Metodo Scientifico

di Lights
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fase uno: contatto con gli occhi. ***
Capitolo 3: *** Fase due: sorridi con il cuore ***
Capitolo 4: *** Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere ***
Capitolo 5: *** Fase quattro: in amore vince chi fugge ***
Capitolo 6: *** Fase cinque: ruvide labbra ***
Capitolo 7: *** Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro! ***
Capitolo 8: *** Fase sette: la felicità ti coglie quando meno te lo aspetti ***
Capitolo 9: *** Fase otto: McKenna Hall ***
Capitolo 10: *** Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica ***
Capitolo 11: *** Fase dieci: io, tu e … lui o lei? ***
Capitolo 12: *** Fase undici: Jane Doe ***
Capitolo 13: *** Fase dodici: destini che s’incrociano ***
Capitolo 14: *** Ultima fase: Eroe ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Metodo Scientifico

- Prologo -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il nostro compito di scienziati non è di scegliere solo i fatti che confermano una teoria e - per così dire - la ripetono;

il metodo scientifico consiste invece nella ricerca di fatti che possano confutare una data teoria.”

Karl Raimund Popper

 

 

 

 

 

 

Felicity, tu sei innamorata di Oliver Queen.

Non una domanda, non un'affermazione, solo una semplice constatazione dei fatti.

Ora basta! No. Non è assolutamente vero che io, Felicity Smoak, sono innamorata di Oliver Queen. Ma fatemi il piacere! Che assurdità.

Tutti che continuano a ripetermelo. Sono i fatti che contano. Sì, certo, come no.

Ho visto come lo guarda, signorina Smoak.

Non guardo Oliver proprio in nessun modo. Non ho lo sguardo perso nel mondo dei sogni mentre lo osservo allenarsi alla scala. È solo un corpo umano che si allena, niente di particolare.

Mica sto lì a sottolineare con gli occhi le sue cicatrici, le sue ferite, i suoi tatuaggi. Mica mi stupisco ogni volta che ne trovo uno nuovo. No, e poi no.

Non ho nessuna reazione particolare quando mi tocca, mi sfiora, mi afferra. No, e poi no!

Non mi vengono i brividi, la pelle non s’increspa e i battiti del cuore non accelerano all'improvviso, neanche fosse una locomotiva di un treno! Assurdità! La vicinanza di Oliver non mi fa nessun effetto. Siamo seri.

La gente vuole vedere cose che in realtà non esistono.

No, non mi piace e non provo nessun piacere fisico e mentale a stuzzicarlo durante le nostre discussioni. Voi non capite quanto sia irritante Oliver Queen quando vuole fare il duro, l’ostinato, l’eroe, il protettivo. È puro fastidio, il mio. È l'unica persona che riesce a innescare la mina vagante che c'è in me. Ha l’innata capacità di toccare i giusti contatti per farla esplodere. Riesce a tirare fuori il peggio di me.

Loro continuano a sostenere che io sia follemente e perdutamente innamorata di Oliver, ma per piacere, al solo pensiero mi viene da ridere.

Bene, non mi credete, ve lo proverò! Non c'è pettegolezzo che tenga a un super test scientifico. La scienza non mente mai. I risultati sono sempre zero o uno. Semplice.

So resistere al fascino ammaliante e caldo di Oliver Queen, perché lui non-mi-fa-nessuno-effetto, ma lui saprà non cedere a Felicity Smoak?

Cioè, non ho detto che lui debba per forza cadere ai miei piedi, non che io lo voglia, anche se l’idea mi stuzzica… No, a me non piace Oliver Queen, suvvia, e non m’interessa l’idea che lui possa innamorarsi di me...  Avanti, è pura utopia. Lui ed io non abbiamo nulla in comune e la scienza mi darà ragione.

Come in ogni esperimento c’è bisogno di metodo e prove. Afferro un libricino nuovo dal cassetto della scrivania. Prendo la penna fucsia con il ciuffetto. Sulla prima pagina, in maiuscolo, scrivo il titolo del mio esperimento: Io non amo Oliver Queen, confutazione con metodo scientifico. Felicity Smoak.

Osservo per diversi secondi la scritta. Giro la pagina di scatto. Oh, va bene, non è il massimo come titolo, ne troverò uno migliore più avanti, l’importante è iniziare.

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Eccoci qua con una nuova avventura tra le mani. Il più della storia è già scritta. Mi rimangono gli ultimi capitoli, ma non vi preoccupate, come di consueto, la pubblicazione ci sarà ogni lunedì, salvo imprevisti.

Ogni capitolo si aprirà con una citazione che vi farà intuire fin da subito che cosa tratterrà.

La storia è raccontata dal punto di vista sia di Oliver e sia di Felicity.

Metodo scientifico è collegata all’altra mia storia Undercover, mi piace l’idea di creare un legame con quello che scrivo.

In Metodo scientifico ci saranno degli accenni che spiegheranno situazioni non scritte o riferimenti che riportano a Undercover ma questa storia si può leggere tranquillamente senza aver letto la prima. Sarà, comunque, mia cura segnalarvelo a fine capitolo in questo spazio.

 

Un doveroso grazie a Vannagio e Jaybree che sono sempre al mio fianco in questa avventura ^_^ .... e prima che le note diventino più lunghe del prologo, vi lascio ^_^

Chissà che avrà in mente Felicity?

Siete pronti? Scintille Olicity al mio via!

 

 

A lunedì prossimo ;)

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Capitolo 2
*** Fase uno: contatto con gli occhi. ***


Metodo Scientifico

- 1 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase uno: contatto con gli occhi.

 

 


Quel che amore tracciò in silenzio, accoglilo,

che udir con gli occhi è finezza d'amore.

William Shakespeare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sembra proprio che i cattivi siano scappati da Starling City stasera. Oliver è da un’ora che si allena, Diggle non ho idea di dove sia. Siamo solo lui ed io nell’Arrow Cave. Sto aggiornando il sistema operativo dei computer. Il lavoro più noioso che ci sia per un esperto informatico. Non devi fare altro che avviare il file, attendere il suo completamento, riavviare il sistema e poi riprendere da capo. Pura noia.

Mi giro con la sedia. Accavallo le gambe e mi sistemo meglio contro lo schienale. Lascio vagare lo sguardo su Oliver. Osservo come ipnotizzata i suoi movimenti. Sono precisi, come se seguisse una linea immaginaria di un percorso solo a lui noto. Lo sguardo scivola dal braccio al bicipite teso, fino alla clavicola. La vena del collo che pulsa per lo sforzo è affascinante. La mascella rigida, digrigna i denti. Il peso che sta sollevando deve essere davvero pesante. Ed eccoli lì, i suoi occhi di quel colore strano. Lo sguardo concentrato, sempre dietro a quegli ordini immaginari che s’impone nell’allenamento.

Mi ritrovo a inclinare la testa, la penna in bocca mentre la mordicchio, scivolo sulla schiena. Oliver si è voltato e mi sta dando le spalle. Peccato. Mi piace osservare il suo viso, ha talmente tante sfaccettature che ogni volta ne scopro una nuova.

Aspetta, non è per caso che si è accorto che lo sto fissando e si è voltato per l’imbarazzo? Ora non esagerare, Felicity.

Inspiro profondamente. Stiracchio leggermente il collo indolenzito e proseguo nella mia esplorazione. Percorro la colonna vertebrale. I muscoli tesi e quel leggero fianco rilassato. Freno l’istinto di allungare la mano per sfiorarglielo. E poi… Oh Dio! Oliver si piega in avanti per afferrare il peso da sollevare.

Mi volto immediatamente con la sedia, salvata dal bip del computer.

Che caldo! La guancia scotta al contatto con la mano gelata.

Questo non significa niente. Niente. Mi ha solo colto alla sprovvista! Non è un dato rilevante per l’esperimento. Ora mi volto, e provo che non significa niente. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. Uno slancio con il piede e la sedia si gira e

- Oliver!

 

 

 

Esatto sono io. Ma che le prende oggi? Incrocio le braccia al petto e la osservo.

- Tutto bene? – Mi sembra così strana.

- Certo! Mi annoio un sacco quando devo aggiornare il sistema operativo, ma allo stesso tempo, se non lo faccio, mi sento una brutta persona. È come se privassi i computer della loro anima perfetta.

Ed eccolo di nuovo. Occhi negli occhi. Non molla mai la presa. Negli ultimi giorni sembra che stiamo facendo a gara a chi distoglie per primo lo sguardo. Sarà.

- Serata tranquilla. – Mi avvicino alla teca e afferro l’arco. Felicity m’imita, prende in mano una freccia che poco dopo mi porge e… di nuovo i suoi occhi su di me.

Sono così intensi ma allo stesso tempo non ho la minima idea di cosa le stia passando per la testa.

Da dove viene tutta questa vivacità?

- Scusami, - E infine cede. Abbassa lo sguardo, ma ho come la netta sensazione che sia stata una resa volontaria. Mi sembra perfino di scorgere un sorrisetto soddisfatto sulle sue labbra, quando lascia la freccia.

La finestra virtuale del telegiornale si apre all’improvviso e ci avvisa dell’ennesima aggressione da parte di una banda d’esaltati a The Glades.

- Fai attenzione, - Invece di concentrarsi sulla schermata, questa volta Felicity mi osserva. Ma che succede?

- Tutto bene?

- No. – Non ci capisco più niente. Inclino il capo verso destra e la osservo, ma credo che sul mio viso si legga bene la mia confusione. - È solo… mi ero abituata a questa calma.

Sbaglio, o quello che vedo nei suoi occhi è una punta di tristezza?

- Ehi, - Mi viene voglia di carezzarle la guancia, ma non lo faccio. – Troppa tranquillità fa male, ogni tanto ci vuole un po' di esercizio fisico vero. – Sorrido divertito mentre finisco di indossare la giacca del costume.

- Preferisco un altro tipo di esercizio fisico.

Mi volto di scatto verso di lei. È in piedi, appoggiata alla scrivania e mi guarda.

Scusa? Sta intendendo quello che penso? No, non può essere. Abbasso le palpebre brevemente, le sue frasi ingenue a doppio senso iniziano a destabilizzarmi.

Ritorno su di lei. Che c’è? Mi viene voglia di chiederle ma non lo faccio. Esito un attimo, poi lentamente mi avvicino a Felicity.

- Torno tra poco, in ogni caso, sai dove trovarmi.

Ed eccola lì, la scintilla di soddisfazione nei suoi occhi.

 

 

Concentrati, Oliver! Sfilo la freccia, tendo l'arco, punto al bersaglio. È questione di pochi secondi: l'esplosione fa piombare il mondo circostante in pochi istanti di caos, per poi essere sostituito dalla quiete del silenzio.

Oliver... Il tono della voce di Felicity ha una leggera inflessione preoccupata. Oliver... sussurra appena il mio nome. Sorrido in automatico, non so spiegarmelo, ma ogni volta provo un certo piacere nel constatare la preoccupazione di Felicity nei miei confronti.

- Sto bene. - Ti aspetto. E quelle due parole dette in quel modo sincero mi fanno aumentare la voglia di tornare subito all'Arrow Cave e rivedere i suoi occhi.

 

 

Finalmente è tornato. Anche questa volta è andato tutto bene. Respiro normalmente. Faccio scivolare lo sguardo su di lui per controllare che realmente sia così e che non abbia graffi o, peggio, ferite. Quando arrivo ai suoi occhi incontro il suo sguardo che mi osserva.

Sorrido in automatico.

Oliver fa qualche passo verso di me, si lascia andare anche lui, sorride, ed io lo faccio più apertamente. Esperimento uno: riuscito.

- Andiamo a letto?

Ditemi che non l'ho detto veramente, ma dall'espressione sconcertata che c'è sul suo viso, deduco che l'ho fatto.

- Nel senso che ora possiamo spassarcela... - Oh, mai stai zitta. Smetto di gesticolare all'istante e m’incateno ai suoi occhi che hanno assunto un colore più definito, più intenso.

- Lascia stare, sono stanca e il mio cervello non ha più filtro ormai.

Peggio di così non può andare. Gli do le spalle, afferro la borsa e poi mi volto nuovamente verso di lui. Lo osservo attentamente, curiosa di scoprire se i suoi occhi hanno ancora quel colore che ho scorto prima. No, sono tornati alla normalità.

- Buonanotte, - Oliver mi precede mettendo fine alla nostra gara di sguardi.

- Notte. - Sussurro appena e batto in ritirata.

 

 

Ormai è un'ora che sono nel mio letto e fisso il soffitto. E dopo questa settimana di analisi posso affermare con assoluta certezza che la prima fase è andata a buon fine, e l'esito è sempre lo stesso.

Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

Con questa consapevolezza, e soddisfatta di me stessa, sistemo meglio il cuscino e mi avvio per il mondo dei sogni.

- Oliver... - Sento a stento la mia voce, ma ormai è solo il subconscio che parla.

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Permettetemi un piccolo commento: ahahhahahahahaha

Felicity mi farà morire soffocata.

L’esperimento è iniziato. Questa è sola la prima fase e ne vedremo delle belle, ahahahhahaha

Bene *riprende ossigeno* grazie a tutti-tuttissimi.

Un abbraccio stretto-strettoloso a quelle sante che mi sopportano in antemprima: Vannagio e Jabree.

Ci si rilegge lunedì prossimo ;)

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Capitolo 3
*** Fase due: sorridi con il cuore ***


Metodo Scientifico

- 2 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase due: sorridi con il cuore

 

 

 

 

Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste,

 perché non sai mai chi potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.

Gabriel Garcia Marquez

 

 

 

 

- Buongiorno. – Felicity entra nel mio ufficio. Al suono della sua voce alzo gli occhi su di lei e in risposta c’è il suo sorriso radioso. È da una settimana abbondante che ogni mattina mi saluta con questo insolito sorriso. Non il classico sollevamento delle labbra di qualche istante, ma è più come se fosse il primo raggio di sole della giornata. Le sue guance si sollevano, gonfiandosi appena, inclina leggermente la testa verso destra mentre la sua bocca, tinta di uno sgargiante lilla chiaro, si distende. Unito all’effetto del suo sguardo profondo, il risultato non può che essere affascinante. Sì, proprio affascinante. Ogni volta che lo incontro mi concedo qualche secondo e mi soffermo a osservare il suo viso, fino a quando lei non è consapevole di quello che sto facendo e batte in ritirata.

Ho quasi la netta sensazione che stia cercando di dirmi qualcosa da un paio di settimane ma che non riesca a farlo con le parole e allora utilizza il linguaggio del corpo per trasmettermi il messaggio. Prima i suoi occhi, ora le sue labbra e domani che cosa sarà?

Fermo il flusso dei miei pensieri. Osservo Felicity prendere posto alla sua scrivania, e la domanda mi sorge spontanea: domani come mi parlerai?

Inspiro profondamente cercando di tenere sotto controllo questa insana curiosità.

Mi tuffo nella marea di scartoffie che riempiono la scrivania di Oliver Queen. Documenti noiosi ma necessari. Ahimè, non riesco a tenere la giusta concentrazione.

- Buongiorno, Diggle. – A quel saluto distolgo lo sguardo dalle lettere e li osservo. Quei due hanno avuto fin da subito un’intesa particolare, quasi fastidiosa. Il fare protettivo da fratello maggiore di Diggle nei confronti di Felicity è per certi versi irritante.

Li osservo. Felicity gli sorride, ma non nel modo in cui ha sorriso a me, in modo diverso, più confidenziale. I lineamenti del suo viso sono rilassati, i suoi occhi hanno una luce particolare, e perfino la postura del suo corpo è diversa da quando sta con me.

Mi adagio allo schienale della sedia. Incrocio le braccia al petto e proseguo la mia analisi. I due stanno scherzando senza accorgersi che li osservo e poi accade.

Diggle si sporge verso Felicity e le pizzica la guancia con il dorso dell’indice e del medio. Lei si blocca un attimo, disorientata dal quel gesto confidenziale, ma è solo un brevissimo istante, poi scoppia a ridere.

Ora, basta! Mi alzo e in pochi passi mi ritrovo con loro. Si bloccano e mi guardano disorientati.

- È successo qualcosa, Oliver? – Domanda Diggle, cercando di capire qualcosa dal mio sguardo.

Sì, le stai troppo addosso per i miei gusti. – No.

- Hai bisogno di qualcosa? – Mi volto a guardare Felicity. Mi osserva in attesa di una mia risposta.

- Un caffè. – No! Troppo tardi per fermare la mia risposta immediata. Trattengo il respiro e chiudo brevemente le palpebre. Dannazione!

Sorride. Felicity mi sta sorridendo, ma non un sorriso di circostanze, o derisorio, uno aperto e spontaneo.

- Stai dicendo sul serio? – Domanda sorpresa e inclina il capo verso sinistra. Brutto segno. – Terzo piano. In fondo al corridoio, secondo porta a destra. Lì troverà una comoda sala caffè e senz’altro un’affabile segretaria che saprà porgerle una magnifica e gustosa tazza di caffè fumante appena fatto, signor Queen.

Sorrido a labbra strette. Me la sono cercata. Diggle, al contrario, ride apertamente e Felicity lo osserva seria prima di sorridergli complice con un accenno di occhiolino.

- Non intendevo questo. – Tono seccato, forse troppo per la situazione. – Diggle, andiamo a fare due passi.

- Dove? – Felicity s’informa prontamente. – Tutto bene, o dovete fare quel solito discorsetto tra maschi?

- Ho solo bisogno di caffè e un po’ d’aria fresca. È da stamattina che sono rinchiuso in quell’ufficio. - Sono frustato da questa situazione, ecco!

Un’altra volta la reazione di Felicity mi sorprende. Mi sorride con comprensione. – Va bene, scusa. – Sorride sincera e dispiaciuta. - Ricordati che alle quattro hai la riunione con la signorina Rochev.

 

 

 

 

La fase due sta andando alla grande. Tutti i test sono positivi. Devo complimentarmi con me stessa. È stata una vera genialata inserire elementi esterni in modo da confutare i dati. Sono più che sicura che Oliver si sia accorto della diversità di atteggiamento che tengo con lui e con Diggle. Devo ampliare i miei test, ma con chi?

Mi avvicino alle vetrate, sconsolata. La mia vita sociale è davvero piatta. A parte Oliver e Diggle, non ho al momento altri uomini all’orizzonte. Che tristezza.

Passo diverso tempo in silenzio con la testa vuota. Non puoi mollare proprio ora l’esperimento, Felicity. Vorrà dire che sorriderò a chiunque di sesso maschile mi capiti a tiro.

Mantenendo fede al mio proposito, inizio a sorridere al fattorino, al postino, al barista, all'usciere, praticamente a tutti gli uomini che mi capitano a tiro quando sono insieme a Oliver. Ogni volta cambio il modo di sorridere. A chi ne rivolgo uno lungo e sincero, a chi aperto e divertito, e a chi timido e imbarazzato.

Dopo diversi giorni con questa tecnica inizio a sentire male alle guance. Devo aver sorriso troppo meccanicamente, non immaginavo che sarebbe stato così difficile farlo a comando. Mi massaggio con nonchalance dalla mascella agli zigomi, mentre monitoro gli spostamenti di Diggle dandogli le giuste indicazioni per il pedinamento.

Oliver sta completando il suo allenamento serale.

- Ora prosegui dritto per quattrocento metri, e poi svolta a destra. Si è fermato.

Mi adagio allo schienale, stanca. Sento un peso che si appoggia sulla sedia. Tiro su il volto e mi scontro con la faccia di Oliver. Sorrido in automatico, con lui mi viene naturale, anche se sento tirare i nervi della faccia. Devo aver preso freddo l’altra sera.

Oliver mi osserva pensieroso. – Tutto bene?

Siamo bloccati in questa posizione, con una labile lontananza tra i nostri visi. Il mio proteso verso il suo, e il suo che cade su di me.

- Devo aver un po’ di nevralgia al viso, forse ho preso freddo.

- O forse sorridi a troppe persone. – I suoi occhi seri mi colpiscono ancora di più della frase insinuante.

- Che male c’è a sorridere? – Mi lascio sfuggire, ma ho bisogno di conferme per l’esperimento.

- Niente, se lo fai solo con me.

Blackout totale. Non so che pensare. Non so come respirare. Non so che cosa dire. Sono ferma, bloccata, in quell’assurda posizione, e l’unica cosa che penso, che voglio, che lui appoggi le sue labbra sulle mie.

Sgrano gli occhi ma non è l’unico motivo.

L’esplosione mi rimbomba nell’orecchio. – Diggle!

Mi allontano da lui e mi rivolto ai computer. Digito velocemente per entrare nel video di sorveglianza dove si è appostato Diggle. Quello che vedono i miei occhi è indescrivibile. Fiamme e fumo ovunque.

- Diggle! – Lo chiama Oliver spaventato.

- Oliver, - Mi volto verso di lui. Afferro tremante il suo braccio.

La sua mano si appoggia sulla mia e me la afferra. – Non ti preoccupare, Felicity, lo riporterò sano e salvo.

Ed eccolo il calore che sento ogni volta che ripongo la fiducia nelle mani di Oliver. Il mio sguardo è triste, ma il mio sorriso sincero dà la giusta speranza che ci vuole in questo momento per non abbattersi al peggio.

Sono lunghi minuti di attesa. Dopo un’ora li vedo finalmente scendere le scale. Oliver sostiene Diggle e lo aiuta a camminare.

Gli corro incontro e li abbraccio. Non ho mai provato così tanta paura e felicità allo stesso momento.

Appoggio il capo al petto di Oliver e il suo braccio mi circonda le spalle insieme a quello di Diggle.

- Ehi, sto bene. – Mi rassicura Diggle.

- Dai, ti portiamo a casa. Hai bisogno di una bella dormita. - Afferma Oliver rassicurante.

 

 

Sono in macchina con Oliver. Siamo sotto casa mia. C’è uno strano silenzio tra di noi. Non so decidermi. Le sensazioni di prima si stanno mescolando tra loro. Una lotta impari tra ragione e sentimento. Non può fallire così miseramente la fase due.

Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

Mi ripeto bene. Ho solo perso di vista il mio obiettivo.

- Ehi, - Il tocco leggero della sua mano sulla guancia mi fa sussultare. Ero così presa dai miei pensieri che non mi sono accorta che ha spento il motore. - È andato tutto bene.

No, che non va bene. Il mio esperimento sta naufragando.

Mi volto a guardarlo. Mi fisso nei suoi occhi.

- Perché non mi regali uno dei tuoi sorrisi che rivolgi solo a me?

L’ha notato! Automaticamente, senza poterlo impedire, sorrido in quel modo speciale che mi viene naturale solo con lui.

- Brava… - Appoggia la sua mano calda sulla guancia. – Hai ancora la nevralgia? – Delicatamente il pollice mi accarezza.

Socchiudo gli occhi. – Un po’. – Inspiro profondamente. – Grazie. – sussurro appena.

È un attimo. Avverto Oliver spostarsi. Apro gli occhi proprio nell’attimo in cui lui si sporge su di me. Chiudo gli occhi. Mi sta per baciare, almeno quello che credo. M’irrigidisco e aspetto l’inevitabile che bramo.

- Felicity, - No, non adesso. – Felicity, - Ripete il mio nome con un tono più deciso. Apro gli occhi e mi ritrovo a faccia a faccia con Oliver. Mi porge un libretto che ha preso dal vano porta oggetti di fronte a me. Stupida, non sei altro che una stupida.

- Cos’è? – Si accorge pure lui del mio tono deluso.

Mi guarda stranito, mi spiega qualcosa ma non ci faccio neanche caso. Sono troppo impegnata a continuare a darmi della stupida e a ripetere il mio ritornello: Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

- Va bene. – Acconsento a qualsiasi cosa che lui mi ha spiegato. – Buonanotte.

E poi lo faccio inconsciamente. Mi sporgo verso di lui per baciarlo sulla guancia, ma prima che possa farlo, Oliver volta il capo verso di me e appoggio le labbra sull’angolo della sua bocca e sulla guancia. Me lo impongo. La situazione è già abbastanza strana così com’è. Mi allontano di poco. Lo guardo fissa negli occhi e poi… sorrido gentile, intenerita.

- Grazie per aver mantenuto la promessa.

Oliver rimane bloccato dalla piega della situazione. L'ho capito. Non sa cosa fare, né cosa dire. Va bene così.

Scendo dalla macchina molto lentamente, ma prima di chiudere la portiera mi abbasso e infilo la testa nell’abitacolo al suo richiamo.

- A domani. – Sorrido e dopo qualche istante anche lui ricambia. Gli occhi brillano ed io mi sento soddisfatta.

 

 

 

 

M’infilo sotto le coperte. Sistemo meglio la piega del lenzuolo e rimiro il soffitto. Solo gratitudine, ecco cos’era quella sensazione. Ero felice e grata a Oliver per aver riportato Diggle e se stesso al sicuro.

Gratitudine, niente di più. Quanto sei sciocca, Felicity Smoak.

Esperimento due riuscito e l’esito è sempre lo stesso: Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

Mi giro nel letto per trovare la giusta posizione conciliante per il sonno. Una mano sotto il cuscino, l’altra vicino al viso. A occhi chiusi rivivo gli attimi di quell’intensa serata.

La mano si muove da sola e delicatamente il dito scivola sulle labbra fino a sfiorare la parte con la quale ho toccato le sue labbra.

- Oliver… - Respiro profondamente e tutto tace.

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights.

 

Sorpresa! Ho anticipato la pubblicazione perché si prospetta una settimana ricca di impegni per la sottoscritta, specialmente lunedì, e così ho pensato “meglio prima che dopo” :D

 

Avvertenze per il capitolo:

Se durante il capitolo vi è venuto da sorridere in continuazione nelle scene Olicity, non vi preoccupate, è tutto normale.

Il sorriso è contagioso anche attraverso le parole ;)

Povero Oliver, non sa in che guai si sta cacciando ahhahahahhaha

 

Come sempre, ma non lo smetterò mai di dire grazie immenso a vannagio e a jaybree ^_^

Bene, a lunedì prossimo.

 

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Capitolo 4
*** Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere ***


Metodo Scientifico

- 3 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere

 

 

 

La mano che accarezza può far più male della mano che percuote.

Arturo Graf, Ecce Homo, 1908

 

 

 

 

 

Un mese. È passato un mese! Concentrati, Felicity. Un mese, e che cosa hai fatto in questo mese? Poco e niente. La fase tre è un disastro. Non devo fare altro che stuzzicare i sensi di Oliver con il contatto fisico. Facile! Non mi sembra così complicato. E invece no, non ci riesco. Maledetta timidezza.

Ora basta! È un esperimento e come tale lo devo trattare. Niente di più e niente di meno.

D’ora in avanti m’impegnerò a portare a termine anche questa terza fase con successo, e proverò ancora un’altra volta che Felicity Smoak non è innamorata di Oliver Queen!

Sprofondo sulla sedia sconsolata. Scuoto la testa ma mi blocco appena avverto i passi di qualcuno che scende le scale.

Inspiro piano per prendere coraggio. Dai, Felicity, ce la puoi fare.

- Tutto bene? – A quella domanda sussulto. Non mi ero accorta che Oliver si era avvicinato così tanto.

Osservo per un attimo la sua mano sulla spalla. Sogghigno grata per quell’occasione.

Appoggio la mia sulla sua. Le dita scivolano su di essa lentamente, in una dolce carezza. Inclino il capo verso destra, e con una piccola torsione incrocio il suo sguardo e sorrido teneramente. Brividi.

Resto imbambolata, rapita dai suoi occhi. Passano i secondi, paragonabili all’eternità e poi me ne accorgo.

- Che eleganza, Oliver.

- Sono stato invitato a una serata di beneficenza organizzata dalla Richmord Enterprise. Jakie ha talmente insistito, che non ho potuto rifiutare.

- Oh, - Cos’è questa punta di delusione, Felicity?

Fuggo dal suo sguardo, mi concentro sulle sue mani e allora me ne accorgo.

- Fai attenzione, - Gli afferro il polso. – Stai perdendo uno dei gemelli.

Le dita scivolano sul suo braccio e l’altra mano accoglie la sua in appoggio. Brividi, ancora.

Mi alzo e gliela porto davanti a me dandogli la schiena. Siamo vicini, c’è solo una labile distanza tra noi. Mi sposto leggermente indietro e la mia schiena sfiora il suo petto. Non è niente, ma a quel contatto il cuore perde un battito. Stai calma, concentrati.

- Non sono pratico con i gemelli. – Il fiato delle sue parole mi solletica il collo, e la pelle subito s’increspa. Stupido corpo che reagisce a cose che non esistono né in cielo né in terra.

- Non ti preoccupare, t’insegno io, è più facile di quanto sembri. – Lo guardo un attimo con un sorrisetto fiducioso sulle labbra. – Devi fare in modo di infilarlo bene così e… - Torno ad appoggiare gli occhi su di lui. – … farlo scorrere tutto dentro e spingere. – Mi blocco all’improvviso. Oh. Mio. Dio. Trattengo il respiro, magari non ha compreso il doppio senso velato.

Oliver mi fissa senza dire niente ma l’ho capito. Si sta trattenendo dal ridere e non faccio neanche in tempo a formulare questo pensiero, che inclina leggermente il capo mentre le labbra accennano un ghigno compiaciuto.

- Immagino che tu lo sappia già da te, con tutte le occasioni che hai, avrai fatto sicuramente un sacco di pratica in questi anni.

Voglio. Morire. Qui. Subito. Lascio il suo braccio. Lo osservo un attimo e la mano stira una piega inesistente della giacca. Lentamente, lungo tutto il busto, prosegue per una linea immaginaria.

- Felicity, - Il tono di voce di Oliver è strano. Rivolgo lo sguardo verso di lui e i suoi occhi hanno assunto ancora un’altra volta quel particolare colore. Ho bisogno di ossigeno. – Ora devo andare. Chiamami se hai bisogno di me.

Stacco la mano da lui come scottata. – Sì, certo. Buona serata con il mio ex capo.

