Il frutto del peccato - parte I. di Eikochan (/viewuser.php?uid=25453)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII. ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX. ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Note
autrice: long-fic
seguito della mia one-shot Il frutto del peccato ; penso
che possa essere letta senza
problemi
anche senza leggere la one-shot ma per avere un quadro generale della
situazione sarebbe meglio leggere anche l’altra (tranquilli
non è lunga!)
Le parti in corsivo
sono i flashback che tornano alla memoria a Misaki.
CAPITOLO
I
Il primo episodio doloroso
che
ricordava riguardo la sua
infanzia consisteva in una donna anziana che
con parole cariche d’odio la definiva il
frutto del peccato di due screanzati; a quell’epoca aveva
appena quattro anni e
ancora non capiva cosa significasse ma il disprezzo che traspariva da
quelle
parole lo aveva percepito appieno e ne era rimasta turbata
così tanto che alla
fine era scoppiata a piangere tra le braccia di suo padre, lei che non
si
lasciava mai andare!
Era cresciuta divisa tra i racconti di suo padre e le
versioni della gente e all’età di nove anni aveva
già deciso che la verità
stava nelle parole dolorose degli abitanti e aveva smesso di chiedere a
Naruto,
il suo padre adottivo, aneddoti sui genitori.
“Papà, papà. papà!”
“Dimmi, Misaki.”
“Com’erano i miei genitori?”
“Vieni che ci mettiamo comodi sulla poltrona.”
e la prendeva in braccio, posandola con delicatezza sulle proprie
ginocchia
“Hinata, tesoro, ci prepari due tazze di thè
verde?!”
E dalla cucina arrivava sempre la voce delicata della mamma:
“Certo, Naruto. Misaki vuoi anche la menta?”
“Si, mamma!”
“Allora vediamo da dove incominciare”
iniziava poi il racconto il biondo, sorseggiando la sua bevanda calda.
“La tua mamma e il tuo papà sono i miei migliori
amici,
lui ha i tuoi stessi capelli neri
mentre gli occhi sono quelli della tua mamma.
Mi ricordo che Sasuke era davvero riservato, non sai quanta
fatica facevo per capire cosa passasse nella sua mente così
complicata;
Sakura invece era come un libro aperto, le leggevi l’anima
negli
occhi.”
“Anche nei miei si legge l’anima?”
lo interruppe Miku, soffiando nella tazza per raffreddare il
thè troppo
caldo
“No, tu hai preso l’imperscrutabilità di
tuo padre.”
E la bambina sorrise contenta, mostrando il sorriso sdentato
dei denti da latte caduti.
“In ogni caso la tua mamma è sempre stata
innamorata di tuo padre
fin da quando aveva otto anni e litigava con la sua migliore amica,
anche lei innamorata di lui.
Sasuke invece, nonostante le grandissime abilità di ninja
era totalmente impreparato sui sentimenti, accecato com’era
da quelli
sbagliati.”
“Quali sono i sentimenti sbagliati?”
gli domandava Misaki, attenta e curiosa come tutti i bambini
“L’odio e la vendetta. Non potranno che farti
sprofondare nel buio.”
La piccola non sembrava avere capito più di tanto la morale,
ma Naruto non se ne preoccupava, del resta era ancora piuttosto piccola
“Comunque ci
ha messo quasi
dieci anni a rendersi conto che
anche lui amava la tua mamma. Pensa
che lei in tutto questo tempo non si è mai arresa, nemmeno
una volta,
e tu hai preso la tenacia da lei vedo.”
“E perché ora i miei genitori non ci
sono?”
“Te lo spiegherò quando sarai più
grande,
inoltre ormai è tardi e devi andare a dormire,
altrimenti Hinata viene a sgridarmi che ti tengo in piedi fino a notte
inoltrata.
Quindi ora vai a dormire, tesoro.”
E Misaki saltava giù dalle gambe di Naruto,
e prima di riportare la tazza in cucina si girava verso
il padre e gli sorrideva.
“Buona notte, papà!”
“Buona notte, Misaki”
Si rendeva conto solo ora
di quanto
era stata ingenua a
quell’età, convinta che fosse normale mollare una
figlia al proprio migliore
amico. Era cambiato tutto da quanto era entrata all’Accademia
e aveva iniziato
a conoscere meglio la realtà fuori dal caldo e sicuro nucleo
famigliare: i
bambini l’additavano come la figlia illegittima tra il
mukenin della Foglia e
la ninja traditrice, e non capiva come mai le loro madri non le
permettessero
di giocare con loro; nemmeno Naruto, nella sua autorità di
Hokage era riuscito
a far scemare le ritorsioni; il ricordo della Konoha mezza distrutta
dalle
fiamme era ancora vivido nella memoria collettiva. E così si
era abituata in
fretta all’idea di arrangiarsi da sola e questo aveva
accentuato l’indole
asociale che la bambina aveva di natura. Naruto si era accorto che
qualcosa
iniziava a incepparsi quando un giorno era tornata a casa
dall’Accademia e
aveva chiesto, con un’espressione estremamente seria per una
bambina di otto
anni, come era stata trovata e perché i suoi genitori
l’avevano abbandonata.
E giorno dopo giorno, mese dopo mese, aveva iniziato a
chiudersi in sé stessa e a non voler più sentire
i racconti dei genitori
naturali.
“Hei, Uchiha!”
Un ragazzino dai capelli mori raccolti in una
coda alta l’aveva chiamata urlando in mezzo al cortile
dell’Accademia.
“Ti ho detto di non chiamarmi Uchiha, Takumi!”
“Ma tu sei un’Uchiha.”
“No, io sono una Uzumaki!”
“Ma fammi il piacere.. perché allora avresti
lo Sharingan?”
Ma a quella domanda non seppe trovare risposta
e con le lacrime di rabbia agli occhi se ne tornò a casa
seguita dall’urlo di quel maledetto Takumi
che le ronzava nelle orecchie:
“Sei un mostro! Proprio come tuo padre.”
E intanto si domanda perché diavolo
doveva avere quello stramaledetto Sharingan.
Entrò dalla
porta
principale e lanciò la cartella sul mobile
d’ingresso facendo cadere a terra un vaso pieno di iris;
subito, richiamata dal
rumore, comparve dalla porta della cucina Hinata.
“Ciao mamma.” sbuffò Misaki.
“Misaki, fai attenzione.” la rimproverò
dolcemente la madre
adottiva, mentre si apprestava a chinarsi per pulire.
“No, lascia stare, mamma.” la fermò
“non puoi piegarti nelle
tue condizioni! Faccio io, tranquilla.
E’ colpa mia del resto.”
Hinata la ringraziò, poi sorrise appoggiando una mano sul
pancione pronunciato del settimo mese e tornò in cucina a
finire la cena.
Quella sera, una volta che tutti e tre si furono seduti a
gustare la ciotola di ramen fatta in casa da Hinata, Naruto si
girò verso la
moglie con un sorriso a trentadue denti e a quanto pareva pronto a
sparare una
notiziona succulenta.
“Sai chi si trasferisce qua da Suna?!”
“Non dirmi che torna Shikamaru!” esclamò
contenta la mora.
“Si! Lui e Temari hanno deciso che volevano tornare a
Konoha.” esultò l’Hokage. “Non
vedo l’ora di rivederli entrambi.”
“Dovremmo organizzare un bella cena di riunione, anche con
tutti gli altri!”
“Anzi, Shikamaru mi ha detto che ha una figlia della tua
età, si chiama Aki, Akio.. boh ora mi sfugge il nome giusto
ma dovrebbe essere
sul genere.” Naruto si rivolse alla sua figlioccia che, senza
partecipare alla
gioia collettiva, mangiava silenziosamente il suo ramen.
“Ah.” gli rispose senza intonazione vocale Misaki,
del resto
non le serviva un’altra ragazzina che le dava
dell’assassina per il passato dei
proprio genitori.
“Vedi di essere amichevole, Misaki. Si troverà
spiazzata
essendosi appena trasferita.”
“Ok.”
Di certo la loquacità non l’aveva presa dalla
madre.
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il piccolo prologo!
Mi ha fatto così piacere vedere
i responsi e le recensioni che alla fine, colta in una
mezz’ora di ispirazione,
ho scritto questo piccolo capitolo iniziale alle due di notte :D
Allora cosa ne dite? Non viene
ancora approfondita la psicologia di Misaki ma veniamo a conoscenza che
vive
con Naruto e Hinata, che sono sposati.
Shikamaru invece è finito con
Temari (mosche nere, olè!) e ha un figlio e nel prossimo
capitolo si
trasferiranno di nuovo a Konoha (*.*) olè!
Precisiamo che Misaki qua ha sui
10/11 anni, tanto per la cronaca!
Bè che ne dite?! Non è molto
lungo, ma it’s just an intro!!
Baci, Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Note autrice:
nel
capitolo precedente ho fatto una svista: Aki è un ragazzo,
non una ragazza (ho
cambiato così tante volte versione che alla fine
è rimasto il femminile) Sumimasen!
CAPITOLO
II
Sbuffando lanciò l’ultimo libro scolastico sulla
scrivania,
era arrabbiata più che mai: la madre quella mattina
l’aveva svegliata che erano
appena le sette e mezza per farsi dare una mano a riordinare la casa in
vista
della cena di quella sera. Che poi non capiva ancora perché
dovesse mettere a
posto la sua stanza dato che non ci entrava nessuno! Un altro sbuffo,
un altro
lancio.
“Hai finito, tesoro?” la voce dolce di Hinata che
la
chiamava dalla cucina la risvegliò dai pensieri rabbiosi su
Suna, amicizie
giovanili e genitori scellerati.
“Si, mamma.”
“Allora preparati e vieni ad aiutarmi ad apparecchiare, gli
ospiti arrivano tra mezz’ora.”
“Va bene.” asserì con poca convinzione.
Aprì l’armadio e lanciò uno sguardo ai
suoi vestiti, Hinata
le aveva espressamente detto di vestirsi “carina”,
il che significava lasciare
in un angolo i suoi solito pantaloni sportivi e la maglietta di tutti i
giorni.
Alla fine optò per un vestito, che non metteva da anni ma
che incredibilmente
le stava ancora a pennello, lungo alle ginocchia e allacciato dietro il
collo,
color verde acqua. Decise che era una buona idea darsi una pettinata e
così
raccolse i lunghi capelli neri in una treccia laterale. Si
guardò per l’ultima
volta allo specchio e decise che cosi poteva andare bene, Naruto e
Hinata non
avrebbero avuto niente da ridire.
Scese al piano di sotto dove un profumino delizioso si
spargeva nell’aria.
“Metti le posate per piacere.”
“Ok.” E svogliatamente si apprestò a
mettere in ordine la
tavola.
Aveva finito da non più di cinque minuti quando
entrò in
cucina suo padre.
“Misaki che bella che sei con quel vestito!”
approvò
l’Hokage con un sorrisone stampato in volto.
“Grazie papà!”
“Dovresti vestirti più spesso in questo modo
invece che con
le solite tute, in meno di cinque minuti avresti già
conquistato mezza Konoha.”
“Non me ne importa molto in realtà.”
Specificò la moretta
sovrastando il suono del campanello, prima di andare ad aprire la porta
d’entrata. Non aveva fatto in tempo a riconoscere le persone
sull’uscio che una
decina di trentenni avevano già invaso il loro soggiorno.
Sospirò
rumorosamente: sarebbe stata un lunga
serata.
“Misaki!” un turbine di capelli biondi le
oscurò la vista
mentre due esili braccia la stringevano in un abbraccio a cui rispose
con
riluttanza. “Diventi ogni giorni più
bella!”
“Ciao Ino.”
La migliore amica della madre l’aveva presa letteralmente in
simpatia, sarà stato per gli occhi verdi che le ricordavano
così tanto la sua Fronte-spaziosa
o forse perché semplicemente provava una forte empatia verso
le ragazzine belle
–e Misaki era quella che si dice una promettente bellezza,
anche se cercava in
tutti i modi di nasconderlo- ma, qualunque fosse la spiegazione di
base, la
Yamanaka era come una madrina per lei, forse troppo chiacchierona ed
estroversa
rispetto al suo carattere ma Misaki le voleva immensamente bene.
La Uchiha si girò poi a guardare il suo soggiorno
sovraffollato
dalla carica dei ninja della Quarta Guerra Mondiale: c’era
Lee, in quella sua
assurda camicia verde bottiglia, che si era letteralmente lanciato
verso gli
aperitivi seguito a vista da una sconsolata TenTen, che aveva sciolto
le
crocchie e ora portava i lunghi capelli castani liberi sulle spalle,
mano nella
mano con il capo della casata Hyuuga: Neji.
Seduto composto sul divano, immerso in una conversazione
concitata con Sai, stava Shino, i soliti occhiali scuri calati sugli
occhi.
Accucciato per terra Kiba dava dei croccantini ad Akamaru e intanto
sorrideva
ad Hanabi. Choji –come c’era da aspettarsi- si era
lanciato sul buffet e stava
facendo piazza pulita di tutti gli stuzzichini.
Era assurdo come quei dieci riuscissero a produrre un tale
chiasso se messi insieme; a momenti non sentiva nemmeno trillare il
campanello
di casa, coperto dagli urli di Lee. Si avviò, con passo da
condannato a morte,
ad aprire la porta, seguita dal padre. Quando girò la chiave
nella toppa e
lasciò entrare gli ultimi ospiti il soggiorno si
ammutolì.
“Non siete cambiati per niente in questi sei anni di
lontananza!” esordì Naruto, mentre Ino si lanciava
verso Shikamaru stritolandolo
in un abbraccio soffocante sotto lo sguardo omicida di Temari.
“Ci siete tutti.” constatò il Nara,
salutando con un cenno
tutti gli amici.
“Sono cosi contento di rivedervi.” si emoziono
Choji, che
non vedeva il suo migliore amico da un’eternità. E
con lui inziò tutto il giro
di saluti e abbracci; poi, una volta che tutti si furono calmati,
Temari si
fece da parte e mostrò il ragazzino che fino a quel momento
era rimasto dietro
la sua figura.
“Questo è Aki.” lo presentò
la madre, mentre il ragazzino
faceva un segno generale di saluto.
Misaki strinse gli occhi in un gesto di stizza, poi si voltò
a guardare il nuovo arrivato in attesa di vedere comparire sul suo viso
la
solita espressione di disgusto e odio a cui era abituata, ma, con
immenso stupore
della ragazzina, sul volto del piccolo Nara leggeva solo indifferenza,
noia, e
anche un accenno di strafottenza. Irritata da quest’ultimo
sentimento Misaki
mise su il suo solito “cipiglio Uchiha” di sfida
per poi osservare con più
attenzione Aki. Il ragazzino aveva una zazzera scompigliata di capelli
color
del grano, identici a quelli della madre, mentre gli occhi erano
indiscutibilmente eredità dei Nara: caldi e color nocciola;
aveva un fisco
piuttosto asciutto ed era molto alto, Misaki stimò la sua
età sui 12/13 anni.
A un certo punto sentì la mano calda di Naruto spingerla
dolcemente verso il nuovo arrivato.
“Su, Misaki, fai amicizia con Aki.”
La mora, d’altro canto, lanciò uno sguardo a
metà tra il
supplicante e lo sprezzante a suo padre, che però non diede
peso al suo disagio
e in poco tempo gli adulti li abbandonarono al loro destino.
