Secrets at the White House di TrustInBieber (/viewuser.php?uid=196331)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Sette ***
Capitolo 3: *** Emily mento perfetto ***
Capitolo 4: *** Matty ***
Capitolo 5: *** Ouija ***
Capitolo 6: *** Nonna ***
Capitolo 7: *** Caraibi ***
Capitolo 8: *** Cena ***
Capitolo 9: *** Parigi ***
Capitolo 1 *** Capitolo uno ***
Capitolo
uno.
Mi
precipito nella sala riunioni di mio padre e mi sbatto la porta alle
spalle. “Cosa diamine significa che avrò un'altra
guardia del
corpo? Non la voglio!”
Dieci uomini, compreso mio padre, alzano
lo sguardo dai loro fogli e mi guardano incuriositi. “Andrea,
ti
dispiace uscire? Stiamo discutendo una cosa molto
importante.” Dice
tranquillamente mio papà, tornando a parlare ai suoi
colleghi. “Come
abbiamo già deciso-”
“Non voglio un'altra guardia del corpo!
Ne ho quattro, bastano e avanzano! Lo capirei se uscissi dalla mia
stanza ma sto sempre su Tumblr, cosa vuoi che mi succeda?”
Continio, ignorando le occhiate severe degli uomini.
“Dateci un
momento.” Mio padre si alza e mi prende per un braccio,
tirandomi
fuori dalla sala. “Andrea, è davvero
irrispettoso.”
“Sei tu
il Presidente, sono sicura che aspetteranno. Non voglio una guardia
del corpo, non mi serve e sarebbe uno spreco di soldi. Siamo in
crisi, no? Non spendere soldi inutili.”
“I soldi spesi per la
tua sicurezza non sono inutili, Andrea. Sei mia figlia, voglio essere
tranquillo mentre io e tua madre siamo fuori dal Paese.”
Ribatte
lui, incrociando le braccia.
“Starete fuori dal Paese per due
settimane! Non per due mesi, papà. Starò
benissimo anche senza
ulteriori guardie, sai?” Faccio il broncio come una bambina
piccola
che non ottiene quello che vuole.
“No. Questa discussione non ha
senso, avrai un'altra guardia del corpo che ti piaccia o no.”
Conferma prima di riaprire la porta della sala riunioni.
“Mi
butterò giù dalla finestra!” Strillo.
Sospira e la richiude,
voltandosi verso di me. “Addirittura? Sei davvero
così infelice da
buttarti fuori dalla finestra?”
“Sarei più felice senza
quattro omoni in giacca e cravatta che mi seguono perfino in bagno!
Ti rendi conto che per controllare che il cibo non sia avvelenato, mi
hanno mangiato tutto il panino a pranzo? Morirò prima di
fame con
loro che per un attacco di un qualsiasi maniaco!”
“Come siamo
tragiche, Andrea. Avrai un'altra guardia del corpo, come ho
già
detto. Ti piacerà anche, ha 22 anni ed è... Come
dite voi
ragazze?”
“Figo?”
Fa una smorfia di disapprovazione.
“Non volevo saperlo. Comunque, sì. Ed è
dietro di te in questo
momento.”
Mi volto all'istante e vedo un ragazzo biondo, alto,
in jeans, maglietta bianca e giacca di pelle attraversare il
corridoio con due guardie dietro di lui.
Porca miseria. “Sai,
papà...” Dico, girandomi verso di lui ancora,
vedendolo
ridacchiare. “Forse non è una cattiva
idea.”
“Lo sapevo.
Justin, è un piacere vederti. Come è stato il
viaggio?” Dice
prima di stringere la mano del ragazzo.
“Lungo. Vorrei solo
farmi una doccia e sistemarmi.” Risponde questo prima di
spostare
lo sguardo su di me, esaminandomi dalla testa ai piedi. “Tu
sei
Andrea?”
“Sì, ma posso essere chiunque tu
voglia.” Gli
faccio l'occhiolino e lui ride, mentre mio padre mi da una leggera
sberla sul braccio.
“Comportarti bene, Andrea. Devo tornare in
riunione, perciò mostragli la sua stanza.” Mi dice
papà.
“Non
so neanche qual è. Comunque può dormire con me, a
me non dispiace.
Ho un armadio grande, basterà per le sue cose. Il letto
è grande,
pure.” Alzo lo sguardo su mio padre e lui mi lancia
un'occhiata di
avvertimento.
“Ha la camera accanto alla tua. Forza, muovi il
culo e vedi di farlo sentire a suo agio.” Apro la bocca per
parlare
ma mi interrompe. “E non in quel senso! Grazie di essere
venuto con
così poco preavviso, Justin. Sono sicuro che ti troverai
bene qui.”
Dice mio padre prima di entrare nella sala riunioni e chiudersi la
porta alle spalle.
Guardo Justin e lui guarda me. “Allora...”
Inizia.
“Allora...” Continuo.
Sorride. “La stanza,
Andrea.”
“Oh, giusto. La stanza. Allora, hai 22 anni? Non sei
troppo giovane per rischiare la tua vita per me? Non che non mi
faccia piacere, sai? Ero così emozionata all'idea di avere
un'altra
guardia del corpo.” Dico mentre mi incammino per il corridoio
con
lui al seguito.
“Sì, ho sentito.” Ridacchia piano e
afferra
le sue due valigie quando raggiungiamo il salone.
“Sì, beh,
quello è irrelevante. Sai, sono nella fase ribelle della mia
adolescenza.” Faccio spallucce e qualche minuto dopo
raggiungiamo
il terzo piano. “Allora, la tua stanza è questa
qui. Almeno spero.
Puoi sistemarti, fare quello che ti pare. Tanto non esco mai da qui
senza scorta, sono sicura che ci sentirai. La sveglia suona alle 9 di
mattina, il pranzo è a mezzogiorno in punto e la cena
è alle 8. Non
ti consiglio di fare tardi, mia madre è pignola su questo.
Comunque,
divertiti. Io sono qua accanto.” Gli indico la porta della
mia
camera prima di entrarci e chiudermi dentro.
Porca miseria! Porca
miseria. Vorrei tenermelo per sempre, non solo per due settimane.
Faccio un respiro profondo e mi getto sul letto, afferrando il
telefono e componendo il numero di Stacy, la mia migliore
amica.
“Ehi, ti hanno di nuovo segregata nella tua
camera?”
Ride appena risponde.
“No! Ascolta, non ci crederai mai. Devi
venire qui adesso.” Sparo mentre mi alzo e esco sul balcone,
allungandomi per sbirciare nella stanza di Justin. Dannate
tende.
“Adesso? Non posso, sto facendo la manicure-”
“Stacy.
Ragazzo. 22 anni. Biondo. Nuova guardia del corpo. Figo. Alto.
Assomiglia un po' a James Dean-”
“Sto arrivando.” Riaggancia
e io ridacchio, lanciando il telefono sul letto e aprendo le ante
dell'armadio. Allora, cosa potrei mettermi per pranzo? Voglio essere
carina.
Mezz'ora dopo Stacy piomba nella mia stanza con il
fiatone. “Dov'è? Dov'è?” Si
guarda intorno.
“Ovviamente
non nella mia camera. Dai, vieni. Però non urlare. Ho
già fatto la
mia dose di figure di merda con lui.” Sussurro mentre la
spingo
fuori dalla mia stanza e verso quella di Justin. “Cosa gli
dico?”
“E che ne so, Andrea. É la tua guardia del corpo.
Inventati qualcosa.” Fa spallucce e io mi lecco le labbra.
“Okay,
gli dirò che c'è un ragno. Tu tienimi il
gioco.” Annuisce e io
busso alla porta di Justin, aspettando che apri.
Me lo ritrovo
davanti senza maglietta con i boxer che spuntano da sotto i jeans.
Stacy a momento sviene. “Dimmi.”
Lo fisso per un po' e alzo lo
sguardo solo per incontrare quello divertito di lui.
“C'è un
pettorale sul mio soffitto.”
“Un ragno!” Mi suggerisce
Stacy.
“Un ragno! Un ragno sul mio soffitto. Potrebbe...”
Lo
guardo di nuovo. “Attaccarmi.”
“Non sia mai che un ragno ti
attacchi, Andrea. Dov'è?” Chiede prima di seguirci
nella mia
stanza.
Stacy mi
fa l'occhiolino e si siede nella poltrona, incrociando le gambe e
ammirando il sedere di Justin. “Niente male.” Mi
sussurra
poi.
Faccio spallucce. “Eccol- Oh, mannaggia. Penso che sia
andato via. Beh, meglio così. Non vorrei mai che attaccasse
anche
te, Justin. Penso sia tutto. Grazie.”
“Figurati. La prossima
volta inventati una scusa migliore per mostrarmi alla tua
amica.”
Lancia una rapida occhiata a Stacy. “Divertitevi.”
Dice prima di
uscire e chiudere la porta.
“Davvero niente male!” Riconferma
Stacy e io rido.
Non solo
è sexy, ma mangia anche in modo sexy. Ho dimenticato come si
fa a
infilare la forchetta in bocca ma qualcos'altro me lo infilerei di
sicuro.
“Allora, Justin. Da dove vieni?” Chiede mia madre
mentre si taglia un'altra fetta di pane.
“Canada.” Risponde
lui tranquillamente. Beato lui che è tranquillo.
“Canada? Ci
sono stata per un paio d'anni quando studiavo
all'università. Da che
zona?”
“Stratford. É vicino a Toronto, giù in
basso.”
Informa Justin prima di mettersi in bocca un altro pezzo di
pollo.
“Sono stato a Toronto molte volte. É davvero una
bella
città. Andrea ha sempre detto di volerci andare.”
Si intromette
mio padre e mi lancia un'occhiata. “Non ti piace il pollo,
Andrea?”
“Sì. Mi piace. Non ho molta fame.”
Faccio
spallucce e continuo a fare casino con i vari pezzettini sparsi sul
piatto.
“Gradisci qualcos'altro?” Chiede, e io scuoto la
testa. “Allora mangia quello. E non andare da Maria a
chiederle un
panino alle 3 di mattina, chiaro?” Annuisco e lui torna a
mangiare.
“Non abbiamo mai avuto una guardia del corpo così
giovane. Di solito scegliamo gente che abbia almeno 30 anni, ma
questa volta Andrea rimarrà qui da sola e penso che un
ragazzo della
sua età faccia più compagnia.” Continua
mia mamma.
“Mamma,
ho 16 anni. Lui ne ha 22. Non penso che si possa considerare della
mia età.” Borbotto piano, infilando un pezzo di
pollo in bocca.
Justin
mastica lentamente e in silenzio, ascoltando attentamente i vari
battibecchi tra i miei genitori.
“Bene. Ho finito.” Annuncio.
“Posso alzarmi da tavola?”
“Certo. Anche Justin ha finito,
perché non gli fai vedere in giro? Potrà
ambientarsi meglio in
casa. Fagli vedere il cinema.” Dice mio padre.
“Abbiamo un cinema
privato tutto per noi e i film appena usciti che non sono ancora in
programmazione. Ti piacerà.”
“Come vuole.” Justin si
stringe nelle spalle e si alza da tavola. “Fammi
strada.”
Vuole
solo guardarmi il culo! Poso la forchetta e mi alzo, uscendo dalla
sala da pranzo con lui dietro. “Allora... Che tipi di film
guardi?”
“Tutti i tipi. Azione, più che altro.”
Risponde,
camminando al mio fianco con le mani in tasca.
“Se avessi detto
horror avremmo più argomenti di cui parlare.” Dico
infine,
facendolo ridere.
“Qual è il tuo preferito?”
“Di
che?”
“Di horror.”
“Ah. Mi piacciono 1408,
Shining è
carino,
Psycho, The Orphanage. I
tuoi?”
Fa spallucce. “Un
po' di tutto. Non ho un preferito per ora. Shining
è
noioso.”
“Davvero? Anche io! Mi hanno detto tutti che è il
miglior film horror di sempre ma non ci ho capito niente. Poi l'ho
riguardato un'altra trentina di volte e ci sono arrivata.”
“Sei
arrivata a cosa?” Mi guarda incuriosito.
“Che fa schifo sul
serio.” Ride. “Siamo arrivati.”
“Prima le donne.” Mi fa
cenno di entrare e io apro la porta. Mi vuole guardare il culo di
nuovo! “Com'è vivere alla Casa Bianca?”
“Lo vedrai da te.
Noioso, oppressivo, soffocante. Per non parlare della sveglia alle 9
di mattina e degli orari fissati per ogni pasto. O delle guardie che
camminano da una parte all'altra ogni momento.” Sospiro e
accendo
la luce nella sala. “Ma ci sono abituata, ormai.”
“Non
riuscirei a vivere in una casa piena di gente a ogni ora del giorno e
della notte.” Dice lui.
“Allora come mai sei qui?” Gli
lancio un'occhiata stranita prima di sedermi su una poltrona di pelle
e sprofondarci dentro.
Justin mi imita. “Perchè non sapevo che
altro fare.”
“Beh, mi sembra che la scelta più stupida l'hai
fatta.”
Ride. “Per ora non è così male. A parte
i ragni.”
Sghignazza sottovoce e gli do un colpo al braccio.
“Non era una
scusa per farti conoscere Stacy. C'era davvero un ragno in camera
mia.”
“Ah, sì? E dove è andato nei trenta
secondi durante i
quali mi fissavi?” Mi guarda di nuovo.
Alzo gli occhi al cielo.
“Non ti stavo fissando. É solo che hai molti
tatuaggi per uno di
22 anni. Non ci sono abituata.”
“Non sei abituata ai tatuaggi
o ad avere un ragazzo senza maglietta davanti a te?”
“Entrambi.”
Mugugno e lo sento ridacchiare di nuovo.
Chicas,
chicas.
Nuova storia.
Di nuovo.
Non c'è molto da dire sul
primo capitolo,
penso di
aver spiegato praticamente tutto.
Lei è la figlia del presidente
degli Stati Uniti,
lui è
la sua nuova guardia del corpo,
estremamente
dkuhsifdh.
Per ora è tutto.
Fatemi sapere se vi piace. :)
Sciao,
bellesse.
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Capitolo 2 *** Sette ***
Capitolo due.
So
che non dovrei dirlo. Non è professionale. Non è
etico. Non è salutare come l'Activia.
Ma non posso farne a meno. Non posso tenermi tutta questa gioia nel
cuore senza riversarla sul mondo intero.
E poi Justin è terribilmente bello mentre sguazza come un
cagnolino nella mia piscina. Braccia, gambe, braccia, gambe, braccia-
“Andrea?”
“E gambe.” Sospiro con fare sognante mentre
continuo ad asciugarmi il naso. Tanto è troppo grosso,
magari a forza di strofinarlo si riduce un po'.
“Andrea?”
“E braccia, e gambe. E guarda che muscoli. Oh, ora sta
scuotendo la testa. Guarda le gocce d'acqua che cadono dai suoi capelli
come le lacrime dai miei occhi.” Continuo
Mio padre mi da una sberla sul collo e scatto a sedere.
“Smettila di fissarlo. Sei troppo piccola per lui.”
“Non lo stavo fissando!” Ribatto indignata. Ma come
può anche solo pensarlo?
“Ah, sì? E chi ha tutti quei muscoli e le gocce
d'acqua come le tue lacrime? Potresti scrivere poesie, tanto a
Matematica fai schifo.”
Signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti d'America.
“Beh, che vuoi?” Borbotto prima di lanciare
l'asciugamano sulla sdraio.
“Io e tua madre stiamo partendo, sono venuto a salutarti ma
penso di aver interrotto un intimo momento tra te e Justin nella tua
testa.” Ride.
Gli lancio un'occhiataccia. “Divertiti,
papà.”
“Non mi chiamare papà.” Sbuffa.
“E come dovrei
chiamarti?” Lo guardo interrogativa.
“Beh, signore. O Presidente. O semplicemente George. Non
voglio che in giro si sappia che sono così
vecchio.”
Massì, in fondo siamo solo su tutti i giornali e io sono
chiamata sua figlia, ma penso abbia senso.
“Papà-”
“Che cosa ti ho detto?”
Alzo le mani in segno di resa. “Va bene, signore.
Divertitevi, fate buon viaggio, non mi chiamate ogni minuto. Ora
vattene, non voglio che Justin pensi che ho solo te per
amico.” Lo mando via con una mano mentre fisso Justin che
esce dalla piscina e afferra il suo asciugamano.
“Capirai. Justin, prenditi cura di mia figlia mentre sono
via, va bene?”
“É quello che intendo fare.” Replice
Justin con la faccia nascosta dall'asciugamano. “Stia
tranquillo.”
“Bene. Allora vado. Ciao, tesoro. Comportati bene.”
Mi bacia la testa prima di allontanarsi e rientrare in casa.
Justin si sdraia sul lettino accanto al mio e sospira. “Ho
già detto quanto amo questa casa?”
Mhm. Preferirei che mi dicessi quanto ami me. “Un paio di
volte da quando siamo qui.” Cioè mezz'ora.
“Come intendi prenderti cura di me? Io avrei qualche
idea.” Gli faccio l'occhiolino e lui ride.
“Andrea, sei una bella ragazza ma hai 16 anni. Io 22. Non
è appropriato, hai l'età di mia
sorella.”
Che palle. “Beh, ma se mi trucco un po' sembra che ne ho 18.
18 ti va bene?”
“18 è meglio di 16.” Si stringe nelle
spalle.
“Okay, allora vado a truccarmi. Tu stai qui, eh. Non ti
allontanare.” Dico mentre mi alzo e afferro il pareo.
“Tranquilla. Neanche un attentato alla tua vita mi
smuoverà da qui.” Ribatte tranquillamente,
chiudendo gli occhi.
“Sai, potrei dirlo a mio padre. Ma se ti metti con me, ti
lascio in vita. Che ne dici?”
“Non dovevi andare a truccarti?” Ride e io faccio
spallucce, entrando in casa e correndo al piano di sopra.
