rovinato con le mie mani, dimostrandole che Cissa
aveva ragione se, o meglio, quando mi dava dello stupido...
Puoi
metterci la
mano sul fuoco, Sirius, l’ha mandata mammina cara per
screditarti
agli occhi di Meissa, magari proprio a favore di Regulus…
«L'idea di parlare con mia
cugina non mi
esalta, lo sai, ma devo e voglio mandare qualcosa di speciale a quella
piattola, e poiché mia madre potrebbe farlo sparire come a
Natale... »
«… nasconderai il
tuo regalo nel mio
pacco, Sirius, così tua madre non potrà buttarlo
via e
tuo fratello saprà quanto lo pensi e quanto tieni a lui...
»
«Questo non è
vero... quel moccioso è solo un'inutile piattola, per me
e... »
«Certo... per questo
non hai premura che
il regalo gli arrivi sano e salvo, vero? Anch'io ho dei fratelli,
Sirius, so cosa si prova a star loro lontano... ho avuto nostalgia di
Rigel, quando è partito per Hogwarts, anche se litighiamo in
continuazione, appena siamo insieme... so come si sente Regulus, da
solo a casa... e ora che sono io a scuola e i bambini sono a
casa… so anche come ti senti ora tu... »
Mi strinse forte la mano, io cercai di obiettare, ma... Era vero, con
lei non potevo fingere, le sorrisi e lei fece una battuta in gaelico
che non compresi, ma ne intuii il senso dalla sua aria divertita.
Poco dopo entrammo nel cortile in cui si svolgeva la lezione: la Hooch
aveva accolto gli studenti con il solito fischietto in mano ma senza
gli Elfi con la cassa delle scope al seguito, i nostri compagni si
erano già disposti in doppia fila ordinata davanti a lei,
incuriositi ma soprattutto intimoriti all'idea di passare anche quella
mattinata di sole chiusi in un'aula ammuffita a sorbirci dettagli
inutili sui Legni e sulla produzione delle Scope Volanti.
«Pigro e ritardatario come
sempre, signor
Black! E lei, signorina Sherton? Sta cercando di adeguarsi e vuol
abbassare la sua media? Cinque punti in meno a testa, e ora in fila,
muoversi!»
Diventammo color porpora, mentre la Professoressa ci fissava con
consueto sguardo impenetrabile e ci ripassava con le sue osservazioni
pungenti, vidi Meissa mordersi un labbro per l'irritazione al pensiero
di un voto basso e la riprovazione dei compagni di Casa per i punti
persi, io cercai di far finta di nulla, nonostante le risatine di James
e qualche battuta nervosa di alcuni miei compagni.
«Ora vi metterete in marcia...
e guai a chi di
voi rallenterà la fila o mi farà perdere tempo
non
rispettando gli ordini... oggi parleremo di Quidditch e lo faremo in
maniera attiva, vedrete com’è fatto il Campo di
Volo,
proverete l'ebbrezza di entrare in uno stadio dalla parte dei giocatori
e misurerete con le vostre gambe le reali dimensioni del terreno di
gioco... »
Ci guardò tutti, uno per uno, trattenendo a stento il
ghignetto
soddisfatto nel vedere le nostre espressioni confuse e incredule che
via via diventavano euforiche ed entusiaste.
«Comportatevi come si deve e
vi lascerò
liberi di sperimentarlo in sella alle vostre scope! Alt! Non
più
di cinque per volta e all'altezza che stabilirò io... sono
stata
chiara, signor Potter?»
Remus diede una gomitata a James, intento a far gestacci a Yaxley, gli
stava mimando che lui, James Potter, il dio del Quidditch di
Gryffindor, avrebbe raggiunto e doppiato la punta della Torre di
Astronomia, mentre ancora quel pallone gonfiato di uno Slytherin era
impegnato a convincere la scopa a staccarsi da terra. Potter
guardò storto Lupin, poi capì che la Hooch lo
stava
fissando e cercò di calmarsi. C’eravamo messi in
marcia,
in doppia fila ordinata e silenziosa, simili a una colonna di
soldatini, che rispondevano a una voce sola agli ordini dati a suon di
fischietto dalla Professoressa: mi sarebbe piaciuto fare anche
quell'ultimo pezzo di strada con Meissa, parlare di qualcosa di lieve e
piacevole, finalmente, ma dovevamo restare divisi per Casa. James, in
compenso, come sempre, rese movimentata quella
“trasferta”
attraverso il bosco.
«Vedrai, Black... vedrai se
non ho la stoffa del vero Cercatore!»
«Smettila, Potter, la Hooch ha
detto che ci
farà salire sulle scope, non ha detto che giocheremo a
Quidditch... »
«Sei noioso Black... pigro,
noioso, privo di
fantasia... “disentusiasmante”... si dice
“disentusiasmante”, Remus?»
«No... questa è
un'altra delle stupidaggini che inventi tu, James... »
«Non importa... e pure
coniglio, Black,
sì... pure coniglio... ammettilo che speri che non
ci
faccia giocare, perché hai paura di confrontarti con me...
»
«Io? Figurati se ho paura di
te, porcospino!»
«Ora basta! Basta con questo
chiacchiericcio!
Potter, Black, smettetela immediatamente o vi rimando indietro, dal
Preside, entrambi, all'istante! Sono stata chiara?»
Tacemmo subito, non prima di aver sibilato a James “Hai
visto,
sei contento?” e riprendemmo a camminare... per sicurezza,
però, visto che Potter non faceva che voltarsi verso Remus e
Peter per ottenere l'attenzione che io non gli rivolgevo
più, la
Hooch percorse la fila e arrivò davanti a noi, prese per un
braccio James e lo portò avanti, accanto a Lily Evans,
rimasta
spaiata dopo che Snivellus era stato rispedito tra i suoi compagni di
Casa. Accanto a me fece scorrere invece Frank Longbottom, sicura che,
con accanto “mister perfettino”, sarei stato zitto
e buono.
Guardai avanti, vidi Potter voltarsi più volte, tutto
soddisfatto, verso di me, facendomi capire chi dei due ci aveva
guadagnato nello scambio, poi però risi io,
perché James,
sottovoce, cercò di attaccar bottone con la Evans, la quale
s’impuntò, soffiò contro di lui come un
gatto
selvatico, poi alzò la mano per richiamare l'attenzione
della
Professoressa, fermando la fila, e disse che Potter la infastidiva. La
Hooch prese di nuovo James per un braccio e stavolta se lo
portò
a capofila, con sé, davanti agli Slytherins che guairono
dalle
risate e lo indicarono, sbeffeggiandolo.
Da quel momento, al fianco della Hooch, James non si voltò
più e fu un vero peccato, avrei voluto che mi guardasse e
vedesse quanto, ormai, stavo ridendo io.
Non lo sai, James? Ride bene chi ride ultimo...
Merlino, allora è vero… ti devo proprio insegnare
tutto...
***
«Bravi, complimenti! Un'altra
punizione... dal ritorno a scuola questa sarebbe la
numero...?»
James ed io camminavamo a capo chino, di ritorno dalle oltre tre ore
passate al campo di Quidditch. Alla fine di quella lunga mattinata
c’era stato… come dire… oltre a tutto
il
resto… un piccolissimo… contrattempo... Nulla di
che a
dire il vero, ma... Fissai James, James fissò me, scoppiammo
a
ridere, mentre Peter ci guardava, incredulo che prendessimo
così
la prospettiva di un’altra settimana agli arresti, e Remus si
nascondeva la faccia tra i palmi, esasperato.
«Voi due siete... non ci sono
parole per
voi... no... non ci sono... Quando capirete che questa è una
scuola!»
«Suvvia, Remus, cosa vuoi che
sia? James ed io
vogliamo diventare i migliori “lustra-argenteria”
di
Hogwarts, occorre che Mastro Filch ci dia l'opportunità di
esercitarci, ahahahahah... »
«Lustra-cosa? Merlino! Tua
madre sarà entusiasta quando saprà tutto questo,
Black!»
«Ahahahah... »
«Ahahah... »
«Pazzi... irresponsabili...
è questo che siete... tutti e due... due... pazzi!»
«Hai visto che faccia, Sirius?
Ahahahah... »
«Sì,
però… Remus ha
ragione... pure tu... dovevi andarti a incastrare proprio in quel
modo?»
«Il Quidditch è il
Quidditch, Black...
ed era la prima volta che entravo in un vero campo... »
«Ma se ci sei entrato ormai
non so quante volte!»
«Vero! L'ho fatto sempre e
solo da spettatore, però... Oggi invece... »
«Salazar! È solo il
campo della scuola, James!»
«E allora? Oggi è
il campo della
scuola, domani saranno i più grandi stadi del mondo!
Ottimismo,
Black, ottimismo! Bisogna sempre pensare in grande, molto, molto in
grande... »
Mi diede una pacca sulle spalle e ci superò tutti, con
quell'andatura un po' stramba con cui, diceva, era facile farsi notare
dalle femmine ma che a me sembrava solo la camminata di un cretino.