Misaki era seduta sul divano e teneva le gambe accavallate
sotto il sedere, Aki invece era seduto composto; entrambi sorseggiavano
la loro
limonata in religioso silenzio.
“Comunque non mi sono presentato come si deve”
esordì il
biondo porgendo una mano alla ragazza. “Io sono Aki Nara e
vengo da Suna.”
“Piacere, Misaki Uchiha-Uzumaki.” rispose alla
stretta la
mora.
“Come mai due cognomi?”
Misaki strinse di nuovo gli occhi: ecco la solita,
insopportabile, domanda.
“Perché Naruto è il mio padre
adottivo.”
“Ah, capito.” si limitò a rispondere
l’altro, per nulla
incuriosito.
“Hai già finito l’Accademia?”
domandò la Uchiha.
“No, sono all’ultimo anno.”
“Ah, allora hai la mia stessa età.”
constatò la mora, per
poi aggiungere “pensavo fossi più
grande.”
Tutto
sommato la serata non era andata poi così male,
stabilì Misaki alzandosi la mattina dopo –certo,
aveva ancora le orecchie
intontite dal chiacchiericcio prodotto da quei dieci casinisti e
probabilmente
il suo timpano destro non sarebbe più tornato normale grazie
a Lee- ma alla
fine aveva trascorso la maggior parte del tempo con Aki e, non che
avessero poi
fatto questi grandi discorsi: nessuno dei due era un chiacchierone
nato, ma non
le sembrava stupido o immaturo come tutti i suoi compagni di Accademia.
Scese
per la colazione e trovò la solita scenetta famigliare che
si ripeteva tutte le
mattine: Naruto seduto di fronte al suo caffè che leggeva il
giornale e Hinata
ai fornelli che preparava la colazione per la figlia.
“Buongiorno tesoro.” la salutò la madre
quando la vide
entrare; saluto a cui Misaki rispose con un cenno.
“Oh, ciao Misaki.” anche Naruto la saluto da sopra
il
giornale. “Ieri ho assicurato a Shikamaru che tu e Aki
sareste andati in
Accademia assieme così che non si ritrovi da solo il primo
giorno di scuola.”
“Va bene.” mormorò mentre dentro di
sé lanciava kunai
immaginari a tutto il mondo che tramava contro di lei – fare
da balia ad un
novellino era l’ultima cosa che voleva-.
“Ti aspetta qua fuori alle 8, ovvero fra 10 minuti.”
“Vado a prepararmi allora.”
Sempre lanciando kunai immaginari a, in ordine, Naruto, Aki,
Shikamaru, tutto il villaggio di Konoha e ai suoi genitori
–che nei suoi guai
c’entravano sempre, a sua
detta –
tornò in camera per infilarsi la sua divisa da combattimento
nuova di zecca. La
settimana scorsa infatti suo padre le aveva detto che, ora che mancava
così
poco al diploma, doveva crearsi una divisa da guerra e quindi era
andata con
Hinata in giro per negozi. Alla fine aveva scelto un paio di leggins
neri,
lunghi appena sotto le ginocchia, una fascia da mettere sopra il seno
–anche se
era pressoché inesistente- e una maglia a maniche corte a
rete. Hinata, che
inizialmente aveva avuto delle rimostranze (lo considerava un
abbigliamento un
po’ troppo succinto) alla fine aveva acconsentito, a patto
che sopra mettesse
una giacchetta, rigorosamente nera, a coprire un po’ di pelle.
Una volta finito di lavarsi e vestirsi prese lo zainetto e scese
al piano di sotto dove salutò i genitori, prima di uscire di
casa.
Appoggiato al cancello stava Aki, i capelli ritti in testa
come il giorno prima, e la solita espressione svogliata e strafottente
stampata
in volto.
“Mio padre ha deciso che avevo bisogno della
balia.” esordì
a mo’ di saluto il Nara. “Io in realtà
non ne ho nessuna necessità quindi se
vuoi va’ pure da sola.”
“Ormai! Tanto vale fare la strada insieme se dobbiamo andare
nello stesso posto.” sbuffò la mora,
incamminandosi verso l’Accademia seguita
da quel ragazzino così strano.
Stavano entrando nel cortile della scuola quando Misaki, con
estremo terrore, sentì quella voce che tanto odiava
chiamarla.
“Hei Uchiha!”
Maledetto Takumi, un giorno o l’altro avrebbe avuto quello
che meritava.
“Lasciami stare! Ti ho detto che sono Misaki, o al massimo
Uzumaki.”
“No, tu sei un’Uchiha. Ammettilo una buona
volta.” ribadì il
concetto il ragazzino, che ora si era messo di fronte al cancello e non
la
lasciava passare.
“Spostati che devo passare.”
L’altro fece finta di non averla sentita.
“Hai ucciso nessuno nel week-end?”
“Takumi, non te lo ripeto più: spostati.”
“Senti, bastarda. Non azzardarti a darmi ordini.”
A quella frase Misaki perse la, poca, pazienza che le
rimaneva. Con uno scatto fulmineo si portò avanti e fece per
tirare una
ginocchiata in pancia all’altro, ma Takumi si
spostò appena in tempo
rispondendo con un pungo ben piazzato sulla guancia destra.
Sarà stato per il
dolore allo zigomo, o la rabbia della conversazione di prima ma la
Uchiha sentì
l’odio montare dentro di sé e attivare lo
Sharingan. Subito si spostò di lato e
lo colpì in pieno petto con un calcio poi, senza lasciare il
tempo di un
battito di ciglia, lo colpì alle gambe facendogli perdere
l’equilibrio e
ruzzolare a terra dove Misaki iniziò a prenderlo a calci in
pancia. “Azzardati”
un calciò bene assestato. “a parlarmi”
un altro calcio “di nuovo così” altro
calcio questa volta ad altezza costole “e
vedr…” era pronta a scagliare
l’ennesimo calcio quando sentì il suo corpo
irrigidirsi e non rispondere più ai
suoi comandi.
“Misaki, mi dispiace interrompere questo scontro
così
avvincente ma se non la smetti finirai in guai seri.”
Aki, le mani a sigillo, aveva intrecciato la sua ombra a
quella della ragazza. Subito la mora sentì la rabbia scemare
e disattivò lo
Sharingan. Vedendo che si era calmata il Nara sciolse la tecnica e
sorpassò
Misaki poi, arrivato all’altezza di Takumi, gemente per
terra, si rivolse a lui
con uno sguardo pieno di disgusto: “dovresti ringraziarmi; se
non ci fossi
stato io a quest’ora saresti già
all’ospedale. Io non la provocherei
più.” e se
ne andò, naso all’aria, seguito da
un’allibita Misaki.
SPAZIO AUTRICE:
Buon 2012
a tutti! Ecco che posto il primo capitolo
del nuovo anno
XD
In ogni caso qua vediamo l’introduzione di un nuovo
personaggio, Aki, che risulterà molto importante nel corso
della storia. E’ il
figlio di Temari e Shikamaru e dalla prima ha preso
quell’accenno di
strafottenza tipico della Sabaku mentre dal padre le abilità
e la pigrizia di
base! E per quelli che stanno aspettando Sasuke e Sakura, non temete,
fra un po’
faranno la loro comparsa. Fatemi sapere se questo capitolo vi
è piaciuto!
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi ha messo la
storia tra i seguiti e quelli che l’hanno messa nei
preferiti! ^^
Un bacio, Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo III. ***
“Aki! Non serve
che mi accompagni fino a casa.”
Misaki lo stava guardando con quegli occhi verdi,
imperscrutabili.
“Tanto non ho nulla da fare.” fece spallucce
l’altro. “E poi
non vorrei che decidessi di attaccare un altro ragazzino a casa durante
il tragitto.”
L’altra, quasi a dar ragione al biondo, gli sferrò
un pungo
che Aki scansò facilmente.
“Ma stai zitto.”
“Bè, se non vuoi la scorta io ti lascio
qua.” E svoltò a
destra, salutandola pigramente con una mano.
CAPITOLO
III:
“Aki!” l’urlo di sua madre lo
accolse sull’uscio di casa.
“Perché sei sempre in ritardo?! Se alzassi quel
culo e ti muovessi invece che
camminare a passo di lumaca come tuo padre a quest’ora il
pranzo sarebbe
caldo.”
“Scusa, ma’. Vado ad appoggiare la cartella e
arrivo.”
E si avviò in camera sua; nel salotto, stravaccato sul
divano, trovò suo padre che si girò a guardarlo e
a cui rivolse uno sguardo che
significava chiaramente “Proprio una
come
lei dovevi sposare?” a cui suo padre rispose con
un’alzata di spalle e gli
sussurrò un “Vedrai che
finirai come me..
è il destino dei Nara”; subito gli venne
in mente la scena di quella
mattina: Misaki che prendeva a calci Takumi. Che ragazza violenta! Se
c’era una
categoria di donne che proprio non voleva sposare era quella delle
“violente” .
Stava lentamente mangiando il suo pranzo pensando a perché
chiamarsi Uchiha fosse un tale disonore; a Suna non ne sapeva nulla di
cosa
fosse successo a Konoha. Posò la forchetta sul tavolo e si
rivolse al padre che
stava gustando una porzione di onigiri.
“Cos’è successo con gli Uchiha?
Perché è un disonore fare
parte del clan?”
Shikamaru masticò lentamente il boccone prima di rispondere.
“E’ una storia piuttosto lunga.”
“Dai pa’! Non hai nulla da fare questo pomeriggio e
nemmeno
io.”
Il padre si produsse in uno sbuffo molto marcato ma alla
fine decise di accontentarlo.
“Bè la storia di Itachi la sai no? E’
piuttosto famosa in
tutte e cinque le terre.”
“Si so che Itachi ha sterminato tutto il clan e suo fratello
Sasuke lo ha poi ucciso.” specificò Aki,
servendosi di un’atra porzione di
ramen.
“Quello che non sai è che Sasuke, dopo aver ucciso
Itachi e senza
un’apparente motivo, ha deciso di allearsi con Alba e con
quello che era Madara
Uchiha₁.
Il suo scopo era solo uno:
sterminare tutto il villaggio di Konoha.”
A quell’ultima frasi Aki non potè impedirsi di
aprire la
bocca in una piccola “o”.
“E ci riuscì, anche se per
metà.” continuò Shikamaru.
“Mentre Madara e gli Edo-Tensei tenevano impegnati tutti gli
shinobi della
Foglia, Sasuke arrivò al villaggio -che era stato lasciato
senza sorveglianza,
se non per qualche genin- e iniziò a devastare Konoha e ad
uccidere tutte le persone
che incontrava sulla strada, premurandosi anche di appiccare incendi
qua e la.”
“E perché non ha finito
l’opera?” domandò Aki ormai
totalmente incuriosito.
“In realtà da qua le cose si fanno più
incerte; i testimoni
dicono di aver visto arrivare Naruto e iniziare a ingaggiare una lotta
disperata contro Sasuke; tutti e due erano sulla stesso piano in quanto
a forza
e non mi stupisco che a colpi di Chidori e Rasegan abbiano praticamente
distrutto tutto il paesaggio circostante per chilometri e chilometri;
ma non
solo combattevano, si dice che stessero anche parlandosi –o
meglio, urlandosi
addosso- e non mi stupisco nemmeno di questo.. conoscendo Naruto. Nel
frattempo,
però, anche Sakura era arrivata sul luogo della battaglia e
stava assistendo
allo scontro.”
“E chi ha vinto dei due?”
“Nessuno dei due. L’ultimo colpo della lotta li
aveva stesi
tutte e due, o almeno così raccontano i superstiti del
villaggio. E così Sakura
è corsa a curare Naruto, che dopo poco si era già
ripreso, ma a quel punto si
sentivano arrivare anche gli altri ninja della Foglia e non era
difficile
immaginare che Sasuke, ancora incosciente, sarebbe stato catturato e
processato;
così Sakura si prese in spalle il ragazzo, ancora
incosciente, e fuggì dalla
città in fiamme. Da quel momento non si hanno più
notizie di loro due.”
“E cosi si sono detti tra di loro Sasuke e Naruto?”
“Nessuno lo sa; o meglio lo sa solo l’Uzumaki ma
non ha mai
voluto farne parola con nessuno. Tutta la storia è piuttosto
incerta anche
perché non ha voluto rilasciare un solo commento su tutta la
questione.”
“A questo punto” prese di nuovo parola Aki,
tornando al
punto focale della questione “deduco che Misaki sia la figlia
di Sasuke e..
Sakura?!”
“Esattamente. Naruto l’ha trovata sulla porta di
casa quando
era ancora neonata.”
“Che storie!” si disse Aki, per poi bisbigliare tra
se e se
“Certo che però sono dei bastardi a prendersela
con Misaki, lei non c’entra
nulla nella storia!”
“Cosa stai mormorando, marmocchio?” chiese
sospettoso
Shikamaru guardo l’espressione seria e assorta del figlio.
“Niente, papà. Grazie per avermi raccontato la
storia.” E
detto queste fece per uscire dalla cucina; Shikamaru, osservando Aki
andarsene,
sperò che Temari non se la prendesse troppo con lui per aver
raccontato al
figlio una storia così truculenta.
“Ah tranquillo.. non dirò a mamma che mi hai
raccontato te
la storia.”
“Cosa c’è Misaki?”
Hinata stava guardando la mora masticare svogliatamente il
pranzo.
“Niente, mamma!”
In quel momento comparve sulla soglia Naruto, ancora nella
sua tenuta da Hokage, e piuttosto arrabbiato.
“Com’è che sono venuta a sapere dal
maestro Iruka che hai
picchiato un ragazzino primo dell’orario
scolastico?!”
“Mi ha provocato!” si difese Misaki, alzandosi
dalla sedia,
arrabbiata anche lei.
“E cosa ti avrebbe detto per farti provocare?”
“Niente, lascia stare.” e lanciò la
forchetta nel lavandino.
“Tanto non capiresti comunque.”
E detto questo si avvicinò alla finestra e, nel suo solito
modo melodrammatico, uscì dalla cucina.
Era tutta assorta ad osservare i cerchi che si formavano
quando lanciava i sassi nell’acqua, seduta sul pontile in cui
era solita andare
a pensare, quando si accorse che qualcun altro si era posizionato di
fianco a
lei; scorse una zazzera di capelli color grano: Aki.
Lui non disse niente e così Misaki continuò a
pensare ai
fatti suoi.
Certo, Naruto era un bravissimo padre e lei gli voleva
veramente bene, ma non poteva di certo spiegarli cosa fosse successo!
Il bene
che lui voleva ai suoi genitori naturali era totalmente incondizionato
e
sfociava indubbiamente nell’assurdo: come faceva a dirgli che
avrebbe preferito
non essere figlia loro? E poi di sicuro sarebbe partito con una tritica
su
quanto volesse bene a Sasuke e Sakura e quante ne avessero passate
insieme. Che
poi Misaki non lo metteva in dubbio, ma questo non poteva di certo
cambiare il
fatto che fossero due traditori e che l’avessero condannata a
una vita di
insulti.
“Sai la storia di Gaara?” esordì Aki,
interrompendo il
flusso dei pensieri della mora.
“Il Kazekage?”