Ora devo solo comportarmi da adulta, il trucco nasconderà il
resto.
Sua sorella ha 16 anni? Caspita, sua mamma si è data da
fare, vedo.
“Justin, ti piace
Matematica?” Chiedo, crollando sul divano e lasciando cadere
il libro sulle ginocchia.
“No.” Dice mentre sgranocchia una pannocchia. Ho
fatto rima.
“Neanche a me. Infatti l'unico numero del quale mi importa
è il tuo.” Sorrido da un orecchio all'altro e lui
ride.
“Carina.” Mette la pannocchia sul piatto e lo
spinge via. “Ne conosco una migliore.”
“Dai, spara. Però dopo mi aiuti perchè
non ci capisco niente qui.” Dico prima di gettare il libro
sul tavolino e mettere una gamba sotto il sedere.
“Sono come il Pi Greco: lungo e vado avanti
all'infinito.”
“Dobbiamo fare la prova del 9. In camera mia.”
Mi spinge via mentre ride e il suo telefono squilla. “Devo
rispondere.” Si alza ed esce dalla sala, mentre io mi
accascio sul divano.
Dannazione. Il trucco non ha funzionato. Forse avrei dovuto mentire
sulla mia età. O semplicemente assicurarmi che non legga mai
i giornali dove c'è una qualsiasi mia descrizione.
Cosa posso fare? E se mi vestissi da crocerossina? Potrei legarlo al
letto durante la notte. Non potrebbe fare niente.
Mi ha morso una zanzara.
Sospiro mentre mi gratto la mano. E se facessi finta di essere in
pericolo? Potrei chiedere a uno dei miei amici di rapirmi nel bel mezzo
della notte e urlerei come una pazza per svegliarlo.
Ma forse è meglio di no. Accorrerebbe tutta la squadra di
poliziotti, FBI, CIA, guardie del corpo e anche l'esercito Americano.
Come fanno le ragazze a piacere ai ragazzi? Dovrò chiedere
un consiglio a Stacy.
Sto ancora contemplando il mio piano quando Justin ritorna mentre
scrive qualcosa sull'iPhone.
“Chi era?”
Chiedo velocemente.
“Sicura di volerlo sapere?” Mi sorride prima di
infilarsi il telefono in tasca.
“Mhm, sì.” Sua madre. Fai che sia sua
madre.
“La mia ragazza.”
E vaffanculo!
“Oh. Una ragazza. Va bene. Beh, vado a finire i compiti. Ne
ho una marea, figurati.” Mi alzo dal divano e afferro il
libro.
“Andrea-”
“Scusa, devo andare.” Gli sorrido velocemente prima
di tornarmene in camera mia e chiudere la porta alle mie spalle.
Ho appena fatto una figura di merda davanti a un ragazzo di 22 anni che
ha pure una fidanzata.
Anche se quello stronzo avrebbe potuto dirmelo prima che mi facessi in
quattro per piacerli.
Ma poi che me ne frega? Ha 22 anni, probabilmente in un mese non lo
vedrò neanche più.
Speriamo si dimentichi la sua faccia sul comodino.
Qualcuno bussa alla porta e mi infilo velocemente le cuffie dell'iPod
nelle orecchie, continuando a leggere le varie regole e formule.
Figurati, per fare 4 più 4 devo ancora usare la
calcolatrice. Come potrò mai imparare polinomi, monomi e
tutto il resto?
Justin entra nella stanza e io alzo lo sguardo, tirando fuori una
cuffia. “Possiamo parlare un attimo?”
“Devo studiare.” Dico, stringendomi nelle spalle.
“Mio padre è severo quando si tratta di scuola.
Magari dopo.”
“Posso aiutarti se vuoi.”
Ecco, lo sapevo. Ora sta cercando di fare il carino per farmi sentire
meno scema. Non funziona.
“No, davvero. Faccio da sola, se no non imparo. Chiudi la
porta quando esci, okay?” Mi rimetto la cuffia nell'orecchio
e torno a studiare.
Senza aggiungere altro esce dalla mia stanza, e io sospiro.
Okay, cambio di direzione. Da adesso in po farò finta che
Justin sia una felce. Una ricca, rigogliosa felce.
Una ricca, rigogliosa felce con una fidanzata.
Mi lascio cadere sul letto e metto il libro sulla faccia, probabilmente
cacciando il più lungo lamento della mia piccola, corta
esistenza.
Se avessi 20 anni non starei a letto con il libro di Matematica sulla
faccia ma starei in camera a fare sesso violento con Justin.
O con chiunque altro, a sto punto.
Beata generazione del 2016 con la moralità del Medioevo.
Sto
tranquillamente cercando di non pensare a Justin quando questo decide
di manifestarsi al mio cospetto con la sua faccia troppo bella per
essere presa a pugni.
“Stai cercando di evitarmi o stai cercando di
evitarmi?” Chiede, sedendosi accanto a me sotto il salice
piangente in giardino.
“Sto cercando di prendere un po' d'ombra. Sono troppo
abbronzata.” Indico le mie braccia bianche e lui ride.
“Senti, per prima-”
Alzo una mano. “Non hai bisogno di dare spiegazioni. Insomma,
io mica ero seria, Justin. Dai, andiamo. Quale ragazza di 16 anni
sarebbe così esplicita?”
“Avrei comunque dovuto dirtelo.”
Beh, sì. Non è stato carino da parte tua
illudermi così. Pensavo davvero che ci saremmo sposati un
giorno.
Ovviamente non glielo dico e rimango in silenzio con gli occhi chiusi
ad ascoltare i vari uccelli che cinguettano in cielo.
Poi decido di diventare masochista, tanto per sfuggire alla monotonia
dei miei giorni.
“Dai, parlami di lei. Com'è? Carina?”
Gli lancio un'occhiata e me ne pento subito appena lo vedo sorridere.
“É bellissima.” E ti pareva.
“Ha i capelli rossi, raggiungono più o meno i
gomiti. In estate si schiariscono e diventano più ramati.
Occhi verdi, come tutte le rosse.”
Mhm, che palle. “Come si chiama?”
“Emily.”
Psh. Che nome di merda. Molto originale, mi dicono.
Ciao, sono Eeemily, ho un ragazzo beeello che ama meee e solo
meee.
Me la immagino
già con quei bei capelli con quelle belle mani, quelle belle
dita, quelle belle unghie, quelle belle braccia, quei bei gomiti, quei
bei nervi, quelle belle arterie, quei bei polmoni, quelle belle
cellule, quei bei glubuli bianchi così alla moda, quel bel
sangue.
“Quanti anni ha?” Se mi dice che ne ha 17, lo mando
fuori a calci in culo. Giuro. Lo
giuro.
“Venti. Anzi, compie
vent'anni tra un mese.”
Ne parla come se Emily dovesse vincere un Oscar per averselo
accaparrato prima di tutte le altre ragazze.
Oh, vi ringrazio, vi ringrazio! Sono così fortunata
ad avere Justin che loda le mie doppie punte! Vorrei dedicare questo
Oscar al mio anno di nascita, che mi ha permesso di pigliarmi Justin
senza alcuno sforzo!
E Justin le massaggerà le mani perchè la
poveretta ha dovuto tenere tutta da sola una statuina di 50 grammi.
Capirai. Io compio 17 anni tra un anno, cosa vuoi che sia? Tra quattro
anni anche io avrò vent'anni, non è mica una
rarità.
Almeno io sono la figlia del Presidente. Lei chi è? La sua
ragazza, ecco chi è. Dannazione.
“E da quanto state
insieme?”
“Da sette anni.”
Che
cosa?!
Sette anni fa ero a mala pena
nata e questo già si scopava un'altra!
No, questo è troppo.
Sette anni sono una vita. Sette è il numero perfetto. Sette
sono i peccati capitali, sette sono le meraviglie del mondo (otto, se
contiamo la bellissima fronte di Emily), sette è il numero
primo euclideo, sette è il numero felice, sette è
il numero fortunato, sette sono i nani di Biancaneve, sette sono le ossa del tarso nel
piede umano, sette sono le mucche di Apollo.
Sette sono gli stramaledetti anni che stanno insieme.
Preferisco studiare Matematica che almeno lì si va avanti e
la situazione si complica.
Sette è troppo perfetto.
“Beh, complimenti. Ora torno a studiare che ho tipo sette
capitoli da imparare a memoria, eh. Bene. Divertiti.” Gli do
una leggera pacca sulla spalla e mi alzo da terra.
“Andrea-”
“Sono le 7: alla Casa Bianca dalle 7 in poi si sta in
silenzio.” Gli lancio un sorriso prima di rientrare.
Che. Due. Palle.
LO SO CHE NON HO AGGIORNATO.
Ero in Grecia.
Poi non ho mai avuto tempo.
Ma ecco il secondo capitolo: yooooo.
Spero vi piaccia, almeno un pochino- ino.
Sayonara, bellesse. :)
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Capitolo 3 *** Emily mento perfetto ***
Capitolo
3.
“Devi
togliertelo dalla testa. Mi senti? Lui non esiste. É solo la
tua
guardia del corpo, e ha sei anni più di te. E in
più ha anche una
bellissima, stupendissima, intelligentissima, rossissima ragazza. Hai
capito? Toglitelo dalla testa.” Mi ripete Stacy mentre
mangiamo il
gelato nella cucina della Casa Bianca.
“Sì. Per me lui non
esiste. Mi fa schifo, non mi piace. La sua faccia è troppo
rosa e i
suoi capelli sono troppo morbidi. E le sue spalle sono troppo larghe
e ha troppi muscoli. Non mi piace. A me piacciono tutti
molli.”
Annuisco con vigore, impugnando il cucchiaio per mettere più
enfasi
sulle mie parole.
“Esatto. Lui non ci piace.” Conferma
lei.
Justin entra in cucina, spettinandosi i capelli con una mano.
“Giorno.”
“Buongiorno.” Sorrido come una scema e Stacy mi
da una cucchiaiata sulla testa. “Ahia! Ma che ti ho
fatto?”
“Lui
non ci piace.”
Ribadisce
nuovamente, lanciandomi un'occhiataccia e guardando Justin.
“Beh,
anche se il culo ce l'ha bello eccome.”
Ecco. “Dormito bene?”
Chiede Justin dopo aver preso una bottiglia d'acqua dal frigo.
“Hmm.
Sì, bene. Tu?” Infilo il cucchiaio nel gelato e me
lo ficco in
bocca.
“Diciamo di sì.” Ride e si siede con
noi. “Programmi
per oggi?”
“Oh, sai...” Stacy fa spallucce.
“Pensavamo di
uscire. Andare al cinema o qualcosa del genere. Vero, Andrea?”
No.
“Sicuro. Sai, shopping, parrucchieri. Cose da ragazze. Hai
capito?
Assorbenti e tamponi. E scarpe. Capito? Capelli, trucchi. Mascara.
Capito, no?”
“Me lo ripeteresti ancora una volta? Non ho
afferrato bene.” Sorride lui e mi abbasso lentamente nella
mia
sedia, continuando a mangiare.
“Vieni con noi?” Chiede Stacy,
e io mi abbasso ulteriormente.
“Beh, è il mio lavoro
assicurarmi che Andrea non venga ammazzata o rapita.” Justin
si
stringe nelle spalle e mette giù la bottiglia.
“Credimi, Andrea
è capace di ammazzarsi da sola. L'anno scorso è
inciampata in un
rametto e si è rotta una gamba. Oh, e non parliamo di come
alla sua
festa di compleanno per i 14 anni si è catapultata in
piscina dopo
aver preso fuoco dalle candeline della torta. E di quando Johnny
Mason-”
“Penso abbia capito!” Strillo, rimettendomi a
sedere
composta. Johnny Mason. Non si parla di Johnny Mason e di come mi ha
vista fare una capriola quando ho quasi rotto l'osso del collo. E la
spina dorsale. E anche il pavimento.
“Bene! Io vado in bagno un
attimo, devo sistemare...” Lancia un'occhiata a Justin.
“Uh,
qualcosa.” Si alza ed esce dalla cucina, mentre io torno al
mio
gelato quasi sciolto. Che imbarazzo.
Rimango in silenzio e penso
vigorosamente alla felce. Ricca, rigogliosa felce con una ragazza
altrettanto ricca e rigogliosa.
“Da quanto la conosci?” Mi
chiede infine, e io alzo lo sguardo.
“Stacy?” Annuisce. Oh,
mamma. “Da quando sono nata. Mio padre e sua madre erano
amici al
college e così via.”
Annuisce di nuovo. “Si è adattata alla
tua nuova vita?”
“Oh, lei la adora. Sai, le guardie del corpo,
la sicurezza, i paparazzi. Le piace essere al centro
dell'attenzione.”
“A te no?”
“Io sto meglio al fianco.”
Ride.
Stacy
torna in cucina qualche minuto dopo. “Senti, ma chi
è quella
guardia del corpo così carina che mi ascoltava
pisciare?”
Oddio.
“Jordan?”
“Non lo so. Alto, un po' strano. Porta gli
occhiali neri e parla sottovoce con una radio.” Si stringe
nelle
spalle e lancia un'occhiata alla bottiglia d'acqua di Justin.
“Ti
dispiace'” Lui scuote la testa, così Stacy la
afferra e ne beve
tre litri.
“Jordan. Eri al secondo o al terzo piano?”
“Al
secondo.”
“No, allora quello è Toby. Però
è sposato da tipo
11 anni e ha due figlie. Non so se ne vale la pena visto che hanno la
tua età.”
“Vabbè, ma che vuol dire? Le ragazze amish
partoriscono a sedici anni e si prendono cura dei bambini per tutto
il resto della vita. Dovrei convertirmi.” Ribatte lei.
“Non
penso che ci si possa convertire a quello, sai? E poi non hai detto
che ti piace Danny? Sai, quel tipo carino con gli occhi verdi che
è
in classe di Scienze con te?”
Ci pensa un po' su. “Ah, quello!
Sì, no, è andata. Non se ne fa niente.”
“Ma se te ne sei
innamorata due giorni fa.” Le lancio un'occhiata confusa.
Stacy
si alza e mi fa segno di tacere con la mano. “Sai, gli amori
ai
giorni nostri. Vanno e vengono in una notte. Adesso mi piace
Jordan.”
“Jordan ha 48 anni.” Le ricordo.
“Non mi
interessa. Li porta bene. Non gliene davo più di
17.” Ride ed esce
dalla cucina, mentre io e Justin rimaniamo in silenzio per riflettere
bene sulle sue parole.
“E io che pensavo fosse illegale.” Dice
infine, facendomi ridere.
“Questo vuol dire che stare con me per
te non sarebbe illegale. Ma sai com'è, a Emily iridi verdi
non
piacerebbe questo accordo.” Faccio spallucce e salto
giù dalla
sedia.
“Emily iridi verdi?”
“Sì. Non ha gli occhi
verdi?”
“Sì, ma-”
“Perfetto. Allora è Emily iridi
verdi. Andiamo, non voglio uscire quando si muore di caldo.”
Dico
prima di uscire dalla cucina.
Il
telefono di Justin squilla quando usciamo dal bar dopo che Stacy
è
finalmente riuscita a comprarsi il suo milkshake.
“É
incredibile che mi facciano fare la coda! Sono con la figlia del
Presidente, cosa c'è di più urgente che servire
la migliore amica
della figlia del Presidente?” Continua a borbottare con la
cannuccia in bocca.
Lancio un'occhiata al telefono di Justin e
riesco solo a leggere Emi
prima che lui rifiuti la chiamata e si metta il telefono nella tasca
della giacca.
“Perchè
non hai risposto?” Gli chiedo, mettendomi di nuovo gli
occhiali da
sole.
“Sto praticamente lavorando.” Si stringe nelle
spalle.
“É un po' appiccicosa.”
“Ma guarda. Emily mento perfetto ha
un difetto? Chi l'avrebbe mai detto.” Bofonchio. Ho fatto
rima di
nuovo. Mio padre ha ragione: dovrei iniziare a scrivere poesie. Ma
poi avrei paura di diventare come Taylor Swift e scrivere poesie solo
su quanto odio Emily come lei scrive di quanto odia i suoi ex.
“Mento
perfetto?” Mi lancia un'occhiata divertita.
“Sì. Sai, capelli
perfetti, occhi perfetti, denti perfetti, caviglie perfette. Non
c'è
ragione perché anche il suo mento non sia
perfetto.” Sembro una
vipera da come parlo, ma non importa.
“Andrea-”
Lo
interrompo di nuovo. “Scusa, scherzavo. Okay, cosa
c'è?” Mi
fermo davanti al cinema e guardo i cartelloni appesi nella speranza
di trovare un film che mi piace. “Uh, c'è qualcosa
con Leonardo
DiCaprio. Voglio vedere quello.”
“Sai almeno di che parla?”
Chiede Stacy.
“Non mi interessa, io fisserò Leonardo come
faccio sempre nei suoi film. Dai, andiamo.” La prendo per
mano e me
la trascino dietro, mentre Justin ci segue.
“Sembri una madre
iperprotettiva, Andrea. Vedi di darti una regolata, non state neanche
insieme e parli come se ti avesse tradita.” Mi sussurra
mentre ci
avviciniamo alla cassa per prendere i biglietti.
“Beh, non mi ha
mai detto che ha una ragazza! E io mi sono comportata come una
cogliona mentre lui se la rideva.” Dico offesa.
Stacy alza gli
occhi al cielo. “Non aveva il dovere di dirti della sua
ragazza.
Lui è tua guardia del corpo, non il tuo migliore amico o tuo
fratello. Non è qui per portarti a letto o altro,
è qui per
proteggerti dai pazzi maniaci che sono là fuori.”
“Beh,
almeno i pazzi maniaci là fuori mi vogliono. É
già qualcosa.”
Sbuffo.
Finalmente
riusciamo a prendere i biglietti, andando verso la sala numero 7. E
ti pareva, guarda. Figurarsi se non capitavamo qua.
