Il frutto del peccato - parte I.

di Eikochan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII. ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Note autrice: long-fic seguito della mia one-shot Il frutto del peccato ; penso che possa essere letta senza problemi anche senza leggere la one-shot ma per avere un quadro generale della situazione sarebbe meglio leggere anche l’altra (tranquilli non è lunga!)
Le parti in corsivo sono i flashback che tornano alla memoria a Misaki.

 

 

 

 

CAPITOLO I

 

 

Il primo episodio doloroso che ricordava riguardo la sua infanzia consisteva in una donna anziana    che con parole cariche d’odio la definiva il frutto del peccato di due screanzati; a quell’epoca aveva appena quattro anni e ancora non capiva cosa significasse ma il disprezzo che traspariva da quelle parole lo aveva percepito appieno e ne era rimasta turbata così tanto che alla fine era scoppiata a piangere tra le braccia di suo padre, lei che non si lasciava mai andare!
Era cresciuta divisa tra i racconti di suo padre e le versioni della gente e all’età di nove anni aveva già deciso che la verità stava nelle parole dolorose degli abitanti e aveva smesso di chiedere a Naruto, il suo padre adottivo, aneddoti sui genitori.

 

 
“Papà, papà. papà!”
“Dimmi, Misaki.”
“Com’erano i miei genitori?”
“Vieni che ci mettiamo comodi sulla poltrona.”
e la prendeva in braccio, posandola con delicatezza sulle proprie ginocchia
“Hinata, tesoro, ci prepari due tazze di thè verde?!”
E dalla cucina arrivava sempre la voce delicata della mamma:
“Certo, Naruto. Misaki vuoi anche la menta?”
“Si, mamma!”
“Allora vediamo da dove incominciare”
iniziava poi il racconto il biondo, sorseggiando la sua bevanda calda.
“La tua mamma e il tuo papà sono i miei migliori amici,
lui ha i tuoi stessi capelli neri
mentre gli occhi sono quelli della tua mamma.
Mi ricordo che Sasuke era davvero riservato, non sai quanta
fatica facevo per capire cosa passasse nella sua mente così complicata;
Sakura invece era come un libro aperto, le leggevi l’anima negli occhi.”
“Anche nei miei si legge l’anima?”
lo interruppe Miku, soffiando nella tazza per raffreddare il thè troppo caldo
“No, tu hai preso l’imperscrutabilità di tuo padre.”
E la bambina sorrise contenta, mostrando il sorriso sdentato
dei denti da latte caduti.
“In ogni caso la tua mamma è sempre stata innamorata di tuo padre
fin da quando aveva otto anni e litigava con la sua migliore amica,
anche lei innamorata di lui.
Sasuke invece, nonostante le grandissime abilità di ninja
era totalmente impreparato sui sentimenti, accecato com’era da quelli sbagliati.”
“Quali sono i sentimenti sbagliati?”
gli domandava Misaki, attenta e curiosa come tutti i bambini
“L’odio e la vendetta. Non potranno che farti sprofondare nel buio.”
La piccola non sembrava avere capito più di tanto la morale,
ma Naruto non se ne preoccupava, del resta era ancora piuttosto piccola
“Comunque  ci ha messo quasi dieci anni a rendersi conto che
anche lui amava la tua mamma. Pensa
che lei in tutto questo tempo non si è mai arresa, nemmeno una volta,
e tu hai preso la tenacia da lei vedo.”
“E perché ora i miei genitori non ci sono?”
“Te lo spiegherò quando sarai più grande,
inoltre ormai è tardi e devi andare a dormire,
altrimenti Hinata viene a sgridarmi che ti tengo in piedi fino a notte inoltrata.
Quindi ora vai a dormire, tesoro.”
E Misaki saltava giù dalle gambe di Naruto,
e prima di riportare la tazza in cucina si girava verso
il padre e gli sorrideva.
“Buona notte, papà!”
“Buona notte, Misaki”

 

Si rendeva conto solo ora di quanto era stata ingenua a quell’età, convinta che fosse normale mollare una figlia al proprio migliore amico. Era cambiato tutto da quanto era entrata all’Accademia e aveva iniziato a conoscere meglio la realtà fuori dal caldo e sicuro nucleo famigliare: i bambini l’additavano come la figlia illegittima tra il mukenin della Foglia e la ninja traditrice, e non capiva come mai le loro madri non le permettessero di giocare con loro; nemmeno Naruto, nella sua autorità di Hokage era riuscito a far scemare le ritorsioni; il ricordo della Konoha mezza distrutta dalle fiamme era ancora vivido nella memoria collettiva. E così si era abituata in fretta all’idea di arrangiarsi da sola e questo aveva accentuato l’indole asociale che la bambina aveva di natura. Naruto si era accorto che qualcosa iniziava a incepparsi quando un giorno era tornata a casa dall’Accademia e aveva chiesto, con un’espressione estremamente seria per una bambina di otto anni, come era stata trovata e perché i suoi genitori l’avevano abbandonata.
E giorno dopo giorno, mese dopo mese, aveva iniziato a chiudersi in sé stessa e a non voler più sentire i racconti dei genitori naturali.

 

 
“Hei, Uchiha!”
Un ragazzino dai capelli mori raccolti in una
coda alta l’aveva chiamata urlando in mezzo al cortile
dell’Accademia.
“Ti ho detto di non chiamarmi Uchiha, Takumi!”
“Ma tu sei un’Uchiha.”
“No, io sono una Uzumaki!”
“Ma fammi il piacere.. perché allora avresti
lo Sharingan?”
Ma a quella domanda non seppe trovare risposta
e con le lacrime di rabbia agli occhi se ne tornò a casa
seguita dall’urlo di quel maledetto Takumi
che le ronzava nelle orecchie:
“Sei un mostro! Proprio come tuo padre.”
E intanto si domanda perché diavolo
doveva avere quello stramaledetto Sharingan.

 

Entrò dalla porta principale e lanciò la cartella sul mobile d’ingresso facendo cadere a terra un vaso pieno di iris; subito, richiamata dal rumore, comparve dalla porta della cucina Hinata.
“Ciao mamma.” sbuffò Misaki.
“Misaki, fai attenzione.” la rimproverò dolcemente la madre adottiva, mentre si apprestava a chinarsi per pulire.
“No, lascia stare, mamma.” la fermò “non puoi piegarti nelle tue condizioni! Faccio io,  tranquilla. E’ colpa mia del resto.” 
Hinata la ringraziò, poi sorrise appoggiando una mano sul pancione pronunciato del settimo mese e tornò in cucina a finire la cena.

 
Quella sera, una volta che tutti e tre si furono seduti a gustare la ciotola di ramen fatta in casa da Hinata, Naruto si girò verso la moglie con un sorriso a trentadue denti e a quanto pareva pronto a sparare una notiziona succulenta.
“Sai chi si trasferisce qua da Suna?!”
“Non dirmi che torna Shikamaru!” esclamò contenta la mora.
“Si! Lui e Temari hanno deciso che volevano tornare a Konoha.” esultò l’Hokage. “Non vedo l’ora di rivederli entrambi.”
“Dovremmo organizzare un bella cena di riunione, anche con tutti gli altri!”
“Anzi, Shikamaru mi ha detto che ha una figlia della tua età, si chiama Aki, Akio.. boh ora mi sfugge il nome giusto ma dovrebbe essere sul genere.” Naruto si rivolse alla sua figlioccia che, senza partecipare alla gioia collettiva, mangiava silenziosamente il suo ramen.
“Ah.” gli rispose senza intonazione vocale Misaki, del resto non le serviva un’altra ragazzina che le dava dell’assassina per il passato dei proprio genitori.
“Vedi di essere amichevole, Misaki. Si troverà spiazzata essendosi appena trasferita.”
“Ok.”
Di certo la loquacità non l’aveva presa dalla madre.

 

SPAZIO AUTRICE:
Ecco il piccolo prologo!
Mi ha fatto così piacere vedere i responsi e le recensioni che alla fine, colta in una mezz’ora di ispirazione, ho scritto questo piccolo capitolo iniziale alle due di notte :D
Allora cosa ne dite? Non viene ancora approfondita la psicologia di Misaki ma veniamo a conoscenza che vive con Naruto e Hinata, che sono sposati.
Shikamaru invece è finito con Temari (mosche nere, olè!) e ha un figlio e nel prossimo capitolo si trasferiranno di nuovo a Konoha (*.*) olè!
Precisiamo che Misaki qua ha sui 10/11 anni, tanto per la cronaca!
Bè che ne dite?! Non è molto lungo, ma it’s just an intro!!
Baci, Eikochan.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Note autrice: nel capitolo precedente ho fatto una svista: Aki è un ragazzo, non una ragazza (ho cambiato così tante volte versione che alla fine è rimasto il femminile) Sumimasen!

 

CAPITOLO II

 

 
Sbuffando lanciò l’ultimo libro scolastico sulla scrivania, era arrabbiata più che mai: la madre quella mattina l’aveva svegliata che erano appena le sette e mezza per farsi dare una mano a riordinare la casa in vista della cena di quella sera. Che poi non capiva ancora perché dovesse mettere a posto la sua stanza dato che non ci entrava nessuno! Un altro sbuffo, un altro lancio.
“Hai finito, tesoro?” la voce dolce di Hinata che la chiamava dalla cucina la risvegliò dai pensieri rabbiosi su Suna, amicizie giovanili e genitori scellerati.
“Si, mamma.”
“Allora preparati e vieni ad aiutarmi ad apparecchiare, gli ospiti arrivano tra mezz’ora.”
“Va bene.” asserì con poca convinzione.
Aprì l’armadio e lanciò uno sguardo ai suoi vestiti, Hinata le aveva espressamente detto di vestirsi “carina”, il che significava lasciare in un angolo i suoi solito pantaloni sportivi e la maglietta di tutti i giorni. Alla fine optò per un vestito, che non metteva da anni ma che incredibilmente le stava ancora a pennello, lungo alle ginocchia e allacciato dietro il collo, color verde acqua. Decise che era una buona idea darsi una pettinata e così raccolse i lunghi capelli neri in una treccia laterale. Si guardò per l’ultima volta allo specchio e decise che cosi poteva andare bene, Naruto e Hinata non avrebbero avuto niente da ridire.
Scese al piano di sotto dove un profumino delizioso si spargeva nell’aria.
“Metti le posate per piacere.”
“Ok.” E svogliatamente si apprestò a mettere in ordine la tavola.
Aveva finito da non più di cinque minuti quando entrò in cucina suo padre.
“Misaki che bella che sei con quel vestito!” approvò l’Hokage con un sorrisone stampato in volto.
“Grazie papà!”
“Dovresti vestirti più spesso in questo modo invece che con le solite tute, in meno di cinque minuti avresti già conquistato mezza Konoha.”
“Non me ne importa molto in realtà.” Specificò la moretta sovrastando il suono del campanello, prima di andare ad aprire la porta d’entrata. Non aveva fatto in tempo a riconoscere le persone sull’uscio che una decina di trentenni avevano già invaso il loro soggiorno. Sospirò rumorosamente: sarebbe stata un lunga serata.
“Misaki!” un turbine di capelli biondi le oscurò la vista mentre due esili braccia la stringevano in un abbraccio a cui rispose con riluttanza. “Diventi ogni giorni più bella!”
“Ciao Ino.”
La migliore amica della madre l’aveva presa letteralmente in simpatia, sarà stato per gli occhi verdi che le ricordavano così tanto la sua Fronte-spaziosa o forse perché semplicemente provava una forte empatia verso le ragazzine belle –e Misaki era quella che si dice una promettente bellezza, anche se cercava in tutti i modi di nasconderlo- ma, qualunque fosse la spiegazione di base, la Yamanaka era come una madrina per lei, forse troppo chiacchierona ed estroversa rispetto al suo carattere ma Misaki le voleva immensamente bene.
La Uchiha si girò poi a guardare il suo soggiorno sovraffollato dalla carica dei ninja della Quarta Guerra Mondiale: c’era Lee, in quella sua assurda camicia verde bottiglia, che si era letteralmente lanciato verso gli aperitivi seguito a vista da una sconsolata TenTen, che aveva sciolto le crocchie e ora portava i lunghi capelli castani liberi sulle spalle, mano nella mano con il capo della casata Hyuuga: Neji.
Seduto composto sul divano, immerso in una conversazione concitata con Sai, stava Shino, i soliti occhiali scuri calati sugli occhi. Accucciato per terra Kiba dava dei croccantini ad Akamaru e intanto sorrideva ad Hanabi. Choji –come c’era da aspettarsi- si era lanciato sul buffet e stava facendo piazza pulita di tutti gli stuzzichini.
Era assurdo come quei dieci riuscissero a produrre un tale chiasso se messi insieme; a momenti non sentiva nemmeno trillare il campanello di casa, coperto dagli urli di Lee. Si avviò, con passo da condannato a morte, ad aprire la porta, seguita dal padre. Quando girò la chiave nella toppa e lasciò entrare gli ultimi ospiti il soggiorno si ammutolì.
“Non siete cambiati per niente in questi sei anni di lontananza!” esordì Naruto, mentre Ino si lanciava verso Shikamaru stritolandolo in un abbraccio soffocante sotto lo sguardo omicida di Temari.
“Ci siete tutti.” constatò il Nara, salutando con un cenno tutti gli amici.
“Sono cosi contento di rivedervi.” si emoziono Choji, che non vedeva il suo migliore amico da un’eternità. E con lui inziò tutto il giro di saluti e abbracci; poi, una volta che tutti si furono calmati, Temari si fece da parte e mostrò il ragazzino che fino a quel momento era rimasto dietro la sua figura.
“Questo è Aki.” lo presentò la madre, mentre il ragazzino faceva un segno generale di saluto.
Misaki strinse gli occhi in un gesto di stizza, poi si voltò a guardare il nuovo arrivato in attesa di vedere comparire sul suo viso la solita espressione di disgusto e odio a cui era abituata, ma, con immenso stupore della ragazzina, sul volto del piccolo Nara leggeva solo indifferenza, noia, e anche un accenno di strafottenza. Irritata da quest’ultimo sentimento Misaki mise su il suo solito “cipiglio Uchiha” di sfida per poi osservare con più attenzione Aki. Il ragazzino aveva una zazzera scompigliata di capelli color del grano, identici a quelli della madre, mentre gli occhi erano indiscutibilmente eredità dei Nara: caldi e color nocciola; aveva un fisco piuttosto asciutto ed era molto alto, Misaki stimò la sua età sui 12/13 anni.
A un certo punto sentì la mano calda di Naruto spingerla dolcemente verso il nuovo arrivato.
“Su, Misaki, fai amicizia con Aki.”
La mora, d’altro canto, lanciò uno sguardo a metà tra il supplicante e lo sprezzante a suo padre, che però non diede peso al suo disagio e in poco tempo gli adulti li abbandonarono al loro destino.
Misaki era seduta sul divano e teneva le gambe accavallate sotto il sedere, Aki invece era seduto composto; entrambi sorseggiavano la loro limonata in religioso silenzio.
“Comunque non mi sono presentato come si deve” esordì il biondo porgendo una mano alla ragazza. “Io sono Aki Nara e vengo da Suna.”
“Piacere, Misaki Uchiha-Uzumaki.” rispose alla stretta la mora.
“Come mai due cognomi?”
Misaki strinse di nuovo gli occhi: ecco la solita, insopportabile, domanda.
“Perché Naruto è il mio padre adottivo.”
“Ah, capito.” si limitò a rispondere l’altro, per nulla incuriosito.
“Hai già finito l’Accademia?” domandò la Uchiha.
“No, sono all’ultimo anno.”
“Ah, allora hai la mia stessa età.” constatò la mora, per poi aggiungere “pensavo fossi più grande.”