Oliver mi rifila un’occhiataccia, ma non ce l’ho fatta, mi piace stuzzicarlo su quel tasto. Era la cosa che lo infastidiva di più, quando ero in missione sotto copertura alla Richmord Enterprise: considerare Jakie Kate Richmord il mio vero capo. O forse era più Andrew Wolfar a infastidirlo? Chissà perché, è un così bravo ragazzo! Ma quella era un’altra storia.

 

 

 

- Felicity. – Rispondo alla chiamata. – Sarò lì a breve.

Metto in moto e sfreccio per le strade di Starling City. Gira a sinistra ed entra nel vicolo. La segnalazione dice che il malvivente è dentro il palazzo. Dig sta arrivando.

Il tono di Felicity è serio, come sempre quando siamo in missione. Quella punta di preoccupazione tiene in allerta i miei sensi.

Entro di soppiatto, le urla della donna mi guidano al piano di sopra. Schivo il proiettile e me lo ritrovo subito addosso. Lottiamo. È forte. Non c’è niente di peggio che avere a che fare con una persona che non ha nulla da perdere.

Arriva anche Diggle. – Porta via la donna, qui me ne occupo io.

Afferro da dietro l’uomo e lo spingo a terra con tutta la forza. Ci rotoliamo sul pavimento, con l’ultimo scontro finiamo in terrazzo. Rimbalza sulla ringhiera e un attimo prima che cada nel vuoto, lo agguanto per il braccio.

- Stai fermo! – Si agita troppo, all’ennesimo strattone che mi dà, mi lussa la spalla. Il dolore è fortissimo. Stringo i denti. Oliver!

- Sto bene! – Diggle arriva in mio soccorso e mi aiuta a portare l’uomo al sicuro.

Per un attimo sono tentato di conficcargli una freccia nel petto. Diggle lo lega alla sponda del letto. Le sirene della polizia. Stanno arrivando i rinforzi, avete cinque minuti per andare via.

 

 

 

 

- Oliver! – Felicity mi corre incontro.

- Non è niente, solo una spalla lussata. – Diggle la rincuora e va a prendere l’occorrente.

I suoi occhi scivolano su di me. Mi aiuta a togliere la giacca. Le sue dita fredde entrano in contatto con la mia pelle. Brividi.

Scivola la giacca e con essa anche le sue dita. L’indice percorre la linea della colonna vertebrale e si ferma un attimo prima di scendere più giù, portandosi via la giacca. Trattengo il respiro, il piacere di quel contatto è una sensazione nuova che non ho mai provato.

- Oliver, distenditi sul tavolo. Felicity, appoggia le mani sul petto di Oliver e tienilo fermo. Gli farò male.

Felicity obbedisce all’istante. Le sue mani sono fredde, sussulto al contatto.

- Scusa, - Le strofina tra loro per riscaldarle. Le appoggia nuovamente. Va già meglio. Quel tiepido calore ha un qualcosa di piacevole.

- Oliver, cerca di concentrarti su altro.

- Fallo!

Prima che Diggle mi sistemi la spalla, Felicity mi sfiora la guancia con le nocche. Gli occhi scorrono su di lei. – Concentrati su di me. – Sorride.

Preme con una leggera forza la mano sul petto. – Sei pronto?

Ho sopportato di peggio, ma lo tengo per me. La guardo e non abbandono i suoi occhi. Uno, due… ma non finisco di contare che il dolore lancinante s’irradia per tutto il corpo. È giusto un attimo. Le dita di Felicity iniziano ad accarezzarmi lentamente la guancia e come se fosse un balsamo, piano piano tutto il dolore va via.

Mi metto seduto con il suo aiuto. Diggle le porge le bende.

- Mettigliela intorno al braccio, legata sulla spalla. Cerca di tenere il braccio fermo. – Il telefono squilla. Dal tono della voce di Dig deve essere Carly che lo reclama.

- Vai pure, sto bene.

- Ci penso io a lui.

- Va bene. – Diggle si rassegna e scappa via.

- Eccomi qui a fare ancora un’altra volta l’infermiera solo per te, Oliver. – Scherza Felicity.

- Posso fare anche da solo, - Tento di rubarle dalle mani la garza.

- Per una volta lascia che ti aiuti. – Sorride gentile.

Si avvicina a me per girare la fascia intorno alla spalla. Avverto il suo profumo. È una fragranza delicata, si percepisce appena, simile alla verbena. Il suo respiro mi accarezza la pelle, come lo stanno facendo i suoi occhi. Le sue dita entrano appena in contatto con il mio corpo, un tocco delicato che riesco a stento a sentire.

- Ecco fatto. Sono stata brava! – Felicity guarda soddisfatta la fasciatura. La mano scivola sulla spalla lentamente, come se volesse memorizzarne il percorso: ogni muscolo, ogni piega, ogni cicatrice che incontra.

- Vieni a letto con me.

A quella frase gli occhi scattano sul suo viso. Come?

- Cioè no, non era una proposta per sedurti. Non che non lo pensi. – Doppia negazione. – Non volevo dire che non mi piacerebbe venire a letto con te. – Trattiene il respiro. Io non so cosa pensare. Nella mente si materializzazione una serie d’immagini che blocco all’istante.

- Tre, due, uno… - Inspira profondamente. – Intendevo offrirti il mio aiuto per portarti a letto. Neanche messa in questo modo suona bene…

Prima che la situazione degeneri, la blocco. Appoggio la mano sull’avambraccio. – Ho capito… grazie, ma dormirò qui stanotte. Se a casa mi vedessero in queste condizioni, non saprei cosa inventarmi.

- Oh… giusto. Buonanotte, allora.

Raccoglie le sue cose, mi guarda per un’ultima volta, esita, mi dà quasi l’impressione che voglia dirmi un’ultima cosa, ma non lo fa e mi parla con il suo modo speciale.

Si avvicina a me, mi sfiora. Un gesto causale, ma che mi lascia la sensazione di voluto. Socchiudo brevemente gli occhi e assaporo le emozioni che mi provoca quel segno.

- Notte. – E la seguo con lo sguardo mentre va via.

Lo so, sarà un’altra notte di sogni confusi, dove il viso, gli occhi e il sorriso di Felicity la faranno da padroni.

 

 

Dovrei smetterla di aspettarmi chissà cosa ogni giorno che ci incontriamo. La colpa è solo di Felicity. Con il suo modo di comportarsi mi sta mandando in confusione. Non può essere, a volte credo che sia tutto frutto della mia immaginazione. Eppure… i suoi occhi mi parlano, il suo sorriso mi sussurra e ora perfino il suo tocco delicato si è messo a raccontare.

Scendo le scale lentamente. Mi sento stanco. Non riesco più a dormire bene. Passo le intere notti avvolto da queste immagini confuse.

- Maledizione!

L’imprecazione di Felicity mi riporta alla realtà. Scendo in fretta gli ultimi scalini e la raggiungo. Oh. Dio. Gli occhi scivolano sul corpo di Felicity piegato sotto la scrivania alla ricerca di qualcosa. Mi mordo il labbro e mi godo lo spettacolo. Incrocio le braccia al petto inclinando leggermente il capo. La gonna le fascia non soltanto metà gamba ma anche qualcos’altro. Non avevo mai fatto caso al suo corpo allenato. No, non è vero, ignoravo la questione. Si vede il segno della biancheria intima. Deglutisco appena quando me ne rendo conto.

Ora basta! – Felicity.

Al mio richiamo si spaventa e sbatte il capo contro la scrivania.

- Oliver! – Si mette a sedere sul pavimento massaggiandosi la parte dolente. – Ti pare il modo di palesare la tua presenza. Dovresti smetterla di usare il tuo passo felpato. Non sei più sull’isola!

- Mi spiace, - L’aiuto ad alzarsi. – Perché stavi facendo la caccia al tesoro sotto la scrivania?

Mi guarda storto. – Mi era caduta la penna. – Me la mostra. Si blocca e mi fissa. Ancora. Non so se il suo comportamento sia più irritante o piacevole.

- Vestito nuovo? – Spalanca gli occhi per la sorpresa.

- Ti avevo detto di metterci del ghiaccio su quello zigomo. – Prende qualcosa dalla borsa e si avvicina nuovamente a me. – Sai, dovresti ascoltarmi. – Mi spinge per le spalle. – Seduto. – Inspira profondamente. - Dico tante cose, a volte anche senza senso, straparlo quando sono nervosa, ma se ogni tanto mi prestassi attenzione, non sarebbe male.

Mi spalma un po’ di crema sullo zigomo gonfio. Il tocco è leggero. Si è piegata leggermente su di me. Questo vestito sta rivelando i suoi pregi, oltre a fasciarle il corpo ha una morbida scollatura. L’occhio cade proprio in quel punto e intravedo il reggiseno. Che costa sta facendo?

- Quindi, ora sei nervosa? – La sua mano si ferma a mezz’aria. Apre la bocca per dire qualcosa ma si blocca e dopo qualche secondo la richiude. Incredibile, ho lasciato Felicity Smoak senza parole.

- Dovresti stare più attento a te stesso. Stiamo finendo le scorte di medicinali. Il farmacista ed io siamo diventati ottimi amici, dato che vado da lui tutte le settimane per prendere le medicine per la mia povera nonna malata.

Un’ultima carezza e porta a termine il suo compito. Prima che si possa allontanare, la afferro per il braccio. La mano scivola fino a raggiungere la sua. Eccola di nuovo, questa strana sensazione.

- Grazie. – Mi sembra quasi di aver perso il fiato talmente piano l’ho detto.

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque e finalmente reagisce. Felicity mi sorride compiaciuta.

- Non hai una bella cera. Non è che ti stanchi troppo?

- Sono uscito spesso queste sere.

- Troppe donne da soddisfare? Che richiedono i servigi di Oliver Queen?

Mi volto a guardarla. È gelosa?

- Dovrò pure tenere alto il nome di Oliver Queen.

Felicity lascia stare i computer e si volta a guardarmi contrariata. Mi osserva per qualche secondo e poi si avvicina a me, fronteggiandomi.

- Oliver, - Mi afferra il viso tra le sue mani. – Non devi portarti a letto tutte le ragazze di questo pianeta per trovare quella giusta. Beh, non tutte, dato che anche io sono una donna e noi… sì, noi… non abbiamo fatto niente. Non è questo il punto. – Fa una piccola pausa. - Tu meriti di meglio. – Mi accarezza il viso. Il suo tocco è così intenso ed è come se mi stesse dicendo “Io sono il tuo “meglio”, quando lo capirai?”. – Perché girare il mondo, quando basta solo aprire gli occhi. – Le ultime parole sono così serie che il messaggio arriva forte e chiaro.

- Felicity… - Mi interrompo, il suo cellulare sta squillando. Distogliamo lo sguardo e prima che lei interrompa la chiamata, riesco a leggere il nome dell’autore della telefonata.

- Andrew Wolfar? – Il tono di voce è più nervoso di quanto avrei voluto.

- Non ti sfugge mai nulla, Oliver.

Infila il cellulare nella borsa e prende il cappotto.

- Vi vedete? – La blocco per il braccio. – Non mi avevi detto che avevi mantenuto i rapporti con lui dopo la missione alla Richmord Enterprise.

- Dico tante cose…

La blocco subito con un’occhiataccia. – Tranne questa.

- Serata tranquilla. – Si stacca da me e digita dei comandi imbarazzata. – Credo che me ne andrò a casa. – La sua mano mi afferra il braccio e me lo stringe leggermente in segno di saluto, ma questa volta fa più male che bene. Va bene, ho capito, per il momento il discorso è sospeso, ma non finisce qui.

- Buona serata. Chi è la fortunata di turno questa sera? – Ironizza mentre sale le scale, ma non riesce a mascherare il nervosismo. La seguo a poca distanza.

- Felicity, - Si ferma e scende due gradini. – Io ti ascolto sempre. – La mano si muove da sola e le afferra la guancia. Con il pollice gliela accarezzo. S’irrigidisce, sorpresa da quel gesto, ma non quanto me.

Dopo qualche attimo, appoggia la sua mano sulla mia. – Lo so. – Sorride compiaciuta. – Mi dà l’impressione che abbia capito qualcosa.

La lascio andare via. Mi guardo la mano e dopo qualche secondo la chiudo a pugno. Non può essere, penso incredulo.

 

 

Che giornate lunghe. L’esperimento tre è stato davvero faticoso. Mi sciacquo la faccia e dopo averla asciugata, osservo la mia immagine riflessa nello specchio.

- Non essere stupida, Felicity. – Afferro la crema per il viso e me la spalmo fino ad arrivare al punto dove mi ha toccato la mano calda di Oliver. Il cuore si ferma. Mi risveglio e mi fisso nello specchio. Cos’è quel rossore sulle guance?

Soddisfazione. È solo soddisfazione, Felicity, non essere sciocca.

Hai dimostrato ampiamente in tutti questi giorni, anche se con un po’ di fatica, che toccare e sfiorare Oliver Queen non ti provoca niente.

La fase tre dell’esperimento si può considerare terminata e il risultato è sempre lo stesso: Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

Spengo la luce e mi siedo sul letto al buio. Porto la mano sulla guancia. È giusto un istante. Sorrido mentre dentro sento uno strano calore farsi largo, perché ormai qualcosa è impresso in me.

- Oliver.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

Eccomi. Non è lunedì ma è giovedì, mi spiace per il ritardo ma sono stata in vacanza e il rientro mi ha sommerso di cose da fare.

 

Veniamo a noi. Qui l’aria si sta sempre di più surriscaldando. Felicity e Oliver  si stanno attraendo come due calamite :3

Il pathos aumenta, e credetemi, è solo l’inizio.

 

In questo capitolo ci sono dei riferimenti che portano alla prima storia che ho scritto: Undercover. Se volete sapere di più su Andrew Wolfar e Jakie Kate Richmord dateci un’occhiata ;)

 

Ringrazio, e non smetterò mai di farlo, vannagio e jaybree per il loro supporto ^_^

 

La prossima settimana aggiornerò intorno a mercoledì.

Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Fase quattro: in amore vince chi fugge ***


Metodo Scientifico

- 4 -







Fase quattro: in amore vince chi fugge





Bisogna far sì che chi ama non si senta mai sicuro nel suo amore per mancanza di rivali:

senza sospetti e gelosie l'amore non dura a lungo”

Ovidio







Quanto può essere noiosa una relazione aziendale? Lo so io: tantissimo. Sbadiglio per l’ennesima volta. Il ruolo di amministratore delegato mi sta stretto, oggi più del solito. Il trillo dell’arrivo di un sms mi scuote dal torpore in cui sono caduto.

Afferro il cellulare. Non è il mio. Volto lo sguardo verso Felicity. È arrivato a lei. Chi sarà? Digita qualcosa, poi lo appoggia nuovamente sulla scrivania e riprende a lavorare.

Mi rilasso sullo schienale. Un altro trillo, un altro sms. Interlocutore insistente.

Mi alzo e vado da lei. – Problemi? È Diggle?

Felicity nasconde il cellulare nella borsa e mi osserva valutando bene la risposta.

- No. Tutto tranquillo. Una normale giornata di lavoro. Solita routine di ufficio. Tu hai finito di visionare la relazione che ti ho lasciato?

Sta diventando sempre più abile a cambiare repentinamente discorso.

- Non ancora. – Confesso annoiato.

- Io ho una soluzione. – Sorride comprensiva. – Facciamo come se fossimo a scuola. – Tira fuori dal cassetto un plico di fogli. – Avevo previsto la tua reazione allergica. – Come? Si accorge della mia espressione contrariata e si corregge subito. – Poiché sei stato molto impegnato in queste sere con l’altra attività, e per altra attività intendo quella di sorvegliare le strade della città e non quella di amabile accompagnatore… - Fa una piccola pausa, sembra quasi che si stia mordendo la lingua. - Ho voluto facilitarti il compito. – Mi porge il plico. – Ti ho fatto degli schemi riassuntivi, così alla riunione di martedì saprai di che cosa si parla.

Mi verrebbe quasi voglia di abbracciarla. Grandiosa. – Grazie, lo apprezzo molto.

- Figurati. Ci scommetto che se avessimo frequentato lo stesso College sarei diventata la tua spacciatrice ufficiale di appunti e riassunti delle lezioni. Anche se dubito che tu avresti frequentato la M.I.T, sei più per… sì, insomma, hai capito. Hai altre qualità. – Taglia corto.

Sto per risponderle a tono quando arriva Diggle.

Che dite, mangiamo un boccone insieme?



Diggle ed io ci stiamo allenando da un’ora, mentre Felicity sta portando a termine le sue ricerche.

Diggle mi attacca alla vita con l’intenzione di spingermi a terra, sto per respingerlo quando l’ennesima vibrazione del cellulare di Felicity mi distrae. Ancora sms. Sarà il decimo della serata. Schivo il nuovo colpo giusto in tempo e contrattacco.

Sorride. Felicity rilegge il messaggio che ha ricevuto e sorride, ancora.

Sono troppo distratto per accorgermi del repentino cambiamento di posizione di Diggle e così mi ritrovo al tappeto.

- Stasera sei distratto, Oliver.

- Ho voluto farti vincere… per una volta.

Diggle si fa una grassa risata. – Va bene. Vado a casa dato che è tranquillo. – Raccoglie le sue cose e si avvicina a Felicity. – Non fare tardi.

- Ho quasi finito. Un’ultima pista da seguire, e se anche questa non porterà a nulla andrò a casa. Promesso.

Prendo ad allenarmi da solo. Felicity ciondola sulla sedia in attesa che arrivino i risultati della sua ricerca.

A un tratto si volta e mi osserva allenarmi. Continuo a fare le flessioni sotto il suo sguardo intenso che mi deconcentra. – Ti stai annoiando?

- Un po’. Detesto quando devo aspettare i risultati. Ci metterà un bel po’ perché il campo di ricerca è vasto.

- Allenati con me.

- Non ho l’abbigliamento adatto. Non credo che gonna, camicetta e soprattutto tacchi alti siano ideali per allenarsi.

- Prova a vedere nello spogliatoio. Sara dovrebbe aver lasciato una canotta e un paio di pantaloncini. Più o meno tu e lei portate la stessa taglia. – La osservo a testa in giù, bloccando le flessioni.

- Sì, più o meno, direi meno che più, ma se insisti. – Poco convinta si va a cambiare.

Dopo un paio di minuti la rivedo apparire con indosso la tenuta sportiva di Sara. La canotta è più piccola del previsto. Tiene il bordo con le mani e tenta di coprirsi l’addome il più possibile. Mi serve qualche secondo ma poi realizzo il perché: la cicatrice.

Da quella notte non l’ho più vista. È passato del tempo, la ferita si è ormai rimarginata, al suo posto deve esserci sicuramente una cicatrice a mo’ di tatuaggio tribale. Chissà com’è. Potrei scoprirlo accidentalmente. Ghigno divertito.

Con un colpo di reni giro su me stesso e atterro a pochi passi da lei.

- Qualcosa di leggero, va bene? – Propone Felicity.

- Andrò piano, ok. Dai, fammi vedere che cosa ti ha insegnato ultimamente Diggle.

Le faccio segno con la mano di farsi avanti e attaccare. Inspira profondamente e sferra dei deboli pugni. Sono mosse precise ma poco forti.

- Quando colpisci porta il peso in avanti. Sfrutta l’intero corpo e vedrai che il tuo gancio avrà più effetto.

Riprende a colpire con più energia, mettendo in pratica quello che le ho suggerito. La lascio fare per un po’, ma dopo qualche minuto ne ho abbastanza. Ora mi diverto un po’.

Rispondo alle sue mosse contrattaccando. Inizialmente mi sta dietro ma poi, sotto i miei attacchi più intensi, inizia ad avere le prime difficoltà.

All’ennesimo pugno a stento schivato, Felicity inciampa e finisce a terra.

- Tutto bene? – Le porgo la mano. La canottiera si è alzata scoprendo una parte dell’addome. S’intravede il segno della cicatrice. Mi mordo il labbro. Devo tenere a freno la mia curiosità. Voglio di più.

Felicity, approfittando della mia distrazione, agisce. – Ora starò meglio. – Con un calcio mi fa lo sgambetto e finisco a faccia a terra.

Mi sono fatto fregare. – Brava. – Le porgo la mano. Quando l’afferra, ribalto le posizioni, la spingo su di me e poi a spalle a terra – Mai abbassare la guardia, Felicity.

- Ti sei solo voluto vendicare perché ti ho messo KO.

- Prova a capovolgere la situazione con un colpo di reni e cerca di buttarmi a terra.

Felicity si divincola sotto di me ed io ottengo il mio scopo. La canottiera si alza quel tanto che basta per soddisfare la mia curiosità. Una linea rosa chiara le graffia la pelle come lo stelo di una rosa con le spine ma senza fiore.

- Devi muovere questa parte del corpo con più forza. – Appoggio le mani sul suo bacino. Con il pollice strofino l’intera cicatrice. Una mossa all’apparenza causale ma premeditata. Al mio tocco la sua pelle s’increspa e il respiro si accorcia.

Gli occhi scivolano su di lei fino a incontrare i suoi. Mossa sbagliata, Oliver. Sono grandi e sbarrati. Increduli da quello che sta accadendo, da quello che ho appena fatto. Sono stato scoperto. La mia curiosità mi si è rivoltata contro.

- Oliver, - Un soffio di voce, una richiesta disperata, confusa. Chiude gli occhi e in automatico stacco le mani dal suo corpo. Il colpo di reni che mi dà subito dopo mi disorienta, mi fa perdere l’equilibro e cado su di lei.

I nostri visi sono vicini. Occhi negli occhi. – Non era questo il mio obiettivo, a dire la verità. Penso che sia un livello di allenamento troppo alto per me, ora come ora. – Sospira sconfortata. Sorrido alla sua tenerezza.

- Oliver, - Richiama la mia attenzione. – Amo stare sotto di te… - Si blocca ed io con lei. Le sue affermazioni spontanee mi manderanno in tilt. – Trovo piacevole il peso del tuo corpo sopra il mio, anche se preferisco stare sopra… forse questo non dovevo dirlo…

- Felicity, - Le blocco le mani che hanno preso a gesticolare.

- Inizi a pesare. – Confessa tutto in un colpo, ma la verità è un’altra, ed è meglio ignorarla.

Mi alzo e mi metto seduto accanto a lei.

- Oliver, mi hai sfinito. – Felicity me lo confessa così spontaneamente che mi spiazza di nuovo. Ha gli occhi chiusi ed io ne approfitto per osservarla senza essere sorpreso.

Si stiracchia leggermente ma subito si blocca afferrandosi la gamba. – Ahia!

- Che succede?

- Un crampo! Che male!

M’inginocchio davanti a lei. Le afferro la gamba, che cerca di tenere ferma per non sentire il dolore. Gliela allungo su di me e gliela faccio appoggiare sul mio petto ben tesa, mentre la spingo lentamente con il mio corpo verso di lei.

Mugola dal dolore. Aumento la pressione facendo attenzione che tenga la gamba tesa. Spingo e allento, poi più intensamente e mollo, prolungando ogni volta la pressione del gesto.

Felicity si afferra la canotta e la stringe tra le mani. Le sue dita scivolano sull’addome scoperto. Si sfiora la cicatrice. È un gesto così erotico. Seguo il suo movimento rapito.

- Oliver… - La sua voce è un soffio.

Lo sguardo scivola su di lei fino a incontrare il suo. Un colorito rosso le imporpora le gote e i suoi occhi sono sfuggenti, imbarazzati.

- Oliver… - Felicity si muove leggermente ed io smetto lo stretching. – Oliver… - Soffia ancora il mio nome.

I nostri occhi s’incrociano e allora mi rendo conto della reazione del mio corpo. Mi scosto subito da lei. Cazzo!

Felicity si siede. Guarda altrove. Si morde il labbro inferiore. Credo che se non fosse per l’imbarazzo scoppieremmo a ridere.

Come ho potuto permettere che succedesse una cosa del genere? Non sono un ragazzino, maledizione!

- Il crampo ti è passato? – Chiedo, ignorando quello che è appena successo.

- Sì, grazie… - Esita. – A te è passato? – Credo che sul mio viso ci sia un’espressione che non riesco a descrivere a parole. Cosa? – Sì, sai, ai piani bassi. Tutto bene?

Ci guardiamo ma questa strana atmosfera è spezzata dalla suoneria del suo cellulare. Ci voltiamo entrambi a osservare il suo cellulare vibrare sulla scrivania.

Felicity con uno scatto si alza e termina la chiamata. – Che sciocca! Ho impostato male la sveglia. A volte mi capita di addormentarmi durante le ricerche che imposto a video e così ho preso l’abitudine di mettere la sveglia a una certa ora, in questo modo non corro il pericolo di passare tutta la notte distesa su questa scrivania, che detto tra noi non è il massimo. Non sai che torcicollo la mattina seguente…

Il trillo del messaggio la sbugiarda automaticamente. Sveglia, eh?

Mi tiro su in piedi e incrocio le braccia al petto. – Devi dirmi qualcosa?

- Io?

- Sì, tu. Chi è che ti scrive a ogni ora del giorno in quest’ultimo periodo? – Mi avvicino minaccioso più di quanto intendessi.

Felicity si appoggia alla scrivania. Io mi sposto di un altro passo in avanti. Incurva la schiena e mi spingo verso di lei. – Allora?

Prende coraggio e mi sfida. – Oliver, che cosa sai della mia vita privata? - La sua domanda mi spiazza. – Appunto. - Sospira rassegnata. - Era quella vita che avevo prima di far parte di questo gruppo. – Si raddrizza ed io resto fermo sulla mia posizione. Avverto il suo fiato sul mio viso.

- Era lui, non è vero? – Colpita e affondata.

Passano i secondi. Il silenzio cala tra di noi. I nostri occhi si sfidano e si parlano allo stesso momento.

- Cosa ci fate ancora qui, voi due? Problemi? – La voce di Diggle infrange quel momento di sfida. Ci osserva cercando di capire che cosa sta succedendo. – Oliver che cosa ti ho detto in merito agli allenamenti con Felicity?

Gli rifilo un’occhiataccia.

- Sai, Diggle, è meglio che le prossime volte mi alleno con te. Oliver tende a eccitarsi troppo… - Si blocca sbigottita. – Ci prende gusto… - Si morde il labbro. – Gode… - Conta a bassa voce per concentrarsi. – … a sfinirmi. – Un breve sguardo e poi lo distoglie subito. – Vado a cambiarmi.

- Non mi guardare in quel modo. Non ho fatto niente. – Almeno, non volontariamente. Aggiungo mentalmente. - Un semplice corpo a corpo. - Ammonisco Dig con lo sguardo.

- Immagino. - E sul suo viso compare un ghigno compiaciuto.





Stringo forte il bordo del lavandino. Oh. Mio. Dio. Il cuore mi batte forte. Appoggio una mano sul petto. Socchiudo gli occhi. La fase quattro si sta rivelando più interessante del previsto. Sei una sciocca a non fidarti di te stessa, Felicity. Ed io che credevo che non sarei mai riuscita a suscitare qualche reazione in Oliver Queen.

Sorrido alla mia immagine nello specchio. Mi mordo il labbro. Sollevo la maglia, ed eccola lì, la cicatrice. Non avrei mai pensato che avesse uno strano potere: Ho. Eccitato. Oliver. Queen.

Al solo pensiero avvampo. Che caldo. Ho le guance in fiamme. Felicity, non essere stupida, a Oliver basta poco per andare su di giri, questo è risaputo. È nella sua natura. Tutte le donne di Starling City, e non solo, te lo potranno confermare.

È stato il momento. L’occasione giusta, la troppa astinenza. Non che io tengo il conto di quante volte Oliver fa sesso, ma ormai riesco a individuare bene i segnali di quando va in astinenza. Nell’ultimo periodo è stato più impegnato a indossare i vestiti di Arrow che quelli dell’affascinante amministratore delegato della Queen Consolitaded e non ha avuto modo di allenarsi con la ginnastica da letto. Ghigno soddisfatta. Blocco i pensieri per un attimo e poi lo realizzo nuovamente.

Ho. Eccitato. Oliver. Queen.

È soddisfazione quella che percepisco, Felicity? Il sorriso che rivolgo alla mia immagine sostituisce la risposta verbale.

Il cellulare vibra sopra il mobiletto. Deve essere vicino ormai. Lo afferro. Una fitta s’irradia dal braccio al polso fino alle dita. Maledetta tendinite! Perdo la presa e il cellulare cade a terra rompendosi. Perfetto!

Esco dal bagno con in mano i pezzi del cellulare.

- Che succede? – Diggle mi viene incontro.

- Niente, stasera sono maldestra! Mi è scivolato il cellulare dalla mano. – Appoggio i pezzi sulla scrivania e mi massaggio il polso indolenzito.

- Il tuo amico misterioso ora dovrà farsene una ragione. – Mi punzecchia Oliver. In cambio gli rivolgo un’occhiata d’ammonimento.

Diggle ci osserva. Quando incrocio il suo sguardo, me ne restituisce uno del tipo: “Di chi sta parlando?”. Sollevo le spalle. Ricompongo velocemente il cellulare. Non faccio neanche in tempo ad accenderlo che arriva un altro messaggio. Che. Imbarazzo!

Mi volto a guardarli. Sorrido a denti stretti.

- A domani. – Mi blocco a metà scalinata quando mi accorgo dello scambio di sguardi. – No. – Scendo un paio di gradini e li punto con l’indice. - Non ho mai avuto bisogno di fratelli maggiori quando ero una ragazzina, figuriamoci ora! Soprattutto se sono belli e muscolosi e con occhi duri e cattivi che incutono paura. – Oliver mi trafigge con lo sguardo. – No. Io rispetto le vostre scelte e voi rispettate le mie. Vita privata è privata, siamo tutti d’accordo su questo, mi pare?

- Felicity, fammi capire una cosa. Tracci i nostri cellulari quando non siamo con te per… – Diggle lascia la frase in sospeso con tutti i suoi sottintesi. Questo è un colpo basso.

- Cosa? – Ops. Oliver mi restituisce uno sguardo tra il confuso e il sorpreso. – Da quando?

- È meglio che vada.

- Felicity! – Mi blocco sulle scale al richiamo severo di Oliver. Scendo un paio di scalini a ritroso. Inspiro e mi volto. Prima lancio uno sguardo infastidito a Diggle, poi prendo il coraggio necessario e guardo Oliver.