“Si. Lo sai che è mio zio? E’ il
fratello di mia madre..”
“No, non lo sapevo.”
Entrambi continuavano a lanciare sassi nell’acqua calma del
lago.
“Era il Jiinkurichii del demone tasso, la monocoda. Fin da
piccolo è cresciuto senza affetto: mia nonna è
morta di parto e mio nonno lo
odiava: si era reso conto che poteva essere una minaccia per il
villaggio. E
così decise di ucciderlo, fin dai primi anni di vita
continuò a mandare dei
sicari per assassinarlo ma il demone e la sabbia lo proteggevano; non
si fece
mai un graffio.”
“Che cosa crudele”
“Eh già. Comunque l’unica persona che
ancora doveva volergli
bene era suo zio, il fratello di mia nonna, che ancora badava a lui
quando
nessun’altro voleva avvicinarsi; ma una notte, difendendosi
da un altro
attaccato di un assasino, a quest’ultimo –ormai in
fin di vita- cadde la
maschera e Gaara scoprì che si trattava di suo zio. Lui gli
disse che non gli
aveva mai voluto bene realmente perché aveva messo fine alla
vita di sua
sorella.”
Misaki, a quel punto, aveva smesso di lanciare sassi e si
concentrava solamente sull’ascolto della storia.
“Allora Gaara, constatando che nessuno al mondo gli voleva
realmente bene, decise di diventare un demone che ama solo
sé stesso e il cui
unico scopo era uccidere gli altri per sentirsi vivo. Poi
però, all’esame dei
Chunin incontrò Naruto che lo convinse finalmente che quella
non era la via
giusta da seguire e pian piano iniziò a redimersi e a
difendere il villaggio,
tanto che venne nominato Kazekage.”
“Perché mi hai raccontato questa storia?”
“Gaara, e anche Naruto, fin da piccoli hanno dovuto fare i
conti con le conseguenze delle scelte degli altri; entrambi per
pregiudizio si
sono visti lasciare da parte e vivere un’infanzia solitaria.
Ma non si sono
lasciati abbattere e nonostante alcune scelte terribilmente sbagliate,
alla
fine hanno scelto la loro strada. Si sono costruiti il loro futuro da
soli,
dopo tutto, e non hanno permesso alla gente di averla vinta.”
Misaki stette in silenzio; non avrebbe mai ammesso che ogni
volta era sempre più turbata da tutti gli insulti che
riceveva: era troppo
orgogliosa. Ma Aki aveva capito subito cosa la turbasse; quella
sensazione di
inadeguatezza e quell’idea che il suo destino fosse
già stato scritto da altri
che la perseguitava da anni. Lungi dal mostrarsi debole la mora si
alzò in
piedi tendendo una mano al ragazzo.
“Forza muoviti che non ho pranzato! Andiamo a mangiare degli
onigiri che sto morendo di fame.”
Aki accettò la mano di Misaki per alzarsi in piedi
–non che
ne avesse avuto bisogno, chiaro- e si avviò insieme a lei al
primo chiosco di
onigiri. Era contento che Misaki si fosse tirata su di morale e, bel
lungi
dall’aspettarsi un ringraziamento, fu felice di constate che
non l’avesse preso
a pugni ma anzi lo avesse deliberatamente invitato (anche se era meglio
dire
ordinato) di andare a pranzo con lei.
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il terzo
capitolo! Spero vi
sia piaciuto; come avrete visto è un capitolo corto, di
passaggio: vediamo spiegato cos'è successo nell'ultima
battaglia e come Sakura se ne è andata dal villaggio, spero
questo questa versione vi sia piaciuta, ed inoltre vediamo come il
rapporto tra Misaki e Aki si approfondisca (a modo loro, essendo due
ragazzini davvero strani) e preparatevi al prossimo
capitolo che sarà.. BOOM!
Passando alle note della storia:
₁: in realtà io
non so a che punto sia il manga nella
versione originale –seguo i capitoli giapponesi- e
così non so cosa sia spoiler
e cosa no (sono pessima lo so!). Quindi Tobi è Madara
mentre, per chi, invece, fosse
alla pari con le uscite come me… bè
createvi
la teoria che via aggrada di più su tutta la questione di
Tobi/Madara.
E
per finire volevo seriamente
ringraziare tutte le persone che hanno recensito, tutte le
sedici che hanno
messo nei seguiti, le quattro persone che hanno messi nei preferiti e
tutte le
persone che leggono e basta; io sono sinceramente allibita
–in maniera
positiva- dai riscontri di questa storia appena iniziata; per molti di
voi
saranno bazzecole questi numeri ma per me sono letteralmente.. WOW.
Quindi grazie a tutti! Arigato.
Baci, Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo IV. ***
note
autrice: la
parte in corsivo, verso fine
capitolo, indica un lungo flashback.
CAPITOLO
IV:
“Che
buono questo ramen!” Naruto si stava servendo della
quarta porzione quando Hinata, dolce ma decisa, lo bloccò.
“Naruto, lasciane un’ po’ anche per gli
altri.”
“Tranquilla, Hinata-san, io sono pieno come un’
uovo.” la
rassicurò Aki, battendosi una mano sulla pancia.
“Io anche, mamma.”
Misaki non aveva neanche finito la frase che già Naruto si
era buttato a capofitto sulla ciotola di ramen.
“Vieni che andiamo a finire la ricerca.” Misaki
fece per
alzarsi in piedi.
“Su cosa è?” domandò Hinata,
sparecchiando il tavolo.
“Abilità innate”sussurrò la
mora, stringendo gli occhi.
Ad un’occhiata tra Aki e Hinata -Naruto era troppo impegnato
ad abbuffarsi per prestare ascolto- cambiarono subito argomento.
“Vuoi una mano, Hinata-san?” domandò
Aki, abituato ai lavori
forzati a cui lo costringeva la madre.
“No, grazie Aki. Andate pure a finire la ricerca.”
“Allora,
qua dice che le abilità innate tipiche del
villaggio della foglia sono…” Misaki si
girò per domandare all’amico se era
giusto, quando vide che si era addormentato.. di
nuovo!
“Svegliati!” Prese a premergli un cuscino del
divano in
faccia. “Non servi proprio a niente… smettila di
addormentarti dappertutto!” Il
ragazzo intanto si agitava e scalciava
tentando di allontanare la ragazza; in quel momento
passò Hinata, un
cesto di biancheria pulita in braccio.
“Misaki! Toglili quel cuscino dalla faccia, lo stai
soffocando!”
Finalmente la mora si decise a spostare il cuscino.
“Ma sei pazza? Stavo per morire!” prese a
tossicchiare il
ragazzo.
“Esagerato! Alla faccia del ninja di alto
livello…”
“Strega” la apostrofò lui, sempre
tossendo.
“Pappamolle.” gli lanciò contro il
cuscino di prima,
ridendo. “Quando mai ho deciso di fare la relazione con
te!”
Aki sorvolò sul fatto che sarebbe stato comunque
l’unico ad
accettare di collaborare con lei.
Ad un tratto suonarono alla porta e Misaki andò ad aprire,
seguita dal padre che si era già avviato dalla cucina.
“Probabilmente sarà Neji, ha detto che veniva
stasera per
fare rapporto.” urlò Hinata, dalla lavanderia.
Ma quando Misaki, con alle spalle Naruto, aprì la porta
d’entrata quello che vide non fu lo sguardo freddo e altero
del capo-clan
Hyuuga ma
bensì due persone: una dai
capelli neri pressoché uguali ai suoi, l’altra con
un paio di occhi decisamente
identici ai suoi. Sentì un
leggero colpo alla spalla: Naruto si era lanciato, in lacrime, contro
la coppia
sulla porta.
“Sakura… Sasuke” con il braccio destro
cinse il collo della
donna dai lunghi capelli rosa cicca, anche lei in lacrime; con
l’altro braccio
invece strinse a sé quell’uomo moro, molto
più alto di lui. Quest’ultimo era
l’unico dei tre a non piangere, in realtà lui e
Misaki, tutti e due con la
stessa espressione, si guardavano impassibili: occhi negli occhi.
Finalmente Naruto sciolse l’abbraccio e fece entrare i suoi
due ex-compagni di team; Misaki indietreggiò
automaticamente. Per tutto il
tempo Sasuke –suo padre,
si costrinse
a pensare- non aveva stacca gli occhi dai suoi e lei nemmeno.
A quel punto Sakura, accucciandosi, si rivolse alla figlia.
“Ciao Misaki.” La guardava con quel sorriso dolce.
“Sono la
tua mamma.”
A sentire la parola “mamma” qualcosa le scatto
dentro e
prima di rendersene conto stava già parlando.
“Tu non sei mia madre. Hinata è mia mamma; tu sei
solo una
traditrice…quindi tornatene da dove cazzo sei
venuta.” E detto questo si girò
prima e se ne andò, con la sua andatura lenta e aggraziata,
a chiudersi in
camera; non prima di sentire Sasuke aprire la bocca per la prima volta:
“Nemmeno le buone maniere gli hai insegnato,
Naruto?”
Intanto, dopo l’uscita di Sasuke, era sceso il
silenzio più
assoluto.
"Vado a vedere se riesco a parlarle.” Aki, si alzò
dal
divano e, più che contento di avere una scusa plausibile, si
defilò dalla
stanza per andare a bussare alla porta di Misaki.
“Misaki, sono io! Mi apri?”
Da dentro nessuna risposta, ma sentì la chiave girare nella
toppa; entrò nella stanza e vide che l’amica era
seduta, con le gambe al petto,
sul letto e si accomodò vicino a lei.
“Un po’ brusca, non pensi?”
esordì allora.
“Fin troppo gentile, direi”
“Ok, non possono pretendere di comparire dal nulla e
aspettarsi di vederti correre loro incontro.”
l’assecondò Aki “però non
pensi
di dover almeno darli una possibilità di spiegarsi e sentire
quello che hanno
da dirti?”
“No. Non voglio in alcun modo un rapporto con
loro.” si
intestardì l’altra.
“Perché no?”
“Mmm.. forse perché mi hanno reso una vita un
inferno?”
disse, sarcastica, la mora.
“A volte siamo costretti a compiere scelte che non vorremmo
fare.”
“Bah..” rispose la ragazza, non trovando niente di
meglio
con cui ribattere.
In quel momento si sentì un lieve bussare alla porta e la
voce decisa ma un po’ timorosa di Sakura.
“Misaki, lo so che non abbiamo il diritto di piombare nella
tua vita all’improvviso e so che non posso pretendere che tu
decida di volerci
accettare dopo tutto quello che è successo. Ti chiedo solo
di ascoltare la
nostra versione dei fatti, poi potrai tornare a disprezzarci quanto
vuoi, ma
lasciaci almeno spiegare.”
Nessuna risposta: Misaki guardava ostinatamente la parete di
fronte, Sakura aspettava una risposta da dietro la porta chiusa e Aki
si
domandava quanto potesse essere testarda una persona. A un certo punto
la mora
si alzò in piedi e, sempre senza dire una parola,
aprì la porta e marciò verso
la cucina sotto lo sguardo allibito della donna. Si sedette su una
sedia, di
fronte al padre, e una volta che anche Sakura si fu seduta affianco al
compagno
Misaki parlò.
“Sentiamo, allora, perché sei un tale
stronzo?”
Sasuke la scruto negli occhi, del colore di Sakura ma con
l’espressione di un Uchiha.
“Perché te sei una tale stronza?” le
domandò di rimando, con
tono atono.
“Sasuke!” Sakura gli tirò un colpo in
testa, indignata.
“Affari miei.” rispose l’altra, facendo
la sostenuta.
“Anche la mia risposta è ‘Affari
miei’ “.
“Non sono io quella che desiderava spiegarsi.”
“Nemmeno io se è per quello.”
Si stavano sfidando a parole, la conversazione rimbalzava da
una Uchiha all’altro come in una partita di ping pong,
nessuno dei due osava
perdere un colpo o abbassare lo sguardo fiero.
“Quella che si vuole spiegare è Sakura.”
precisò poi Sasuke.
“E se io non volessi sentire?”
“Affari tuoi.” rispose, sintetico come sempre,
l’Uchiha più
grande.
“Perché non vorresti nemmeno sentire cosa abbiamo
da dire?”
domandò allora Sakura, intromettendosi nel discorso.
“Perché mi avete fatto passare undici anni da
schifo.”
rispose duramente Misaki, spostando l’attenzione verso la
donna; e per un
attimo pensò –insensatamente- che era una fortuna
avere ereditato solo gli
occhi verdi dalla donna: sarebbe stato un doppio trauma avere quei
capelli
assurdi. Poi tornò a focalizzare l’attenzione
verso la sua madre biologica che
aveva preso a lacrimare; la osservò divisa tra il provare
compassione verso
quella trentenne che piangeva e il disprezzo che le provocavano le
lacrime
pubbliche. Alla fine decise di sfoderare una comprensione che di solito
non le
apparteneva.
“Va bene, dimmi pure quello che hai da dirmi; ma non ti
assicuro un risultato.”
Al quel punto Sakura alzò lo sguardo, che fino a un momento
prima aveva tenuto fisso sulle sue ginocchia.
“Fino a dove sai la storia?”
“Fino a quando sei scappata con lui”
disse rivolgendo un cenno al padre.
La madre iniziò il racconto, perdendosi nei suoi ricordi.
“Sakura.”
Finalmente Sasuke aveva
riaperto gli occhi e la guardava con quel solito sguardo.
“Non affaticarti, sei
ancora piuttosto debole.”
“Che ci fai qui?”
“Ti ho salvato, i
ninja di Konoha ti stavano per catturare.”
“Non dovevi”
Non sapeva se
prenderlo come un rimprovero o come una semplice constatazione.
“Ora sei una
traditrice anche te.”
Forse era solo
preoccupazione..
Tornò a guardare i
suoi occhi neri pece e ci vide il cambiamento: perché lei
gli sapeva leggere
dentro, era in grado di capirlo e vedeva che quegli occhi neri erano
gli stessi
di quel dodicenne introverso a cui aveva urlato, in una notte di luna
piena,
tutto il suo amore; non erano gli occhi di quel ragazzo che solo due
giorni
prima camminava con l’aura della morte, pronto per uno
sterminio di massa: Naruto
aveva compiuto, come sempre, il suo miracolo.
“Non importa, Sasuke.
Preferisco essere una traditrice che tornare al villaggio senza di
te.”
Smielata come sempre,
in fondo non era cambiata in tutti quegli anni.
Non ottenne nessuna
risposta, naturalmente.
….
“Smettila
di
rimproverarti Sasuke.”
Lei gli leggeva l’anima
in quegli occhi e vedeva tutto il rimprovero verso sé
stesso, il rimorso di
coscienza che lo attanagliava senza pietà.
Come al solito nessuna
risposta.
“Tutti sarebbero
impazziti nella tua situazione.”
“Non capirebbe
nessuno.”
Lapidario come sempre.
“Io si.”
“Grazie, Sakura.”
Stessa frase, stesso
tono, stessi occhi di cinque anni addietro. Si aspettava un lieve colpo
sulla
nuca per farla tacere ma si ritrovò solo un leggero bacio
sulle labbra.
“Sasuke?”
Ma lui si era girato e
guardava dalla parte opposta, in silenzio.
….