 

 Tutto sommato la serata non era andata poi così male, stabilì Misaki alzandosi la mattina dopo –certo, aveva ancora le orecchie intontite dal chiacchiericcio prodotto da quei dieci casinisti e probabilmente il suo timpano destro non sarebbe più tornato normale grazie a Lee- ma alla fine aveva trascorso la maggior parte del tempo con Aki e, non che avessero poi fatto questi grandi discorsi: nessuno dei due era un chiacchierone nato, ma non le sembrava stupido o immaturo come tutti i suoi compagni di Accademia. Scese per la colazione e trovò la solita scenetta famigliare che si ripeteva tutte le mattine: Naruto seduto di fronte al suo caffè che leggeva il giornale e Hinata ai fornelli che preparava la colazione per la figlia.
“Buongiorno tesoro.” la salutò la madre quando la vide entrare; saluto a cui Misaki rispose con un cenno.
“Oh, ciao Misaki.” anche Naruto la saluto da sopra il giornale. “Ieri ho assicurato a Shikamaru che tu e Aki sareste andati in Accademia assieme così che non si ritrovi da solo il primo giorno di scuola.”
“Va bene.” mormorò mentre dentro di sé lanciava kunai immaginari a tutto il mondo che tramava contro di lei – fare da balia ad un novellino era l’ultima cosa che voleva-.
“Ti aspetta qua fuori alle 8, ovvero fra 10 minuti.”
“Vado a prepararmi allora.”
Sempre lanciando kunai immaginari a, in ordine, Naruto, Aki, Shikamaru, tutto il villaggio di Konoha e ai suoi genitori –che nei suoi guai c’entravano sempre, a sua detta – tornò in camera per infilarsi la sua divisa da combattimento nuova di zecca. La settimana scorsa infatti suo padre le aveva detto che, ora che mancava così poco al diploma, doveva crearsi una divisa da guerra e quindi era andata con Hinata in giro per negozi. Alla fine aveva scelto un paio di leggins neri, lunghi appena sotto le ginocchia, una fascia da mettere sopra il seno –anche se era pressoché inesistente- e una maglia a maniche corte a rete. Hinata, che inizialmente aveva avuto delle rimostranze (lo considerava un abbigliamento un po’ troppo succinto) alla fine aveva acconsentito, a patto che sopra mettesse una giacchetta, rigorosamente nera, a coprire un po’ di pelle.
Una volta finito di lavarsi e vestirsi prese lo zainetto e scese al piano di sotto dove salutò i genitori, prima di uscire di casa.
Appoggiato al cancello stava Aki, i capelli ritti in testa come il giorno prima, e la solita espressione svogliata e strafottente stampata in volto.
“Mio padre ha deciso che avevo bisogno della balia.” esordì a mo’ di saluto il Nara. “Io in realtà non ne ho nessuna necessità quindi se vuoi va’ pure da sola.”
“Ormai! Tanto vale fare la strada insieme se dobbiamo andare nello stesso posto.” sbuffò la mora, incamminandosi verso l’Accademia seguita da quel ragazzino così strano.

 
Stavano entrando nel cortile della scuola quando Misaki, con estremo terrore, sentì quella voce che tanto odiava chiamarla.
“Hei Uchiha!”
Maledetto Takumi, un giorno o l’altro avrebbe avuto quello che meritava.
“Lasciami stare! Ti ho detto che sono Misaki, o al massimo Uzumaki.”
“No, tu sei un’Uchiha. Ammettilo una buona volta.” ribadì il concetto il ragazzino, che ora si era messo di fronte al cancello e non la lasciava passare.
“Spostati che devo passare.”
L’altro fece finta di non averla sentita.
“Hai ucciso nessuno nel week-end?”
“Takumi, non te lo ripeto più: spostati.”
“Senti, bastarda. Non azzardarti a darmi ordini.”
A quella frase Misaki perse la, poca, pazienza che le rimaneva. Con uno scatto fulmineo si portò avanti e fece per tirare una ginocchiata in pancia all’altro, ma Takumi si spostò appena in tempo rispondendo con un pungo ben piazzato sulla guancia destra. Sarà stato per il dolore allo zigomo, o la rabbia della conversazione di prima ma la Uchiha sentì l’odio montare dentro di sé e attivare lo Sharingan. Subito si spostò di lato e lo colpì in pieno petto con un calcio poi, senza lasciare il tempo di un battito di ciglia, lo colpì alle gambe facendogli perdere l’equilibrio e ruzzolare a terra dove Misaki iniziò a prenderlo a calci in pancia. “Azzardati” un calciò bene assestato. “a parlarmi” un altro calcio “di nuovo così” altro calcio questa volta ad altezza costole “e vedr…” era pronta a scagliare l’ennesimo calcio quando sentì il suo corpo irrigidirsi e non rispondere più ai suoi comandi.
“Misaki, mi dispiace interrompere questo scontro così avvincente ma se non la smetti finirai in guai seri.”
Aki, le mani a sigillo, aveva intrecciato la sua ombra a quella della ragazza. Subito la mora sentì la rabbia scemare e disattivò lo Sharingan. Vedendo che si era calmata il Nara sciolse la tecnica e sorpassò Misaki poi, arrivato all’altezza di Takumi, gemente per terra, si rivolse a lui con uno sguardo pieno di disgusto: “dovresti ringraziarmi; se non ci fossi stato io a quest’ora saresti già all’ospedale. Io non la provocherei più.” e se ne andò, naso all’aria, seguito da un’allibita Misaki.

 

SPAZIO AUTRICE:
Buon 2012 a tutti! Ecco che posto il primo capitolo del nuovo anno XD
In ogni caso qua vediamo l’introduzione di un nuovo personaggio, Aki, che risulterà molto importante nel corso della storia. E’ il figlio di Temari e Shikamaru e dalla prima ha preso quell’accenno di strafottenza tipico della Sabaku mentre dal padre le abilità e la pigrizia di base! E per quelli che stanno aspettando Sasuke e Sakura, non temete, fra un po’ faranno la loro comparsa. Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto!
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi ha messo la storia tra i seguiti e quelli che l’hanno messa nei preferiti! ^^
Un bacio, Eikochan.

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Capitolo 3
*** Capitolo III. ***


“Aki! Non serve che mi accompagni fino a casa.”
Misaki lo stava guardando con quegli occhi verdi, imperscrutabili.
“Tanto non ho nulla da fare.” fece spallucce l’altro. “E poi non vorrei che decidessi di attaccare un altro ragazzino a casa durante il tragitto.”
L’altra, quasi a dar ragione al biondo, gli sferrò un pungo che Aki scansò facilmente.
“Ma stai zitto.”
“Bè, se non vuoi la scorta io ti lascio qua.” E svoltò a destra, salutandola pigramente con una mano. 

 

CAPITOLO III:

 
“Aki!” l’urlo di sua madre lo accolse sull’uscio di casa. “Perché sei sempre in ritardo?! Se alzassi quel culo e ti muovessi invece che camminare a passo di lumaca come tuo padre a quest’ora il pranzo sarebbe caldo.”
“Scusa, ma’. Vado ad appoggiare la cartella e arrivo.”
E si avviò in camera sua; nel salotto, stravaccato sul divano, trovò suo padre che si girò a guardarlo e a cui rivolse uno sguardo che significava chiaramente “Proprio una come lei dovevi sposare?” a cui suo padre rispose con un’alzata di spalle e gli sussurrò un “Vedrai che finirai come me.. è il destino dei Nara”; subito gli venne in mente la scena di quella mattina: Misaki che prendeva a calci Takumi. Che ragazza violenta! Se c’era una categoria di donne che proprio non voleva sposare era quella delle “violente” .

 
Stava lentamente mangiando il suo pranzo pensando a perché chiamarsi Uchiha fosse un tale disonore; a Suna non ne sapeva nulla di cosa fosse successo a Konoha. Posò la forchetta sul tavolo e si rivolse al padre che stava gustando una porzione di onigiri.
“Cos’è successo con gli Uchiha? Perché è un disonore fare parte del clan?”
Shikamaru masticò lentamente il boccone prima di rispondere.
“E’ una storia piuttosto lunga.”
“Dai pa’! Non hai nulla da fare questo pomeriggio e nemmeno io.”
Il padre si produsse in uno sbuffo molto marcato ma alla fine decise di accontentarlo.
“Bè la storia di Itachi la sai no? E’ piuttosto famosa in tutte e cinque le terre.”
“Si so che Itachi ha sterminato tutto il clan e suo fratello Sasuke lo ha poi ucciso.” specificò Aki, servendosi di un’atra porzione di ramen.
“Quello che non sai è che Sasuke, dopo aver ucciso Itachi e senza un’apparente motivo, ha deciso di allearsi con Alba e con quello che era Madara Uchiha. Il suo scopo era solo uno: sterminare tutto il villaggio di Konoha.”
A quell’ultima frasi Aki non potè impedirsi di aprire la bocca in una piccola “o”.
“E ci riuscì, anche se per metà.” continuò Shikamaru. “Mentre Madara e gli Edo-Tensei tenevano impegnati tutti gli shinobi della Foglia, Sasuke arrivò al villaggio -che era stato lasciato senza sorveglianza, se non per qualche genin- e iniziò a devastare Konoha e ad uccidere tutte le persone che incontrava sulla strada, premurandosi anche di appiccare incendi qua e la.”
“E perché non ha finito l’opera?” domandò Aki ormai totalmente incuriosito.
“In realtà da qua le cose si fanno più incerte; i testimoni dicono di aver visto arrivare Naruto e iniziare a ingaggiare una lotta disperata contro Sasuke; tutti e due erano sulla stesso piano in quanto a forza e non mi stupisco che a colpi di Chidori e Rasegan abbiano praticamente distrutto tutto il paesaggio circostante per chilometri e chilometri; ma non solo combattevano, si dice che stessero anche parlandosi –o meglio, urlandosi addosso- e non mi stupisco nemmeno di questo.. conoscendo Naruto. Nel frattempo, però, anche Sakura era arrivata sul luogo della battaglia e stava assistendo allo scontro.”
“E chi ha vinto dei due?”
“Nessuno dei due. L’ultimo colpo della lotta li aveva stesi tutte e due, o almeno così raccontano i superstiti del villaggio. E così Sakura è corsa a curare Naruto, che dopo poco si era già ripreso, ma a quel punto si sentivano arrivare anche gli altri ninja della Foglia e non era difficile immaginare che Sasuke, ancora incosciente, sarebbe stato catturato e processato; così Sakura si prese in spalle il ragazzo, ancora incosciente, e fuggì dalla città in fiamme. Da quel momento non si hanno più notizie di loro due.”
“E cosi si sono detti tra di loro Sasuke e Naruto?”
“Nessuno lo sa; o meglio lo sa solo l’Uzumaki ma non ha mai voluto farne parola con nessuno. Tutta la storia è piuttosto incerta anche perché non ha voluto rilasciare un solo commento su tutta la questione.”
“A questo punto” prese di nuovo parola Aki, tornando al punto focale della questione “deduco che Misaki sia la figlia di Sasuke e.. Sakura?!”
“Esattamente. Naruto l’ha trovata sulla porta di casa quando era ancora neonata.”
“Che storie!” si disse Aki, per poi bisbigliare tra se e se “Certo che però sono dei bastardi a prendersela con Misaki, lei non c’entra nulla nella storia!”
“Cosa stai mormorando, marmocchio?” chiese sospettoso Shikamaru guardo l’espressione seria e assorta del figlio.
“Niente, papà. Grazie per avermi raccontato la storia.” E detto queste fece per uscire dalla cucina; Shikamaru, osservando Aki andarsene, sperò che Temari non se la prendesse troppo con lui per aver raccontato al figlio una storia così truculenta.
“Ah tranquillo.. non dirò a mamma che mi hai raccontato te la storia.”

 

 
“Cosa c’è Misaki?”
Hinata stava guardando la mora masticare svogliatamente il pranzo.
“Niente, mamma!”
In quel momento comparve sulla soglia Naruto, ancora nella sua tenuta da Hokage, e piuttosto arrabbiato.
“Com’è che sono venuta a sapere dal maestro Iruka che hai picchiato un ragazzino primo dell’orario scolastico?!”
“Mi ha provocato!” si difese Misaki, alzandosi dalla sedia, arrabbiata anche lei.
“E cosa ti avrebbe detto per farti provocare?”
“Niente, lascia stare.” e lanciò la forchetta nel lavandino. “Tanto non capiresti comunque.”
E detto questo si avvicinò alla finestra e, nel suo solito modo melodrammatico, uscì dalla cucina.

