Desire
Con movimenti goffi si libera di quanto ci divide e ribalta la
situazione.
Salta i preliminari a piè pari, lui che è
così bravo e conosce ogni trucco per intrattenere una
signora. Lui che passerebbe le ore a letto giocando col mio corpo e
godendo del piacere che riesce a trasmettermi in quel modo ma riuscendo
a rimanere -lui- abbastanza lucido per studiarmi in ogni dettaglio. Una
cosa che odio ogni volta, perché mi imbarazza, che lui se ne
stia lì, con quel sorrisino ebete stampato in faccia, mentre
io mi contorco come un lombrico preso all'amo.
Ma oggi non giochiamo, non ci coccoliamo minimamente: con rude dolcezza
mi possiede lì, sul divano, forse anche lui divorato dalla
stessa urgenza, dalla stessa paura che mi attanaglia costantemente.
Avverto appena il dolore di un'entrata così brusca, ma una
smorfia mi balena in viso.
“Scusa, Chére...
ho cercato di far attenzione...” Si giustifica anche in
momenti come questo.
Insopportabile: non può limitarsi a scoparmi come farebbe
chiunque altro?
“Colpa tua che sei... dotato”
replico indispettita, sperando di mettere fine subito alla questione.
“Mon Dieu!
Mai sentito che avere un bel grimaldello
fosse un problema per forzare le serrature...”
“Per quelle delicate sì” replico prima
di baciarlo per zittirlo definitivamente.
Siamo pieni di passione e, ancora una volta, tutto questo, in un angolo
della mia mente, mi angoscia, perché un fuoco che brucia a
entrambe le estremità, oltre essere spettacolare, consuma
una candela in metà del tempo.
Ho paura.
Paura di perderlo.
Involontariamente mi sfugge un brivido che non è di piacere
e lui se ne accorge.
Si accorge sempre di tutto.
“Non vado da nessuna parte...” mi tranquillizza con
la sua voce bassa e roca. Un massaggio sulla spalla, lento e dolce, non
so dire se della mano o dei polpastrelli, tenero come una carezza,
arriva subito a cullarmi.
Remy si ferma e si china su di me. Credo sia una cosa difficile, per un
uomo, interrompersi così, a comando, preso come dovrebbe
essere dal bombardamento di sensi che gli arrivano dal resto del corpo.
Ma lui lo fa.
Fa cose assurde.
Come lo stesso gesto circolare e rassicurante...è tutto
così strano e quasi stonato nel bel mezzo di un amplesso.
Lui è così.
Rimane vigile e lucido dove io perdo la testa.
“Non credere che sia così sciocco da lasciarti
incustodita, mon
Trésor...Sei in trappola... non puoi andare da
nessuna parte!” scherza prima di mordicchiarmi il lobo mentre
le sue mani mi avvolgono i seni con fermezza “E come mia prigioniera puoi
andare solo dove vado io. Sei mia!” afferma con sicurezza
prima di baciarmi. È come se cercasse di ammonirmi e, al
tempo stesso, di convincere se stesso di questa cosa che trova ancora
così assurda e miracolosa.
Mi scappa un sorriso.
E' tutto fuori luogo! Le sue moine, la sua dolcezza... e la mia
ilarità.
Mi guarda, prima confuso, poi subito fintamente offeso o arrabbiato,
prima di dare un colpo di lombi, mozzandomi il fiato, in quello che
vorrebbe essere una sorta di punizione per la mia mancanza di rispetto
nei suoi confronti.
“Mon
Chér.....” ghigno io, dopo essermi
ripresa “Se qua c'è qualcuno che tiene prigioniero
qualcun altro...” sillabo prima di alzare le gambe attorno
alla sua vita “... quella sono io!” affermo prima
di ribaltare la situazione con un colpo di reni. Rotoliamo fuori dal
divano, giù per terra e, ancora una volta, sono io a
trovarmi in posizione di comando.