- Da quando ti sei rifugiato sull’isola e hai fatto perdere le tue tracce. – Ammetto imbarazzata. – Non voglio che succeda un’altra volta. – Confido. – Se so dove tu e Diggle vi trovate sono più tranquilla, perché se vi dovesse succedere qualcosa potrei sempre venirvi in aiuto. – Sfuggo dal suo sguardo. Non ero pronta a rivelare questo piccolo segreto.

Oliver si avvicina e inaspettatamente appoggia la mano sulla mia. – Lo facciamo per questo. – Gli occhi schizzano sui suoi. – Siamo una squadra. Ci guardiamo le spalle a vicenda.

- No. – Sfilo la mano dalla sua. – Questo è ben diverso dal pedinarmi solo perché pensate che ogni uomo che mi si avvicini sia un pazzo maniaco… - Oliver inclina leggermente il capo in avanti e mi guarda serio. – O donna che sia, ovviamente. E poi io non ho detto che il mittente delle chiamate o dei messaggi è un uomo. Siete stati voi ad averlo supposto. Potrebbe essere benissimo anche un’amica. – Cerco di avvalorare questa tesi con convinzione ma dai loro sguardi deduco che non mi riesce molto bene.

- Felicity, - Oliver sussurra il mio nome nel suo consueto modo quando vuole sottolineare il concetto inespresso.

- Ho bisogno di un piccolo spazio di normalità in questa frenetica vita che vivo al tuo fianco. Ho bisogno di essere ogni tanto semplicemente Felicity Smoak, e non Felicity Smoak di Arrow. – Mi blocco. Sventolo le mani davanti al suo viso. – Non intendo che sono tua, ci mancherebbe altro, figuriamoci, tu ed io, - sogghigno – Vorrei sentirmi solamente Felicity Smoak, una ragazza come tante, non la ragazza di Arrow… - Oliver mi fissa. Sono un caso disperato. Inspiro profondamente. – Soltanto Felicity Smoak – Lo guardo implorante con la speranza che capisca le mie esigenze. Appoggio la mano sulla sua a rinforzare la mia richiesta.

Il trillo dell’sms interrompe il momento. Devo sbrigarmi. Oliver sospira, rassegnato a lasciarmi andare. – Grazie. – Scappo via.



Arrivo fra dieci minuti. Aspettami al bar con una bella cioccolata calda e tanti marshmallow. Sei peggio di un bambino goloso, sorrido a quel messaggio.

Sono l’unica cliente. Mi guardo un po’ attorno. La cameriera è intenta a lavare le stoviglie. Osservo con attenzione fuori dalla vetrata. Mi perdo nella mia immagine riflessa. I ricordi di qualche ora prima mi affollano la mente. Socchiudo gli occhi per un attimo e riprovo la sensazione di avere le dita di Oliver sulla mia pelle. Il suo tocco è delicato e… caldo. Mi mordo il labbro.

Per un attimo ho avuto la sensazione di essere ritornata indietro nel tempo, a quella sera. Questa volta, invece di ritrovarmelo dietro le spalle, ho potuto vedere le sue sensazioni sul suo viso. Piacere, puro godimento. Il labbro scivola tra i denti. Inspiro profondamente. Il cuore ha preso a battere velocemente. La mano tocca l’addome, proprio nel punto della cicatrice, e i ricordi si impossessano prepotentemente della mia mente.






Felicity afferrò l’asciugamano che aveva appoggiato sul lavandino. Finalmente si sentiva pulita e più leggera. Era stata una giornata lunga e intensa. Ne aveva proprio bisogno. Si era trattenuta parecchio sotto la doccia, lasciando che l’acqua scivolasse sul suo corpo e che i muscoli tesi si rilassassero. Le bastava però ricordare che nell’altra stanza c’era Oliver e subito s'irrigidiva. A volte era troppo esagerato con le sue attenzioni o, meglio, paranoie.

Passò la mano sullo specchio appannato. Osservò attentamente il suo viso stanco. Era dimagrita parecchio nell’ultimo periodo. Il viso più scavato e quel cenno di occhiaia non voleva andarsene. Aprì l’asciugamano e osservò con severità il suo corpo. S’intravedevano le costole. Devi mangiare di più, Felicity, sei pelle ed ossa!

Abbassò ancora di più il suo sguardo e arrivò a lei. Il veleno della punta della freccia aveva deturpato la sua pelle. Un’enorme ferita rossa e ancora infettata era in bella vista sul suo addome. Chiuse gli occhi e cercò di ignorare il disgusto che ogni volta provava quando ci pensava. Indossò una canottiera e dei pantaloni a vita bassa. Attivò la ricetrasmittente prima che se ne scordasse un’altra volta. Afferrò il phon e iniziò ad asciugarsi i capelli. Gli occhi continuavano a guardare verso il basso. Spense il phon. Sospirò rassegnata.

Devi farlo, Felicity. Arrotolò leggermente i pantaloni in modo che il bordo non toccasse la ferita. Alzò la canottiera fin sotto al seno e andò in camera a prendere l’occorrente per la medicazione.

- Oliver, - Disse piano quando lo vide seduto sul suo letto. Con un gesto istintivo si coprì la ferita con il braccio. In quel momento si sentiva vulnerabile.

- Scusami. - Oliver si alzò dal letto e le andò vicino. – Lascia che ti medichi io.

- No, - Si morse il labbro trattenendo a stento le lacrime.

Oliver si posizionò dietro le sue spalle e la sospinse vicino allo specchio. Iniziò a passare lentamente su tutta la ferita un batuffolo intriso di disinfettante.

- Che fai… - Disse Felicity sorpresa dal gesto delicato di Oliver. Sgranò gli occhi quando si rese conto di quello che stava accadendo tra di loro.

- Non devi aver paura di questa cicatrice. – Il soffio caldo delle sue parole le accarezzò la pelle increspandola e le provocò diverse sensazioni sconosciute.

- Io… - Felicity deglutì non riuscendo più a continuare. Guardava rapita la mano di Oliver che le sfiorava con dedizione la ferita. Lo sguardo scivolò su di lui e sul suo viso tutto concentrato a non farle del male.

Oliver terminò di medicarla e solo allora si accorse dello sguardo fisso di Felicity su di lui. – Le cicatrici rendono sexy. – Sorrise compiaciuto.

Felicity aprì la bocca per dire qualcosa ma poi la richiuse. Le servì qualche istante per prendere coraggio. – Sul serio? – Chiese quasi timidamente, incredula che lui lo pensasse veramente.

Oliver la guardò a lungo. Il suo volto non tradiva emozioni. Il suo sguardo serio confermava quello che le aveva appena detto. La strinse per le spalle e lasciò che lei si abbandonasse al suo petto. Le dita scivolarono sul suo braccio accarezzando il fianco fino a raggiungere l’addome e la ferita. Sottolineò delicatamente con il dito la linea della lunga cicatrice e terminò il suo percorso sfiorandole l’ombelico.

Ascoltando quella risposta silenziosa, Felicity trattenne il respiro per tutto il tempo, rapita completamente dai gesti di Oliver e dalla precisione del suo tocco.

- Sì. – Ed ecco l’unica parola di cui aveva bisogno.

Felicity si girò tra le braccia di Oliver. Lo guardò per la prima volta in volto. Nessun specchio a dividerli. Erano solo loro due in quella stanza.

Si alzò in punta di piedi. Occhi negli occhi. – Grazie. – Sussurrò piano e accolse il suo viso tra le mani. Esitò per un istante ma poi gli baciò la guancia, seguito subito dopo da un abbraccio colmo di gratitudine.

Oliver sorrise tra i suoi capelli bagnati e la strinse più teneramente tra le sue braccia alzandola leggermente.

- Ora è meglio che vado. – La lasciò libera dalla sua presa e la ricondusse a terra. Si guardarono per un altro lungo istante. – Devi riposare.

Le loro mani scivolarono sulle braccia dell’altro, fino a staccarsi lentamente l’uno dall’altra, accompagnando in quel modo Oliver alla porta.

- Buonanotte, - Riuscì a stento a biascicare Felicity, lui le rispose con uno dei suoi indimenticabili e teneri sorrisi.




- Scusami se ti ho fatto aspettare.

La sua voce mi riporta repentinamente alla realtà. Lo sguardo scivola su di lui attentamente. Soliti jeans, solita camicia e solita giacca. Sempre lui. Neanche una virgola cambiata. Un sorriso tenero accoglie l’arrivo dei miei occhi sul suo viso.

- Non ti preoccupare, ne ho approfittato per riposare un po’ e raccogliere le idee. Dai, siediti. Mi devi raccontare tutto di questo nuovo lavoro all’estero. È un sacco di tempo che non ci vediamo.

- Non è colpa mia. – Frecciata numero uno. In fondo me lo aspettavo.

- Andrew… - L’ammonisco bonariamente. Lui alza in aria le mani in segno di scuse e poi scoppia a ridere.

- Sei tu che sei partito avvisandomi poche ore prima del tuo viaggio.

- Sei tu che sei scomparsa dopo che te ne sei andata dalla Richmord Enterprise. Pochi messaggi, una telefonata veloce. – Sto per ribattere ma mi precede. – Ah giusto. Anche quel tentativo di pranzo dal quale sei dovuta scappare subito perché il signor Queen aveva assolutamente bisogno di te. – Si picchietta il mento con l’indice. – Secondo te, dobbiamo contare anche quella sera? Sono incerto, non siamo neanche riusciti a entrare nel ristorante perché il tuo capo aveva necessità di vederti subito. – Gli afferro la mano e la stringo nella mia.

- Detto questo, non ammetterò mai che sono geloso di Oliver Queen. Lui che cosa ha più di me? Occhi e sorriso che incanta, il savoir faire dei migliori playboy e per finire una valanga di soldi? Nah, io sono molto meglio.

- Andrew… - Sorrido intenerita. Non voglio ritornare su un discorso che considero già chiuso.

- Scusami, sono uno stupido. Sono mesi che non ci vediamo ed io parto subito con le mie insicurezze. – Si allunga verso di me e mi accarezza la guancia. – Lo so, tu sei diversa dalle altre, Felicity Smoak. Solo, non capisco perché sei voluta ritornare a lavorare per Oliver Queen. Gli è bastato schioccare le dita e tu sei corsa da lui.

Le sue parole fanno male. Mi stacco da lui e mi appoggio allo schienale del sedile. – Non è vero. – Il mio è un labile tentativo di difesa. Non sa quanto ho dovuto faticare a stare lontana da Oliver, dalla Queen Consolidated e soprattutto dal mio ruolo di IT dell’Arrow Cave, solo per fargli capire che io sono importante per lui e per la sua missione di proteggere la città.

- Sono stato costretto ad accettare un lavoro all’estero per farmi notare da te e soprattutto farti sentire la mia mancanza. – Sorride soddisfatto.

- Stupido. - Mi sporgo nuovamente verso di lui. – Dai, raccontami tutto su questa ricerca.



Non dovrei farlo ma non me lo posso impedire. Sono in sella alla mia moto, fermo, di fronte al bar dove dentro c’è Felicity. L’oscurità mi avvolge e mi tiene al sicuro da occhi indiscreti, permettendomi di osservare la situazione senza essere disturbato o peggio, individuato.

Ora che conosco il trucchetto di Felicity, ho spento il cellulare. Non posso farmi cogliere in flagrante come un fidanzato geloso.

Non sono geloso! È un istinto di protezione che ho maturato nel tempo verso Felicity. Non solo, anche verso le altre persone, ovviamente. Ora m’accerterò che stia bene, che quel finto buonista di Andrew, se è davvero lui, abbia davvero buone intenzioni e poi me ne andrò a casa a dormire tranquillo. Deve essere Andrew, chi altri potrebbe essere?

Eccolo! Lo sapevo che era un uomo. Maledizione, da questa posizione non riesco a vederlo in viso. Le tende gli coprono la faccia.

Cosa fa? Allunga le mani? Stringo forte le mani a pugno, impotente. Dai, spostati, mostrami il tuo volto.

Felicity si è ritratta, vuoi vedere che non è tutto rose e fiori in paradiso? Un ghigno appare sul mio viso ma non dura abbastanza perché lei nuovamente si sporge verso di lui.

Odio quelle tende!

I minuti passano e si trasformano in ore. Tre ore. Sono passate tre ore e non accennano ad andarsene. Che avranno mai tanto da parlare? Se evitasse di prenderle le mani sarebbe anche meglio. L’avrà stordita con le sue chiacchiere, anzi, dato la logorrea di Felicity, si saranno storditi a vicenda.

Finalmente! I due si sono alzati ed escono dal locale. Felicity è illuminata dalla luce del lampione ma lui no. Si abbracciano. Non oserà, vero? E invece ci prova. Si china per baciarla, ma sono più svelto. Con una freccia colpisco di striscio la plafoniera ed entrambi per lo spavento si ritraggono. Dopo un attimo si mettono a ridere ma il pathos del momento è passato. Si abbracciano, poi Felicity sale in macchina e va via.

Sospiro sollevato. Se davvero era Andrew, come mi suggerisce l’istinto, chissà come mai si sono incontrati? Lui non era impegnato in una ricerca all’estero?

Riattivo il cellulare senza pensare. Sono un idiota! La precedo prima dell’inevitabile.



Bip. Bip. Bip. Il gps di Oliver. Si è riattivato. Deve aver spento il cellulare e ora l’ha riacceso. Perché? Osservo il monitor e mi accorgo della sua posizione.

Lo stringo forte nella mano. Sospiro rassegnata, dovevo aspettarmelo.

Parcheggio l’auto. Scendo e vedo Oliver seduto sugli scalini.

Ecco il traditore! Lo fronteggio senza dire niente.

Lui mi fissa. Sostengo il suo sguardo. Non so se sono più arrabbiata o sorpresa dal suo gesto.

- Soddisfatto?

- No. – Come? Si alza in piedi, scende i tre gradini lentamente, colpevole. – Non dovevo farlo.

- Invece l’hai fatto. Pensavo che avessi capito. Oliver… - Non so cosa dire. Questa invasione della mia sfera privata mi ha turbato più di quanto pensassi. – Non posso, ogni volta che esco, guardarmi attorno con circospezione con la paura di incontrare il tuo sguardo indagatore solo perché tu sei paranoico. Mi soffochi in questo modo. – Avvicino la mano alla sua guancia. – Fidati di me.

- Io mi fido di te, Felicity. – Mi afferra la mano e me la stringe nella sua.

- Non me lo dimostri. – Sciolgo la stretta e incrocio le braccia al petto. – Arriverò al punto che non potrò neanche fare la doccia in santa pace perché avrò paura che mi spii, o peggio che tu mi chieda di farla con te… - Ma che sto dicendo!

Il ghigno divertito di Oliver e l’inclinazione del capo verso destra mi fanno supporre che sta prendendo in considerazione la cosa. - Che cosa vuoi che mi succeda? – Il tono della mia domanda è davvero esasperato.

Silenzio. Sta soppesando il modo migliore di rispondermi o semplicemente il coraggio per dire la verità.

- Non voglio che accada ancora questo. – Appoggia la mano sul mio ventre. È un istante. Solleva la camicetta e sfiora la pelle. Occhi negli occhi. Non gli serve neanche guardare dov’è, lui sa benissimo dov’è la cicatrice. Abbasso lo sguardo, sorpresa e triste. L'avevo dimenticato. È stata dura anche per lui e in fondo non se l’è ancora perdonato.

- Scusami… - Mi ritraggo di un passo, spaventata da quello che provocano in me la scoperta e il contatto ravvicinato.

- Come sta Andrew? – Cambia repentinamente discorso.

- Tutto bene. Si è concesso una piccola vacanza ed è passato a trovarmi… - Mi blocco all’improvviso. Mi ha fregato. Stupido cervello che parla prima di connettersi.

Mi guarda soddisfatto e infastidito. - Hai vinto. Sì, il mittente dei messaggi e delle telefonate era Andrew Wolfar, contento?

- Per niente. – Duro e intransigente come ogni volta che l’argomento di conversazione è Andrew.

- Un giorno mi spiegherai perché ti sta tanto antipatico. – Lo intimo di fermarsi con l’indice. – Un’altra volta. Sono stanca e ho bisogno di dormire. Il mio capo mi schiavizza e mi tocca passare spesso le notti con lui. – Lo guardo dritto negli occhi e a bassa voce gli confido. – Amo passare le notti con lui, ma tu non glielo dire.

Oliver alza un sopracciglio. Scavatemi una fossa che mi sotterro.

Si avvicina a me, ignorando l’ultima mia splendida uscita. Mi afferra la nuca e mi bacia la fronte. – Buonanotte, Felicity.

Resto ferma. Gli occhi lo seguono andare via.

Non può essere. Porto una mano sul petto. Oliver Queen è davvero geloso di Felicity Smoak? Sorrido soddisfatta.

La fase quattro, partita in sordina, ha dato ottimi risultati e posso, ancora una volta, confermare la mia tesi: Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.

Una folata di vento mi fa rabbrividire. La camicetta sventola all’aria lasciando scoperta la pelle dell’addome. Ho freddo. La blocco e l’ultima emozione risale a galla. Avverto ancora le dita di Oliver che proteggono la cicatrice. Mi stringo le braccia intorno alla vita a custodire quel segreto.

Salgo i pochi gradini, infilo la chiave nella serratura. Il rombo di una moto mi fa voltare e lasciare libero lo sguardo lungo la strada.

- Oliver…




Continua…











Angoletto di Lights

Eccoci! L'aria si sta surriscaldando, la tensione è alle stelle e questi due mi faranno morire prima o poi. Chiamiamo i pompieri per spegnere il fuoco LOL

Il capitolo è ricco di riferimenti che riportano alla storia di Undercover - Se volete approfondire la questione sulla cicatrice e su Andrew Wolfar passate di là ;)


Ringrazio come sempre e lo continuerò a fare vannagio e jaybree per il loro supporto!

Dalla prossima settimana riprendiamo gli aggiornamenti il lunedì ^_^

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Capitolo 6
*** Fase cinque: ruvide labbra ***


Metodo Scientifico

- 5 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase cinque: ruvide labbra

 

 

 

“In un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto.”

Pablo Neruda

 

 

 

 

 

Quando Andrew mi ha detto "Ho bisogno di te, Felicity" non immaginavo minimamente di ritrovarmi in una situazione così imbarazzante. Sapere ma fare finta di ignorare. Inventare un sacco di scuse per proteggere il segreto e interpretare un ruolo quando la realtà è ben diversa.

Inspiro profondamente. Che situazione. Sospiro. Mi sembra di essere ritornata ai primi tempi con Oliver, quando ancora non sapevo "ufficialmente" che lui era Arrow. Solo che ora, al posto di Oliver, ci sono io e lui è al mio.

Avvio l'ennesima ricerca. A causa di questo lavoro extra, super segreto, ho dovuto lasciare stare il mio esperimento scientifico. Non ho potuto fare diversamente, perché tutta la mia attenzione la devo dedicare ad aiutare Andrew. Sospiro sconsolata. Ho la netta impressione che sia Oliver che Dig pensino che tra me e lui ci sia qualcosa.

Ghigno divertita per le strane espressioni che il viso di Oliver assume ogni volta che ascolta le mie scuse, una più assurda dell’altra. Che sia geloso?

Che cos'è questo, Felicity? Compiacimento? Va bene, lo ammetto. L’idea di Oliver geloso del mio rapporto con Andrew non mi dispiace. Forse è anche per questo che gli ho lasciato credere che tra noi ci potrebbe essere qualcosa di più che una semplice amicizia.

L'ho sorpreso più volte a osservarmi di nascosto, a spiare quello che faccio, a origliare le telefonate, a interpretare le espressioni del mio viso e comportamenti, solo per capire fino a che punto Andrew ed io ci stiamo spingendo.

Se da una parte è gratificante, dall'altra è frustrante.

- Sei ancora qui, Felicity? – Sussulto alla domanda di Oliver. Ero così soprappensiero che non mi sono accorta del suo arrivo.

Con un gesto fulmineo nascondo la finestra della ricerca con quella del programma d’intercettazione radio della polizia.

- Sì, - Mi volto con la sedia. Mossa sbagliata, Felicity. Lo sai benissimo che quando Oliver ti osserva con quel suo sguardo serio e indagatore, proprio come sta facendo ora, non sai trovare una giustificazione plausibile. - Stavo, - Giocherello con la penna tra le dita in cerca di un'idea. - ... aggiornando il firewall. Ho notato stamattina che c'era una falla nel sistema. Non voglio rischiare che qualcun altro riesca a violare i nostri sistemi. Si sta dimostrando un lavoro più lungo del previsto. - Abbandono i suoi occhi e mi accorgo che ho lasciato in bella vista i documenti sulla scrivania che Andrew mi ha consegnato l’altra sera.

Oliver incrocia le braccia al petto e inclina il capo leggermente. - Non l'avevi già fatto ieri?

Merda! Mi muovo sulla sedia. Sollevo le gambe e le incrocio sotto di me. Lentamente mi sposto verso i documenti. Con nonchalance mi volto. - No, ti sbagli. – Il mio tono mi tradisce. – Forse… ti stai confondendo… con l'aggiornamento del satellitare che ho fatto ieri. – Termino tutto d’un fiato e finisco di nascondere i documenti nella cartellina. Meno male. Mi giro nuovamente verso di lui.

Oliver è troppo serio. Ho la netta sensazione che vorrebbe incenerirmi. – Può essere… - Quelle due parole sono una sferzata di vento gelido su di me. Scappo dai suoi occhi e mi torturo le mani. Non posso cedere. Sto stringendo talmente il labbro tra i denti, che comincia a sanguinare.

- C’è qualcosa che devi dirmi? – Oliver si avvicina di un passo.

Gli occhi scattano sul suo viso. Confessa, Felicity. No, non puoi.

- No… - Mi trema la voce. Fisso le sue frecce. Deglutisco al solo pensiero di che cosa potrebbe fare con quelle.

Un altro passo in avanti. – Ne sei sicura?

L’arrivo del messaggio mi dà l’occasione di sfuggire dai suoi occhi. Afferro il cellulare e… non credo alle parole che sto leggendo: Arrow sa tutto. Non so come abbia fatto, ma è stato chiaro al riguardo. Mi dispiace averti coinvolto, Felicity. Proseguo da solo.

Stringo così forte il cellulare nella mano che potrei romperlo.

- Che. Cosa. Hai. Fatto? – Il tono della mia voce è così duro che per un attimo mi stupisco io stessa di esserci riuscita.

Oliver indietreggia di un passo, poi si blocca e ritorna sui suoi passi.

- Tu non puoi comportarti in questo modo!

Sono troppo arrabbiata che ho paura delle mie stesse parole e di quello che non potrò fare a meno di dire.

- Te l’avevo chiesto per piacere. Ti avevo quasi implorato di fidarti di me. Ti avevo detto che avevo bisogno dei miei spazi. – A ogni mia affermazione il tono di voce aumenta. – Perché non capisci che ho bisogno di essere Felicity Smoak? Semplicemente Felicity! Io... io… - Freno l’istinto prima che la situazione peggiori.

- Sono giorni che sei tutta concentrata su questo progetto. Non hai tempo per niente. Sei frettolosa, superficiale, disattenta, non ascolti, sei sempre tra le nuvole.

Non posso credere a queste accuse. – Come, scusa? – Stringo forte le mani a pugno.

- Al mondo non esiste solo Andrew Wolfar. 

- Perché sarei qui? - urlo. - È importante che aiuti Andrew, perché non lo capisci?

Accade tutto troppo velocemente. Oliver scatta in avanti e mi blocca sulla sedia, appoggiando le mani sui braccioli. Non ho nessuna intenzione di cedere. Alzo il viso e lo fisso determinata nei suoi occhi severi.

- Tu non puoi fare così!

- Fare cosa? – Non riesco a decifrare i suoi pensieri.

- Non puoi… - Ma si blocca.

- Cosa? – Gli urlo in faccia esasperata.

- Ignorarmi! Mi sorridi, mi osservi, mi sfiori, mi ecciti e poi… basta.

Mi guarda per un lungo istante e non aggiunge niente. Non ho parole. Chiude gli occhi senza però rilassarsi. Mi marca stretta. Avverto il suo respiro sul viso. Inspiro a fondo e il suo profumo mi stordisce.

- Sono settimane che non mi rivolgi uno dei tuoi sorrisi, che non appoggi il tuo sguardo caldo su di me, che le tue mani non mi sfiorano.

Oh. Mio. Dio. L’esperimento! La verità mi esplode nella mente.

- Tu sei la mia amica, la mia partner… la mia ragazza.

Non respiro. Ho bisogno di ossigeno. Gli occhi di Oliver sono magnetici.

- Non puoi fare così, Oliver. – Sono troppo arrabbiata e confusa. Il tono è più duro di quanto volessi. – Ho la mia vita. – Dico piano guardando altrove. - Io sarò sempre al tuo fianco ma necessito di spazio. Ora Andrew ha bisogno di me. – Ferita e ostile, come mi sento.

- Perché non capisci, Felicity! – Urla sul mio viso trattenendo a stento la rabbia.

- Cosa? – Chiedo a mia volta aggredendolo con forza.

Le labbra di Oliver sulle mie. Il tempo si blocca all’improvviso. Tutto si ferma, perfino il mio cuore. Oliver mi afferra il viso con le sue grandi mani calde e mi tira verso di lui.

Si ferma. Mi osserva. La parola “incredulità” non è abbastanza da spiegare come mi sento.

- Questo. – Mi bacia ancora un’altra volta, con più calma, con più dolcezza, con più… amore.

Sono istanti interminabili, senza reazione. In confronto al blackout mentale e fisico nel quale sono caduta, l’eternità mi sembra di una brevità sconcertante.

Le labbra di Oliver si fanno più esigenti e quando avverto la sua lingua sfiorare la mia bocca, mi sveglio.

Mi spingo su di lui. Le braccia gli circondano il collo e stringo rispondendo al bacio.

Non voglio pensare alle conseguenze, per una volta non permetterò alla ragione di decidere per noi. Scendo dalla sedia e spingo Oliver vicino al muro. Lascio a malincuore le sue labbra, e traccio una scia di baci fino alla giugulare. La sua pelle è calda, sotto di essa avverto le vene pulsare. Brividi, ansimi, corpi che si sfiorano, mani che si toccano ed esplorano. Sospiri, inspiro ossigeno, respiro lui, tutto è un’armonia naturale.

- Felicity, - Il mio nome sussurrato appena, mai suono è stato così erotico. Oliver ansima sotto i miei baci. Voglio di più, pretendo di più.

Le mani s’intrufolano sotto la camicia. Parto dal basso, un bottone alla volta, alla scoperta del suo fisico perfetto, di ogni cicatrice, ferita, segno che riesco a individuare toccando con le mani.

- Felicity, - Dillo ancora, ancora. Il suo tono caldo mi stuzzica, mi solletica i sensi, così tanto che prendo fuoco, come una scintilla che incendia la brace. Lui è la mia scintilla, ed io sono la brace.

Era questo che nascondevi nel profondo della tua anima, Felicity?

Mi blocco. Oliver mi osserva attentamente. Mi tuffo nel suo sguardo. Sì.

Gli sfioro il volto con le mani. Avvicino il mio viso al suo. Bastano pochi secondi e le sue labbra sono ancora sulle mie.

È lui che mi spinge, che mi guida. È lui che mi spoglia, che mi sfiora, che mi bacia. È sempre e solo lui che mi accende.

Le sue braccia mi sollevano, le sue labbra non mi abbandonano. Pochi passi, lunghi istanti. Avverto il morbido del materasso e poi il corpo di Oliver sul mio. Le sue mani sono ovunque, le mie pure.

Le sue labbra scivolano su di me, dal collo al seno. Oliver mi sbottona la camicetta in cerca di lei. Lo so, la mia cicatrice ti ha fatto sempre andare su di giri, in tutti i sensi. Ti fa incazzare, ti fa rattristare, ti fa eccitare, ti fa amare me.

- Oliver, - Il mio è solo un sussurro. Un suono che esce dalla mia bocca accompagnata da un gemito.

 

 

 

 

- Oliver, - Ansima ancora il mio nome, ti prego, Felicity. Bacio la cicatrice, lentamente. Un bacio alla volta. Il contatto delle mie labbra con la sua pelle calda è una sensazione che voglio godermi fino in fondo, alla scoperta di ogni sfaccettatura.

- Oliver, - Ho il cuore che pompa a mille. I muscoli tesi. Vorrei prenderla ora, subito, all’istante e soddisfare la curiosità di sentirmi dentro di lei.

- Oliver… - Il suo richiamo eccitato mi scuote. Appoggio lo sguardo sul suo viso. Ha le gote rosse, i capelli sciolti sul cuscino, e la camicetta totalmente abbassata sulle braccia.

Mi blocco. Felicity mi osserva. Io la guardo. Che sto facendo?

- Che-c’è? – Balbetta insicura.

Mi allungo su di lei. La bacio ancora, non vorrei più smettere. – Vorrei solo che fosse speciale.

- Speciale? - È disorientata.

- Sai… - Perché deve essere così difficile?  - … la prima volta, deve essere speciale.

- La prima volta?

La fisso negli occhi. Mi sento un ragazzino alle prime armi. Passano i secondi. Rimaniamo in silenzio. Occhi negli occhi.

- Oh. – Ha realizzato. - Oh, Dio. Pensavi che io... tu, noi... No. No! – Sventola le mani davanti al mio viso. - Cioè, sì, insomma. Anni fa. È passato del tempo in effetti. Ma io… Sì, è successo, con un compagno dell'università, e poi c'è stato Mark, dopo è venuto Christian, e poi...

Basta. L’azzittisco con l’indice sulle sue labbra. - Ho capito. – Mi siedo. È delusione quello che provi, Oliver? Sì, lo è.

Come un cretino mi ero convinto che Felicity fosse ancora pura. Un’isola vergine da scoprire poco alla volta, passo dopo passo, fin dentro la sua anima. Sono uno stupido.