 
Era tutta assorta ad osservare i cerchi che si formavano quando lanciava i sassi nell’acqua, seduta sul pontile in cui era solita andare a pensare, quando si accorse che qualcun altro si era posizionato di fianco a lei; scorse una zazzera di capelli color grano: Aki.
Lui non disse niente e così Misaki continuò a pensare ai fatti suoi.
Certo, Naruto era un bravissimo padre e lei gli voleva veramente bene, ma non poteva di certo spiegarli cosa fosse successo! Il bene che lui voleva ai suoi genitori naturali era totalmente incondizionato e sfociava indubbiamente nell’assurdo: come faceva a dirgli che avrebbe preferito non essere figlia loro? E poi di sicuro sarebbe partito con una tritica su quanto volesse bene a Sasuke e Sakura e quante ne avessero passate insieme. Che poi Misaki non lo metteva in dubbio, ma questo non poteva di certo cambiare il fatto che fossero due traditori e che l’avessero condannata a una vita di insulti.
“Sai la storia di Gaara?” esordì Aki, interrompendo il flusso dei pensieri della mora.
“Il Kazekage?”
“Si. Lo sai che è mio zio? E’ il fratello di mia madre..”
“No, non lo sapevo.”
Entrambi continuavano a lanciare sassi nell’acqua calma del lago.
“Era il Jiinkurichii del demone tasso, la monocoda. Fin da piccolo è cresciuto senza affetto: mia nonna è morta di parto e mio nonno lo odiava: si era reso conto che poteva essere una minaccia per il villaggio. E così decise di ucciderlo, fin dai primi anni di vita continuò a mandare dei sicari per assassinarlo ma il demone e la sabbia lo proteggevano; non si fece mai un graffio.”
“Che cosa crudele”
“Eh già. Comunque l’unica persona che ancora doveva volergli bene era suo zio, il fratello di mia nonna, che ancora badava a lui quando nessun’altro voleva avvicinarsi; ma una notte, difendendosi da un altro attaccato di un assasino, a quest’ultimo –ormai in fin di vita- cadde la maschera e Gaara scoprì che si trattava di suo zio. Lui gli disse che non gli aveva mai voluto bene realmente perché aveva messo fine alla vita di sua sorella.”
Misaki, a quel punto, aveva smesso di lanciare sassi e si concentrava solamente sull’ascolto della storia.
“Allora Gaara, constatando che nessuno al mondo gli voleva realmente bene, decise di diventare un demone che ama solo sé stesso e il cui unico scopo era uccidere gli altri per sentirsi vivo. Poi però, all’esame dei Chunin incontrò Naruto che lo convinse finalmente che quella non era la via giusta da seguire e pian piano iniziò a redimersi e a difendere il villaggio, tanto che venne nominato Kazekage.”
“Perché mi hai raccontato questa storia?”
“Gaara, e anche Naruto, fin da piccoli hanno dovuto fare i conti con le conseguenze delle scelte degli altri; entrambi per pregiudizio si sono visti lasciare da parte e vivere un’infanzia solitaria. Ma non si sono lasciati abbattere e nonostante alcune scelte terribilmente sbagliate, alla fine hanno scelto la loro strada. Si sono costruiti il loro futuro da soli, dopo tutto, e non hanno permesso alla gente di averla vinta.”
Misaki stette in silenzio; non avrebbe mai ammesso che ogni volta era sempre più turbata da tutti gli insulti che riceveva: era troppo orgogliosa. Ma Aki aveva capito subito cosa la turbasse; quella sensazione di inadeguatezza e quell’idea che il suo destino fosse già stato scritto da altri che la perseguitava da anni. Lungi dal mostrarsi debole la mora si alzò in piedi tendendo una mano al ragazzo.
“Forza muoviti che non ho pranzato! Andiamo a mangiare degli onigiri che sto morendo di fame.”
Aki accettò la mano di Misaki per alzarsi in piedi –non che ne avesse avuto bisogno, chiaro- e si avviò insieme a lei al primo chiosco di onigiri. Era contento che Misaki si fosse tirata su di morale e, bel lungi dall’aspettarsi un ringraziamento, fu felice di constate che non l’avesse preso a pugni ma anzi lo avesse deliberatamente invitato (anche se era meglio dire ordinato) di andare a pranzo con lei.

 

SPAZIO AUTRICE:
Ecco il terzo capitolo! Spero vi sia piaciuto; come avrete visto è un capitolo corto, di passaggio: vediamo spiegato cos'è successo nell'ultima battaglia e come Sakura se ne è andata dal villaggio, spero questo questa versione vi sia piaciuta, ed inoltre vediamo come il rapporto tra Misaki e Aki si approfondisca (a modo loro, essendo due ragazzini davvero strani) e preparatevi al prossimo  capitolo che sarà.. BOOM
Passando alle note della storia:

: in realtà io non so a che punto sia il manga nella versione originale –seguo i capitoli giapponesi- e così non so cosa sia spoiler e cosa no (sono pessima lo so!). Quindi Tobi è Madara mentre, per chi, invece, fosse alla pari con le uscite come me…  bè createvi la teoria che via aggrada di più su tutta la questione di Tobi/Madara.

E per finire volevo seriamente ringraziare tutte le persone che hanno recensito, tutte le sedici che hanno messo nei seguiti, le quattro persone che hanno messi nei preferiti e tutte le persone che leggono e basta; io sono sinceramente allibita –in maniera positiva- dai riscontri di questa storia appena iniziata; per molti di voi saranno bazzecole questi numeri ma per me sono letteralmente.. WOW.
Quindi grazie a tutti! Arigato.
Baci, Eikochan.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV. ***


note autrice: la parte in corsivo, verso fine capitolo, indica un lungo flashback.

 
CAPITOLO IV:

 

 “Che buono questo ramen!” Naruto si stava servendo della quarta porzione quando Hinata, dolce ma decisa, lo bloccò.
“Naruto, lasciane un’ po’ anche per gli altri.”
“Tranquilla, Hinata-san, io sono pieno come un’ uovo.” la rassicurò Aki, battendosi una mano sulla pancia.
“Io anche, mamma.”
Misaki non aveva neanche finito la frase che già Naruto si era buttato a capofitto sulla ciotola di ramen.
“Vieni che andiamo a finire la ricerca.” Misaki fece per alzarsi in piedi.
“Su cosa è?” domandò Hinata, sparecchiando il tavolo.
“Abilità innate”sussurrò la mora, stringendo gli occhi.
Ad un’occhiata tra Aki e Hinata -Naruto era troppo impegnato ad abbuffarsi per prestare ascolto- cambiarono subito argomento.
“Vuoi una mano, Hinata-san?” domandò Aki, abituato ai lavori forzati a cui lo costringeva la madre.
“No, grazie Aki. Andate pure a finire la ricerca.”

 “Allora, qua dice che le abilità innate tipiche del villaggio della foglia sono…” Misaki si girò per domandare all’amico se era giusto, quando vide che si era addormentato.. di nuovo!
“Svegliati!” Prese a premergli un cuscino del divano in faccia. “Non servi proprio a niente… smettila di addormentarti dappertutto!” Il ragazzo intanto si agitava e scalciava  tentando di allontanare la ragazza; in quel momento passò Hinata, un cesto di biancheria pulita in braccio.
“Misaki! Toglili quel cuscino dalla faccia, lo stai soffocando!”
Finalmente la mora si decise a spostare il cuscino.
“Ma sei pazza? Stavo per morire!” prese a tossicchiare il ragazzo.
“Esagerato! Alla faccia del ninja di alto livello…”
“Strega” la apostrofò lui, sempre tossendo.
“Pappamolle.” gli lanciò contro il cuscino di prima, ridendo. “Quando mai ho deciso di fare la relazione con te!”
Aki sorvolò sul fatto che sarebbe stato comunque l’unico ad accettare di collaborare con lei.
Ad un tratto suonarono alla porta e Misaki andò ad aprire, seguita dal padre che si era già avviato dalla cucina.
“Probabilmente sarà Neji, ha detto che veniva stasera per fare rapporto.” urlò Hinata, dalla lavanderia.
Ma quando Misaki, con alle spalle Naruto, aprì la porta d’entrata quello che vide non fu lo sguardo freddo e altero del capo-clan Hyuuga  ma bensì due persone: una dai capelli neri pressoché uguali ai suoi, l’altra con un paio di occhi decisamente identici ai suoi. Sentì un leggero colpo alla spalla: Naruto si era lanciato, in lacrime, contro la coppia sulla porta.
“Sakura… Sasuke” con il braccio destro cinse il collo della donna dai lunghi capelli rosa cicca, anche lei in lacrime; con l’altro braccio invece strinse a sé quell’uomo moro, molto più alto di lui. Quest’ultimo era l’unico dei tre a non piangere, in realtà lui e Misaki, tutti e due con la stessa espressione, si guardavano impassibili: occhi negli occhi.
Finalmente Naruto sciolse l’abbraccio e fece entrare i suoi due ex-compagni di team; Misaki indietreggiò automaticamente. Per tutto il tempo Sasuke –suo padre, si costrinse a pensare- non aveva stacca gli occhi dai suoi e lei nemmeno.
A quel punto Sakura, accucciandosi, si rivolse alla figlia.
“Ciao Misaki.” La guardava con quel sorriso dolce. “Sono la tua mamma.”
A sentire la parola “mamma” qualcosa le scatto dentro e prima di rendersene conto stava già parlando.
“Tu non sei mia madre. Hinata è mia mamma; tu sei solo una traditrice…quindi tornatene da dove cazzo sei venuta.” E detto questo si girò prima e se ne andò, con la sua andatura lenta e aggraziata, a chiudersi in camera; non prima di sentire Sasuke aprire la bocca per la prima volta: “Nemmeno le buone maniere gli hai insegnato, Naruto?”

 
Intanto, dopo l’uscita di Sasuke, era sceso il silenzio più assoluto.
"Vado a vedere se riesco a parlarle.” Aki, si alzò dal divano e, più che contento di avere una scusa plausibile, si defilò dalla stanza per andare a bussare alla porta di Misaki.
“Misaki, sono io! Mi apri?”
Da dentro nessuna risposta, ma sentì la chiave girare nella toppa; entrò nella stanza e vide che l’amica era seduta, con le gambe al petto, sul letto e si accomodò vicino a lei.
“Un po’ brusca, non pensi?” esordì allora.
“Fin troppo gentile, direi”
“Ok, non possono pretendere di comparire dal nulla e aspettarsi di vederti correre loro incontro.” l’assecondò Aki “però non pensi di dover almeno darli una possibilità di spiegarsi e sentire quello che hanno da dirti?”
“No. Non voglio in alcun modo un rapporto con loro.” si intestardì l’altra.
“Perché no?”
“Mmm.. forse perché mi hanno reso una vita un inferno?” disse, sarcastica, la mora.
“A volte siamo costretti a compiere scelte che non vorremmo fare.”
“Bah..” rispose la ragazza, non trovando niente di meglio con cui ribattere.
In quel momento si sentì un lieve bussare alla porta e la voce decisa ma un po’ timorosa di Sakura.
“Misaki, lo so che non abbiamo il diritto di piombare nella tua vita all’improvviso e so che non posso pretendere che tu decida di volerci accettare dopo tutto quello che è successo. Ti chiedo solo di ascoltare la nostra versione dei fatti, poi potrai tornare a disprezzarci quanto vuoi, ma lasciaci almeno spiegare.”
Nessuna risposta: Misaki guardava ostinatamente la parete di fronte, Sakura aspettava una risposta da dietro la porta chiusa e Aki si domandava quanto potesse essere testarda una persona. A un certo punto la mora si alzò in piedi e, sempre senza dire una parola, aprì la porta e marciò verso la cucina sotto lo sguardo allibito della donna. Si sedette su una sedia, di fronte al padre, e una volta che anche Sakura si fu seduta affianco al compagno Misaki parlò.
“Sentiamo, allora, perché sei un tale stronzo?”
Sasuke la scruto negli occhi, del colore di Sakura ma con l’espressione di un Uchiha.
“Perché te sei una tale stronza?” le domandò di rimando, con tono atono.
“Sasuke!” Sakura gli tirò un colpo in testa, indignata.
“Affari miei.” rispose l’altra, facendo la sostenuta.
“Anche la mia risposta è ‘Affari miei’ “.
“Non sono io quella che desiderava spiegarsi.”
“Nemmeno io se è per quello.”
Si stavano sfidando a parole, la conversazione rimbalzava da una Uchiha all’altro come in una partita di ping pong, nessuno dei due osava perdere un colpo o abbassare lo sguardo fiero.
“Quella che si vuole spiegare è Sakura.” precisò poi Sasuke.
“E se io non volessi sentire?”
“Affari tuoi.” rispose, sintetico come sempre, l’Uchiha più grande.
“Perché non vorresti nemmeno sentire cosa abbiamo da dire?” domandò allora Sakura, intromettendosi nel discorso.
“Perché mi avete fatto passare undici anni da schifo.” rispose duramente Misaki, spostando l’attenzione verso la donna; e per un attimo pensò –insensatamente- che era una fortuna avere ereditato solo gli occhi verdi dalla donna: sarebbe stato un doppio trauma avere quei capelli assurdi. Poi tornò a focalizzare l’attenzione verso la sua madre biologica che aveva preso a lacrimare; la osservò divisa tra il provare compassione verso quella trentenne che piangeva e il disprezzo che le provocavano le lacrime pubbliche. Alla fine decise di sfoderare una comprensione che di solito non le apparteneva.
“Va bene, dimmi pure quello che hai da dirmi; ma non ti assicuro un risultato.”
Al quel punto Sakura alzò lo sguardo, che fino a un momento prima aveva tenuto fisso sulle sue ginocchia.
“Fino a dove sai la storia?”
“Fino a quando sei scappata con lui” disse rivolgendo un cenno al padre.
La madre iniziò il racconto, perdendosi nei suoi ricordi.

 

 
“Sakura.”
Finalmente Sasuke aveva riaperto gli occhi e la guardava con quel solito sguardo.
“Non affaticarti, sei ancora piuttosto debole.”
“Che ci fai qui?”
“Ti ho salvato, i ninja di Konoha ti stavano per catturare.”
“Non dovevi”
Non sapeva se prenderlo come un rimprovero o come una semplice constatazione.
“Ora sei una traditrice anche te.”
Forse era solo preoccupazione..
Tornò a guardare i suoi occhi neri pece e ci vide il cambiamento: perché lei gli sapeva leggere dentro, era in grado di capirlo e vedeva che quegli occhi neri erano gli stessi di quel dodicenne introverso a cui aveva urlato, in una notte di luna piena, tutto il suo amore; non erano gli occhi di quel ragazzo che solo due giorni prima camminava con l’aura della morte, pronto per uno sterminio di massa: Naruto aveva compiuto, come sempre, il suo miracolo.
“Non importa, Sasuke. Preferisco essere una traditrice che tornare al villaggio senza di te.”
Smielata come sempre, in fondo non era cambiata in tutti quegli anni.
Non ottenne nessuna risposta, naturalmente.

 ….

 “Smettila di rimproverarti Sasuke.”
Lei gli leggeva l’anima in quegli occhi e vedeva tutto il rimprovero verso sé stesso, il rimorso di coscienza che lo attanagliava senza pietà.
Come al solito nessuna risposta.
“Tutti sarebbero impazziti nella tua situazione.”
“Non capirebbe nessuno.”
Lapidario come sempre.
“Io si.”
“Grazie, Sakura.”
Stessa frase, stesso tono, stessi occhi di cinque anni addietro. Si aspettava un lieve colpo sulla nuca per farla tacere ma si ritrovò solo un leggero bacio sulle labbra.
“Sasuke?”
Ma lui si era girato e guardava dalla parte opposta, in silenzio.  