Eravamo diretti in Sala Comune ed eravamo gli ultimi, avremmo fatto
tardi pure per il pranzo, dopo la ramanzina presa al momento di
cambiarci negli spogliatoi: James, infatti, dopo le intemperanze del
tragitto d'andata, era stato fin troppo calmo e buono, anche
perché la Hooch l'aveva minacciato di non farlo volare se
avesse
continuato a sghignazzare e a “infastidire la signorina
Evans”. Poi, però, a fine lezione, Potter aveva
recuperato
il tempo perduto. In realtà, l'avevamo sottovalutato tutti,
ogni
azione del porcospino, fin dall’inizio, faceva parte di un
piano.
Un piano al quale quello sbruffone ridente lavorava da un sacco di
tempo. Lo fissai e sghignazzai.
Che valore hanno le conseguenze, quando hai James Potter come compagno
di scorribande?
*
Una volta raggiunto il campo, James si era trasformato nel ragazzino
più buono e tranquillo che avessi mai visto, addirittura
più innocuo e ubbidiente di quella mammoletta di mio
fratello.
All'inizio avevo pensato facesse così per paura che la
Professoressa lo punisse, che per questo restasse impalato
all'ingresso, senza correre come un forsennato in giro per il campo
come facevano pressoché tutti gli altri, per lo meno quelli
non
terrorizzati all'idea di dover volare di lì a poco, poi
avevo
capito che era stato colto da una tale emozione da non essere
più capace di spiccicare una sola parola. Era accaduta una
cosa
simile anche a Regulus e persino a me, l'estate precedente, ma almeno
noi eravamo stati invitati a un vero allenamento del Puddlemere United,
non stavamo solo entrando in un campo nel quale avevamo visto partite e
allenamenti già una decina di volte.
Quando gli ero passato vicino, gli avevo messo una mano sulla spalla e,
divertito, gli avevo gracchiato a un orecchio “Allora esiste
un
modo di farti stare zitto, porcospino!” si era
momentaneamente
ripreso, si era reso conto che stava facendo la figura del babbeo e,
con l'andatura scombinata che lo caratterizzava, si era deciso a
muovere prima un passo poi un altro dentro il campo, dopo di che non ci
aveva più degnato di un solo sguardo perché era
andato in
esplorazione del suo “habitat”, come lo chiamava
lui,
intrufolandosi fin nei punti più reconditi e impraticabili
della
struttura. Un paio di volte la Professoressa Hooch era andata a
riprenderlo mentre se ne stava alla base di uno dei pali degli anelli,
fissandolo con il naso all’insù, in una specie di
contemplazione mistica.
«Che cosa sta facendo signor
Potter? Le ho
detto di prendere confidenza con le misure del Campo di Volo, non di
fare... qualsiasi cosa lei stia facendo in questo momento!»
Noi amici lo guardavamo sempre più preoccupati, mentre gli
Slytherins sghignazzavano e Yaxley addirittura faceva il tipico gesto
di chi ha perso qualche rotella. La maggior parte delle femmine, per
sua fortuna, era troppo spaventata all'idea di doversi alzare fino
all'altezza di un anello per curarsi di lui, e, almeno di quello, James
doveva essere grato agli dei, perché sarebbe stato molto
umiliante se la Evans l’avesse guardato mentre stava dando
chiari
cenni di pazzia.
Remus era corso in suo soccorso, per assicurarsi che andasse tutto
bene, ma James non era stato in grado di spiccicare parola. Da parte
mia, io non avevo potuto fare molto per lui, tutto impegnato com'ero a
rassicurare Peter che tremava come una foglia: mancavano solo tre turni
prima che toccasse a lui salire sulla scopa, fare un giro lungo il
perimetro del campo infine raggiungere uno dei pali per alzarsi
all'altezza dell'anello, e sembrava sul punto di svenire, terrorizzato
com’era. In effetti, poi, quando toccò a lui,
passò
tutto il tempo su una specie di scopa indemoniata e ingovernabile, con
la Professoressa che gli intimava di ricordarsi gli incantesimi
appresi, di smetterla di fare il bambino mentre il legno ostinatamente
si alzava e si riabbassava cercando di disarcionarlo, un minuto
sì e l'altro pure. Alla fine, reso viola dalla nausea, era
pure
caduto, per fortuna a pochi centimetri da terra, e la Hooch,
spazientita, l'aveva esonerato dal salire fino all'anello.
Nel frattempo, quando Potter era tornato indietro con Lupin, ci aveva
fissato con uno sguardo strano, dietro gli spessi occhiali da vista:
non sapevo cosa avesse ma i suoi occhi nocciola sembravano accesi da
una luce di follia, sembrava addirittura spiritato, come dicevano Remus
e Peter, ancora preda della nausea.
«Non c'è alcuna
luce strana, nei miei
occhi, Black, a parte quella del Campione, che finalmente inizia a
comprendere e realizzare il proprio Destino... »
Gli avevo dato uno scappellotto su quella massa di rovi incolti
tuonando “Sgasati, pallone gonfiato!” poi ero
salito sulla
mia scopa perché toccava a me: volevo fare il mio giro del
campo, leggiadro ed elegante, non che m’importasse qualcosa
di
quella lezione, certo, ma era anche il turno di Meissa ed io non volevo
che fosse sola mentre le ronzavano attorno dei cascamorti della risma
di Yaxley.
«Black… Vedi di non
farla cadere, la tua principessina, imbranato come sei! Ahahahah...
»
Gli avevo risposto con una battutaccia che mi aveva insegnato Rigel,
sapevo che, da bravo scozzese, James avrebbe capito e, infatti, mi
sillabò la risposta, che ancora non conoscevo, ma che mi
sarei
fatto spiegare da Sherton alla prima occasione. Con tanto di risposta
adeguata all'insulto, naturalmente.
Presi subito velocità e mi affiancai a Meissa, senza trovare
particolari problemi, il tempo trascorso a Herrengton ci aveva visto
impegnati in esercizi molto più difficili e sentivo che non
avrei mai ringraziato a sufficienza Alshain, soprattutto quando vedevo
il livello d'imbranataggine della maggior parte dei miei compagni. Dopo
quasi cinque mesi di tentativi, quasi tutti stavamo più o
meno
saldamente sulla scopa da fermi, ma quando si trattava di staccarsi da
terra si assistevano ancora a vere e proprie tragedie, solo una piccola
parte di noi Gryffindors montava in sella con una parvenza di sicurezza
e pochissimi, quelli già abituati al volo prima di entrare a
scuola, riuscivano a destreggiarsi abilmente: di noi quattro, Peter al
solito era quello più indietro, mentre Remus aveva fatto
notevoli progressi, pur non essendo mai salito su una scopa prima di
arrivare a Hogwarts. Quanto a James, nonostante tutte le mie prese in
giro e, forse, una punta d'invidia, era nato per stare sulla Scopa e
non perdeva occasione per dimostrarlo. Sapeva che da febbraio i ragazzi
della Squadra di Quidditch avrebbero bazzicato le nostre lezioni di
volo per studiarci e farsi un'idea di quali elementi sarebbero stati
loro utili per il campionato dell'anno seguente e James aveva un sogno,
essere il Cercatore dei Gryffindors, un sogno che lo seguiva fin da
bambino e che ora, un po' ridendo e scherzando, un po' seriamente, gli
sarebbe stato utile anche per farsi notare e forse apprezzare da una
certa ragazzina scontrosa con cui battibeccava sempre ma che iniziavo a
sospettare gli piacesse molto più delle altre.
«Facciamo a chi arriva in alto
per primo?»
Meissa, accanto a me, mi sorrise ma fece di no con la testa, era meno
veloce di me e soprattutto di James, ma aveva un modo di stare sulla
scopa che tutti, a partire dalla Hooch, definivano
“elegante”: dopo la lezione in cui era stata
salvata da
James, la Scopa faceva sempre e soltanto quello che voleva lei e
spesso, quando James la sbeffeggiava, sostenendo che fosse troppo
lenta, sospettavo che Meissa in realtà celasse le sue
capacità, seguendo il famoso suggerimento di Alshain:
Mostrate le vostre
vere capacità solo quando siete sul campo, mai in
allenamento, o
l'avversario avrà modo di conoscervi e mettervi nei guai...