“Mi piace quando sei così aggressiva”
ghigna lui “E mi piacerebbe, prima o poi, vederti con un
costumino come quello di Shanna, la diavolessa1”
dice riportando le mani a coppa al mio seno, quasi per vedere l'effetto
che farebbe uno straccio di quelli su di me.
“A cavallo di un dinosauro? L'abbinata perfetta non
è donne e
motori?”
“Sono avvezzo a vederti sporca di grasso e con la tuta da
lavoro...” replica mentre le sue mani scendono lungo il
torace, il pollice che sembra contarmi le costole una a una, per poi
afferrarmi i fianchi, indicandomi il movimento da riprendere.
“Non mi piace cavalcare dinosauri...” replico con
aria di sufficienza.
“No?”domanda stupito e distratto, preso da altre
sensazioni
“No. Preferisco i cervi che vivono nelle paludi boschive tra
Louisiana e Mississippi, con penetranti occhi
incandescenti...”
“Parbleu...
parli di moi!”
apre gli occhi teatralmente esterrefatto
“No, di Daimon Hellstorm...” replico prima di
chinarmi su di lui e aumentare il ritmo
“Ah, Chére...
in tema di fiamme e spiriti da vendicare... Sicura di non aver nulla a
che fare con la Forza Fenice?”
“Battuta vecchia, Cajun...”
“Sempre attuale...” replica tirandosi su a fatica,
cercando di intercettare uno dei miei seni con le labbra
“...sei un fuoco...” aggiunge ributtandosi
giù, sconfitto.
“E tu uno stupido romantico...”
“Suona come un'offesa, mon
Amour...”replica indispettito
“Continui a ciarlare in questo frangente...” dico
sgranando gli occhi, a sottolineare la palese assurdità
della cosa.
“Anche tu... Devo forse dedurne che non sei
soddisfatta?”
“Sono difficile da accontentare...” replico con un
ghigno. Un'altra battuta ormai trita.
“Mmm... adoro le sfide...” risponde lui, infatti.
Senza aggiungere altro, ci ributtiamo a capofitto in quello che stavamo
facendo, ciascuno concentrato sulle proprie sensazioni.
Finché, nonostante lo stordimento, o forse proprio a causa
della perdita di controllo, la sgradevole sensazione che tutto questo
possa finire o non esistere mai più, torna prepotente e
pressante. Provo a focalizzarmi ancora di più sul dar
piacere a mio marito, sperando che questo presentimento svanisca al
più presto. Ma non sono abbastanza serena per godere io
stessa di questo momento. O meglio, ormai sono stata distratta e
difficilmente potrò rimediare.
Remy, ormai e fortunatamente, è più di
là che di qua per far caso al mio malessere.
La tristezza mi attanaglia il cuore e mi viene da piangere. Vorrei solo
che lui mi stringesse a sé e mi baciasse fino a soffocarmi,
fino a farmi morire d'amore, in modo da smentire tutto quello che ho in
testa.
Affondo su di lui, determinata ad allontanare i cattivi pensieri e mi
accanisco sul suo corpo come se fosse una battaglia e lui il nemico da
infilzare.
Fisicamente siamo entrambi vicini all'apice ma, nonostante tutto, io
non riesco a esserlo mentalmente.
Mi chino sulle sue labbra socchiuse dalle quali lui cerca in ogni modo
di non lasciar scappare alcun gemito di piacere per rispetto, sostiene
lui, nei miei confronti, per non farmi sentire solo un corpo su cui
sfogare i propri istinti.
Il mio Remy, così pieno di attenzioni e dolcezze: come
potrei vivere senza di lui? Lontana da lui?
Lo bacio e assaporo la morbidezza delle sue labbra carnose: sono la
cosa che mi mancherebbe di più se mai noi....
Non riesco a pensarlo, fa troppo male.
E mi sfugge.
Qualcosa che non gli ho mai detto.
Mai.
