Cap. 57
Buongiorno a tutte!
Allora, come avete passato Natale e Santo Stefano?
Noi bene... ci siamo ingozzate e ora
praticamente rotoliamo per i chili che
sicuramente abbiamo preso... e le feste non sono nemmeno ancora
finite!!!
Babbo Natale con noi è stato molto buono e speriamo che
anche voi siate soddisfatte di ciò che avete ricevuto!
Grazie mille per tutti gli auguri che abbiamo
ricevuto! Sinceramente pensavamo che molte di voi
fossero
assenti, invece non ci avete abbandonato nemmeno in questi giorni di
festa, in cui di solito ci si dedica completamente alla famiglia...
quindi un GRAZIE ancora più speciale del solito!
Ora tornando al capitolo, volevamo solo dirvi di stare tranquille!
Molte di voi si sono arrabbiate con Jasper per come ha trattato
Alice... in questo chappy, ci sarà il suo pov,
così
potrete capire con chiarezza perchè si è
comportato in
quel modo arrogante, spocchioso e iroso...
Siamo sicure che cambierete idea su di lui!
Volevamo rassicurarvi, dato che molte ce l'hanno chiesto, sul fatto che
la prossima settimana gli aggiornamenti saranno regolari.
BUONA LETTURA da Manu e Sara!
Per chi non avesse ancora letto la nostra nuova storia (a rating rosso)
e avesse piacere di darle un'occhiata, non deve fare altro che cliccare
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Segreti e
Inganni
CAPITOLO
57
Ansia
Pov
Jasper
Ero abbastanza contento di starmene lì con i
ragazzi… mi
era mancato un sacco in quegli ultimi giorni interagire con loro, sia a
scuola che in casa… avevo bisogno di sfuggire
all’opprimente soffocamento causatomi dalla fredda
indifferenza
che mi aveva riservato Alice… era più che
meritata,
certo; ma, mio dio, quanto faceva male! E i ragazzi avevano compreso
questo mio strazio, e insieme a loro stavo cominciando pian piano a
respirare…
Quando ero uscito dalla doccia, dopo il chiassoso e
‘simpatico’ risveglio dei ragazzi e dopo quella
principesca
colazione che mi aveva in qualche modo addolcito la giornata, mi ero
sentito piuttosto sollevato, e avevo rinchiuso il mio dolore in un
cassetto nascosto; poi, quando avevo deciso di raggiungere gli altri di
sotto, avevo cercato di aprire la porta di camera mia, ma mi ero
ritrovato rinchiuso… che stupidi idioti!, li avevo
insultati;
che scherzi da dementi!
Mi ero rassegnato al loro elevato livello di infantilismo patologico
(era stata certamente colpa di quel pazzoide rincoglionito di Jake,
magari coadiuvato da quell’orso di Emmett!), e avevo iniziato
a
richiamare la loro attenzione, sbattendo con i palmi aperti sulla porta
e chiamandoli a squarciagola perché venissero a liberarmi al
più presto. Ma con mio estremo
‘divertimento’ quegli
idioti senza cervello mi avevano lasciato rinchiuso lì, in
camera mia, come un imbecille… forse erano usciti
perché
non sentivo nessun rumore, nessuna voce… ma dove potevano
essere
andati, con questo tempaccio?!
In più mi ero accorto che il mio cellulare non si trovava
più sul comodino… certamente me lo avevano preso
loro,
per lasciarmi isolato in una sorta di castigo; se si fosse trattato,
come avevo ritenuto, di una piccola vendetta dei fratelli Cullen per il
modo schifoso in cui mi ero comportato con la loro sorellina,
bè, non avrei potuto dar loro tutti i torti…
Perciò me ne ero stato buono buono a scontare la mia
meritata
punizione, seduto accanto alla porta con le gambe accavallate e le
braccia incrociate al petto. Mi stavo annoiando da morire, a dire la
verità, ma non avevo voglia di fare nulla: né di
distrarmi con dei libri né con la mia amatissima
chitarra… era lì, in un angolino della mia
stanza…
sembrava quasi mi chiamasse a sé… ma non mi
sentivo
dell’umore adatto per suonarla… a dire il vero era
da
quella maledetta festa di Rose che non mi sentivo più
io…
ero perennemente incazzato con me stesso, deluso dal mio comportamento
egoista, dalle mie reazioni stupide ed infantili, chiuso e ostinato nel
mio dannato orgoglio e nella mia maledetta e insensata gelosia che mi
stavano divorando l’anima, minuto dopo minuto…
Mi sentivo scollegato, sconnesso, a pezzi… il mio cuore e la
mia
mente andavano in direzioni completamente diverse, opposte. La mia
parte più emotiva esigeva di liberare tutta la mia
passionalità: avrei desiderato immensamente, con ogni fibra
del
mio essere, andare da lei e supplicarla in ginocchio di perdonarmi e di
parlarmi di nuovo, implorandola di non trattarmi più da
reietto… ma la mia coscienza mi schiaffeggiava di continuo,
riportandomi alla mente con lucida freddezza e oggettiva determinazione
tutto il male che avevo provocato a quella splendida
creatura…
non ero degno nemmeno di guardarla, figurarsi poter parlare con lei!!