La mano di Felicity si appoggia delicatamente sulla mia spalla. L’indice scivola giù, lungo il braccio e si ferma sul tatuaggio.

- Oliver, - Il fiato mi accarezza la clavicola. – C’è una cosa però che non ho mai fatto e sarebbe la prima volta… - Mi volto a guardarla incuriosito e sorpreso. Il tono di voce è eccitato. La guardo. Sulle sue labbra troneggia un sorrisetto furbo e compiaciuto. – Non l’ho mai fatto con un eroe.

Mi strappa un sorriso sincero. Sono il suo eroe e le mani di Felicity sono di nuovo su di me e la sua bocca sulla mia.



Continua…

 

 

 

 

Angoletto di Lights

È il caso di dirlo: OH.MY.GOD! Ho il cuore che batte forte. Se siete arrivate fino a qua senza ossigeno, prego, andare a destra che troverete il rifornimento.

Wow, questi due mi faranno morire. Mi raccomando fate scorta anche per il prossimo.

Questi sono i capitoli che più amo di questa storia.

Ora un piccolo regalo. La storia ipoteticamente doveva essere composta da 8 capitoli, ma dato che mi ci sono affezionata ho deciso di aggiungere qualche capitolo, vediamo un po’ che combinano questi due.

 

Grazie, sempre grazie a vannagio e jaybree per il supporto tecnico, morale e di accompagnamento a questa storia.

 

Ci si rilegge lunedì prossimo.

 

 

 

Se volete invece tuffarvi in un'altra mia avventura, una semplice OS su Sin & Roy ambientata durante l'ultimo episodio della seconda stagione e trattata dal POV di Sin, passate da Cappuccetto Rosso

 

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Capitolo 7
*** Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro! ***


Metodo Scientifico

- 6 -

 

 

Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro!

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il miglior profumo al mondo è quello dell’uomo che ami.”

Jennifer Aniston

 

 

 

 

- Ciao, caffè nero alla vaniglia, con panna e una spolverata di cacao!

Che pazienza! Sorrido divertita. – Mark, quando la smetterai di chiamarmi così?

- Felicity, oh mia Felicity… - Abbandona la cassa e si appoggia sul bancone del bar afferrandomi le mani. – Tu sarai sempre il mio caffè nero alla vaniglia, con panna e una spolverata di cacao.

Il suo modo di fare è così teatrale che scoppio a ridere.

- A saperlo, quel giorno avrei ordinato un semplice caffè.

- É qui che ti sbagli, mia cara. Tu non sei un semplice caffè ma...

- Buongiorno. – Il tono secco della sua voce mi fa rabbrividire e tronca il discorso di Mark.

- Signor Queen! Caffè nero con una spruzzata di panna, giusto? – Il fascino di Oliver Queen ha fatto un’altra vittima. Mark non aspetta la risposta e corre a prendere le ordinazioni.

- Simpatico il tuo amico. – Perché il suo sguardo severo contraddice il suo apprezzamento?

- Sì, molto. – Mi sembra di camminare su un terreno minato.

- E… - Mi fissa inchiodando i miei occhi. - ... chi è?

In quel momento arriva Mark che ci porge l’ordinazione. L’afferro ed esco dal locale seguita da Oliver. Un attimo dopo mi afferra per il braccio, riportandomi qualche passo indietro vicino a lui e mi blocca in attesa della risposta.

- L’hai detto tu: un amico. – Sogghigno divertita dalla piega di quella situazione surreale.

Mi volto a guardare Diggle appoggiato alla macchina che ci guarda ridacchiando. Lascio Oliver e gli porto il caffè.

- Mi sa che stamattina il capo è sceso dalla parte sbagliata del letto.

- Evidentemente l’hai mandato in bianco ieri sera. – Diggle indossa gli occhiali ma prima mi rifila un’occhiata di chi la sa lunga.

Sono senza parole. Devo ancora abituarmi a questa nuova realtà. Oliver ed io. Non so bene cosa siamo. Amici, partner, colleghi, amanti… o una coppia.

Non abbiamo definito niente. Per il momento siamo fermi in questo limbo e attendiamo l’evolversi degli eventi di Felicity Smoak e Oliver Queen.

Appoggio la mano sulla maniglia ma Oliver fa lo stesso. La sua sulla mia, calda, protettiva. Volto il capo così piano che mi sembra di vivere in una scena al rallentatore. Non mi sono ancora abituata al suo tocco.

Il cuore ha perso ogni battito. Non ho più aria nei polmoni. Immagini di noi due tra le lenzuola mi appaiano davanti gli occhi. È la fine.

Stacco frettolosamente la mano e me la porto al petto. Se prima non c’era battito, ora il cuore è approdato a una corsa di cavalli.

Oliver sorride. Ha capito benissimo che effetto ha su di me. Da quella notte tutto è cambiato e mi sembra di essere diventata trasparente, un libro aperto dei miei sentimenti che solo lui ha conquistato il permesso di sfogliare e leggere.

- Che dici? Sali o rimaniamo qui tutto il giorno? – Ha anche il coraggio di prendermi in giro!

- Sarebbe piacevole, peccato che hai una riunione con Isabel.

Oliver rotea gli occhi. Gli picchietto la mano sul petto in segno di condoglianze.

 

 

Pomeriggio tranquillo. Sono da sola in ufficio. Oliver è ancora in riunione e non ho la più pallida idea di dove sia Diggle. Apro l’ultimo cassetto e afferro la cartellina. L’appoggio sulla scrivania. Sospiro. Ne dovremo parlare, prima o poi.

Mando un messaggio ad Andrew confermandogli l’appuntamento per stasera. Ho faticato parecchio per convincerlo a farsi aiutare ancora. Oliver l'aveva proprio terrorizzato.

Fisso il plico di fogli che tengo in mano e mi torna in mente la sera in cui ha chiesto il mio aiuto.

 

 

- Felicity, sei sicura che te la senti di aiutarmi? – Andrew chiese con il suo consueto tono protettivo.

- Che amica sarei se non ti aiutassi? – Rispose afferrandogli le mani. – Chi meglio di me può scavare nel cyber spazio. Vedrai, insieme li faremo pentire di aver avviato questo mercato nero di organi.

Andrew sorrise e strinse di più le sue mani.

- Abbiamo bisogno di prove. Grazie alla mia posizione nell’azienda lavorerò dall’interno, a te spetta il compito di hackerare il sistema per scovare il loro prossimo obiettivo.

- Ahia! – Felicity prese a massaggiarsi il braccio.

- Tutto bene? – Chiese Andrew.

- Deve essere questa maledetta tendinite. È un paio di giorni che non mi lascia in pace.

Lui la osservò soprappensiero. – Che c’è? – Non le rispose e si sedette accanto a lei.

La fece voltare e iniziò a toccarla dalla spalla al braccio, soffermandosi delicatamente sull’avambraccio, il polso e infine la mano.

- Strano, i nervi non sono infiammati. Dubito che sia tendinite. Da quanto va avanti questo dolore?

- Non saprei, non ci ho fatto caso. Da un po’, comunque. Mi sto allenando con Diggle, sarà per quello.

- Può essere. Fammi fare degli esami.

- Non voglio essere una delle tue cavie da laboratorio! – In risposta Felicity si aggiudicò un’occhiataccia.

Andrew si alzò in piedi e l’aiutò a indossare il cappotto.

- Si è fatto tardi, non vorrei che domani il tuo adorato Oliver Queen t’incolpasse di essere assonnata perché non lo veneri abbastanza.

Felicity scoppiò a ridere. – Sei uno stupido. Oliver è ben diverso da come te lo immagini.

- Oliver?

- Hai capito che cosa volevo dire.

- L’ho capito da parecchio tempo, purtroppo.

Felicity lo sospinse scherzando verso l’uscita.

- Eccoci qua. – L’imbarazzo era calato tra loro.

- Già.

- Felicity…

- Andrew.

- Felicity, io… - Andrew si sporse verso di lei ma prima che potesse baciarla, la lampadina del lampione scoppiò lasciandoli nella penombra della Luna.

- Va bene, ho capito! - Scherzò guardando in cielo. Accarezzò la guancia di Felicity riportandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – Non t’importuno più, non voglio che accada un cataclisma, la prossima volta.

Entrambi risero di gusto.

 

 

 

Bip. Bip. Bip. La ricerca è terminata. Stampo il risultato e lo archivio nella cartellina. Mi avvicino alla grande vetrata. Mi sembra di vivere una vita alternativa. Da quando tutta questa storia è iniziata, ho smesso di indossare i panni dell’invisibile Felicity Smoak per quelli della ragazza di Arrow.

Un salto a piè pari nel mondo parallelo dal quale non ho ancora fatto ritorno. Ormai amo questa vita e... sorrido al riflesso della mia immagine sulla vetrata. Una mano si appoggia sulla spalla e il pollice mi accarezza delicatamente il collo in un gesto all’apparenza innocente, ma che entrambi sappiamo essere carico di significati nascosti.

Volto il capo per guardarlo. Sorrido quando incontro i suoi occhi.

- … amo stare con te. – Oh. Mio. Dio. Ditemi che non l’ho detto a voce alta.

Oliver inclina il capo compiaciuto. – Vieni a cena con me?

- A cena? – No, ti prego.

- Preferisci dopo cena?

Ma… ma… Immagini di corpi avvinghiati tra di loro affollano subito la mia mente.

- No! – Respira, Felicity. Oliver mi osserva in malo modo. – Cioè, sì. – Oh no. – Tre. Due. Uno. – Conto sottovoce. – Non posso. – Finalmente! – Ho un impegno.

Oliver stringe le labbra all’interno gonfiandole leggermente in una smorfia simile al fastidio. – Con lui?

Non rispondo, tanto l’ha già capito da solo.

- Pensavo che la questione l’avessimo risolta.

- Infatti… - Mi scosto leggermente da lui. – Aiuterò Andrew e Arrow ne resterà fuori.

- Ok.

Ok? Cosa? Niente imposizione, niente ordini perentori, niente di niente? Solo ok? Apro la bocca per dire qualcosa ma non mi esce nulla. Ok?

- Devo andare. – Un tono più gelido di così Oliver non poteva assumerlo.

Mi sembrava troppo strano.

- Oliver, - Lo fermo per il braccio, stringo il suo polso nella mano e infrangendo per l’ennesima volta una delle mie regole ferree sul lavoro, con un rapido slancio mi sollevo in punta di piedi e lo bacio. Resto ferma in quella posizione per alcuni secondi in attesa della sua risposta. Non devo attendere molto. Il suo braccio mi circonda la vita e mi stringe a lui, mentre l’altra mano spinge la nuca per approfondire il contatto delle nostre bocche.

- Andiamo a cena? – Sussurra a poca distanza dalle mie labbra prima di ribaciarmi.

- Ok, facciamolo… - Ma che dico! – La cena, intendo… - Oliver sorride frastornato. - … ma domani, stasera non posso. - Sospiro. Sono su di giri. Ritorno con i piedi per terra. - Scusami, ma devo consegnare queste carte all’ufficio di Isabel. –

Oliver si scioglie dal nostro abbraccio e mi lascia libera.

Rigido nella sua posizione mi sbarra la strada. Lo guardo fissa negli occhi e poi con nonchalance lo aggiro ed esco dall’ufficio.

 

 

 

 

- Felicity? – Domanda Diggle entrando in ufficio.

- È andata da Isabel a portarle dei documenti.

- Quell’espressione corrucciata sta per

- Stasera si vede con Andrew e ho la netta sensazione che quei due si siano invischiati in qualcosa più grande di loro.

- Più grande delle questioni che ha con Arrow?

Trafiggo Diggle con lo sguardo. È mai possibile che debba fare sempre la parte del saggio?

- Lasciale un po’ di spazio. Vedrai, se avrà bisogno, verrà da te e ti chiederà aiuto.

- Che cosa te lo fa pensare?

- Perché conosco Felicity e anche te, e so perfettamente che terrai d’occhio ogni loro minimo spostamento. – Sorride compiaciuto.

- Sai, Diggle, sei sprecato come autista di colore.

Ridiamo entrambi e la tensione si alleggerisce.

 

 

 

Che cosa hanno intenzione di fare quei due? Dalla mia posizione non perdo di vista Felicity e Andrew, che sono in macchina a definire i dettagli del loro assurdo piano d’intrusione nei laboratori della Baverick, il posto in cui stanno svolgendo le loro ricerche.

Dopo uno sguardo d'intesa scendono dalla macchina. Quella tutina nera da dove è saltata fuori? Lascio scivolare lo sguardo su Felicity e su come la stoffa le fascia il corpo. Però.

Attendo qualche secondo e poi li seguo all'interno.

Siamo quasi vicini ai laboratori quando un gruppo di guardie li sorprende.

- Fermi!

Punto la freccia ai condotti di areazione e la scocco. Tempo pochi secondi, il fumogeno esplode avvolgendo tutti. Con una rapida mossa spingo Andrew verso l'uscita e afferro per la vita Felicity, disorientata da quello che sta accadendo.

- Ah! - È solo un attimo, il corpo di Felicity cede e si aggrappa al mio petto per non cadere a terra. - Scusa, Andrew, mi hanno ceduto le gambe, deve essere colpa della tensione.

Rimango in silenzio e nel frattempo la sospingo verso l'uscita.

- Ora va meglio, proseguo da sola. - Felicity si stacca da me ed io ne approfitto per scomparire nella confusione generale.

 

 

 

- Felicity, tutto bene? - Mi chiede Andrew quando siamo al sicuro.

- Sì, solo... - Mi fermo a respirare l'aria. Da dove viene questo profumo?

- Sicura? - Andrew mi tocca la guancia delicatamente.

Non è il suo. Lo fisso. Mi scosto piano e la mano scivola sulla fronte per rimettere apposto il ciuffo. Di nuovo! Accosto il palmo della mano al naso e inspiro. Ho già sentito questo profumo, ma dove?

- Andrà meglio la prossima volta. - Incoraggio Andrew. - In fondo abbiamo già fatto un passo in avanti.

- Solo che li abbiamo messi in allarme.

Tutto a un tratto mi sento stanca. Mi siedo sul marciapiede. Dopo pochi secondi mi raggiunge anche lui. Il lieve dolore alle gambe non se ne vuole proprio andare, così massaggio piano i polpacci.

- Ti fanno male?

- Sì. - Affranta. - Il dolore mi ha colto all'improvviso quando stavamo scappando, meno male che mi hai sorretta.

- Sorretta?

Mi volto di scatto a guardarlo. - Sì, prima, quando mi hai aiutato a scappare.

- Non me ne sono accorto. - Alza le spalle confuso. - Troppo caos. - Dai, ti riaccompagno a casa. - Si alza e mi porge la mano.

Ma? Vuoi vedere che... non può essere.

- Sei sicura di stare bene? - Andrew mi osserva con il suo solito sguardo clinico.

- Sarò stanca, non so cosa dirti.

- Facciamo così, domani vieni da me... - Mi blocca con l'indice prima che possa ribattere. - … e facciamo delle veloci analisi, veloci-veloci e indolori, promesso.

- Va bene.

 

 

 

Che serata! Sono stanca ma ho come la sensazione che mi manchi qualcosa. Tu lo sai bene che cosa ti manca, Felicity.

Osservo l'orologio. Quasi mezzanotte. E se... avvio la chiamata e nel frattempo bussano alla porta. Il telefono non fa in tempo a squillare una volta, apro la porta e mi ritrovo davanti  due occhi verde chiaro e un sorriso stampato sulle labbra.

- Pronto?

Oliver! Sorrido. – Volevo sapere se avevi già mangiato.  - Continuiamo a parlare attraverso i cellulari.

Avanza di un passo senza dire niente ed io indietreggio appena.

- A quest’ora? – mi chiede Oliver.

- Sì, lo so che è mezzanotte e non avrai fame… - Oliver stacca la chiamata e ripone il cellulare in tasca. La sua mano destra si poggia sul mio fianco e scivola sulla schiena, mentre quella sinistra mi ruba il telefonino e lo lancia sul divano - … ho pensato che forse ti andava uno spuntino. – Continuo a blaterare, mentre lui sospinge la porta alle sue spalle e avanza di un passo. – Volevo… invitarti a fare uno spuntino di mezzanotte. - Mi osserva con quel suo sguardo penetrante. - … oppure possiamo saltare i convenevoli… - Un lampo nei suoi occhi. Il suo viso è sempre più vicino al mio. Si muove così lentamente che nell’attesa delle sue mosse sto perdendo fiato. - … e passare al dolce.

Mi bacia. Sono paralizzata. Il cuore esplode in tumulto di sensazioni mai provate. Le gambe mi cedono, ma questa volta non è per il dolore.

Oliver mi sorregge, mi solleva piano e mi porta in camera in braccio. Le sue labbra sono così calde, morbide e piene.

- Direi che il dolce va più che bene. – Sospiro all’ennesimo bacio sul collo. Avverto le sue labbra sollevarsi in un sorriso compiaciuto.

Ritorna su di me e si blocca a osservarmi. Minuti lunghi dove nessuno dei due dice o fa nulla.

- Oliver… - sussurro piano. Mi appoggia l’indice sulla bocca e si avvicina al mio orecchio.

- Dovresti mettere più spesso questa tutina…

Inspiro profondamente per raccogliere più ossigeno che posso. Chiudo gli occhi. L’odore del bosco, dell’erba e della terra bagnata dalla rugiada del mattino mi esplodono nella mente e mi catapultano su quell’isola. Distesa a terra accarezzo l’erba, le gocce di pioggia mi bagnano delicatamente tutto il corpo. Affondo le mani nel terreno e poi mi lascio andare, rotolo piano alla ricerca di quel profumo già conosciuto. È un attimo. Apro gli occhi di scatto.

Gli afferro il capo con le mani e lo porto difronte a me. Lo guardo intensamente. Inspiro solo per avere la conferma a quello che già so essere vero. Eri tu. Il mio eroe.

Lentamente avvicino il suo viso al mio e lo bacio con una delicatezza che sorprende anche me. Il mio eroe, penso ancora. Questa consapevolezza aumenta il desiderio che ho per lui e il bacio gentile e delicato si trasforma ben presto in qualcosa di più.

 

 

 

Mi sento così bene. Avvicino di più il corpo di Felicity al mio. La calma dopo la tempesta. Le bacio la nuca mentre lei continua ad accarezzarmi piano il petto facendo dei giri concentrici con il dito.

- Grazie. – sussurra appena Felicity e come se avesse preso coraggio alza il capo e mi osserva.

Sono stato beccato, ma dovevo aspettarmi che ci sarebbe arrivata.

- Come mi hai scoperto?

Si morde il labbro. I suoi occhi scattano dai miei al mio petto, indecisi se rivelarmi il mio errore.

- È difficile da spiegare… - Tentenna.

- Provaci. – Ora sono curioso.

- Te lo mostro, è più facile.

Sale su di me avvolgendosi nel lenzuolo. Sorrido a questa delicatezza e cerco di ignorare il suo corpo nudo che mi sta sfiorando. Con una mano sul petto si tiene il lenzuolo. Mi osserva attentamente e dopo qualche istante, molto lentamente, Felicity si distende su di me. Il mio naso le sfiora la clavicola e l’inizio del collo.

- Inspira, - Mi ordina ed io eseguo all’istante.

Si sfila il lenzuolo e si adagia completamente su di me. Sono senza parole. Si struscia lentamente verso il basso scivolando sul mio petto, fino a incontrare i nostri occhi.

- Che mossa mi hai insegnato quando l’avversario è su di te, Oliver?

Sorrido compiaciuto e dopo qualche secondo capovolgo le posizioni. Felicity sotto ed io sopra.

- Molto bravo, - Sorride compiaciuta. Mi afferra la mano e me l’appoggia su di lei, sullo sterno, appena poco sotto il seno. Brividi e la sua pelle s’increspa.

Sono disorientato da queste mosse precise, non riesco a capire il suo scopo, so solo che trovo il tutto molto eccitante. Si solleva verso di me e mi spinge sul materasso cambiando ancora un’altra volta le nostre posizioni. La lascio fare, mi sembra di essere creta tra le sue mani.

Volto il capo verso di lei, che è rimasta ferma, girata di lato verso di me e mi osserva.

Ci guardiamo ma non fa niente. Sto per chiederle che cosa stiamo facendo quando all’improvviso mi bacia. Sono completamente disorientato ma prima che il bacio ci travolga in qualcosa di più intenso, Felicity abbandona le mie labbra e scivola fuori dal letto, portandosi con sé la coperta che avvolge intorno a lei. Si appoggia alla scrivania. Inclina la testa di lato e mi osserva compiaciuta. Può mai uno sguardo eccitare così tanto? Oh sì, che può. Brividi e un’insana voglia di farla mia.

Sto per alzarmi ma lei mi precede bloccandomi con l’indice.

- Non abbiamo finito, - Si morde il labbro, compiaciuta di avere questo strano potere su di me. – Inspira, Oliver. – Lo dice piano. Il suo tono è così carezzevole che eseguo quasi inconsciamente il suo comando.

Cos’è questo profumo? È un profumo fresco, simile al limone e alla melissa, dalle note dolciastre, leggermente aspre. Lo conosco ma non riesco a capire, dove l’ho già sentito?

- Avvicina la mano che ti ho appoggiato su di me e inspira.

Lo stesso profumo! Verbena. Ma allora… e mi ritorna in mente quando si è appoggiata su di me. Sorrido soddisfatto del mio Sherlock Holmes. Mi alzo. Io al contrario di lei io non ho nessun pudore. Felicity si morde il labbro mentre il suo sguardo scivola su di me e un colorito rosso le imporpora le gote.

- Sei tu. - soffio sul suo viso.

- Es-a-t-to. – Deglutisce. – Ho letto da una parte che il miglior profumo per una donna è sempre quello dell’uomo che ama. – Sgrana gli occhi ed io… - … nel senso che gli uomini… - Riprende il discorso parlando velocemente. - Hanno delle fragranze molto particolari, la tua per esempio è intensa, amabile, coinv

Non aspetto altro. M’impossesso delle sue labbra e la stringo a me come se da questo dipendesse tutta la mia vita.

- Wow. – Sospira per recuperare l’ossigeno.

Appoggio la mia fronte sulla sua. – Felicity, che cosa mi hai fatto? – Sorrido a occhi chiusi.

- Era solo un esperimento. – Sorride a sua volta.

La guardo cercando di interpretare le sue parole. Mi scosta leggermente da lei e apre il primo cassetto della scrivania. Afferra il libricino e me lo porge.

Lo apro e leggo ad alta voce. - Io non amo Oliver Queen, confutazione con metodo scientifico. Felicity Smoak.

- Vado a fare la doccia, leggi pure, tanto questo esperimento ha fatto acqua da tutte le parti.

Ma… - … A meno che… - Felicity esita un secondo. - … tu non voglia fare la doccia con me. - Fa cadere la coperta ai suoi piedi. Mi lancia un’occhiata divertita e poi va in bagno.

Guardo il libricino che ho in mano. Sento scorrere l’acqua della doccia. - Scusami, ma ora ho altro da fare.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Questa è il capitolo che più amo. No, non è vero, li amo tutti :D

Coraggio, ora potete riprendere a respirare *passa ossigeno*

Il prossimo? Beh… che dire… no, dai, non vi anticipo niente XD

Ci sarà una rivelazione che toglierà il fiato.

 

Piccolo appunto: Mark – il “caffettaro” è un personaggio-comparsa che abbiamo incontrato in “Undercover”.

 

Momenti dei ringraziamenti: Doveroso grazie a Vannagio e Jaybree: le mie colonne, e ora, anche a voi che vi state appassionando a questa storia e ai miei Oliver & Felicity, e mi rendete tanta orgogliosa.

 

 

Vi avviso ora, così incominciate a prepararvi psicologicamente.

Siamo quasi giunti alla pausa estiva.

La prossima settimana, sempre di lunedì pubblicherò l’ultimo capitolo, poi mi fermerò per il periodo estivo (luglio e agosto) e riprenderò la pubblicazione normale di Metodo Scientifico a settembre.

Nel frattempo ho aggiunto un paio di capitoli a questa storia e

Ve lo svelo la prossima settimana ;)

 

 

 

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Capitolo 8
*** Fase sette: la felicità ti coglie quando meno te lo aspetti ***


Metodo Scientifico

- 7 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase sette: la felicità ti coglie quando meno te lo aspetti

 

 

 

“La felicità è conoscere e meravigliarsi.”

Jacque Cousteau

 

 

 

- Stai ancora sfogliando quel libricino? Ti ho già detto che sono solo appunti scritti per gioco.

Oliver mi fissa serio. Sta valutando qualcosa ma non sa se dirmela o no. – Avanti, che c’è? – Mi siedo sul divano accanto a lui e gli porgo il piatto con un pezzo di pizza.

- Si blocca al quinto esperimento. – Decreta infine.

- Sì, è giusto.

- Ma sono tre mesi fa, e poi? Che è successo?

Dovevo immaginarlo che ci avrebbe fatto caso. – Poi… - tentenno. – Non ho avuto più modo di proseguire l’esperimento, ho dovuto concentrarmi su altro.

- Tipo? Non mi pare che tu sia stata impegnata in qualche ricerca particolare per Arrow.

- Non per Arrow. – Puntualizzo a bassa voce.

- Ah. – Secco e infastidito. - … mi hai scaricato per Andrew. – Termina contrariato.

- Beh, non direi che ti ho scaricato, visto poi com’è andata a finire… - Si volta di scatto a guardarmi. - … l’esperimento, intendo.

Questa volta Oliver sorride compiaciuto.

- È stata dura. – Confessa dopo un lungo silenzio. Mi volto verso di lui e attendo che prosegua. – Sono ormai così abituato ad averti al mio fianco che è difficile dividerti con il resto del mondo.

- Soprattutto se questo mondo si chiama Andrew Wolfar. – Scoccata d’occhio. Ops.

- Non è questo, Felicity. – Mi afferra la mano e delicatamente mi accarezza il dorso con il pollice.

- Cos’è, allora? – Sono perplessa.

- Questo, - Si sporge verso di me e mi bacia. Si stacca poco dopo ma i nostri visi sono vicini.

- Oh. – Non riusciamo ancora a dare una definizione al nostro rapporto. Siamo troppe cose contemporaneamente. Va bene così. Solo pensarci mi sale l’ansia e mi viene mal di testa.

Scivolo verso di lui che mi accoglie tra le sue braccia.

- È tutto così strano, Oliver. – Confesso, infine.

- Lo so, Felicity. – Mi bacia il capo. – Dobbiamo solo darci del tempo per abituarci all’idea.

 

 

 

- Dai, Felicity, non fare la bambina, è un semplice ago. Prometto che non ti farà male. – Andrew e la sua sicurezza. Io ho paura degli aghi. Stringo forte le palpebre. Perché ho accettato di sottopormi alle sue analisi? Paranoico. Un po’ d’indolenzimento cosa vuoi che sia? Sarà mancanza di potassio, stanchezza.

- Fatto. – Fatto? Apro gli occhi e lo osservo mentre appoggia il cerotto sul braccio. – Te l’avevo detto che non avresti sentito nulla. Solo il re dei prelievi. – Ride divertito.

- Ti ho già detto che sei paranoico?

- Sì, un miliardo di volte. Un controllo non fa mai male. Non sei curiosa di conoscere la tua eredità genetica? Credo che sia una scoperta così eccitante!

Scuoto la testa. Vedi se dovevo diventare amica di un pazzo ricercatore.

- Che scusa hai inventato per venire qua, dato che grazie all’intervento di Arrow, abbiamo portato a termine la nostra missione? – Mi distoglie dai miei pensieri.

- Nessuna. – Rispondo troppo velocemente. Andrew mi fissa serio. – E va bene. Ho detto che dovevo portarti del materiale che mi avevi richiesto.

- Questo vuol dire che posso essere ancora trafitto da una delle sue frecce? – Scherza. – Il signor Queen che ne pensa di questo strano rapporto che hai con l’arciere?

Lo guardo perplessa.

- Felicity, sei un libro aperto per me. Ho notato benissimo le occhiate che vi scambiate tu e Oliver. State insieme. Mi sta bene ma se osa farti del male ci penserò io stesso a dargli la giusta punizione.

Sorrido intenerita. Oh, Andrew.

- Non mi guardare così. – Mi dà le spalle tenendosi impegnato con le provette. – Su, ora vai, non voglio essere la causa di un vostro litigio, in fondo il signor Queen non dovrebbe lasciarti con me. Sono sempre un rivale temibile. – Mi fa l’occhiolino.

Sbuffo divertita. – Tu sei tutto matto. Quando ci rivediamo?

- Ora lasciami lavorare, ti chiamerò appena avrò i risultati.

- D’accordo. – Gli appoggio la mano sulla spalla e vado via.

 

 

 

Che serata magnifica! Il cielo è costellato di stelle. Inspiro a pieni polmoni. È da più di un’ora che sto camminando per le vie della città. C’è un’aria piacevole, la calma che copre la città è quasi surreale. Avevo proprio bisogno di questa pausa. Perfino il dolore alle gambe sembra sia passato. Mi sento veramente meglio.

Arrivo a casa e sui gradini del portone trovo seduto Oliver. Mi blocco incredula a pochi passi da lui. Sta leggendo qualcosa sul cellulare e non si è accorto del mio arrivo.

Osservo il suo sguardo attento. Che ci siano problemi in vista? Sospira e poi finalmente alza il capo e si accorge di me.

- Felicity! – Si alza di scatto.

- Ha perso l’effetto sorpresa, signor Queen. – Mi avvicino a lui.

- Ho molte altre frecce al mio arco, signorina Smoak. – Mi afferra per il bavero del cappotto, mi trascina vicino a lui e mi bacia.

L’ho detto io che è una serata magnifica. Lascio cadere la borsa a terra e gli circondo il collo con le braccia avvicinando di più i nostri visi e i nostri corpi. – Oliver… - sussurro tra le sue labbra.

- Non fare così, Felicity. – Confessa staccandosi da me all’improvviso.

- Co-m-e?

Mi bacia senza preavviso. Sbigottita. In totale blackout.