Lui mi sommerge -ancora adesso- con parole gentili e io, troppo
imbranata e in imbarazzo, non ho mai fatto altro che arrossire alle sue
provocazioni, senza mai allontanarlo con convinzione. E questo, anni
fa, fu un fattore fondamentale nell'innesco della nostra relazione. Con
il suo modo di fare guadagnava fiducia, di volta in volta, nella sua
sfrontatezza e si sentiva autorizzato a farsi sempre più
audace e arrogante. Mi cinse d'assedio come un bravo e valoroso
stratega, trovando falle che io ero convinta di aver tamponato bene e
che lui sfruttava abilmente per scalare la mia ritrosia per vincermi,
infine, per sfinimento.
“Ti amo...” mi mordo le labbra quando è
ormai troppo tardi e lui ha sentito benissimo. Non posso nemmeno
trincerarmi dietro una scusa qualunque, un fraintendimento, un non volevo, non intendevo...
Chiude gli occhi, come se un dardo l'avesse colto di sorpresa:
è irritato ma felice. Una miriade di espressioni balenano su
quel volto spigoloso: per ciascuna so individuare con precisione
chirurgica il pensiero che sottende.
Un attimo prima è confuso e sorpreso, quello dopo
è rigido sotto e dentro di me, percorso dalle lievi
convulsioni del piacere, attanagliato dall'impossibilità di
reagire razionalmente. Nonostante tutto, sono soddisfatta della sua
reazione e lo raggiungo, concedomi pochi secondi di piacere, anche se
non ne godo a fondo come avrei dovuto e voluto.
“Faire foutre!”
impreca “Non potevi scegliere momento meno
adatto...” c'è rabbia nella sua voce, ma non
è rivolta a me “Sapristi...”
si copre gli occhi con i palmi delle mani aperte “Mi fai
sentire un idiota...”
“Sei dolce...” replico stendendomi su di lui e
rubandogli un altro bacio, prima di nascondermi nell'incavo del suo
collo
“Douceur...
sono venuto troppo presto... mi... mi hai...”
Sconvolto. Emozionato.
Lo so.
Lo sono anch'io.
“Non... non me l'avevi mai detto...” la domanda
è implicita e semplice e il suo gesto, passarmi la mano
libera dal mio peso tra i capelli, rassicurante. Rifiuto di muovermi da
lì: non voglio essere cacciata e, come una bambina, mi
aggrappo alle sue spalle. “Però potevi
aspettare...” perché così gli ho negato
di esibirsi a pieno nel perfetto adempimento ai suoi doveri coniugali.
“Non volevo dirlo...” lo informo con cattiveria
punzecchiandogli il petto che si alza e si abbassa al ritmo regolare
dei suoi respiri.
Mi prende la mano e si porta le dita alle labbra per baciarmene le
punte. Una scossa si irradia lungo tutta la colonna vertebrale e sono
costretta a ritrarre la mano per evitare di risvegliare i sensi che si
erano ormai assopiti.
“Sai...” comincia lui dopo un po'. Come sempre
avrà intuito cosa mi agita “Sono convinto che, in
qualunque vita rinascessimo o in qualunque universo ci troveremmo a
vivere, qualunque barriera possa opporsi al nostro amore, dalla razza
all'età alla religione – ammesso di essere vivi
entrambi- ti amerei proprio come ora, con la stessa
intensità. Sai quello che diceva Platone delle anime
gemelle? Ecco... credo che noi due siamo una di quelle coppie. Possono
allontanarci in ogni modo ma troveremmo sempre la strada per tornare
dall'altro. Almeno... io la troverei. E non mi farei certo scoraggiare
da un problema come quello del non poterti toccare. Anche se sarebbe
frustrante. Lo ammetto. Ai limiti della follia. Ma ti troverei e ti
farei innamorare di me.”
“Chi ha...?” domanda scema: non posso
più giocare la solita carta da finta tonta...
“Hai detto che mi ami...” replica lui, divertito,
stringendomi forte a sé “Non hai idea quante volte
mi sia svegliato dopo aver sognato queste due parole... Credevo non
avresti mai ceduto..”