All’improvviso però il rumore del portone
d’ingresso
che sbatteva al piano di sotto mi riscosse dai miei cupi pensieri,
riportandomi al presente. Ah, finalmente quei pazzi erano tornati!
Perciò ripresi a battere i pugni sulla porta di camera mia,
per
farmi liberare da quei simpaticoni… che palle, ancora
niente!
Provai a muovere la maniglia, perché mi ero accorto
già
da un po’ che la mia chiave l’avevano sistemata
all’esterno…
Quando finalmente percepii un leggero movimento sulla serratura, capii
che alla fin fine si erano decisi di degnarmi della loro
attenzione… ghignai, pensando alla loro possibile
strategia: sicuramente, appena girata la chiave nella serratura, se la
sarebbero data a gambe levate, per evitare l’ira furibonda
del
sottoscritto… mi posizionai accanto alla porta, pronto a
balzare
contro di loro appena la serratura fosse scattata… invece,
contro ogni mia previsione, mi arrivò sul naso una botta
tremenda!
Ahia! Maledetti!
-Questa me la pagate, brutti stronzi! Fossi in voi, inizierei a correre
perché appena mi ripr…- urlai arrabbiato; ero
veramente
incazzato nero, ma appena mi sollevai in posizione eretta, mi trovai di
fronte… ALICE!
Ero sconvolto, impietrito, ammutolito, allibito: lei, proprio lei, in
carne ed ossa, era di fronte a me, con un vaso per aria... non ci stavo
capendo niente…
-E… tu… che cazzo ci fai qui?!- le chiesi al
colmo dello
stupore, cercando di trattenere la mia ira: ero ancora furente con i
ragazzi.
-Non devo di certo dare spiegazioni a te! Non sei mio padre!-
esclamò lei in tono veramente incollerito. Suo padre?!
Oddio,
che schifo, no! Io… io volevo essere il suo uomo, altro che
suo
padre!!
Lo so, ero impazzito… stavo litigando di brutto con lei ed
ero… raggiante e felice… sì, felice
perché
dopo una settimana di gelida indifferenza lei mi stava parlando
ancora… solo per insultarmi, certo, ma mi stava parlando!
Ero
euforico, gasato, quasi allegro… mi sentivo leggero, capace
di
ridere e scherzare… ero ammattito di brutto: lei era
incavolata
con me e mi stava urlando contro… ma io ero gongolante,
avrei
desiderato saltare ed esultare…
-Sei matta?! E chi vuole esserlo!- ribattei metà disgustato
dall’idea, metà ironico. Alle mie parole
sarcastiche, lei
però si voltò più seccata che
divertita e
iniziò a scendere al piano di sotto, chiamando Bella e Rose.
Come?! C’erano anche loro?! Che strano…
-Perché le chiami, Alice? Ci sono anche loro?!- mi
meravigliai;
cercai di usare un tono freddo, ma il suo dolcissimo nome mi era uscito
come una delicata carezza... che meraviglia, poterlo pronunciare di
fronte a lei! Era meraviglioso starle accanto, e la seguii come un
automa: d’altronde lei era la mia stella polare, il mio
nord… al centro del mio cuore c’era solo
lei… non
potevo far altro che seguirla…
Era da un bel po’ che ce ne stavamo in silenzio e avevo una
voglia matta di risentire la sua voce melodiosa e un imperioso
desiderio di riottenere la sua attenzione… avevo bisogno di
quel
dolce balsamo, l’unico, per il momento, in grado di lenire le
sanguinanti ferite del mio cuore… certo, non avrei potuto
pregarla di parlarmi di nuovo, ma avrei sempre potuto fomentarla un
po’, giusto per conquistarmi un minimo di reazione…
-Allora, piccoletta? Ti hanno mollata qui?- la provocai, calcando
leggermente su quell’affettuoso aggettivo. Certo…
per me
era un tenero appellativo, ma lei non gradì il mio
nomignolo… i suoi occhi in quel momento mandavano
inequivocabili
lampi incendiari… vi leggevo di tutto… rabbia,
certo… ma anche fuoco e passionalità…
mio dio, che
ragazza! In quell’istante sembrava un’antica
divinità guerriera… gli occhi splendenti
dall’ardore infuocato che stava ribollendo nelle sue vene, le
labbra carnose e turgide, le gote in fiamme… era bellissima!