“Oh, ma che
coincidenza. Numero 7. Che bel numero. É proprio un
bellissimo
numero.” Dico tra me e me mentre cerchiamo i nostri posti.
“Se
non la smetti di comportarti così, ti do una sberla che ti
farà
volare fino a Napoli.” Mi ripete Stacy prima di sedersi.
“Questo
milkshake sa più di melmerda che di latte.”
Rido e appoggio la
schiena alla poltrona, tenendomi le mani in grembo per paura di
scontrare con quelle di Justin se le appoggio da qualsiasi altra
parte.
Dai, mi sto comportando da bambina viziata che non ha
ottenuto ciò che vuole. É ridicolo. Lo conosco da
tre giorni e mi
aspetto di possederlo e ammaliarlo con tutta la mia bellezza e la mia
taglia zero di tette. É sorprendente che non mi abbia ancora
mandata
a quel paese.
Non si può pretendere che un ragazzo di 22 anni si
metta insieme a una di 16, specialmente avendo una di 20 che quando
sorride gli illumina l'intero universo.
Grugnisco e lascio cadere
la testa sullo schienale. Proprio non riesco a essere un po' meno
stronza.
“Tutto bene?” Mi chiede Justin, e io alzo un
pollice
in segno di okay. Una meraviglia.
Speriamo che Leonardo DiCaprio
faccia la parte del figone nel film, così almeno mi tolgo
Justin
dalla testa per almeno due ore.
“Senti, io vado in bagno un
momento. Se torno e ti vedo abbracciata a lui, non ti mando
più a
Napoli ma a Sydney. Tieni le mani a posto.” Sussurra Stacy
prima di
alzarsi e farsi strada tra le poltrone.
“Emily iridi verdi e
Emily mento perfetto. Però. E neanche la conosci.”
Dice Justin
sovrappensiero.
“Guarda, a me basta che non te la tiri dietro
in questa casa e poi può avere le narici più nere
che tu abbia mai
visto. Un pozzo profondo di catrame che ti ricorda com'era triste la
tua vita prima del suo arrivo.” Commento, torturando uno dei
troppi
braccialetti che porto al polso.
“Andrea-”
“Dovrei
tingermi i capelli-”
Questa volta mi interrompe lui. “Andrea,
smettila.” Dice infine. “Non la conosci neanche, va
bene? Non
pensi che parlare male di qualcuno senza conoscerlo sia un
atteggiamento profondamente infantile?” Rimango in silenzio.
“Vedi
perchè non mi metterei mai con una ragazza di 16 anni? Non
è perchè
è troppo giovane o perchè sarebbe illegale:
semplicemente perchè
avete una voglia incredibile di sputare merda su qualsiasi ragazza
che non sia vostra amica.” Conclude, tirandosi indietro
appena lo
schermo si accende.
Stacy, ti uccido per avermi lasciata sola con
lui.
Ma in fondo me la sono cercata.
“Io me ne vado a casa.”
Annuncio prima di alzarmi.
Mi guarda per un momento. “Perchè?”
“Ma
dimmi tu, Justin! Mi hai appena detto che mi comporto come una
bambina quando tu non mi hai neanche detto che hai una dannata
ragazza!”
“Non sapevo che parte del mio lavoro fosse
informarti di quante ragazze ho avuto e di quanto champagne ho bevuto
a Natale, Andrea. Sono qui per proteggerti, non per andare a letto
con te.”
“Nessuno ha mai parlato di quello e non ho mai detto
che hai il dovere di farlo, ma almeno un minimo di delicatezza
avresti dovuto averla quando ti ho fatto capire che mi piaci e tu ci
hai riso su. Ora portami a casa, per favore.”
“Non ci ho riso
su. E non ti ho mai detto che ci potrebbe essere qualcosa tra di noi.
Correggimi se sbaglio, Andrea.”
Incrocio le braccia. “Ho detto
portami a casa, per favore.”
Sospira e si alza. “Perfetto.
Andiamo.” Lo seguo fuori dalla sala e prendo Stacy
sottobraccio
quando esce dal bagno.
“Che succede? Dove stiamo andando?”
Chiede lei.
“A casa.”
“Cosa? Perchè? Non volevi vedere
Leo?”
Scuoto la testa e mi lecco le labbra. Che stronzo.
“Papà,
so che sei impegnato ma ti ho chiamato per dirti una cosa molto
importante che avrà un effetto immediato sulle nostre
vite.”
“Hai
deciso di andare ai corsi di recupero di Matematica?”
Che
simpatico. “No. Voglio farmi suora.”
Silenzio. “Ah, sì? In
quale convento?”
“Uno qualsiasi. Non sopporto i ragazzi. Sono
stupidi e fidanzati, il che li rende ancora più
stupidi.”
Ride.
“Parli di Justin? Tesoro, ha 22 anni e tu ne hai 16. Non
è
l'ultimo ragazzo che incontrerai nella tua vita.”
“Esatto, ed
è per questo che voglio farmi suora. Spero e prego che
questo sia
l'ultimo.” Borbotto mentre attorciglio il filo del telefono
intorno
al dito.
“Senti,
devo andare a una riunione molto importante, ma appena torno ne
parliamo per bene. Okay? Non ti abbattere così, in fondo sei
come
una sorellina per lui-”
Chiudo la chiamata e mi siedo sulla
scrivania del suo ufficio, battendomi le dita sul braccio. Una
sorellina. Non voglio essere una sorellina.
Voglio essere una
bomba sexy!
Seh, sogna, Andrea, sogna.
Salto giù e torno al
piano di sotto, facendo vari cenni di saluto alle migliaia di guardie
di sicurezza sparse in giro.
Comincio a roteare per la casa,
sbattendo ogni tanto contro qualche mobile che una guardia si
affretta a mettere a posto.
Entro in cucina e Maria alza lo
sguardo dal cetriolo che stava tagliando. “Sei di buon
umore?”
“No,
sono di pessimo umore. Sto cercando di trasformarmi in Taz e ingoiare
tutto ciò che vedo.”
Ride. “Hai fame?”
Sospiro e scuoto
la testa, tornando al piano di sopra e ovviamente incrociando Justin
nel corridoio. Avrei dovuto dargli una camera nel seminterrato. Con i
topi. E i vermi.
Si sarebbe trovato in famiglia.
“Ehi-”
Gli
sbatto la porta in faccia dopo essere entrata in camera mia, e crollo
sul letto.
Devo fare un piano. Allora, chiamo Ashton o chiamo
Matt? Entrambi potrebbero fare finta di essere i miei ragazzi.
Oppure
me li prendo tutti e due: uno per tre giorni e l'altro per tre
giorni. Il settimo – come Dio comanda – mi
riposerò.
Oppure li
ucciderò.
Ragazzi.
SONO PUNTUALE.
Mi ero messa in testa di pubblicare il capitolo
Martedì.
E sono anche in anticipo perchè sono le 2.37 di
mattina.
Ma in ogni caso: spero vi sia piaciuto c:
Ricordatevi
di dare un'occhiata anche a Breath
of an angel,
e spero
di vedervi nelle prossime recensioni.
Sciao, belle. :)
|
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Capitolo 4 *** Matty ***
Capitolo
4.
Il
Giovedì mi fa schifo. E mi fanno schifo le uova che danno
per
colazione il Giovedì. Il Giovedì fa schifo in
generale ma i Giovedì
con le uova ancora di più.
Cerco di soffiare nel buco come ho
visto fare un tipo su YouTube e mi sento come se le mie orecchie
dovessero staccarsi dalla testa e volare via.
“Si può sapere
cosa stai facendo?” Mi chiede Maria mentre lava i banconi
della
cucina con uno straccio che sembra un lenzuolo.
“Sai il metodo
che hanno i Russi per sgusciare un uovo?” Le chiedo mentre
tolgo
qualche altro pezzo dal buco e soffio di nuovo.
“No.
Deduco che tu lo sappia, comunque.” Ride e lava lo straccio.
“Fanno
questo buco piccolino sopra e uno grosso sotto, e poi soffiano in
quello piccolo e l'uovo salta fuori.”
“Ah, più o meno come i
bambini.” Dio santo. “Vedi di mangiare invece che
giocare col
cibo. Lo sai quante persone soffrono la fame in Africa?”
Lascio
cadere la testa sullo schienale della sedia, preparandomi alla sua
solita ramanzina quando non voglio mangiare. Maria viene da Lusaka e
si vanta delle sue origini ogni volta che può.
Quando è venuta
a lavorare qui si è presentata dicendo: “Salve,
sono Maria e vengo
di Lusaka, una piccola città in Africa, molto modesta. Non
ho avuto
cibo e acqua per giorni, e ora lavoro alla Casa Bianca. É un
onore
conoscerla, signor Presidente”, a cui mio padre ha replicato
con
altrettanta enfasi: “Vengo da Washington e ho mangiato e
bevuto
ogni giorno dell'anno, perciò per me è un onore
conoscerla, Maria”,
e la scena si è svolta in circa quindici minuti.
Durante i quali
io dovevo andare in bagno, perciò parlare d'acqua e d'acqua
non mi
sembrava la scelta migliore.
“Basta, ci rinuncio. Se i Russi
dovessero mai attaccare il mondo, attaccheranno con le uova. Come i
cannoni. Fiù, fiù, ed ecco che non ti ritrovi
più la faccia.”
Borbotto, lanciando l'uovo sul piatto e infilandomi in bocca i
pezzettini di bacon.
“I Cinesi con che cosa
attaccherebbero?”
“Con tutta la merda che l'America li
costringe a produrre senza neanche pagarli. Ce la restituirebbero
tutta. Sempre in faccia.” Mi stringo nelle spalle e Justin
entra in
cucina.
“Buongiorno, Justin.” Sorride Maria. “Ci
sono uova
per colazione.”
“Sì, lo vedo.” Commenta lui mentre
guarda i
vari pezzetti di gusci e uova sparsi sul mio tavolo.
“Bene,
allora siediti. Gradisci del tè o del caffè da
bere?” Gli chiede
mentre va verso le padelle e inizia a raccogliere il bacon,
mettendolo sul piatto.
“Caffè andrà bene, grazie. Hai dormito
bene?” Mi chiede poi, posando il telefono sul tavolo e
appoggiandoci anche i gomiti.
“Divinamente.” Bofonchio a bocca
piena, guadagnandomi una sberla da Maria.
“Le signorine per bene
non parlano mentre masticano! Ma chi te l'ha insegnata
l'educazione?”
“Mio padre. Immagina se il popolo sapesse che
il loro Presidente parla, mangia e beve tutto allo stesso tempo?
Sarebbe da ridere. Dovremmo fargli un video.”
Maria scuota la
testa, disperata. “Non so più che cosa fare con
te, Andrea. Mangia
quelle uova prima che le soffi in faccia io. Sono peggio dei Russi,
sappilo. Io vado da mia sorella. Ci vediamo dopo.” Annuncia,
poi
esce dalla cucina – non prima di aver sorriso a Justin
– e si
chiude la porta alle spalle.
“Sai cosa stavo pensando?”
Comincio mentre finisco si sgusciare l'uovo. “Che forse
dovresti
tornartene a casa e stare con Emily. Insomma, è il suo
compleanno
tra poco, no? Non vorrei mai che si arrabbiasse per la tua assenza. E
poi mio padre torna tra pochi giorni, quindi non ho più
bisogno che
tu mi protegga.”
“Vuoi mandarmi via perchè è il
compleanno
di Emily o perchè Emily esiste?” Mi chiede mentre
prende un pezzo
di bacon e lo mangia lentamente.
Ha le labbra sexy, sexy. Ma
stronze, stronze. “No. Per il compleanno. E comunque, Justin,
nel
caso tu non te ne sia accorto, stavo scherzando. Su tutto. Sono
davvero felice per te, sette anni sono una vita e sono sicura che
è
una bella ragazza e tutto quanto. Perciò vai pure, sei
scagionato.”
Ride. “Scagionato? Non mi sembra una bella
notizia, considerando che sono alla Casa Bianca e il caffè
qui è
cento volte meglio che a Miami.”
Mhm. Capirai. “Bene. Allora
io vado.”
“Dove vai?”
“Che ti frega?”
“Devo
venire con te. Sai, sono qui per questo. Salvarti il culo.”
“Senti,
sto andando in bagno. Posso portarmi il culo almeno lì che
mi
serve?” Inarco un sopracciglio.
Alza le mani in segno di resa.
“Vai pure. Saluta Toby.”
Sì, contaci. Non ho niente di
meglio da fare che andare su e giù per le scale a salutare
le
guardie del corpo per te, Justin.
Raggiungo la mia camera da letto
e caccio in fuori un sospiro.
Ora devo solo aspettare l'arrivo di
Matt.
Ashton è più carino ma anche quel bastardo ha una
ragazza
da tipo tre ore e mezzo.
Mi mollano tutti nel momento del bisogno,
a quanto pare.
“Matty,
Matty!” Strillo quando lo vedo entrare in casa con il
telefono in
mano.
“Non mi chiamare Matty!” Mi sussurra quando lo
stringo
in un abbraccio.
“Allora Matty
via quel dannato telefono e innamorati di me. E adorami.
Veloce.”
Dico prima di allontanarmi. “Allora, com'è stata
la Grecia?”
Chiedo a voce alta, tanto per attirare l'attenzione di
Justin.
“Bella!” Ribatte Matt con lo stesso tono.
“Molto
calda!”
“Più calda di me?”
“No, tesoro! Tu sei la più
calda!”
Andiamo avanti così per una decina di minuti senza
alcun risultato da parte di Justin ma con due orecchie che mi fanno
un male della Madonna.
Che palle. “Okay, andiamo in sala. Fai
finta di essere follemente, pazzamente innamorato di me. Fai finta
che io sia Ashley Tisdale.”
“Beh, difficile da immaginare
visto che lei non è stronza e tu sì.”
Borbotta lui mentre mi
segue.
“Senti, lei non ti paga e io sì. Se vuoi i tuoi
500
dollari, inizia a gattonare dietro di me. Non in senso letterale.
Vuol dire fammi il filo!” Lo tiro su quanto cerca di mettersi
in
ginocchio.
“E chi lo dice così?”
“Mio padre. Lascia
stare. Andiamo.” Entro in sala con Matt al seguito e scorgo
Justin
in giardino che parla al telefono.
“É
quello lì? Ma dai, Andrea, stai scherzando? Mi hai detto che
ha 17
anni, quello ne avrà almeno 20!” Matt mi guarda
confuso e io mi
stringo nelle spalle.
“Ne ha 22. Andiamo, ora. Smettila di
lagnarti, comportati come una persona di classe e tienimi la mano.
Anche se suda. E baciami ogni tre secondi contati. E dimmi quanto i
miei occhi ti ricordano il blu dell'oceano.”
“Per quella merda
voglio 1000 dollari e anche McDonald's gratuito fino alle fine
dell'anno.”
“Va bene! Stronzo.” Esco in veranda e Justin
alza lo sguardo, poi lo sposta su Matt.
“Devo andare.” Dice
al telefono prima di attaccare. “Chi è?”
Lo indica con un
dito.
Sì! Ha funzionato. “Lui? Oh, nessuno-”
“Tesoro,
smettila di dire così. Sai che non mi piace quando neghi il
nostro
amore. E qui non ci sono telecamere.” Dice Matt, passandomi
un
braccio intorno alle spalle.
Justin inarca un sopracciglio e mi
guarda quando Matt mi bacia la guancia, insalivandola peggio di un
labrador. “Gli è permesso stare qui?”
“Ma certo che gli è
permesso!” Sbotto con fare indignato. “É
il mio ragazzo.
Io lo amo.
Abbiamo in progetto di sposarci
appena compio 18 anni.” Angelina Jolie mi fa un baffo con la
sua
recitazione da prima elementare.
Annuisce leggermente. “Allora
va bene. Divertitevi.” Dice prima di rientrare in casa e
chiudere
la porta.
“E staccati!” Spingo via Matt e mi asciugo la
guancia con la manica. “Ma che cazzo sei, un
bulldog?” Chiedo,
sedendomi sull'erba con lui accanto.
“Non
ha funzionato.” Dice tranquillamente.
“Ma no, davvero? E da
cosa l'avresti capito?”
“Senti, non per farmi i fatti tuoi,
ma si può sapere perchè ti interessa tanto? Tra
due settimane se ne
andrà, non lo vedrai mai più. Lascialo stare
tranquillo con la
ragazza che ama. Non puoi veramente voler rovinare sette anni solo
per un tuo capriccio personale.”
Mhm, che palle. “Da 1000
dollari sei passato a 900. Usa la bocca solo per lusingarmi fino alla
fine della giornata. Ora andiamo. Dobbiamo stargli intorno. E tu tira
la lingua in gola quando mi baci. Dio santo, mi hai lavata
tutta.”
“Non è colpa mia se profumi di vaniglia, sai che
la
adoro.” Si stringe nelle spalle e allunga una mano,
così lo tiro
su. “Sappi che non stai facendo la cosa giusta.”
“Sì, bene.
Senti, dici che i capelli mi stanno meglio su o giù? Forse
dovrei
lasciargli sciolti. Tu che pensi?”
Matt sospira. “Penso che
tutta questa storia finirà male per me, per te, per lui e
anche per
la sua ragazza.”
“Non nominare il nome di Satana in questa
casa.” Sbotto prima di rientrare in sala e avviarmi lungo il
corridoio. Ora dobbiamo solo trovare Justin e dargli fastidio.
Se
questo non funziona, ci rinuncio. Lo prometto.
Aggiusto il
rossetto rosso sulle labbra prima di mettere il tubicino sulla
scrivania. Dovrebbe andare. Mi controllo velocemente i pochi vestiti
che ho addosso – una gonna microscopica che neanche Paris
Hilton si
metterebbe, reggicalze nere e una camicia che mi scopre quasi tutta
la pancia –, e alla fine esco soddisfatta dalla mia camera.
So
che Justin è in sala a guardare il concerto live di
Beyoncè in TV,
ma scommetto anche che preferirà me a lei.