Per un po' volammo in cerchio attorno al campo di gioco, come ci diceva
di fare la Hooch, distanziammo Yaxley e gli altri due Slytherin che
avevano spiccato il volo con noi, poi seguii Meissa mentre volava
intorno al perimetro, controllava i punti in cui gli sbalzi delle
gradinate e delle torri potevano celare pericoli per i giocatori, e
rientrava in pieno campo per considerare le distanze dei pali. Anche se
facevamo parte di due Case diverse, la Hooch non ci riprese, nemmeno se
stavamo parlando e ci mettevamo una vita, anzi ci guardava soddisfatta
perché, anche senza bisogno delle sue indicazioni, Meissa mi
segnalava tutti i punti pericolosi di uno stadio, da degna figlia di un
vero giocatore di Quidditch. Mentre i suoi compagni erano
già
scesi e altri tre ragazzi si preparavano a salire in sella alla scopa,
ci avvicinammo alle aste per raggiungere la cima degli anelli: mi
appiattii sul legno, come mi aveva insegnato Alshain, per prendere
velocità, volevo farle vedere che stavo migliorando anch'io
rispetto all'estate e che, nonostante la mia indubbia pigrizia, non
fossi neanch’io tanto male, mi voltai a guardarla, lei mi
sorrise, aveva capito che stavo per farlo solo per lei, presi
velocità, mi protesi ancora di più e allungai la
mano
pregustando il momento in cui avrei toccato il cerchio in cima alla
pertica, e avrei gridato, ridendo, di aver fatto punto;
all’improvviso, però, sentii un fruscio vicino
alla mia
testa, mi voltai a sinistra e non vidi nulla, alzai la testa e vidi
solo la coda della Scopa di James Potter che sfrecciava davanti a me e
raggiungeva la cima dell'asta quando io ero ancora a metà
della
salita.
«Buona la polvere? Siamo
troppo lenti per stare su una Scopa da Quidditch! Ahahahah...
»
James mimò uno che dorme sulla scopa poi ridiscese, arrivato
accanto a me fece un occhiolino malizioso: io ero già pronto
a
insultarlo, quando compresi che smorfia e parole non erano per me, mi
voltai e vidi Meissa, al mio fianco, che lo fissava con sguardo
omicida. Mi superò ed io finsi che le parole fossero per me,
risposi a tono a James, deciso a dargli una lezione appena fossi
tornato a terra.
*
Dopo quasi tre ore di esplorazione e salite, la Hooch ci aveva lasciati
un po' liberi di muoverci come volevamo con le Scope: quelli
più
terrorizzati ottennero il permesso di salire sugli spalti e guardare
gli altri, dopo aver fatto ancora un po' di esercizio di controllo dei
Legni, gli altri provarono a sollevarsi a piccole altezze e a fare
cerchi via via più ampi, per provare le velocità
e gli
scatti. Volevo approfittare del momento per parlare ancora con Meissa,
ma non ci riuscii più, tutta impegnata com’era a
far
vedere a quel pomposo di Snivellus e alla sua amichetta dai capelli
rossi come acchiappare la Scopa e ridurla subito alla propria
volontà, evitando così brutte sorprese. Non avevo
notato
com'era andato il primo giro di Lily Evans intorno al campo, quel
giorno, ma ricordavo, prima di Natale, una mocciosa terrorizzata
dall'altezza e con una sorta di timore sacro per le Scope:
evidentemente, però, i suggerimenti di Meissa le erano stati
utili, perché per il resto della mattinata vidi lei e il suo
amichetto borioso che giravano a media altezza senza troppi problemi,
un po’ lenti, certo, ma con una sicurezza sufficiente a
evitare
scossoni e capottamenti.
La prossima
settimana convincerò Meissa ad aiutarmi con Peter,
terrorizzato
com’è, ci vorrà tutta la mattina per
metterlo sulla
Scopa ed io potrò stare tutto il tempo che voglio con lei!
Ghignai, deciso a sfruttare la situazione a mio vantaggio, e tornai da
Remus e Peter; James mi stava debitamente alla larga, impegnato a
chiedere non capivo cosa alla Hooch: temeva che appena mi fosse
capitato a tiro la mia vendetta sarebbe stata implacabile
così
si teneva al sicuro, non potevo fargli nulla mentre ronzava intorno
alla Professoressa. D'altra parte, la mia idea iniziale di fargli uno
scherzo memorabile si stava dissolvendo, perché aveva fatto
più lui con le sue battutine irridenti, per far tornare
Meissa
in sé, che io con tutti i miei tentativi di essere galante.
Guardai Meissa, l'aria smunta che aveva al mattino aveva lasciato il
posto a un'attenzione spasmodica nei confronti della sua vittima,
sghignazzando ricordai quanto terribili fossero gli scherzi che i
fratelli Sherton si scambiavano a Herrengton e ghignai pensando che
James non avesse idea dei guai in cui si era cacciato stavolta.
«Non stai progettando
un’altra delle tue follie, vero Sirius?»
«Chi? Io? Che cosa
vorresti dire, Lupin?»
«Nulla… di solito
però, quando
fai quella faccia, non c’è da spettarsi nulla di
buono… »
«Ahahahah... No,
no… non temere, Remus,
stavolta a noi toccherà solo il ruolo di spettatori,
fidati!»
«Sarà…
Noi andiamo, Peter,
lasciamo che si mettano nei guai per conto loro… »
Quando fu tempo di tornare al castello, la Hooch ci invitò a
depositare le scope nelle casse ai suoi piedi e a ritirarci negli
spogliatoi per toglierci la divisa da volo e riprendere i nostri abiti
abituali e i nostri mantelli. Ci fu un poco di trambusto tra gli
Slytherin, non compresi subito cosa fosse successo, qualcuno poi disse
che era scoppiato un sacchetto di “Polvere
Urticante”
all’ingresso dello spogliatoio maschile al passaggio di
Yaxley,
capofila degli Slytherin. Dopo un attimo di sorpresa e molti dubbi, non
ebbi problemi a capire chi fosse il responsabile, perché in
quel
preciso istante, James Potter, facendo finta di nulla,
approfittò della confusione per sgattaiolare via dal
corridoio
che portava agli spogliatoi e intrufolarsi nel camminamento che portava
sotto gli spalti.
Sotto lo sguardo allibito di Remus, che tentò invano di
fermarmi, decisi di andare a vedere cosa stesse complottando,
così, appena la Hooch disse a Mastro Filch di occuparsi di
noi e
riportarci al castello, mentre lei accompagnava quello sbruffone di
Yaxley in infermeria, vittima di un attacco di Orticaria Gnaulante,
raggiunsi il camminamento e iniziai a percorrerlo, facendo attenzione a
dove mettevo i piedi e rallentando la mia andatura a causa degli
ostacoli e dell’oscurità che incontravo.
Possibile che Potter abbia progettato tutto, che non stia solo
approfittando della situazione?
«James, dove ti sei
cacciato?»
Sentii un rumore stridulo e non vidi niente, estrassi la bacchetta che
tenevo alla cintola e la puntai cercando di fare luce, ma
là,
sotto gli spalti di solito occupati dagli Hufflepuff, non si vedeva
niente.
«James! James!»
«Zitto, Black! Vuoi farci
scoprire? Piuttosto sbrigati, che mi sono incastrato…
»
«Se è un altro dei
tuoi scherzi Potter, giuro che… »
«Quale scherzo? Mi sono
incastrato davvero, aiutami!»
Avanzai tentoni, all’inizio non vedevo nulla, nulla di
distinguibile almeno, c’era una confusione di travi
intrecciate
per sorreggere tutta la struttura sovrastante, di foglie che si erano
incastrate e pure altri oggetti strappati dal vento e spinti
là
sotto provenienti da chissà dove. Non sapevo dove fosse
Potter,
non ne riconoscevo nemmeno un capello. Seguendo il bisbiglio,
però, alla fine, raggiunsi la fila più bassa
degli
spalti, e lì trovai James, in una posa a dir poco comica, in
ginocchio, un braccio teso sotto lo spalto, la faccia a terra e gli
occhiali di traverso sul naso, nel vano tentativo di far forza e
liberarsi.
«Esci di lì, James!
Tra poco capiranno che non siamo con gli altri… »
«Non ci riesco
Black… dai… vieni
qua! Aiutami… Mi si è incastrato il gomito, per
davvero… non riesco a tirarlo via... e non riesco nemmeno a
prendermi la bacchetta dalla tasca… »
«E cosa diavolo ci fai
lì? Come hai fatto a finire in quel modo?»
Cercai di tirarlo via ma non ci riuscivo, lo presi per le spalle e
tirai, James mugolò indolenzito, mi chinai accanto a lui,
cercai
di inserire la mano e disincastrarlo, ma per poco non rimasi pure io
bloccato là sotto, doveva esserci un travetto mobile, che se
toccato ruotava e incastrava, feci Lumos e andai alla ricerca di
qualcosa con cui far leva, era pieno di listelli, doveva esserci per
forza qualcosa di utile. All’improvviso, però,
restai
pietrificato, perché dall’oscurità
dietro di noi
percepii un rumore strano, passi soffici che si muovevano nella polvere
e nel silenzio, all’inizio era indefinibile, poi compresi che
era
il passo felpato di un gatto, un gatto che si stava avvicinando.
«Godric, no… fai
che non sia quell’impicciona della gatta di Filch!
Black… »
«Stai zitto, James!»
«Sono qui? Uhm…
Sono qui quei delinquenti, mia dolce Missy?»
«Sta arrivando, Black,
aiutami!»