Per
puro miracolo riuscii a dominare il mio impellente istinto di
baciarla…
Un luccichio mi ridestò da quei pensieri
pericolosi… e
d’un tratto feci caso a ciò che teneva ancora in
mano: un
antico vaso di cristallo, caro ricordo e cimelio di famiglia, del nonno
Richard… e lei in quell’istante si stava di certo
trattenendo dal lanciarmelo addosso, pervasa com’era dalla
collera che provava nei miei confronti… aveva i nervi a fior
di
pelle, era talmente evidente! Ma, nonostante tutto, ero
gongolante… avevo ottenuto il suo interesse, lei si stava di
nuovo rivolgendo a me!
Ma quando Alice iniziò a spiegarmi la vera ragione di quel
vaso
tra le sue piccole e delicate manine, tutto il mio buonumore si
dissolse in un lampo e inorridii all’istante… non
potevo
credere che lei avesse potuto commettere una tale sciocchezza, una
così enorme imprudenza… affrontare tutta sola
quello che
sarebbe potuto risultare un malintenzionato! Un mascalzone che avrebbe
potuto farle del male…
Un terrore tremendo mi attraversò l’intera spina
dorsale,
al pensiero di ciò che avrebbe potuto rischiare quel piccolo
angelo… ero teso, irritato, spaventato per ciò
che
sarebbe potuto accaderle…
-Cazzo, Alice! Ma come fai a essere così sciocca?!- gridai
terrorizzato dalle sue intenzioni quasi suicide. E se al mio posto
avesse trovato un ladro, un furfante? O, peggio ancora, un criminale
violento? Ma si rendeva conto di ciò che avrebbe potuto
rischiare?!
-Come diavolo ti permetti?!- si inviperì. Per il panico di
saperla in un eventuale pericolo, l’avevo aggredita
verbalmente,
in maniera molto pesante… Che coglione ero stato! Stupido
idiota! Non ero riuscito a dosare la portata dei miei sentimenti verso
di lei, e avevo inveito contro quella creatura indifesa…
cercai
di calmarmi, e, estremamente pentito e rammaricato per il mio sfogo
impulsivo e stizzito, feci per avvicinarmi a lei; ma mi bloccai
all’istante, terrorizzato dallo sguardo di puro odio che mi
stava
rivolgendo… oh no! Che cazzo avevo combinato?! Come diavolo
facevo a farmi odiare sempre più da lei? Le parole che mi
sputò addosso subito dopo ebbero l’effetto di
mille
pugnalate al petto, inferte in un colpo solo…
-Basta, stronzo! Mi sono rotta di farmi insultare da te, senza motivo!
Sono stanca! Chiaro?! Non resterò neanche un minuto di
più sotto il tuo stesso tetto! Almeno questo weekend, in cui
speravo di non vederti, non mi costringerai a sopportare la tua
nauseante presenza! Mi fai schifo!- sibilò, ostile ed
infuriata
come non mai. Aveva ragione, ero un dannato farabutto, e mi meritavo
tutte le sue accuse… ma se avevo compreso bene le sue
bellicose
intenzioni, lei avrebbe voluto andarsene da lì, andarsene
via,
lontano da me, sotto un diluvio universale che in breve tempo si
sarebbe trasformato in una colossale tempesta di neve e
gelo…
no, non glielo avrei permesso! Si sarebbe trovata in pericolo, avrebbe
messo a repentaglio la sua salute, la sua sicurezza! Decisi di
spiegarle la situazione, ma purtroppo, agitato e nervoso
com’ero,
lo feci in modo brusco e scortese, al limite della villania…
Non volevo certo essere così incivile, ma le parole
partirono
dalla mia bocca senza riflettere, in un modo contemporaneamente
spontaneo ma irruento…
-E dove pensi di andare? Non l’hai ancora capito? Ci hanno
incastrati! Ci hanno mollati qui entrambi! E con questo tempo non
possiamo di certo andarcene via di qui a piedi!- sbottai sgarbatamente,
cercando di chiarirle le nostre attuali circostanze.