O almeno prego e
spero che sia così, altrimenti mi butto giù dal
balcone e la
facciamo tutti finita.
Scommetto che Emily ci sta sperando.
Entro
in sala a passo di lumaca e mi fermo accanto al divano con
nonchalance. “Oh, quella è
Beyoncè.”
“Sicuro che è Bey-”
Sputa in avanti l'acqua che beveva non appena mi vede. “Ma
cosa
cazzo ti sei messa addosso? Stai scherzando?” Si alza
velocemente e
si toglie di dosso la giacca, cercando di mettermela sulle spalle.
“E smettila! Non sei mio padre. Sto andando fuori.”
Sì, ma
di testa. “Justin!” Strillo quando mi imbacucca
nella sua giacca
di pelle e mi lancia sulla sua spalla, portandomi di nuovo in camera
mia.
“Per uscire di qui con quella merda dovrai passare sul mio
cadavere e su un'altra decina. Mettiti qualcosa addosso, sembri una
squillo. Minorenne, per di più.” Mi dice quando mi
butta sul
letto.
“Lasciami stare! Tu devi solo proteggermi, non dirmi
come mi devo vestire!” Mi alzo e mi spinge giù di
nuovo. “La
vuoi finire?”
“No, non la voglio finire. Hai 16 anni, vestiti
come una ragazza della tua età e non come una
troia.”
“Oh, e
così ora sarei una troia?” Inarco un sopracciglio.
“Ho detto
che in questo momento sei vestita da troia, non che tu sia una troia.
Porca puttana, non ci credo.” Apre le ante del mio armadio e
tira
fuori un maglione extralarge con i pantaloni della tuta.
“Io non
vado fuori vestita così.” Incrocio le braccia
quando lancia i
vestiti sul letto.
“Tranquilla, fuori non ci andrai comunque.
Vestiti.” Si appoggia al muro e io lo guardo.
“Beh, vuoi
uscire o devo anche farti uno spogliarello? Mi dispiace, hai perso
l'occasione quando mi hai chiamata troia e mi hai dato la
tuta.”
Dico prima di alzarmi e afferrare la mia roba.
“Non ti ho
chiamata troia e smettila di ripeterlo.”
“Che cosa?
Troia?”
“Sì.”
“Troia, troia, troia, troia, tro-”
Mi
mette una mano sulla bocca. “Andrea, sono serio. Smettila. Ti
stai
comportando come una bambina.”
“Una bambina troia? Mamma mia,
Justin. La delicatezza è proprio il tuo forte,
vero?” Sbuffo prima
di chiudermi a chiave in bagno. Che bastardo.
Mi infilo il
maglione e i pantaloni e lancio il resto dei vestiti per terra,
tornando in camera.
“Così va meglio.”
“Sì, certo. Però
quando Beyoncè stava mezza nuda in TV non ti dava
fastidio.” Mi
sdraio di nuovo e prendo un libro a caso dal comodino, aprendolo e
sfogliando distrattamente le pagine.
“Beyoncè è una donna di
32 anni nel mondo dello spettacolo, Andrea. C'è una bella
differenza, e tu sei la figlia del Presidente. Hai dei doveri, che tu
abbia 16 anni o 20. Non cambia niente.”
“Sì, ho il dovere di
mettermi addosso una tuta e stare zitta e ferma come e quando lo
decidi tu, vero?”
“Oh, mio Dio.” Ringhia. “Io torno in
sala. Vuoi venire?”
“No.”
“Sul serio?”
“Sì, sul
serio! Chiama Emily e guardate quella merda insieme.” Lancio
il
libro sul comodino e mi rigiro nel letto, guardando fuori dalla
finestra.
“Ma non hai un ragazzo? Quello lì di
oggi.” Chiede
prontamente lui.
Che imbecille. “Ma quale ragazzo e ragazzo?
Quello mi ha leccato la faccia tutto il giorno e gli ho anche dovuto
pagare per questo! Dio santo, ma proprio non ci arrivi.”
Rimane
in silenzio per qualche minuto. “Andrea, non ti abbassare a
tanto.
Ci sono tanti ragazzi là fuori che venderebbero un rene per
stare
con te.”
“Sì. E qui ce n'è uno che rischia la
sua vita per
me. Quale pensi che voglia? Ora vattene, voglio dormire.”
Sospira.
“Andrea-”
“Ho detto vattene, Justin. Spegni la luce e chiudi
la porta. E divertiti.” Mi metto un cuscino sopra la testa e
chiudo
gli occhi, sentendo i suoi passi allontanarsi dal letto, poi la porta
che si chiude.
Rompiscatole.
Aggiorno
oggi solo perchè Chiara mi ha praticamente minacciata
di
aggiornare oppure non avrebbe aggiornato lei D:
Quindi boh, spero
il capitolo vi piaccia.
E vi chiedo anche di andare a vedere la
sua storia
perchè è stupenda e vorrei averla scritta io.
Il
link é : Afterlife.
Beh,
grazie e ci vediamo al prossimo capitolo.
|
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Capitolo 5 *** Ouija ***
Capitolo
5.
Quando mi
sveglio il sole splende tanto quanto il mio umore. Ovvero
piove.
Perfetto. Proprio oggi che pensavo di uscire e non passare
la giornata chiusa in casa con un idiota di 22 anni che mi chiama
troia, poi bambina e poi pretende anche che io non mi arrabbi.
Scendo
al piano di sotto con la voglia di schiacciare qualcuno contro un
tir, ed entro in sala, buttandomi sul divano e mettendomi le braccia
sugli occhi.
“Giorno.”
Grugnisco. “Mi vuoi lasciare in
pace un secondo, Justin? Non ti sto dando fastidio, sono vestita,
sono tranquilla. Lasciami perdere, per favore. Dio santo.”
“Qualcuno
è di cattivo umore.” Dice prima di alzarmi le
gambe e sedersi
accanto a me, lasciandosele cadere sulle ginocchia. “Dormito
bene?”
Non ci arriva. “Sì, ho dormito meravigliosamente
bene.
Sono in casa, nessuno mi ucciderà qui dentro. Ora puoi
andare,
grazie della visita.”
Sospira. “Andrea, non fare così. Cosa
ti aspetti che ti dica? Che amo te e che lascerò Emily per
rimanere
al tuo fianco per sempre? Mi dispiace. Non è
così. Amo lei.”
“Non
c'è alcun bisogno di ripetermelo. Chiamerò mio
padre oggi stesso e
gli dirò che hai impegni a Miami e potrai tornartene a casa
entro
stasera su un jet privato. Almeno tu e Emily starete tranquilli. E
anche io.”
Mi mette una mano sul ginocchio, stringendolo
leggermente. “Non è quello che volevo dire. Mi
piaci, sei
intelligente, sei spiritosa. Hai alcune delle qualità che
vorrei che
Emily avesse ma non ha, ma hai 16 anni, Andrea. É una
differenza di
età troppo grande. Potresti essere mia sorella, capisci?
Voglio
davvero che andiamo d'accordo, almeno mentre sono qui. Ma lo stai
rendendo impossibile.”
“Che bella cosa.” Commento. “L'hai
sentita ieri in un film?”
“Non penso che i film possano
arrivare a essere così complicati, per quanto realistici
possano
essere. Andrea, non rendere tutto così difficile. Possiamo
essere
amici, possiamo uscire insieme, ma non...” Sospira e non
finisce il
discorso.
“Va bene.” Mi metto a sedere.
“Così sia, allora.
Saremo amici. Ora me ne torno in camera perchè sono stanca e
francamente ho voglia di darti un pugno in faccia, e non è
un buon
modo per iniziare un'amicizia. Ci vediamo quando esco dal
letargo.”
Mi alzo dal divano e ritorno in camera mia, chiudendo la porta a
chiave e gettandomi a letto come un masso in acqua.
Che faccia
tosta che ha. Possiamo essere amici, voglio davvero che andiamo
d'accordo.
Un'altro modo per dire: “Non mi interessa niente di
te e mi fai anche schifo. Oh, e hai 16 anni e sei una bambina troia,
non dimenticartelo mai!”.
Perfetto.
Ora ho fame ma sono troppo orgogliosa per tornare al piano di sotto e
chiedere a Maria di farmi un panino.
Anche perchè è il Venerdì
della torta di mele e io odio le torta di mele.
Non c'è neanche
il rischio che qualcuno mi avveleni con il cibo visto che l'unica
cosa che mangio è il tonno in scatola. E quelle sono
già
chiuse.
Qualcuno bussa alla porta e io grugnisco. “Cosa
c'è?”
“Andrea, devo pulire la tua camera.” Mi dice
Clarence
da fuori.
“Non adesso. La pulisco da sola.” Borbotto.
“Sei
sicura?”
“Sì, sono sicura. Grazie.” Ma vedi te se
qualcuno
deve infilarmi le mutande nel cassetto giusto, quello sopra i
reggiseni e sotto a quello delle calze.
Ci rinuncio. Non ci
baderò più. Anzi, lo ignorerò il
più possibile. Per me non
esisterà più nessun ragazzo chiamato Justin
Bieber, capelli color
caramello e occhi color nocciola.
O qualcosa del genere.
Forse
gli occhi sono color caramello.
Dovrei fare più attenzione ai
suoi occhi da ora in poi.
Sbuffo.
Ho appena detto che per me
non esisterà nessun Justin Bieber e ora ci risiamo.
Devo trovarmi
un hobby. Magari mi compro un cane che gli assomiglia.
Dove
vendono i labrador con gli addominali?
“Hai quasi
finito?” Si lamenta Justin mentre la parrucchiera finisce di
asciugarmi i capelli e farmi la piega.
“Sì, smettila di
chiederlo. Mi ricordi Ciuchino.” Alzo gli occhi al cielo e
torno a
fissare lo schermo del mio telefono, controllando i vari messaggi che
ho ignorato e che continuerò a ignorare anche ora.
“Bellissima!
Bellissima! Assolutamente magnifica!” Annuncia la
parrucchiera
quando la smette di spruzzare lacca dappertutto. Justin si è
dovuto
allontare dalla poltrona per respirare.
Come farà mai a
proteggermi da una pistola se ha paura della lacca? Ha. Me lo
immagino già.
“Grazie, Noemi.” La seguo fino alla cassa e
aspetto che finisca di fare il conto, poi le do i cinquanta dollari.
“Tieni il resto. Ci vediamo tra tre mesi.”
“Sicuro. E
continua a curarti i capelli che stanno venendo stupendi, mi
raccomando!” Mi saluta con la mano e io afferro la giacca
dall'appendiabiti.
Justin prende l'ombrello e lo fa girare intorno
al polso. “Ho una spalla slogata, porca puttana.”
Dice appena
usciamo dalla parruccheria e ci incamminiamo verso il SUV che ci
aspetta.
Grazie a Dio ha smesso di piovere. “Prenditi una
ragazza e smetti di usare la tua mano.” Ribatto, e la sua
mano mi
spinge contro il muro.
Non dovrebbe essere la guardia del corpo
che impedisce che mi ferisca? A questo punto non me ne frega davvero
niente.
Entro in macchina e lui mi segue, e l'autista parte
sgommando con due macchine nere al seguito.
“Vuoi tornare a
casa o devi fermarti da qualche parte?” Mi chiede Josh,
un'altra
guardia del corpo, girandosi verso di me dal sedile anteriore.
“No,
torniamo a casa.” Appoggio la schiena al sedile e guardo
fuori
dalla finestra. “Come mai hai la spalla slogata?”
“Ci ho
dormito sopra tutta la notte.” Spiega brevemente prima di
tirare
fuori il telefono che non smette mai di squillare. “Emily,
non
adesso.” Dice piano, portandosi una mano all'altro orecchio.
“Che
cosa? Non posso parlare, ti richiamo sta- Smettila di urlare, ti
richiamo sta-” Si interrompe di nuovo e alza gli occhi al
cielo.
“Ho detto che ti richiamo stasera. Non mi sto scopando
nessuno,
finiscila. A dopo.” Chiude la chiamata e io mi gratto il naso.
Ah,
però. Quindi Emily non solo è perfetta ma anche
gelosa. “Tutto
bene?” Gli chiedo.
“Ti interessa davvero o sei solo contenta
che stiamo litigando?” Mi lancia un'occhiata.
Sospiro. “Mi
interessa davvero. Ma sono anche contenta. Cosa è
successo?”
Si
stringe nelle spalle. “Non si fida.”
“Di te o di me?”
Ride.
“Di me. Anche di te. E di nessun'altra ragazza che
c'è al mondo.
Crea sempre delle storie, si fa dei viaggi mentali che neanche la LSD
ti procura.”
Mhm. “Le hai mai dato motivo di dubitare di te o
non fidarsi?”
“É questo il punto. Lei mi ha dato dei motivi
per dubitare di lei e non fidarmi. Non il contrario. É solo
che suo
padre è andato via di casa quando lei aveva 7 anni e ha
mollato
l'intera famiglia. E adesso lei pensa che tutti gli uomini siano come
suo padre.”
Annuisco leggermente. “Dopo sette anni passati
insieme, il minimo che può fare è
fidarsi.”
“Lo so.
Litighiamo ogni giorno per questo.”
“Perchè non la
lasci?”
“Andrea-”
“No, non sto parlando per me. Te lo
sto chiedendo e basta. Una relazione in cui non fai altro che
litigare per le stesse cose non mi sembra una relazione
sana.”
Si
lecca le labbra e si sistema la spalla, facendomi sussultare.
“Penso
che sia più una questione di abitudine che di amore. Voglio
dire, la
amo. É impossibile non amare una persona dopo sette
anni.”
“Ma
non è neanche impossible non amarla più. Secondo
me ci devi parlare
e chiarire una volta per tutte la sua gelosia. E se non funziona, o
le spari o la molli. Oppure ti spari da solo.” Faccio
spallucce ed
esco dalla macchina quando parcheggia di fronte a casa.
Non ci
credo che gli ho appena detto come risolvere la situazione.
Perchè
non riesco mai a stare zitta? Mhm.
Entro nella mia stanza e mi
cambio velocemente prima di telefonare a Stacy. “Senti, ho
bisogno
di un consiglio.” Dico appena risponde.
“Puoi aspettare un
momento? Mi sto asciugando le unghie con il phon.” Dice
ansimando e
la immagino in equilibrio come una di quelle ragazze del
circo.
“Perchè ti stai asciugando le unghie con il
phon?”
“Perchè ho messo lo smalto Chanel stronzo di mia
madre
e ho scoperto solo dopo che ci vogliono 15 minuti per asciugarlo e io
non ho 15 dannatissimi minuti.” Sbuffa sonoramente e io
rido.
“Forse se le asciughi con il ferro da stiro fai
prima.”
“Che simpatica. Bridget Jones ha provato a stirarsi i
capelli con il ferro da stiro, non voglio che le mie unghie facciano
la fine della sua chioma oleosa. Che volevi, comunque?”
“Tu
che sei pratica di ragazzi-”
Scoppia a ridere prima che riesca a
finire di parlare. “Intendi di ragazzi che sono nei film o
nei
poster? Perchè sì, sono molto pratica di quel
tipo di ragazzi. Ma
sicuramente non sono pratica di ventiduenni che assomigliano a James
Dean.”
“Beh, vedi di diventarlo in due secondi. Come posso
attirarlo a me?” Chiedo, attorcigliando una ciocca di capelli
intorno al dito mentre mi guardo allo specchio.
“Legalo con una
corda e portatelo a spasso. Secondo me se gli paghi ci sta.”
Alzo
gli occhi al cielo. “Grazie, Stace. Davvero. Ora mi dai un
consiglio serio?”
“Oi, ma che vuoi da me? Non sono io quella
infatuata di uno che non mi caga minimamente.”
Sbuffo. “Gentile
come sempre. Spero che il tuo smalto non si asciughi mai.”
Annaspa.
“Ritira subito quello che hai detto, stronza di una presindentina!”
Rido.
“Senti,
una curiosità. Qual è il tuo colore
preferito?” Chiedo quando
trovo Justin seduto in giardino a prendere il sole.
Bella guardia
del corpo.
No, sul serio. É una bella guardia. E ha anche un bel
corpo.
“Viola. Perchè?” Alza lo sguardo e lo
posa su di me,
poi la fa scorrere giù per il mio corpo fino a fermarsi
sulle gambe.
“Ma ti sei fatta la lampada?”
Alzo gli occhi al cielo. “Sai
che il giallo si intona meglio al viola che il rosso?”
Mi lancia
un'occhiata stranita. “E questo da dove l'hai tirato
fuori?”
“No,
sai, i miei capelli sono biondi, ovvero gialli, e il giallo si intona
di più al viola. Il rosso stona, capisci? Non lo consiglia
nessun
stilista. E alle bionde il rosso sta meglio. Se mi tingo i capelli di
rosso ti metti con me?” Chiedo infine.
Justin ride e si rimette
gli occhiali, lasciandosi cadere sulla sdraio. “Pensavo
l'avessimo
chiarito, Andrea.”
Sì, tu l'hai chiarito e hai fatto finta che
va bene per entrambi. “Era solo una domanda. Non mi
tingerò mai i
capelli di rosso, sembrerà che brucio.”
“Secondo me staresti
bene. Occhi azzurri, capelli rossi.” Si stringe nelle spalle.
“Sì,
già che ci sono cambio anche nome in Emily, vero? Come
no.”
Sbuffo, sedendomi sulla sdraio accanto alla sua.
“Andrea, perchè
non esci e non ti trovi un ragazzo della tua età?”
Chiede dopo
qualche minuto in silenzio a pensare – immagino – a
questa
domanda idiota.
“Perchè i ragazzi della mia età sono
degli
idioti. Non che tu lo sia meno, ma almeno siamo un po' avanti. Non si
può pretendere tanto da voi.” Sospiro
teatralmente, guardando il
cielo. “Senti, dimmelo chiaro e tondo: cosa dovrei fare se
volessi
farti innamorare di me?”
“Ti metteresti d'impegno per farlo?”
Mi chiede ridendo.