- Non dovrei… - sussurra con la fronte appoggiata sulla mia e sorride compiaciuto della mia reazione. Dovrebbe averlo capito che effetto mi fanno i suoi baci, chissà perché se ne stupisce? – Ogni volta che pronunci il mio nome, con quel tono caldo, profondo, mi mandi in tilt.

- Ol… - mi blocco, in fondo siamo sempre in strada. – Signor Queen, - Così è ancora peggio. La mano di Oliver mi sfiora la guancia. Le dita scivolano dietro il collo mentre il pollice mi accarezza il viso e spinge il capo verso di lui. Le labbra, un labile contatto, un bacio quasi sussurrato. Eh no! Sono umana anch’io. Mi spingo verso di lui e lo imprigiono tra le mie braccia. Mi spalmo su di lui e approfondisco il contatto delle nostre bocche.

Non sei solo tu che mi mandi in tilt, anch’io ho questo potere su di te.

Ci stacchiamo ansimanti. Dobbiamo smetterla, un po’ di contegno!

- Andiamo a cena? – Domanda Oliver, una volta che i nostri respiri si sono regolati.

- Va bene, - sorrido. - … ma il dolce lo prendiamo a casa. – Occhi profondi, di un colore scuro e intenso che mi scrutano. – Nel senso che ho fatto un dolce e voglio fartelo assaggiare.

- Felicity, - affonda il capo nella conca del mio collo. - … non stuzzicarmi.

Oh. Allargo gli occhi. Stupida! Casco sempre nell'errore di dire qualcosa con un doppio senso velato.

Oliver lascia un veloce bacio sul mio collo e poi mi trascina in macchina.

 

 

 

Stamattina ho proprio bisogno di un caffè. Inserisco le monete nella macchinetta e attendo la mia dose giornaliera di caffeina.

- Hai visto il giornale, Roger? Te l'avevo detto che tra quei due c'era qualcosa. - Gossip di prima mattina, bene, mi mancava.

- Davvero? Non ho avuto il tempo, Paula. Fammi vedere!

Sono la centralinista del ricevimento e uno degli addetti alla sicurezza. Mi sposto leggermente per vedere che cosa stanno sfogliando. Solite riviste di pettegolezzi.

- Non è fantastico, Roger? Avevo anche scommesso con Katie che tra quei due c'era qualcosa. È lampante, guarda lui come la spoglia con gli occhi, per non parlare di lei.

- Sembrava fin troppo strano che un esperto informatico diventasse la segretaria del grande capo.

- Beh, diamole torto, Roger.  - Interviene Katie, l'altra centralinista. - Tutto possiamo dire tranne che il signor Queen non sia un bel vedere per gli occhi. Che ragazza fortunata. - Afferra le riviste e inizia a leggere gli articoli.

Cosa?

- Già. - Sospirano entrambe le due donne ammirando una delle foto dell'articolo.

- Che cosa si può volere di più: è ricco, bello, affascinante e con un'aria intrigante. Ci farei un giro volentieri anch’io con lui. - Ridono alla battuta di Paula.

- Felicity ha fatto il colpaccio. Chissà quanto durerà?

- Semplice. Ora è una novità, un giocattolo nuovo, il signor Queen se ne sbarazzerà non appena si sarà stufato di giocare con lei.

- Si sa che per Oliver Queen le donne...

Ora basta! Paleso la mia presenza.

- Signor Diggle! - Esclamano i tre.

- Datemi quelle riviste. - Le afferro bruscamente dalle mani di Katie. - Tornate al lavoro.

Giro per l'ufficio. Gli occhi sono tutti puntati sull'ingresso in attesa della nuova coppia.

Avvio la chiamata. - Oliver, abbiamo un problema. Bisogna bloccare... - Non faccio in tempo a finire la frase che vedo Felicity varcare l'entrata.

I dipendenti si fermano e la fissano. Lei si guarda attorno disorientata, poi mi scorge e mi sorride.

- Buongiorno, Dig.

Non le rispondo e la trascino verso l'ascensore per il braccio.

Passiamo davanti alla segreteria e una delle ragazze sorride tutta eccitata a Felicity facendole un segno di approvazione.

L'ammonisco con lo sguardo, abbassa il capo e riprende il suo lavoro.

- Ma che succede?

Felicity accende i computer e si accomoda alla scrivania.

- Devo dirti una cosa.

La voce della giornalista mi precede.

La nuova coppia di Starling City. L'amministratore delegato della Queen Consolidated Oliver Queen e la sua segretaria Felicity Smoak. La coppia è stata beccata in atteggiamenti intimi fuori casa della signorina Smoak. Ha proseguito la serata in un ristorantino appartato, per concluderla in bellezza a casa di quest'ultima.

Non sappiamo rispondere alla domanda che si pongono tutti: durerà? A detta di molti, conoscendo il passato da playboy di Oliver Queen e la scia di donne che si lascia alle spalle, questa storia lascerà il tempo che trova. Intanto, congratulazioni alla nuova coppia di Starling...

Interrompo il telegiornale. Felicity ha gli occhi sgranati e mi fissa. Brutto segno. Si accorge delle riviste e me le strappa dalle mani.

In prima pagina c'è la foto di loro due che si baciano davanti casa sua e una scritta a caratteri cubitali: Oliver Queen se la fa con la segretaria.

Sfoglia velocemente la rivista e arriva all'articolo dove ci sono tutti gli scatti di ogni loro mossa: sotto casa, a cena, fuori dal ristorante e infine quando entrano nel portone.

Prende l'altra rivista. La storia è sempre la stessa, più o meno le stesse foto, primi piani di loro che si baciano con titoli diversi: Capo e segretaria, la storia più vecchia del mondo. C'è cascato anche Oliver Queen.

Oliver entra proprio in quel momento. Felicity scatta in piedi e lo fronteggia.

- Mi licenzio!

Oliver si trattiene, la fissa con il suo sguardo serio. - Non puoi.

- Sono diventata lo zimbello dell'ufficio. Ora credono tutti che sono arrivata qua non per il cervello ma solo perché sono bionda e me la faccio con il capo.

Oliver reprime l'impulso di risponderle a tono. Stringe le labbra forte e inspira profondamente.

- Io ho sgobbato alla MIT per raggiungere un risultato e non è certo questo. - Prosegue Felicity seguendo Oliver nel suo ufficio. Lui si siede alla scrivania e sistema dei fogli.

- Hai visto i giornali? - Felicity li lancia sopra il tavolo davanti a lui.

Dopo qualche secondo Oliver alza il capo e la fissa dritto negli occhi.

- Non hai niente da dire? - Il tono alterato di Felicity non annuncia nulla di buono.

- Che cosa c'è che non va?

La sua domanda coglie impreparato anche me. Felicity è esterrefatta. Lo guarda senza saper rispondere.

- Tu ed io stiamo insieme. - Lo dice come se fosse una cosa normale.

Felicity è senza parole. Io sono senza parole. Stanno insieme, certo, tutto normale.

Oliver si alza in piedi e si mette di fronte a Felicity. Le appoggia le mani sulle spalle. - Va tutto bene. - Le bacia la fronte. - Ora per cortesia potresti portare questi fascicoli all'ufficio di Isabel?

Felicity esegue la richiesta come un automa e se ne va incredula. Mai quanto me, ragazza.

Restiamo soli. Oliver ha un'espressione cupa sul volto. Ora lo riconosco.

- Diggle, trovami il nome di questo fotografo. Ho qualcosina da mettere in chiaro con lui.

Sorrido divertito. Spero solo che non lo trafigga con una delle sue frecce.

 

 

 

 

Che giornata! Alla fine mi sono dovuta rifugiare qui all'Arrow Cave. Essere al centro dell'attenzione non fa per me. Ora rimpiango la mia vita anonima.

Non essere sciocca, Felicity. Non sei mai stata così felice. Mi massaggio le braccia. Stasera fa particolarmente freddo. È da un po' che non vedo Oliver e Diggle. Chissà cosa stanno facendo?

Prendo a camminare osservando ogni oggetto. I computer, la teca vuota del costume di Arrow. Non c'è neanche l'arco!

Cosa succede? Perché non mi hanno informato?

Attivo il gps dei loro cellulari. Diggle è a casa sua e Oliver è appena arrivato al Verdant. Avvio la telecamera e lo osservo mentre smonta dalla moto. Pochi minuti e arriva. Ha in mano il costume e dall’altro l’arco con le frecce. Gli avrà fatto delle modifiche?

Sono seduta sulla mia poltrona. Braccia conserte, gambe accavallate e lo guardo seria.

Oliver si blocca un attimo ma poi fa finta di niente. Appoggia l'arco e le frecce sul tavolo.

- Problemi?

- No. - Si avvicina a me. Si appoggia sui braccioli della sedia. Mi allontano schiacciandomi contro lo schienale. - Tutto normale. - Oliver elimina la poca distanza e mi bacia. Poi si allontana di poco e mi fissa. Ha uno sguardo strano, intenso, caldo... determinato.

- Ti amo. - Lo dice quasi sottovoce.

Ti amo, lo ripeto nella mente con il suo stesso tono di voce.

- Oh.

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Ho bisogno di un secondo… aaaaawwwww

Dichiarazioni così le vorrei ricevere ogni giorno, soprattutto se a farla è Oliver Queen!

 

Grazie a voi tutti che mi seguite costantemente, è magnifico sentire ad ogni capitolo il vostro affetto per questa storia.

 

Grazie sempre a vannagio e jaybree per il loro supporto silenzioso ;)

 

 

E ora i saluti. Ci si rilegge a settembre!

Come vi avevo già annunciato nel capitolo precedentemente, la storia è temporaneamente sospesa per il periodo estivo (luglio e agosto)

 

Buona estate a tutti.

 

 

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Capitolo 9
*** Fase otto: McKenna Hall ***


Metodo Scientifico

- 8 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase otto: McKenna Hall

 

 

 

 

“Non indugiare sul passato; non sognare il futuro,

concentra la mente sul momento presente.”

BUDDHA

 

 

 

 

 

Felicity, la chiamo silenziosamente con lo sguardo. Le ho appena detto ti amo e lei non ha più proferito parola.

Non mi aspettavo una reazione simile. Mi sollevo piano senza perdere il contatto con i suoi occhi.

Felicity mi osserva. Il suo sguardo è vuoto, lontano, perso chissà dove.

Che faccio? Il suo comportamento mi spiazza. Ancora.

Sei il mio più grande enigma, Felicity Smoak!

All’improvviso si alza. Siamo uno di fronte all’altro. È un attimo. Si solleva sulle punte dei piedi e le sue labbra sfiorano le mie dolcemente. Non so che fare. Sono sorpreso dalla sua reazione. Resto immobile, disorientato.

Accoglie il mio viso tra le sue mani e approfondisce il bacio con una naturalezza disarmante. Le circondo la vita con le braccia e l’attiro a me stringendola forte.

Il bacio timido si trasforma ben presto in qualcosa di più passionale. I respiri si fanno più accelerati, le nostre mani esplorano e le labbra si rincorrono.  

Scivolo sul suo corpo. La sua pelle è calda, a ogni mio bacio è percorsa da brividi.

- Oliver… - sussurra. È un attimo e si aggrappa a me di peso.

La sollevo e l’appoggio sulla scrivania.

Felicity butta indietro il corpo appoggiandosi con le mani al tavolo.

L’allarme intrusione scatta all’improvviso.

- Oddio! – Mi stacco da lei disorientato. Ma che succede? – Scusami. – Felicity scende dalla scrivania e digita dei comandi sulla tastiera.

Tutto torna alla normalità. Mi guarda. La guardo.

- Io… ecco… ero così presa da te che inavvertitamente ho toccato il pulsante dell’allarme. Ho sempre pensato di essere in sintonia con la tecnologia ma non fino a questo punto. Il sistema informatico non è l’unico a essere andato in tilt.

Sorrido difronte alla sua confusione e imbarazzo.

- Andiamo a casa, senz’altro avremo più privacy.

Le bacio il capo e le porgo la mano. Felicity esita un attimo. Osserva me e poi la mano tesa. Pochi secondi d’indecisione e infine la afferra. – Andiamo a casa.

 

 

 

È notte fonda. Mi sveglio all’improvviso. Questo maledetto formicolio alle gambe non vuole proprio lasciarmi in pace.

Oliver mi tiene imprigionata a sé. Sorrido intenerita. Facendo attenzione, sollevo il suo braccio quel tanto che mi permettere di tornare libera.

Scivolo fuori dal letto e inginocchiata mi concedo qualche minuto per osservarlo. È tutto così strano. Ti amo, la sua voce calda mi solletica il cuore. Inspiro profondamente per tentare di calmare i battiti.

Non avrei mai creduto di sentirglielo dire. Sta andando tutto così velocemente. Un giorno siamo capo e segretaria, un altro partner e ora…

Sei una stupida, Felicity Smoak, non riesci neanche a definire che cosa siete. Non è difficile, ce l’ha fatta anche l’ermetico Oliver.

Ho bisogno di tempo, solo per abituarmi alla cosa. Solo un altro po’ di tempo.

Mi alzo e vado in cucina. Chissà dove ho messo le pillole che mi ha dato Andrew. Com’è fastidioso questo indolenzimento. Eccolo! Afferro il barattolo. Accidenti! Non ho più forza nelle mani. Ma che mi sta succedendo?

- Ehi, - Oliver mi circonda da dietro le spalle. – Come mai già in piedi?

Appoggio il capo sul suo petto. – Volevo prendere queste vitamine ma non riesco ad aprire il barattolo, ho le mani indolenzite. Si vede che ho dormito nella stessa posizione per troppo tempo.

Me lo toglie dalle mani e lo apre senza dire niente. – Ti ho salvato anche questa volta. – Mi bacia il collo divertito.

Mi volto nel suo abbraccio in modo da poterlo guardare.  – Sempre pensato che è bello avere un eroe a portata di mano, pronto a soddisfare ogni mia esigenza.

Oliver sorride compiaciuto. Quando la smetterò con questi doppi sensi?

Mi spinge verso il mobile imprigionandomi tra le sue braccia. – Oliver… - Le sue labbra sono sulle mie. Cerco di continuare il discorso ma il suo tentativo di distrarmi va in porto. Perdo la cognizione del tempo e mi concentro solamente sul suo tocco, su suoi baci e sul suo corpo appiccicato al mio.

Una delle mani scivola sotto la camicia. Sto andando a fuoco. Perfino il dolore che provavo agli arti si placa sotto le due dita.

Ogni suo movimento diventa più audace, esigente. – Felicity, - sussurra vicino al mio orecchio. Il mio nome assume un altro significato detto da lui. Gli sfilo la maglietta e lui fa lo stesso con me. I nostri indumenti cadano a terra e poco dopo ci ritroviamo anche noi sul pavimento.

 

 

 

- Dovremmo smetterla, - Sospiro. Ci siamo amati a lungo. È stato così intenso questa volta, che ho faticato parecchio a riprendere fiato. Siamo distesi sul pavimento. Sono appoggiata al petto di Oliver mentre lui continua ad accarezzarmi la schiena. Mi sento al sicuro. – Non possiamo saltarci addosso continuamente.

- Sei tu che istighi, - Ho come la netta sensazione che stia sorridendo tra i miei capelli.

- Questo non è per niente vero. – Volto il capo verso di lui.

- Lo fai sempre… l’hai fatto sempre.

- E come? – Faccio leva sul suo petto e mi sollevo quel tanto che basta per essere di fronte a lui.

- Quando mi guardi in questo modo, i tuoi occhi assumono un’aria profonda, e sembrano nascondere un segreto così intrigante che non puoi fare a meno di volere conoscere. – Sorrido impressionata. – Il tuo sorriso è carezzevole come un bacio timido, che si posa poco sotto la guancia e all’inizio delle labbra. – Appoggio la mano sul suo petto, intenerita. - Quando mi tocchi, mi sfiori involontariamente, ti appoggi a me. Tutto il tuo corpo mi parla, mi ha sempre parlato.

Cedo, ancora. Mi abbasso su di lui e lo bacio. – Mi vuole dire che ho questo strano potere su di lei, signor Queen?

Oliver non mi risponde e cambia con un agile movimento le nostre posizioni. – Può essere, signorina Smoak.

 

 

 

 

- Devo vedere il signor Queen. – La voce autoritaria mi distrae dalle mie ricerche al computer. Lo sguardo scivola sulla persona che ho di fronte. Gonna al ginocchio, giacca e camicia bianca. Capelli castani, perfettamente lisci, e occhi da cerbiatta, decisi.

Quando riconosco la persona che ho davanti, mi si mozza il fiato. – Detective Hall!

- Non sono più in polizia. Lavoro per conto mio, sono un’investigatrice privata. – Seguo ipnotizzata il movimento della sua mano che mi porge il biglietto da visita. – Il signor Queen. – Autoritaria. Mi osserva in attesa della mia mossa.

Oliver entra in ufficio proprio in quel momento ed io scompaio dalla sua vista. McKenna si volta e i due restano immobili a fissarsi. Io non esisto più. Fa male.

- McKenna… - sussurra Oliver, ancora incredulo di averla di fronte.

Lei fa un passo verso di lui. – Ciao. – Sorride emozionata. Devo andarmene, ma prima che possa realizzarlo, Oliver la abbraccia stretta a sé.

Mi alzo di scatto dalla sedia e nel farlo urto il portapenne che cade fragorosamente a terra.

I due si rendono conto che ci sono anch’io.

- Scusatemi, mi sono appena ricordata che devo spedire questi documenti urgenti. – Afferro velocemente il cappotto, la borsa, il plico di fogli e scappo via, ho visto abbastanza.

 

 

 

Felicity. La osservo andare via velocemente ma sono così frastornato nel rivedere McKenna che non mi muovo. Mi sembra impossibile.

- Stai bene?

- Sì, ora sì. – Sorride. - È stata dura ma mi sono ripresa e ho cambiato vita. Ho aperto una mia agenzia d'investigazione.

- Sono felice per te. È bello rivederti.

McKenna si stacca da me di qualche passo. Si avvicina alla grande vetrata. Lascia vagare lo sguardo all’orizzonte. Passano lunghi attimi di silenzio. È una situazione così surreale. Ne è passato di tempo. Mi avvicino silenziosamente a lei. Sussulta quando appoggio la mano sulla sua spalla.

Si volta e mi osserva pensierosa. - Ho bisogno del tuo aiuto, Oliver. So che sei in ottimi rapporti con la Richmord Enterprise.

- Sì, - Non so dove voglia andare a parare.

- Sto investigando per conto di un mio cliente. La figlia ha lavorato parecchi anni in quello stabilimento. Ora si è ammalata. Il padre continua a dirmi che è colpa delle sostanze tossiche che maneggiava nel laboratorio. Hanno provato a trascinare la società in causa ma purtroppo il potere della Richmord ha avuto la meglio e il caso è stato archiviato. Investigando ho trovato altre persone che si sono ammalate.

Mi afferra le mani. – Lo so che quello che ti sto per chiedere è un grosso favore ma io devo fare qualcosa per queste persone.

- Farò tutto quello che è in mio potere per darti una mano.

- Ho bisogno di una tua lettera di presentazione, nella quale raccomandi la mia assunzione come guardia del corpo o almeno nella sicurezza. In questo modo potrò investigare liberamente. Lo so che se fossi scoperta, esporrei te e la tua società a un grosso scandalo, ma se tu vedessi questo padre e tutte le altre persone capiresti perché voglio avere giustizia.

Stringo forte le sue mani ed osservo i suoi occhi che mi restituiscono uno sguardo deciso. Sorrido e le accarezzo la guancia. – Combatterò al tuo fianco, McKenna.

Mi abbraccia grata. Il suo profumo mi riporta indietro al passato e per un attimo mi lascio andare ai ricordi.

- Scusatemi… - Il suo è quasi un sussurro. Mi stacco da McKenna e mi volto verso Felicity.

- Che stupida! Mi sono dimenticata di avere un impegno. Buona serata, signor Queen, signorina Hall. – I suoi occhi sono delusi.

- Felicity, - L’afferro per il polso prima che possa andare via. Mi osserva e poi guarda la mia mano che la tiene intrappolata. Con uno scatto deciso del braccio si libera. – Buona serata, signor Queen. – Dura e fredda, non mi lascia spazio per le spiegazioni.

Le porte dell’ascensore si chiudono e l’unica cosa che rimane è lo sguardo lucido di Felicity.

Inspiro profondamente. Maledizione.

Mi volto e ritrovo McKenna che mi osserva corrucciata. Deve aver intuito.

- Andiamo a cena così parleremo meglio dei dettagli e domani ti farò assumere alla Richmord Enterprise.

 

 

 

Non pensavo di fare così tardi, il piano che ho architettato con McKenna ha richiesto più tempo del previsto. Entro in casa, c’è silenzio. Felicity si deve essere addormentata. Strano. Credevo che mi avrebbe aspettato sveglia. Apro la porta della camera lentamente ma trovo il letto intatto. Accendo la luce. La stanza è vuota. Non è rientrata.

Avvio la chiamata, mi risponde la segreteria. Ha staccato il telefono.

Inspiro.

Afferro il telefono. È Diggle. – Dimmi. Cosa? Tu portala in ospedale, io arrivo subito. No, fallo! Anche con la forza se dovesse essere necessario.

 

 

 

Le porte dell’ascensore si aprono e ci ritroviamo davanti Oliver, che appena mi vede mi abbraccia.

- Stai bene?

- Sto bene, grazie. – Il tono è più freddo di quanto avrei voluto. Dopo che ho visto il trasporto con il quale Oliver abbracciava McKenna, non sono più a mio agio tra le sue braccia.

Mi scosto facendo un passo indietro.

Oliver mi osserva per un secondo, poi sposta l’attenzione su Diggle.

- Il dottore ha detto che le verrà un bel bernoccolo ma è tutto a posto.

- Sono solo scivolata per le scale. Sono maldestra, ma questo lo sappiamo bene tutti, mi pare.

- Com’è successo?

- Io l’ho trovata in fondo alle scale priva di sensi.

- Sono stanca. – Metto fine a questo discorso. Le gambe hanno ceduto per l’ennesima volta. Mancanza di potassio, non ne devo fare un dramma. Sospiro.

- Dig, mi riaccompagni a casa?

I due si voltano a guardarmi. Diggle osserva me e poi Oliver.

- Io…

- Non serve, ti riaccompagno io, Felicity. – Interviene Oliver togliendo Diggle da quell’imbarazzante situazione.

- No, grazie. Non vorrei distoglierti da McKenna. Prenderò un taxi.

Entro nell’ascensore e spingo il bottone del piano terra ma prima che le porte si chiudano Oliver riesce a entrare.

- Parliamo?

Evito di guardarlo. Al momento trovo molto interessante il pannello dei comandi. Non mi ero accorta quanto fossero magnetici i colori dei bottoni.

- Felicity, - Oliver allunga la mano e l’appoggia sulla mia guancia.

Sussulto a quel contatto. Mi scosto, fredda.

Che cosa credevo? Eppure il passato libertino di Oliver lo conosci bene, non ti eri mica illusa che sarebbe durata per sempre? Sono tutte di passaggio, tu sei di passaggio.

Chiudo gli occhi. Non voglio rispondere alla mia coscienza.

Oliver blocca l’ascensore. Lo fisso sorpresa. Con il suo corpo mi chiude in un angolo. Non ho via di fuga.

- McKenna mi ha chiesto aiuto. Ha bisogno di me.

- Immagino. Chissà quale aiuto potrà mai volere da Oliver Queen? Dall’uomo più affascinante, ammaliante e ricco di Starling City? Mah …– Sbuffo irritata.

- Felicity, - Oliver ghigna divertito. – Non è che sei gelosa?

Cosa? Apro la bocca per rispondergli a tono ma non trovo le parole. Gelosa, io? Non scherziamo.

Mi scosto da lui e riattivo l’ascensore. Oliver mi afferra per il braccio, mi riporta stretta a sé e mi bacia.

Faccio un po’ di resistenza, ma la pressione delle sue labbra sulle mie, la lingua che mi accarezza e le sue mani che dolcemente percorrono il mio corpo, mi fanno desistere.

Ha vinto, d’altronde vince sempre.

- Sei così sexy quando diventi gelosa! - Mi sussurra all’orecchio prima di mordermi la pelle del collo e appoggiarci sopra le labbra.

Quel pizzico di dolore mi provoca una scarica di brividi lungo tutta la schiena. Trattengo il respiro.

Mi scosto da lui. Lo guardo dritto negli occhi. - È solo… - inizio piano. – So quanto è stata importante per te McKenna e com’è andata a finire… e come sei stato male dopo che ti ha lasciato. – Le porte dell’ascensore si aprono. Esco con lui che mi segue.

Salgo in macchina. Il silenzio accompagna il tragitto fino a casa.

Oliver ferma l’auto e si volta verso di me senza dire niente. Sta aspettando che dica qualcosa.

Inspiro profondamente.

- Lo so… - Mi blocco.

Oliver mi afferra la mano ma la allontano immediatamente.

- Forse è meglio che rallentiamo un po’. Questi ultimi mesi sono stati una corsa di emozioni.

- Felicity… - Mi volto verso di lui e gli appoggio la mano sulle labbra.

- Lo so, Oliver. – Mi mordo il labbro. – Ho visto la tua reazione quando hai incontrato McKenna. In fondo non posso biasimarti, lei è stata la prima donna che hai amato quando sei tornato. La prima che è riuscita a vedere il tuo cambiamento dopo l’isola, a scoprire l’uomo che sei veramente.

- Felicity, hai detto bene: “che ho amato”. McKenna appartiene al passato, tu sei il mio presente, e questo è quello che conta.

Oliver appoggia le mani sul mio viso e lo avvicina al suo. – Io amo solo te.

Sorrido.

- Basta con queste incertezze.

Ah sì? Lo osservo per un lungo istante prima di scendere dalla macchina. Mi appoggio al finestrino. – Te lo ricorderò anche io la prossima volta che incontrerò Andrew… - Mi blocco un attimo per fare mente locale. – Anzi, ricordatelo già da adesso, visto che tra poche ore dovrò vedermi con lui.

- Fe-li-ci-ty.

Al suo richiamo ritorno sui miei passi.

Mi appoggio di nuovo al finestrino. – Oliver… - Lui si spinge verso di me.

Infilo il capo all’interno dell’abitacolo e lo bacio prima che possa aggiungere altro.

- Buonanotte.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Ben tornati! È settembre e come promesso si riprende a pubblicare. Ho aggiunto qualche capitolo alla storia, quindi staremo insieme ancora per un po’.

La sto terminando di scrivere quindi non so con esattezza quanti capitoli saranno, ma non vi preoccupate, vi terrò informati.

Ora i nostri Oliver e Felicity sono una coppia, una neo-coppia, come tale avranno bisogno del tempo per rodaggio, ci riusciranno? Lo scopriremo insieme.

Buon Lunedì e ci si rilegge la prossima settimana ;)

 

 

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Capitolo 10
*** Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica ***


Metodo Scientifico

- 9 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica

 

 

 

 

“La vita sa confondere le sue tracce, e tutto del passato,

può diventare materia di sogno, argomento di leggenda.

Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi, 1956

 

 

 

 

Le gambe ciondolano lentamente. Sembra quasi che non indossi le calze. Incredibile cosa può fare la seta. Sospiro. Il collo, ahia! Lo muovo lentamente, sono tutta indolenzita. Che silenzio. Scivolo con lo sguardo sulla figura seduta di fronte a me. Sono ore che Andrew ed io siamo in questa posizione: lui intento a osservare chissà che cosa al microscopio ed io seduta su questo freddo tavolo di laboratorio.

- Andrew, mi spieghi perché i tavoli di laboratorio sono sempre in metallo?

- Felicity! – Ops, l’ho rifatto.

Andrew si volta verso di me e per l’ennesima volta mi ammonisce con lo sguardo.

- Nonostante trovi piacevole il tuo chiacchiericcio e la tua curiosità, ti prego, te lo chiedo per favore, stai buona e lasciami lavorare. – Si volta e tenta di concentrarsi nuovamente sulle sue analisi.

- Scusa, - Sussurro dispiaciuta. - Però devi ammettere che questa volta ho tenuto sotto controllo la mia curiosità per almeno cinque minuti, cosa molto difficile per una come me che quando inizia…

- Stasera niente mister Queen? - Andrew blocca il mio sproloquio.

Oliver, sospiro rumorosamente.

Andrew si volta e mi osserva in silenzio. Si alza e si dirige verso la macchinetta del caffè. Prepara due tazze e poi mi raggiunge porgendomene una.

Inspiro. Amo l’aroma del caffè: forte e pungente. L'odore di terra con un non so che di dolce mi delizia.

- Mi vuoi dire che cosa succede tra di voi? Sono settimane che vieni qua con una scusa, alla quale fingo di credere, a trascorrere serate intere con me e il mio lavoro.

- Niente.

Andrew poggia la mano sulla mia guancia e mi invita a sollevare il viso, in modo da poterci guardare negli occhi.

- Felicity, sono io.

Sorrido, come conferma delle sue parole.

Andrew si siede accanto a me, sorseggia per un po’ il suo caffè in attesa che io mi decida a parlare.

- Sai, - È lui a rompere per primo questo silenzio. – Mi sembra di essere tornato indietro a un anno fa, quando è iniziata la nostra relazione.

A sentire “relazione” mi volto a guardarlo scettica.

- Hai capito che cosa intendo. - Mi afferra la mano e se la porta in grembo. – Quando abbiamo cominciato a frequentarci più spesso, dopo la storia dell’arciere nero, in un primo momento avevo creduto che i tuoi sentimenti nei miei confronti fossero cambiati. Poi, però, ho capito. Il signor Queen si era allontanato da te e quindi ti eri rivolta a me perché in quel momento difficile mi vedevi come un porto sicuro in cui attraccare. Ero un’ottima spalla a cui aggrapparti. È sempre così tra noi: quando il signor Queen è troppo preso dalla sua vita e ti mette in un angolo, tu ti accorgi che esisto.

Levo la mano dalla sua e lui si volta verso di me. – Proprio come ora, non è vero, Felicity?

- No... – Nego, anche se so che è così.

Andrew prende il mio visto tra le mani. – Puoi dirmi tutto. Sono qui per te e ci sarò sempre.