-Ah, tu credi?! Non mi farò di certo fermare da un
po’
d’acqua che cade dal cielo!- ribatté testarda,
avviandosi
a passi di marcia verso l’ingresso. No, maledizione, no! Non
l’avrei permesso! Si stava comportando da bimba capricciosa e
irragionevole, stupidamente inconsapevole dei rischi che avrebbe potuto
correre là fuori…
-Ma sei impazzita?! Cosa pensi di fare? Di uscire con questo tempo?! Ma
se sta iniziando anche a nevicare! Qui intorno c’è
il
nulla!- la sgridai severamente, per evitare che corresse inutili
pericoli, che se ne andasse via da me… ma lei, testarda e
caparbia, insistette nei suoi folli propositi. Ah, era impossibile! Ma
aveva trovato pane per i suoi denti: non gliela avrei data vinta tanto
facilmente, per nessun motivo! Piuttosto, se trovava la mia vicinanza
così sgradevole e insopportabile, me ne sarei andato io,
lasciandola in quella casa, al caldo e al sicuro… non
ricordo
nemmeno cosa le dissi, mi rendevo conto solo di una cosa: non le avrei
permesso di affrontare quel grave pericolo, a nessun costo…
Non sapevo ciò che aveva visto sul mio volto, ma ad un
tratto
spalancò la porta, chiaro tentativo delle sue ostinate
intenzioni…
Istintivamente la afferrai per un braccio, e quel tocco precipitoso,
quasi involontario, mi bloccò lì sul posto: il
mio corpo
in quell’istante fu attraversato da una scarica elettrica
dalla
potenza inaudita… perché proprio quella ragazza
doveva
provocarmi quell’effetto devastante? Mi sentii travolto e
sopraffatto da quella creatura forte, coraggiosa, risoluta che mi
odiava così tenacemente… almeno tanto quanto
l’amavo io, riflettei miseramente…
-Tu non vai proprio da nessuna parte! Scordatelo! Non
lascerò
che la tua stupidità ti metta in pericolo! Io
non…- oh,
cazzo… no! Le stavo dicendo che io non avrei potuto
sopportarlo… le stavo rivelando che io non avrei potuto non
odiarmi a vita, se l’avessi lasciata andare via da me in quel
momento… cercai in qualche modo di rimediare la mia
gaffe…
-…Esme non me lo perdonerebbe mai!- mentii spudoratamente,
mortificandola.
Dannazione! Com’era possibile per me, che sostenevo di amarla
più di me stesso, trattarla in quel modo così
indegno?
L’avevo visto dal suo sguardo ferito: io, le mie
parole…
l’avevano pugnalata, umiliata, straziata… ancora
una
volta! Oddio, oddio, no! Mi accorsi immediatamente dei suoi occhi umidi
per le lacrime… no, Alice, non piangere… ti
prego…
angelo mio… non piangere!, avrei desiderato più
della mia
vita far uscire quelle parole dal mio corpo, avrei voluto stringerla
tra le mie braccia, bramando un contatto con lei…
-Ancora per una volta… mi hai confermato quanto…
poco ti
importi di me! Bé… non ti preoccupare…
mia madre
non te ne farebbe mai una colpa, se mi dovesse succedere
qualcosa… tanto tu dovresti trovarti a La Push con gli altri
in
questo istante, no? Perciò la tua coscienza è
salva! Puoi
rientrare in casa… e sappi che preferisco affrontare questo
spaventoso diluvio che stare ancora un secondo qui a darti
così
tanto fastidio!- la sua voce era irriconoscibile, spezzata dal
pianto… ero talmente allibito dalle sue parole…
mi
sentivo lacerato, angosciato, straziato, incapace di qualsiasi reazione
sensata… il mio cuore pulsava rabbioso, lo sentivo
rimbombare
fin dentro il mio cervello… ero torturato, dilaniato,
impietrito…
Poi, all’improvviso, iniziò a correre sotto la
pioggia,
allontanandosi da me… immediatamente un vuoto immenso mi
squarciò il petto e quella dolorosa sferzata mi
riportò
le mie facoltà mentali…
Ma era mai possibile che riuscisse sempre a fraintendere quello che
volevo dire?! O forse ero io che, davanti a lei, non riuscivo a
esprimere al meglio ciò che provavo per lei…
Ero ancora imbambolato davanti alla porta di casa, spalancata su quello
scenario sconvolgente… fissavo il mio angelo che stava
correndo
via da me, sotto quel tremendo acquazzone…
Ah, maledizione alla sua testaccia dura! Ora avrei dovuto rincorrerla
sotto quel diluvio per riportarla indietro, e avrei usato anche la
forza! Sì, dannazione! Me la sarei caricata in braccio o
sulle
spalle, e le avrei inculcato un po’ di sale in quella zucca
vuota! Stavo per andare a prendere un giubbotto per coprirla, quando
uno spavento improvviso mi bloccò lì, sulla
porta…
Dopo pochi metri della sua folle corsa, la vidi cadere rovinosamente a
terra e tenersi una mano sulla caviglia. Senza neanche pensarci su,
atterrito e angosciato dalla sua brusca caduta, mi precipitai verso di
lei, verso quell’angelo esanime, mentre i miei
lunghi
capelli, completamente fradici dalla pioggia ormai mista a neve, mi
sferzavano il viso.