…. 

Guardava il cielo stellato tra le fronde degli alberi, sdraiata in una radura nascosta da centinaia di alberi secolari e abbracciata a quell’uomo che amava da anni; sparsi intorno a loro i bagagli e i loro vestiti. Un leggero brivido la scosse e sentì quelle braccia muscolose stringerla ancora più forte.
“Hai freddo?”
“No, è solo felicità.”

….

 “Sono incinta.”
Non trovò modo migliore per dire quel tormento che la affliggeva da più di una settimana.
“Tornate al villaggio.”
Il dolore del rifiuto le si abbatté contro come in uno scontro con un muro.
“E’ stato tutto uno stupido gioco per te?”
Le lacrime avevano preso di nuovo a cadere e sentiva l’illusione di aver ritrovato un Sasuke più comprensivo sfracellarsi in mille pezzettini.
“No.”
“E allora perché non lo accetti questo figlio?”
“Cosa vorresti fare? Siamo ricercati, Sakura. Come pensi di sopravvivere nove mesi così? Tornate al villaggio e dì che ti ho obbligato a seguirmi.”
“Ma se ti ho portato via io, in spalle.”
“Naruto confermerà la tua versione, non preoccuparti.”
“Non voglio andarmene!” Ora Sakura aveva preso a urlare. “Sono benissimo in grado di cavarmela!”
“Vuoi condannare nostra figlia e te a questa vita?” E indicò con una mano i loro bagagli sparsi per terra, i resti del magro pasto che avevano consumato vicino al fuoco ormai spento, le armi posizionate bene e pronte a essere impugnate in caso di attacco.
“Non la sto condannano a niente.”
“Fai come pensi.”

 

 “Sakura! Alla tua destra.”
Un pugno ben assestato tramortì il ninja incappucciato che stava per piantarle un kunai nella spalla; un calcio ne spedì altri due contro un’ albero. Pochi metri in là Sasuke stava tenendo testa ad altri quattro ninja.
Ad un certo punto sentì un dolore acutissimo alla sua gamba destra e vide uno shuriken impiantato nella coscia; in un battito di ciglia uno shinobi era spuntato da dietro un cespuglio e stava per impiantare un kunai nel corpicino della piccola bambina che portava stretta sulla schiena, in un gesto fulmineo fece un mezzo giro e il kunai le sfregio orizzontalmente il naso aprendo una profonda ferita.. ma almeno la piccola era incolume. Accecata dalla rabbia e dal dolore spedì il ninja all’altro mondo.
Intanto Sasuke era riuscito ad eliminare anche gli altri quattro nemici.
“Stai bene?” Le domandò avvicinandosi e osservando il profondo solco da cui usciva copiosamente sangue. “Fatti curare ‘sta ferita.”
In quel momento la piccola Misaki scoppiò in un pianto a dirotto.
“Non possiamo lasciarla con noi” esordì cercando di ignorare il dolore che le provocava il disinfettante sulla ferita aperta. “Poco fa è stata quasi colpita da un kunai.”
“Te l’avevo detto di tornare al villaggio.”
“Non posso lasciarti da solo.”
Lei lo sapeva che si sarebbe ucciso una volta tornato a essere solo coni suoi rimorsi: era ben lungi dal perdonarsi degli errori commessi.
“Portiamola da Naruto, si prenderà cura lui di lei. E un giorno quando tutti questi attacchi saranno finiti e avranno iniziato a dimenticarsi di noi torneremo.”
“Va bene” acconsentì, infine, Sakura.

 

 “E cosi sono finiti gli attacchi nei vostri confronti?” domandò Misaki alla fine del racconto.
“Praticamente si. I Kage hanno iniziato a dimenticarsi di noi..”
“E cosi siete tornati. Ho capito.”
E senza dire un parola se ne tornò in camera, sotto lo sguardo allibito di tutti.
“Penso che abbia bisogno di metabolizzare la notizia.” disse Naruto.
“Lo penso anche io.” approvò Sakura.
“Per intanto starete qua, penso sia la soluzione migliore a tutti i problemi.”

 

 

 Aki prese il maglioncino dal divano e si avviò verso la porta ma venne bloccato da Naruto.
“Aki ti chiedo un favore, sia come Hokage ma soprattutto come persona: non dire a nessuno che Sasuke e Sakura sono qua.. nemmeno ai tuoi genitori.”
“Va bene, fidati di me.” acconsentì Aki, e non solo per il rispetto che provava nei confronti dell’Hokage ma principalmente per far mantenere a Misaki quel poco di sanità mentale che ancora le rimaneva.

 

 
SPAZIO AUTRICE:

Ciao a tutti! (:
Finalmente sono comparsi anche i nostri amati traditori della Foglia! La povera Misaki non l’ha presa proprio bene in realtà.. qui vediamo descritti alcuni stralci di vita di Sasuke e Sakura dopo l’attacco alla Foglia. Cosa ne pensate?
Spero che la parte dei flashback di Sakura sia venuta bene.. ho pensato che a scrivere il racconto come veniva raccontato a Misaki sarebbe potuto risultare un po’ pesante e noioso e ho deciso invece di descrivere i ricordi in prima persona di Sakura.. è risultata una buona idea?
Bè fatemi sapere!
Baci, Eikochan.

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Capitolo 5
*** Capitolo V. ***


CAPITOLO V:


 

“Grazie, Hinata.” Sakura prese la tazza che le porgeva gentilmente la sua vecchia amica. “Vedo che sei incinta, di quanto?”
“Sette mesi.”
“Che bello. Avete già pensato al nome?”
“Dato che è un maschio, Minato ci è sembrato il nome più appropriato” sorrise la mora, accarezzandosi lievemente la pancia “E poi per Naruto è così importante..”
Proprio in quel momento l’interpellato entrò nella stanza.
“Misaki ha chiuso la sua porta a chiave e non risponde. Probabilmente starà dormendo.” disse, prendendo posto sulla sedia affianco alla moglie, per poi cambiare discorso. “Sono così contento che siate tornati! Quanto mi siete mancati.”
“Anche tu ci sei mancato, Naruto.” Ormai Sakura parlava al plurale, tanto sapeva esattamente quello che pensava Sasuke; anche quello che lui non avrebbe mai ammesso.
“Allora cosa ne pensate di Misaki?”
“E’ bellissima: per fortuna ha preso quasi tutti i geni Uchiha.”
“Gli occhi però sono i tuoi.”
“Già, sono indubbiamente i miei. Solo che a lei stanno meglio.” La donna si aprì in un sorriso radioso. “Però ha un bel caratterino, eh?”
“Eh già! Del resto cosa poteva uscire da due testardi come voi? Purtroppo caratterialmente ha preso più dal teme che da te Sakura.” disse Naruto, lanciando una linguaccia –in un gesto tremendamente infantile per un Hokage- a Sasuke.
“Attento a quello che dici, dobe.” lo beccò l’Uchiha.
“Lieto di vedere che sei tornato normale.” rise il biondino. “Ah, è proprio vero che l’amore tutto può!”
Sakura e Hinata scoppiarono a ridere, mentre Sasuke si espresse in un’occhiata decisamente glaciale.
“Stendiamo un velo pietoso.”
“Naruto, dicci un po’ di Misaki. E’ mia figlia e, anche se mi sembra di essere sempre stata con lei, non conosciamo niente di questi undici anni.” chiese Sakura.
“Misaki.. da dove incomincio? Come ragazzina è piuttosto strana: è schiva e decisamente tendente all’isolamento; se non fosse per quell’Aki, penso che non avrebbe nemmeno un vero amico.”
Sakura si rabbuiò. “E’ quel ragazzino biondo che c’era prima?”
“Si, è il figlio di Temari e Shikamaru.”
“Ma non mi dire! Quei due alla fine sono finiti assieme? Non ci avrei scommesso nemmeno un soldo..”
“In ogni caso” continuò il racconto Naruto “è sempre stata emarginata: una volta che ha iniziato a frequentare l’Accademia la brutta reputazione che avete le si è ritorta contro e l’hanno presa di mira. Io so queste cose per via indiretta dato che Misaki non ne parla, ma penso che in fondo ci stia male. Da un giorno all’altro è tornata a casa e non ha più voluto sentire cosa le raccontavo di voi e ha iniziato a non volervi più sentire nominare. Vi ha dato la colpa della sua esclusione.” sospirò. “Gli abitanti di questa città non cambiano mai.”
“Se mi lasciavate sterminarla quando ne avevo l’occasione..” si intromise nel discorso Sasuke, sempre con la sua espressione terribilmente seria.
“Non ci credo!” Naruto batté le mani, entusiasta. “Sasuke sta facendo del sarcasmo?! Sakura, che miracolo hai fatto?”
La Haruno scoppiò nella sua risata cristallina per qualche secondo prima di tornare seria.
“Forse non avremmo dovuto lasciarla a Konoha; certo avevo immaginato che potesse avere delle difficoltà, ma non pensavo che le persone l’avrebbero presa di mira in questo modo..”
“Hai solo cercato di darle un vita migliore, Sakura.” Hinata prese parola per la prima volta dall’inizio del discorso. “Non devi darti la colpa.. vedrai che appena avrà imparato a conoscerti meglio ti perdonerà.”
“Lo spero, Hinata.” bisbigliò Sakura, per poi rivolgersi al marito. “E tu, idiota di un padre, come ti è saltato in mente di darle della stronza? Già ci odia, vuoi forse peggiorare la situazione?”
“Non ho peggiorato la situazione.” Le lanciò uno sguardo di sufficienza “Tu non la capisci proprio la psicologia: mi stava sfidando per vedere se riuscivo a tenerle testa.”
“Che stai dicendo?”
“Che non vuole niente a che fare con delle persone deboli che scoppiano a piangere a ogni frase.” disse Sasuke, lanciando una stoccata alla compagna.
“Mi stai dicendo che non sono all’altezza della situazione?” Sakura si era alzata in piedi e brandiva minacciosamente un pungo.
“Mpf.”
Bam! Un destro secco si stampò ferocemente contro lo zigomo del moro.
“Fate piano o la sveglierete! Se poi non dorme bene diventa ancora più scorbutica!” li sgridò Naruto, mettendosi un dito davanti alle labbra. “Non cambiate mai eh, voi due?” aggiunse poi, sorridendo.
“Comunque ora cosa facciamo? E’ chiaro che il villaggio non ci riaccetterà mai, ma ora che ho incontrato Misaki non voglio più andarmene senza di lei, del resto non sarebbe giusto staccarla dal luogo in cui ha vissuto per tutti questi anni.” sospirò Sakura.
“In realtà io avrei già un’idea per sistemare la situazione” si intromise Naruto. “Vi fidate di me?”
“No” disse immediatamente Sasuke.
“Si che ci fidiamo, Naruto.” la donna lanciò un’occhiata glaciale al compagno.
“Allora lasciate fare a me..”
“Vedi di non peggiorare la situazione, dobe.”

 

Il suono martellante della sveglia la costrinse ad aprire gli occhi, guardò l’ora: erano le sette e mezza, il che voleva dire che aveva dormito qualcosa come mezz’oretta scarsa. Non era riuscita a prendere sonno: aveva troppe cose che le martellavano la mente. Con la cera degna di uno zombie si alzò e si vestì; riuscì a mettersi la maglia a rete al rovescio e a versarsi addosso il bicchiere d’acqua così, imprecando mentalmente contro il mondo, si diresse in cucina.
Aprì la porta e si innervosì ancora di più notando che la scenetta famigliare –che si ripeteva da ben undici lunghi anni- quella mattina era stata completamente stravolta: Hinata era sempre ai fornelli ma ora era aiutata da Sakura, mentre Naruto cercava di strappare di mano il giornale a Sasuke, che seduto composto, riusciva a scansare ogni affondo del biondo.
“Buon giorno Misaki.” la salutò dolcemente Hinata.
“Ciao tesoro!” esordì Naruto, bloccandosi a metà di un attacco.
“Ben svegliata.” la salutò quindi Sakura, i capelli rosa legati in una crocchia alta, sventolando la padella su cui stava cuocendo qualcosa che a prima vista non sembrava del tutto commestibile.
La mora, senza rispondere, si sedette al suo solito posto. Hinata e Sakura le piazzarono sotto il naso una tazza di latte, la prima, e un piatto con una strana poltiglia marrone, la seconda.
“E questo cosa dovrebbe essere?” Misaki indicò il piatto con un dito guardando le due con espressione sarcastica.
“Toast” rispose Sakura.
“Ma è mollo! Come fa un toast a essere mollo?!”
“Sono anni che non uso un fornello decente! Ho anche perso la manualità.” si difese la madre assumendo un’espressione contrariata.
Misaki a quel punto si girò verso il padre che aveva posato il giornale sul tavolo e ora guardava la scenetta con la sua solita aria annoiata.
“Come hai fatto a vivere tutti questi anni con lei?” disse la mora indicando la madre. “Hai uno stomaco di ferro?!”
Le reazioni furono immediate: Naruto scoppiò in una risata sguaiata, mentre Hinata la sgridò con un “Misaki-chan” pieno di rimprovero, Sakura invece iniziò a prendere la tonalità rosso- rabbia mentre Sasuke, allergico -come al solito- alle risate, si limito a un semplice: “Non chiedere”.
Quando la situazione tornò sotto controllo Sasuke si girò verso la figlia.
“Hai lo Sharingan?” le domandò, mentre Misaki si chiedeva se avesse un’altra tonalità di voce oltre a quella annoiata che sfoggiava sempre.
“Sì
“A che età lo hai sviluppato?”
“Otto anni.”
“Davvero?”  Sakura si era intromessa, come al solito, nel discorso “Solo Itachi, prima di te, era riuscito a svilupparlo così presto..”
Misaki si chiese come potesse nominare quel nome così tranquillamente davanti a Sasuke; Sakura notando l’espressione della figlia si girò verso Naruto: “Non le avete detto niente?!”
Naruto scosse la testa. “Non sono io quello che glielo deve dire..”
“Cos’è che mi dovreste dire?” chiese la mora, più sospettosa che curiosa.
“Niente, Misaki. Sbrigati che Aki è già di fuori che ti aspetta.” La incitò Hinata buttando un’occhiata fuori dalla finestra.

 

 

“’Giorno.” la salutò Aki alzando pigramente la mano
“Vedo che hai dormito bene.” le disse indicando con un cenno svogliato le pesanti occhiaie che risaltavano sull’incarnato pallido.
“Stai zitto.” lo salutò d’altro canto l’altra. “Vedi di non metterti anche te a rompere” aggiunse poi,
di cattivo umore.
“Cos’è? Sasuke t’ha sputato nel piatto?”
“Idiota!” Misaki gli tirò una sberla piuttosto forte in testa “Vuoi farci finire tutti nei casini?” aggiunse, sottovoce, guardandosi intorno furtiva.
“Scusa, dimenticavo, Top Secret.”  