“Sì.” Annuisco convinta.
Justin scuote
lentamente la testa. “Non lo so. Nessuno me l'ha mai chiesto
prima,
non ci ho mai pensato.”
“Beh, pensaci ora. Il cervello c'è
sempre, usalo ogni tanto.” Mugugno.
“Per cominciare dovresti
essere meno sarcastica.” Mi avverte con un'occhiata.
“Secondo, a
nessun ragazzo piace essere preda di una ragazza.”
“Sì, e
intanto da soli non ci arrivate a capire che piacete una ragazza
neanche se si mette a ballare come una cheerleader intonandovi la
marcia nuziale.”
Ride. “Non hai tutti i torti. Siamo un po'
lenti.”
“Le tartarughe vi fanno un baffo. Vai avanti, ero
seria.”
Fa spallucce. “Non lo so, Andrea. Non ci sono cose in
particolare che dovresti fare. Mi basterebbe che tu sia un po'
più
grande. E con questo non dico che ora devi andare a cambiare la tua
data di nascita negli archivi nazionali, Andrea.”
Mi apro in un
sorriso alla Demi Lovato. “Non potrei farlo, comunque.
É tutto
protetto da un codice troppo lungo.”
“Bene. Almeno lì nessuno
corre rischi. Senti, ma non mi stavi dando consigli su come
migliorare la mia relazione con Emily solo quattro ore fa?”
“In
quattro ore cambiano un sacco di cose e io sono una donna, quindi
preparati a essere sorpreso. Chi è il tuo cantante
preferito?”
“Michael Jackson.”
“Mhm. Qualcuno che sia
vivo e contattabile? No, aspetta. Se mi compro una tavola ouija e
riesco a farti parlare con Michael-”
“Se riesci a farmi
parlare con Michael, ti sposo all'istante.”
Mhm. Interessante.
“Bene. Devo andare.”
“Dove?”
“Così, in giro. Ci
vediamo.” Mi alzo dalla sdraio.
“Non stai andando a comprare
una tavola, vero?”
“Macchè! Non sono così
disperata!” Rido
e torno in casa. “Jake!”
Una delle tante guardie del corpo
esce da dietro una tenda e mi guarda serio. “Sì,
Andrea?”
“Mi
accompagni a comprare una tavola ouija?”
“Vi teniamo al sicuro
da attacchi terroristici e vuoi infestare l'intera casa?”
Inarca un
sopracciglio.
Mi stringo nelle spalle. “Passiamo in chiesa prima
di comprarla.”
Jake scuote la testa, rassegnato. “Dovrebbero
pagarmi di più.”
“Già, anche a me.” Sospiro e lui ride.
Giuro
che non ho smesso di ascoltare Ariana Grande da quando è
uscito
l'album nuovo ed è fottutamente perfetto e la detesto per
essere così bella.
Comunque.
Spero il capitolo vi sia
piaciuto, ci sono più sorprese nel 6
di quante possiate
immaginare. ;) ;) ;)
Spero i tre occhiolini vi abbiano incuriosite
;)
Ora quattro.
Come ho già detto nel capitolo precedente,
andate a leggere QUESTA
fanfiction
perchè è stupenda e la scrive
una mia amica.
Ed è bravissima.
Non vi ho ancora ringraziate
per tutte le recensioni
e per tutti i messaggi che mi
mandate
perciò GRAZIE.
Ci sentiamo tra due giorni. :)
|
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Capitolo 6 *** Nonna ***
Capitolo
6.
Sono
passate tre settimane, Justin apparentemente è diventato un
membro
della nostra famiglia visto che papà l'ha voluto tenere come
si
vuole tenere un cane.
Solo che una persona sana di mente non passa
tre ore al giorno immaginandosi il cane a letto con sè.
Stacy e
Ashton si siedono accanto a me mentre guardo fuori dalla finestra
Justin e mio padre giocare a basket.
Se prima non ne ero sicura,
adesso lo sono ufficialmente: mio padre voleva un figlio.
“Sai,
non è salutare stare a sbirciare un ragazzo senza maglietta
che
gioca con tuo padre.” Annuncia Ashton, accendendosi una
sigaretta e
buttando fuori il fumo in due secondi.
“Una ragazza può
sognare.” Mi stringo nelle spalle e tengo la tendina da un
lato
della finestra.
“Secondo me Justin diventerà un orrore quando
avrà tipo 25 anni.” Borbotta Stacy mentre scrive
qualcosa al
telefono. “Magari assomiglierà a Johnny
Depp.”
“E tu pensi
che Johnny Depp sia brutto? Fuori dalla mia casa, Stace.” La
spingo
via gentilmente e lei ride.
“Sto solo dicendo che non dovresti
fissarti su un ragazzo solo per l'aspetto fisico.” Mette via
il
telefono e si siede sul davanzale.
“Non è solo per l'aspetto
fisico. C'entra anche quello ma è così dolce,
così gentile, così
paziente, così intelligente, così maturo,
così bello, così bello,
così bello-”
“Ma che è, ti si è rotto il
disco?” Ashton
mi lancia un'occhiata preoccupata e io sbuffo.
“Non so più cosa
fare. Non mi vuole neanche dare una possibilità!”
Grido
disperata.
“Andrea, è fidanzato!” Sbotta Ashton.
“Fidanzato!
Finiscila con queste seghe mentali, Dio santo. Non starà mai
con te,
hai capito? Ha 22 anni, anche se rompesse con Emily, pensi che si
metterebbe con una verginella di 16 anni quando può avere
chiunque
voglia? Dai, Andrea, guarda in faccia la realtà: i ragazzi
di 22
anni non hanno bisogno di ragazzine di 16. E non gliene frega niente
di ciò che provi per lui, a quanto pare. Prima la smetti,
prima
starai meglio.”
“Wow, potevi essere un po' più delicato,
Ash.” Dice Stacy mentre mi accarezza i capelli.
“Ci abbiamo
provato tutti a essere delicati. Se fossi Justin e una ragazzina
fosse così ossessionata con me, probabilmente la lancerei
giù dal
balcone. Guardia del corpo o no, intendo. Smettila. Non ne
verrà
fuori niente di buono, tornerà a Miami e tu ci rimarrai di
merda.
Toglitelo dalla testa finchè puoi. Io torno a casa che
c'è il pollo
fritto per pranzo. A domani.” Mi bacia una guancia e fa lo
stesso
con Stacy prima di sparire dal soggiorno.
“Secondo te ha
ragione?” Chiedo dopo un po', lanciando un'occhiata fuori
dalla
finestra.
Stacy sospira. “Sì, Andrea, ha ragione. Poteva
dirtelo più gentilmente ma alla fine il succo del suo
discorso è
che devi darti pace. Hai 16 anni, sei troppo piccola per lui. I
ragazzi a 18 già vogliono una donna di 30, figurati quelli
di
22.”
Sospiro e gioco con il braccialetto che ho intorno al
polso. “Sì, ma forse-”
“No.” Mi
interrompe.
“Potrebbe-”
“No.”
“Magari-”
“Andrea,
no. Smettila. Non risolvi niente così, cercatene uno della
tua età.
Onestamente Justin non è neanche così bello se lo
guardi con occhi
diversi. Ti sei fissata e ora devi uscirne.”
“Però-”
“No,
Andrea. No. Niente ma, niente se, niente forse, niente magari. Non ci
sarà niente tra voi due e devi capirlo prima o poi. Domani
ceni da
noi?”
Faccio spallucce. “Vediamo.”
“Bene. Mamma non ti
vede da settimane, le manchi.” Mi dice prima di controllarsi
i
capelli. “Senti, ma starei bene con un caschetto?”
“Mhm,
Stace, non ho proprio voglia di parlare dei tuoi capelli
adesso.”
Mi
guarda male. “Non hai voglia di parlare dei miei capelli?
Massì,
dai, Andrea! In fondo io ti ho sopportata per un mese con quel tipo
che neanche ti caga e ovviamente non c'è tempo per parlare
un attimo
di me! In queste quattro settimane sei cambiata, non ti frega
più
niente di nessuno. Vedi di darti una svegliata, Andrea. E quando lo
fai, chiamami. Non ho proprio voglia di parlare di Justin ancora una
volta.” Salta giù dal davanzale ed esce dalla sala.
Perfetto.
Sospiro e guardo di nuovo fuori dalla finestra, trovando il giardino
vuoto.
Pazienza.
Crollo sul divano e fisso il soffitto,
contando le macchioline grigiastre che troneggiano sul bianco.
“Ehi.”
Sobbalzo leggermente e alzo lo sguardo, guardando Justin mentre
si infila velocemente la maglietta. “Chi ha vinto?”
“Io. Tuo
padre è una schiappa.” Ride, sedendosi nella
poltrona.
“Non è
vero! É solo che non mi sono allenato e ho il doppio dei
tuoi anni,
Justin. Ho giocato piuttosto bene per uno che ha 44 anni.”
Dice mio
padre, entrando in sala con due bottiglie d'acqua. Ne passa una a
Justin e mi guarda. “Che è quel faccino triste,
Andrea?”
“Niente.”
Dico piano. “Mamma dov'è?”
“Tornerà tra poco dal corso di
lana o qualcosa del genere. Ho paura che inizi a fare coperte e
maglioni per Natale. Ne ho già ricevuti troppi da tua nonna.
Oh,
viene anche lei, rimane per cena.”
Mi metto a sedere di scatto.
“Viene la nonna?” Mio papà annuisce.
“Oh, mio Dio! Viene la
nonna! Hai sentito?” Prendo Justin per le spalle e inizio a
scuoterlo, costringendolo a chiudere la bottiglia.
“Andrea,
lascialo stare.” Mi rimproverà papà.
“Fa niente.” Dice lui
tranquillamente, ormai abituato ai miei attacchi di euforismo.
“Viene
la nonna, viene la nonna, viene la nonna!” Corro fuori dalla
sala e
entro in cucina. “Viene la nonna!” Urlo,
spaventando le cuoche e
le cameriere prima di correre al piano di sopra e informare tutti
quanti del suo arrivo.
Viene la nonna!
Il che vuole solo dire
che mi aiuterà a conquistare Justin.
Sbuffo.
Devo darmi un
certo contegno.
“Non
ci penso neanche.” Mia nonna scuote la testa quando le dico
di
Justin e del bisogno che ho del suo aiuto per farlo innamorare di me.
“L'amore non si controlla, tesoro.”
“Sì, bene. Allora come
controllo il suo cervello? Gli Stati Uniti dovrebbero avere qualche
apparecchio, vero? Posso legarlo alla sedia elettrica e minacciarlo
di morte?”
Mia nonna inarca un sopracciglio. “Penso che
saresti mandata tu a morte.”
Perfetto. “Va bene. Ma come posso
farlo innamorare di me?”
“Andrea-”
“Nonna, ti prego!”
Mi lagno e lei ride.
“D'accordo. Cerca di tirartela un po'. Sai
cosa voglio dire, no? Non essere disponibile 24 ore su 24. Non
passare tutto il tuo tempo con lui, non parlargli ogni minuto. Cerca
di essere indipendente.”
Ci penso su. Beh, potrebbe funzionare.
“Grazie.” Torno in sala, lasciando la nonna e mia
mamma in cucina
da sole a parlare di chissà quali problemi da adulti.
Avessi io i
loro problemi. Entro in sala e ci trovo Justin a guardare la TV con
Jake e Josh. Mi siedo su uno dei divani e fisso insistentemente lo
schermo.
“Tutto bene?” Mi chiede Justin, e io non rispondo.
Voglio farlo rosicare. “Andrea?” Riprova, e io
continuo a non
degnarlo di uno sguardo. In pochi secondi lo ritrovo seduto accanto a
me e mi gira il viso verso il suo. “Stai bene?”
Mhm, ma
guarda che occhi belli. “Non posso parlarti.”
Sussurro.
“Perchè?”
Sussurra anche lui divertito.
“La nonna mi ha detto di tirarmela
per conquistarti.” Dico piano.
Justin ride. “Sta
funzionando?”
“Non lo so, dimmelo tu.” Bisbiglio, ignorando
Jake e Josh che parlano del campionato di calcio.
“Forse sta
funzionando.”
“Davvero?” Strillo e lui ride ancora.
“Andrea,
per favore.” Dice infine, prendendomi la mano. “Te
lo dirò una
sola volta. Mi piaci. Tanto. E vorrei che tu fossi più
grande per
dare una possibilità a ciò che potremmo avere.
É inutile negare
ancora l'evidenza che io e Emily stiamo per rompere ufficialmente, e
potrebbe essere che il motivo sia proprio tu. Tutti gli sforzi che
hai fatto durante questo mese, tutte le cretinate che hai messo in
atto, tutte le strategie che hai pensato potrebbero aver funzionato.
E mi dispiace davvero che tu abbia solo 16 anni, o che io ne abbia
già 22, perchè in caso contrario darei qualsiasi
cosa per avere una
ragazza come te. Non annoi mai. Ma come ti ho già detto, la
differenza di età è davvero troppa per una
qualsiasi relazione tra
noi due.” Dice tranquillo.
Che cavolo ha detto? “Sono rimasta
a «mi piaci», onestamente.” Borbotto.
Justin scuote la testa e
sorride, poi mi sposta una ciocca di capelli dagli occhi. “Mi
dispiace.”
Sospiro. “Va bene. D'accordo. Non ti stresserò
più. Vado a cambiarmi per la cena.” Mi alzo dal
divano, lasciando
ricadere la sua mano sul cuscino.
“Andrea-”
“No, davvero.
Ho capito. Pazienza, vorrà dire che cercherai di far
funzionare le
cose con Emily. Dirò a mio padre di lasciarti partire,
così sarai
in tempo per il suo compleanno. É domani, no?”
Accenno un sorriso
ed esco dalla sala, andando in camera mia.
Appena chiudo la porta
le lacrime mi bagnano le guance e cerco di attraversare la stanza per
arrivare all'armadio.
Apro le ante e afferro le prime cose che
trovo, indossandole prima di andare in bagno.
Mi lavo la faccia,
mi spazzolo i denti e mi pettino i capelli, facendo una treccia tanto
perchè non l'ho avuta da un bel po'.
Avrei preferito di gran
lunga se mi avesse detto che non c'è niente da fare
perchè ama
Emily, qualsiasi cosa io faccia.
Sapere che ci potrebbe essere un
possibilità se solo io avessi un paio di anni in
più mi fa sentire
anche peggio, e non lo credevo possibile.
Non mi resta che
auguragli buon viaggio e tutta quella roba lì.
Sospiro e mi
siedo sul letto, aspettando che il rossore se ne vada dal mio viso.
Perchè non posso avere 18 anni?
Perchè non posso essere come
Jennifer Garner in Trent'anni in un secondo?
Ma dai,
ragioniamo un secondo: a cosa stavo pensando tutto questo
mese?
Justin abita a Miami, ore e ore lontano da qui. Ha una
ragazza da 7 anni, e sfortunatamente è davvero stupenda. Mi
ha fatto
vedere una foto – dopo che l'ho costretto – e non
stava
scherzando: è davvero bellissima. É la copia
spiaccicata di Hayley
Williams, e io sono la coppia spiaccicata di un rinoceronte di 800
chili.
Non ho mai avuto una possibilità di stare con lui, per
quanto lo abbia sognato, sperato e immaginato nella mia testa.
Vorrei
che tutta la mia vita fosse solo una storia raccontata da una
ragazzina su un sito di fanfiction ma purtroppo è vera, e
non posso
cambiare gli avvenimenti come mi pare.
Mi alzo dal letto ed esco
dalla stanza, scendo le scale, cerco di tornare su ma mi blocco, e
finalmente entro nella sala da pranzo, trovando mamma, papà,
la
nonna e Justin già a tavola.
Prepariamoci per una bella,
imbarazzante cenetta di famiglia.
“Tesoro, sai chi ha detto che
vorrebbe sposarti? Ti ricordi Jason Byle? Il ragazzino che andava a
scuola con te in terza elementare.” Annuncia la nonna mentre
mi
passa il piatto pieno di patate al forno.
“Ah, sì? Beh, finirà
che mi sposerà davvero se vado avanti
così.” Borbotto, posando il
piatto senza mettere nulla nel mio.
“Non hai fame?” Chiede
apprensiva mia mamma, e io mi stringo nelle spalle. “Vuoi
qualcos'altro? Posso chiedere a Maria di farti un hamburger.”
“No,
non ho fame. Ho mangiato tutto il giorno.” Dico infine prima
di
appoggiare i gomiti sui tavoli e il mento sulle mani.
“Vuoi
andare a mangiare una pizza? Justin, ti dispiacerebbe
accompagnarla?”
Chiede mio padre, e Justin scuote la testa.
“No. Torno in camera
mia.” Dico prima di alzarmi.
“Andrea, la nonna è venuta
apposta per noi.” Mi ammonisce mamma.
“Oh, tranquilla, cara.
Vai pure a riposare, tesoro. Passo dopo a salutarti.” Mia
nonna mi
sorride e mi manda via con la mano, così torno in camera mia
e
crollo sul letto.
Ma che due palle, perchè non posso innamorarmi
di una statua in giardino?
Qualcuno
bussa alla porta e dico avanti senza neanche chiedere chi è,
convinta che sia mia nonna.
Quando alzo lo sguardo mi ritrovo
Justin in camera mentre chiude la porta. “Ehi.”
Dice.
“Ehi.”
Ribatto prima di tornare a disegnare vari fiori con il pennello.
Justin si ferma dietro di me e osserva in silenzio ogni movimento
della mia mano. “Sei brava. Farai arte al college?”
“Non ci
ho ancora pensato al college.” Ammetto mentre intingo il
pennello
nell'acqua.
“Dovrei fare arte.” Sì, così
dipingerei la tua
faccia ogni secondo della giornata appena imparo a farlo.
“Senti-”
“Ho parlato con papà. Ha detto che puoi partire
domani a mezzogiorno con il jet della Casa Bianca e tornare a
Miami.”