Man mano che mi avvicinavo a quella meravigliosa, ostinata ragazza, la
mia ansia cresceva in modo esponenziale, perché avevo
chiaramente visto che si era accasciata di botto e aveva perso i
sensi…
Signore, ti prego! Fa che stia bene! Ti scongiuro!, pensai tra me,
angosciato che avesse riportato una ferita alla testa, dopo aver
sbattuto il capo sul freddo e umido terreno.
Mi gettai in ginocchio accanto al suo corpo, che rimaneva impassibile e
senza apparente segno di risposta, colpito con veemenza dalla pioggia
battente.
-Alice! Alice!- provai a chiamarla, scuotendola un po’, ma il
suo
corpo non rispondeva né alla mia voce né ai miei
tentativi di scrollarla lievemente. Una scossa di autentico terrore mi
attraversò l’intera spina dorsale…
dovevo fare
qualcosa! Trattenendo il respiro a causa dell’ansia, con un
tocco
leggero come farfalle, le mie dita percorsero in modo completo e il
più accuratamente possibile, le ossa del suo
cranio…
sospirai sollevato: bernoccoli o ferite sanguinanti alla testa non ne
aveva, e mi rilassai un minimo; ma dovevo assolutamente portarla al
riparo, subito!
La presi in braccio di slancio: era un piccolo e tenero uccellino
freddo e bagnato, così leggero e fragile… dovevo
cercare
di fare il più velocemente possibile! Mi recai in casa di
corsa,
con il cuore che batteva furiosamente nel mio petto per
l’ansia.
Povera piccola! Era completamente zuppa… sembrava un piccolo
pulcino indifeso e intriso d’acqua gelida… ma
soprattutto
era completamente ghiacciata: il viso aveva assunto un allarmante
colorito cereo, molto pallido e le labbra stavano diventando di un
preoccupante color bluastro.
La temperatura fuori era scesa parecchio e se non l’avessi
riscaldata e asciugata nel giro di pochi minuti, avrebbe rischiato un
serio assideramento! Ormai la mia attenzione era tutta rivolta a lei,
alla mia piccoletta… come si era infuriata, poco prima,
quando
l’avevo chiamata in quel modo… se avesse saputo
che per me
era un appellativo così tenero e pieno
d’amore…
basta Jazz, concentrati su lei! Ha bisogno di te!, mi imposi.
Con il respiro affannoso e il cuore che mi pulsava nel cervello, entrai
in uno dei bagni del pianterreno e aprii l’acqua calda della
doccia… in modo istintivo e automatico, quasi inconscio,
iniziai
a spogliarla, ma i vestiti gelidi e impregnati di pioggia le si erano
appiccicati addosso… avevo difficoltà a
sfilarglieli,
anche perché mi ero appena accorto che le mie mani avevano
iniziato a tremare convulsamente... ero infreddolito e zuppo anche io,
e il mio tremore era tutto dovuto all’ansia e alla
preoccupazione
per quella piccola creatura indifesa, che in poco tempo era diventata
il centro esatto del mio mondo, la mia stella polare…
Quante volte nei miei sogni di ragazzo innamorato, nei miei desideri
colmi di passione avevo fantasticato e sognato di poterla
spogliare… ma, di certo, quel tipo di pensieri in quegli
istanti
di angoscia erano completamente assenti… non avrei mai
potuto
farlo, in una situazione del genere… mai avrei potuto
immaginare
di ritrovarmi con lei in un frangente simile, e che lei potesse odiarmi
con tutta se stessa…
“Sappi che preferisco affrontare questo spaventoso diluvio
che
stare ancora un secondo qui a darti così tanto
fastidio!”
aveva mormorato con voce disperata, spezzata dal pianto.