Misaki stava guardando fuori dalla finestra, troppo occupata a pensare agli avvenimenti della sera prima per prestare ascolto alla lezione; al suo fianco Aki ronfava tranquillamente sul banco, in una mera imitazione dei tempi d’oro del padre.
In quel momento suonò la campanella di fine lezioni e tutti si apprestarono ad andarsene, ma il maestro Iruka interruppe il brusio delle sedie scostate dal banco e della preparazione degli zaini battendo il palmo aperto sulla cattedra.
“Aspettate un attimo, ragazzi!” Li bloccò. “A inizio lezione è arrivata una comunicazione da parte dell’Hokage stesso. Vi invita a prendere visione, insieme alle vostre famiglie, del suo discorso di domani sera davanti al Palazzo degli Uffici. Sarà trasmesso anche dal canale delle notizie, in diretta.”
Tutti gli studenti si guardarono tra loro, dubbiosi e curiosi: non accadeva spesso che l’Hokage organizzasse un discorso di quella portata senza eventi o ricorrenze precisi.
“Che sta succedendo?” Aki si voltò a guardare l’amica.
“Non ne ho la più pallida idea.” rispose quella.
Cosa diavolo aveva in mente Naruto?!

 
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il nuovo capitolo! Come avrete notato è un piccolo capitolo di transizione verso un altro avvenimento importante che cambierà le carte in tavola! Cosa ne pensate? Lo so, lo so.. non c’è molto qua ed è anche piuttosto breve, però spero lo apprezzerete lo stesso! (:  
Quindi se volete sapere cosa Naruto dovrà comunicare di tanto importante alla popolazione seguite il prossimo capitolo e lo scoprirete *musichetta pre-pubblicità*!

 Per concludere:
Oltre a tutte le persone che hanno commentato lo scorso capitolo -a cui ho già risposto- e a tutte quelle che hanno messo la storia nelle seguite o nei preferiti, volevo ringraziare la mia nuovissima beta Fede che contribuisce a perfezionare questa storia! Arigatou!

Baci, Eikochan.

 Hem, mi stavo dimenticando la piccola nota : Citazione liberamente tratta dalla canzone de “La bella e la bestia!” XD

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Capitolo 6
*** Capitolo VI. ***


CAPITOLO VI

 

Quella mattina Sakura si era limitata a scaldare del latte e, con immenso stupore della figlia, c’era riuscita perfettamente.
“Tieni, Misaki”.
“Mmm.”
Non si poteva di certo dire che la Uchiha fosse una dal risveglio facile.
In quel momento entrò Hinata, un grembiule allacciato a malapena sull’enorme pancione che sfoggiava. Prese anche lei una tazza di latte e si sedette vicino a Misaki.
“Dopo passa qua Aki.” La mora aveva alzato lo sguardo dal latte e ora fissava la madre.
“Va bene, tesoro. Vedete di non fare troppa confusione però..”
“Tranquilla, mamma.” La tranquillizzò lei. “Dopo andremo insieme a sentire il discorso di papà.”
“No, preferisco che tu vada con Hinata a sentire il discorso.” Naruto era entrato in quel momento e, il capello calato malamente in testa, afferrò il giornale e un biscotto prima di tornare verso l’uscita.
“Ci dobbiamo preoccupare?” domandò Sakura, dando voce anche alle preoccupazioni di Misaki.
“Tranquille, tutto sotto controllo.” Naruto aprì l’uscio di casa per poi urlare: “Non vi fidate, forse, dell’Hokage più figo di tutti i tempi?!” e si richiuse la porta alle spalle, ridendo. Le tre si guardarono sconsolate tra di loro.
“Comunque” prese di nuovo parola Sakura, soffiando distrattamente sul suo latte caldo per farlo raffreddare. “vedo che tu e Aki avete un certo feeling, o sbaglio?”
“Siamo amici!” rispose indignata Misaki, sbattendo il cucchiaino contro la tazza.
“Non devi vergognarti di nulla.” disse Hinata, dando corda all’amica.
“Non mi vergogno di niente! E poi cosa me ne frega di avere un fidanzato..”
“La prima volta che mi sono innamorata avevo la tua età..” tornò a parlare Sakura.
Misaki sentiva chiaramente puzza di ‘racconti dei vecchi tempi andati’ e per un attimo fu tentata di abbandonare velocemente la stanza, ma alla fine si arrese a prestare ascolto, se non altro per sfuggire alle faccende che la aspettavano quel giorno.
“In realtà mi è sempre piaciuto, ma la cotta si è trasformata in amore quando avevo circa dodici anni ed è stato non appena ho iniziato a vedere oltre il suo aspetto fisico”, prese di nuovo parola la donna dopo qualche secondo di silenzio, “Lui mi ha respinto per anni e anni dicendomi che ero noiosa e sciocca.”
“Che stronzo.”
“MISAKI!” la ripresero all’unisono Sakura e Hinata.
“Scusate! Continua pure il racconto..” si scusò infastidita.
“In ogni caso io ho sempre cercato di comprenderlo, l’ho sempre sostenuto. Era simile a un amore unilaterale; ma ho sempre sentito, in fondo al cuore, che anche lui provava qualcosa per me. Questo mi ha permesso di sopravvivere in tutti quegli anni di lontananza, chiamatelo sesto senso o solo stupidità, ma è quello che mi ha dato la forza di andare avanti.”
“Io non avrei mai aspettato anni qualcuno che si è allontanato volontariamente da me.” disse, sovrappensiero, la mora.
“Sono sempre stata una sognatrice, una di quelle che si attaccano ai propri sogni e alle proprie illusioni con le unghie e con i denti. Ad un certo punto però si sono infranti dolorosamente contro un muro d’odio e vendetta. Pensa che Sasuke mi ha quasi ucciso, due volte!”
“Davvero?” Ora Misaki era realmente presa dal racconto. “E tu l’hai perdonato?”
“Si, ho capito che era sotto shock, totalmente spersonalizzato dall’odio. Sembra una persona forte e distaccata, ma in realtà ha un carattere piuttosto fragile ed è facile preda delle emozioni che, anche se non esternate, dominano impulsivamente tutto il suo modo di agire..”
“Sakura.” Sasuke era comparso, le labbra leggermente strette in un’espressione piuttosto indispettita.
“Oh, buongiorno Sas’ke.”
“Evita di raccontare i fatti i miei in giro, altrimenti io potrei dire che ho cercato di ucciderti perché tu per prima hai cercato di farmi fuori.”
“Ma che razza di psicotici siete?”
“Della peggior specie.” sorrise Sakura. “Ma ricordati che hai i geni di entrambi quindi io, se fossi in te, inizierei a preoccuparmi.”
“Divertente.” E detto questo Misaki prese l’ultima fetta biscottata e tornò in camera sua.

 

“MISAKI!”
La voce di Hinata la risvegliò: diavolo, si era addormentata.
“Sì?”
“Vestiti che fra dieci minuti partiamo per andare a sentire il discorso di tuo padre..”
Raccattò la sua maglia preferita e la indossò in un batter d’occhio, prese poi un paio di leggins neri e, dopo essersi data una spazzolata ai capelli, scese al piano di sotto.
Vide che in soggiorno si erano radunati Hinata -avvolta in un vestito color perla che richiamava il colore dei suoi occhi- Sasuke e Sakura coperti, invece, da capo a piedi di un mantello nero con cappuccio: erano praticamente irriconoscibili grazie all’ombra del copricapo che oscurava i loro volti.
“Allora, Misaki, io e te partiamo fra dieci minuti.” esordì Hinata.
“Mentre io e Sasuke partiamo adesso, prima della folla e poi staremo nascosti nel palazzo dell’Hokage.”
“Ok.”

 
Si avviò insieme a Hinata verso la piazza principale, quella di fronte al palazzo. Le strade erano affollate di abitanti che si muovevano tutti, come un fiume in corsa, nella stessa direzione.
A un certo punto incontrarono Temari e Shikamaru.
“Ciao Hinata.” la salutò il Nara.
“Shikamaru, Temari.. che piacere rivedervi!”
“Sai cosa ha in mente Naruto?”
“Ne ho un’idea, ma meglio non esserne troppo sicuri. Se c’è una caratteristica di Naruto quella è l’imprevedibilità.”
“Già. Dato che ci siamo incontrati perché non andiamo insieme a sentire il discorso?” propose Temari, sistemandosi meglio il ventaglio sulla schiena.
“Perfetto. Cosi Misaki e Aki possono stare insieme, sono diventati molto amici, vero?”
“Non parlate di noi come se non vi sentissimo.” si intromise nel discorso Misaki.
“Su, vai a parlare con Aki.” tagliò corto Hinata, dandole un colpettino in avanti e tornando poi a immergersi nelle chiacchiere con gli altri due. Poco dopo, di fronte al negozio Yamanaka, videro Ino e Sai uscire, quest’ultimo mano nella mano con Inojiro Yamanaka, un bambinetto di cinque anni dal colorito pallido che contrastava con i capelli neri e lo sguardo azzurro che colorava il tutto. Com’era prevedibile anche loro si aggiunsero al gruppetto.
Erano arrivati relativamente presto e quindi erano riusciti a prendere posto nella prima fila davanti alla massa di persone che pian piano stava stipando la piazza. Finalmente alle 8 in punto Naruto, con calato in testa il cappello di Hokage e la tunica sopra l’intramontabile tuta arancione, si affacciò al balcone e iniziò il suo discorso.
“Buona sera a tutti voi, abitanti di Konoha. Vi starete domandando come mai io abbia indetto questo discorso; beh, innanzitutto, voglio dirvi che quello che vi dirò oggi non farà piacere a molti di voi. Ne sono a conoscenza da diverso tempo: il fatto che andrò a narrarvi mi è stato raccontato ancora prima della Guerra, ma solamente quando sono stato nominato Hokage ho avuto accesso ai documenti che mi confermavano la versione dei fatti. Ora vi domanderete perché io abbia aspettato tutto questo tempo per informarvi: sono stato bloccato dal rispetto verso un amico, senza la sua autorizzazione non avrei mai rivelato niente.” Si bloccò per un secondo, guardando dietro di sé. “Stasera vi racconterò la verità su Uchiha Itachi. Sono sicuro che tutti voi, sia i più anziani che i più piccoli, sanno di chi sto parlando e cosa successe quella fatidica notte in cui quel tredicenne dai modi gentili e dal talento innato sterminò tutto il suo clan e poi si unì all’Akatsuki. Vi ha inorridito per giorni, mesi.. anni, l’idea di un figlio che senza pietà uccide i suoi genitori, immagino, e non vi do torto. Ma ora siamo qua per fare luce sulla vicenda. Come vi ho già detto quella che vi rivelerò stasera sarà la verita.”
Nella piazza non volava una sola mosca, tutti con lo sguardo puntato in alto ascoltavano diligentemente quello che l’Hokage stava dicendo.
“E se per caso non mi crederete sarò disponibile a rilasciare i documenti che parlano dell’accaduto. Torniamo al dunque, ora. Vi sareste di sicuro domandati il perché di una tale ferocia e crudeltà, vi sarete chiesti cosa ha spinto un ragazzino pacato e tranquillo ad assassinare a sangue freddo un intero clan… Sete di potere? Semplice forza bruta? Un’improvvisa follia? No, mi duole dirvelo, ma la spiegazione è ancora più agghiacciante. La verità è che Itachi Uchiha ha sterminato il suo clan, ha ucciso i suoi genitori, è diventato un traditore, si è unito all’Akatsuki, è vissuto nell’odio ed è stato disprezzato da ogni persona solo per proteggere Konoha…”  
A quella frase la gente incominciò a guardarsi attorno, dubbiosa, riflettendo le domande negli occhi del vicino per poi tornare a osservare l’Hokage che si era fermato osservando il dubbio generale. Poi riprese a parlare, con il solito tono di voce calmo e deciso.