Mi avventai su James, lo abbracciai per i fianchi e cercai di tirarlo
via, feci così forte che Potter si sbloccò,
scivolò all’indietro e cademmo uno addosso
all’altro, in mezzo alle foglie e altre porcherie, io iniziai
a
tossire piano, James, che già mugolava dal dolore,
respirò così tanta polvere che quasi si
strozzò
tossendo, i capelli sparati per aria addobbati di tante foglie secche,
da sembrare un cervo appena uscito dal sottobosco. Fu però
quando vidi che cosa reggeva nella mano rimasta incastrata, che gli
occhi mi uscirono dalle orbite.
«Come diavolo hai fatto,
Potter? Cosa ci faceva la tua Scopa qui dentro?»
James sorrise, con la sua migliore aria malandrina, come se non fossimo
in una situazione d’emergenza, io lo tirai per un braccio
cercando di portarlo in un punto più nascosto, pregando che
ci
fosse da qualche parte qualcosa abbastanza grande in cui infilarci e
aspettare.
«Siamo fregati, Black, ci ha
beccato, non
possiamo andarcene senza essere visti... cioè…
potremmo,
ma poi tutti capirebbero che ho usato un... trucco speciale…
Filch sa che sono qui… »
«E allora? Che intenzioni
hai?»
«Questa Scopa non DEVE
trovarmela addosso,
Black… forse non sa che ci sei anche tu, qui,
perciò
prendi il mantello che tengo in tasca e nasconditi… e
qualsiasi
cosa accada, sii Gryffindor, e proteggi la mia Scopa, fosse pure a
costo della tua vita!»
Mi ritrovai con la preziosa scopa da Quidditch di James in mano, con il
suo prodigioso mantello nell'altra, consapevole che il mio amico fosse
fuori più di un balcone. Non feci in tempo a buttarmelo e
soprattutto buttarcelo addosso, l'unica cosa che riuscii a fare, fu
avvolgere la Scopa col mantello e attendere inerme che Mastro Filch ci
tirasse fuori di lì con sua somma, arcigna, perversa,
soddisfazione.
*
«Il tuo folle piano alla fine
qual era, James?
Librarti sul campo da Quidditch deserto, in sella alla tua Scopa,
mentre tutti noi eravamo già a pranzo?»
«No, no… a che
scopo, Remus? No...
Sapevo che la squadra di Quidditch dei Gryffindors ha allenamento dopo
la nostra lezione, la mia intenzione era ritornare al castello in sella
alla Scopa e salutarli dall'alto mentre sfilavano lungo il sentiero...
nessuno si sarebbe accorto della mia scomparsa, sarei arrivato al
castello prima di voi... Avevo pure adocchiato l’angolino
giusto
vicino al Cortile della Torre dell'Orologio... per atterrare senza
essere visto… »
«Santi Numi, James? E se fossi
caduto? Se ti fosse successo qualcosa?»
«Andiamo Remus, cosa poteva
mai succedermi? Io sono nato sulla Scopa! Non cadrò
mai!»
«Ha ragione, Lupin, non poteva
accadergli
nulla! A James non accade mai nulla, nemmeno di restare solo,
incastrato, al freddo e al buio, in un sottoscala deserto! Che scena!
Ahahah… »
«Godric! Tu ci ridi, Sirius?
Con questo
incosciente? E se non l’avessi seguito? Come si sarebbe
tirato
fuori da solo?»
«Naaa… se
l’ho fatto è
solo perché sapevo di poter contare su di voi... uno di voi
sarebbe venuto a cercarmi e a salvarmi, ne ero certo... altrimenti che
Malandrini saremmo? Ahahahah… »
«Ah no… io non mi
presterò certo a… »
«Basta, su... Filch ci
farà punire per
un'altra settimana buona, non c'è bisogno di infierire,
Remus...
»
Mi bastò un’occhiata per capire che Remus era al
limite,
così cercai di buttarla in risate prima che iniziassero ad
azzuffarsi seriamente.
«Una domanda però
è lecita, direi... »
«Quale domanda,
Peter?»
«Che fine ha fatto ora la tua
Scopa?»
James ed io ci fissammo e subito, di nuovo, scoppiammo a ridere.
«No, ditemi che non
è vero! NO!»
«Naturalmente sì,
Remus! È
ESATTAMENTE dove l’ho lasciata l'altra volta... Che cosa
credete?
Che basti questa disavventura a fermarmi? Sabato c'è un
altro
allenamento dei Gryffindors, no? E stavolta ci
riuscirò!»
Scoppiai a ridere, mi bastava ripensare alla faccia angelica di James
quando Mastro Filch ci aveva pizzicati là sotto e aveva
iniziato
a blaterare delle pene corporali che generosamente il preside Phineas
Nigellus Black, mio esimio antenato, infliggeva abitualmente ai
delinquenti della mia risma, invece di cercare di capire che cosa
stessimo facendo. E ridevo ancora di più al pensiero di
quello
che avremmo combinato il sabato successivo perché, ora che
conoscevo il segreto di James e che sapevo com’era riuscito a
sistemare la sua Scopa là sotto, senza che nessuno se ne
accorgesse, addirittura durante uno dei tanti allenamenti cui avevamo
assistito, immaginavo e ideavo che cos'altro avremmo potuto fare con
quel suo Mantello dell'Invisibilità.
«Ragazzi, non so se il viaggio
sulla Scopa sia
fattibile, ma di sicuro è ormai tempo di unire le nostre
forze e
le nostre abilità per iniziare a perlustrare il castello e
dare
il via alla sua conquista… »
Sorrisi, lasciando scivolare la mano in tasca e accarezzando il tessuto
magico che ero riuscito a riprendermi mentre Mastro Filch era impegnato
a pavoneggiarsi per la nostra cattura. Catturai con
un’occhiata
l’attenzione di James e ne approfittai per renderglielo,
James
annuì con un sorriso, anche lui desiderava come me mettersi
all’opera quanto prima. Peter e Remus continuavano a
camminare
dietro di noi e facevano battute su quanto fossimo due irresponsabili,
guardai James alla mia sinistra, era felice come una Pasqua, anche se
avevamo rimediato un'altra settimana da passare lucidando pentolame e
arnesi vari con Mastro Filch. Pensai a me stesso, alla bella mattinata
di sole appena trascorsa e, mentre raggiungevamo il cortile
dell’atrio principale, mi caddero gli occhi sul punto in cui
Meissa ed io c’eravamo fermati a parlare, dopo un silenzio
fin
troppo lungo.
Poco prima di entrare, con la coda dell’occhio,
all’improvviso, vidi James che si chinava e raccoglieva una
manciata di neve e, mentre Remus già gli mugolava contro di
fermarsi, di corsa mi superava, si piazzava sugli scalini e con la sua
mira migliore me la lanciava addosso: non ebbi il tempo di chinarmi,
presi il colpo in piena faccia, addirittura inghiottii della neve,
avendomi centrato mentre stavo parlando.
«Sveglia Black! Sveglia! Basta
pensare alle principesse! Ahahahaha… »
Non ci vidi più, mi chinai a mia volta, appallottolai la
neve e
gliela lanciai addosso, James fece la finta, si chinò,
riuscii
solo a dire un “NO”, seccato, mentre la palla di
neve gli
superava la testa, raggiungeva la porta che si apriva in quel momento,
e prendeva in pieno petto una figura avvolta nel mantello.
I nostri occhi s’incrociarono un solo istante, avevo ancora
la
mano alzata con la seconda palla di neve pronta da tirare, vidi la neve
sfatta che scivolava sul mantello e percorreva con una scia umida tutta
la figura arcigna della McGonagall, ritta di fronte a noi. Come al
solito, non si sprecò in troppe parole.
«Signor Black, signor Potter,
seguitemi nel mio ufficio… »
***
«... Faranno la fila per
avermi nella
squadra... m’imploreranno... e per te e per tutti quelli come
te,
stupido “risottero”, non ci sarà mezza
ragazza in
tutta la scuola, perché avranno tutte occhi solo per me... a
cominciare da quella musona della Evans! E chissà chi
altri...
Hai capito Black? Chissà. Chi. Altri... Questa è
una
promessa!»
A ogni parola, per sottolineare meglio il concetto, James Potter mi
puntava contro la sua piuma, senza rendersi conto che, a ogni colpetto,
l'inchiostro schizzava sulle nostre pergamene ancora tragicamente in
bianco.
... E sono
già le sei della sera... è sicuramente questo il
significato delle occhiatacce con cui ci sta fulminando di sottecchi da
almeno mezzora quello sgobbone di Lupin...
Rischiai di soffocarmi, per non ridere addosso a James, quando un paio
di quegli schizzi finì sulle sue dita: già
pregustavo il
momento in cui si sarebbe inzaccherato mezza faccia, se non addirittura
tutta.
…
Proprio
come i capi degli Inchiani, o Ondiani, o come Merlino si chiamano, quei
buffi Babbani mezzi nudi che vivono di là del mare, che si
mettono un copricapo di penne e si tingono la faccia, e cavalcano per
praterie sconfinate e sparano con i “fughiri”...
Remus deve
ancora avere da qualche parte uno di quei suoi pupazzetti dei capi
Tiux...