Guardava
il cielo stellato
tra le fronde degli alberi, sdraiata in una radura nascosta da
centinaia di alberi
secolari e abbracciata a quell’uomo che amava da anni; sparsi
intorno a loro i
bagagli e i loro vestiti. Un leggero brivido la scosse e
sentì quelle braccia
muscolose stringerla ancora più forte.
“Hai freddo?”
“No, è solo felicità.”
….
“Sono
incinta.”
Non trovò modo
migliore per dire quel tormento che la affliggeva da più di
una settimana.
“Tornate al villaggio.”
Il dolore del rifiuto
le si abbatté contro come in uno scontro con un muro.
“E’ stato tutto uno
stupido gioco per te?”
Le lacrime avevano
preso di nuovo a cadere e sentiva l’illusione di aver
ritrovato un Sasuke più
comprensivo sfracellarsi in mille pezzettini.
“No.”
“E allora perché non lo
accetti questo figlio?”
“Cosa vorresti fare?
Siamo ricercati, Sakura. Come pensi di sopravvivere nove mesi
così? Tornate al
villaggio e dì che ti ho obbligato a seguirmi.”
“Ma se ti ho portato
via io, in spalle.”
“Naruto confermerà la
tua versione, non preoccuparti.”
“Non voglio andarmene!”
Ora Sakura aveva preso a urlare. “Sono benissimo in grado di
cavarmela!”
“Vuoi condannare nostra
figlia e te a questa vita?” E indicò con una mano
i loro bagagli sparsi per
terra, i resti del magro pasto che avevano consumato vicino al fuoco
ormai
spento, le armi posizionate bene e pronte a essere impugnate in caso di
attacco.
“Non la sto condannano
a niente.”
“Fai come pensi.”
…
“Sakura!
Alla tua
destra.”
Un pugno ben assestato
tramortì il ninja incappucciato che stava per piantarle un
kunai nella spalla;
un calcio ne spedì altri due contro un’ albero.
Pochi metri in là Sasuke stava
tenendo testa ad altri quattro ninja.
Ad un certo punto
sentì un dolore acutissimo alla sua gamba destra e vide uno
shuriken impiantato
nella coscia; in un battito di ciglia uno shinobi era spuntato da
dietro un
cespuglio e stava per impiantare un kunai nel corpicino della piccola
bambina
che portava stretta sulla schiena, in un gesto fulmineo fece un mezzo
giro e il
kunai le sfregio orizzontalmente il naso aprendo una profonda ferita..
ma
almeno la piccola era incolume. Accecata dalla rabbia e dal dolore
spedì il
ninja all’altro mondo.
Intanto Sasuke era
riuscito ad eliminare anche gli altri quattro nemici.
“Stai bene?” Le
domandò avvicinandosi e osservando il profondo solco da cui
usciva copiosamente
sangue. “Fatti curare ‘sta ferita.”
In quel momento la
piccola Misaki scoppiò in un pianto a dirotto.
“Non possiamo
lasciarla con noi” esordì cercando di ignorare il
dolore che le provocava il
disinfettante sulla ferita aperta. “Poco fa è
stata quasi colpita da un kunai.”
“Te l’avevo detto di
tornare al villaggio.”
“Non posso lasciarti
da solo.”
Lei lo sapeva che si
sarebbe ucciso una volta tornato a essere solo coni suoi rimorsi: era
ben lungi
dal perdonarsi degli errori commessi.
“Portiamola da Naruto,
si prenderà cura lui di lei. E un giorno quando tutti questi
attacchi saranno
finiti e avranno iniziato a dimenticarsi di noi torneremo.”
“Va bene” acconsentì,
infine, Sakura.
“E
cosi sono finiti gli attacchi nei vostri confronti?”
domandò
Misaki alla fine del racconto.
“Praticamente si. I Kage hanno iniziato a dimenticarsi di
noi..”
“E cosi siete tornati. Ho capito.”
E senza dire un parola se ne tornò in camera, sotto lo
sguardo allibito di tutti.
“Penso che abbia bisogno di metabolizzare la
notizia.” disse
Naruto.
“Lo penso anche io.” approvò Sakura.
“Per intanto starete qua, penso sia la soluzione migliore a
tutti i problemi.”
Aki
prese il maglioncino dal divano e si avviò verso la
porta ma venne bloccato da Naruto.
“Aki ti chiedo un favore, sia come Hokage ma soprattutto come
persona: non dire a nessuno che Sasuke e Sakura sono qua.. nemmeno ai
tuoi
genitori.”
“Va bene, fidati di me.” acconsentì Aki,
e non solo per il
rispetto che provava nei confronti dell’Hokage ma
principalmente per far
mantenere a Misaki quel poco di sanità mentale che ancora le
rimaneva.
SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti!
(:
Finalmente sono comparsi anche i
nostri amati traditori della Foglia! La povera Misaki non
l’ha presa proprio
bene in realtà.. qui vediamo descritti alcuni stralci di
vita di Sasuke e
Sakura dopo l’attacco alla Foglia. Cosa ne pensate?
Spero che la parte dei flashback
di Sakura sia venuta bene.. ho pensato che a scrivere il racconto come
veniva
raccontato a Misaki sarebbe potuto risultare un po’ pesante e
noioso e ho
deciso invece di descrivere i ricordi in prima persona di Sakura..
è risultata
una buona idea?
Bè fatemi sapere!
Baci, Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo V. ***
CAPITOLO V:
“Grazie, Hinata.”
Sakura prese la tazza che le porgeva
gentilmente la sua vecchia amica. “Vedo che sei incinta, di
quanto?”
“Sette mesi.”
“Che bello. Avete già pensato al nome?”
“Dato che è un maschio, Minato ci è
sembrato il nome più
appropriato” sorrise la mora, accarezzandosi lievemente la
pancia “E poi per
Naruto è così importante..”
Proprio in quel momento l’interpellato entrò nella
stanza.
“Misaki ha chiuso la sua porta a chiave e non risponde.
Probabilmente starà dormendo.” disse, prendendo
posto sulla sedia affianco alla
moglie, per poi cambiare discorso. “Sono così
contento che siate tornati!
Quanto mi siete mancati.”
“Anche tu ci sei mancato, Naruto.” Ormai Sakura
parlava al
plurale, tanto sapeva esattamente quello che pensava Sasuke; anche
quello che
lui non avrebbe mai ammesso.
“Allora cosa ne pensate di Misaki?”
“E’ bellissima: per fortuna ha preso quasi tutti i
geni
Uchiha.”
“Gli occhi però sono i tuoi.”
“Già, sono indubbiamente i miei. Solo che a lei
stanno
meglio.” La donna si aprì in un sorriso radioso.
“Però ha un bel caratterino,
eh?”
“Eh già! Del resto cosa poteva uscire da due
testardi come
voi? Purtroppo caratterialmente ha preso più dal teme che da
te Sakura.” disse
Naruto, lanciando una linguaccia –in un gesto tremendamente
infantile per un Hokage-
a Sasuke.
“Attento a quello che dici, dobe.” lo
beccò l’Uchiha.
“Lieto di vedere che sei tornato normale.” rise il
biondino.
“Ah, è proprio vero che l’amore tutto
può₁!”
Sakura e Hinata scoppiarono a ridere, mentre Sasuke si
espresse in un’occhiata decisamente glaciale.
“Stendiamo un velo pietoso.”
“Naruto, dicci un po’ di Misaki. E’ mia
figlia e, anche se
mi sembra di essere sempre stata con lei, non conosciamo niente di
questi
undici anni.” chiese Sakura.
“Misaki.. da dove incomincio? Come ragazzina è
piuttosto
strana: è schiva e decisamente tendente
all’isolamento; se non fosse per
quell’Aki,
penso che non avrebbe nemmeno un vero
amico.”
Sakura si rabbuiò. “E’ quel ragazzino
biondo che c’era
prima?”
“Si, è il figlio di Temari e Shikamaru.”
“Ma non mi dire! Quei due alla fine sono finiti assieme? Non
ci avrei scommesso nemmeno un soldo..”
“In ogni caso” continuò il racconto
Naruto “è sempre stata
emarginata: una volta che ha iniziato a frequentare
l’Accademia la brutta
reputazione che avete le si è ritorta contro e
l’hanno presa di mira. Io so
queste cose per via indiretta dato che Misaki non ne parla, ma penso
che in
fondo ci stia male. Da un giorno all’altro è
tornata a casa e non ha più voluto
sentire cosa le raccontavo di voi e ha iniziato a non volervi
più sentire
nominare. Vi ha
dato la colpa della sua esclusione.”
sospirò. “Gli abitanti di questa città
non cambiano mai.”
“Se mi lasciavate sterminarla quando ne avevo
l’occasione..”
si intromise nel discorso Sasuke, sempre con la sua espressione
terribilmente
seria.
“Non ci credo!” Naruto batté le mani,
entusiasta. “Sasuke
sta facendo del sarcasmo?! Sakura, che miracolo hai fatto?”
La Haruno scoppiò nella sua risata cristallina per qualche
secondo prima di tornare seria.
“Forse non avremmo dovuto lasciarla a Konoha; certo avevo
immaginato che
potesse avere delle difficoltà,
ma non pensavo
che le persone l’avrebbero presa di mira in questo
modo..”
“Hai solo cercato di darle un vita migliore,
Sakura.” Hinata
prese parola per la prima volta dall’inizio del discorso.
“Non devi darti la
colpa.. vedrai che appena avrà imparato a conoscerti meglio
ti perdonerà.”
“Lo spero, Hinata.” bisbigliò Sakura,
per poi rivolgersi al
marito. “E tu, idiota di un padre, come ti è
saltato in mente di darle della
stronza? Già ci odia, vuoi forse peggiorare la
situazione?”
“Non ho peggiorato la situazione.” Le
lanciò uno sguardo di
sufficienza “Tu non la capisci proprio la psicologia: mi
stava sfidando per
vedere se riuscivo a tenerle testa.”
“Che stai dicendo?”
“Che non vuole niente a che fare con delle persone deboli
che scoppiano a piangere a ogni frase.” disse Sasuke,
lanciando una stoccata
alla compagna.
“Mi stai dicendo che non sono all’altezza della
situazione?”
Sakura si era alzata in piedi e brandiva minacciosamente un pungo.
“Mpf.”
Bam! Un destro secco si stampò ferocemente contro lo zigomo
del moro.
“Fate piano o la sveglierete! Se poi non dorme bene diventa
ancora più scorbutica!” li sgridò
Naruto, mettendosi un dito davanti alle
labbra. “Non cambiate mai eh, voi due?” aggiunse
poi, sorridendo.
“Comunque ora cosa facciamo? E’ chiaro che il
villaggio non
ci riaccetterà mai,
ma ora che ho incontrato
Misaki non voglio più andarmene senza di lei, del resto non
sarebbe giusto
staccarla dal luogo in cui ha vissuto per tutti questi anni.”
sospirò Sakura.
“In realtà io avrei già
un’idea per sistemare la situazione”
si intromise Naruto. “Vi fidate di me?”
“No” disse immediatamente Sasuke.
“Si che ci fidiamo, Naruto.” la donna
lanciò un’occhiata
glaciale al compagno.
“Allora lasciate fare a me..”
“Vedi di non peggiorare la situazione, dobe.”
Il suono martellante della
sveglia la costrinse ad aprire
gli occhi, guardò l’ora: erano le sette e mezza,
il che voleva dire che aveva
dormito qualcosa come mezz’oretta scarsa. Non era riuscita a
prendere sonno:
aveva troppe cose che le martellavano la mente. Con la cera degna di
uno zombie
si alzò e si vestì; riuscì a mettersi
la maglia a rete al rovescio e a versarsi
addosso il bicchiere d’acqua così, imprecando
mentalmente contro il mondo, si
diresse in cucina.
Aprì la porta e si innervosì ancora di
più notando che la
scenetta famigliare –che si ripeteva da ben undici lunghi
anni- quella mattina
era stata completamente stravolta: Hinata era sempre ai fornelli ma ora
era
aiutata da Sakura, mentre Naruto cercava di strappare di mano il
giornale a
Sasuke, che seduto composto, riusciva a scansare ogni affondo del
biondo.
“Buon giorno Misaki.” la salutò
dolcemente Hinata.
“Ciao tesoro!” esordì Naruto,
bloccandosi a metà di un
attacco.
“Ben svegliata.” la salutò quindi
Sakura, i capelli rosa
legati in una crocchia alta, sventolando la padella su cui stava
cuocendo
qualcosa che a prima vista non sembrava del tutto commestibile.
La mora, senza rispondere, si sedette al suo solito posto. Hinata e Sakura le
piazzarono sotto il naso una
tazza di latte, la prima, e un piatto con una strana poltiglia marrone,
la
seconda.
“E questo cosa dovrebbe essere?” Misaki
indicò il piatto con
un dito guardando le due con espressione sarcastica.
“Toast” rispose Sakura.
“Ma è mollo! Come fa un toast a essere
mollo?!”
“Sono anni che non uso un fornello decente! Ho anche perso
la manualità.” si difese la madre assumendo
un’espressione contrariata.
Misaki a quel punto si girò verso il padre che aveva posato
il giornale sul tavolo e ora guardava la scenetta con la sua solita
aria
annoiata.
“Come hai fatto a vivere tutti questi anni con lei?”
disse la mora indicando la madre.
“Hai uno stomaco di ferro?!”
Le reazioni furono immediate: Naruto scoppiò in una risata
sguaiata, mentre
Hinata la sgridò con un
“Misaki-chan” pieno di rimprovero, Sakura invece
iniziò a prendere la tonalità rosso-
rabbia mentre Sasuke, allergico -come al solito- alle risate, si limito
a un
semplice: “Non chiedere”.
Quando la situazione tornò sotto controllo Sasuke si
girò
verso la figlia.
“Hai lo Sharingan?” le domandò,
mentre Misaki si chiedeva se avesse un’altra
tonalità di voce oltre a quella
annoiata che sfoggiava sempre.
“Sì”
“A che età lo hai sviluppato?”
“Otto anni.”
“Davvero?” Sakura
si
era intromessa, come al solito, nel discorso “Solo Itachi,
prima di te, era
riuscito a svilupparlo così presto..”
Misaki si chiese come potesse nominare quel
nome così tranquillamente davanti a Sasuke; Sakura notando
l’espressione della figlia si girò verso Naruto:
“Non le avete detto niente?!”
Naruto scosse la testa. “Non sono io quello che glielo deve dire..”
“Cos’è che mi dovreste dire?”
chiese la mora, più sospettosa
che curiosa.
“Niente, Misaki. Sbrigati che Aki è già
di fuori che ti
aspetta.” La incitò Hinata buttando
un’occhiata fuori dalla finestra.
“’Giorno.”
la salutò Aki alzando pigramente la mano
“Vedo che hai dormito bene.” le disse indicando con
un cenno
svogliato le pesanti occhiaie che risaltavano sull’incarnato
pallido.
“Stai zitto.” lo salutò
d’altro canto l’altra. “Vedi di non
metterti anche te a rompere” aggiunse poi,
di cattivo umore.
“Cos’è? Sasuke t’ha sputato
nel piatto?”
“Idiota!” Misaki gli tirò una sberla
piuttosto forte in
testa “Vuoi farci finire tutti nei casini?” aggiunse,
sottovoce,
guardandosi intorno furtiva.