 
La voce di Naruto le arrivava sfalsata, mentre, ad ogni frase che aggiungeva l’Hokage, assumeva un’espressione sempre più allibita. Ascoltò attentamente il racconto di come Itachi aveva sterminato il suo clan per salvare il villaggio della Foglia, di come si era unito all’Akatsuki per monitorare le loro azioni, ma soprattutto di come aveva lasciato in vita Sasuke –suo padre, si costrinse ancora una volta a pensare- e di come lui, una volta scoperto tutto, avesse deciso di vendicare Itachi e sterminare Konoha per tutto il dolore che aveva fatto passare a lui e a suo fratello.
Tutto aveva un senso: piuttosto soggettivo e labile, ma pur sempre un senso che non facesse passare Sasuke per un pazzo furioso e omicida.
Prese, istintivamente, a tremare leggermente schiacciata dal peso delle rivelazioni; si costrinse a smettere e a darsi una inutilmente una calmata. All’improvviso sentì una mano calda, di poco più grande della sua, stringerle il polso accelerato. Si girò impercettibilmente verso la sua sinistra e vide Aki, accanto a lei, guardare intensamente l’Hokage; il tocco caldo sulle sue vene che pulsavano velocemente ebbe il potere di calmarla e in poco tempo smise di tremare.
Misaki non ringraziò, Aki non la guardò e sembrava quasi che non fosse successo assolutamente nulla. La mora tornò a rivolgere l’attenzione al padre adottivo.
“E con questo ho terminato il mio discorso e vi invito a tornare a casa e a mettere a letto i vostri figli pensando a come vi sentireste se esso fosse costretto a uccidervi a sangue freddo, a come vi sentireste nel vedere il vostro gioiello più prezioso sfoderare un kunai e impiantarvelo nel petto.
E poi, prima di addormentarvi provate a immedesimarvi in Mikoto e Fugaku Uchiha e a cercare di capire cosa essi possano aver sentito vedendo il loro amato primogenito ammazzarli senza pietà e senza un’apparente motivo e provate a capire il dolore di un bambino che vede il fratello maggiore cercare di ucciderlo. Per questo io vi invito a smetterla di fare violenza psicologica sugli appartenenti al clan Uchiha”.
A quelle parole Misaki sentì gli sguardi di tutti gli abitanti puntanti sulla sua nuca e percepì aumentare, nello stesso momento, la presa sul suo polso; si tranquillizzò un’altra volta.
“Ah, e un ultima cosa: vi annuncio con estrema gioia il ritorno di Sakura Haruno e Sasuke Uchiha” annunciò Naruto, come se niente fosse, mentre si stagliavano alla luce la figura esile e alta del traditore numero uno di Konoha e quella più bassa ma sempre magra della sua amante.
Ora la piazza era ammutolita, ma non solo si erano tutti fermati immobili e silenziosi, anche gli uccellini che fino a qualche secondo prima cinguettavano sui rami bassi ora non facevano rumore.. addirittura sembrava che pure il Fiume avesse messo di scorrere appena fuori dalle mura.
“Vi invito a essere gentili con loro, ora che sapete tutta la verità.”
La reazione del pubblico fu velocissima, urla e insulti partirono dalla folla agitata; Hinata e Aki si strinsero ancora di più vicino a Misaki, uno alla sua sinistra l’altra alla sua destra, temendo ritorsioni o degeneramenti. Parti chiaro, dalla confusione, la voce, alta, di un uomo non individuato che domandava come l’Hokage potesse permettere a Sasuke Uchiha, che anni prima aveva raso al suolo metà Konoha, di tornare a camminare per quelle vie. La risposta di Naruto non si fece attendere.
“Vedete, cari concittadini, dopo aver saputo della storia di Itachi Uchiha ho provato a immedesimarmi nei panni di un sedicenne che scopre di aver vissuto tutta la sua vita nella menzogna e di avere ucciso il suo amico e famigliare più caro per colpa di ‘Konoha’. Per questo io comprendo ma non approvo il comportamento di Sasuke e per questo non sarà giustiziato come invece prevede la legge. Detto questo vi avviso che non saranno tollerati comportamenti di razzismo e ritorsioni verso la famiglia Uchiha. Grazie per l’attenzione e buonanotte.” E subito Naruto rientrò nell’edificio seguito da Sasuke e Sakura.
Nella piazza intanto si era creato lo scompiglio più totale, tutti si guardavano intorno –chi dubbioso, chi preoccupato, ch indignato, chi triste – e naturalmente intervallavano il tutto guardando insistentemente Misaki.
“Naruto andrà incontro a un bel po’ di guai per questo.” esordì Temari. “lo accuseranno di favoreggiamento e non vedo come potrebbero non farlo.”
“Naruto sa quella che fa e quello a cui va incontro.” la interruppe Shikamaru, non prima di aver gettato una fugace occhiata alla mano di Aki intrecciata al polso di Misaki; il piccolo Nara, notando lo sguardo del padre, la ritrasse subito.
“Bè, noi andiamo a dormire. Domani abbiamo entrambi una missione.” si congedò la Sabaku.
“Allora buonanotte Shikamaru-kun, Temari-san.”
“Buonanotte a te, Hinata.”
“Notte, Aki.” Misaki lo salutò con un lieve sorriso impresso in volto, che il ragazzo prese come segno di riconoscimento.
“Notte, Misaki.”

 

 
SPAZIO AUTRICE:

Ciao a tutti ^^
Perdonatemi la lunga attesa per questo capitolo, ma proprio non voleva saperne di scriversi XD è stato un po’ un parto, sta volta, quindi fatemi sapere se è nato uno sgorbio o qualcosa di carino.. ahah!
Come vedete ho dato un po’ di spazio all’interazione Misaki-Sakura, che prima o poi dovranno anche imparare a comprendersi, e al MisakixAki (quei due mi piacciono troppo insieme, oltre a ispirarmi troppo.. e la mia mente bacata sta già pensando a una mini-long sui due in un futuro prossimo XD)
Spero che il discorso di Naruto sia comprensibile e “da Hokage”, ho tagliato tutta la parte della spiegazione di Itachi –ma penso che nessuno di voi voleva un ripasso sulla questione Uchiha-.
Penso che da questo capitolo gli aggiornamenti inizieranno a essere settimanali ora che gli impegni sono tornati e ho iniziato a covare la passione per i contest anche se con ‘scarsi’ risultati (NB: se volete passare a leggere Tutto per colpa si una sigaretta una Shika/Tema leggera e senza pretese che si è valsa l’ottavo post –hem- e il premio per migliore coppia etero)
Bè, penso di aver detto tutto.. aspetto con ansia le vostre considerazioni!

Un bacio, Eikochan.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII. ***


CAPITOLO VII

 

 

Era sdraiata sul letto e guardava il soffitto bianco neve che sua madre, anni addietro, aveva pitturato con dovizia per rendere più ariosa la stanza. Sentì sbatacchiare leggermente la finestra, la ignorò e la lasciò spalancata: aveva bisogno di sentire la leggera brezza fredda che entrava da essa e che la lasciava sveglia e vigile. Aveva assolutamente necessità di analizzare e scomporre la situazione per poi ragionarci su con calma; possedeva la tipica mente scientifica e razionale dei calcolatori, il che –come Naruto le ripeteva sempre- era qualcosa di assurdo visto il temperamento emotivo e impulsivo di entrambi i genitori.
Sentì un lieve bussare alla porta e la voce calda e gentile di Hinata chiamarla dal corridoio.
“Misaki, è pronto il pranzo. Vieni a mangiare?”
Si rigirò nel letto, riuscendo solo a ingarbugliarsi nelle coperte che la stringevano come una mummia millenaria; mugugnò un “No, grazie” insofferente prima di ingaggiare una lotta disperata contro le coltri.
“Ok, tesoro. Ma prima o poi dovrai mangiare…”
Misaki non disse niente e tese l’orecchio per sentire i passi di Hinata, appesantiti dalla gravidanza, percorrere il corridoio e scendere le scale. Una volta che la madre fu al piano di sotto si rilassò e tornò ai suoi pensieri.
Cerco di richiamare quella poca empatia che giaceva sopita in un angolo del suo cervello per provare a immedesimarsi in Sakura. Non fu affatto facile cercare di mettersi nei panni di quella dodicenne dai capelli rosa e la fronte spaziosa, in primis perché non conosceva abbastanza sua madre per comprendere appieno la sua psicologia, ma sopratutto perché il concetto di ‘innamoramento’ le era del tutto estraneo.
Non le era mai piaciuto nessun ragazzo, certo alcuni li considerava abbastanza carini, ma nessuno di essi l’aveva mai incantata. Le vennero alla mente le sue compagne di classe che alla vista di Hajime Hatake -capelli grigio perla e portamento elegante- impazzivano e si prodigavano in urletti e complimenti banali mentre sgomitavano per attirare la sua attenzione. Bleah. Il tutto cozzava apertamente contro la sua dignità personale e la sua intelligenza. Sperò ardentemente che Sakura non fosse stata una ragazzina del genere.
Sentì una corrente di aria fredda un po’ più forte e si strinse istintivamente nelle coperte.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si può morire per assideramento?”
Si girò di scatto, senza considerare lo scarso margine di movimento che le consentivano le coperte e si ritrovò a cadere goffamente dal letto, il lenzuolo stretto intorno al collo. Cerco disperatamente di aggrapparsi a qualcosa, ma riuscì solo a portare con sé, nella sua caduta, anche il cuscino e la federa. Tossendo, cercò di strapparsi via il lenzuolo dalla gola.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si può morire per soffocamento?”
Aki la stava guardando, accovacciato sul cornicione della finestra, con il suo solito sorrisetto a metà tra lo strafottente e il terribilmente annoiato.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si può morire per rompimento di coglioni?”
Misaki era riuscita a liberarsi dalla presa omicida della stoffa, a guadagnare la posizione eretta e ora guardava trucemente Aki che, nel frattempo, era entrato nella stanza e si era stravaccato sul letto ormai in condizioni pessime.
“Non dovresti usare queste parole.. non si addicono alla raffinata nobiltà degli Uchiha..” osservò il Nara, recuperando il cuscino da terra e mettendoselo dietro il collo.
“Vuoi per caso morire seriamente?!”
“No, ma mi annoio.”
Sorvolando sull’affermazione, Misaki si distese accanto a lui e gli strappò da sotto il capo il suo cuscino.
“Tra l’altro perché non sei entrato in casa come le persone normali?”
“Tua madre mi ha detto che non facevi oltrepassare la porta di camera tua a nessuno e ho pensato, quindi, che se dalla porta non entrava nessuno, magari dalla finestra avrei avuto più fortuna.”
“Intelligente da parte tua.”
“Poi volevo constatare di persona che non stessi preparando un omicidio di massa o un suicidio solitario” continuò il biondo, raccattando anche le coperte dal pavimento e coprendo sia lui che Misaki.
“Che nobiltà d’animo.” lo sbeffeggiò l’altra, tentando di accaparrarsi tutto il piumino. “Stavo solo provando a immedesimarmi in loro.”
“E come è andata?”
“Fino ad ora, male. Non riesco proprio a provare empatia verso Sakura…”
“Prova a dire ‘mia mamma’..” la interruppe Aki.
“Mia madre è Hinata.”
“No tua madre è Sakura. Hinata è la tua mamma adottiva. Dovrai accettarlo prima o poi.”
Sbuffò.
“Vabbè, tornando al discorso di prima... perchè non ci sei riuscita?” la assecondò Aki per evitare una lite.
“Il fatto è che non riesco a capire le ragazze innamorate…”
“Questo perché sei un’anafettiva del cavolo.”
“E te sei uno stronzo.”
“Smettila di dire queste parole, Misaki! Lo sai che mi danno un fastidio tremendo.” si intestardì l’altro, guardandola con espressione contrariata.
Altro sbuffo.
“Da una parte però riesco a capire Sasuke.”
“Mio padre.” la interruppe di nuovo Aki, con uno sguardo innocente.
“Va bene.” alzò gli occhi al cielo. “Riesco a capire mio padre. Anche io avrei voluto vendicarmi se fossi stata nei suoi panni.”
“Ammazzando un intero villaggio? Che, per di più, era all’oscuro di tutto?!”
“Mmm. In effetti è un po’ esagerata come cosa..”
“Un tantino direi.”
Misaki si girò dall’altra parte, con il viso rivolto verso il muro, e rimase in silenzio. Anche Aki aveva smesso di parlare.
“Dovresti cercare di comprendere di più Sakura” riprese a parlare il Nara.
Non ricevette nessuna risposta. Dopo un po’ si issò sui gomiti e guardò Misaki: la mora si era addormentata profondamente. Aki si sdraiò di nuovo, piano, in modo da non svegliare la ragazza e decise di concedersi qualche minuto prima di tornare a casa.

 


Il campanello trillò insistentemente, distogliendo Hinata dalle sue faccende.
“Naruto! Puoi andare te ad aprire che sto stendendo, per piacere?”
“Tranquilla, Hinata. Vado io” le urlò di rimando Sakura.
Si avviò ad aprire la porta e, una volta aperta, si ritrovò sull’uscio di casa Shikamaru Nara.  
“ Ciao Sakura, sono contento di rivederti!”
“Shikamaru! Anche io sono contenta di rincontrarti..”
“Come stanno andando le cose?” le domandò, mentre si accomodava in casa.
“Per ora è tutto sotto controllo.” gli rispose lei, cogliendo il discorso sottointeso nella domanda. “Vedremo nei prossimo giorni come si evolverà la situazione. Comunque dimmi pure cosa volevi.”
“Ah, cercavo Aki. Prima mi ha detto che veniva a trovare Misaki e non è più tornato a casa.”
“Mi dispiace, Shikamaru. Io non lo vedo da quando è venuto alle due di pomeriggio e gli abbiamo detto che Misaki non lasciava entrare nessuno nella sua stanza.”
“Non penso si sia arreso così facilmente.” constatò l’altro. “Avrà trovato di sicuro un altro modo per andare a trovare Misaki.”
In quel momento comparvero Naruto e Sasuke, il primo concentrato in un personalissimo monologo, l’altro perso come al solito nei suoi pensieri.
“Ehilà Shikamaru! Come va?”
“Naruto.” lo salutò l’altro con un cenno alla testa. “Avete per caso visto Aki?”
“No, mi dispiace.”
“Vuoi che andiamo a vedere se sono in camera?” Propose Hinata, appena comparsa dalla lavanderia.
“Se non è un problema.”
Shikamaru e Sakura si alzarono dal divano avviandosi dietro a Hinata che stava salendo le scale. Solo Naruto e Sasuke erano rimasti fermi, in mezzo al soggiorno, in un religioso silenzio.
“Perché mai Aki e Misaki dovrebbero essere in camera insieme?” chiese Naruto.
“Perché sono amici, forse?!” gli rispose, sarcastica, Sakura.
“Guarda che se la tocca anche solo con un dito…” iniziò Naruto
“..ci vendicheremo.” completò la frase Sasuke, sempre nel suo timbro vocale freddo e privo di apparenti inflessioni.
Tutti si girarono a guardarlo, non tanto per la frase –ormai prevedibile al limite della banalità- ma principalmente per il fatto che stesse apertamente difendendo e dimostrando preoccupazione per una persona.
“Esatto.” approvò Naruto, dirigendosi anche lui verso il gruppetto di amici, seguito da Sasuke.
Una volta arrivati di fronte alla porta della camera di Misaki, Hinata bussò.
“Misaki, puoi aprire per piacere?”
Nessuna risposta.
“Che dite? Entriamo lo stesso?” domandò Sakura.
“Rischiamo un kunai in piena fronte.. ma a questo punto direi che non c’è alternativa” concordò Naruto.
Hinata, quindi -non dopo aver bussato un’ultima volta- aprì la porta e, una volta entrati tutti e cinque, guardarono la scena che si presentava ai loro occhi: Misaki, che era ancora profondamente addormentata, nel sonno si era girata verso Aki, che nonostante i suoi propositi era crollato nel sonno pure lui, e come risultato i due si ritrovavano con i nasi non più lontanti di dieci centimetri.
Naruto tossì, contrariato alla vista della sua figlioccia così vicino a un’esponente di sesso maschile, mentre Shikamaru si avvicinò al figlio e lo scosse per risvegliarlo.
Il biondo, dopo un attimo di stordimento, aprì gli occhi e mise a fuoco il viso di Misaki così vicino al suo; subito si alzò a sedere.
“Buongiorno Aki.” lo salutò, sarcasticamente, Shikamaru. “O forse è meglio dire ‘Buonasera’..”
“Mi sono addormentato.” si giustificò il biondo una volta messo a fuoco il gruppetto che lo guardava.
“L’avevamo notato.”
“Dai, tirati su. Tua madre mi ha mandato a cercarti ed è arrabbiata con te. Non l’hai avvisata che facevi tardi per cena e sai quanto le diano fastidio i ritardatari.”
“Oh no” sospirò Aki, ripensando a tutte le sfuriate della madre.
“Oh sì” lo prese in giro Shikamaru. “Vedi di sbrigarti.”
Nel frattempo Hinata e Sakura si erano avvicinate alla ragazza.
“Misaki, svegliati, tesoro.”
La mora si strofinò gli occhi e ne aprì uno, con riluttanza. Si stupì nel vedere la piccola folla che si era raggruppata ai piedi del suo letto.
“Che volete?” domandò, sgarbatamente, tirandosi le coperte fin sopra la testa.
“Aki si è addormentato qua.” le spiegò brevemente Sakura.
Solo allora Misaki notò il ragazzo, ancora seduto al suo fianco.
“Dio! Devi proprio addormentarti dappertutto?!” gli domandò tirandogli un calcetto sulla coscia.
“Sei proprio scorbutica appena sveglia” le rispose lui, alzandosi dal letto. “Ci vediamo domani a scuola” la salutò.
Si avviò verso la porta, sorpassando il padre, Naruto, Sakura, Hinata e infine Sasuke che gli rivolse un’occhiata che significava chiaramente “attento a cosa fai o te la vedrai con me.
“Bene” si ritrovò a pensare “Ora mi sono attirato pure le ire dell’Uchiha senior” e, sconsolato, si avviò a casa dove  come minimo Temari gli avrebbe lanciato un mestolo per essere arrivato in ritardo.