Peter, alla mia destra, assisteva impotente ai duelli verbali tra me e
James, cercando di farsi piccolo fino a sparire e guardandosi intorno,
circospetto: forse cercava una via di fuga per salvarsi dall'uragano
che presto si sarebbe abbattuto nella stanza, perché era
matematico che sarebbe accaduto, l'unica incognita era
“quando” si sarebbe scatenato.
…
Inutile
caro Peter, James ed io abbiamo occupato i posti più vicini
alla
porta, e siamo molto più veloci di te... appena ti alzerai,
ti
prenderemo come fanno i gatti col topo... e allora sì che
comincerà la festa! Non vedo l'ora!
Ghignai. James mi guardò, dovette accorgersi della luce
malandrina nel mio sguardo e s’inalberò ancora di
più, pensando di essere l'oggetto del mio scherno.
«Vedrai, vedrai... sfotti
pure, Black... Io
sarò il più grande Cercatore della storia dei
Gryffindors... e grazie a me la nostra squadra vincerà per i
prossimi sei anni... non ci credi? Quanti galeoni vogliamo scommettere?
Allora? Paura di perdere, Black?»
Remus, seduto a gambe incrociate nel baldacchino, tra le coperte e i
suoi tomi, assomigliava a un membro del Wizengamot abbarbicato sul suo
scranno di fronte agli imputati; a quell'ultima, ennesima
manifestazione di “modestia” da parte di James, si
abbandonò all'indietro sul letto, simulando un mancamento,
si
portò dietro il libro di Pozioni e ci nascose dentro la
faccia,
tanto era stremato dal nostro chiacchiericcio: durante quelle ore di
“studio” ci aveva sibilato contro non so quante
volte di
stare zitti e di pensare ai compiti, ci aveva ammoniti, ci aveva
ricordato che non ci avrebbe aiutato, ci aveva dato il titolo di
“sbruffoni”, “comari
pettegole”,
“folli” “disgraziati”
finché si era
arreso, aveva lasciato il suo posto intorno al tavolo insieme con noi e
si era ritirato dentro il baldacchino, aveva costruito quella specie di
“fortino di libri” sul letto, per non vederci, e ci
si era
sotterrato dietro, infilandosi persino i lembi delle lenzuola nelle
orecchie e cercando di far finta di nulla, qualsiasi cosa vedesse o
sentisse, per non essere travolto nel delirio di risate e sghignazzate
di quel pomeriggio.
…
Hai
ragione, tu hai sempre ragione, Lupin... il compito di Pozioni,
lunedì, sarà spaventoso e terribile, ma io sono
troppo
felice, anzi no, euforico rende meglio l'idea, per pensare a certe
quisquilie come il test concordato da Slughorn e dalla Sprut per
verificare quanto sappiamo cogliere i collegamenti tra le due
materie... o le punizioni che si son accumulate sul mio groppone e su
quello di James in meno di quattro ore... Nulla... nulla può
cambiare la sensazione di benessere che ho sottopelle da stamattina...
perché lei mi ha parlato di nuovo ed io non ho detto
stupidaggini che rovinassero tutto... e Potter... beh... quello
sbruffone di James Potter è la persona giusta da stuzzicare
e
strapazzare per mantenere alto il buonumore... e sfogare la mia
felicità...
«È naturale che
abbiano tutte occhi per
te, Potter, un porcospino con gli occhiali che dimena la coda e fa il
buffone su una scopa da Quidditch non è spettacolo che si
veda
tutti i giorni... »
«Coda? Quale... o Black... Io
non mi dimenavo!»
«Ah no? Da come parli,
però, ammetti di
essere un porcospino, vedi? È già un progresso...
»
«Te lo do io il porcospino...
Vuoi la guerra?
Stai attento, Black... I MIEI CAPELLI... NON SONO PIÙ...
ARGOMENTO... DI... DISCUSSIONE... CHIARO?»
Mi guardò in tralice, mentre mi si riempivano gli occhi di
lacrime, e quasi soffocavo per reprimere le risate, entrambi pur con
sentimenti opposti, stavamo ricordando la notte in cui Remus ed io
l'avevamo prima reso calvo, poi ridotto a un barboncino. Remus, per non
essere coinvolto, scivolò via dal letto e
s’immerse tra le
sue cose, cercando qualche oggetto immaginario e di colpo
indispensabile nel fondo del baule, bofonchiando “Oh no,
Merlino,
non di nuovo!”, Peter si tuffò a sua volta sotto
il tavolo
per rafforzare il nodo ai lacci delle sue scarpe o per studiare la
geometria delle zampe del tavolo, una nozione del genere doveva
essergli diventata all’improvviso essenziale. James ed io,
invece
restammo a fissarci, simili a due gatti che si studiano a lungo prima
di iniziare a soffiarsi e lanciarsi uno sull'altro, la piuma di James
che colpiva ritmicamente la pergamena, liberando ancora inchiostro, i
miei angoli della bocca si alzavano sempre più a mano a mano
che
la macchia si espandeva... Io guardavo fisso lui, lui fissava me, i
capelli sparati per aria ancora più del solito e
soprattutto,
ormai, una ditata d’inchiostro nero che campeggiava
orgogliosa
sulla punta del suo naso, formando uno strano alone a becco.
«Hai ragione, Potter...
lasciamo stare i
capelli, in fondo sparati così ti fanno sembrare
più
alto... e ne hai bisogno... sul naso invece si potrebbe aprire una
discussione, tu che ne pensi, Peter?»
Pettigrew ebbe la sciagurata idea di sospendere le sue
attività
sommerse, sbirciò da sotto il tavolo, vide James,
allargò
gli occhi e guardò me, implorante, appena si accorse
dell'ombra
scura che dalla punta, dopo l'ennesimo sfregamento, si estendeva come
una macchia di fuliggine su mezza faccia.
… No, no...
questa non è la decorazione di guerra di un capo Tioux,
quella
è proprio la maschera di un bandito: il nostro soprannome,
Marauders, è ogni giorno più azzeccato…
Potter, vedendo Peter osservarlo a bocca aperta,
s’innervosì ancora, pensando fosse qualcosa di
concordato
tra me e il mio complice e perse definitivamente la pazienza.
«Pensate un po' per voi!
Black, come stanno le tue gambette da femminuccia?»
«Le mie gambe non c'entrano
nulla, Potter, sei
tu quello ridicolo! Un bambino petulante, tronfio e ridicolo!»
«Io non sono un bambino...
»
«... Ehm... ma noi siamo
ancora tutti bambini,
James... la mia mamma lo dice sempre che io sono il suo bambino e...
»
«Ti prego, Peter, non ti ci
mettere anche tu, adesso!»
«Io ti stavo solo dando
ragione, Sirius... prendevo le tue difese... e dicevo... »
«Smettila di maltrattarlo,
Black... tu non
temere, Peter, ti difendo io, da vero, degno seguace del grande Godric
Gryffindor leverò alta verso il cielo la spada della
giustizia
al servizio dei piccoli e indifesi... e metterò in riga i
figli
della Serpe e... capito Black?»
Lo guardai, in piedi, lo sguardo fisso sull'orizzonte, non ressi un
secondo di più e mi sbracciai sulla sedia ridendo,
rischiando
pure di cadere all'indietro, anzi mi ripresi solo all'ultimo, per puro
miracolo.
«Ahahahahah…
»
«Hai finito?»
«Ahahahh... no... Potter,
no... come faccio a
smettere? Ti senti? Io qua, io là... vedi che ho ragione io,
non
fai altro che dimostrare che sei solo un pallone gonfiato!»
«Ha parlato "Sua
Maestà Modestissima",
il “Principe di Londra delle Gambette
Mosce”!»
«Basssssssssssssssstaaaaaaaaaaaaaaa! Finitela!
Tutti e tre! Fareste venire l'esaurimento persino a Pix con tutto il
vostro blaterare!»
Ci voltammo tutti e tre, Remus si era piantato con le mani sui fianchi
tra il suo baldacchino e il tavolo, rosso in volto, il cipiglio severo
che lo faceva sembrare un giovane vecchio, le maniche della camicia
arrotolate fino ai gomiti e la cravatta stranamente un po' storta: non
riuscii a stare un solo secondo a guardarlo così imbronciato
e
leggermente fuori posto, lui sempre impeccabile, scoppiai a ridere,
seguito subito da James.
«Finito?»
«Ahahahahah…
»
«In realtà, no...
scusa, Remus... ma
dovresti vederti... sei troppo divertente! Ahahahah…
»
«Ahahahah…
»
«Ha parlato quello che a quasi
dodici anni
ancora si sporca la faccia d’inchiostro, come un poppante,
vero
Potter? E tu... tu... bell'amico sei, Black... invece di avvertirlo,
hai lasciato che inzaccherasse prima tutte le pergamene... e ora pure
la faccia e la camicia... »
«Io? Che colpa ne ho se quando
s’infervora non ascolta più niente e nessuno...
ahahahah… »
«Che cos'hai detto che ho alla
faccia?»