“Scusa, dimenticavo,
Top
Secret.”
Misaki stava guardando
fuori dalla finestra, troppo occupata
a pensare agli avvenimenti della sera prima per prestare ascolto alla
lezione;
al suo fianco Aki ronfava tranquillamente sul banco, in una mera
imitazione dei
tempi d’oro del padre.
In quel momento suonò la campanella di fine lezioni e tutti
si apprestarono ad andarsene,
ma il maestro
Iruka interruppe il brusio delle sedie scostate dal banco e della
preparazione
degli zaini battendo il palmo aperto sulla cattedra.
“Aspettate un attimo, ragazzi!” Li
bloccò. “A inizio lezione
è arrivata una comunicazione da parte dell’Hokage
stesso. Vi invita a prendere
visione, insieme alle vostre famiglie, del suo discorso di domani sera
davanti
al Palazzo degli Uffici.
Sarà trasmesso anche dal
canale delle notizie, in diretta.”
Tutti gli studenti si guardarono tra loro, dubbiosi e
curiosi: non accadeva spesso che l’Hokage organizzasse un
discorso di quella
portata senza eventi o ricorrenze precisi.
“Che sta succedendo?” Aki si voltò a
guardare l’amica.
“Non ne ho la più pallida idea.” rispose
quella.
Cosa diavolo aveva in mente Naruto?!
SPAZIO
AUTRICE:
Ecco il nuovo
capitolo! Come
avrete notato è un piccolo capitolo di transizione verso un
altro avvenimento
importante che cambierà le carte in tavola! Cosa ne pensate?
Lo so, lo so.. non
c’è molto qua ed è anche piuttosto
breve, però spero lo apprezzerete lo stesso!
(:
Quindi se volete sapere cosa
Naruto dovrà comunicare di tanto importante alla popolazione
seguite il
prossimo capitolo e lo scoprirete *musichetta
pre-pubblicità*!
Per
concludere:
Oltre a tutte le persone che
hanno commentato lo scorso capitolo -a cui ho già risposto-
e a tutte quelle
che hanno messo la storia nelle seguite o nei preferiti, volevo
ringraziare la
mia nuovissima beta Fede che
contribuisce
a perfezionare questa storia! Arigatou!
Baci,
Eikochan.
Hem,
mi stavo dimenticando la
piccola nota ₁: Citazione
liberamente tratta dalla canzone de “La bella
e la bestia!” XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo VI. ***
CAPITOLO VI
Quella mattina Sakura si
era limitata a scaldare del latte e,
con immenso stupore della figlia, c’era riuscita
perfettamente.
“Tieni,
Misaki”.
“Mmm.”
Non si poteva di certo dire che la Uchiha fosse una dal
risveglio facile.
In quel momento entrò Hinata, un grembiule allacciato a
malapena sull’enorme pancione che sfoggiava. Prese anche lei
una tazza di latte
e si sedette vicino a Misaki.
“Dopo passa qua Aki.” La mora aveva alzato lo
sguardo dal
latte e ora fissava la madre.
“Va bene, tesoro. Vedete di non fare troppa confusione
però..”
“Tranquilla, mamma.” La tranquillizzò
lei. “Dopo andremo
insieme a sentire il discorso di papà.”
“No, preferisco che tu vada con Hinata a sentire il
discorso.” Naruto era entrato in quel momento e, il capello
calato malamente in
testa, afferrò il giornale e un biscotto prima di tornare
verso l’uscita.
“Ci dobbiamo preoccupare?” domandò
Sakura, dando voce anche
alle preoccupazioni di Misaki.
“Tranquille, tutto sotto controllo.” Naruto
aprì l’uscio di
casa per poi urlare: “Non vi fidate, forse,
dell’Hokage più figo di tutti i
tempi?!” e si richiuse la porta alle spalle, ridendo. Le tre
si guardarono
sconsolate tra di loro.
“Comunque” prese di nuovo parola Sakura, soffiando
distrattamente sul suo latte caldo per farlo raffreddare.
“vedo che tu e Aki
avete un certo feeling, o sbaglio?”
“Siamo amici!” rispose indignata Misaki, sbattendo
il
cucchiaino contro la tazza.
“Non devi vergognarti di nulla.” disse Hinata,
dando corda
all’amica.
“Non mi vergogno di niente! E poi cosa me ne frega di avere
un fidanzato..”
“La prima volta che mi sono innamorata avevo la tua
età..” tornò
a parlare Sakura.
Misaki sentiva chiaramente puzza di ‘racconti dei vecchi
tempi andati’ e per un attimo fu tentata di abbandonare
velocemente la stanza,
ma alla fine si arrese a prestare ascolto, se non
altro per sfuggire alle faccende che la aspettavano quel giorno.
“In realtà mi è sempre piaciuto, ma la
cotta si è
trasformata in amore quando avevo circa dodici anni ed è
stato non appena ho
iniziato a vedere oltre il suo aspetto fisico”,
prese di nuovo parola la donna dopo qualche secondo di silenzio,
“Lui mi
ha respinto per anni e anni dicendomi che ero
noiosa e sciocca.”
“Che stronzo.”
“MISAKI!” la ripresero all’unisono Sakura
e Hinata.
“Scusate! Continua pure il racconto..” si
scusò infastidita.
“In ogni caso io ho sempre cercato di comprenderlo,
l’ho
sempre sostenuto. Era simile a un amore unilaterale; ma ho sempre
sentito, in
fondo al cuore, che anche lui provava qualcosa per me. Questo mi ha
permesso di
sopravvivere in tutti quegli anni di lontananza, chiamatelo sesto senso
o solo
stupidità, ma è quello che mi ha dato la forza di
andare avanti.”
“Io non avrei mai aspettato anni qualcuno che si è
allontanato volontariamente da me.” disse, sovrappensiero, la
mora.
“Sono sempre stata una sognatrice, una di quelle che si
attaccano ai propri sogni e alle proprie illusioni con le unghie e con
i denti.
Ad un certo punto però si sono infranti dolorosamente contro
un muro d’odio e
vendetta. Pensa che Sasuke mi ha quasi ucciso, due
volte!”
“Davvero?” Ora Misaki era realmente presa dal
racconto. “E
tu l’hai perdonato?”
“Si, ho capito che era sotto shock, totalmente
spersonalizzato dall’odio. Sembra una persona forte e
distaccata, ma in
realtà ha un carattere piuttosto fragile ed è
facile preda delle emozioni che,
anche se non
esternate, dominano
impulsivamente tutto il suo
modo di agire..”
“Sakura.” Sasuke era comparso, le labbra
leggermente strette
in un’espressione piuttosto indispettita.
“Oh, buongiorno Sas’ke.”
“Evita di raccontare i fatti i miei in giro, altrimenti io
potrei dire che ho cercato di ucciderti perché tu per prima hai cercato di farmi
fuori.”
“Ma che razza di psicotici siete?”
“Della peggior specie.” sorrise Sakura.
“Ma ricordati che hai
i geni di entrambi quindi io, se fossi in te, inizierei a
preoccuparmi.”
“Divertente.” E detto questo Misaki prese
l’ultima fetta
biscottata e tornò in camera sua.
“MISAKI!”
La voce di Hinata la risvegliò: diavolo, si era
addormentata.
“Sì?”
“Vestiti che fra dieci minuti partiamo per andare a sentire
il discorso di tuo padre..”
Raccattò la sua maglia preferita e la indossò in
un batter
d’occhio, prese poi un paio di leggins neri e, dopo
essersi data una spazzolata ai capelli,
scese al
piano di sotto.
Vide che in soggiorno si erano radunati Hinata -avvolta in
un vestito color perla che richiamava il colore dei suoi occhi- Sasuke
e Sakura
coperti, invece, da capo a piedi di un mantello nero con cappuccio:
erano
praticamente irriconoscibili grazie all’ombra del copricapo
che oscurava i loro
volti.
“Allora, Misaki, io e te partiamo fra dieci
minuti.” esordì
Hinata.
“Mentre io e Sasuke partiamo adesso, prima della folla e poi
staremo nascosti nel palazzo dell’Hokage.”
“Ok.”
Si avviò insieme a Hinata verso la piazza principale, quella
di fronte al palazzo. Le strade erano affollate di abitanti che si
muovevano
tutti, come un fiume in corsa, nella stessa direzione.
A un certo punto incontrarono Temari e Shikamaru.
“Ciao Hinata.” la salutò il Nara.
“Shikamaru, Temari.. che piacere rivedervi!”
“Sai cosa ha in mente Naruto?”
“Ne ho un’idea, ma meglio non esserne troppo
sicuri. Se c’è
una caratteristica di Naruto quella è
l’imprevedibilità.”
“Già. Dato che ci siamo incontrati
perché non andiamo
insieme a sentire il discorso?” propose Temari, sistemandosi
meglio il
ventaglio sulla schiena.
“Perfetto. Cosi Misaki e Aki possono stare insieme, sono
diventati molto amici, vero?”
“Non parlate di noi come se non vi sentissimo.” si
intromise
nel discorso Misaki.
“Su, vai a parlare con Aki.” tagliò
corto Hinata, dandole un
colpettino in avanti e tornando poi a immergersi nelle chiacchiere con
gli
altri due. Poco dopo, di fronte al negozio Yamanaka, videro Ino e Sai
uscire,
quest’ultimo mano nella mano con Inojiro
Yamanaka,
un bambinetto di cinque anni dal colorito pallido che contrastava con i
capelli
neri e lo sguardo azzurro che colorava il tutto. Com’era
prevedibile anche loro
si aggiunsero al gruppetto.
Erano arrivati relativamente presto e quindi erano riusciti
a prendere posto nella prima fila davanti
alla massa
di persone che pian piano stava stipando la piazza. Finalmente alle 8 in
punto Naruto, con calato
in testa il cappello di Hokage e la tunica sopra
l’intramontabile tuta
arancione, si affacciò al balcone e iniziò il suo
discorso.
“Buona sera a tutti voi, abitanti di Konoha. Vi starete
domandando come mai io abbia indetto questo discorso; beh,
innanzitutto, voglio
dirvi che quello che vi dirò oggi non farà
piacere a molti di voi. Ne sono a
conoscenza da diverso tempo: il fatto che andrò a narrarvi
mi è stato
raccontato ancora prima della Guerra, ma solamente quando sono stato
nominato
Hokage ho avuto accesso ai documenti che mi confermavano la versione
dei fatti.
Ora vi domanderete perché io abbia aspettato tutto questo
tempo per informarvi:
sono stato bloccato dal rispetto verso un amico, senza la sua
autorizzazione
non avrei mai rivelato niente.” Si bloccò per un
secondo, guardando dietro di
sé. “Stasera vi racconterò la
verità su Uchiha Itachi. Sono sicuro che tutti
voi, sia i più anziani che i più piccoli, sanno
di chi sto parlando e cosa successe
quella fatidica notte in cui quel tredicenne dai modi gentili e dal
talento
innato sterminò tutto il suo clan e poi si unì
all’Akatsuki. Vi ha inorridito
per giorni, mesi.. anni,
l’idea di un
figlio che senza pietà uccide i suoi genitori, immagino, e
non vi do torto. Ma
ora siamo qua per fare luce sulla vicenda. Come vi ho già
detto quella che vi
rivelerò stasera sarà la verita.”
Nella piazza non volava una sola mosca, tutti con lo sguardo
puntato in alto ascoltavano diligentemente quello che
l’Hokage stava dicendo.
“E se per caso non mi crederete sarò disponibile a
rilasciare i documenti che parlano dell’accaduto. Torniamo al
dunque, ora. Vi
sareste di sicuro domandati il perché di una tale ferocia e
crudeltà, vi sarete
chiesti cosa ha spinto un ragazzino pacato e tranquillo ad assassinare
a sangue
freddo un intero clan… Sete di potere? Semplice forza bruta?
Un’improvvisa
follia? No, mi duole dirvelo, ma la spiegazione è ancora
più agghiacciante. La
verità è che Itachi Uchiha ha sterminato il suo
clan, ha ucciso i suoi
genitori, è diventato un traditore, si è unito
all’Akatsuki, è vissuto
nell’odio ed è stato disprezzato da ogni persona
solo per proteggere
Konoha…”
A quella frase la gente incominciò a guardarsi attorno,
dubbiosa, riflettendo le domande negli occhi del vicino per poi tornare
a
osservare l’Hokage che si era fermato osservando il dubbio
generale. Poi
riprese a parlare, con il solito tono di voce calmo e deciso.
La voce di Naruto le arrivava sfalsata, mentre, ad ogni frase che
aggiungeva l’Hokage, assumeva
un’espressione sempre più allibita.
Ascoltò attentamente il racconto di come
Itachi aveva sterminato il suo clan per salvare il villaggio della
Foglia, di
come si era unito all’Akatsuki per monitorare le loro azioni,
ma soprattutto di
come aveva lasciato in vita Sasuke –suo
padre, si costrinse ancora una volta a pensare- e di come
lui, una volta
scoperto tutto, avesse deciso di vendicare Itachi e sterminare Konoha
per tutto
il dolore che aveva fatto passare a lui e a suo fratello.
Tutto aveva un senso: piuttosto soggettivo e labile, ma pur
sempre un senso che non facesse passare Sasuke per un pazzo furioso e
omicida.
Prese, istintivamente, a tremare leggermente schiacciata dal
peso delle rivelazioni; si costrinse a smettere e a darsi una
inutilmente una
calmata. All’improvviso sentì una mano calda, di
poco più grande della sua,
stringerle il polso accelerato. Si girò impercettibilmente
verso la sua
sinistra e vide Aki, accanto a lei, guardare intensamente
l’Hokage; il tocco
caldo sulle sue vene che pulsavano velocemente ebbe il potere di
calmarla e in
poco tempo smise di tremare.
Misaki non ringraziò, Aki non la guardò e
sembrava quasi che
non fosse successo assolutamente nulla. La mora
tornò a rivolgere l’attenzione al padre adottivo.
“E con questo ho terminato il mio discorso e vi invito a
tornare a casa e a mettere a letto i vostri figli pensando a come vi
sentireste
se esso fosse costretto a uccidervi a sangue freddo, a come vi
sentireste nel
vedere il vostro gioiello più prezioso sfoderare un kunai e
impiantarvelo nel
petto.
E poi, prima di addormentarvi provate a immedesimarvi in
Mikoto e Fugaku Uchiha e a cercare di capire cosa essi possano aver
sentito
vedendo il loro amato primogenito ammazzarli senza pietà e senza un’apparente motivo e
provate a capire il dolore di un
bambino che vede il fratello maggiore cercare di ucciderlo. Per questo
io vi
invito a smetterla di fare violenza psicologica sugli appartenenti al
clan
Uchiha”.
A quelle parole Misaki sentì gli sguardi di tutti gli
abitanti puntanti sulla sua nuca e percepì aumentare, nello
stesso momento, la
presa sul suo polso; si tranquillizzò un’altra
volta.
“Ah, e un ultima cosa: vi annuncio con estrema gioia il
ritorno di Sakura Haruno e Sasuke Uchiha” annunciò
Naruto, come se niente
fosse, mentre si stagliavano alla luce la figura esile e alta del
traditore
numero uno di Konoha e quella più bassa ma sempre magra
della sua amante.