 

SPAZIO AUTRICE:

 Ciao a tutti ^^
Hem, si, lo so che ho pubblicato questo capitolo in tremendo e imperdonabile ritardo ç.ç Ma sono sommersa dagli impegni e trovare un minuto libero –e con l’ispirazione dalla mia parte- è stato arduo. Fatto sta che ora il capitolo c’è… anche se non mi convince molto.
Vabbè ringrazio come sempre i recensori fedeli, la mia beta Fede, chi segue e chi legge silenziosamente... siete la mia ‘felicità di scrittrice’ ^^  

Ahhh.. e vorrei farvi notare una piccola comparsata della nuova generazione: Hajime Hatake! Che non è altri che il figlio di Kakashi!
Bè, detto questo vi lascio

Un beso, Eikochan. (:

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


CAPITOLO VIII:

 

Erano ormai  due ore che si rigirava nel letto senza ottenere nulla. Del resto, dopo la dormita del pomeriggio, era perfettamente normale che non riuscisse a prendere sonno. Alla fine, innervosita e arrabbiata, scalciò via le coperte e si infilò le pantofole prima di aprire la porta e scendere al piano di sotto.
Avanzava nel buio del corridoio -i passi attutiti dalla suola morbida- in direzione della cucina: aveva deciso che un thè caldo fosse la soluzione migliore. Diede un’occhiata veloce all’orologio appeso in soggiorno: erano le 23.15. Si maledisse mentalmente, perché il giorno dopo sarebbe stato un trauma svegliarsi per la scuola.
Era quasi arrivata a destinazione quando si accorse che dalla porta semi-chiusa della cucina filtrava una striscia gialla che si rifletteva sul pavimento e sulla parete di fronte: qualcuno le aveva già rubato il posto. Si domandò chi potesse essere e, se fino a qualche settimana prima le opzioni erano ben poche, ora come ora la casa era anche troppo affollata per i suoi gusti. Decise di entrare e porre così fine ai suoi dubbi; spinse la porta, che cigolando, le permise di entrare.
Rivolse un’occhiata indagatrice alla stanza e poi, infine, scorse Sakura seduta al tavolo e con in mano una tazza fumante.
“Ciao Misaki!” la salutò lei aprendosi in un sorriso. “Non è un po’ tardi per essere sveglia?”
L’altra si avvicinò alla madre.
“Non riesco a prendere sonno. Colpa del riposino pomeridiano.”
“In effetti. Ti va una tazza di tè? L’ho appena preparato.”
“Che thè è?” Le domandò Misaki prima di risponderle, avvicinandosi ai fornelli.
“Thè verde.”
“Per fortuna!” sospirò. “E’ l’unico gusto di thè che mi piace.”
“E’ anche il mio preferito.” le rispose Sakura. “Almeno in qualche aspetto ci assomigliamo, allora.”
“Già” acconsentì la mora, versandosene una tazza e prendendo posto di fronte alla madre.
“Del resto ne bevevo a barilate quando ero incinta di te. Chissà, magari te l’ho trasmessa io questa inclinazione.” concluse pensierosa ma anche piuttosto contenta della possibilità.
“Magari.” le concesse il beneficio del dubbio Misaki. “Dove sono tutti?”
“Naruto è ancora a lavoro... aveva una riunione con i consiglieri, Sasuke è a girovagare, non so dove.” le rispose tranquillamente Sakura, mentre cercava di non pensare a lui che la abbandonava al villaggio come era accaduto molto tempo prima. Perse giusto un battito al ricordo, ma tornò subito calma per non far intuire niente alla figlia. “Hinata, invece, è già a dormire; la gravidanza la stanca parecchio.”
Misaki annuì in silenzio nel suo personalissimo modo di dire alla gente ‘ho capito cosa volevi dire ma non ho niente di meglio da risponderti.’ Rimasero un po’ in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri; poi Sakura prese di nuovo la parola, incapace di stare zitta per più di cinque minuti.
“Sei contenta che avrai un fratellino?”
“Tecnicamente non è mio fratello.” osservò Misaki.
“Ma in pratica si.”
“Già. Speriamo che non sia così esaltato come Naruto, ma prenda un po’ della tranquillità della mamma.” disse Misaki, senza pensare al ‘mamma’ finale che –come aveva intuito dall’espressione afflitta di Sakura- aveva rattristato la sua vera madre.
“Tu non piangevi quasi mai né tantomeno ti agitavi, nonostante i continui spostamenti e combattimenti.” osservò Sakura. “Non sembravi nemmeno una neonata.”
Misaki non rispose ma iniziò a raschiare, con precisione ma allo stesso tempo distratta da altri pensieri, lo zucchero che si era postato sul fondo della tazza. Alla fine sputò fuori la domanda che le aleggiava nel cervello e le saliva alle labbra ormai da giorni.
“Perché alla fine hai deciso di rischiare tutto e scappare con Sasuke?” le domandò piantandole gli occhi nei suoi. Verde contro verde.
Sakura rimase un po’ in silenzio, cercando di trovare le parole per quel lungo discorso che si apprestava a fare.
“Vedi, Misaki, ti ho avevo già accennato del mio lungo amore per Sasuke, no?”
L’altra annui.
“Sono cresciuta a pane e favole per questo fin da piccola. Sono sempre andata alla ricerca del vero amore, di quella persona che sarebbe sempre stata con me, che mi avrebbe amato, che ci sarebbe sempre stata. Inizialmente mi basavo sui canoni estetici.. da vera sognatrice quale ero il mio Vero Amore sarebbe dovuto essere semplicemente bellissimo... e iniziai a guardarmi intorno. E poi Bingo!  avevo trovato il mio Vero Amore: tratti fini, portamento elegante, muscoloso quanto bastava, con quell’aria da bello e impossibile, in altre parole Sasuke Uchiha.”
Sakura stava parlando come un fiume in piena e Misaki la osservava, cercava di individuare il più piccolo gesto che potesse identificarla come sua madre, scorgeva il modo in cui apriva le mani, come un’esplosione, ogni qualvolta voleva sottolineare un concetto; come le si apriva il sorriso sul viso ogni qual volta pensava a qualcosa di piacevole; come storceva, impercettibilmente, il naso a ripensare ai momenti più difficili. Era alla ricerca di qualcosa, di un movimento, un modo di esprimersi, un tic nervoso, che la riconducesse in maniera precisa e definita al concetto di “madre”.
Non ne trovò.
“Ero la classica bambina infatuata, convinta che i ragazzi arrivassero su un cavallo bianco per portarti via. Peccato che, effettivamente, di Sasuke non sapessi un bel niente. A me bastava il bel visino per convincermi. E poi, con una botta di fortuna sfacciata, sono finita in team con lui e con quell’idiota”  sorrise, pronunciando la parola, e tolse ogni cattiveria dal termine “di Naruto. Non potevo crederci. Riuscivo a sentire il coro di arcangeli scesi dal cielo. E così ho scoperto il suo carattere: era freddo, distante, superbo, orgoglioso, insomma un concentrato di negatività come pochi ne avevo conosciuti; ma in fondo ai suoi occhi neri vedevo che c’era qualcosa di sbagliato nel tutto, che lui non era così, che in fondo non era quello il suo vero carattere. E mi innamorai –oltre che del suo aspetto- anche del suo carattere: incondizionatamente e eternamente. E arrivò il momento in cui se ne andò, nonostante la mia confessione a cuore aperto. Fui a pezzi per tantissimo tempo.”
“Io non ce la farei.” la interruppe Misaki.
“Lo avevo intuito” le sorrise Sakura, prima di ricominciare il monologo. “Comunque se ne andò lasciando nello sconforto più totale sia me –che avevo perso l’amore della vita- che Naruto –che, invece, aveva perso il suo migliore amico-. Tradì il villaggio della Foglia e scappò con Orochimaru alla ricerca del potere, della forza per uccidere Itachi. Lo andammo a cercare e lo trovammo in uno dei covi del Sannin: pronunciò per primo il mio nome ‘Sakura’ nel suo tono freddo e altero. Erano due anni che non lo vedevamo e per ogni giorno passato distante lui si era fatto più bello. Penso di non aver respirato per tutta la durata dell’incontro, me ne stavo lì, ferma, cercando di trattenere le lacrime e poi sparì di nuovo. Eravamo così vicino e si è dissolto di nuovo in una nuvola di fumo. Stavo per abbandonare tutto e lasciarmi andare, lasciar perdere.. arrendermi. Ma non potevo, sapevo che dovevo salvarlo e quindi mi sono allenata duramente per me e per lui. Sono diventata forte, ho studiato con Tsunade, ho fatto la mia gavetta, ho sputato sangue, lacrime e sudore per diventare un kunoichi degna.”
“Ma poi l’hai quasi ucciso.” le fece notare Misaki.
“Può sembrare un ossimoro, ma ho cercato di ucciderlo per salvarlo. Era venuto a conoscenza della verità su Itachi –quella che tu hai sentito l’altro giorno- ed era impazzito dal dolore, completamente spersonalizzato dall’odio. Avevo deciso di ucciderlo perché non era giusto condannarlo a vivere una vita nell’oscurità, tanto valeva porre fine al tutto. Peccato che sia stato lui a quasi uccidermi. Alla fine non ce l’avevo fatta a colpirlo sopraffatta com’ero dai ricordi.”
Sakura fece un respiro, prendendo fiato, aveva la gola secca a forza di parlare.
“Quindi per tornare alla tua domanda, dopo tutto questo poema che ti ho decantato, ti dico che ora che Sasuke era lì, svenuto, ma dalla nostra parte… era tornato in sé, finalmente. Non potevo perderlo un’altra volta… sarebbe stato più di quanto potessi sopportare, e lo sapevo. E quindi ho mandato al diavolo tutto. Avevo passato più della metà della mia vita a corrergli dietro, a sostenerlo, a cercare di aiutarlo, a ingoiare lacrime e tristezza e a diventare forte. Non era forse arrivato anche il mio turno di essere felice? Ho deciso di fare l’egoista per una volta e puntare alla mia felicità, così non ci ho pensato due volte e sono scappata con lui.
Potrà sembrare la scelta sbagliata ma per me è stata la più giusta, perché finalmente avevo quello che avevo sempre desiderato e quello per cui avevo lottato. Ero felice anche io.”
Sakura aveva finito il discorso e osservava Misaki, in attesa di una qualunque reazione, ma la mora non si azzardava a parlare.
“Non riesci a capire le mie ragioni, eh?” provò a ipotizzare allora.
“In effetti no. O almeno non pienamente..”
“Sai perché non riesci a capire le mie motivazioni?”
Misaki la guardò in attesa di una risposta.
“Perché tu sei quella che viene definita una ‘vera ninja’. Io non ho mai avuto l’inclinazione di una  kunoichi e ho dovuto impararlo. Tu, al contrario di me, sei in grado di capire quali sentimenti portare con te e quali invece, lasciar perdere.”
“In poche parole sono un’insensibile?”
“No!” si affrettò a negare Sakura, mulinando le mani davanti a sé “Sei capace di capire quali situazioni ti porteranno qualcosa di buono e quali qualcosa di male.”
Misaki non rispose –in realtà non aveva capito pienamente cosa intendesse dire la madre- e soprattutto non era così convinta che quello da lei descritto fosse un pregio.
“Ti conviene andare a dormire ora, tesoro. Altrimenti domani non ti alzi.”
“Già. Hai ragione.” concordò Misaki posando la tazza nel lavello.
“Buonanotte.” la salutò Sakura.
“Notte.”

 

Si stava allenando nel grande giardino di casa: non si poteva di certo dire che i componenti del clan Hyuga fossero tipi sobri. Tutte le case che componevano l’area erano di uno sfarzo che dava quasi il voltastomaco: ville con engawa fatti dei legni più pregiati, cancelli dal design elaborato e giardini immensi. Anche la loro casa, posta al limitare del quartiere per mantenere un po’ di pace, era piuttosto lussuosa; il pregio migliore fra tutti era quello di avere un immenso giardino rigoglioso: c’erano diversi alberi di ciliegio, un laghetto in cui si gettava un piccolo ruscello, diverse aiuole piene di azalee e gigli ed un’area apposita per allenarsi. Proprio lì Misaki si stava esercitando.
Attivò lo Sharingan e iniziò a comporre i sigilli con le mani, per poi portarsele alla bocca e urlare “Katon Goukakyuu no Jutsu”. Il risultato fu piuttosto scarso: riuscì solo a sputacchiare qualche fiammella.
Frustata e innervosita, si girò e sferrò un poderoso calcio contro la corteccia di un albero. S’accasciò poi al suolo.
“Componi in modo errato il sigillo del cavallo.”
Sasuke era comparso nell’area e ora la stava guardando.
“In che senso?”
“Devi essere più chiara quando posizioni le mani e utilizza bene quello Sharingan, altrimenti è inutile che lo attivi.” Sasuke si avvicinò, continuando a guardarla.
“Allora fammi un po’ vedere.” lo rimbeccò stizzita Misaki.
Il moro si posizionò e, senza farselo ripetere due volte, si produsse in una palla di fuoco suprema di alto livello.
“Insegnami.” gli chiese allora seria e concentrata.
“Ok.”