Sorrido intenerita. L’abbraccio d’istinto. – Grazie. – Silenzio. Non lo lascio, ho bisogno di questo abbraccio più di quanto voglia ammettere.

- Oliver ha per le mani un grosso affare che lo porta a stare via a lungo. - Lo guardo negli occhi cercando di convincere anche me stessa. - Va tutto bene.

Lo abbraccio ancora. Mi irrigidisco. Formicolio. Aghi che pungono. Scosse. Eccolo, ancora, il dolore che percuote il mio corpo.

Stringo forte il suo camice tra le mie mani in attesa che passi.

- Rilassati. Non reagire allo stimolo del dolore, non lo combattere, accettalo e lascia che passi.

Il tocco gentile della sua mano sulla schiena, unito al tono caldo e calmo della sua voce, mi aiuta a rilassarmi. Ci vogliono parecchi minuti prima che passi, ma alla fine, senza opporre resistenza il dolore scompare.

- Che cosa mi sta succedendo, Andrew? – La voce mi trema. Ho paura.

- Non lo so ancora, Felicity, ma ti prometto che lo scoprirò e troverò la cura.

Mi stringe forte tra le sue braccia.

- È tardi. Torniamo a casa.

 

 

 

 

 

Dolce. Zucchero. Caffè. Respiro a fondo. Tutti questi odori stuzzicano il mio stomaco. Il peso sul materasso mi spinge leggermente all'indietro.

Le labbra di Oliver si poggiano sulla mia tempia - Buongiorno.

Se pensa che basti questo per perdonare la sua assenza, può anche andare a vendere frecce al mercato nero di The Glades.

Resto immobile nel letto con le palpebre ben serrate, determinata più che mai a non cedere, almeno non subito.

- Mi sei mancata, - Confessa, vicino al mio orecchio cercando di ammansirmi.

I suoi baci si fanno più intensi, seguendo un percorso immaginario dal mio orecchio, al collo, alle spalle.

Se cedi subito, Felicity Smoak, non ti parlerò più.

Dio! I suoi baci. Che caldo. Allungo la gamba fuori dalla coperta per trovare un po' di refrigerio.

- Felicity... - La sua voce è carezzevole quanto la sua mano sulla mia pelle. Credo che Oliver abbia scambiato il mio gesto come un invito a continuare.

Brividi. Trattengo il respiro. Non posso cedere! Oliver deve capire che non sono la solita ragazza che va a trovare solo quando ha tempo.

No, non fare così! Le sue dita si fanno più audaci e il mio corpo si sta risvegliando sotto il suo tocco.

Mi mordo le labbra per impedirmi di emettere qualsiasi gemito, ma non ho fatto i conti con la tenacia di Oliver e mi scappa un sospiro.

Devo fare qualcosa prima che il mio corpo dichiari la resa.

- Andrew... – Sospiro, estasiata, voltandomi verso di lui.

Apro gli occhi e mi ritrovo di fronte il viso turbato di Oliver. - Sei tu... - L'accolgo sottovoce, cercando di risultare più incredula possibile.

Felicity Smoak, sei geniale! Mi tiro su e mi adagio alla testiera del letto prendendo le distanze da lui.

Oliver mi fissa. La sua mano è ferma sul materasso poco distante dal mio corpo. I suoi occhi sono duri, feriti. Non osare provare rimorso per lui.

Le dita si allungano fino a sfiorare le sue. Pochi istanti e s’intrecciano tra loro.

Oliver è concentrato sulle nostre mani, poi è un attimo. Sposta il suo sguardo su di me. Sta valutando qualcosa che non riesco a decifrare.

Accade tutto velocemente. Le sue labbra sulle mie. Un semplice contatto. Resta immobile sulla mia bocca, non accenna a staccarsi e poi, dopo interminabili secondi, inizia a baciarmi... ed io cedo.

Oliver mi distende sul materasso. La sua mano percorre avidamente il mio corpo.

Appoggio le mani sul suo viso e lo allontano da me.

- Per un attimo ho creduto che dicessi sul serio... - Confessa divertito. Mi dà un veloce bacio.

- Succederà... - Faccio una piccola pausa, seria. - … se continui a passare le notti in compagnia di McKenna e a lasciarmi fuori dal tuo mondo.

- Felicity, - Oliver affonda il capo nell'incavo del mio collo.

Rimaniamo in quella posizione per pochi secondi, poi lui si scosta da me ed io mi rimetto seduta.

- Lo sai che McKenna ha bisogno di tutto il mio aiuto.

- Sì. – sussurro, rassegnata.

Afferro la sua mano e la porto in grembo. Gioco con le sue dita. – Anche io. – Confesso infine.

Oliver inspira profondamente. Non dovevo dirlo ma questa lontananza forzata tra noi inizia a pesarmi.

- Oliver … - Tento di rimediare ma il suo telefono prende a squillare.

Mi guarda un attimo prima di rispondere quasi come se si aspettasse da me il consenso.

Lascio la sua mano e mi distendo sotto le coperte.

Oliver parla per un paio di minuti con McKenna, decidono di incontrarsi al solito posto. Qual è il solito posto? Casa sua? Un bar? Un ristorante? Il parco cittadino? O quel posto malfamato a The Glades?

Mi volto. Cerco di scacciare via tutti questi pensieri. Lo fa per me. Mi tiene all’oscuro di tutto solo per proteggermi. No, non è vero. Lo fa perché McKenna è affare suo, non mio, non nostro.

Il bacio che mi lascia sul capo mi riporta alla realtà.

- Che cosa fai oggi? – Mi volto e penso che lo scetticismo si legga benissimo sul mio viso. – Che c’è?

Che c’è? Stringo forte il lenzuolo tra le mani. - Mi devo vedere con Andrew. – Oh Dio! Sono in ritardo! Schizzo fuori dal letto. – Il tuo arrivo mi ha fatto perdere la cognizione del tempo. Mi dovevo incontrare con Andrew per fare colazione insieme.

I nostri sguardi s’incrociano. Beh, che c’è?

- Vi state vedendo spesso in questo periodo.

- Mai quanto McKenna e tu.

Oliver sospira pesantemente. - Vado a farmi una doccia. - Si sfila la cravatta, la giacca e infine la camicia. Sbottona i pantaloni e poi mi fissa. - Peccato, - Sospira. Il suo sguardo è così intenso. - Che tu non possa farla con me… vai di fretta, no? - Fa spallucce.

I miei occhi scivolano su di lui e sulla sua mano che lentamente fa scendere i pantaloni a terra.

Deglutisco. Ho sete. Ho caldo. Voglio lui.

Mi avvicino a Oliver. Gli giro intorno sfiorandogli con la mano il petto, il braccio, la schiena. Brividi. La sua pelle s’increspa e i muscoli si contraggono. Mi alzo in punta di piedi per arrivare al suo orecchio. – Ormai sono già in ritardo, ritardo per ritar...

Oliver mi afferra per la vita, con un agile movimento mi fa fare un piccolo caschè e… non mi bacia. I miei occhi sono intrappolati dai suoi.

- Rimanda. - Sorride sornione vicino alle mie labbra. Io sono senza fiato. Ho bisogno di ossigeno.

- È importante, non posso… - Mi spingo verso la sua bocca, Oliver elimina subito la distanza e mi bacia.

La sua mano sulla schiena fa leva su di me e mi alza in piedi. I nostri corpi stretti l’un all’altro iniziano a danzare al nostro ritmo. Le mani scivolano su quei pochi vestiti che abbiamo addosso.

Stiamo per spingerci oltre quando il mio telefono squilla.

- Non rispondere. – Mi supplica tra un bacio e l’altro.

Con la coda dell’occhio vedo che è Andrew che mi sta cercando.

- Resta con me. – Sto quasi per cedere quando anche il suo telefono riprende a squillare.

Ci blocchiamo. Ci guardiamo negli occhi per un lungo istante. Sospiriamo entrambi affranti e sconfitti di fronte alla responsabilità dei nostri ruoli.

- La prossima volta… - Appoggio la mano sulla bocca di Oliver.

Chiudo per un istante le palpebre. Ho bisogno di aggrapparmi a noi e credere che presto tutto questo finirà.

- Vai. – Lo spingo verso il bagno.

Mi accarezza la guancia, raccoglie le sue cose e mentre avvia la chiamata si chiude in bagno.

Finisco di vestirmi, messaggio un veloce “arrivo” ad Andrew e vado via.

 

 

 

 

- Oliver, questa è il decimo manichino che rompi!

Diggle mi ammonisce ancora. Mi guarda perplesso e poi si volta a osservare Felicity che è al telefono da dieci minuti con Andrew.

Sospira e scuote la testa. Sta per dire qualcosa ma lo ammonisco con lo sguardo.

- Diggle, non ci provare.

- Si può sapere che vi prende? Sono due settimane abbondanti che c’è una tale elettricità tra di voi che rischio di rimanere fulminato...

La risata vivace di Felicity interrompe il nostro discorso e aumenta ancora di più il mio nervosismo.

- Che vi succede? Non le avrai fatto qualcosa? - Diggle incrocia le braccia al petto e attende la mia risposta.

Io? Io che cosa le ho fatto? È questa faccenda con McKenna che ci sta allontanando! Sono sedici giorni, cazzo! Ogni volta che siamo sul punto di Inspiro profondamente. Non ci devo pensare ora o mi manderà al manicomio!

- Niente.

Diggle mi rifila un'occhiata scettica.

Felicity conclude la sua telefonata con un “a stasera” ed io rompo l'ennesimo manichino.

Il mio telefono squilla. Felicity lo afferra, un’occhiata al mittente e la sua espressione gioviale è automaticamente sostituita da una forzata, accondiscendente.

- Oh, ma guarda, McKenna.

Afferro il cellulare dalla sua mano. Le nostre dita si sfiorano. Chiudo gli occhi, imprigiono la sua mano nella mia.

- Devi rispondere, Oliver. – Il tono dispiaciuto e serio di Felicity mi fa sentire in colpa più di quanto non lo sia già.

Avvicino il cellulare all'orecchio. Devo restare concentrato.

- Arrivo. - Finisco la chiamata e scappo via.

 

 

 

 

 

- Oliver, - McKenna appoggia la mano sulla mia e mi distrae dai miei pensieri. - Hai sentito qualcosa di quello che ho detto? - Mi osserva preoccupata.

- Scusami, stasera non so dove ho la testa.

Mi afferra il viso tra le sue mani. - Mi dispiace averti coinvolto.

Sorrido. - Non lo devi dire. - Afferro la sua mano. - Mi fa piacere aiutarti.

Sospira pensierosa. - Non so se essere felice che Arrow si sia intromesso in questo affare, anche se gli dovrei essere grata. Mi ha salvato più volte da situazioni difficili. - Sogghigna. - Pensare che un tempo era un nemico.

Guardo per l'ennesima volta l'orologio. Sono le undici. Chissà se Felicity è a casa o ancora con Andrew.

McKenna appoggia la mano sul mio braccio. - Che ne dici se continuiamo il discorso a casa mia? Ho un’ottima bottiglia di vino rosso in frigo.

La guardo per qualche istante. Non mi aspettavo una proposta del genere.

Succederà se continui a passare le notti in compagnia di McKenna. La confessione di Felicity m’inquieta. Non posso perderla.

- Devo andare, scusami.

 

 

 

 

 

 

Chiudo l'acqua della doccia. Mi avvolgo nell'asciugamano e mi siedo di fronte allo specchio. Un'altra lunga serata. Andrew non ha ancora completato le analisi. Inspiro affranta.

Il dolore alle gambe e alle braccia si fa sempre di più pressante, e ora, si è aggiunta anche questa maledetta nausea.

Tampono i capelli con l'asciugamano e poi esco dal bagno.

- Oliver!

È di fronte a me. Ci osserviamo con attenzione. Il suo sguardo segue una gocciolina d'acqua che s’intrufola tra i miei seni.

È da sedici giorni che non abbiamo tempo per noi. Nessun bacio, nessuna carezza. Niente di niente. Lui troppo concentrato sul suo dovere ed io troppo impegnata ad aiutarlo silenziosamente nella sua missione.

Distolgo lo sguardo.

- È successo qualcosa? - Domando mentre afferro la crema per il corpo.

- Tutto bene con Andrew? Ti sei trattenuta a lungo con lui.

Lo guardo sorpresa, non mi aspettavo un’attenzione del genere. In questi giorni è stato sempre così distante da me, troppo concentrato nell’aiutare McKenna.

Ahi! La mano. Per il dolore mi cade il tubetto di crema.

Oliver si avvicina, lo raccoglie da terra e me lo porge.

- Gra-zie. – Il suo sguardo è così intenso che mi manca il fiato. Mi strofino dalla mano al braccio. Questo formicolio è davvero fastidioso.

- Lascia, faccio io. – Prende un po’ di crema e mi massaggia la mano delicatamente fino a spostarsi sul braccio e raggiungere poi le spalle. – Sei tesa. – Constata, sorpreso.

- Chissà come mai? Non è che abbia avuto modo di sfogarmi con qualcuno in questi giorni. Almeno tu hai un manichino sul quale riversare la tua frustrazione. Io con chi me la posso prendere? Non mi posso permettere di distruggere un computer da migliaia di dollari.

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, mentre seguo il movimento delle sue dita sulla mia pelle che mi massaggiano le spalle, il collo… Sospiro, estasiata. Le sue labbra sulla mia pelle. Piccoli baci che partono dalla spalla, poi sempre più vicini al mio orecchio. – Oliver…

La resa? Il telefono squilla. Lo afferro frustrata.

- Andrew! Ora non è il momento. Sei sicuro che sia urgente? No, lascia stare, è una storia lunga…

Oliver è dietro di me. Posso ammirare i nostri corpi nello specchio. Appoggia le sue mani sulle mie spalle. Il suo tocco è delicato ma intenso. Chiudo gli occhi per un attimo e mi lascio andare. - Oh sì, - Mi scappa dalla bocca.

Oliver sorride compiaciuto, Andrew si blocca appena sente il mio gemito.

- Andrew… - Sto per rimediare ma Oliver afferra il cellulare e lo butta sul letto.

- Non voglio più aspettare. – Mi bacia senza darmi via di scampo. – Non posso più fare a meno di te, sei l’unica che voglio, Felicity Smoak.

 

 

 

 

 

Seguo sul monitor la posizione di Oliver. Come al solito si è preoccupato di mettere in salvo McKenna prima di buttarsi nella lotta.

Si è addentrato da solo nei laboratori. Stai attento, ti prego.

- Sono qui. – Rispondo al suo richiamo. Avverto il suo sorriso. – Oliver, fai attenzione, stanno arrivando quattro uomini nella tua direzione.

Il rumore degli spari mi ferisce l'orecchio. Chiudo gli occhi per un secondo, ho paura di vedere.

- Diggle? – Inspiro piano, Dig è dietro di lui a guardargli le spalle.

È un attimo. Un grande frastuono. Il collegamento si perde e i computer si spengono. Sono completamente isolata, al buio. L’intera città è in totale blackout.

Resto immobile sulla sedia. - Oliver! - Ma in risposta ricevo solo il segnale della linea interrotta.

Sono minuti infiniti. La corrente ritorna e tutto riprende a funzionare. Le dita scorrono velocemente sulla tastiera.

- Oliver! - Non osare... blocco il flusso dei miei pensieri.

Sento la sua voce che mi rassicura. Riprendo a respirare.

 

 

Seduta sulla mia poltrona, a occhi chiusi, in attesa del loro ritorno. Questa volta c'è mancato poco.

Scatta la serratura della porta e schizzo in piedi immediatamente. Diggle! È mal ridotto e sanguinante.

- Oh. Mio. Dio. - Mi porto le mani alla bocca.

- Non è niente, Felicity.

Prendo l'occorrente per medicarlo e mi avvicino a lui facendolo sedere su uno degli sgabelli.

Ho paura di domandarglielo ma Dig mi precede.

- Sta bene.

- Ok. - Mi mordo il labbro per non cedere alla paura che sto provando.

Le sue ferite sono più graffi che altro. Meno male.

- Vai a casa. Devi riposarti.

- Sei sicura?

- Vai. - Gli bacio la guancia e lo esorto ad andare.

Osservo Diggle mentre sale le scale, pochi minuti e resto ancora un'altra volta sola, in attesa del suo ritorno. Mi sento così stanca, spossata.

- Felicity, - Il suono della sua voce mi sveglia all'improvviso.

Scatto in piedi e lo osservo. Mi viene da piangere. Sta bene. Chiudo gli occhi e poi di slancio l’abbraccio forte.

- Ehi, - Oliver mi stringe stretta a sé. - È andato tutto bene.

Come mi sono mancate le sue braccia, il suo corpo, il suo calore.

Oliver. Lo fisso intensamente. Lo bacio con trasporto.

Oliver mi spinge verso la scrivania e inizia a sbottonarmi la camicetta. Riprovare la sensazione delle sue mani sulla mia pelle è qualcosa che mi toglie il fiato. Sospiro estasiata.

Erano giorni che non ci toccavamo troppo presi da questa maledetta missione.

È una sensazione così strana essere di nuovo sua. La testa non vuole smettere di pensare. La mente è affollata da tutte le immagini che i suoi baci, le sue carezze, i suoi sospiri provocano in me.

M’immergo in queste emozioni e mi lascio trasportare. Ti amo.

Mi blocco. Smetto di baciarlo. Lui si ferma e mi guarda stranito.

Oddio, sussurro tra me e me. Ti amo, lo ammetto nella mia mente.

Ti amo, ripeto silenziosamente guardandolo dritto negli occhi.

Oliver mi bacia piano, delicato e premuroso, come quasi avesse sentito la mia confessione silenziosa.

Riprendo fiato. Appoggio la fronte sulla sua. Attendo che il cuore smetta di correre. Oliver mi accarezza il viso con le sue mani calde. Ci fissiamo per un lungo istante e

- Ti amo.

 

 

Continua….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Se al “Ti amo” di Oliver eravamo rimaste senza parole, credo che anche ora, al “Ti amo” di Felicity, siamo senza respiro. Questi due come si può non amarli?

Facciamo un monumento a McKenna, che grazie alla sua entrata in scena ha sbloccato la situazione tra i nostri testoni.

Piccolo appunto: Il discorso iniziale di Andrew si riferisce all'ultimo capitolo di “Undercover”.

Grazie come sempre va a vannaggio e jaybree per il loro supporto.

Coraggio ora tocca a voi, fatevi sentire, nel frattempo ci si rilegge la prossima settimana e … scopriremo una cosa molto importante ;)

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Capitolo 11
*** Fase dieci: io, tu e … lui o lei? ***


Metodo Scientifico

- 10 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase dieci: io, tu e … lui o lei?

 

 

 

 

 “Il passato non si cambia, ma se si cambia il presente,

si finisce per cambiare anche il futuro.”

Jean-Paul Malfatti. 

 

 

 

 

Il sole filtra dalle fessure della persiana. Inspiro profondamente. Un’intera notte trascorsa nella calma più totale. Sembra quasi un miracolo. Grazie malviventi di Starling City, non avrei mai creduto di pensarlo.

Mi volto nel letto e mi avvicino a Felicity che dorme beata accanto a me.

Ti amo, la sua dichiarazione mi lascia sempre senza fiato ogni volta che mi viene in mente. Quante cose sono cambiate nella mia vita. Se penso al passato, agli anni trascorsi su quella maledetta isola e a tutto il resto che mi è accaduto e che celo ancora dentro me, non posso credere a questo presente e al futuro che mi aspetta. Non avrei mai immaginato di poter amare così intensamente una donna. Felicity, sorrido.

Osservo la sua schiena. Con l’indice traccio una linea, passando dalla pelle alla stoffa della canottiera. Felicity, la chiamo silenziosamente. Mi hai donato una nuova vita. Una vita che non avrei mai pensato di poter vivere. L’hai cambiata totalmente, con passi silenziosi sei entrata nel mio mondo, mi hai teso la mano e hai aspettato pazientemente che io fossi pronto per afferrarla, senza dubitare mai un istante di me ma donandomi completamente la tua fiducia.

Inspiro profondamente. Il cuore mi potrebbe scoppiare da un momento all’altro ricolmo com’è di queste sensazioni. Ripercorro con l’indice la linea che ho tracciato prima, soffermandomi sulle spalle. Nessuna reazione, strano. Provo ancora. Parto delicatamente dalla clavicola e proseguo lungo tutto il braccio scoperto. Sonno pesante stamattina. Sorrido intenerito. In questi giorni è più stanca del solito, con la faccenda di McKenna, Starling City e il lavoro alla Queen Consolidated sto pretendendo troppo.

Mi abbasso su di lei e le labbra sfiorano la sua mano. Un bacio delicato e poi attendo qualche reazione. Niente. Proseguo nel mio intento e lascio una scia di baci lungo tutto il braccio fino ad arrivare al suo collo. Solo quando raggiungo il suo orecchio, mi accorgo del sorriso che ha stampato sulle labbra.

- Sei insistente… - Sospira, Felicity.

- Dovresti saperlo che non mi arrendo tanto facilmente.

Si volta verso di me. Ci guardiamo. I suoi occhi sono così seri e determinati. È un attimo. Felicity mi spinge per le spalle e monta sopra di me. I capelli mi accarezzano il viso, il profumo di pesca del suo shampoo mi lascia stordito.

Si abbassa lentamente su di me. – Buongiorno, - sussurra vicino alle labbra.

Le sfiora, proprio come fa il suo bacino sul mio corpo.

Un altro bacio sull’angolo della bocca, poi uno sotto il mento e ancora sulla clavicola.

Il sesso di prima mattina è il modo migliore per iniziare al meglio la giornata.

Felicity sta per spingersi oltre ma si blocca all’improvviso. Si solleva di scatto e mi osserva.

- Che c’è? – Il suo viso è pallido e la sua fronte è imperlata di sudore.

Scende velocemente dal letto e scappa in bagno.

Ma? Resto fermo disorientato dal suo comportamento, ma non appeno sento i conati di vomito la raggiungo in bagno.

- Ehi, - Raccolgo i suoi capelli e le sorreggo il capo con la mano. Qualcuno non ha gradito l’aragosta ieri sera.

Felicity si appoggia con la schiena al muro, stremata. Le tampono il viso con un asciugamano bagnato.

- Meglio?

- Mi dispiace, avevo immaginato un risveglio molto diverso da questo.

- Anche io.

Ci guardiamo e ci sorridiamo a vicenda. L’aiuto ad alzarsi. – Fatti una doccia, io intanto preparo la colazione.

 

 

 

- Che buono odore, che cos’è?

Diggle ed io ci voltiamo nello stesso momento a guardare Felicity sorpresi.

- Hot-dog con cipolla e senape.

- Buono! – Mi afferra il panino dalle mani, dà un morso e dopo qualche istante si lecca il residuo di salsa dalle labbra. – Facciamo cambio?

- Da quando ti piace l’Hot-dog con cipolla e senape! L’hai sempre schifato!

- Non è vero! – Si schermisce ma questo non le impedisce di fregarmi il resto del panino dalle mani. – Oggi ne ho voglia.

Il sopracciglio scatta verso l’alto, incredulo. Le porgo poi il bicchiere di caffè. Felicity lo annusa e dopo una smorfia strana me lo restituisce.

- Non c’è del tè? – Si blocca e ci guarda sorpresi. – Che c’è?

- Hai rifiutato il caffè? – Sottolineo incredulo.

- Sto solo cercando di berne meno, mi rende troppo iperattiva, e poi mi è venuta voglia di tè, non ci vedo nulla di strano, si può sapere che ti prende oggi? Solo perché mi vanno cose diverse dal solito deve essere strano? Oppure mi consideri una persona abitudinaria che non va mai fuori dai suoi schemi? Mi trovi così tanto noiosa? – Mi guarda nervosa. – Sono così prevedibile? – Sposta lo sguardo da me a Diggle.

Ma? Che-ho-detto?

- Ora vado, ho del lavoro da fare, mica me la posso spassare come fate voi due.

Si volta senza neanche darci il tempo di replicare.

 

 

 

Maledetta camicetta! Tento di attaccare il bottone sul seno ma non ne vuole sapere, con l’ultimo lavaggio si deve essere ristretta. Odio cambiare abbigliamento quando ho già deciso come vestirmi. Pazienza, in fondo non è poi così tanto scollato.

Sbuffo all’immagine nello specchio. Afferro il ciondolo e vado in cucina.

Oliver mi accoglie porgendomi la tazza di tè.

- Non hai fatto il caffè? – Che c’è? Domando silenziosa alla sua espressione contrariata. Afferro comunque la tazza e bevo giusto un sorso. Che nausea!

Allontano subito con nonchalance la tazza da me. Oh, i muffin! Buoni. Ne addento uno.

- Hai intenzione di sedurre qualcuno stamattina?

Lascio perdere il dolcetto e osservo Oliver cercando di capire dove voglia andare a parare.

- A parte il mio capo, non ho altri in mente al momento.

- Bene. – Si avvicina a me e cerca di chiudere la camicetta. – Noto con piacere che l’allenamento con Diggle sta dando i suoi frutti.

Gli schiaffeggio la mano a quell’insolenza. – Si è solo ristretta!

Oliver osserva compiaciuto il mio seno. Gli alzo il viso in modo che mi guardi dritto negli occhi.

- Mi sa che il tentativo di sedurre il tuo capo sta funzionando. – Mi sbottona completamente la camicetta. Le sue mani scivolano sul mio corpo, mi accarezzano i fianchi fino ad arrivare ai seni. Chiudo gli occhi. In questi giorni sono così sensibile al suo tocco che il mio corpo reagisce subito chiedendo di più.

- Felicity, - Come amo quando pronuncia il mio nome con questo tono eccitato, fa andare su di giri anche me.

La giacca del tailleur scivola a terra insieme alla camicetta e il divano ci accoglie.

Baci e carezze si susseguono e l’onda della passione ci travolge così intensamente che alla fine Oliver cade su di me stremato. Entrambi siamo senza fiato.

- Oliver, secondo te, ora posso chiedere un aumento al mio capo?

- Lascio l’intera società nelle tue mani.

Ridiamo insieme. Inspiro. Oliver mi bacia profondamente.

Cerco di respirare e calmare il mio cuore. Dovrei averci fatto l’abitudine invece no, ogni volta è come se fosse la prima.

Sorrido e chiudo gli occhi. - Sono così stanca che vorrei dormire per sempre.

Oliver si solleva quel poco da permettergli di guardarmi e mi accarezza il viso con le nocche della mano. – Sei sicura di stare bene?

- Forse sarà solo un po’ d’influenza. Mi sento spossata. Sarà questo periodo stressante. Il capo mi fa fare un sacco di straordinari. – Strizzo l’occhio.

- Messaggio ricevuto. Ti concedo la giornata libera e un desiderio.

Lo fisso per un lungo istante. – Resta con me.

 

 

 

 

Oggi è il sette… blocco i miei pensieri. Non è possibile. Visualizzo il calendario sul video, avvio l’applicazione “mondo femminile” e i miei sospetti trovano fondamenta.

Il ciclo non mi è ancora arrivato. Non è possibile, io sono sempre stata un orologio svizzero. Ogni mese, ogni ventotto giorni lui arriva.

Cinque giorni di ritardo. Oh. Mio. Dio.

Nausea, spossatezza, cambi d’umore, voglie improvvise, i dolori muscolari, la mia voglia sessuale che aumenta... no, quella è inalterata ed è solo colpa di Oliver e del suo fisico perfetto, delle sue carezze delicate, del suo tocco intenso, delle sue spinte energiche, delle sue prese… OH. MIO. DIO. Scatto in piedi. Ora basta, rischio che mi venga un orgasmo se non blocco queste sensazioni.

Non può essere. Inspiro profondamente. Siamo stati attenti. Non sempre, Felicity.

Vero, il blackout dei sedici giorni ci ha talmente surriscaldato che ci siamo fatti trasportare dalla voglia di possedere l’altro.

Crollo sulla sedia. Non può essere. Sono incinta. Sto aspettando un bambino da Oliver. Un nostro bambino.

Le mani sulla bocca. Incredula o commossa, non so più come mi sento.

Inspiro profondamente. Sapevo che non dovevo mangiare quel biscotto alla papaia. Chiudo gli occhi e cerco di far passare la nausea.

Un bambino. Mio e di Oliver. Un piccolo frugoletto è dentro di me. Appoggio le mani sul ventre. Mio Dio. Mi manca il respiro a questa consapevolezza.

- Felicity!

Scatto sulla sedia al richiamo di Oliver e chiudo in automatico l’applicazione.

- Che c’è?

Oliver si avvicina e mi appoggia una mano sulla spalla. – In quale mondo stavi questa volta?

Sulla nostra isola felice. Mi alzo in piedi, lo abbraccio forte e poi lo bacio a lungo.

- Ti amo. – Sussurro vicino alla sua bocca, e in quelle due parole ho messo tutto il mio amore che provo per lui.

Oliver sorride e mi bacia. – Ti amo anch’io. – Mi abbraccia. – Mi vuoi dire a cosa debbo tutto questo?

- Ancora non posso. Questa sera, a casa. Ora vado perché mi sono ricordata che devo fare una cosa urgente.

Non gli fornisco altre spiegazioni e scappo via.

 

 

 

Sono arrivata a casa. Non immaginavo mica che esistessero tutti questi tipi di test di gravidanza. Che ne abbia presi un po’ troppi? Fisso le tre scatole.

E se fossero dei gemelli? Ho sempre sognato di avere dei gemelli: un maschio e una femmina, Elisabeth e Vincent Queen.

Scuoto la testa. Non correre con la fantasia, procedi con metodo scientifico, quello che ti ha sempre caratterizzato per ogni cosa.

Apro la prima scatola e leggo attentamente le istruzioni.

Sto per effettuare il test ma squilla il cellulare.

- Andrew. Che tono di voce, sei sicuro di stare bene? No, va bene, ti raggiungo subito. Sì, ok è urgente. Ho capito. Ora arrivo.

Mollo tutto ed esco da casa.

 

 

 

- Felicity? – L’appartamento è al buio.

Non dovevamo incontrarci a casa? Dov’è?