«Fermo, James... non toccare
nulla con quelle
mani, o lascerai impronte da pulire in tutto il dormitorio, e ci
metteremo giorni, a farlo a mani nude, con la bella punizione che avete
rimediato!»
James allarmato era già corso in bagno, lo sentii urlare con
la
sua vocetta da marmocchio, poi squittire parole incomprensibili, infine
uscì di nuovo come una furia, agitato, cercò di
acchiapparmi, intendeva vendicarsi strofinando le sue mani sudice
d’inchiostro sulla mia faccia e sui miei vestiti,
così
saltai sul baldacchino di Peter e iniziò l'inevitabile,
rituale,
inseguimento.
«O no, non di nuovo... Godric,
ma che cosa avete, oggi, vi ha morso una tarantola?»
«Spostati Lupin! Black, sei
un... Merlino, guarda! La camicia... era quella nuova... »
Il cuscino mi prese di sbieco ma riuscii a fare una finta in tempo e
gli risi in faccia.
«Al tuo posto, Potter, invece
di perdere tempo
così, dietro a me, mi procurerei del sapone o cercherei il
modo
di aggirare la punizione e corrompere qualche Elfo... ahahahah...
ahia... »
Il cuscino mi arrivò sulle gambe e inciampai, caddi di
pancia
dal baldacchino di Remus portandomi dietro un po' dei libri che c'erano
sopra, due secondi dopo, James Potter mi piombò addosso,
m'insaccò tra le immancabile lenzuola e coperte, spalmandomi
la
faccia con quelle manacce nere, mi spettinava e stirava i capelli, io
tiravo pugni all'aria, a casaccio, incoerente per il solletico e le
risate, lui per chiudermi la bocca e rendermi inoffensivo mi metteva le
mani sulla faccia.
«Che cosa c'è,
Black, ora non ridi più?»
«E smettila! Smettila!
Nooooo… »
«Altrimenti? Che cosa dicevi
degli Elfi? Ora
magari avrai un incentivo a... come dire… trovare anche tu,
con
me, del sapone... o a corrompere un Elfo... ma non credo tu ne sia
capace, giusto? Sei buono solo a chiacchierare... ma stavolta
l'alternativa è dire a mammina cara che la camicia se
l'è
mangiata il gatto, no? Sarà molto contenta di sapere che ne
hai
combinata un'altra delle tue... quindi forse è il caso che
tu
muova le tue chiappette pallide da damerino inglese!»
«James! »
«Non t'impicciare, Remus! Ride
bene chi ride ultimo, vero Black? Questa ne è la
prova!»
A terra tutti e due, tra scappellotti, “smanate”,
solletico, cercavo di difendermi senza riuscirci, sembrava che oltre ai
capelli di Medusa, James avesse anche tante braccia quante erano i
tentacoli della Piovra Gigante del Lago Nero e colpiva a ripetizione,
senza che riuscissi mai a deviare un colpo. Alla fine, sfinito dalla
lotta, dal solletico, dalle risate e impiastrato in faccia, di nuovo,
peggio del viaggio di ritorno in treno, James si alzò in
piedi e
soddisfatto fece il segno di vittoria.
«… la vendetta
è un piatto che
va servito freddo, Black e tu che sei cresciuto tra gli Slytherin,
dovresti saperlo meglio di me... bene... oggi hai imparato che non ti
conviene farmi di questi scherzi... e che questo sia di lezione a tutti
voi... quando io faccio una promessa, la mantengo... oggi ho
letteralmente “fatto nero” il signor Black, bene,
tempo un
anno e sarò io il nuovo Cercatore dei Gryffindors!»
«Godric! Non ci posso credere!
Per il
Quidditch... tutto questo disastro, James, solo per il Quidditch? Non
ti basta quello che è già successo stamani al
campo? Io
non ho parole, ci metteremo tre giorni a risistemare tutto e...
»
«Ci sono questioni che hanno
più
importanza, Remus, di un po' d’inchiostro sulla faccia, e
sulle
pareti, e sui vestiti... e sì, va bene, ovunque! Dovevo
dimostrare il valore della mia parola, Io!»
«Smettila Potter... ma quale
parola? Guarda
che casino! L'hai sentita la McGonagall, oggi? Niente uso della
bacchetta fuori dall'orario di lezione! Ci metteremo una settimana a
pulire tutto... »
«Inoltre, non voglio rovinare
i tuoi sogni
gloriosi, James, ma la nostra squadra ha già un valido
Cercatore... »
«Lo so, Peter, lo so... ma
Jarvis Brent
lascerà la scuola e la squadra a giugno, perciò
ci
sarà un posto libero, il prossimo autunno... IL MIO POSTO DA
CERCATORE...»
«Hanno già iniziato
a far allenare
Simon Templeton: anche se è NatoBabbano pare abbia il
Quidditch
nel sangue, e resterà per un sacco di tempo visto che fa il
terzo anno... resterai deluso se non ti deciderai ad aprire gli occhi,
James! A meno che tu non stia pensando a qualche trucchetto...
»
«I trucchetti li lascio a
quelli come te,
Black, e ai tuoi amici... noi Gryffindors non usiamo mezzucci... quando
mi vedranno giocare si ricrederanno e sarà Simon stesso a
cedermi il posto di Cercatore, per il bene della squadra e della
Casa... sarò io a farli vincere per sei anni di seguito e...
»
«… James... vincere
è una
questione di squadra, non c'è solo il Cercatore...
»
«Ha ragione Peter,
James… per fortuna
non c'è solo il Cercatore, perché, anche se da
Gryffindor
non dovrei dirlo, ho gli occhi e vedo che Rigel Sherton è
molto
più forte di Brent che ha tre anni di esperienza in
più... figuriamoci se si confrontasse con un novellino del
secondo anno! Si dovrà puntare su una squadra tutta forte,
non
solo su un valido Cercatore, James, almeno finché gli
Slytherin
potranno contare su di lui e il nuovo Cercatore Gryffindor non
avrà fatto esperienza… »
«Lascia perdere, Remus, ci
sbatterà il
muso da solo... se non fosse così esaltato, “sua
maestà quanto son bravo a sparar balle” capirebbe
da
sé che vincere non è facile come aprire bocca...
»
«Tu sei solo invidioso,
Black…persino
oggi hai dimostrato che sei una vera schiappa… »
«O no, nessuna invidia,
anzi… io spero
davvero che tu possa diventare Cercatore, Potter… anche
perché non credo potrò mai vedere qualcosa di
più
divertente di te e mio fratello che ve le date, alla ricerca del
medesimo boccino... ahahahaha... »
«Che cosa vorresti insinuare,
ora? Che
dovrebbe mettermi paura quel mocciosetto che tu per primo chiami
“inutile piattola”? Non farmi ridere Black! Se
è
“messo bene” come te… avrò
preso il boccino,
bendato, mentre ancora “quello” starà
cercando di
capire come si sale su una Scopa!»
«Se lo dici tu,
Potter… Non so chi dei
due riuscirà a battere l'altro su una Scopa, ma di certo
sarà divertente vedervi combattere per conquistare la
“Coppa del fanfarone dell'anno”, ahahaha...
»
James si limitò a chinarsi, riprese il cuscino,
scattò
pronto a colpirmi di nuovo, io riuscii a sfuggirgli, scansai Peter che
stava in mezzo, acchiappai una coperta dal letto di Lupin e cercai di
difendermi lanciandogliela addosso. Remus afferrò per un
braccio
Pettigrew prima che finisse in mezzo alla nostra nuova baruffa,
raggiunse la porta e da lì ci minacciò di
chiuderci
dentro, lasciandoci non più di cinque minuti per finirla,
dopodiché, testualmente “sarò io a
occuparmi di
voi”.
James ed io lo guardammo a lungo, il cuscino e la coperta che
penzolavano inerti tra le nostre mani, poi scoppiammo a ridere,
osservandolo così minaccioso e agguerrito.
«Ehm, Remus... Ti rendi conto,
vero, che
dicendo queste parole invece di farci desistere rischi di fomentarci
ancora di più? Ahahahah… »
«Sirius ha ragione, Remus...
Chi ti assicura
che lui ed io non faremmo fronte comune mentre tu sei via e non ti
tenderemmo un agguato appena dovessi rientrare? Io ci farei un
pensierino, Black, tu no?»
«Anche se sei un porcospino
fanfarone, Potter,
credo che questo sarebbe un modo piacevole e divertente per completare
la giornata, anche perché, voglio dire... non possiamo mica
fare
sempre tutto noi due!»
«Giusto... Dovete dare anche
voi il vostro
contributo alla causa, ragazzi, la buona nomea di questa banda di
Marauders non può reggersi solo sulle mie abilità
nel
Volo e su “Sua Maestà, il Principino delle
Gambette
Mosce”... ahahahahah… »
«Basta, non resterò
un secondo di
più... Io scendo di sotto a studiare in Sala Comune, tu
vieni
con me, Peter?»