Ora la piazza era
ammutolita, ma non solo si erano tutti fermati immobili e silenziosi,
anche gli
uccellini che fino a qualche secondo prima cinguettavano sui rami bassi
ora non
facevano rumore.. addirittura sembrava che pure il Fiume avesse messo
di
scorrere appena fuori dalle mura.
“Vi invito a essere gentili con loro, ora che sapete tutta
la verità.”
La reazione del pubblico fu velocissima, urla e insulti
partirono dalla folla agitata; Hinata e Aki si strinsero ancora di
più vicino a
Misaki, uno alla sua sinistra l’altra alla sua destra,
temendo ritorsioni o
degeneramenti. Parti chiaro, dalla confusione, la voce, alta, di un
uomo non
individuato che domandava come l’Hokage potesse permettere a
Sasuke Uchiha, che
anni prima aveva raso al suolo metà Konoha, di tornare a
camminare per quelle
vie. La risposta di Naruto non si fece attendere.
“Vedete, cari concittadini, dopo aver saputo della storia di
Itachi Uchiha ho provato a immedesimarmi nei panni di un sedicenne che
scopre
di aver vissuto tutta la sua vita nella menzogna e di avere ucciso il
suo amico
e famigliare più caro per colpa di
‘Konoha’. Per questo io
comprendo ma non
approvo il comportamento di Sasuke e per questo non
sarà giustiziato come
invece prevede la legge. Detto questo vi avviso che non saranno
tollerati
comportamenti di razzismo e ritorsioni verso la famiglia Uchiha. Grazie
per l’attenzione
e buonanotte.” E subito Naruto rientrò
nell’edificio seguito da Sasuke e
Sakura.
Nella piazza intanto si era creato lo scompiglio più totale,
tutti si guardavano intorno –chi dubbioso, chi preoccupato,
ch indignato, chi
triste – e naturalmente intervallavano il tutto guardando
insistentemente
Misaki.
“Naruto andrà incontro a un bel po’ di
guai per questo.”
esordì Temari. “lo accuseranno di favoreggiamento
e non vedo come potrebbero non
farlo.”
“Naruto sa quella che fa e quello a cui va
incontro.” la
interruppe Shikamaru, non prima di aver gettato una fugace occhiata
alla mano
di Aki intrecciata al polso di Misaki; il piccolo Nara, notando lo
sguardo del padre,
la ritrasse subito.
“Bè, noi andiamo a dormire. Domani abbiamo
entrambi una
missione.” si congedò la Sabaku.
“Allora buonanotte Shikamaru-kun, Temari-san.”
“Buonanotte a te, Hinata.”
“Notte, Aki.” Misaki lo salutò con un
lieve sorriso impresso
in volto, che il ragazzo prese come segno di riconoscimento.
“Notte, Misaki.”
SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti ^^
Perdonatemi la lunga attesa per
questo capitolo, ma proprio non voleva saperne di scriversi XD
è stato un po’
un parto, sta volta, quindi fatemi sapere se è nato uno
sgorbio o qualcosa di
carino.. ahah!
Come vedete ho dato un po’ di
spazio all’interazione Misaki-Sakura, che prima o poi
dovranno anche imparare a
comprendersi, e al MisakixAki (quei due mi piacciono troppo insieme,
oltre a
ispirarmi troppo.. e la mia mente bacata sta già pensando a
una mini-long sui
due in un futuro prossimo XD)
Spero che il discorso di Naruto
sia comprensibile e “da Hokage”, ho tagliato tutta
la parte della spiegazione
di Itachi –ma penso che nessuno di voi voleva un ripasso
sulla questione
Uchiha-.
Penso che da questo capitolo gli
aggiornamenti inizieranno a essere settimanali ora che gli impegni sono
tornati
e ho iniziato a covare la passione per i contest anche se con
‘scarsi’
risultati (NB: se volete passare a leggere Tutto per colpa si una sigaretta
una Shika/Tema leggera e senza pretese che si è valsa
l’ottavo post –hem- e il
premio per migliore coppia etero)
Bè, penso di aver detto tutto..
aspetto con ansia le vostre considerazioni!
Un bacio,
Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo VII. ***
CAPITOLO
VII
Era sdraiata sul letto e
guardava il soffitto bianco neve
che sua madre, anni addietro, aveva pitturato con dovizia per rendere
più
ariosa la stanza. Sentì sbatacchiare leggermente la
finestra, la ignorò e la
lasciò spalancata: aveva bisogno di sentire la leggera
brezza fredda che
entrava da essa e che la lasciava sveglia e vigile. Aveva assolutamente
necessità
di analizzare e scomporre la situazione per poi ragionarci su con
calma;
possedeva la tipica mente scientifica e razionale dei calcolatori, il
che –come
Naruto le ripeteva sempre- era qualcosa di assurdo visto il
temperamento
emotivo e impulsivo di entrambi i genitori.
Sentì un lieve bussare alla porta e la voce calda e gentile
di Hinata chiamarla dal corridoio.
“Misaki, è pronto il pranzo. Vieni a
mangiare?”
Si rigirò nel letto, riuscendo solo a ingarbugliarsi nelle
coperte che la stringevano come una mummia millenaria;
mugugnò un “No, grazie”
insofferente prima di ingaggiare una lotta disperata contro le coltri.
“Ok, tesoro. Ma prima o poi dovrai
mangiare…”
Misaki non disse niente e tese l’orecchio per sentire i
passi di Hinata, appesantiti dalla gravidanza, percorrere il corridoio
e
scendere le scale. Una volta che la madre fu al piano di sotto si
rilassò e
tornò ai suoi pensieri.
Cerco di richiamare quella poca empatia che giaceva sopita
in un angolo del suo cervello per provare a immedesimarsi in Sakura.
Non fu
affatto facile cercare di mettersi nei panni di quella dodicenne dai
capelli
rosa e la fronte spaziosa, in primis perché non conosceva
abbastanza sua madre
per comprendere appieno la sua psicologia, ma sopratutto
perché il concetto di
‘innamoramento’ le era del tutto estraneo.
Non le era mai piaciuto nessun ragazzo, certo alcuni li
considerava abbastanza carini, ma nessuno di essi l’aveva mai
incantata. Le
vennero alla mente le sue compagne di classe che alla vista di Hajime
Hatake -capelli
grigio perla e portamento elegante- impazzivano e si prodigavano in
urletti e
complimenti banali mentre sgomitavano per attirare la sua attenzione. Bleah. Il tutto cozzava apertamente
contro la sua dignità personale e la sua intelligenza.
Sperò ardentemente che
Sakura non fosse stata una ragazzina del genere.
Sentì una corrente di aria fredda un po’
più forte e si
strinse istintivamente nelle coperte.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si
può morire per assideramento?”
Si girò di scatto, senza considerare lo scarso margine di
movimento che le consentivano le coperte e si ritrovò a
cadere goffamente dal
letto, il lenzuolo stretto intorno al collo. Cerco disperatamente di
aggrapparsi a qualcosa, ma riuscì solo a portare con
sé, nella sua caduta,
anche il cuscino e la federa. Tossendo, cercò di strapparsi
via il lenzuolo
dalla gola.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si
può morire per soffocamento?”
Aki la stava guardando, accovacciato sul cornicione della
finestra, con il suo solito sorrisetto a metà tra lo
strafottente e il
terribilmente annoiato.
“Non te l’ha mai detto nessuno che si
può morire per rompimento
di coglioni?”
Misaki era riuscita a liberarsi dalla presa omicida della
stoffa, a guadagnare la posizione eretta e ora guardava trucemente Aki
che, nel
frattempo, era entrato nella stanza e si era stravaccato sul letto
ormai in
condizioni pessime.
“Non dovresti usare queste parole.. non si addicono alla
raffinata nobiltà degli Uchiha..”
osservò il Nara, recuperando il cuscino da
terra e mettendoselo dietro il collo.
“Vuoi per caso morire
seriamente?!”
“No, ma mi annoio.”
Sorvolando sull’affermazione, Misaki si distese accanto a
lui e gli strappò da sotto il capo il suo cuscino.
“Tra l’altro perché non sei entrato in
casa come le persone
normali?”
“Tua madre mi ha detto che non facevi oltrepassare la porta
di camera tua a nessuno e ho pensato, quindi, che se dalla porta non
entrava
nessuno, magari dalla finestra avrei avuto più
fortuna.”
“Intelligente da parte tua.”
“Poi volevo constatare di persona che non stessi preparando
un omicidio di massa o un suicidio solitario”
continuò il biondo, raccattando
anche le coperte dal pavimento e coprendo sia lui che Misaki.
“Che nobiltà d’animo.” lo
sbeffeggiò l’altra, tentando di
accaparrarsi tutto il piumino. “Stavo solo provando a
immedesimarmi in loro.”
“E come è andata?”
“Fino ad ora, male. Non riesco proprio a provare empatia
verso Sakura…”
“Prova a dire ‘mia mamma’..” la
interruppe Aki.
“Mia madre è Hinata.”
“No tua madre è Sakura. Hinata è la tua
mamma adottiva.
Dovrai accettarlo prima o poi.”
Sbuffò.
“Vabbè, tornando al discorso di prima...
perchè non ci sei
riuscita?” la assecondò Aki per evitare una lite.
“Il fatto è che non riesco a capire le ragazze
innamorate…”
“Questo perché sei un’anafettiva del
cavolo.”
“E te sei uno stronzo.”
“Smettila di dire queste parole, Misaki! Lo sai che mi danno
un fastidio tremendo.” si intestardì
l’altro, guardandola con espressione
contrariata.
Altro sbuffo.
“Da una parte però riesco a capire
Sasuke.”
“Mio padre.” la interruppe di nuovo Aki, con uno
sguardo
innocente.
“Va bene.” alzò gli occhi al cielo.
“Riesco a capire mio padre.
Anche io avrei voluto
vendicarmi se fossi stata nei suoi panni.”
“Ammazzando un intero villaggio? Che, per di più,
era
all’oscuro di tutto?!”
“Mmm. In effetti è un po’ esagerata come
cosa..”
“Un tantino direi.”
Misaki si girò dall’altra parte, con il viso
rivolto verso
il muro, e rimase in silenzio. Anche Aki aveva smesso di parlare.
“Dovresti cercare di comprendere di più
Sakura” riprese a
parlare il Nara.
Non ricevette nessuna risposta. Dopo un po’ si
issò sui
gomiti e guardò Misaki: la mora si era addormentata
profondamente. Aki si sdraiò
di nuovo, piano, in modo da non svegliare la ragazza e decise di
concedersi
qualche minuto prima di tornare a casa.
Il campanello trillò insistentemente,
distogliendo Hinata
dalle sue faccende.
“Naruto! Puoi andare te ad aprire che sto stendendo, per
piacere?”
“Tranquilla, Hinata. Vado io” le urlò di
rimando Sakura.
Si avviò ad aprire la porta e, una volta aperta, si
ritrovò
sull’uscio di casa Shikamaru Nara.
“ Ciao Sakura, sono contento di rivederti!”
“Shikamaru! Anche io sono contenta di
rincontrarti..”
“Come stanno andando le cose?” le
domandò, mentre si
accomodava in casa.
“Per ora è tutto sotto controllo.” gli
rispose lei,
cogliendo il discorso sottointeso nella domanda. “Vedremo nei
prossimo giorni
come si evolverà la situazione. Comunque dimmi pure cosa
volevi.”
“Ah, cercavo Aki. Prima mi ha detto che veniva a trovare
Misaki e non è più tornato a casa.”
“Mi dispiace, Shikamaru. Io non lo vedo da quando
è venuto
alle due di pomeriggio e gli abbiamo detto che Misaki non lasciava
entrare
nessuno nella sua stanza.”
“Non penso si sia arreso così
facilmente.” constatò l’altro.
“Avrà trovato di sicuro un altro modo per andare a
trovare Misaki.”
In quel momento comparvero Naruto e Sasuke, il primo
concentrato in un personalissimo monologo, l’altro perso come
al solito nei
suoi pensieri.
“Ehilà Shikamaru! Come va?”
“Naruto.” lo salutò l’altro
con un cenno alla testa. “Avete
per caso visto Aki?”
“No, mi dispiace.”
“Vuoi che andiamo a vedere se sono in camera?”
Propose
Hinata, appena comparsa dalla lavanderia.
“Se non è un problema.”
Shikamaru e Sakura si alzarono dal divano avviandosi dietro
a Hinata che stava salendo le scale. Solo Naruto e Sasuke erano rimasti
fermi,
in mezzo al soggiorno, in un religioso silenzio.
“Perché mai Aki e Misaki dovrebbero essere in camera insieme?” chiese Naruto.
“Perché sono amici, forse?!” gli
rispose, sarcastica,
Sakura.
“Guarda che se la tocca anche solo con un
dito…” iniziò
Naruto
“..ci vendicheremo.”
completò la frase Sasuke, sempre nel suo timbro vocale
freddo e privo di
apparenti inflessioni.
Tutti si girarono a guardarlo, non tanto per la frase –ormai
prevedibile al limite della banalità-
ma principalmente per il fatto che stesse apertamente difendendo e
dimostrando preoccupazione
per una persona.
“Esatto.” approvò Naruto, dirigendosi
anche lui verso il
gruppetto di amici, seguito da Sasuke.
Una volta arrivati di fronte alla porta della camera di
Misaki, Hinata bussò.
“Misaki, puoi aprire per piacere?”
Nessuna risposta.
“Che dite? Entriamo lo stesso?” domandò
Sakura.
“Rischiamo un kunai in piena fronte.. ma a questo punto
direi che non c’è alternativa”
concordò Naruto.
Hinata, quindi -non dopo aver bussato un’ultima volta-
aprì
la porta e, una volta entrati tutti e cinque, guardarono la scena che
si
presentava ai loro occhi: Misaki, che era ancora profondamente
addormentata,
nel sonno si era girata verso Aki, che nonostante i suoi propositi era
crollato
nel sonno pure lui, e come risultato i due si ritrovavano con i nasi
non più
lontanti di dieci centimetri.
Naruto tossì, contrariato alla vista della sua figlioccia
così vicino a un’esponente di sesso maschile,
mentre Shikamaru si avvicinò al
figlio e lo scosse per risvegliarlo.
Il biondo, dopo un attimo di stordimento, aprì gli occhi e
mise a fuoco il viso di Misaki così vicino al suo; subito si
alzò a sedere.
“Buongiorno Aki.” lo salutò,
sarcasticamente, Shikamaru. “O
forse è meglio dire
‘Buonasera’..”
“Mi sono addormentato.” si giustificò il
biondo una volta
messo a fuoco il gruppetto che lo guardava.
“L’avevamo notato.”
“Dai, tirati su. Tua madre mi ha mandato a cercarti ed
è
arrabbiata con te. Non l’hai avvisata che facevi tardi per
cena e sai quanto le
diano fastidio i ritardatari.”
“Oh no” sospirò Aki, ripensando a tutte
le sfuriate della
madre.
“Oh sì” lo prese in giro Shikamaru.
“Vedi di sbrigarti.”
Nel frattempo Hinata e Sakura si erano avvicinate alla
ragazza.
“Misaki, svegliati, tesoro.”
La mora si strofinò gli occhi e ne aprì uno, con
riluttanza.