Erano ormai due ore che si stavano allenando senza sosta e finalmente Misaki riuscì a produrre un Katon che Sasuke considerò accettabile; finalmente si sdraiò d’impeto sull’erba fresca mentre le ombre del sole basso del tramonto le illuminavano il viso. Sasuke prese posto vicino, seduto con la schiena contro l’albero che aveva colpito prima Misaki.
Stettero in silenzio per un bel po’, Misaki cercando di recuperare le forze e Sasuke perso nei suoi pensieri.
Ad un certo punto la mora aprì gli occhi e rivolse il volto verso il padre.
“Tu non sei contento di stare qua.”
L’altro la guardò, senza dire niente.
“Intendo dire a Konoha.” precisò Misaki.
“Non molto.” rispose lui, telegrafico come sempre.
“E allora perché sei tornato?”
L’altro non rispose, come al solito poco avvezzo a spiegare i propri sentimenti.
“Immagino che tu non abbia voluto abbandonare Sakura.” continuò lei, notando la reticenza del padre a rispondere, in modo da non lasciare cadere il discorso.
L’altro rispose con un mezzo grugnito che Misaki prese per un sì.
“Ma allora perché rimanete qua? Posso cavarmela benissimo da sola come ho sempre fatto in questi undici anni.”
“Cavartela da sola? Non riesci nemmeno a fare un Katon decedente.”
Misaki gli rispose con un’occhiata inferocita alle sue, purtroppo veritiere, parole.
“E poi Naruto non può tirar su in maniera decente l’unica erede del clan Uchiha.” specificò Sasuke con noia e superiorità, ma Misaki vide un guizzo passare nei suoi occhi e lo decifrò perfettamente perché era lo stesso che passava nei suoi quando si parlava del suo imminente ‘fratellino’ e non voleva ammettere di volergli già bene.

 
SPAZIO AUTRICE:
Sii, lo so che sono sempre in ritardo ç.ç Ma che ci volete fare? E’ già un miracolo, per me, riuscire ad aggiornare così presto e a continuare questa long (contate che di solito faccio un aggiornamento al mese °//°)
Comunque spero mi perdoniate! (: Questo capitolo è più incentrato sul rapporto genitoriali e non vediamo ne Aki ne Naruto e Hinata.
Come sempre, aspetto con ansia i vostri pareri!

Baci, Eikochan.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX. ***


CAPITOLO IX:

 

Si riscosse dal sonno, agitata dall’incubo appena sognato, e aprì gli occhi; il suo cervello le stampò in mente a chiare lettere la frase “E’ ora di andare a scuola e  fare i conti con il tuo destino”, un po’ melodrammatico forse, ma purtroppo veritiero.
Scese lentamente le scale, cercando di sistemarsi un ciuffo che le ricadeva continuamente sugli occhi. In cucina trovò la famiglia –adottiva e non- al gran completo che bisbigliava con fare cospiratorio. Appena la videro si zittirono di colpo e simularono, invece, un sorriso -troppo grande per essere vero- iniziando a parlare in contemporanea di stupidaggini. A Misaki era chiaro che stavano cercando di ricreare con scarsi risultati la solita scenetta quotidiana.
“Hai preso tutto l’occorrente?” domandò Sakura, con tono acuto, mentre sopra alla sua voce si sovrapponeva quella di Naruto che le chiedeva se sarebbe stata a casa per pranzo e in contemporanea Hinata apriva la bocca per dire “Misaki, siediti che ti porto un po’ di latte caldo.”  In poche parole erano riusciti a creare, in pochi secondi, il grado di confusione che regnava al mercato popolare del giovedì.
“No, grazie.” decise di rivolgersi all’ultima frase che le era stata rivolta “Non ho molta fame oggi, sono passata in cucina solo per dirvi che uscivo.” E, senza aggiungere altro, fece dietrofront e uscì di casa.
“Mi sa che non siamo riusciti nel nostro intento…” sospirò Naruto, guardando assorto la porta da cui era appena uscita la figlioccia.
“Direi di no.” sospirò a sua volta Sakura.
L’unico che non aveva battuto ciglio per tutta la durata del teatrino era stato, naturalmente, Sasuke.

 
Stava camminando per le vie semi deserte di Konoha –era un lunedì mattina presto e la maggior parte delle persone erano a casa a dormire- ed era leggermente preoccupata. Non era una codarda, né tantomeno una vigliacca, ed odiava avere paura, ma non poteva fingere di non essere un minimo tesa. Era la prima volta che andava a scuola dopo il discorso di Naruto e la verità sugli Uchiha e non sapeva cosa aspettarsi. Si voltò a osservare la sua immagine riflessa nella vetrina di un’alimentari: ora il ciuffo, che prima si era scostata dagli occhi, stava ritto in testa come un’antenna; sbuffò, cercando di appiattirlo senza nessun risultato. All’improvviso, come fosse reduce da un jutsu di teletrasporto, comparve il riflesso di Aki -la maglia sporca di cioccolato e i capelli scompigliati- accanto a lei.
“Sembri un barbone.” lo apostrofò, senza girarsi.
“Sembri una matta con quei capelli.” la rimbeccò lui.
“Un giorno mi spiegherai come fai a comparire dal nulla. E non dire che usi un jutsu…” continuò, anticipando il ragazzo che aveva aperto la bocca per ribattere “perché sei troppo scemo per un livello tecnico del genere.”
“Senti chi parla.” sbuffò. “A giudicare dal tuo livello di acidità scommetto che sei tesa come prima di un’imboscata.”
Misaki non rispose, ancora impegnata a sistemare il capello indisciplinato.
“Non preoccuparti. Peggio di come ti trattavano precedentemente non può andare, no?”
“Grazie, idiota. Torna nella discarica da cui sei venuto..” lo insultò, prima di girarsi e procedere a passo di marcia, mollandolo lì in mezzo alla strada.
“Hei, aspetta.” vide con la coda dell’occhio che la stava rincorrendo e per un attimo si stupì che un essere tanto pigro potesse correre a quella velocità “non prendertela.” le disse semplicemente, una volta raggiunta.
Per il resto del tragitto si ignorarono a vicenda; lei persa nei suoi pensieri, lui che si trascinava e sbadigliava ad ogni battito di ciglia.
Cinque minuti dopo erano arrivati in prossimità della scuola; le si bloccarono le gambe per qualche momento, ma poi la spinta di Aki la convinse a procedere. Sorpassò il cancello dalle sbarre spesse e si ritrovò nel cortile gremito di studenti, i quali si girarono a guardarla all’unisono, quasi come  da un direttore d’orchestra, facendosi forza continuò la sua camminata. Sempre in quella terrificante maniera innaturale la folla si aprì per lasciarla passare: sembrava che nessuno volesse toccarla, parlarle –non si sentiva volare una mosca- e neppure guardarla. Nonostante tutto sentì ancora la presenza silenziosa del Nara che, con lo sguardo rivolto al cielo azzurro d’inverno, camminava imperterrito affianco a lei, e si sentì un po’ rincuorata.

 
La campanella che segnava la pausa di metà mattina era appena suonata, tutti si riversavano fuori dalle aule come impazziti; lei, invece, camminava fiaccamente per il corridoio alla ricerca di un posto tranquillo in cui isolarsi. Alla fine optò per la panchina dietro l’edificio scolastico, al limitare del cortile, da lontano si accorse, però, che era già stata occupato da una zazzera bionda piuttosto famigliare.
“Aki! Possibile che tu sia sempre in mezzo?!”
L’altro aprì un occhio per guardarla. “Fino a prova contrario sono stato io il primo ad essere arrivato; chi primo arriva meglio alloggia.”
“Almeno scansati un pochino che ci sto anche io.”
Il biondo ubbidì mansueto all’ordine, prima di tornare a parlare.
“Allora, come sono andate la cose stamattina?”
“Non mi ha rivolto la parola nessuno.”
“Sempre meglio che essere presa di mira, no?” Suggerì lui, ora aprendo entrambi gi occhi e voltandosi verso di lei.
“Non saprei… ma non essere calcolata mi dà estremamente fastidio!” sbuffò Misaki incrociando le braccia al petto.
“Questo è perché sei una narcisista.” la stuzzicò.
“Smettila che non sono dell’umore giusto. Odio essere ignorata.” concluse alla fine mettendo su un broncio che poche volte Aki aveva visto.
Il biondo gettò un’occhiata all’orologio e poi si alzò dalla panchina.
“Dai, musona, alzati che altrimenti arriviamo in ritardo.”
Misaki neanche rispose all’insulto e si limitò a stiracchiarsi, alzandosi.
Come quella mattina, tutti la ignorarono mentre entrava nel portone dell’edificio, tutti tranne Takumi che arrogante la guardò negli occhi per poi rivolgersi al ragazzino moro alla sua destra e bisbigliargli qualcosa.
“Cosa hai detto?”
Misaki –la cui poca pazienza si era ormai del tutto esaurita- si scagliò contro Takumi con ferocia improvvisa.
“Niente.”
“Non bisbigliare alle mie spalle, codardo!” gli intimò prendendolo per il bavero della giacca “se devi dire qualcosa, dilla in faccia.”
“Sì… così poi puoi correre da papà e denunciarci tutti… non funziona così, Misaki.” le scandì in faccia lui. “E ora lasciami stare.”
Interdetta dalla rivelazione, mollò lentamente la presa, guardandosi spaesata intorno.
Si era aspettata ogni spiegazione alla sua esclusione, tutto tranne quello: non il passare come una debole che aveva bisogno del aiuto del padre Hokage per combattere le proprie battaglie, non voleva essere considerata una codarda che non era in grado di arrangiarsi.
Per lei era l’insulto più grave che si potesse ricevere.
Infuriata, diede uno spintone di frustrazione a Takumi e scomparve in fretta nell’edificio scolastico.
Una volta finita la scuola uscì a razzo e si diresse velocemente a casa, senza nemmeno aspettare Aki.

 

Quel pomeriggio era seduta in salotto, sommersa dai libri e dai compiti, e si stava facendo aiutare da Hinata con un passaggio particolarmente difficile. Sakura dall’altro lato della stanza era immersa nella lettura di un tomo di Tecniche Mediche per il suo esame di riabilitazione come medico dell’ospedale di Konoha. Sasuke e Naruto erano in giro -come al solito- il primo non si sa dove, il secondo immerso nel lavoro fino al collo.
Dal piano di sopra scese con passo felpato Aki, tranquillo e beato, come se fosse a casa propria. Hinata e Sakura si limitarono a un breve saluto: ormai si erano abituate; infatti, dall’episodio di poco tempo prima, per Aki era diventata una consuetudine entrare dalla finestra della camera di Misaki invece che dalla porta. Per le madri non v’era alcun problema –in fondo entrambi era ancora bambini-, i due uomini di casa, al contrario, erano piuttosto scettici al riguardo.
“Ciao Aki.” lo salutò distrattamente Misaki, concentrata sull’esercizio che stava svolgendo.
“Sei ancora a fare compiti? Che scatole, io li ho finiti mezz’ora fa.”
“Se sei venuto per criticare puoi anche tornartene a casa.”
“Non ci penso nemmeno” sospirò Aki, sedendosi sul divano “mamma è in post-litigio con papà e , dato che lui ora è al lavoro, si sfoga con me… e voglio essere ancora vivo stasera.”
L’altra non si diede pena di rispondergli.
“Aki, tesoro, vuoi restare a cena da noi stasera?” lo invitò, premurosa, Hinata.
“Grazie, Hinata… ti sarò per sempre debitore, mi ha salvato la vita.” la ringraziò sorridendo.
In quel momento entrò Naruto con stampata in volto l’espressione più funerea del suo repertorio, subito seguito da Sasuke.
“Tutto ok, Naruto?”
“Sì, Hinata. Non preoccuparti.” e si aprì in un sorriso forzato. “Però c’è una cosa di cui vorrei parlare a te, Sasuke e Sakura.. andiamo in cucina?”
“Certo. Misaki, Aki.. potete andare in camera?” ordinò gentilmente Sakura.
I due, guardandosi tra loro, annuirono basiti e salirono le scale; una volta al piano di sopra, però, Misaki non entrò in camera, ma fece segno a Aki di seguirla nello studio del padre: lì, nell’angolo dietro la scrivania c’era una piccola feritoia che dava direttamente sulla cucina sottostante, da cui era possibile sentire perfettamente quello che si stavano dicendo.
“Cos’è successo, Naruto?” chiese preoccupata Sakura, la cui voce era inconfondibile.
“Sono appena venuto a conoscenza di una voce che gira: un’organizzazione di mukenin sta organizzando un attentato a Konoha per gettare nel caos il paese del Fuoco. I motivi sono ancora ignoti.”
“Sono fonti attendibili?” chiese Hinata.
“Sembra di sì” prese parola Sasuke. “Me l’hanno riferito due miei ex-compagni di team: Karin e Suigetsu. Loro sono ancora nel giro dei mukenin e sono sicuro praticamente al cento per cento della veridicità.”
“Sono passato solo a riferirvelo, per dirvi di tenere gli occhi aperti. Devo tornare subito in ufficio per consultare i consiglieri e informare i Jounin. Non so a che ora tornerò, Hinata.” precisò poi Naruto, prima di rimettersi il mantello e porre fine alla discussione.
“Non ho mai visto Naruto così agitato.” sospirò Misaki, poggiando la schiena contro il muro.
“E anche Sasuke dimostrava una qualche emozione… il che è grave.” rincarò la dose Aki, sarcastico come al solito.
Si voltarono insieme- guardandosi in volto- con la stessa domanda stampata in fronte: “Cosa diavolo sta succedendo?”

 

 ANGOLO ‘AUTRICE-IN-GINOCCHIO-IMPROLANDO-PERDONO’:

 Salve a tutti! Hem… lo so, lo so, lo so: questo è davvero un tremendo ritardo SUMIMASEN! ç.ç
Ma tra impegni, contest, corsi vari ero sempre con l’acqua alla gola, poi l’ispirazione come sempre è bastarda e non mi aiuta! In ogni caso: eccomi tornata! ‘Che culo’, direte voi XD
Anyway… come vi è sembrato questo ritorno di Misaki, Aki e compagnia bella?  Come sempre fatemelo sapere in una recensione, mi raccomando… non punitemi per il mio spregevole ritardo lasciandomi senza recensione (anche se me lo meriterei ç.ç) .. nei prossimi capitoli verrà anche un po’ di azione e suspance muahaha! Cosa succederà mai ai nostri due eroi?! Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Per concludere, se volete leggere cosa mi ha impegnato e impedito di scrivere questo nono capitolo.. ecco a voi il colpevole: Revenge&Guns  (una TsunadexOrochimaru che avevo scritto per un Contest)
Bè, aspetto con ansia i vostri responsi e al prossimo capitolo.
baci, Eikochan.

PS: Grazie alla mia carissima beta Fede che mi ha riaccettato dopo tutto questo tempo e che corregge i miei strafalcioni sul significato dei sette peccati capitaliXD! <3

 

 

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