Appoggio la giacca sul letto e noto le tracce del suo passaggio. La busta della farmacia. Accendo la luce in bagno e mi blocco.

Tre scatole di cui una è aperta fanno bella mostra sul lavandino. Prendo una scatola e leggo il suo contenuto. Test di gravidanza, rimbomba nella mia mente.

Non ho parole. La gola è arsa. Il cuore ha smesso di battere, mi manca il respiro.

Stai avendo un attacco di panico, Oliver?

Un bambino. Aspettiamo un bambino.

La scatola cade a terra e il tonfo mi fa sussultare.

Felicity è incinta. Sta aspettando un figlio mio.

Mi siedo a terra, le forze mi hanno abbandonato a questa consapevolezza.

Sarò padre. Sorrido.

Devo trovarla. Avvio la chiamata e attendo. Il cellulare non è raggiungibile.

È meglio che torni all’Arrow Cave, così rintraccerò i suoi ultimi spostamenti con il programma d’intercettazione che ha creato per le urgenze.

Un bambino. Sorrido più apertamente.

Sfreccio per la città in sella alla mia moto, non posso passare un minuto di più senza di lei.

Il passato non si cambia, ma il presente sì e si è appena trasformato in un bellissimo futuro da vivere insieme come una famiglia.

 

 

 

- Andrew! – Richiamo la sua attenzione, forse con un tono fin troppo gioviale. Gli vado incontro e lo abbraccio forte.

- Ho capito che cosa c’è che non va in me.

- Felicity, io… - Ma non lo lascio finire.

- Sono incinta!

- Come?

- Sì, incinta, o meglio, non ne sono sicura al cento per cento, ma penso proprio di esserlo. Stavo per fare il test ma la tua telefonata mi ha interrotto. Ho tutti i sintomi, sono incinta! – Ripeto eccitata.

Andrew fa scivolare le mani sulle mie braccia fino ad afferrare le mie. Il suo volto è serio, quasi pallido. Evita il mio sguardo.

- Ho finito le analisi.

- Che suc-ce-de? – Tutta la mia felicità scompare in un secondo affossata dall’amarezza delle sue parole.

- Felicity, tu non sei incinta... – Mi stringe forte a lui. – Felicity, - La sua stretta si fa ancora più forte intorno al mio corpo. – Mi dispiace tanto.

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

Angoletto di Lights

In lieve ritardo ma ci sono. Il lavoro mi ha assorbito totalmente questa settimana.

 

Vi prego non odiatemi, io sto soffrendo come voi, forse anche di più.

* afferro Oliver e lo stritolo tra le braccia *

Mi ero illusa pure io. La storia ha un suo filone da seguire e, credetemi, ho cercato in tutti i modi di deviare, ma non è stato possibile.

Perdonatemi ma questo capitolo è solo da amare nella sua interezza, anche se in questo momento siamo in una valle di lacrime.

 

Siamo quasi alla fine della storia, mi manca da scrivere l’ultimo capitolo. La storia è composta da 12 capitoli o forse 13, dipende tutto dallo sviluppo del dodicesimo che è in fase di stesura. Prometto che andrà tutto bene, sì, andrà tutto bene il Polly Power è con noi!

 

Ricordate: io vi voglio bene.

No, dai, mettete giù le mazze da baseball, prometto che farò la brava ;D

 

Alla prossima settimana, lavoro permettendo ;)

 

 

 

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Capitolo 12
*** Fase undici: Jane Doe ***


Metodo Scientifico

- 11 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase undici: Jane Doe

 

 

 

 

 “Non indugiare sul passato;

non sognare il futuro,

concentra la mente sul momento presente.”

BUDDHA

 

 

 

 

Eccola, finalmente. Sospiro sollevato. Felicity è seduta sul bordo della fontana con lo sguardo fisso a terra e meccanicamente calcia dei sassolini inesistenti sollevando appena del terreno.

- Ehi, - Mi avvicino piano. C'è qualcosa che non va.

- Oliver! - Felicity scatta in piedi riconoscendomi.

- So tutto. - Sorrido apertamente e poi la imprigiono tra le mie braccia.

- Oliver... - Il suo è solo un soffio e mi stringe più stretto a sé. - Io...

- Andrà tutto bene, ce la caveremo. È fantastico!

Felicity si stacca quel tanto che le basta per guardarmi in volto. I suoi occhi sono grandi e gonfi, increduli.

- Ho visto i test di gravidanza in bagno. - Sorrido divertito. - Non eri sicura di uno, addirittura tre, Felicity?

- Volevo essere certa ma la natura mi ha preceduto.

Si scosta da me di qualche passo. Sono disorientato.

- Mi è arrivato il ciclo. - Mi spiega usando un tono pacato, come se stesse parlando con un bambino. - Non sono incinta. - Una piccola pausa per renderci conto della realtà. - Niente bambino.

Oh. Resto immobile nella mia posizione. Felicity si siede nuovamente e sospira profondamente.

Mi siedo accanto a lei e rimaniamo in silenzio per diverso tempo.

- Potremmo sempre provarci... - Tento ma mi blocco.

Il viso di Felicity scatta all'insù sorpresa dalla mia proposta. - … a fare un bambino? - Termina la mia frase frastornata.

- Sì ... - La trascino verso di me e la bacio. - Te lo immagini? Un bel bambino con i tuoi occhi, il tuo naso, la tua bocca, la tua intelligenza. E se fosse una bambina? Non sarebbe fantastico averli entrambi?

Felicity resta ferma e poco dopo si allontana da me. Sorride sforzatamente. - Non lo so... Forse non eravamo pronti. La nostra vita è troppo complicata in questo momento. Un bambino non è uno gioco... Forse è meglio così.

- Felicity, - Le afferro la mano e non la lascio scappare dalla mia presa. - Tutto bene?

Mi osserva con i suoi occhi grandi. - Sì.

Il telefono squilla. Entrambi lo osserviamo suonare. È McKenna.

- Vai, ha bisogno di te.

- Io... - Tentenno, sento che qualcosa non va.

- Sto bene. Vai.

Sospiro sconsolato. - Chiuderò al più presto questa storia, te lo prometto.

 

 

 

Un bambino. Non so perché ma in questo momento invece di deprimermi, come dovrei, mi viene da ridere. Sono stata una sciocca a confondere tutti i sintomi. La mia voglia inconscia di creare una famiglia con Oliver mi ha portato a credere a cose che non esistono.

Rido apertamente fino a ritrovarmi senza ossigeno. Mi appoggio allo schienale della sedia e rivolgo lo sguardo al soffitto. Non avevo mai fatto caso quanti tubi passassero sul soffitto.

Ho confuso un'intossicazione alimentare con le nausee della gravidanza, si può essere così sciocche?

Chiudo gli occhi. Per una volta in vita mia non voglio pensare.

Sei allo stato iniziale della malattia, Felicity, abbiamo ancora tempo. La voce di Andrew mi rimbomba nella testa e il dolore alle gambe mi riporta alla realtà.

Scuoto il capo. Devo concentrarmi su altro. Raccolgo i faldoni dei documenti. Mi carico per bene e a tentoni raggiungo l'armadio.

Ahia! Le fitte alle gambe aumentano, è come avere delle lame affilate che punzecchiano la pelle.

Cado a terra insieme ai faldoni con un tonfo secco.

- Felicity!

Oliver lascia cadere a terra l'arco e le frecce e mi raggiunge.

- Stai bene? - Mi libera dai faldoni.

- Ecco cosa succede a chi non sa camminare su un tacco dodici. Chissà come fanno le altre donne! O forse sono io che non sono portata? Dovevo aspettarmelo con la mia goffaggine. Ho puntato troppo in alto ma queste scarpe erano così carine in vetrina, che mi hanno pregato loro stesse di comprarle e portarle a casa. In effetti, - Gli mostro i piedi. - Sono o non sono favolose?

Oliver si siede a terra di fronte a me e mi osserva come se fossi una aliena. Non pensavo di traumatizzarlo con un semplice discorso di moda femminile.

Rimaniamo in silenzio. Evito il suo sguardo.

- Mi vuoi dire che cosa hai? - Tenta di sfiorarmi la mano ma la ritraggo in grembo.

- Nien... - Mi ammonisce con lo sguardo.

- Sai che odio quando mi rispondi con un insignificante “niente, sto bene”. Sono giorni che stai sulle tue, che appena ti sfioro ti ritrai o abbozzi una stupida scusa per starmi lontana. - Mi afferra la mano dolcemente. - Felicity, - Mi incita Oliver. - Parla con me.

Un passo alla volta, Felicity. Affronteremo il problema giorno per giorno. La voce di Andrew mi rassicura. Sono una stupida.

Senza rispondere mi avvicino a Oliver. Ci guardiamo occhi negli occhi. Afferro il suo viso con entrambe le mani, lo conduco a sfiorare la mia bocca e lo bacio teneramente.

- Ti amo... conta solo questo. - E mi tuffo nel suo abbraccio. Un passo alla volta, giorno per giorno, mi ripeto nella mente.

Le braccia di Oliver mi stringono strette a sé. Non immagina neanche quanto sia meraviglioso ma glielo farò capire in tutti i modi possibili.

 

 

 

 

 

Finalmente! Afferro la fialetta del siero che McKenna ed io stavano cercando da tempo. Ora ho solo bisogno di un esperto per analizzarlo.

- Hai trovato qualcosa, Arrow? - La domanda di McKenna mi fa voltare verso di lei.

- Può essere. Mi farò vivo quando ne sarò sicuro. - Tentenna, non sa ancora se fidarsi di Arrow completamente. - Te lo prometto, metteremo fine a questo scempio.

McKenna si rilassa e mi restituisce un sorriso. - Va bene, va'.

Metto al sicuro la fialetta in una delle tasche e mi dileguo.

 

 

 

Il laboratorio è nella semi oscurità. La lampada accesa sulla scrivania illumina appena i fascicoli che Andrew sta studiando. Chissà a cosa sta lavorando?

Deve essersi preso una pausa. Con cautela manifesto la mia presenza e mi avvicino alla sua scrivania. Sfoglio il fascicolo aperto: Jane Doe.

Questa ragazza non se la passa bene. Guarda quante analisi che ha eseguito! Un lavoro davvero scrupoloso. Valori sballati, ma...

- Che ci fai tu qui? - La voce spaventata e seria di Andrew mi accoglie alle spalle.

Mi volto. Lo guardo dritto negli occhi.

- Al-lora?

Questo tizio ha la capacità di irritarmi, come fa Felicity a essere sua amica? Non me lo riesco a spiegare.

Digrigno i denti. Se non fosse per McKenna non gli chiederei nessun favore.

- Ho bisogno del tuo aiuto. - Estraggo la fialetta dalla tasca e gliela appoggio sulla scrivania.

- Del mio aiuto? - Sembra sorpreso, fa bene!

- Una persona che conosco si fida di te ed io non ho altra scelta.

Sorride, ha capito che mi sto riferendo a Felicity.

- Hai lavorato per la Richmord Enterprise e sai come questo può essere deleterio.

- Purtroppo sì.

- Aiutami a trovare le prove. Così le famiglie delle persone che hanno perso la vita per lavorare ai loro insani progetti avranno giustizia.

Andrew rimane in silenzio, fermo nella sua posizione, con lo sguardo fisso sulla fialetta appoggiata.

- Va bene.

- Che cosa vuoi in cambio? - Ho capito dove vuole arrivare.

Si avvicina alla scrivania, sbianca quando si accorge che ha lasciato il fascicolo di Jane Doe aperto. Lo chiude di scatto.

- Lo saprai a tempo debito.

Mi avvicino a lui quasi a fronteggiarlo in attesa della sua mossa. Osservo serio il fascicolo che stringe nella mano.

- Deve essere importante per te. - Cambiamo atteggiamento, Oliver, cerca di andargli incontro.

- Molto.

- Che cos'ha?

- Distrofia miotonica. - Inspira profondamente. - È una malattia genetica che colpisce il corpo poco alla volta.

- Si può curare?

Andrew mi fissa e non risponde. Deduco di no.

- Le cure sono ancora in fase sperimentale. - Si siede affranto sulla sedia. Si afferra il capo tra le mani. - Non so come aiutarla se non...

- Che lei stessa faccia da cavia. - Termino la sua frase lasciata a metà.

- Esatto.

- Non puoi scegliere per lei.

- È un cammino troppo duro e lungo, e le probabilità di guarigione sono pari allo zero.

- Distacco, Dottor Wolfar, se ti fai coinvolgere da questo caso perderai di vista il tuo obiettivo. - L'ammonisco severamente.

Andrew si alza di scatto e mi fronteggia. I suoi occhi sono duri e inflessibili.

- Tu! - Mi punta il dito contro. - Sfrutti le persone a tuo piacimento e non sei minimamente riconoscente.  Ma che cosa ne sai? – Il suo sguardo è determinato e ferito. - Non ti accorgi della sofferenza degli altri ma sei solo concentrato nella tua utopistica missione di dare una vita migliore a Starling City. Sei solo un egoista che non sa andare oltre il suo gigantesco ego. Tu sei il grande Arrow, il resto non conta. - Si blocca. Il suo petto si alza e si abbassa per la foga che ha messo in quell'accusa.

Stringo forte la faretra nella mano per non reagire, ma ho una grande voglia di prenderlo a pugni. – Hai finito?

Silenzio. Andrew mi volta le spalle e prende a sistemare la documentazione. - Te ne puoi anche andare. - Inspiro profondamente, altrimenti qui finisce male. - Ti ho già detto che ti aiuterò. Mi farò vivo io quando il tutto sarà pronto. - Glaciale chiude il discorso.

 

 

 

 

- Come ti senti? - Il tono di voce di Andrew ormai è sempre lo stesso da quando ha scoperto che sono malata: teso e preoccupato.

Gli accarezzo il viso per tranquillizzarlo. - L'hai detto anche tu, ci saranno giorni sì e altri no. Oggi è un giorno sì, questo è quello che conta.

Gli ho strappato finalmente un sorriso. Mi tolgo la camicetta e lui delicatamente spalma la pomata sugli ematomi che mi sono comparsi sulle braccia.

- Se qualcuno li vedesse, potrebbe pensare che Oliver ed io facciamo sesso sfrenato tendente al sadomaso... a dire la verità non so se Oliver gradisca l'uso delle manette o essere legato al letto. So per certo, però, che lo eccita da morire la tuta in pelle nera che indossavo quando tu ed io andavamo in missione.

Andrew si blocca e si scosta da me sconcertato. - Felicity!

La sua espressione è troppo divertente e scoppio a ridere. - Scusa.

- Certe rivelazioni tienile per te la prossima volta, grazie. - Mi scocca un'occhiata offesa. - Come hai giustificato questi ematomi al signor Queen?

- Al momento non lo sa, è via per degli affari importanti.

Andrew mi guarda scettico. - Non gli hai ancora detto la verità?

- L'odore di questa pomata è buonissima, mi viene quasi voglia di leccarla. - Inspiro a fondo, cambiando discorso. - Mughetto, miele, lavanda. Non sembra neanche una medicina.

- Proprio perché le essenze naturali che ho aggiunto alterano l'odore sgradevole del medicinale che contiene. - Mi strizza l'occhio e poi mi porge la camicetta. - Dovresti dirglielo. - Si posiziona di fronte a me.

- Sto solo aspettando il momento giusto.

- Oh no, - Andrew mi accarezza il collo.

- Cosa? - Raggiungo la sua mano preoccupata.

- Ti sono comparse delle macchie anche qui. - Mi appoggia la mano sullo sterno e poi sulla clavicola. - Non ti preoccupare, sono appena visibili e piccoline, confondibili con una allergia. - Mi accarezza la guancia. - Quando glielo dirai? Non puoi... - Ma non riesce a terminare il discorso che veniamo interrotti.

- Disturbo? - La voce dura e severa di Arrow irrompe nel laboratorio.

Mi sento gelare. Andrew si scosta subito da me ed io automaticamente mi stringo la camicetta. Non oso guardare Oliver negli occhi.

- Ti aspettavo domani sera. - Lo rimprovera Andrew. - Non puoi irrompere nel mio laboratorio quando vuoi.

Cosa? - Hai detto a lui quando rientravi e non hai pensato minimamente di avvisare la sottoscritta? - Sono così arrabbiata che scendo dal tavolo e lo fronteggio.

Gli occhi di Oliver sono glaciali. - Abbottonati la camicetta. - Il suo tono autoritario mi fa rabbrividire.

- Non è come sembra. - Cerco di recuperare la situazione.

- Felicity, non devi dargli nessuna spiegazione. - Interviene Andrew.

Oliver stringe forte l'arco che tiene in mano, un'altra parola e potrebbe trafiggerlo con una freccia. – Sì che deve. – Lo fredda.

Poggio una mano sul suo petto. - Non è come sembra. - Sottolineo più decisa.

Lui mi guarda. I minuti passano e il silenzio tra noi si fa pesante. Alla fine Oliver desiste. Chiudo gli occhi e appoggio il capo sul suo petto, all'improvviso sono stanca.

Oliver mi accarezza il capo e si lascia andare anche lui. - La porto io a casa.

Il suo tono perentorio blocca ogni azione di Andrew. Passano i secondi. Che tensione. Non doveva andare così.

Andrew alla fine desiste, prende in mano il fascicolo e lancia un pacchetto a Oliver.

- Grazie.

- Ho fatto solo il mio dovere. A te spetta fare giustizia.

 

 

 

 

Siamo arrivati all'Arrow Cave da un po'. Sono seduta sulla mia poltrona e sto fissando Oliver mentre si sta cambiando. Non mi ha rivolto neanche una parola. Qualcosa mi dice che non ha ancora digerito quello che pensa di aver visto.

- Potevi avvisarmi che saresti tornato stasera. Non chiedevo tanto, almeno un sms.

- Pensavo che mi tenessi sotto controllo con il gps e le telecamere della città, ma mi sbagliavo, eri occupata a fare altro. - Si avvicina a me e appoggia le mani sui braccioli della sedia, imprigionandomi. - Ho rovinato i vostri piani?

Non so se sia più irritante la sua insinuazione o più gratificante la sua gelosia.

- No, avevamo finito. - Oddio! Perchè non metto freno a questa bocca? Sorrido per recuperare. Lui per niente.

- Felicity. - Il suo tono basso mi fa rabbrividire.

- Devo in qualche modo ingannare l’attesa del tuo ritorno. – Sospiro. – Dovresti saperlo che tra Andrew e me c’è uno stretto legame.

- Fe-li-ci-ty.

- Non ci trovo niente di male se trascorro il mio tempo libero nel suo laboratorio.

- Senza vestiti.

- A volte capita. Una volta mi ha rovesciato il caffè sul vestito e ho dovuto indossare uno dei suoi camici… - Oliver avvicina il suo viso al mio incatenandomi con gli occhi. Sta per dire qualcosa ma desiste mentre mi fulmina con il suo sguardo.

- Il suo mondo è così interessante… - continuo, con meno sicurezza. - È il mio mentore sulla genetica informatica. Quando mi mostra delle nuove cose, pendo totalmente dalle sue labbra… è sempre così affascinante!

- Più del mio?

Sospiro. – Nessuno può battere il tuo mondo, Oliver.

Si avvicina di più al mio viso, lasciando una labile distanza tra le nostre bocche.

- Odio saperti insieme a lui, sempre. Odio di più saperti senza vestiti insieme a lui.

- Oliver, - Tento piano. - È stato solo un incidente, mica ogni volta giro per il suo laboratorio in slip e reggiseno.

- FE.LI.CI.TY!

Infosso il capo nel collo. - Era per dire.

Oliver appoggia il capo sulla mia fronte. - Mi manchi. - Confessa piano.

- Tu di più. - E lo bacio.

Oliver mi spinge contro lo schienale della sedia. Le sue mani scivolano dal mio viso al collo, giù fino alle spalle. Sta per sfilarmi la camicetta. Spalanco gli occhi spaventata.

- Aspetta... - Mi stacco da lui riabbottonandomi. - Non hai fame?

- Ne ho molta. - Mi guarda come se fossi la cosa più appetitosa al momento.

- Andiamo a casa.

 

 

 

 

Felicity stranamente è silenziosa. Siamo da un po' sul divano intenti a guardare la televisione. Ogni tanto emette dei grossi sospiri, indice che è preoccupata. Si rilassa solo quando le massaggio la schiena.

Il film è terminato. Spengo la televisione e mi accorgo solo ora che si è addormentata.

La sollevo piano, cercando di non svegliarla. Com'è leggera! La osservo meglio e ho quasi l'impressione che sia dimagrita. Le bacio il capo e la porto a letto.

 

 

È notte fonda. Avverto la sensazione di vuoto intorno a me. Apro gli occhi di scatto e invece di ritrovare al mio fianco il corpo di Felicity, c'è solo il suo cuscino.

Attivo i sensi per individuare i diversi rumori. Niente. Mi alzo e a piedi nudi mi dirigo in soggiorno.

Tutto è al buio e in silenzio. Ma dov'è? Sto per andarmene quando...

- Oliver, - Felicity mi chiama. Aguzzo la vista e riesco a intravedere la sua figura seduta in un angolo della stanza. Mi inginocchio di fronte a lei. Il buio non mi permette di vederla bene in viso.

- Oliver, - riprende piano. Allunga la mano e afferra la mia.

- Felicity, che succede?

- Non riuscivo a dormire.

Mi siedo accanto a lei appoggiandomi al muro. Silenzio. La notte è tranquilla e non è disturbata neanche dalle sirene della polizia.

- Lo devo ammettere, il Dottor Wolfar è davvero scrupoloso nel suo lavoro.

Mi volto verso di lei e mi ricambia con un debole sorriso, le afferro la mano e la stringo nella mia. - Quando gli ho portato il siero da analizzare stava lavorando sul fascicolo di una certa Jane Doe. Povera ragazza. - Sospiro.

- Oliver, - Inizia piano Felicity. - Devo confessarti una cosa.

- Non vorrai dirmi che mi lasci per Andrew? - Sorrido divertito e mi posiziono di fronte a lei.

Felicity accende la lampada sul tavolino e finalmente la luce la illumina ai miei occhi.

Mio Dio. Mi manca il respiro. Ha il corpo pieno di lividi.

- Felicity, - Afferro le sue braccia ma lei si divincola dalla mia presa.

Mi guarda a lungo. Non so più che pensare.

- Sono io, Oliver... - Mi siedo a terra disorientato.

- Che cosa vuoi dire?

- Jane Doe sono io, Oliver.

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

BOOM! Penso sia preso un infarto a tutti. Le rivelazioni lasciano sempre il segno. E ora? Vedremo.

Ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione della storia, anche se non vorrei concluderla, mi ci sono affezionata e anche a voi.

Ringrazio (che è da un po’ che non lo faccio, brutta Lights) Vannagio e Jaybree per il loro supporto, sempre prezioso.

Grazie a voi tutti che mi seguite.

Sono in velocità, il lavoro mi ha rapito, ma ci tenevo a pubblicare altrimenti passava un’altra settimana.

Il prossimo capitolo? Incontreremo un personaggio nuovo :3

 

 

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Alla prossima settimana ;)

 

 

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Capitolo 13
*** Fase dodici: destini che s’incrociano ***


Metodo Scientifico

- 12 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase dodici: destini che s’incrociano

 

 

 

 

“C'è sempre un momento in cui una storia va raccontata,

altrimenti per tutta la vita si resta prigionieri di un segreto.”

Haruki Murakami 

 

 

 

 

 

 

Il tempo è un bene prezioso e quando capisci che sta per finire, i tuoi occhi si aprono al mondo, agisci e lotti controcorrente per appropriarti anche di un solo secondo in più da vivere… intensamente.

Solo allora guarderai il cielo e t’immergerai nella sua profondità. Chiuderai poi gli occhi per un istante, lasciandoti avvolgere dal buio della tua mente e ti farai guidare dal battito del tuo cuore.

Quando sarai pronto, li riaprirai, e in quel momento capirai di potercela fare, di poter vivere l’ultimo secondo che hai guadagnato per la tua vita, perché non è realmente finita fin quando non sarai tu a voler scrivere la parola fine.

 

 

Appoggio il libro sulla scrivania. Indirizzo lo sguardo verso l’ufficio di Oliver, impegnato in una conversazione privata con McKenna. Sbuffo. Che ci troverà d’interessante in lei? Va bene, è una bella donna, tenace, caparbia, intelligente e mette tutta se stessa nei suoi ideali. Già, che ci troverà in lei. Sbuffo, ancora.

Sono in piedi uno di fronte all’altro. È un attimo e arriva quel gesto così confidenziale, l’ennesimo, che lui accetta senza esitazione. La mano di McKenna scivola sul braccio di Oliver fino a stringere la sua. Complicità.

Infastidita, ripongo il libro nella borsa e mi alzo di scatto.

- Oliver, - Chiamo debolmente per attirare la sua attenzione.

McKenna continua il suo discorso senza interrompersi, lui mi rivolge una fugace occhiata della serie: aspetta.

- Oliver … - Riprovo leggermente più decisa.

Un altro suo sguardo e nessun cenno a muoversi.

- Oliver!

Entrambi mi guardano sorpresi. Oddio! Restano in attesa che parli. – Ecco… Sì, c’era… - Inspiro profondamente. Che imbarazzo - Volevo avvisarti che ho finito.

McKenna mi osserva, sembra quasi che mi stia dicendo “brava, vai pure a casa che noi abbiamo da fare cose molte più importanti delle tue!”.

- Grazie, Felicity.

Grazie? Beh, bel modo di scaricarmi. Certo, lo fa per tenermi al sicuro. Ma sì, passa pure la tua serata con lei, ormai non fai altro.

McKenna si mette al fianco di Oliver ed entrambi attendono la mia mossa.

- Allora… - Mi mordo il labbro.  - … io vado. - Esito, con la vana speranza che mi dica qualcosa di più interessante di un va bene”.

Oliver finalmente si muove verso di me, lasciando lei indietro. Mi accarezza la guancia, passando debolmente il pollice sul mio zigomo.

- Cerca di mangiare un po’ e riposati. Non mi aspettare alzata, faremo tardi. – Mi bacia la fronte.

Sai che novità, vorrei tanto rispondergli ma non dico niente.

- Non ti preoccupare mi trastullerò con Andrew… - Mi blocco alla sua occhiata severa. – Nel senso che ce la spasseremo alla grande, sai, i suoi esperimenti sono così eccitanti… - Oddio! – Eccitanti non in quel senso ma… - Oliver appoggia la mano sulla mia spalla e ho la netta sensazione che si stia trattenendo per non stritolarla.

Inspira profondamente, anche se non riesce a rilassare la mascella. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: - Resta vestita, ok?

- Farò del mio meglio. – Molto divertente. Ritorno seria. – Stai attento e torna da me.

Oliver mi bacia e poi mi abbraccia a lui. – Sempre.

 

 

 

Scendo le scale del laboratorio lentamente. L’effetto dell’antidolorifico che Andrew mi ha somministrato stamattina sta svanendo. Eccolo qua, il consueto dolore agli arti, pronto a farsi sentire.

Passo lentamente le mani sulle braccia. Ancora pochi gradini e potrò sedermi.

Ahia! La lama di un coltello mi graffia le gambe ed io cedo al dolore.

Due braccia possenti impediscono che cada a terra.

- Tutto bene, signorina?

Mi volto e incontro due occhi neri che mi osservano inflessibili. Mi aiuta a rimettermi in piedi e a terminare la discesa.

Apro la bocca per dire qualcosa ma non riesco a pronunciare neanche una sillaba. I suoi occhi. Sono ipnotizzanti, così intensi.

Resto lì a fissare lo sconosciuto e lui fa lo stesso con me.

- Grazie. – Sussurro.

Lui non smette di osservarmi. Mi conduce vicino alla sedia e mi fa accomodare.

Andrew irrompe nel laboratorio mettendo fine a quel gioco di sguardi. – Felicity! – Dal suo tono preoccupato deduco che il mio colorito rasenta il bianco pallido.

- Tutto ok, lui… - Indico lo sconosciuto. – Mi ha acciuffato prima che potessi esibirmi in una scivolata con giravolta carpiata sulle scale.

Oh, finalmente un sorriso. Andrew al contrario inspira affranto.

- È già finito l’effetto dell’antidolorifico? Aver aumentato la dose del farmaco non è servito a niente. Scusami, ho fallito un’altra volta.

Andrew mi dà le spalle. Fino ad ora non ho mai compreso realmente quanto potesse essere difficile tutto questo per lui.

Respiro a fondo. Ultime forze, Felicity. Mi alzo dalla sedia, barcollo un attimo. Lo sconosciuto mi è accanto ma ce la devo fare da sola. Lascio la sua presa e mi avvicino ad Andrew.

- Non è colpa tua. Non pensarlo mai più. – Si volta sorpreso dal mio tono severo e mi osserva. – Ce la faremo, troverai la cura, ne sono sicura. – Gli afferro il braccio. – La mia vita è nelle tue mani e posto più sicuro di questo non potrei trovarlo.

Andrew mi guarda per un lungo momento e infine mi abbraccia. – Ce la faremo, Felicity.

- È meglio che torni a casa, non vorrei togliere altro tempo al tuo impegno con … - Mi blocco e osservo lo sconosciuto che ci fissa serio.

- Bruce. Bruce Wayne.

Non. Ci. Posso. Credere. Se quel giorno, quando decisi di lasciare quel piccolo paese senza futuro chiamato casa, non mi avessero indicato l'autobus sbagliato e non avessi fatto la conoscenza di Wanda, la mia attuale vicina di casa, la quale mi disse “Se sei su questo autobus, gioia, un motivo ci sarà! Il destino ti vuole a Starling City”, a quest’ora sarei a Gotham City e, chissà, forse lavorerei per quest’uomo!

- Signor Wayne, lei non sa che piacere fare la sua conoscenza. Ammiro il lavoro delle industrie Wayne, avete il migliore reparto tecnologico dello stato. I prototipi che proponete ogni anno al congresso della scienza internazionale mi lasciano senza parole. Li studio notte e giorno, affascinata da quanta tecnologia avanzata possa scaturire da una mente umana proiettata nel futuro. – Stringo forte la mano del Signor Wayne, che mi contraccambia con una stretta calorosa. – Se il destino avesse deciso diversamente, avrei potuto lavorare per le industrie Wayne, invece che per la Queen Consolidated. - Sorrido divertita.