Come aveva potuto credere di darmi fastidio? Come?
Certo, a causa della mia enorme preoccupazione per il suo gesto di
affrontare da sola uno sconosciuto, magari pure malintenzionato, ero
stato accecato dall’ira, che mi aveva fatto incazzare
talmente
tanto che me l’ero presa con lei… ma per il
terribile
spavento di saperla in pericolo! E lei non se n’era nemmeno
resa
conto!
Ero consapevole di essermi meritato ogni sua accusa, ma cavoli, se
faceva male! Molto male! Eppure, ormai, da quella maledetta festa, ogni
volta che io e lei ci parlavamo… o meglio, ci azzuffavamo,
ci
accusavamo a vicenda oppure ci fraintendevamo… e la cosa
più frustrante, era che preferivo che andassimo avanti
così, piuttosto che lei continuasse a ignorarmi come aveva
fatto
negli ultimi giorni!
La sua totale indifferenza nei miei confronti mi faceva mancare
l’aria, mancare la terra sotto i piedi ed era troppo dolorosa
da
sopportare.
Nel momento in cui, però le tolsi i pantaloni, i miei
pensieri
si interruppero, perché i miei occhi furono attirati dalla
caviglia rossa e gonfia. Cazzo! Era messa male!
Probabilmente era svenuta per il dolore, anche perché le
avevo
appena controllato il capo ed ero sicuro che cadendo non avesse
sbattuto la testa; quindi quello poteva essere l’unico motivo.
Per fortuna l’intimo non si era inumidito e quindi glielo
lasciai… ero già abbastanza nel panico
così,
davanti al suo corpo, praticamente nudo… ma la mia
apprensione
per la sua salute, per fortuna, mi occupava la mente, non dando spazio
a pensieri maniacali… perlomeno non tanto spazio!
Finiscila, brutto pervertito!, mi insultai.
Mi liberai anch’io dei miei abiti bagnati e mi infilai un
comodo
e ampio accappatoio: non volevo lasciarla sola in quelle precarie
condizioni, per salire in camera a cambiarmi.
Poi tornai a dedicarmi a lei: l’asciugai molto delicatamente,
attento a non farle male, mentre il vapore della doccia bollente
riempiva la stanza di un calore piacevole, che pian piano iniziava a
intiepidirci le ossa…
Per fortuna, lentamente ma in modo costante, il suo corpo si
riscaldò, le guance ripresero un po’ di colorito e
le sue
labbra si dipinsero di un pallido rosa. La avvolsi in un accappatoio,
che avevo messo a scaldare sul calorifero appena entrato in bagno, e la
presi in braccio, portandola in salone e adagiandola sul divano di
fronte al caminetto. Meno male che i ragazzi, prima di andarsene,
l’avevano acceso: così ora emanava un calore che
riscaldava tutto l’ampio salone, mentre dalle vetrate si
notava
ormai che la pioggia aveva ceduto il posto completamente alla neve,
che, cadendo copiosa e abbondante, stava già lasciando una
sottile coltre che ricopriva il giardino e la spiaggia. Era uno
spettacolo magnifico, ma mai quanto la creatura che in quel momento
riposava tranquilla e rilassata sul divano. Come un ago magnetico che
punta sempre verso nord, mi voltai verso di lei, ad ammirarla.
Era bellissima, un sogno mozzafiato… il suo viso, illuminato
dai
bagliori del fuoco che scoppiettava allegramente nel camino e il suo
piccolo e perfetto corpo erano completamente distesi, come se stesse
semplicemente dormendo calma e serena. Nonostante gli attimi di intensa
tensione che avevo appena vissuto, mi ero tranquillizzato
anch’io… un sorriso ebete spuntò sul
mio viso
quieto, a quella serafica visione…
I miei occhi la percorsero da capo a piedi, incantati… ma di
colpo mi tornò in mente la sua caviglia… dovevo
assolutamente metterle del ghiaccio per cercare di farla
sgonfiare… e poi massaggiarla con una crema per le
distorsioni e
fasciargliela.
Tornai in bagno e trovai tutto l’occorrente
nell’armadietto
dei medicinali… sorrisi al pensiero
dell’efficienza di mia
sorella, che in quegli anni aveva perfettamente sostituito la mamma,
nell’occuparsi di quel lato del ménage familiare.