Si stupì nel vedere la piccola folla che si era raggruppata
ai piedi del suo
letto.
“Che volete?” domandò, sgarbatamente,
tirandosi le coperte
fin sopra la testa.
“Aki si è addormentato qua.” le
spiegò brevemente Sakura.
Solo allora Misaki notò il ragazzo, ancora seduto al suo
fianco.
“Dio! Devi proprio addormentarti dappertutto?!” gli
domandò
tirandogli un calcetto sulla coscia.
“Sei proprio scorbutica appena sveglia” le rispose
lui,
alzandosi dal letto. “Ci vediamo domani a scuola”
la salutò.
Si avviò verso la porta, sorpassando il padre, Naruto,
Sakura, Hinata e infine Sasuke che gli rivolse un’occhiata
che significava
chiaramente “attento a cosa fai o te
la
vedrai con me.”
“Bene” si ritrovò a pensare
“Ora mi sono attirato pure le
ire dell’Uchiha senior” e, sconsolato, si
avviò a casa dove come
minimo Temari gli avrebbe lanciato un
mestolo per essere arrivato in ritardo.
SPAZIO AUTRICE:
Ciao
a tutti ^^
Hem, si, lo so che ho pubblicato
questo capitolo in tremendo e imperdonabile ritardo
ç.ç Ma sono sommersa dagli
impegni e trovare un minuto libero –e con
l’ispirazione dalla mia parte- è
stato arduo. Fatto sta che ora il capitolo
c’è… anche se non mi convince molto.
Vabbè ringrazio come sempre i
recensori fedeli, la mia beta Fede, chi segue e chi legge
silenziosamente... siete
la mia ‘felicità di
scrittrice’ ^^
Ahhh..
e vorrei farvi notare una
piccola comparsata della nuova generazione: Hajime
Hatake! Che non è altri che il figlio di Kakashi!
Bè, detto questo vi lascio
Un beso,
Eikochan. (:
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
CAPITOLO
VIII:
Erano ormai due ore
che si rigirava nel letto senza ottenere nulla. Del resto, dopo la
dormita del
pomeriggio, era perfettamente normale che non riuscisse a prendere
sonno. Alla
fine, innervosita e arrabbiata, scalciò via le coperte e si
infilò le pantofole
prima di aprire la porta e scendere al piano di sotto.
Avanzava nel buio del corridoio -i passi attutiti dalla
suola morbida- in direzione della cucina: aveva deciso che un
thè caldo fosse
la soluzione migliore. Diede un’occhiata veloce
all’orologio appeso in
soggiorno: erano le 23.15. Si maledisse mentalmente, perché
il giorno dopo
sarebbe stato un trauma svegliarsi per la scuola.
Era quasi arrivata a destinazione quando si accorse che
dalla porta semi-chiusa della cucina filtrava una striscia gialla che
si
rifletteva sul pavimento e sulla parete di fronte: qualcuno le aveva
già rubato
il posto. Si domandò chi potesse essere e, se fino a qualche
settimana prima le
opzioni erano ben poche, ora come ora la casa era anche troppo
affollata per i
suoi gusti. Decise di entrare e porre così fine ai suoi
dubbi; spinse la porta,
che cigolando, le permise di entrare.
Rivolse un’occhiata indagatrice alla stanza e poi, infine,
scorse Sakura seduta al tavolo e con in mano una tazza fumante.
“Ciao Misaki!” la salutò lei aprendosi
in un sorriso. “Non è
un po’ tardi per essere sveglia?”
L’altra si avvicinò alla madre.
“Non riesco a prendere sonno. Colpa del riposino
pomeridiano.”
“In effetti. Ti va una tazza di tè? L’ho
appena preparato.”
“Che thè è?” Le
domandò Misaki prima di risponderle, avvicinandosi
ai fornelli.
“Thè verde.”
“Per fortuna!” sospirò.
“E’ l’unico gusto di thè che
mi
piace.”
“E’ anche il mio preferito.” le rispose
Sakura. “Almeno in
qualche aspetto ci assomigliamo, allora.”
“Già” acconsentì la mora,
versandosene una tazza e prendendo
posto di fronte alla madre.
“Del resto ne bevevo a barilate quando ero incinta di te.
Chissà, magari te l’ho trasmessa io questa
inclinazione.” concluse pensierosa
ma anche piuttosto contenta della possibilità.
“Magari.” le concesse il beneficio del dubbio
Misaki. “Dove
sono tutti?”
“Naruto è ancora a lavoro... aveva una riunione
con i
consiglieri, Sasuke è a girovagare, non so dove.”
le rispose tranquillamente
Sakura, mentre cercava di non
pensare
a lui che la abbandonava al villaggio come era accaduto molto tempo
prima. Perse
giusto un battito al ricordo, ma tornò subito calma per non
far intuire niente
alla figlia. “Hinata, invece, è già a
dormire; la gravidanza la stanca
parecchio.”
Misaki annuì in silenzio nel suo personalissimo modo di dire
alla gente ‘ho capito cosa volevi dire ma non ho niente di
meglio da
risponderti.’ Rimasero un po’ in silenzio, ognuna
persa nei propri pensieri;
poi Sakura prese di nuovo la parola, incapace di stare zitta per
più di cinque
minuti.
“Sei contenta che avrai un fratellino?”
“Tecnicamente non è mio fratello.”
osservò Misaki.
“Ma in pratica si.”
“Già. Speriamo che non sia così
esaltato come Naruto, ma
prenda un po’ della tranquillità della
mamma.” disse Misaki, senza pensare al
‘mamma’ finale che –come aveva intuito
dall’espressione afflitta di Sakura-
aveva rattristato la sua vera madre.
“Tu non piangevi quasi mai né tantomeno ti
agitavi,
nonostante i continui spostamenti e combattimenti.”
osservò Sakura. “Non sembravi
nemmeno una neonata.”
Misaki non rispose ma iniziò a raschiare, con precisione ma
allo stesso tempo distratta da altri pensieri, lo zucchero che si era
postato
sul fondo della tazza. Alla fine sputò fuori la domanda che
le aleggiava nel
cervello e le saliva alle labbra ormai da giorni.
“Perché alla fine hai deciso di rischiare tutto e
scappare
con Sasuke?” le domandò piantandole gli occhi nei
suoi. Verde contro verde.
Sakura rimase un po’ in silenzio, cercando di trovare le
parole per quel lungo discorso che si apprestava a fare.
“Vedi, Misaki, ti ho avevo già accennato del mio
lungo amore
per Sasuke, no?”
L’altra annui.
“Sono cresciuta a pane e favole per questo fin da piccola.
Sono
sempre andata alla ricerca del vero amore,
di quella persona che sarebbe sempre stata con me, che mi
avrebbe amato,
che ci sarebbe sempre stata. Inizialmente mi basavo sui canoni
estetici.. da
vera sognatrice quale ero il mio Vero Amore sarebbe dovuto essere
semplicemente
bellissimo... e iniziai a guardarmi intorno. E poi Bingo! avevo trovato il mio
Vero Amore: tratti fini, portamento elegante, muscoloso quanto bastava,
con quell’aria
da bello e impossibile, in altre parole Sasuke Uchiha.”
Sakura stava parlando come un fiume in piena e Misaki la
osservava, cercava di individuare il più piccolo gesto che
potesse
identificarla come sua madre,
scorgeva il modo in cui apriva le mani, come un’esplosione,
ogni qualvolta
voleva sottolineare un concetto; come le si apriva il sorriso sul viso
ogni
qual volta pensava a qualcosa di piacevole; come storceva,
impercettibilmente,
il naso a ripensare ai momenti più difficili. Era alla
ricerca di qualcosa, di
un movimento, un modo di esprimersi, un tic nervoso, che la
riconducesse in
maniera precisa e definita al concetto di “madre”.
Non ne trovò.
“Ero la classica bambina infatuata, convinta che i ragazzi
arrivassero su un cavallo bianco per portarti via. Peccato che,
effettivamente,
di Sasuke non sapessi un bel niente. A me bastava il bel visino per
convincermi. E poi, con una botta di fortuna sfacciata, sono finita in
team con
lui e con quell’idiota”
sorrise,
pronunciando la parola, e tolse ogni cattiveria dal termine
“di Naruto. Non
potevo crederci. Riuscivo a sentire il coro di arcangeli scesi dal
cielo. E
così ho scoperto il suo carattere: era freddo, distante,
superbo, orgoglioso, insomma
un concentrato di negatività come pochi ne avevo conosciuti;
ma in fondo ai
suoi occhi neri vedevo che c’era qualcosa
di sbagliato nel tutto, che lui non era così, che in fondo
non era quello il
suo vero carattere. E mi innamorai –oltre che del suo
aspetto- anche del suo
carattere: incondizionatamente e eternamente. E arrivò il
momento in cui
se ne andò, nonostante la mia confessione a cuore aperto.
Fui a pezzi per
tantissimo tempo.”
“Io non ce la farei.” la interruppe Misaki.
“Lo avevo intuito” le sorrise Sakura, prima di
ricominciare
il monologo. “Comunque se ne andò lasciando nello
sconforto più totale sia me
–che avevo perso l’amore della vita- che Naruto
–che, invece, aveva perso il
suo migliore amico-. Tradì il villaggio della Foglia e
scappò con Orochimaru
alla ricerca del potere, della forza per uccidere Itachi. Lo andammo a
cercare
e lo trovammo in uno dei covi del Sannin: pronunciò per
primo il mio nome
‘Sakura’ nel suo tono freddo e altero. Erano due
anni che non lo vedevamo e per
ogni giorno passato distante lui si era fatto più bello.
Penso di non aver
respirato per tutta la durata dell’incontro, me ne stavo
lì, ferma, cercando di
trattenere le lacrime e poi sparì di nuovo. Eravamo
così vicino e si è dissolto
di nuovo in una nuvola di fumo. Stavo per abbandonare tutto e lasciarmi
andare,
lasciar perdere.. arrendermi. Ma
non
potevo, sapevo che dovevo salvarlo e quindi mi sono allenata duramente
per me e
per lui. Sono diventata forte, ho studiato con Tsunade, ho fatto la mia
gavetta, ho sputato sangue, lacrime e sudore per diventare un kunoichi
degna.”
“Ma poi l’hai quasi ucciso.” le fece
notare Misaki.
“Può sembrare un ossimoro, ma ho cercato di
ucciderlo per
salvarlo. Era venuto a conoscenza della verità su Itachi
–quella che tu hai
sentito l’altro giorno- ed era impazzito dal dolore,
completamente
spersonalizzato dall’odio. Avevo deciso di ucciderlo
perché non era giusto
condannarlo a vivere una vita nell’oscurità, tanto
valeva porre fine al tutto.
Peccato che sia stato lui a quasi uccidermi. Alla fine non ce
l’avevo fatta a
colpirlo sopraffatta
com’ero dai
ricordi.”
Sakura fece un respiro, prendendo fiato, aveva la gola secca
a forza di parlare.
“Quindi per tornare alla tua domanda, dopo tutto questo
poema che ti ho decantato, ti dico che ora che Sasuke era
lì, svenuto, ma dalla
nostra parte… era tornato in sé, finalmente. Non
potevo perderlo un’altra
volta… sarebbe stato più di quanto potessi
sopportare, e lo sapevo. E quindi ho
mandato al diavolo tutto. Avevo passato più della
metà della mia vita a
corrergli dietro, a sostenerlo, a cercare di aiutarlo, a ingoiare
lacrime e
tristezza e a diventare forte. Non era forse arrivato anche il mio
turno di
essere felice? Ho deciso di fare l’egoista per una volta e
puntare alla mia
felicità, così non ci ho pensato due volte e sono
scappata con lui.
Potrà sembrare la scelta sbagliata ma per me è
stata la più
giusta, perché finalmente avevo quello che avevo sempre
desiderato e quello per
cui avevo lottato. Ero felice anche io.”
Sakura aveva finito il discorso e osservava Misaki, in
attesa di una qualunque reazione, ma la mora non si azzardava a parlare.
“Non riesci a capire le mie ragioni, eh?”
provò a ipotizzare
allora.
“In effetti no. O almeno non pienamente..”
“Sai perché non riesci a capire le mie
motivazioni?”
Misaki la guardò in attesa di una risposta.
“Perché tu sei quella che viene definita una
‘vera ninja’. Io
non ho mai avuto
l’inclinazione di una kunoichi
e ho
dovuto impararlo. Tu, al contrario di me, sei in grado di capire quali
sentimenti portare con te e quali invece, lasciar perdere.”
“In poche parole sono un’insensibile?”
“No!” si affrettò a negare Sakura,
mulinando le mani davanti
a sé “Sei capace di capire quali situazioni ti
porteranno qualcosa di buono e
quali qualcosa di male.”
Misaki non rispose –in realtà non aveva capito
pienamente cosa
intendesse dire la madre- e soprattutto non era così
convinta che quello da lei
descritto fosse un pregio.
“Ti conviene andare a dormire ora, tesoro. Altrimenti domani
non ti alzi.”
“Già. Hai ragione.” concordò
Misaki posando la tazza nel
lavello.
“Buonanotte.” la salutò Sakura.
“Notte.”
Si
stava allenando nel grande giardino di casa: non si
poteva di certo dire che i componenti del clan Hyuga fossero tipi
sobri. Tutte
le case che componevano l’area erano di uno sfarzo che dava
quasi il
voltastomaco: ville con engawa fatti dei legni più pregiati,
cancelli dal
design elaborato e giardini immensi. Anche la loro casa, posta al
limitare del
quartiere per mantenere un po’ di pace, era piuttosto
lussuosa; il pregio
migliore fra tutti era quello di avere un immenso giardino rigoglioso:
c’erano
diversi alberi di ciliegio, un laghetto in cui si gettava un piccolo
ruscello,
diverse aiuole piene di azalee e gigli ed un’area apposita
per allenarsi. Proprio
lì Misaki si stava esercitando.
Attivò lo Sharingan e iniziò a comporre i sigilli
con le
mani, per poi portarsele alla bocca e urlare “Katon Goukakyuu
no Jutsu”. Il
risultato fu piuttosto scarso: riuscì solo a sputacchiare
qualche fiammella.
Frustata e innervosita, si girò e sferrò un
poderoso calcio
contro la corteccia di un albero. S’accasciò poi
al suolo.
“Componi in modo errato il sigillo del cavallo.”
Sasuke era comparso nell’area e ora la stava guardando.
“In che senso?”
“Devi essere più chiara quando posizioni le mani e
utilizza
bene quello Sharingan, altrimenti è inutile che lo
attivi.” Sasuke si avvicinò,
continuando a guardarla.
“Allora fammi un po’ vedere.” lo
rimbeccò stizzita Misaki.
Il moro si posizionò e, senza farselo ripetere due volte, si
produsse in una palla di fuoco suprema di alto livello.
“Insegnami.” gli chiese allora seria e concentrata.
“Ok.”
Erano
ormai due ore che si stavano allenando senza sosta e
finalmente Misaki riuscì a produrre un Katon che Sasuke
considerò accettabile;
finalmente si sdraiò d’impeto sull’erba
fresca mentre le ombre del sole basso
del tramonto le illuminavano il viso. Sasuke prese posto vicino, seduto
con la
schiena contro l’albero che aveva colpito prima Misaki.