Lo interrompo velocemente.
“Andrea, stammi a sentire.” Mi
prende il pennello di mano e lo mette nel bicchiere, accovacciandosi
accanto a me. “Quello che ti ho detto oggi è tutto
vero. Emily e
io ci siamo lasciati qualche ora fa, ha fatto la sua solita scenata e
ha chiuso la conversazione così. Se potessi...”
Sospira. “Se
potessi stare con te, lo farei. Davvero.”
“Non hai bisogno di
ripetermi che la mia età è un ostacolo a
ciò che provi per me,
eccetera.” Prendo il pennello di nuovo e di nuovo lo tira
via,
posandolo sulla scrivania prima di predermi le mani, bloccandole
nelle sue.
“Vorrei davvero che non fosse così, Andrea.
Dannazione, guarda cosa hai fatto tutto il mese solo perchè
ti
notassi. É pazzesco, nessun'altra ragazza si esporrebbe
così per
nessuno. E ti ho notata. Anche quando stavi a guardare fuori dalla
finestra con Stacy, anche quando hai fatto finta di stare con Matt.
Ma non potevo e non posso fare niente. Sei anni sono davvero troppi.
Se tu ne avessi almeno 18 sarebbe diverso, ma 16 sono... Sei ancora
una bambina, Andrea. Le ragazze alla tua età pensano ancora
alle
bambole, e io non sono il tipo da giocarci. Non voglio una figlia,
voglio una ragazza e tu sei troppo giovane per me. Mi
dispiace.”
Ripete, stringendosi leggermente nelle spalle.
“Bene.” Mi
lecco le labbra. “Hai finito?”
“Ho finito.”
Annuisco.
“Il jet ti aspetta domani in aeroporto. Faresti meglio ad
andare a
dormire così non arrivi in ritardo e non sarai
stanco.” Dico prima
di girarmi di nuovo nella sedia e prendere il pennello.
“É
questo l'addio che mi dai?” Chiede lui, lasciando cadere le
sue
mani sulle mie gambe.
“Che genere di addio ti aspetti? Vuoi che
ti dica che mi sono innamorata di te e che avrei preferito non
sentire niente di quello che hai appena detto? Non puoi semplicemente
andartene senza dirmi che vorresti che fosse diverso? Volere questo o
quello non cambia la situazione, Justin. Non cambia la mia
età e non
cambia la tua età e non cambia il fatto che, single o no,
ami ancora
Emily. E non ti biasimo, Dio santo. É bellissima e se ci sei
rimasto
insieme per sette anni un motivo c'è.” Faccio
spallucce. “Non
posso pretendere tanto. E sicuramente non posso pretendere che uno di
22 anni si metta con una di 16 violando praticamente tutte le leggi
morali esistenti in questo mondo.” Concludo.
Justin rimane in
silenzio e mi guarda dipingere di nuovo. “Preferisco che tu
sappia
che almeno sei riuscita a conquistarmi, come dici tu.”
“Non mi
aiuta saperlo e non mi fa stare meglio. Justin, davvero. É
tardi,
vai a dormire e riposati. Ci vediamo domani prima che tu
parta.”
“Verrai a salutare?”
Sospiro. “Anche se non volessi, lo
dovrei fare. Buonanotte.” Lo congedo infine, cambiando colore
per
lo stelo dei fiori e iniziando a fare piccole righe prima di sentire
le sue labbra sulla mia guancia.
“Buonanotte, Andrea.” Dice
prima di alzarsi e uscire dalla stanza.
Mi brucia tutto il corpo.
Mi alzo e vado velocemente alla finestra, inspirando l'aria fresca
della sera.
Dannato sia lui e dannate siano le sue labbra e
dannato sia tutto ciò che ha appena detto e dannata sia
anche Emily
per essere sempre in mezzo.
Maledizione!
HO
CERCATO DI FARLO LUNGO.
Non ci sono riuscita.
Beh, non c'è
molto da dire.
Per chiunque adesso pensi che si metteranno insieme
ed è finita,
vi sbagliate.
Ergo, la differenza d'età serve,
per chiunque mi ha ripetuto
che sono davvero tanti gli anni di
differenza.
Spero vi sia piaciuto,
ci sentiamo al prossimo
capitolo. :)
|
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Capitolo 7 *** Caraibi ***
Guardate,
metto le note d'autore qui almeno le leggete per bene (oppure no,
vedremo dalle vostre recensioni alla fine) e la smetterete di
mandarmi certi messaggi in posta.
Volevo solo farvi presente che
la storia è mia,
ergo, decido io
che cosa scrivere, come ambientare, come far agire i personaggi e
soprattutto quale dannata età debbano avere.
E sappiate che in
principio queste note dovevano essere molto più lunghe del
vero
capitolo e piene di parolacce ma fortunatamente mi sono fatta una
bella dormita e mi sento più gentile oggi. Cercate di non
rovinarmi
l'umore.
Per quelle di voi che mi dicono che sei anni di
differenza sono troppi, ora ve lo spiego per bene: sono stanca di
leggere storie che durano 40 e passa capitoli e che mi raccontano
quanto quei due cerchino di non far notare quanto si amano.
Bene,
ci siamo arrivati tutti: vi amate? Scopate.
Voglio che nella mia
storia loro abbiano i sentimenti pronti e spiattellati come meglio mi
piace perchè ci saranno casini proprio per la loro
differenza
d'età.
Ci siamo fin qui? Ho fatto lui ventiduenne e lei sedicenne
per un motivo ben preciso che gradirei davvero smetteste di insultare
e criticare, non conoscendolo.
Se volete una storia come piace a
voi, raccogliete un po' di palle e vedete di scrivervela da soli. E
poi quando io la criticherò mi direte come vi sentite dopo
aver
passato due ore davanti al computer a cercare idee
originali.
Un'altra cosa: prima di recensire / mandarmi messaggi
dicendomi quanto è sbagliato un capitolo secondo il vostro
punto di
vista, LEGGETELO.
Buona
lettura per chi è rimasto fino a questo punto.
Capitolo
7.
Il
mattino dopo mio padre mi butta giù dal letto come se fossi
un sacco
di patate e inizia a blaterare qualcosa a proposito di una vacanza ai
Caraibi, anche se potrebbe aver tranquillamente detto qualsiasi altra
cosa su qualsiasi altra cosa.
"Papà, che cosa vuoi? Sono le
9 di mattina, lasciami stare." Borbotto mentre cerco le coperte
con la mano.
"No, alzati, tesoro. Andiamo in vacanza. Stacy è
già qui." Annuncia tranquillamente mentre mi tira
giù dal
letto per le gambe.
"Io ci sono già in vacanza, lasciami
stare!" Piagnucolo ancora.
"Alzati e vestiti, dobbiamo
uscire tra mezz'ora. La tua valigia è già pronta,
perciò sbrigati
a lavarti e tutto il resto. Prendi gli assorbenti!" Dice prima
di uscire dalla mia stanza.
Gli assorbenti? Vuole assorbere
l'oceano e trasportarlo fino a Washington?
Sbuffo e mi sollevo a
sedere, poi scendo dal letto e sbadiglio. Ma che ci andiamo a fare ai
Caraibi, si può sapere? Il mare neanche mi piace.
Mi vesto di
fretta e mi lavo faccia e denti, poi mi spazzolo velocemente i
capelli e corro al piano di sotto.
"Stacy, Stacy, Sta-"
Mi blocco appena vedo Justin seduto in poltrona con il telefono in
mano e una valigia al fianco. "Cosa ci fai tu qui?"
"Justin
viene con noi." Sorride Stacy. "E siamo tutti molto
emozionati all'idea, non è vero?" Mi lancia un'occhiata.
"Uh,
sì. Emozionatissimi. Ma tu non dovevi partire e tornare per
il
compleanno di Emily?" Gli chiedo.
"Te l'ho già detto
che Emily e io abbiamo rotto, Andrea." Justin si stringe nelle
spalle, poi mette via il telefono e si alza. "Sei pronta? La
macchina ci aspetta."
"Sicuro." Che diavolo ci fa
qui? Perchè deve venire con noi? Non abbiamo abbastanza
guardie del
corpo ai Caraibi?
Stacy mi prende sottobraccio e mi tira fuori
dalla casa. "Mamma mia, quanto è carino oggi."
"Ma
tu non eri arrabbiata con me?" Le domando.
"Tesoro,
perdonerei chiunque solo per andare ai Caraibi." Ride, alzando
gli occhi al cielo. "Comunque è davvero carino
oggi."
"Tranquilla che tanto non ti caga. Hai solo 16
anni." Bofonchio prima di salire nella Jeep nera con mia madre,
mio padre, Stacy e Justin.
"Sei contenta di andare in
vacanza?" Mi chiede mamma quando finalmente riusciamo a
partire.
"Mhm, sì." Mi stringo nelle spalle. "Stavo
meglio a letto."
"Anche io." Commenta lei ridendo.
"Però ci divertiremo. E finalmente potrai uscire
tranquillamente e prendere un po' di sole. Sei pallida come un
fantasma, tesoro."
"Beh, cara, tu non sei meglio."
Dice papà prima di passarle un braccio intorno alle spalle.
"Che
schifo." Mugugno quando si baciano e tutti gli altri
ridono.
"Pensavo che potresti far fare un giro a Justin e
Stacy una volta che siamo arrivati. Noi ci siamo stati migliaia di
volte, potresti accompagnargli a fare shopping-"
"Sì!
Mi piace l'idea dello shopping, devi assolutamente accompagnarci a
fare shopping." Si intromette velocemente la mia migliore
amica.
"Io non vengo a fare shopping." Dice Justin.
"Ma
non devi proteggerla?" Gli chiede Stacy.
"Chi vuoi che
la uccida in un negozio? Quello è l'ultimo posto dove
entrerebbe un
uomo a meno che non sia costretto." Justin fa spallucce
tranquillamente e torna al suo telefono.
Beh, non ha tutti i
torti. E questo significa che non lo avrò vicino. Forse
andrò a
fare shopping, ho deciso.
Saliamo sul jet privato e io mi
scaravento a sedermi accanto al finestrino per guardare il decollo.
É
l'unica parte interessante di tutto il volo e ben presto sono
metà
addormentata sulla spalla di Justin, che stranamente non si ritira e
non mi ricorda che toccarlo per me è illegale visto che ho
solo 16
anni.
Dovrebbe metterla come segreteria telefonica: salve,
non sono disponibile in questo momento ma lasciate un messaggio se
avete più di 16 anni. Beep.
"Andrea,
vuoi delle noccioline?" Mi chiede papà dopo che una hostess
è
passata sculettando davanti a Justin e lui non l'ha degnata di uno
sguardo.
"Lei è troppo vecchia?" Gli sussurro,
ignorando completamente mio padre.
Justin mi guarda divertito.
"No, è troppo mora."
"Capito." Annuisco e
torno a sedermi composta. "No, niente noccioline."
Papà
annuisce e si stiracchia. "Penso che mi farò una dormita
piccina piccina. Svegliami quando siamo arrivati, tesoro."
"Certo. A meno che non mi addormenti anche io." Ribatte
mia madre mentre continua a scrivere qualcosa al computer.
"Oddio,
oddio! Guarda come siamo in alto, guarda! Siamo sopra le nuvole. Che
figata." Strilla Stacy mentre guarda fuori dal finestrino. "No,
io mi sposto in fondo che il finestrino è più
grande. Ci vediamo
dopo." Dice prima di alzarsi dal sedile e farsi strada nello
stretto corridoio per raggiungere l'altra parte dell'aereo.
Sospiro
e appoggio la testa al sedile ancora una volta, richiudendo gli
occhi.
"Sei stanca?" Mi chiede Justin, e io annuisco.
"Puoi dormire sulla mia spalla, quello è permesso."
"Non
vorrei mai che qualcuno pensasse che sto cercando di instaurare una
relazione sessuale con tra la mia guancia e il tuo corpo, Justin."
Borbotto, sentendolo ridere.
Mi prende la testa e se la appoggia
sulla spalla senza tanto sforzo. "Dormi. Ti sveglio dopo."
Mi
passo la lingua sulle labbra e sospiro. "É solo una
questione
di età?"
"Sì, è solo una questione di età."
Annuisce.
"Tu ed Emily avete rotto
davvero?"
"Sì."
"Perchè?"
"Perchè
non si fida e io non ho tempo da perdere per cercare di farla stare
meglio ogni minuto della mia giornata, Andrea." Dice
tranquillamente. "E anche perchè non ha senso continuare una
relazione che non volevo più portare avanti da un po',
specialmente
ora che ho trovato un vero motivo."
"Ma hai detto che la
amavi. Insomma, non puoi smettere di amare una persona di punto in
bianco." Dico confusa.
Solo un mese fa ne elogiava le doti e
ora dice che non ha tempo di rassicurarla? In fondo non deve fare
mica tanto per me, deve solo girarmi intorno come una zanzara me
può
farlo benissimo mentre è al telefono.
"Come ti avevo detto
in macchina, era più una questiona di abitudine. Ci tengo,
le voglio
bene, ma non è più quello che provavo quando ci
eravamo appena
messi insieme." Risponde. "E comunque non ha senso
parlarne. É strano, lo so. Ma non è venuto fuori
da un giorno
all'altro. E come hai detto tu, non puoi rimanere in una relazione
che non ti fa felice."
L'ho detto? Ah, sì. L'ho detto. "Qual
è il vero motivo che hai trovato?"
Rimane in silenzio per un
po' mentre continua a messaggiare con qualcuno. "Te lo dirò
quando arriviamo. Ora dormi."
Peggio di mio padre questo
tizio.
Quando
arriviamo sono più stanca di quando siamo partiti e vedo
doppio. Le
orecchie mi fischiano ancora quando raggiungiamo la casa situata su
un'isola privata piena di maggiordomi e altre guardie del
corpo.
Faremo mai una vacanza in pace o dovrò sempre pensare a
come nascondermi quando cerco di prendere un asciugamano dallo
sgabuzzino mezza nuda?
"Che figata." Sussurra Stacy
quando entriamo in casa e diamo le nostre valigie e borsoni ai
maggiordomi. "Possiamo fare il bagno?"
"Sicuro.
Basta che non vi allontaniate troppo." Ribatte mio padre prima
di scusarsi e andare in un'altra stanza con il telefono in
mano.
"Bene." Annuncia mia mamma. "Io vado a farmi
una doccia fredda che ho sudato più di un maratoneta.
Divertitevi e
non combinate danni, d'accordo?" Si allontana su per le scale e
io mi guardo intorno
"Dai, andiamo a fare il bagno, Andrea."
Stacy mi afferra la mano e mi porta al piano di sopra, spingendomi
dentro una camera qualsiasi. "Allora, questo è il
piano."
"Piano per che cosa?" Chiedo mentre riapro
la porta e lascio che il maggiordomo posi le nostre valigia prima di
andarsene.
"Per conquistare Justin, idiota." Stacy alza
gli occhi al cielo.
"Guarda che apparentemente l'ho già
conquistato ma la mia età non lo affascina tanto quanto le
mie
tette." Sbuffo piano e mi metto a cercare un costume da bagno
tra tutta la roba che mi ha messo in valigia Clarice.
"Sì,
certo. Se gli dai un buon motivo per mettersi con te, magari non
baderà più alle regole. Devi provare!" Strilla.
"Scusa,
che io sia la figlia del Presidente degli Stati Uniti non gli basta?
Cos'altro vuole?" Alzo lo sguardo su di lei quando si abbassa
davanti alla sua valigia.
"Non è importante quello. Devi
sembrare carina e disinvolta, hai capito? Tuffati nell'oceano e nuota
romanticamente con i delfini."
"Non penso che ci siano
delfini qui. Magari però incontro Johnny Depp. A quel punto
non me
ne fregherà proprio niente di Bieber, però."
Faccio spallucce
e mi alzo, andando in bagno per cambiarmi.
Ritorno in stanza e
afferro una maglietta lunga dalla valigia, mettendomela addosso. Non
sono così carina come sono le ragazze nei film ma
può andare. Tanto
me la dovrò levare in circa tre minuti a partire da adesso.
Stacy
mi afferra di nuovo la mano e mi trascina giù per le scale,
poi
fuori dalla casa e si guarda intorno.
Siamo arrivati in un minuto,
avevo fatto male i calcoli. "Secondo me ha detto una cazzata."
Dico infine, e Stacy si volta verso di me.
"Di che
parli?"
"Della rottura tra lui ed Emily. Insomma, non è
possibile che in un mese abbia smesso di provare ciò che
provava da
sette anni."
Stacy si stringe nelle spalle. "Magari lo
provava meno, oppure gli piaci tu adesso e non vuole tradire Emily.
Anche se lo farebbe solo mentalmente, o moralmente. Qualcosa del
genere."
"Sì, ma mi pare troppo strano. La sua vita era
praticamente perfetta, con una ragazza e una relazione perfetta.
Insomma, non penso che ci si possa stancare di una cosa del genere. E
per di più, non ha dato segno di aver litigato con Emily da
quando è
qui." Le ricordo mentre ci togliamo le magliette e le gettiamo
sulla sabbia.
"Magari non l'hai notato perchè eri troppo
concentrata a contare i suoi addominali. Dai, non essere
così
paranoica. Che senso avrebbe dirti che hanno rotto se comunque non
vuole mettersi con te?"
"Per attirarmi nella sua
trappola." Dico con fare ovvio e Stacy mi lancia un'occhiata
stranita.
"Quale trappola?"
"Quella dei suoi
addominali. Dai, Stace, non puoi dirmi che in un mese sono riuscita a
mandare a monte una roba di sette anni. Anche perchè quando
era
arrivato qui non faceva altro che dirmi come era perfetta, stupenda,
dolce, sensibile, rossa, bianca, verde."
"Sì, magari
anche Italiana. Non ci pensare troppo. Come ti ho già detto,
non
avrebbe senso mentirti su una cosa del genere quando non fa niente
per stare con te. Ora facciamo il bagno prima che io riesca ad
affogarmi nel mio sudore."