Rialzo la testa, sento i capelli spettinati in modo selvaggio, e,
ammiccando seducente, lo provoco ancora “Non sarai
così patetico da aver sognato qualcosa del
tipo...” mi ributto a cavalcioni e mi inarco indietro
“Ti. Amo.” scandisco, sillabando bene e
prodigandomi in gemiti fintissimi. “O forse lo urlavo
addirittura?” domando inclinando la testa, con un sorriso
birichino.
Remy arriccia le labbra, divertito “No, questa mi mancava, mi
sembrava un po' banale...”
“Sei uno scemo!”
“Siamo una coppia di scemi” ribatte cercando di
mettersi seduto. Si sposta in modo da appoggiare la schiena al divano e
mi tira a sé. “Bene... prendi carta e
penna...” mi dice serio “La prossima frase che devi
imparare è...” lascia la frase in sospeso per
concedersi del pathos che, nudo come un verme com'è,
è l'ultima cosa che potrebbe pretendere “Siamo incinti!”
Subito storco il naso. All'idea e alla forma usata. “E il
toto-nomi... io voto per Rebecca e Olivier”
“Sai come la penso al riguardo...”
“Sì, sì, Chére...
il corpo è tuo e se voglio farmi un figlio posso rivolgermi
altrove. Sono d'accordo. Bisogna essere in due a volerli e non devi
certo mettere al mondo creature solo per farmi contento. Parlavo di un
prossimo futuro ipotetico...”
“I miei figli -se ne avrò- non avranno per padre
un delinquente...”
“Parlò la teppista riconvertita alle forze
dell'ordine” ridacchia.
“Non voglio avere figli. Non con questo lavoro, non in questa
vita.”
“In questa vita puoi...” replica lui, lontano,
facendo riaffiorare l'argomento che, al momento, più mi
disturba. Ha ragione. Ora posso. Chissà cosa potrebbe
succedermi domani, quando tornerò in servizio. Ma no. E'
troppo pericoloso ed entrambi conduciamo una vita tutt'altro che
regolare e dei figli necessiterebbero un ambiente sereno con limiti e
regole... Remy sembra quasi leggermi nel pensiero “Potresti
crescerli allo S.H.I.E.L.D. Lì sarebbero al sicuro. Non
dovresti nemmeno giustificarti... nessuno saprebbe mai chi è
il padre, se non vuoi. E sarebbero seguiti dai migliori educatori e
verrebbero preparati a una vita da campioni... da vincenti.”
la sua voce si è fatta triste. Perché fare il
ladro non è, propriamente, una carriera brillante e di
successo, che qualcuno si augura per il proprio figlio. Un ladro, anche
se ruba a enti e non a persone fisiche, violenta comunque un ambiente e
la sua comunità con un gesto egoistico.
“Hai vinto me, non ricordi?” dico, sperando di
dirottare il discorso su toni più leggeri. Non voglio che,
nel caso succedesse qualcosa, l'ultimo ricordo di mio marito sia quando
l'ho visto afflitto a compatirsi.
Ancora, la sensazione di un'imminente cambiamento mi attanaglia le
viscere.
“Sei stata la mia puntata migliore...” concorda lui
“Oli' e Bekka concorderebbero”
“Smettila con questa storia!” replico picchiandolo
con dolcezza sulla spalla
“Smettila di non volerne nemmeno parlare” ribatte
lui “Saresti una mamma fantastica, se questa è la
tua paura... E, in fondo, siamo cresciuti entrambi abbastanza
equilibrati nonostante tutto... Non trovi? E poi, siamo stati coppia:
dei bambini non rovinerebbero quello che siamo, non ci farebbero vivere
vent'anni una realtà per poi lasciarci con un perfetto
sconosciuto accanto come capita a molti. Per questo devi essere sicura
di volerlo. E io potrei sempre fare il casalingo e badare ai bambini...
mi piacciono i bambini... ci so fare...”
“Gli insegneresti a giocare a carte...”
“Quale bambino non impara a giocare a carte?”