Peter ci guardò, mentre James ed io ci piegavamo in due
dalle
risate di fronte al povero Lupin tutto offeso e impettito, attorno a
noi la catastrofe, su di noi i segni di quel pomeriggio a dir poco
folle. All'improvviso, però, muto e tranquillo, Pettigrew si
chinò, raccolse alcuni libri e sotto i nostri occhi
esterrefatti, iniziò a fare ordine nella stanza.
*
Nell'ora successiva avevamo sentito parecchio caos fuori della nostra
stanza, ma non ci eravamo affacciati a vedere cosa fosse successo,
decisi a rendere la stanza di nuovo praticabile dopo tutto lo
sconvolgimento di quel pomeriggio. Alla fine, quasi per miracolo,
osservando Peter che silenziosamente faceva l’unica cosa
giusta,
eravamo stati colti tutti da responsabile Illuminazione e sebbene non
si potesse dire che la stanza ora fosse proprio in ordine, per lo meno
appariva come una normale stanza “vissuta” da
quattro
preadolescenti un po' confusionari, non più il devastante
scenario della Guerra dei Cent'Anni.
Peter era un ragazzino che, alla fine, con la sua calma e la sua
normalità, riusciva sempre a sorprendermi: stava spesso in
silenzio e sembrava più che altro subire ciò che
gli
accadeva intorno, addirittura, il più delle volte, quando
parlava, quasi non lo ascoltavamo e questo non per cattiveria, ma
perché lui si limitava sempre ad annuire e a sostenere le
opinioni dell'uno o l'altro di noi, senza mai mostrare una netta
opinione personale. Non sapevo come facesse, ma trovava sempre del
buono e del giusto in quello che ascoltava da noi e a volte, proprio
mettendo insieme i pezzi, riusciva a mostrare la soluzione migliore con
la sua semplicità, proprio come faceva Remus con la sua
saggezza. Le rare volte che aveva detto qualcosa di diverso da tutti
noi, invece, James ed io avevamo sghignazzato dandogli del
“mocciosetto” e anche questo, non lo facevo con
cattiveria,
certo, ma perché parlare con lui mi faceva sentire
grande
ed esperto, Peter, infatti, proprio non riusciva o non voleva
mascherare in nessun modo la sua ingenuità. Solo Remus, che
aveva la particolare capacità di far sentire chiunque a
proprio
agio, si era adoperato per farlo sentire parte del gioco e al livello
di tutti noi, sia a James sia a me, invece, piaceva il ruolo che aveva
finito con l’assumere, quello del piccolo, da coccolare,
guidare,
in un certo senso proteggere, appunto perché con la sua
venerazione e la sua ingenuità ci faceva sentire grandi e
importanti. Poi però capitavano quei giorni in cui, se non
fosse
stato per lui, saremmo stati ancora in un mare di guai. E noi ne
restavamo sempre senza parole.
«Grazie Peter, per averci
riportato un po' di
sale in zucca… anzi… scusate, tutti e due, se
oggi vi
abbiamo reso la vita difficile… »
«Godric, non ci posso credere,
Sua
Maestà è colta da un improvviso attacco di
umiltà,
scusate, corro alla finestra in attesa di vedere anche un asino
volante, ahahahah… »
«Molto spiritoso,
Potter…»
«Io oggi mi sono divertito...
tu no Remus? E voi? »
Mi morsi la lingua prima di dire una delle mie solite battute stupide,
guardai James, lui guardò me, entrambi guardammo Remus,
completando il cerchio, poi lasciai che James facesse il bravo
Gryffindor anche in quell'occasione, preferendo non intervenire, per
non sbagliare.
«Sì, hai ragione,
Peter, è stato
divertente… perché è sempre divertente
mettere
sotto il “figlio delle Serpi”, ahahahah…
gridi come
una femmina, Black, te ne rendi conto? Ahahahah… »
«Sì,
però ora non ricominciamo,
ok? E sia chiaro, d'ora in poi niente inchiostro nei nostri giochi, non
voglio più pensare a pulire e strofinare almeno fino al
nostro
ultimo anno a Hogwarts!»
«Ahahahaha… Remus,
ti abbiamo scioccato
oggi con quell’inchiostro, ahahahah… »
«Ahahahaha…
è vero, pensa che
attacco di nervi gli prenderà quando si accorgerà
di
avere ancora un orecchio tutto nero, ahahahaha… »
«Che cosa? Dove? »
«Ahahahah…
»
Mentre James guaiva e derideva Remus che era corso in bagno, io passai
un braccio attorno alle spalle di Peter e, con l'altra mano, gli
scompigliai i capelli, lui mi guardò sorpreso, credo fosse
la
prima volta che mi comportavo così con lui e potevo capire
se mi
guardasse come fossi impazzito.
«Stavo pensando, Pettigrew...
Sabato… a
lezione di volo, chiediamo a Meissa di aiutarti con quella dannata
Scopa? Grazie al suo aiuto ho visto che quella schiappa di Snivellus
non ha più problemi con i Legni... tu ci metterai
sicuramente
molto meno di quello là…che ne dici? Ci stai?
James provò ad aprire bocca per contestarmi, ma dopo
un’occhiataccia di Remus, appena uscito dal bagno,
preferì
tacere; Peter divenne rosso come un pomodoro, provò a
schernirsi, finché incoraggiato da Lupin, che mi aveva
guardato
con ammirazione, borbottò qualcosa del tipo “Se a
lei non
dispiace troppo…” e riuscii a convincerlo.
*
Finalmente ci chiudemmo la porta alle spalle e ci ritrovammo sul
pianerottolo: si sentiva un gran vociare di sotto e tutti e quattro ci
affrettammo ad affacciarci dalle scale e scendere per vedere che cosa
fosse successo. Quando fummo a tre gradini dalla Sala, Gedeon Prewett
entrò nei dormitori urlando come uno scalmanato, una copia
del
Daily Prophet stretta in mano.
«Godric! Voi... Non avete
idea... Di che cosa... È successo... Oggi... A
Londra!»
Peter mi guardò un solo istante, interrogativo, non capiva
da
dove arrivasse quel giornale, perché Gedeon, come il
fratello
Fabian e molti altri Gryffindors degli ultimi anni, era in punizione
dai tempi della rissa nei sotterranei e non poteva andare a Hogsmeade.
Con gli occhi e le orecchie allenati ai pettegolezzi dai discorsi di
madre, zie e cugine, però, mi ero accorto che, dal ritorno
dalle
vacanze, Prewett faceva coppia fissa con una Ravenclaw del sesto, era
perciò facile supporre che la copia del giornale
gliel'avesse
procurata lei. James finì di scendere le scale e si
avvicinò per sentire le ultime novità, io,
titubante,
restai fermo al mio posto, rasente il muro, il cuore che all'improvviso
mi si stringeva nel petto, preda di una repentina voglia di scappare:
ci voleva poca fantasia per capire di cosa parlasse il giornale. Anche
se avevo fatto di tutto, quel giorno, per non pensarci, anche se avevo
riso con i miei amici e fatta pace con Meissa, anche se mi ero sentito
leggero e felice perché avevo stretto la sua mano e stavo
quasi,
di nuovo, per baciarla... Quello era e restava il giorno del processo a
Mirzam Sherton ed io ero infine davanti al momento della
verità,
una verità che temevo da settimane.
Un pensiero terrorizzato corse subito a Meissa, immaginai che anche
lei, in quel preciso momento, stesse leggendo la notizia su un'altra
copia di quel giornale, mi rattristò immaginare che al
contrario
di quanto promesso, io non fossi al suo fianco, sperai per lei che nel
frattempo fosse giunto a scuola suo padre, per darle di persona la
notizia, una notizia che non sarebbe stata positiva. Non poteva
esserlo. Conoscendola, nessun altro, a parte suo padre, sarebbe stato
in grado di consolarla, nessun altro poteva e doveva essere al suo
fianco a parte lui, perché solo lui poteva dirle che,
nonostante
tutte le sue speranze, nonostante tutti i dubbi di Rigel, nonostante
tutte le teorie dei giovani della Confraternita, Mirzam, il suo adorato
fratello maggiore Mirzam, era colpevole. Non poteva che essere
colpevole.
Chi, al contrario, fremeva di eccitazione, in quel frangente, era
James: si era avvicinato rapido e speranzoso agli altri, aveva chiesto
e ottenuto il giornale per primo, nonostante la ressa,
perché
aveva quella faccia simpatica con cui riusciva a ottenere sempre
ciò che voleva da chiunque, e perché era ormai
noto a
tutti in quanti guai si era cacciato quel giorno e tutti, soprattutto i
Prewett, sghignazzavano e brindavano ai giovani figli di Godric che
avevano osato tirare una pallata di neve addosso alla McGonagall,
addirittura centrandola in pieno. E, soprattutto, perché
tutti
sapevano che suo padre, l’Auror Charlus Potter, quel giorno,
aveva deposto davanti al Wizengamot, cambiando così la vita
di
molte persone. James non vedeva l'ora di leggere il nome di Sherton con
accanto la parola “condannato”, perché
nulla gli
avrebbe mai tolto dalla testa l'idea che il fratello di Meissa avesse
ucciso Alfred Podmore e attaccato suo padre.