"Che schifo, Stace."
Alzo gli occhi al cielo e ci buttiamo in acqua, facendo a gara mentre
cerchiamo di arrivare a una delle boe.
"Ho vinto!" Ride
lei prima di buttarmi l'acqua in faccia. "Comunque. Perchè
non
glielo chiedi se hai così tanti dubbi?"
"Gliel'ho
chiesto ma mi ripete la stessa cosa, ovvero che la loro relazione non
era più così felice e tutto il resto." Sospiro.
"Mhm."
Pensa lei. "Magari sta dicendo la verità. Magari anche
quando
era appena arrivato la loro relazione già non funzionava ma
lui ti
raccontava di lei come se la amasse."
"E che senso
avrebbe?"
"Nessuno, ma sai come sono i ragazzi. Dico
solo che Justin ovviamente le voleva bene per via di questo e
quest'altro, e sicuramente la trova ancora bella e tutto il resto, ma
magari non la ama più. Secondo me devi rinchiuderlo da
qualche parte
e fargli il test con la macchina della verità."
Questa sì
che è un'idea. "Chiederò a papà se me
ne può procurare una
quando torniamo a Washington."
"A proposito, quando
sarà?"
Mi stringo nelle spalle. "Non ne ho idea. Per
ora voglio solo cercare di vedere Justin senza maglietta il
più
sovente che posso."
"Dovrebbero
chiamarmi Maria Teresa per tutta la pazienza che ho con te."
Annuncia Stacy quando si siede accanto a me sulla sabbia mentre sto
guardando il tramonto con aria malinconica come succede solo nei
film.
Solo che nei film hai un ragazzo accanto, non la tua
migliore amica che tiene in mano una coscia di pollo grande quanto la
propria.
Le lancio un'occhiata divertita. “Maria Teresa? Vuoi
che ti chiami così da ora in poi?”
“Preferisco morire bruna.
Senti, e se ti aiutassi? Ad esempio potrei flirtare con lui.”
“E
come mi aiuterebbe visto che sei più figa di me e hai le
tette più
grandi? No, lasciamo perdere che poi non gliene fregherà
più niente
della tua età e ti scoperà sul bancone della
cucina. Facciamogli un
voodoo.” Propongo.
Stacy mi guarda scandalizzata. “Te lo
faccio io il voodoo. Non ci penso neanche a immischiarmi con streghe,
fate, gnomi e folletti. Gia mi immischio con i ragazzi e ho un bel da
fare.”
Sospiro e crollo sulla sabbia, appoggiando le mie gambe
sulle sue. “Siamo arrivati al punto dove io gli piaccio ma
non
vuole stare con me perchè è illegale. O
perchè non ha le palle di
andare contro mio padre.”
“Non lo biasimo, ci sono poche
persone che hanno le palle per farlo. Pensa se vi fanno un
attentato?” Dice poi di colpo e io la spingo via con una
mano.
“Cosa posso fare, Stace?”
Fa spallucce. “Che ne so.
Vestiti come Emily. O truccati come Emily. Tingiti i capelli con il
mio rossetto Prada. É rosso fiamma. Vuoi provare?”
“No,
grazie.” Le lancio un'occhiata stranita. “Abbiamo
già tentato di
colorarmi i capelli di nero col pennarello in prima
elementare.”
Scoppia a ridere. “Me lo ricordo. Poi ti sono
venuti verdi. No, seriamente, che cosa vuoi fare? A meno che tu possa
cambiare la tua età, non c'è alto
modo.”
Annuisco piano e mi
metto a sedere di colpo quando vedo Justin che ci raggiunge.
"C'è
tua madre per te al telefono." Dice tranquillamente a
Stacy.
"Oh, merda!" Impreca lei prima di afferrare la
mano di Justin e alzarsi, correndo dentro casa mentre Justin prende
il suo posto e si chiede accanto a me.
"Tutto bene?" Mi
chiede e io mi stringo nelle spalle. "Non mi hai rivolto parola
oggi."
"Eri impegnato a parlare con le cameriere,
pensavo ti divertissi di più con qualcuno della tua
età."
Lui
sospira e mi appoggia il mento sulla spalla, respirando sul mio
collo. "Non buttarti giù così, Andrea. Non sono
l'unico
ragazzo che ti piacerà."
"Ho già detto che spero che
tu sia l'ultimo se continuerò a sentirmi così
ogni volta che verrò
rifiutata. Credo che queste cose alla fine non cambino: ti senti una
merda anche dopo trenta volte quando credi di esserti già
abituata."
Dico mentre disegno un'immagine astratta nella sabbia con un
dito.
"Ho dovuto mandare via Stacy con una scusa per stare da
solo con te e mi dici che ti sto rifiutando?"
Giro lentamente
la testa fino a guardarlo. "L'hai mandata via così?"
"Già.
Ho chiesto a una delle cameriere di tenerla in cucina per un po'."
Si stringe nelle spalle.
"Non ti basterà essere una guardia
del corpo per placare la sua furia." Ridacchio e torno al mio
disegno. "E comunque non cambia niente."
"Ai
Caraibi c'è la legge che c'è negli Stati Uniti
sulla differenza
d'età consentita tra due persone?" Mi chiede poi, e io
scrollo
le spalle.
"Non lo so. Non l'ho ancora studiato a
scuola."
Justin tira fuori il telefono e cerca qualcosa su
Google, mentre io continuo a disegnare. "Non c'è."
"Ci
trasferiamo?"
Justin ride e mette via il suo iPhone quando
Stacy arriva di corsa e gli da una leggera sberla sulla spalla. "Ma
si può sapere perchè mi hai spaventata
così?" Chiede, alzando
gli occhi al cielo. "Dobbiamo andare a cena, piccioncini. Alzate
il culo e muovetevi prima che finisca tutto io." Se ne va di
nuovo e Justin scuote la testa, alzandosi e porgendomi la mano.
Mi
tiro su e mi spolvero i pantaloncini. "Andiamo. Stacy ha già
mangiato ma può mangiare tutto il-"
Le sue labbra mi
interrompono quando si posano dolcemente sulle mie e per poco non
crollo di nuovo sulla sabbia dallo stupore.
Ma guarda questo! Mi
bacia così, di punto in bianco.
E se mi puzza l'alito?
Dio,
fai che non mi puzzi l'alito.
"A questo punto è go
big or go home."
Dice quando si allontana e si lecca le labbra. "Andiamo, dai."
Ride prima di tirarmi dietro di sè quando vede che le mie
funzioni
cognitive si sono trasferite momentaneamente in Giamaica.
Entriamo
nella sala da pranzo e Justin mi lascia andare, sedendosi di fronte a
me e accanto a mia madre.
"Ehi, posso trasferirmi qui?"
Chiedo a papà quando due cameriere ci portano il cibo al
tavolo.
Mio
padre inarca un sopracciglio. "Hai sempre detto che questo posto
ti fa schifo."
"Sì, beh, ora no. Posso?"
"Nella
tua prossima vita sì." Sorride e io alzo gli occhi al
cielo.
Perfetto.
L'espressione
"Go big
or go home" si può tradurre grezzamente con un: "Fai le
cose per bene o non farle affatto", ma non ci stava bene,
ovviamente.
Spero il capitolo vi sia piaciuto.
Ci vediamo al
prossimo.
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Capitolo 8 *** Cena ***
Capitolo
8.
Se
Justin non si fosse messo in testa di mettersi a nuotare nell'oceano
nel bel mezzo della notte, e se la luna non si fosse messa in testa
di illuminare le goccioline d'acqua che gli scorrevano giù
per il
petto, se il corpo di Justin non si fosse messo in testa di essere
così perfetto e se solo non mi fossi messa in testa di
rimanere
sveglia fino alle cinque per guardarlo entrare e uscire dall'acqua,
probabilmente a quest'ora del mattino sarei un po' più
sveglia e
meno rimbambita. E probabilmente riuscirei a capire metà
delle cose
di cui sta parlando la gente seduta a tavola con me.
“Andrea,
sei con noi o sei con un altro dei cantanti con cui sogni di sposarti
alle Hawaii?” Mi chiede mio padre.
Spalanco gli occhi quando
Justin e Stacy ridono. Dannazione. Perchè mio padre sente la
continua necessità di mettermi in imbarazzo quando sa che
potrà
rovinare solo la mia immagine e non la sua politica?
“Sono con
voi. Assolutamente con voi. Però vorrei sapere che cosa
avete deciso
di fare, prima.” Borbotto mentre torno a mangiare la mia
colazione.
Justin, sfortunatamente, è vestito. E anche bene,
oserei dire. Ma non posso commentare il suo abbigliamento ad alta
voce perchè rieschierei di sembrare più cretina
di quello che
sono.
Francamente lo preferirei nudo nel mio letto ma quello è un
altro discorso che non voglio approfondire in questo preciso
istante.
“Abbiamo deciso di andare a fare shopping.” Mi
informa Stacy. “Sempre che tu sia dell'idea di lasciare il
tuo
letto, oggi.”
Che simpatica. Davvero. Ho una migliore amica che
mi fa rimpiangere le bambole avevo a cinque anni e che mi dicevano
–
con la mia voce – quanto erano belli i miei capelli e quanto
era
bella la mia faccia. Anche se prima le avevo affogate nella vasca da
bagno.
“Io e tuo padre abbiamo degli impegni importanti,
perciò
non verremo con voi. E gradirei anche che tornaste prima di cena,
d'accordo? Ci saranno i nonni. Hanno deciso di venire anche
loro.”
Annuncia mia mamma e io quasi non inzio a saltellare per
l'emozione.
“Davvero? Anche i nonni? Posso dormire con la
nonna?” Chiedo allegramente.
“Non ti piace dormire con me?”
Chiede Stacy, lanciandomi uno sguardo torvo.
“No, tu russi e io
non riesco a dormire. É per questo che sono così
rincoglionita
questa mattina.” Mi stringo nelle spalle.
“Andrea, modera il
linguaggio.” Mi avverte papà.
“Sì, certo, come no. Lo so io
perchè non hai dormito questa notte, altro che per il mio
russare.
Eri troppo impegnata a-”
“Posso?” Chiede una delle
cameriere, interrompendo la mia ora ex migliore amica dal rivelare
particolari piccanti.
“Certo, grazie.” Stacy si sposta
indietro e la cameriera raccoglie il suo piatto vuoto prima di fare
lo stesso con noi.
“Vorrei un caffè.” Le chiede
papà e la
donna annuisce con un sorriso prima di sparire nella cucina.
“La
nonna ha detto che ci porterà una torta di mele.”
Ma che
gioia. Una torta di mele è proprio quello che mi ci vuole,
adesso.
Non capisco come sono sopravvissuta fino a questo punto senza
assaggiarne mai una fetta, davvero.
“Sapete cosa voglio?”
Comincia Stacy. “Una di quelle palle di neve che vendono nei
negozi
di souvenir. Ho deciso di fare la collezione. Anzi, perchè
solo una?
Ne prenderò dodici.”
“A cosa ti servono dodici palle?” Le
chiede Justin.
La mia vicina di posto si stringe nelle spalle.
“Per prendere il posto di quelle due che non ho.”
“Ma per
l'amor di Dio, Stacy. Possiamo evitare di parlare di certi argomenti
a tavola? Specialmente alle otto di mattina. Non sono in vena di
sapere che cosa pensano le sedicenni del giorno d'oggi.” Mio
padre
alza gli occhi al cielo.
“Al sesso.” Rispondo tranquillamente
io. “Oppure a come rapire il nostro cantante preferito,
rinchiuderlo nello sgabuzzino e tenerlo nascosto dal mondo per poi
costringerlo a sposarci. O a pagarci l'affitto, anche.”
I miei
genitori mi guardano per un po', e alla fine mio padre scuote la
testa. “Scommetto che i ragazzi di 16 anni pensano alla
scuola.”
“Sì, a quella del porno.” Commenta Stacy
e io
rido, mentre i miei genitori spalancano gli occhi.
“Scusate.”
Aggiunge velocemente lei.
“Voglio un maschio, tesoro.” Dice
mio padre a mia mamma.
“Sì, beh, io voglio una borsa di
Hermés.
Non si può avere sempre ciò che si vuole. Vado a
farmi una doccia,
ci vediamo dopo.” Mia mamma si alza e mi bacia la testa prima
di
uscire dalla sala da pranzo.
“Esiste davvero una scuola per il
porno?” Chiede mio padre dopo qualche minuto di silenzio
passato ad
ammirare il suo bicchiere vuoto.
“Sicuro.” Annuisco. “Si
chiama YouPorn.
Dovresti vedere cosa combinano su quel sito. Ci sono ragazze che
riescono a infilarsi in bocca-”
“Non lo voglio sapere!”
Strilla papà prima di alzarsi. “Ehi, Jude! Ci ho
ripensato, non
voglio un caffè. Portami una bottiglia di vodka su in
camera,
grazie.” Dice prima di uscire.
Justin si volta verso di me e
inclina di poco la testa. “Cosa c'è?”
Chiedo.
Si stringe
nelle spalle. “Era un argomento davvero illuminante, Andrea.
Sono
serio. Che cosa riescono a infilarsi?” Chiede infine.
Apro la
bocca per parlare e la richiudo subito. “Sai, varie cose. Un
mattarello, una mela. Niente di chè.” Dico e lui
ride.
Justin
si è cambiato e ora indossa una maglietta nera a maniche
corto con
lo scollo a V, il che significa che mi sta praticamente mostrando il
cuore.
Il che significa che mi ama.
Ma non ci pensiamo troppo
o rischio di informarlo di ciò che ancora non sa da
sè.
Come è
possibile non amarmi? Sono la figlia del Presidente, ho due grandi
tette e anche i capelli che mi arrivano al culo.
E sono
simpatica, il che non è mica un difetto in questa
società.
Stacy
mi afferra la mano e la fa dondolare avanti e indietro con la sua,
mentre la mia guardia del corpo ventiduenne gioca con il suo
telefono.
“Ti stai divertendo?” Gli chiedo e lui alza lo
sguardo.
“No, non molto. Ma preferisco questo alle vostre
conversazioni sul sesso. E solo per fartelo sapere, Stacy, la
posizione 69 non è consigliata nel letto ma in
macchina.”
La
mia migliore amica alza gli occhi al cielo. “Scusami, capo
del
sesso, per non essere informata quanto te al riguardo. Vorresti, per
cortesia, darmi qualche altro consiglio?”
“Sì, passa più
tempo sui libri che sui siti porno e vedrai che ci arriverai da sola
a queste cose.” Justin fa spallucce e io rido piano, mentre
Stacy
sbuffa.
“Avevo ragione quando dicevo che non mi piaci, sai? Sei
stronzo.” Commenta.
Justin ride. “Mi basta avere una sola
ragazza di 16 anni a cui piaccio, Stacy. Mi hai dato un bel sollievo,
stai tranquilla.”
Oh, ma che simpatico. Come fai a non
innamorarti di uno che la sera prima ti bacia e il giorno dopo ti
considera solo una ragazza di 16 anni a cui piace?
“Io gliel'ho
sempre detto che deve cercarsi uno della sua età e che sia
più
gentile di te, sai?” Lo informa Stacy. “Ma non sta
a
sentire.”
“Lo so. Non ascolta mai.” Justin scuote la testa.
“Non so più cosa fare con lei.”
“Beh, intanto ieri mi hai
baciata!” Sbotto e Stacy si volta verso di me con gli occhi
spalancati.
Dannazione. Non avrei dovuto dirlo. Ora inizierà a
urlare e pregarmi di riferirle ogni dettaglio e non posso farlo con
Justin davanti.
“Aspetta, aspetta, aspetta.” Smette di
camminare e mi mette la mani sulle spalle. “Justin ti ha
baciata?
Quando? Perchè? Com'è stato? Era pieno di bava
che ti scendeva giù
per il collo? Il culo te l'ha palpato, almeno? Le tette? Le hai
palpato le tette?” Si volta verso Justin e questo alza gli
occhi al
cielo.
“Stacy, non volevi delle palle?” Le chiede
divertito.
“Oh, già.” La mia amica torna in
sè. “Ne
riparleremo sicuramente dopo, Andrea. Non mi sfuggi quando arriviamo
a casa. Ecco il negozio di souvenir. Entriamo.” Dice prima di
trascinarci dentro.
“Allora.” Comincio quando Justin e io
ritorniamo fuori e appoggiamo le schiene al muro. “Ti pago
cento
dollari se riesci a trovare una buona scusa per non riportarmi a
casa.”
Mi lancia un'occhiata. “Davvero? Cento dollari per
tenerti lontana dalle sue grinfie? Mi servirà qualcosa di
più.”
Ci
penso su.
“Se mi porti fuori a cena, pago io.”
Justin ride e alza gli
occhi al cielo. “Sono d'accordo con Stacy quando dice che
sono
stronzo ma non sono così stronzo.”
“Sì, beh, non hai più
voglia di baciarmi?” Gli chiedo di colpo e spalanco gli occhi
quando mi rendo conto di averlo detto a voce alta.
Justin mi
guarda per un po' in silenzio e Stacy esce prima che lui possa dire
qualcosa con cinque scatole di carta in mano.
“Allora.” Dice
infine. “Queste cretinate mi sono costate 30 dollari. Non so
scherzando. Trenta dollari. E tu.” Mi punta un dito contro.
“Stasera mi devi raccontare tutto. Non l'ho
dimenticato.”
Mhm,
che gioia. “Stasera viene fuori con me.” Annuncia
Justin e io e
Stacy lo guardiamo.
“Ah, sì? E dove andate? Posso cercare su
google dei posti romantici e privati. Se sapete cosa
intendo.” Ci
fa l'occhiolino e ci da delle gomitate.
“Andiamo fuori a cena
perciò usare google per trovare un ristorante, che ne dici?
Ora
andiamo, fa caldo e c'è gente che sta iniziando a
riconoscere
Andrea. Non ho voglia di trovarmi circondato da ragazze e
ragazzi.”