“Gli insegneresti a barare. A fare giochi pericolosi su una
fune e chissà cos'altro...”
“Mosca cieca! Non è pericoloso...”
“E' così che si insegna il borseggio, a New
Orleans?”
“Insegnerei loro a cucinare, per dimostrare il loro affetto
per la loro madre...”
“Smettila...” replico infastidita, ributtandomi su
di lui. Non volevo litigare, non volevo che le cose degenerassero... e
tutto perché mi è sfuggito.
“Però mi ami anche per questo!”
asserisce trionfante.
“Fantastico!” penso alzando gli occhi al cielo
“Gli ho dato un altro giochino con cui infierire su di
me...” Però sono felice di averlo fatto: mi son
tolta un peso e lui... lui è raggiante.
“Sì” ammetto a voce alta tirandomi in
piedi controvoglia e recuperando la vestaglia che giace dimenticata in
un angolo del salotto “Ti amo. Purtroppo. Dovrebbero
uccidermi per farmi cambiare idea. E forse nemmeno quello potrebbe
rimediare a questo tremendo colpo di matto.”
Mi volto, trionfante, lasciandolo a terra, confuso da quella raffica di
parole. Meglio rivestirsi, prima di avere altre tentazioni. E sia mai
che mi richiamino in servizio sul più bello.
Lo amo. E ha ragione lui, come sempre: in ogni universo, in ogni
realtà in cui ci incontrassimo, finiremmo certamente a
rincorrerci come due scemi, a punzecchiarci, a negarci l'un l'altra.
Ora come ora, non mi importa più cosa ne sarà di
noi, domani: avrò sempre e comunque questi ricordi a
sostenermi e la certezza di essere anime affini, che riescono a trovare
sempre una soluzione a ogni problema il destino decida di mettere sul
nostro percorso.
Anche nel
caso in cui domani dovessi svegliarmi e tutto questo essere
svanito.
1 Storica compagna di Ka-Zar (Lord Kevin
"Reginald" Plunder). I due
vivono nella Terra Selvaggia, in Antartide -zona lussureggiante al Polo
Sud -già accennato anche nel capitolo
16 di Rien ne
va plus.
I due sono dei novelli Tarzan & Jane, con una punta di
Mowgli (vista la tigre dai denti a sciabola preistorica di nome Zabu
che i due hanno come animale domestico che gioca un po' il ruolo di
Bagheera e di Cita)
X - X - X - X -X - X -X - X -X -
X -X - X -X - X -X - X -X - X - X
Ed eccoci all'ultimo capitolo di questa mini fic.
Scusate il ritardo ma la consegna della tesi, negli ultimi giorni, mi
ha impegnata parecchio...
Come ha detto giustamente qualcuno, sono una grandissima stronza con i
miei personaggi :)
Da qui in poi, la storia procede come si sa: Rogue e il resto della
squadra tornano al lavoro, intercettano Logan, vengono
“svegliati”, scoprendo così di essere in
una realtà sbagliata,
per poi tornare alla loro vita di tutti i giorni dopo aver sventato il
'piano' di Scarlett di vivere -letteralmente- tutti felici e contenti.
Solo in pochi ricorderanno cosa è successo.
E questo aggiunge sadismo al mio racconto: Gambit non saprebbe di aver
vissuto una vita normale con Rogue. Ma è anche questo il
bello delle coppie tormentate... Non odiatemi... mica posso riscrivere
il Marvelverse.. purtroppo.
A ben vedere può anche essere un'interpretazione di quel what if ipotizzato
da Gambit nel capitolo
26 di Rien ne va plus.
PS: Bekka e Olivier sono i veri figli di Rogue e Gambit. Compaiono un
pò ovunque, da X-men 2099 a X-Men the End. :) quindi non
sono nomi inventati... è un'altra strizzata d'occhio agli
altri universi in cui sono riusciti ad avere una vita felice.
Che dirvi? Grazie a tutti quelli che hanno letto fino alla fine e che
avete sopportato questo delirio.
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