Stettero in silenzio per un bel po’, Misaki cercando di
recuperare le forze e Sasuke perso nei suoi pensieri.
Ad un certo punto la mora aprì gli occhi e rivolse il volto
verso il padre.
“Tu non sei contento di stare qua.”
L’altro la guardò, senza dire niente.
“Intendo dire a Konoha.” precisò Misaki.
“Non molto.” rispose lui, telegrafico come sempre.
“E allora perché sei tornato?”
L’altro non rispose, come al solito poco avvezzo a spiegare
i propri sentimenti.
“Immagino che tu non abbia voluto abbandonare
Sakura.”
continuò lei, notando la reticenza del padre a rispondere,
in modo da non
lasciare cadere il discorso.
L’altro rispose con un mezzo grugnito che Misaki prese per
un sì.
“Ma allora perché rimanete qua? Posso cavarmela
benissimo da
sola come ho sempre fatto in questi undici anni.”
“Cavartela da sola? Non riesci nemmeno a fare un Katon
decedente.”
Misaki gli rispose con un’occhiata inferocita alle sue,
purtroppo
veritiere, parole.
“E poi Naruto non può tirar su in maniera decente
l’unica
erede del clan Uchiha.” specificò Sasuke con noia
e superiorità, ma Misaki vide
un guizzo passare nei suoi occhi e lo decifrò perfettamente
perché era lo
stesso che passava nei suoi quando si parlava del suo imminente
‘fratellino’ e
non voleva ammettere di volergli già bene.
SPAZIO
AUTRICE:
Sii, lo so che
sono sempre in
ritardo ç.ç Ma che ci volete fare? E’
già un miracolo, per me, riuscire ad
aggiornare così presto e a continuare questa long (contate
che di solito faccio
un aggiornamento al mese °//°)
Comunque spero mi perdoniate! (:
Questo capitolo è più incentrato sul rapporto
genitoriali e non vediamo ne Aki
ne Naruto e Hinata.
Come sempre, aspetto con ansia i
vostri pareri!
Baci, Eikochan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo IX. ***
CAPITOLO
IX:
Si
riscosse dal sonno, agitata dall’incubo appena sognato, e
aprì gli occhi; il suo cervello le stampò in
mente a chiare lettere la frase
“E’ ora di andare a scuola e
fare i
conti con il tuo destino”, un po’ melodrammatico
forse, ma purtroppo veritiero.
Scese lentamente le scale, cercando di sistemarsi un ciuffo
che le ricadeva continuamente sugli occhi. In cucina trovò
la famiglia
–adottiva e non- al gran completo che bisbigliava con fare
cospiratorio. Appena
la videro si zittirono di colpo e simularono, invece, un sorriso
-troppo grande
per essere vero- iniziando a parlare in contemporanea
di stupidaggini. A Misaki era chiaro che stavano cercando di ricreare
con
scarsi risultati la solita scenetta quotidiana.
“Hai preso tutto l’occorrente?”
domandò Sakura, con tono
acuto, mentre sopra alla sua voce si sovrapponeva quella di Naruto che
le
chiedeva se sarebbe stata a casa per pranzo e in contemporanea Hinata
apriva la
bocca per dire “Misaki, siediti che ti porto un po’
di latte caldo.” In
poche parole erano riusciti a creare, in
pochi secondi, il grado di confusione che regnava al mercato popolare
del giovedì.
“No, grazie.” decise di rivolgersi
all’ultima frase che le
era stata rivolta “Non ho molta fame oggi, sono passata in
cucina solo per
dirvi che uscivo.” E, senza aggiungere altro, fece
dietrofront e uscì di casa.
“Mi sa che non siamo riusciti nel nostro
intento…” sospirò
Naruto, guardando assorto la porta da cui era appena uscita la
figlioccia.
“Direi di no.” sospirò a sua volta
Sakura.
L’unico che non aveva battuto ciglio per tutta la durata del
teatrino era stato, naturalmente,
Sasuke.
Stava camminando per le vie semi deserte di Konoha
–era un
lunedì mattina presto e la maggior parte delle persone erano
a casa a dormire-
ed era leggermente preoccupata. Non era una codarda, né
tantomeno una vigliacca,
ed odiava avere paura, ma non poteva fingere di non essere un minimo tesa. Era la prima volta che
andava a scuola dopo il discorso di Naruto e la verità sugli
Uchiha e non
sapeva cosa aspettarsi. Si voltò a osservare la sua immagine
riflessa nella vetrina
di un’alimentari: ora il ciuffo, che prima si era scostata
dagli occhi, stava
ritto in testa come un’antenna; sbuffò, cercando
di appiattirlo senza nessun
risultato. All’improvviso, come fosse reduce da un jutsu di
teletrasporto,
comparve il riflesso di Aki -la maglia sporca di cioccolato e i capelli
scompigliati-
accanto a lei.
“Sembri un barbone.” lo apostrofò, senza
girarsi.
“Sembri una matta con quei capelli.” la
rimbeccò lui.
“Un giorno mi spiegherai come fai a comparire dal nulla. E
non dire che usi un jutsu…” continuò,
anticipando il ragazzo che aveva aperto
la bocca per ribattere “perché sei troppo scemo
per un livello tecnico del
genere.”
“Senti chi parla.” sbuffò. “A
giudicare dal tuo livello di
acidità scommetto che sei tesa come prima di
un’imboscata.”
Misaki non rispose, ancora impegnata a sistemare il capello
indisciplinato.
“Non preoccuparti. Peggio di come ti trattavano
precedentemente non può andare, no?”
“Grazie, idiota. Torna nella discarica da cui sei
venuto..”
lo insultò, prima di girarsi e procedere a passo di marcia,
mollandolo lì in
mezzo alla strada.
“Hei, aspetta.” vide con la coda
dell’occhio che la stava
rincorrendo e per un attimo si stupì che un essere tanto
pigro potesse correre
a quella velocità “non prendertela.” le
disse semplicemente, una volta
raggiunta.
Per il resto del tragitto si ignorarono a vicenda; lei persa
nei suoi pensieri, lui che si trascinava e sbadigliava ad ogni battito
di
ciglia.
Cinque minuti dopo erano arrivati in prossimità della
scuola; le si bloccarono le gambe per qualche momento, ma poi la spinta
di Aki
la convinse a procedere. Sorpassò il cancello dalle sbarre
spesse e si ritrovò
nel cortile gremito di studenti, i quali si girarono a guardarla
all’unisono,
quasi come da un
direttore d’orchestra,
facendosi forza continuò la sua camminata. Sempre in quella
terrificante
maniera innaturale la folla si aprì per lasciarla passare:
sembrava che nessuno
volesse toccarla, parlarle –non si sentiva volare una mosca-
e neppure
guardarla. Nonostante tutto sentì ancora la presenza
silenziosa del Nara che,
con lo sguardo rivolto al cielo azzurro d’inverno, camminava
imperterrito
affianco a lei, e si sentì un po’ rincuorata.
La campanella che segnava la pausa di metà
mattina era
appena suonata, tutti si riversavano fuori dalle aule come impazziti;
lei,
invece, camminava fiaccamente per il corridoio alla ricerca di un posto
tranquillo in cui isolarsi. Alla fine optò per la panchina
dietro l’edificio
scolastico, al limitare del cortile, da lontano si accorse,
però, che era già
stata occupato da una zazzera bionda piuttosto famigliare.
“Aki! Possibile che tu sia sempre in mezzo?!”
L’altro aprì un occhio per guardarla.
“Fino a prova
contrario sono stato io il primo ad essere arrivato; chi primo arriva
meglio
alloggia.”
“Almeno scansati un pochino che ci sto anche io.”
Il biondo ubbidì mansueto all’ordine, prima di
tornare a
parlare.
“Allora, come sono andate la cose stamattina?”
“Non mi ha rivolto la parola nessuno.”
“Sempre meglio che essere presa di mira, no?”
Suggerì lui,
ora aprendo entrambi gi occhi e voltandosi verso di lei.
“Non saprei… ma non essere calcolata mi
dà estremamente
fastidio!” sbuffò Misaki incrociando le braccia al
petto.
“Questo è perché sei una
narcisista.” la stuzzicò.
“Smettila che non sono dell’umore giusto. Odio essere ignorata.” concluse
alla
fine mettendo su un broncio che poche volte Aki aveva visto.
Il biondo gettò un’occhiata all’orologio
e poi si alzò dalla
panchina.
“Dai, musona, alzati che altrimenti arriviamo in
ritardo.”
Misaki neanche rispose all’insulto e si limitò a
stiracchiarsi, alzandosi.
Come quella mattina, tutti la ignorarono mentre entrava nel
portone dell’edificio, tutti tranne Takumi che arrogante la
guardò negli occhi per
poi rivolgersi al ragazzino moro alla sua destra e bisbigliargli
qualcosa.
“Cosa hai detto?”
Misaki –la cui poca pazienza si era ormai del tutto
esaurita- si scagliò contro Takumi con ferocia improvvisa.
“Niente.”
“Non bisbigliare alle mie spalle, codardo!” gli
intimò
prendendolo per il bavero della giacca “se devi dire
qualcosa, dilla in
faccia.”
“Sì… così poi puoi correre
da papà e denunciarci tutti… non funziona
così, Misaki.” le scandì in faccia lui.
“E ora lasciami stare.”
Interdetta dalla rivelazione, mollò lentamente la presa,
guardandosi spaesata intorno.
Si era aspettata ogni spiegazione alla sua esclusione, tutto
tranne quello: non il passare come una debole che aveva bisogno del
aiuto del
padre Hokage per combattere le proprie battaglie, non voleva essere
considerata
una codarda che non era in grado di arrangiarsi.
Per lei era l’insulto più grave che si potesse
ricevere.
Infuriata, diede uno spintone di frustrazione a Takumi e
scomparve in fretta nell’edificio scolastico.
Una volta finita la scuola uscì a razzo e si diresse
velocemente a casa, senza nemmeno aspettare Aki.
Quel pomeriggio era seduta in salotto, sommersa dai libri e
dai compiti, e si stava facendo aiutare da Hinata con un passaggio
particolarmente difficile. Sakura dall’altro lato della
stanza era immersa
nella lettura di un tomo di Tecniche Mediche per il suo esame di
riabilitazione
come medico dell’ospedale di Konoha. Sasuke e Naruto erano in
giro -come al solito-
il primo non si sa dove, il secondo immerso nel lavoro fino al collo.
Dal piano di sopra scese con passo felpato Aki, tranquillo e
beato, come se fosse a casa propria. Hinata e Sakura si limitarono a un
breve
saluto: ormai si erano abituate; infatti, dall’episodio di
poco tempo prima, per
Aki era diventata una consuetudine entrare dalla finestra della camera
di
Misaki invece che dalla porta. Per le madri non v’era alcun
problema –in fondo
entrambi era ancora bambini-, i due uomini di casa, al contrario, erano
piuttosto scettici al riguardo.
“Ciao Aki.” lo salutò distrattamente
Misaki, concentrata
sull’esercizio che stava svolgendo.
“Sei ancora a fare compiti? Che scatole, io li ho finiti
mezz’ora fa.”
“Se sei venuto per criticare puoi anche tornartene a
casa.”
“Non ci penso nemmeno” sospirò Aki,
sedendosi sul divano
“mamma è in post-litigio con papà e ,
dato che lui ora è al lavoro, si sfoga
con me… e voglio essere ancora vivo stasera.”
L’altra non si diede pena di rispondergli.
“Aki, tesoro, vuoi restare a cena da noi stasera?”
lo
invitò, premurosa, Hinata.
“Grazie, Hinata… ti sarò per sempre
debitore, mi ha salvato
la vita.” la ringraziò sorridendo.
In quel momento entrò Naruto con stampata in volto
l’espressione più funerea del suo repertorio,
subito seguito da Sasuke.
“Tutto ok, Naruto?”
“Sì, Hinata. Non preoccuparti.” e si
aprì in un sorriso
forzato. “Però c’è una cosa
di cui vorrei parlare a te, Sasuke e Sakura..
andiamo in cucina?”
“Certo. Misaki, Aki.. potete andare in camera?”
ordinò
gentilmente Sakura.
I due, guardandosi tra loro, annuirono basiti e salirono le
scale; una volta al piano di sopra, però, Misaki non
entrò in camera, ma fece
segno a Aki di seguirla nello studio del padre: lì,
nell’angolo dietro la
scrivania c’era una piccola feritoia che dava direttamente
sulla cucina sottostante,
da cui era possibile sentire perfettamente quello che si stavano
dicendo.
“Cos’è successo, Naruto?”
chiese preoccupata Sakura, la cui
voce era inconfondibile.
“Sono appena venuto a conoscenza di una voce che gira:
un’organizzazione di mukenin sta organizzando un attentato a
Konoha per gettare
nel caos il paese del Fuoco. I motivi sono ancora ignoti.”
“Sono fonti attendibili?” chiese Hinata.
“Sembra di sì” prese parola Sasuke.
“Me l’hanno riferito due
miei ex-compagni di team: Karin e Suigetsu. Loro sono ancora nel giro
dei
mukenin e sono sicuro praticamente al cento per cento della
veridicità.”
“Sono passato solo a riferirvelo, per dirvi di tenere gli
occhi aperti. Devo tornare subito in ufficio per consultare i
consiglieri e
informare i Jounin. Non so a che ora tornerò,
Hinata.” precisò poi Naruto,
prima di rimettersi il mantello e porre fine alla discussione.
“Non ho mai visto Naruto così agitato.”
sospirò Misaki,
poggiando la schiena contro il muro.
“E anche Sasuke dimostrava una qualche emozione…
il che è
grave.” rincarò la dose Aki, sarcastico come al
solito.
Si voltarono insieme- guardandosi in volto- con la stessa
domanda stampata in fronte: “Cosa
diavolo
sta succedendo?”
ANGOLO
‘AUTRICE-IN-GINOCCHIO-IMPROLANDO-PERDONO’:
Salve a tutti! Hem… lo so, lo so, lo so:
questo è
davvero un tremendo ritardo SUMIMASEN!
ç.ç
Ma tra impegni, contest, corsi
vari ero sempre con l’acqua alla gola, poi
l’ispirazione come sempre è bastarda
e non mi aiuta! In ogni caso: eccomi tornata! ‘Che
culo’, direte voi XD
Anyway… come vi è sembrato
questo ritorno di Misaki, Aki e compagnia bella? Come
sempre fatemelo sapere in una recensione,
mi raccomando… non punitemi per il mio spregevole ritardo
lasciandomi senza
recensione (anche se me lo meriterei ç.ç) .. nei
prossimi capitoli verrà anche
un po’ di azione e suspance
muahaha!
Cosa succederà mai ai nostri due eroi?! Lo scoprirete nel
prossimo capitolo!
Per concludere, se volete leggere
cosa mi ha impegnato e impedito di
scrivere questo nono capitolo.. ecco a voi il colpevole: Revenge&Guns
(una TsunadexOrochimaru che avevo scritto per un Contest)
Bè, aspetto con ansia i vostri
responsi e al prossimo capitolo.
baci, Eikochan.
PS:
Grazie alla mia carissima
beta Fede che mi ha riaccettato
dopo
tutto questo tempo e che corregge i miei strafalcioni sul significato
dei sette peccati capitaliXD! <3
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=907611
|