Ero
felice che ora ci fosse Esme a occuparsi di tutti noi, ma specialmente
di Bella: aveva bisogno ancora molto delle attenzioni di una mamma.
Tornai da Alice e mi sedetti sul tappeto, per terra, accanto a lei. Le
appoggiai il ghiaccio sintetico sulla caviglia, dopo averlo avvolto in
un panno per non farla raffreddare di nuovo. Alice si mosse un
po’ mugugnando… forse si stava
risvegliando… provai
a chiamarla, ma non rispondeva… probabilmente era stato un
riflesso involontario per il freddo.
Nel frattempo, come un emerito idiota, inginocchiato accanto a lei, mi
incantai a guardare il suo viso perfetto e meraviglioso…
sembravo un assetato in mezzo al deserto che aveva appena scoperto la
sua oasi e ammirava quello spettacolo, quella visione celestiale, che
gli avrebbe potuto salvare l’esistenza… non mi
sarei mai
stancato di osservare ogni suo più piccolo
dettaglio… il
cuore mi batteva furiosamente nel petto, per la tempesta che stava
scombussolando ogni fibra del mio essere… ero pazzo di
lei… e come una diga che non riesce più a
contenere
l’assalto dell’acqua impetuosa, incapace di
trattenermi
oltre, le mie veementi parole uscirono dalla mia bocca con
irruenza…
-Dio, Alice… quanto sei bella… come ho potuto
fare del
male ad uno splendido angelo come te? So che non mi potrai mai
perdonare… d’altronde anch’io non riesco
a scusare
me stesso! Oh, piccola… se ripenso a tutto quello che hai
subito
nel tuo difficile passato… la morte di tuo padre, il
tradimento
del tuo ex e della tua migliore amica, la tentata violenza, il
trasferimento in una casa non tua con persone che non
conoscevi…
e poi… purtroppo per te… poi sono arrivato
io…
sono piombato nella tua vita come un uragano… distruggendo e
calpestando tutto quello che di buono hai sempre offerto agli
altri… con il mio cieco egoismo e il mio stupido orgoglio ho
perso per sempre la tua amicizia ma soprattutto… il tuo
amore… come ho fatto a combinare tutto questo enorme,
disastroso
casino? Ora non so più come uscirne… non
so… come
risolverlo… o come tornare indietro! Vorrei che almeno non
mi
guardassi più con odio e indifferenza! Sarebbe un sogno per
me… arrabbiati pure con me, ne hai tutto il
diritto… ma
ti supplico… ti scongiuro… non fare come se io
non
esistessi… è… è
insopportabile!- mormorai
ad alta voce, senza rendermi pienamente conto del significato delle mie
parole. Calde lacrime avevano iniziato a rigarmi le guance ispide per
la leggera barba; e nel momento in cui una goccia salata
sfuggì
al controllo della mia mano che tentava di arginare quella mia reazione
e colpì il suo piede, quella bellissima ragazza
aprì gli
occhi, fissandomi attonita…
-A… Alice!- urlai, inconsapevole di aver alzato la voce;
-Come
stai?! Oddio, ero così in ansia… ti senti meglio,
piccola?- le chiesi, euforico per il fatto che fosse di nuovo
cosciente… e dopo essermi inginocchiato accanto al suo viso,
presi ad accarezzarla dolcemente.
Si sollevò con i gomiti, non distogliendo i suoi intensi
occhi
dai miei. Anche il mio sguardo era incatenato al suo, mentre mi sentivo
incapace anche di respirare…
-Dio, Jazz! I tuoi sbalzi d’umore mi fanno girare la testa!-
mormorò a mezza voce, e si lasciò andare di nuovo
sul
divano, lamentandosi un po’ per il dolore.
Il mio cuore, se avesse potuto, avrebbe fatto i salti di
gioia…
mi aveva chiamato di nuovo Jazz… non aveva utilizzato il
freddo
e distaccato ‘Jasper’… solo
Jazz… era dalla
festa che non lo faceva più, e il sentirlo pronunciare dalla
sua
voce non aveva prezzo!
Sorrisi felice che stesse bene e consapevole che avesse perfettamente
ragione. Prima le avevo inveito contro e ora ero in apprensione e mi
rivolgevo a lei gentile e pieno di preoccupazione, come il
più
affabile dei fidanzati…
Stavo per chiederle scusa, quando la sua voce mi fermò.