Dice Justin prima di incamminarsi lungo la stretta strada.
Stacy
mi guarda e si apre in un sorriso da 60 denti. “Te l'avevo
detto
che è carino!”
Le lancio un'occhiata confusa mentre seguiamo
Justin. “Ma sei hai appena detto che è
stronzo.”
“Era solo
per farlo sentire in colpa! E comunque ho detto che è
carino, non
gentile. É carino ma stronzo. Tipo quei ragazzi di cui
parlano le
fanfiction, sai?” Fa spallucce e mi prende a braccetto.
“Quindi
dove andate?”
“Non te lo dico perchè potresti seguirci e
farmi il mimo fuori dalla finestra.”
Stacy ride, ma io so che ne
sarebbe capace. Nuoterebbe anche fino all'altra isola per due ore
solo per vedere che Justin mi bacia o non mi bacia.
E sicuramente
non mi bacerà a meno che non lo infili nello sgabuzzino come
vorrei
fare con Ansel Elgort dopo aver visto Colpa
delle stelle
e pianto dal decimo minuto dopo l'inizio del film fino all'ultimo. E
anche due ore dopo averlo finito.
Usciamo
dal ristorante e questa volta abbiamo tre guardie del corpo con noi,
visto che per stasera Justin è ufficialmente considerato un
ragazzo
normale di 22 anni che esce con una persona senza dover pensare a
come salvarle la vita.
John cammina al mio fianco con un
auricolare nell'orecchio con cui parla ogni dieci secondi per
informare le due guardie a cinque centimetri di distanza del fatto
che sono salva e ancora viva.
“John? Sì, ciao. Ascolta, perchè
non vai a prenderti un gelato con gli altri? Non mi ucciderà
nessuno, te lo garantisco.” Cerco di tranquillizzarlo.
“Il
nostro compito e tenerti al sicuro, Andrea.” Commenta lui
accigliato.
“Sì, e lo capisco, davvero. Ma sono al sicuro.
Promesso. Urlerò se ci sarà bisogno di voi.
D'accordo?” Chiedo
ancora.
John mi guarda per qualche minuto. “Cammineremo dietro
di voi.” Sospira infine e raggiunge gli altri due uomini,
così io
mi rilasso.
“Ti danno davvero così tanto fastidio?”
Mi chiede
divertito Justin dopo aver messo via il telefono.
“Sì. Non
sempre, ma quando voglio starmene tranquilla e loro sono sempre
intorno è fastidioso.” Mi stringo nelle spalle e
Justin mi prende
per mano, il che mi fa praticamente lo stesso effetto di quando mi ha
baciata.
“Okay, facciamo così.” Dice infine e io
alzo lo
sguardo per guardarlo in faccia. Potrebbe abbassarsi di qualche metro
per raggiungere il mio livello, comunque. “Io li distraggo,
tu ti
nascondi in quel vicolo e quando iniziano a cercarti, io ti
raggiungo.”
Lo fisso a bocca aperta. “Sul serio?”
Annuisce.
“Sul serio. Potrei volerti baciare ma non intorno a loro,
perciò
scegli tu.”
“Sì, allora vado. Tu vai a distrarli. Con cosa
vuoi distrarli?” Chiedo, aggrottando la fronte.
“Ci penserò
su. Tu vai alla vetrina e da lì spostati verso il vicolo.
Vai.” Mi
fa cenno di allontanarmi e così faccio, incollando il naso
alla
vetrina di un negozio per uomini. Non è un
granchè ma va bene.
Mi
guardo indietro e vedo che le tre guardie del corpo fissano Justin
mentre indica qualcosa dall'altra parte della strada, così
mi infilo
velocemente nel vicolo e appoggio la schiena contro il muro.
Mio
padre mi farà diventare viola a forza di urlarmi contro se
lo
scoprirà ma almeno passerò questi dieci minuti in
pace.
Sobbalzo
quando mi ritrovo Justin accanto e ancora di più quando mi
afferra
la mano e mi tira dietro di sè. “Dove stiamo
andando?” Gli
chiedo.
“Lontano da qui.” Ride. “Sembra una frase
presa da
un film, dannazione.”
Vorrei dire qualcosa ma sono troppo
occupata a guardare dove sto andando per non inciampare e fare
un'altra figura di merda, anche se non farebbe differenza visto
quante ne ho fatte fino ad ora.
Raggiungiamo l'altra spiaggia,
popolata da pochi turisti che fanno baccano nei ristoranti, e Justin
mi tira verso la sabbia.
Ci sediamo e io prendo un bel respiro.
“Non fai sport, vero?” Ride.
“Non molto. Ogni tanto mi alzo
dal letto, però.” Lo informo prima di lasciar
cadere la mia testa
sulla sua spalla.
“Sei già a buon punto. Tutti cominciano
così.” Si sposta piano e si toglie la giacca di
pelle,
appoggiandomela sulle spalle prima di cingerle con un braccio.
Mi
lecco le labbra e guardo le onde infrangersi sulla sabbia prima di
ritirarsi e ripete l'azione precedente, poi sospiro. Non voglio
tornare in America se significa che Justin si allontanerà di
nuovo
da me e questo non capiterà più. Ho perfino
rinunciato alla cena
con i nonni per stare qui con lui e neanche mi sta baciando! Aveva
detto che voleva farlo. Bugiardo!
Il telefono di Justin suona e
lui lo tira fuori, controllandolo, poi mette il vivavoce quando legge
il nome di John. “L'avete trovata?”
“No! Dannazione, suo
padre di ucciderà. Tu dove cazzo sei?” Chiede John
mentre annaspa.
Scommetto che sta correndo in giro.
Un po' mi dispiace, ma
dall'altra parte io gli avevo chiesto di lasciarci da soli un attimo.
Poteva benissimo risparmiarsi tutta questa fatica.
“Sono
dall'altra parte dell'isola, Andrea non è qui. Torno tra
poco.” Lo
informa Justin e io sospiro, così mi guarda e mi da un
leggero bacio
sulla fronte.
“Sei sicuro che non è lì? Veniamo anche
noi,
aspettaci da qualche parte lì intorno.” Gli dice
velocemente.
“No,
sono serio, non è qui. Ho controllato dappertutto,
probabilmente è
tornata alla macchina. Andate a controllare io, sto
arrivando.”
Stacca la chiamata e mette via il telefono.
“Probabilmente ci
picchierranno entrambi quando scopriranno che il piano è
stato più
tuo che mio.” Commento e lui ride.
“Vorrei vederli provarci.”
Dice infine e appoggia il mento sulla mia testa.
“Però dobbiamo
tornare tra poco. Farò finta di averti trovata per
strada.”
“Che
bella cosa da dire, Justin. Grazie.” Alzo gli occhi al cielo
e lui
ride. “Non puoi fare finta di esserti perso?”
“Verrebbero
qui e saremmo nei guai sul serio. Quindi no.” Si stringe
nelle
spalle e io annuisco, poi sospiro di nuovo.
Il mio telefono
ricomincia a suonare e io declino la chiamata per la trentesima volta
prima di spegnerlo completamente e infilarmelo in tasca.
“Vuoi
baciarmi o no? Se mi hai fatto rischiare la vita per niente, ti
denuncio, Justin. Non mi interessa che mi piaci e tutto il
resto.”
Lo avvero e lui ride di nuovo.
“Non è esattamente il modo più
romantico per chiedere un bacio, sai?” Mi chiede.
“Beh, non è
esattamente romantico promettermi un bacio e poi non darmelo,
sai?”
Lo prendo in giro.
Alza gli occhi al cielo ma alla fine me lo da,
e questa volta è più delicato dell'altro ma
più sicuro, quindi
dieci volte meglio. E anche dieci volte più lungo.
E io sono al
settimo cielo.
So
che sono più o meno in ritardo,
anche se il ritardo non è così
ritardoso come i ritardi precedenti.
Quindi siamo sulla buona
strada! :)
Okay, voglio ringraziarvi per le recensioni e
anche
chiedervi di passare una storia che sto scrivendo e che sarà
molto, molto corta.
Ditemi che ne pensate; ecco il link:
Vedremo.
Grazie ancora :)
|
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Capitolo 9 *** Parigi ***
Capitolo 9.
Ho avuto un
piano.
Un piano perfetto, uno
di quei piani che ti vengono in mente una volta nella vita e che
passerai il resto dei tuoi giorni a rimpiangere.
Sono venuta a Parigi.
Sicuramente
è una città romantica: la torre Eiffel, i
menestrelli sulla riva del fiume, i piccioni che ti attaccano a ogni
angolo e le crociere sulla Senna, ma io sono qui per seguire un corso
d'arte, imparare a fare le baguette e a togliere le lumache fritte dal
guscio.
Certo, il mio piano
non comprendeva perdere le valigie in aeroporto e rimanere incastrati
nel traffico per quattro ore, girando a destra e a sinistra e chiedendo
aiuto a tutti i passanti perchè nessuno aveva la
più pallida idea di dove fosse l'appartamento che mio padre
mi ha preso in affitto per il prossimo mese.
Ora, io non sono una
di quelle persone che tengono il broncio per anni e ci scrivono sopra
un album, ma se Justin osa mettermi la mano sulla coscia ancora una
volta dopo aver passato due settimane a dirmi che i baci erano stati
uno sbaglio, giuro che gliela trancio via.
La macchina si ferma
davanti a un palazzo di sei piani con vetrate assurdamente enormi e un
portone che farebbe invidia a quello della Casa Bianca, e io riesco in
qualche modo a uscire senza inciampare nella borsa.
L'appartamento
è bianco e ha due camere da letto e un bagno,
perciò dovrò impegnarmi a fare le maratone per
superarlo ogni mattina e fare la doccia per prima, ma questo problema
posso risolverlo buttando Justin fuori dalla finestra e chiamandolo un
incidente.
Josh lascia cadere le
valigie a terra e crolla a sedere sul divano, annaspando come se si
fosse fatto sei piani a piedi.
"La mia camera
è quella più grande, la tua camera è
in balcone." Informo Justin prima di allontanarmi giù per il
corridoio e aprire tutte le porte, trovando finalmente una stanza con
un letto a due piazze e una piccola tv a schermo piatto.
"Potremmo dormire
insieme. Qui non c'è la legge dell'età." Mi
ricorda lui mentre mi segue, così mi giro verso di lui e
alzo un dito per zittirlo.
"Sai cosa, Justin? Ho
le tasche piene delle tue battute e delle tue confessioni e delle tue
promesse e dei tuoi dubbi e di tutte le altre cazzate che mi hai detto.
Non puoi baciarmi due volte, ignorarmi per due settimane e pensare che
rimarrò ad aspettarti a braccia aperte per sempre. Ho
passato quasi due mesi a correrti dietro. Mi sono messa in ridicolo per
te, ho cercato modi per piacerti, ti ho chiesto di darmi una
possibilità, e tu non hai fatto altro che prendermi per il
culo. Perciò sai cosa ti dico? Puoi fare quello che ti pare,
puoi andare fuori e portare ragazze a letto ogni notte se ti fa
piacere, puoi anche continuare a ignorarmi. Ho un programma di cose da
fare e sicuramente non mi farò te. Questo è
quanto, spero di essere stata chiara. Ora, con permesso,
andrò a sistemarmi in camera e fingerò che non ti
abbia mai conosciuto." Impongo prima di entrare nella mia stanza e
sbattergli la porta in faccia, ignorando lo sguardo sconvolto del
ragazzo per cui solo una settimana fa avrei fatto di tutto.
Dio, che palle.
Lancio la borsa sul
letto e apro le due finestre, lasciando entrare l'aria fresca mentre mi
metto a sistemare le lenzuola e i miei vestiti nell'armadio.
Se due mesi fa
qualcuno mi avesse detto che sarei stata io a non voler sapere
più niente di Justin, probabilmente sarei morta sul colpo.
D'accordo, posso
essere giovane quanto vuole, posso avere 16 anni e posso comportarmi da
bambina, ma sicuramente so quando è ora di lasciar perdere
qualcuno che continua a farmi male.
Esco dalla camera dopo
aver finito di ordinarla e mi fermo sui miei passi quando vedo Justin
tirare i suoi vestiti fuori dalla valigia.
"É un
peccato che quel bel corpo sia stato sprecato per una testa di cazzo."
Dico mentre mi avvio verso la cucina, sentendo i suoi passi risuonare
dietro di me quando mi segue lungo il corridoio.
"Ne possiamo parlare
civilmente, Andrea?" Mi chiede quando si siede al bancone e mi guarda
andare avanti e indietro per controllare tutti gli armadietti.
"No, non ne possiamo
parlare proprio. Anzi, non possiamo parlare in generale
perchè hai un bel modo di fare con le parole ma il
realtà non sai fare altro che parlare, parlare e parlare.
Prima mi baci e poi mi ignori, prima dici che ti piaccio, che vorresti
stare con me, e poi dici che non c'è niente da fare. Secondo
me hai dei problemi e se fossi in te, andrei a farmi curare." Borbotto
prima di sbattere un'anta e girarmi verso di lui.
"Senti, non potevo
girarti intorno con tuo padre nella stessa casa. Pensi che mi piaccia
questa situazione? Pensi davvero che sia contento di come stiano
andando le cose tra di noi?" Mi chiede retorico e io inarco un
sopracciglio.
"Quali cose? Quali
noi? Non c'è proprio niente tra di noi e non c'è
neanche un noi. Ci sei tu e ci sono i tuoi cazzo di squilibri mentali e
ci sono io che non voglio più saperne niente di te. Hai
avuto abbastanza tempo per svegliarti e capire ciò che mi
stavi facendo. Sei stato chiamato qui per proteggermi ma mi hai ferito
più tu di chiunque possa aver voluto farmi del male. Sospiro
infine, togliendomi il cardigan e gettandolo su una delle sedie intorno
al tavolo da pranzo.
Hey, There, Delilah
è a ripetizione da mezzogiorno, così come le
infite suppliche di Justin perchè io lo ascolti e gli dia la
possibilità di spiegarsi.
Cosa c'è da
spiegare oltre al fatto che è uno stronzo?
Se venisse qui e mi
confessasse di aver sbattuto la testa da piccolo e che da quel giorno
è incapace di provare pietà e compassione per
qualsiasi persona intorno a lui, allora forse rimarrei ad ascoltarlo.
Ma quante
possibilità ci sono che abbia realmente sbattuto la testa?
Beh, aumenteranno
velocemente se continua a bussare alla mia porta in questo modo.
"Ma te ne vuoi andare?
Sto studiando, lasciami perdere!" Gli urlo per la centesima volta e
sento la porta aprirsi, così sbuffo e alzo lo sguardo dal
libro di arte. "Ma allora non ti è chiaro, Justin. Non
voglio parlarti e non voglio vederti e sinceramente sto pensando di
trasferirti all'albergo e portare Josh qui. Smettila di assillarmi, ho
cose più importanti da fare in questo momento."
Lui si chiude la porta
alle spalle e ci si appoggia contro il silenzio, incrociando le
braccia. "Ero sincero quando ho detto che mi piaci, ed ero sincero
quando ho detto che vorrei stare con te, ed ero sincero quando ho detto
che non possiamo. Andrea, non sto cercando di ferirti o di farti male o
di ingannarti in qualche modo, sto solo cercando di... Beh,
proteggerti."
"Proteggermi da cosa?
Ormai dovrei ingaggiare qualcuno che mi protegga da te e credimi, sono
a tanto così dal farlo. Puoi uscire adesso? Non ha
più senso parlarne, tu non interessi a me e io non interesso
a te, e sono sincera." Affermo prima di girare un'altra pagina e
tornare a leggere l'Impressionismo.
"Andrea, sei la figlia
del Presidente, che cosa penserebbe la gente se scoprissero che stai
con qualcuno di sei anni più grande? Specialmente quando
c'è una legge, quando tuo padre conferma questa legge ogni
minuto della sua vita quando mette in prigione uomini che stanno con
ragazzine." Mi ricorda prima di avvicinarsi alla scrivania e prendere
un'altra sedia.
"Non diranno
assolutamente niente perchè io e te non staremo mai insieme.
É fuori questione. Ora come ora preferirei stare con la
tavoletta del water, almeno quella se ne sta zitta." Borbotto prima di
spingerlo via quando cerca di appoggiarsi su uno dei miei libri.
"Vattene, Justin. Non sto scherzando, sono stanca di vederti intorno e
sono stanca di parlarti e sono stanca di sentirti sparare una scusa
dopo l'altra. Non hai più bisogno di giustificarti o di
scusarti, perchè ormai non mi interessi. Puoi fare quello
che vuoi, non avrà alcuna ripercussione sulla mia vita. Sono
occupata ora, ti dispiacerebbe andartene e non tornare?" Ripeto di
nuovo e lui mi guarda per qualche secondo, poi sospira e si alza dalla
sua sedia.
"Pensavo che avresti
capito, Andrea, davvero. Se non ti interesso più, non
c'è alcun motivo di essere arrabbiata con me." Mi informa e
io lo osservo per un po', poi mi alzo e lo prendo per le spalle,
spingendolo fuori dalla mia camera.
"Non sono arrabbiata.
Sono estremamente contenta di come sono stata trattata ultimamente. E
spero davvero che la prossima volta che incontrerai qualcuno che ti
correrà dietro come ho fatto io, tu riesca a dirle di non
sprecare il fiato." Sintetizzo prima di chiudere le porta e girare la
chiave nella toppa, poi torno a sedermi e continuo a leggere senza
vedere le parole.
E prima ancora che me
ne renda conto, le lacrime iniziano a cadere su ogni pagina.
Solo perchè
non mi interessa più, non vuol dire che non mi manca.
Sono passati mesi, anni,
decenni, ere, i dinosauri hanno ripopolato il pianeta.
E noi siamo ancora al
nono capitolo.
Oh, beh, pazienza.
Sono tornata,
suppongo. :)
Ovviamente l'intero
capitolo è stato ispirato da Clean di Taylor.
Spero vi piaccia. :)
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