Remus scese un gradino e mi fu accanto, mi diede una pacca sulla spalla
e trattenne la mano lì per incoraggiarmi: mi
bastò una
sua occhiata per capire, mi ricordava cosa avevo promesso a Meissa
quella mattina, che qualsiasi cosa fosse successa non sarei scappato
né da lei, né dalla realtà, che le
sarei stato
vicino e, per quanto fosse nelle mie forze e capacità,
l'avrei
protetta. Strinsi i pugni e scesi gli ultimi gradini, mentre
già
James tornava indietro, il giornale stropicciato in mano, altre copie
che iniziavano a girare tra i capannelli di studenti e le prime
esclamazioni, fatte di turbamento e terrore. Sentii qualcuno
bisbigliare “tutti morti”, guardarmi e rapidamente
abbassare gli occhi e tacere. Fissai James, come in tutti gli altri,
nemmeno sul suo viso c'era gioia, anzi nel suo sguardo c'era terrore
puro.
Io non capivo. Come un soffio, quando mi fu abbastanza vicino, dalle
sue labbra esangui, uscirono poche, incerte parole che non riuscii
neppure a sentire, tesi la mano e gli strappai via il giornale con
malagrazia, se doveva dirmi che Mirzam era colpevole e sapevo che ne
era felice, a cosa serviva tutta quella messinscena? Poi vidi il
titolo, scritto a caratteri cubitali, vidi un'orrenda immagine al
centro, un serpente che si librava feroce nel cielo di Londra, dalla
bocca di un teschio. Leggevo e non capivo.
Non capivo.
«Mi dispiace
Sirius… mi dispiace tanto... Mi dispiace veramente...
»
Sentii la mano di Remus, che era rimasto a sbirciare dietro di me, e di
nuovo sentii la sua forza sulla mia spalla, poi anche James fu al mio
fianco, mentre Peter squittiva “Merlino
santissimo!”. Uno
degli altri mi tirò via il giornale dalle mani, io non
capivo
nulla, vedevo tutto scuro, mi accorsi solo che il giornale era bagnato.
E che qualcosa di salato mi era scivolato lungo le guance fino alle
labbra.
«No, non puoi essere morto...
Non puoi essere morto... »
*
Non so come, mi ritrovai fuori dalla Sala Comune, non capivo
più
nulla, sentivo solo le mie gambe muoversi in automatico, scollegate
dalla mia volontà, dagli impulsi del mio cervello.
All'improvviso nulla pareva avere più un senso, era tutto
assurdo, impossibile, come quando, sognando, ti rendi conto che,
appunto, è solo un sogno. Quando mi guardai intorno, infine,
quando mi resi conto di ciò che mi circondava, ero di nuovo
nella mia stanza, stavo seduto con le mani immerse nei capelli, sul mio
letto e avevo ancora le guance umide di lacrime e le labbra tirare in
un singhiozzo muto.
James era in piedi davanti a me e borbottava animato con
Remus e
Peter, parlavano tutti piano, come se non volessero essere sentiti,
come se non volessero disturbare il mio dolore, io ci misi parecchio a
capire quale fosse l'argomento della loro discussione, tanto era il
caos che avevo in testa.
«Non puoi andare di sotto...
Non puoi James! Immagina se ti beccassero di nuovo…
»
«Certo che andrò,
devo essere con
lui... E lui deve andare... Deve vederla! La deve vedere... E le deve
parlare... »
«James... »
«Non ci succederà
nulla, Remus... Ci
scommetto... Nemmeno se ci beccassero...la cosa è
troppo
grande... Tutti sanno che sono amici... Tutti lo sanno... Nessuno di
loro può mettere la disciplina di fronte a una cosa enorme
come
questa... Capiranno... devono capire… »
«Sì, hai ragione...
Lui lo capirebbero,
ma tu? Ci vado io, con lui, James... Io non sono in punizione come
te... Io non sono stato beccato da Mastro Filch e non ho tirato palle
di neve alla McGonagall... »
«No, tu e Peter dovete restare
qui e farci da
palo, Lupin... Se lo facessi io, ti pare che mi crederebbero? A te
invece crederanno di sicuro, tu sei un angelo... Sirius ed io
scenderemo di sotto con il mantello... E quando saremo... »
«James... ti ricordo che non
c'è modo di entrare nei sotterranei degli
Slytherin… »
«E allora? Se andassi tu
invece riusciresti a
entrare? Andiamo, Remus! Hai sentito cos'ha detto Gedeon? Hai sentito
cos’è successo a Rigel? È in
infermeria, dove pensi
sarà lei, adesso, se le hanno fatto leggere il giornale?
Andrò in infermeria con Sirius, anche Meissa è
lì,
è sicuro, dove altro potrebbe essere dopo quello che le
è
successo oggi?»
«Io non so... Non mi sembra
una buona idea, James… »
«No, è perfetto,
invece…ascolta
il mio piano... Sirius ed io scenderemo con il Mantello fino in
infermeria... Lì, io farò da palo mentre lui
entrerà e parlerà con Meissa... Voi due resterete
qui...
Se qualcuno venisse a controllare, direte che ci stiamo preparando per
la cena... che siamo in bagno… »
«In due? In bagno? No James,
no...
Scenderò di sotto io con Sirius: io uscirò allo
scoperto
e lui si nasconderà con il mantello... Se qualcuno mi
chiedesse
qualcosa, “sto scendendo in Sala Grande per avere
informazioni”. Tu e Peter resterete qui e se qualcuno
busserà, direte che Sirius, solo Sirius, è in
bagno… così va bene, James. Una volta di sotto,
Sirius si
toglierà il mantello e dirà che cercava di
raggiungere il
Preside per avere il permesso di chiamare e parlare con suo padre...
Alshain Sherton era il suo padrino, questa notizia riguarda anche lui.
Faremo così... se a Black sta bene... »
Io ascoltai tutto, senza in realtà capire, poi
vidi James
che si avvicinava a me, tirava fuori il mantello dalla tasca e me lo
porgeva.
«Sirius, coraggio, devi
farlo… so che
sarà difficile, ma devi andare di sotto con
Remus… »
Guardai ancora James, vidi la sua determinazione, vidi che tendeva la
mano verso di me... Sentii il calore della sua mano sulla mia spalla,
vidi che apriva il mantello e iniziava a sistemarmelo addosso... io non
ero capace di muovermi, né di spiccicare una parola.
«Perché?»
«Come perché? Non
vorrai mica prenderti un'altra settimana di punizione da solo!
»
«Perché lo fai? Lei
non ti piace... Nessuno di loro ti piace... nessuno,
James…»
James mi fissò, i suoi occhi nocciola erano di nuovo
illuminati
da una luce particolare, ma non c’era nulla
dell’esaltazione mistica di quella mattina nel campo di Volo.
Anche se quasi non riuscivo a crederci, era dolore, i suoi occhi erano
umidi di lacrime, proprio come i miei.
«Tu sei mio amico, Sirius
Black, tu le vuoi
bene, e lei ha bisogno di te… se ti sono amico come dico
sempre
di essere, se sono Gryffindor come dico sempre di essere, offrirti
questo mantello è la cosa giusta da fare… non
vedo
occasione più nobile e giusta per servirmi del dono di mio
padre… »
«James, io…
»
«Spero mi perdonerai,
Sirius… parlo
tanto di amicizia, ma io non sono stato un buon amico con
te… ti
ho reso la vita difficile, mi sono ostinato a fare lo stupido, quasi
volessi costringerti a scegliere tra me e lei… E non
è
certo questo che fa un vero amico… Mi dispiace,
Sirius…
So che non basta… non può bastare… ma
ora prendi
questo mantello e va da lei… VAI!»
*continua*
NdA:
Ciao a tutti,
comincio con il
ringraziare quanti hanno letto, commentato e aggiunto alle varie
liste. Il capitolo si ricollega al capitolo 99,
l’ultimo in
cui avevo trattato i Marauders, e al capitolo 109,
di cui costituisce l’altra faccia della medaglia.
Qui come avete visto James
è il protagonista incontrastato, benché a narrare
sia Sirius.
La "maturità sentimentale" di Sirius, secondo me, non
è
eccessiva, perché i due protagonisti non stanno provando
amore,
ma sono amici e sono scossi dalle vicende che li stanno coinvolgendo,
quando perciò Sirius parla di come si sente al pensiero di
aver
perduto e ritrovato Meissa, non prendetela come una dichiarazione
d’amore fatta tra adulti (che sarebbe fuori luogo) ma
ripensatevi
adolescenti, a come vi sareste sentiti se qualcosa vi avesse separati
dal vostro amico del cuore. La maturità di James al
contrario
è indotta dall’intervento di Remus "il saggio".
Bon, ci
leggiamo prossimamente, un bacio e a presto.
Valeria
Scheda
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