-Allora… posso sapere perché siamo entrambi
praticamente
nudi con indosso solo l’intimo e un accappatoio?-
domandò
perplessa, inarcando un sopracciglio con fare indagatorio. Arrossii,
imbarazzato. Ecco, ora mi avrebbe preso pure per uno stronzo,
pervertito e maniaco, che mentre lei era incosciente aveva biecamente
approfittato della situazione…
-Bè.. è che… sì,
insomma… tu
prima… sai quando…- balbettai pieno di vergogna;
mi
interruppe, ridendo della mia evidente esitazione. La sua risata
cristallina mi scaldò il cuore, inondandolo
d’amore.
-Jasper Swan che balbetta e arrossisce? Bè…
questa
proprio non me l’aspettavo… allora devi averla
combinata
grossa!- mi schernì, divertita. Quando sorrideva in quel
modo,
era di una bellezza indescrivibile… ed io mi imbambolai a
fissarla… stava sorridendo a me!
-Alice… potrai mai… perdonarmi?- sussurrai
appena, incapace di trattenermi.
-Jazz… io proprio non riesco a comprenderti… sono
confusa… e le parole che hai pronunciato prima mi hanno
scosso e
scombussolato ancora di più!- mormorò,
lasciandomi basito.
Cosa?! Era sveglia?! Era sveglia e aveva sentito tutti i miei pensieri
che involontariamente avevo esternato ad alta voce? Oddio! Cosa potevo
dirle ora? Avrebbe voluto ascoltare i miei veri sentimenti, dopo il
modo orribile in cui l’avevo trattata? Ma
soprattutto… mi
avrebbe creduto?
Non potevo saperlo… non potevo averne l’assoluta
certezza… e non potevo evitare di soffrire ancora di
più
se lei mi avesse di nuovo rifiutato e allontanato… ma non
potevo
nemmeno vivere nella paura e nell’incertezza… non
ero mai
stato un vigliacco, avevo sempre parlato chiaro nella vita! Dovevo
provarci… non potevo farmi scappare
quell’occasione:
nessuno ci avrebbe interrotti stavolta! E lei con quella caviglia
dolorante, non avrebbe potuto scappare via da me…
avrebbe
dovuto ascoltarmi fino in fondo… e soprattutto darmi una
risposta sincera, una volta per tutte! Era la mia occasione e non
potevo farmela sfuggire assolutamente, se volevo avere una
possibilità di essere finalmente felice! Dopo tantissimo
tempo,
sentii nel mio cuore uno smisurato fervore… un calore che
sapeva
di benessere, di eccitazione, di speranza…
Due dita lunghe, sottili e molto delicate si posarono sotto il mio
mento e mi fecero alzare la testa, che inconsapevolmente avevo
abbassato per la vergogna, portando i miei occhi a perdersi in quel
cielo sconfinato che erano i suoi: mi scrutavano silenziosi, mentre un
lieve sorriso risplendeva sul suo volto minuto, come ad incoraggiarmi a
parlare… sì! Le avrei detto tutto, le avrei
rivelato ogni
mio sentimento, ogni mia emozione, ogni mia paura… decisi di
aprire il mio cuore sanguinante; e lei, con un’unica parola,
avrebbe potuto fermarlo o guarirlo per sempre…
Feci un respiro profondo e iniziai il discorso più
importante della mia vita.
ANTEPRIMA
CAPITOLO 58
-Ecco Alice… ora che sai tutto, vorrei chiederti solo una
cosa… se vorrai… ti scongiuro, ti imploro: non
trattarmi
più con indifferenza, non evitarmi più, parlami
nuovamente… e col tempo, se inizierai a sentire un
po’
meno odio nei miei confronti e riuscirai a perdonarmi almeno un minimo
per tutta la sofferenza che ho aggiunto alla tua vita, già
così duramente provata, allora e solo allora,
magari…
bè, potrai prendere in considerazione di nuovo di provare a
essere mia amica… mi basterà che tu in qualche
maniera
rimanga nella mia vita… ti prego, Alice…
concedimi almeno
questo… anche se so benissimo di non avere il diritto di
chiederti niente! Io non mi merito nulla, ma per la tua infinita
bontà, ti supplico… fammi dono di poterti stare
vicino!-
esclamò, buttando la testa sul mio petto e stringendomi
forte,
mentre i singhiozzi ormai scuotevano il suo corpo, facendo sussultare
anche me.
Alcune fiction che meritano di essere seguite!
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dark side of the moon di barbara_f
Solo
per un week-end di Isabella v
(sara_g)
Rock my
life
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(sara_g)
Testa o
Cuore? di Isabella
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