- Sicuramente ne avresti giovato in serietà. – Chissà perché mi aspettavo la frecciatina velenosa di Andrew su Oliver.

- I miliardari scontrosi e dal carattere difficile non mi fanno paura, se ho gestito Oliver Queen potrei gestire benissimo anche Bruce Wayne… - Sgrano gli occhi. Maledetta boccaccia. – No, scusi, - Mi volto verso di lui. - Non mi fraintenda, apprezzo gli uomini d’affari diffidenti, con sguardo minaccioso, tutti d’un pezzo, che incutono timore con la loro prestanza fisica ma che in realtà custodiscono un animo generoso… - Maledizione! – Tre, due, uno. – Inspiro profondamente. – Non faccia caso a me, quando sono nervosa ho la tendenza a straparlare.

Un altro sorriso. Stasera è un successone. – Ora è meglio che vada.

- Felicity, - Andrew cerca di bloccarmi.

- Volevo solo un po’ di compagnia, Oliver è fuori sede per affari, niente d’importante. Signor Wayne, è stato un piacere.

Mi stringe la mano ed io affondo ancora un’altra volta nel suo sguardo deciso.

 

 

 

 

Felicity! Mi sveglio tutto sudato. Mi volto verso di lei che dorme tranquilla al mio fianco. Sospiro sollevato. Mi alzo piano dal letto e cercando di non fare rumore mi chiudo in bagno.

Mi osservo allo specchio e prontamente la mia immagine è sostituita dalla visione che tormenta le mie notti.

È passato più di un mese da quella sera, quando Felicity mi ha confessato di essere malata. Il suo corpo marchiato dalla malattia è un’immagine indelebile nella mia mente.

Mi sento così impotente. Posso eliminare i criminali da questa città ma non posso eliminare il male dal cuore della donna che amo.

Stringo forte il lavabo. Maledizione! Che futuro potremo avere?

- Ehi, - Felicity è sulla soglia. – Tutto bene? – Si avvicina a me.

L’osservo per un lungo istante. Con i capelli sciolti e disordinati, il viso stanco, appare ai miei occhi così fragile.

- Oliver, - Afferra il viso tra le sue mani. – Sto bene. Andrà tutto bene. Ricorda: giorno per giorno. – Me lo ripete ogni volta che mi sorprende a combattere contro i demoni della paura che si annidano dentro di me. Non voglio perderti, né ora, né mai.

Appoggio la fronte alla sua. – Va tutto bene. – Sussurro piano sul suo viso.

Sorride e poi mi bacia. Le sue carezze si fanno più intense, come i suoi baci. Vuole andare oltre ma io… non posso. Blocco i suoi tentativi. La sollevo tra le braccia e la riporto a letto.

- Hai bisogno di riposarti. Sei così pallida.

Felicity mi osserva in silenzio. Il mio ennesimo rifiuto la fa desistere dal suo intento.

- Oliver... – Inizia piano. - Se hai cambiato idea, posso capirti. – Come? –Non sono cieca. Tu e McKenna, la vostra complicità, mentre io… sono solo un peso per te. – Senza aggiungere altro mi dà le spalle. – Non voglio un giorno svegliarmi e ritrovarmi di fronte alla realtà che oggi cerco con tutta me stessa di ignorare. Se vuoi stare con lei, va bene. Ti capisco. Lei potrà… - Ma si blocca.

- Felicity, - Mi avvicino piano. La volto verso di me. Non aggiungo altre parole, lascio che i gesti parlino per me.

Le sfioro dolcemente le labbra. Esita, non mi risponde. Io insisto. Le mani sfiorano il suo corpo che prontamente si protrae verso di me. Scivoliamo sul materasso e dolcemente ci amiamo.

- Giorgio per giorno. – Sussurro sulle sue labbra.

Felicity sorride. – Giorno per giorno.

 

 

 

- Felicity, da quanto è via il tuo Signor Queen? – Domanda Andrew curioso.

Sospiro sconsolata. - Ventuno giorni. Tre ore. Ventisette minuti. – Mi correggo. – Non sto tenendo il conto.

Andrew sorride. – Pensa prima o poi di farsi vivo?

- È in missione… - Andrew mi guarda sorpreso. – Intendo che sta seguendo delle trattative molto riservate che lo tengono impegnato. Affari nazionali con lo zio Sam.

- Capisco. Questo gli dà diritto di metterti in disparte?

- Ci sei tu che ti prendi cura di me. Nel senso che tu mi sei vicino, anche se non puoi darmi quello che lui mi dà. – Santa pazienza!

Andrew mi fissa per un attimo sorpreso e poi scoppia a ridere.

- Quella volta quando ci siamo baciati non mi è sembrato che ti dispiacesse, possiamo sempre riprovare se vuoi avvalorare la mia tesi.

- Era un sacco di tempo fa, entrambi avevamo bevuto troppo e poi Oliver ed io non stavamo neanche insieme. – E io ero sotto copertura, termino nella mia mente.

Andrew si avvicina a me con un’aria malandrina. – Non sei curiosa neanche un po’?

- Io… - Ma non faccio in tempo a rispondere che una freccia scocca davanti ai nostri occhi dividendoci per lo spavento.

Andrew ed io ci guardiamo inorriditi.

- Stai. Lontano. Da. Lei. – La sua voce perentoria toglie il fiato. – La prossima non sarà una freccia di avvertimento.

Mi volto verso Arrow. Incrocio i suoi occhi severi. Mi manca l’aria. Porto le mani al petto. La gola brucia. Ho quasi la sensazione che la cassa toracica si stia sgretolando, talmente è forte il dolore che sento. Non ho più ossigeno. Le gambe cedono. Cado in ginocchio e il tonfo rimbomba nel laboratorio.

Riesco a udire in lontananza le loro voci allarmate prima di accasciarmi totalmente a terra.

 

 

 

 

Non so quante ore sono passate ma la situazione non è cambiata. Il suono del monitor del battito cardiaco di Felicity rimbomba nel laboratorio e interrompe, scandendo il tempo, il silenzio che è calato.

Stringo la sua mano nella mia. Non mollare, non mi lasciare, ti prego. Una preghiera che ripeto in continuazione. Apri gli occhi, maledizione!

- Le condizioni di Felicity sono peggiorate in questi giorni. È entrata nel secondo stadio della malattia e si sta avvicinando pericolosamente al terzo. Invece di rallentare il male che c’è dentro di lei si sta espandendo con rapidità.

Andrew affonda le mani tra i capelli.

- Che cosa possiamo fare?

Mi fissa per un lungo istante.

- Non avrei mai creduto di chiedertelo, ma allora me lo sentivo. - Lo guardo dritto negli occhi. - Arrow, è tempo che tu saldi il tuo debito con me.

- Che vuoi che faccia? – Il mio tono severo lo fa esitare.

Andrew si avvicina alla scrivania, afferra il fascicolo e me lo porge.

- Sono i dati che ho raccolto durante questo periodo. La linea nera indica il peggiormente delle condizioni fisiche di Felicity; al contrario, la linea rossa, il miglioramento.

- A che cosa sono dovuti questi picchi positivi?

Andrew mi osserva e non risponde. – Non lo immagini? Dimenticavo che il tuo enorme ego non ti fa vedere più in là del tuo naso.

Scatto in piedi con la voglia di rompergli la faccia.

- Stai calmo, eroe! – Punta il dito sul foglio. – Non ti dicono niente questi periodi? Non so spiegarti il motivo ma le condizioni di Felicity migliorano solo quando ha al suo fianco Oliver Queen. Lui è un balsamo per il suo male. Il suo stato d’animo migliora se lui è accanto a lei, come se non avesse più preoccupazioni. Al contrario quando è via per lavoro, diventa come un animale in gabbia.

Osservo attentamente le date scritte e mi ritrovo a ricordare tutti i pochi giorni trascorsi con lei. Quest’ultimo periodo è stato il più lungo tra quelli in cui ero assente.

- Cosa vuoi che faccia?

- Devi andare da Oliver Queen e intimargli di scegliere: la sua società o la donna che dice di amare. Minaccialo, trafiggilo con le tue frecce, ma mettigli così tanta paura da farlo restare al fianco di Felicity per sempre.

 

 

 

 

Continua....

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

La storia è giunta al termine. Il prossimo capitolo è l’ultimo (è in fase di scrittura), almeno che i personaggi non decidono tutt’altro e c’è qualcos’altro da rivelare.

Che succederà a Felicity? Quale sarà il destino di Oliver e Felicity?

Quante domande! A sapere le risposte :D

In ogni caso, tenete d’occhio i personaggi ci servirà per il futuro ma ve lo svelo alla fine ^_^

 

Il personaggio di Wanda l’ho preso in prestito, appartiene a nes_sie e se volete saperne di più tuffatevi nelle sue storie e vi garantisco che non ve ne pentirete ;)

 

Bruce Wayne, al contrario, se ne sta…. SPOILER, mi dispiace la produzione mi ha impedito di continuare XD

 

 

Grazie infinite, come sempre, a vannagio e a jaybree per il loro supporto quotidiano.

 

 

Alla prossima settimana!

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Capitolo 14
*** Ultima fase: Eroe ***


Metodo Scientifico

- 13 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultima fase: Eroe

 

 

 

“Per arrivare all'alba, non c'è altra via che la notte

K. Gibran

 

 

 

 

Lascio scivolare il piede sulla sabbia e poi mi perdo nell’infinito. Il cielo è limpido, il caldo del sole del primo mattino mi accarezza la pelle. Inspiro a fondo e l’odore della salsedine mi brucia le narici.

Pochi passi e i piedi toccano l’acqua. Rabbrividisco, ma basta poco e mi abituo alla temperatura. Che posto meraviglioso. Respiro a fondo godendo a pieno di questa pace.

- Ehi, - Le sue braccia mi circondano. – Ti sei svegliata presto stamattina. – Oliver mi bacia la tempia e poi appoggia il mento sulla mia spalla.

Sorrido, non faccio altro in questi giorni e mi basta questo per lenire il male che c'è dentro di me.

- Se qualcuno russa è un po’ difficile dormire. – Mi stacco leggermente da lui.

Oliver mi guarda sconvolto. – Io non russo, caso mai, quella sei tu.

Cosa? – Non è vero!

Ci guardiamo senza dire niente. Un gioco di sguardi, chi cede per primo pagherà pegno. Nessuno molla. Ci incontriamo a metà strada. Lui verso di me, io verso di lui e le nostre labbra si sfiorano.

- Ti amo. – sussurra Oliver sulle labbra.

Sorrido. – Comunque tu russi!

Mi sciolgo dal suo abbraccio e scappo via.

- Ehi!

Ad Oliver basta poco, mi acciuffa per la vita e cadiamo a terra. Ci rotoliamo sulla sabbia. I suoi occhi imprigionano i miei ed io non respiro più. Delicatamente mi toglie i capelli dal viso e mi osserva immobile. Ogni volta è la stessa emozione di sempre.

- Dimmi che non è un sogno… - sussurro piano con la paura che quell’attimo possa svanire.

- No, non lo è. È tutto vero. Tu ed io.

- Per quanto ancora?

- Per tutto il tempo che vorrai, Felicity.

- Ma… - Oliver mi azzittisce con l’indice sulle labbra.

- Tu ed io, il resto non conta.

Afferro il suo viso tra le mani e lo porto vicino al mio. – Ti amo.

 

 

 

- Oliver… - A Felicity il tono della sua voce sembrò spettrale.

La stretta della mano di Oliver non si fece attendere. - Ben tornata da me. – Si alzò in piedi e le baciò la fronte. – Non osare mai più farmi uno scherzo del genere.

Felicity sorrise ma anche quel semplice gesto le sembrò un’impresa. Si sentiva debole ed esausta.

- Dove sono?

- In una camera dell’area privata dello Starling Memorial Hospital. Le tue condizioni sono peggiorate all’improvviso e il Dottor Wolfar ha deciso di ricoverarti per seguirti meglio.

Felicity inspirò piano, chiuse brevemente le palpebre, per poi aprirle di scatto al ricordo.

- Oliver, Andrew è tutto intero, vero? Stava solo scherzando.

Lui non ebbe il tempo di rispondere che Andrew entrò nella stanza.

- Ben tornata, bella addormentata. – Si avvicinò a Felicity e appoggiò l’indice sul suo polso per controllare le pulsazioni. - Signor Queen, sono sorpreso di trovarla ancora qua.

- Perché, dove dovrei essere, Dottor Wolfar?

A Felicity non sfuggì il tono acido di quello scambio di battute.

- Se le tue condizioni migliorano, presto potrai tornare a casa. - Andrew le accarezzò la guancia, soddisfatto, ignorando la domanda di Oliver, che si schiarì la gola infastidito per quel gesto. - Vado a trasmettere i dati che ho preso, torno più tardi.

Il silenzio calò tra loro. Oliver si avvicinò alla finestra dandole le spalle. Felicity chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal suo respiro.

- Felicity… - Iniziò piano Oliver. Lei rispose con un mugolio senza aprire gli occhi. – Che ne diresti se appena ti dimettono partissimo?

A quella domanda lei aprì gli occhi, sorpresa. - Per dove? – Domandò frastornata.

- Per qualsiasi posto. Una bella e lunga vacanza, tu ed io e nessun altro, in fondo ce lo meritiamo, non ti pare? – Si voltò a guardarla.

Felicity non rispose. L’osservò a lungo indecisa.

- McKenna? – Obiettò, triste.

Oliver inspirò a fondo voltandosi un’altra volta verso la finestra.

- È tutto a posto, come in fondo. – Confermò serio. – Ora, può procedere anche da sola. Lei non ha più bisogno né di Arrow, né di Oliver Queen.

- … mentre io, sì?

Oliver si voltò a guardarla preso in contropiede dalla domanda. – Beh… - Si mosse di qualche passo verso di lei. – Spero proprio…- Si chinò vicino al suo viso. – Che tu avrai sempre bisogno di me. – Le sfiorò le labbra con le sue. – In ogni momento della giornata, ora e in futuro. – Accolse il viso di Felicity tra le mani e dolcemente lo condusse a sé per baciarla.

- Ti amo.

 

 

 

 

- Buongiorno, Signor Queen.

- Buongiorno anche a te, Sofia.

Mi affaccio dalla camera e assisto all’ennesima scena svenevole della cameriera.

Oliver sorride, nel classico stile Queen. Te la faccio passare io la voglia di sorridere.

- Le ho portato la colazione.

- Appoggiala pure sul tavolo, grazie.

L’attende vicino alla porta. Quando gli è accanto, le porge la mancia e sorride.

Appena la porta si chiude, paleso la mia presenza.

- Non ne puoi fare a meno, vero? – Afferro un lampone e me lo porto alle labbra succhiandolo.

- Di fare cosa? – Sì, fai pure l’ingenuo.

- Non saprei… sorrisi, sguardo profondo, carezze delicate e innocenti, mosse da gentiluomo… cose così.

- Cos’è questa punta d’ironia, Felicity? Non dirmi che sei gelosa!

Figuriamoci! Afferro il secondo lampone e lo mangio, seguito subito da un altro.

- Penso proprio che Wanda avesse ragione.

Oliver mi acciuffa per la vita e mi costringe a guardarlo negli occhi.

- In merito a cosa?

Sorrido. Non ti darò questa soddisfazione. - Opinioni di donne.

- Su di me?

 

 

 

 

Felicity osservò attentamente la scritta sul monitor dall'autobus: Gotham City. Inspirò a fondo, era pronta per andare incontro al suo destino. Che cosa emozionante, pensò soddisfatta salendo sull'autobus. Passò in rassegna uno ad uno i vari posti vuoti valutando dove sedersi. Evitò il posto accanto al ragazzo tatuato e pieno di piercing che la osservava attentamente, con i suoi occhi ambrati simili a quelli di un gatto che già pregustava la sua prossima preda. Passò oltre alla famigliola felice. Bambini urlanti che volevano giocare non erano i migliori compagni di viaggio verso la sua nuova vita. Basta baby-sitter, si era detta l'ultima volta, dopo aver lasciato George, il figlio piagnucolone e viziato dei Kindmon.

Arrivò all'ultimo posto vuoto. Osservò di sottecchi la ragazza che era seduta vicino al finestrino, dalla chioma fluente rossa e dagli occhiali eccentrici, che era tutta intenta a leggere una rivista di gossip.

- Posso? - Chiese timidamente. Gli occhi della ragazza parvero passarla ai raggi x. La sua bocca di un rosso sgargiante si allargò all'improvviso, stirando le labbra in una lunga linea sottile.

- Accomodati pure, cara.

L'autobus avviò la sua corsa. Felicity chiuse gli occhi per un istante. Andrà tutto bene, si ripeté come un mantra per tenere a bada l'ansia da nuovo inizio.

- Quanto è bello! - Esclamò la ragazza tutta soddisfatta. - Che brutta fine che ha fatto! Un ragazzo così... - Lasciò  che fosse il silenzio a sottolineare il concetto. - Non ti pare che fosse un gran bel vedere?

Felicity diresse lo sguardo sulla foto del giovane. Ah però! - Oliver Queen, - Lesse la didascalia della foto a bassa voce, poi lo sguardo scivolò sul titolo dell'articolo che troneggiava sulle due pagine: Oliver Queen e il suo triste destino di re mancato.

- Era un principe? - Chiese incredula.

La ragazza si fece una grassa risata e poi scosse la testa. - No, era il figlio di Robert e Moira Queen, l’erede di una delle famiglie più in vista di Starling City. È scomparso insieme al padre qualche anno fa durante la loro vacanza in barca, proprio in questo periodo dovrebbe ricorrere la scomparsa. Ora le riviste gli dedicano solo qualche articolo ogni tanto, prima erano zeppe di sue foto, delle sue conquiste amorose, delle sue bravate insieme al suo amico Tommy Merlyn. - Sospirò estasiata. - Una volta, poco prima della sua scomparsa, mi sono imbattuta accidentalmente in lui. Beh, ero dall'altra parte della strada ma è stato comunque sempre un bel vedere. - Sorrise compiaciuta. - Ah, se non fossi stata impegnata con il mio Carlos, non avrebbe avuto scampo. - Le fece l'occhiolino. - Non so se mi capisci.

Felicity sorrise imbarazzata. Che tipa!

- Bada, tesoro, a quello che ti dico: da uomini così bisogna stare ben lontani, altrimenti ti cambiano la vita!

Felicity rise di gusto. Non c'era pericolo, i tipi come Oliver Queen non le interessavano minimamente. Persone piene di sé, boriose, con l’unico interesse di divertirsi da mattina a sera, e poi quei personaggi di certo non correvano dietro a una nerd come lei.

La ragazza mise da parte il giornale e le porse la mano. - Piacere, Wanda, tu come ti chiami, gioia?

Felicity si fissò sul colore acceso delle unghie e poi spostò l'attenzione su quegli occhi curiosi che attendevano una sua mossa.

- Felicity. - Le strinse la mano.

- Cosa vieni a fare di bello a Starling City? - Chiese dopo un po' Wanda.

Il capo di Felicity scattò in automatico verso la donna. - Cosa? No, aspetti. Gotham City, vorrà dire.

La ragazza le fece di no con la testa.

- Invece sì, questo autobus va a Gotham City. Ho selezionato le industrie Wayne dopo un'attenta analisi di svariati mesi. Ho puntato su Bruce Wayne. Io lavorerò per lui! Beh, ancora non lo sanno, anzi non conosco neanche il signor Wayne, però il loro reparto di tecnologia informatica è uno dei migliori del paese, io devo far parte di quella squadra, io sono nata per essere una di loro!

- Ehi, - Wanda le appoggiò una mano sul braccio per farla calmare. - Su, ora fai un bel respiro. Ecco, così, brava. Ti sei solo confusa. Questo autobus veniva da Gotham, devi aver letto la destinazione prima che la cambiassero con la nuova.

- Devo scendere subito! - Realizzò Felicity.

- Non essere sciocca, ormai siamo quasi arrivati, e poi se sei finita su questo autobus, gioia, un motivo ci sarà! Il destino ti vuole a Starling City. - Le fece l'occhiolino.

Felicity si appoggiò al sedile incredula. La sua nuova vita era già un disastro. Come farò? Si chiese affranta.

- Dai, non ti preoccupare, puoi stare da me per un paio di giorni. Vedrai, Starling City ti riserverà mille sorprese.

 

 

 

- State tutti bene? - Oliver sospira. – Avete scoperto qualcosa su di lui? Assolutamente no. Ha bisogno di riposo, ora più che mai. – Resta in ascolto del resoconto che molto probabilmente Diggle gli sta facendo. - Anche se ci ha aiutato, fin quando non capiamo quali siano le sue vere intenzioni, non possiamo fidarci completamente di lui. Ok.

Termina la telefonata prima che riesca a carpire qualche informazione in più.

Mi fermo a poca distanza da lui. Non si è accorto della mia presenza. Stringe forte tra le mani il bordo della ringhiera, il capo leggermente chino mi fa intravedere la sua espressione corrucciata. Appoggio la mano sul petto. Non ora, cuore, non è il momento giusto.

- Vacanza senza tecnologia, eh?

Oliver si volta sorpreso verso di me, mi osserva attentamente e leggo nei suoi occhi le mie condizioni. Lo so già da me, ma constatarlo da lui peggiora il tutto. – Evidentemente il divieto era solo per me.

- Felicity! Sei diventata una ninja. – Sorride divertito. - Non ho neanche avvertito la tua presenza. - Scherza, indossando come ormai fa già da tempo la sua maschera da “va tutto bene”. - Dovrò fare i complimenti a Diggle. - Si avvicina e mi riporta la ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Sto per ribattere ma lui, con una mossa improvvisa, mi prende in braccio.

- Oliver! Che fai? Dai, mettimi giù.

- Assolutamente no. Mi è venuta un'idea. - Mi strizza l'occhio.

Oddio, la vasca idromassaggio! - Non oserai, vero?

Sogghigna, la mette in funzione. - Sei pronta?

- Ma sono vestita!

- Non importa, ci penso io a spogliarti. - Ghigna e senza attendere una mia replica entriamo insieme nella vasca.

L'acqua calda ci avvolge. Resto aggrappata a lui. Chiudo gli occhi e mi abbandono. Il massaggio della sua mano insieme alle bolle dell'acqua allentano la tensione del mio corpo e alleviano i dolori.

- Oh, sì. - Sospiro estasiata vicino al suo collo. - Vorrei rimanere qui per sempre.

Oliver si ferma un attimo, probabilmente mi sta fissando e poi, lentamente, mi spoglia.

A occhi chiusi seguo la sua mano che esplora ogni singolo lembo della mia pelle. Il suo tocco è così delicato che rabbrividisco al suo passaggio. Non mi abituerò mai alle sensazioni che mi fa provare ogni volta, come se fosse la prima. Sembra quasi che stia memorizzando con i polpastrelli ogni centimetro di me.

Le sue labbra abbandonano la mie e scivolano lentamente, in una scia di baci, dalla bocca al collo, lungo la clavicola, giù alla spalla.

Mi distendo piano nell'acqua guidata dalle sue mani, che seguono il mio corpo dalle spalle alle braccia fino a intrecciarsi con le mie. Sono completamente sua, in balia delle attenzioni che mi sta dando. Sorrido quando avverto le sue labbra sulla pelle, e il pizzico della barba mi solletica. Trattengo il respiro a ogni suo bacio, che con bramosia raggiunge velocemente la mia bocca, tirandomi poi a sé.

Mi appoggio con la schiena al bordo della piscina e lui mi viene incontro. I suoi occhi non abbandonano mai i miei. Sono una preda in potere del carnefice.

- Ti voglio, - sussurra sul mio viso.

- Io di più.

Ci amiamo e tutto il mondo scompare.

 

 

Sfiniti, ci godiamo il momento. Il cielo buio è puntellato di stelle. La pace regna sovrana intorno a noi, infranta solamente dai deboli suoni della natura circostante.

- È bellissimo qui. - Inspiro profondamente.

Lo sento sorridere tra miei capelli.

- Oliver, - Intreccio la mia mano con la sua. - Cos'è che mi nascondi?

In risposta mi stringe forte a sé.

- Dovevo aspettarmelo che neanche seducendoti avresti lasciato correre. - Risponde ironico.

Mi volto verso di lui. Fisso i miei occhi nei suoi. Mossa da un impeto improvviso, lo bacio tanto profondamente da lasciare entrambi storditi.

- Anche se il sesso... - Mi guarda storto. - Del buon sesso, - preciso. - Non mi dispiace e amo stare con te, in questo posto, solo tu ed io …

- Felicity, - Oliver m’interrompe prima che possa continuare afferrando il mio viso - Va tutto bene.

Inspiro profondamente. - Lo sai, vero, che il tuo “va tutto bene” è uguale al mio “niente”!

- Va tutto bene. - Ripete deciso.

Quando la capirà che non è bravo a mentire?

- Mi fido di te, Oliver.

 

 

 

 

- Wanda! - Felicity irruppe nella stanza facendo sobbalzare sulla poltrona la ragazza appisolata davanti alla televisione.

- Tesoro! Quante volte ti ho detto che non mi devi far prendere colpi di questo genere, potrei restarci!

- Ho trovato lavoro alla Queen Consolitaded! - L'abbracciò forte. - Grazie, grazie e grazie. Se non fosse stata per la tua amica a quest'ora starei facendo ancora la cameriera in quella puzzolente tavola calda. Non è grandioso? - Iniziò a saltellare per tutta la stanza. - In più, il signor Covansky mi ha detto che alla fine della settimana si libera l'appartamento di fronte al tuo, così finalmente potrò vivere in santa pace per conto mio... - Felicity si bloccò notando l’occhiataccia di Wanda. - Con questo non voglio dire che mi sono trovata male a vivere con te, anzi, non ti ringrazierò mai abbastanza per il tuo aiuto, ma sai com'è, la privacy non è il tuo forte, nel senso che sei una persona...

- Va bene. - La interruppe. - Ti sei spiegata. Hai bisogno dei tuoi spazi, lo capisco, ma io ti terrò sempre d'occhio, ragazzina! - Confermò Wanda soddisfatta.

Passarono i mesi e la vita di Felicity trascorreva tranquillamente tra lavoro, casa e qualche uscita con dei colleghi, fino al giorno in cui Wanda piombò nel suo appartamento tutta trafelata.

- Felicity! È vivo! - Le sventolò la rivista davanti alla faccia. - Oliver Queen è tornato ed è vivo e vegeto.

- O-k. - Si sforzò di entusiasmarsi anche lei. - Sono felice per lui. - Felicity si sedette sullo sgabello continuando pacificamente a sorseggiare il suo caffè, mentre Wanda proseguiva con il suo monologo di contentezza per quella notizia grandiosa.

 

 

- Ehi, Felicity, tutto bene? - Le chiese Wanda sul pianerottolo. - Hai una faccia...

- Oliver Queen è venuto da me.

Wanda aprì la bocca esterrefatta ma non riuscì a dire una singola parola.

- Nel senso che quando ha un problema da risolvere ora viene da me. Lui. Mi. Chiede. Aiuto. – Non credeva neanche lei alle sue parole. Confessarlo a voce alta rendeva il tutto molto più reale.

La mascella di Wanda aumentò la distanza.

- Era da un bel po' di tempo che non lo vedevo in giro. Non che mi dispiaceva soddisfare le sue richieste strane, ma credevo che fosse una cosa così, senza importanza, eppure ...

Wanda si appoggiò allo stipite della porta.

- Hanno un non so che di divertente le sue frottole. Mi piace fargli credere che me le bevo tutte e a lui piace che io non faccio domande.

- Forse... si fida di te. - Buttò Wanda poco convinta. - Quindi… tu e Oliver Queen siete amici? - Chiese impicciona. Questa era meglio di una puntata della sua telenovela preferita.

Felicity bloccò i suoi pensieri a quella domanda. Non credo, lui è sempre il mio capo, rispose tra sé.

- Perché quella faccia? Dovresti essere contenta e non sembrare una alla quale è morto il gatto. – King, il gatto che Felicity aveva raccolto per strada qualche giorno prima, uscì dall’appartamento e soffiò verso la donna, infastidito. – Non ti sarai mica resa conto di amare Oliver Queen? - Wanda era allibita e già gongolava all’ulteriore gossip.

- Cosa? No, no! - Scosse la testa agitando le mani imbarazzata per quell’insinuazione. Innamorarsi di Oliver Queen, che assurdità, pensò Felicity, inorridita da quella prospettiva. Inspirò a fondo e decise di confidarsi. - Il signor Steele è scomparso. Non si hanno più sue notizie.

- Oh, mi dispiace. Da quello che mi hai raccontato, era una brava persona.

- È una brava persona, la migliore che io abbia incontrato fino ad ora! - Si chiuse la porta del suo appartamento dietro di sé con un tonfo. Il signor Steele era vivo, di questo n’era più che sicura, e lei doveva fare qualcosa per ritrovarlo.

Quella sera, sola sul suo divano, in una mano il libricino che Walter le aveva lasciato e nell'altra il telefonino, Felicity rimuginava sul da farsi.

Compose il numero. Inspirò profondamente prima di avviare la chiamata. Attese qualche secondo e poi udì la sua voce calda.

- Sì, ciao. Sono Felicity. Felicity Smoak. Eh già, proprio io. Ti disturbo? In effetti è un po' tardi, non è molto consueto che chiami un semi sconosciuto a quest'ora, specialmente se è il mio capo, non lo faccio spesso, anzi mai. - Respirò a fondo al richiamo di calmarsi. - Sì, scusami, quando sono agitata, parlo a raffica e il mio cervello non ha più freni. No, non sono agitata perché sto parlando con te, figuriamoci, tu sei solo Oliver Queen. - Si batté il telefono sulla fronte. - Sì, sono qui. Volevo chiederti se-ci-possiamo-vedere-un-momento-alla-tavola-calda-perchè-avrei-bisogno-di-parlati-di-una-cosa-importantissima-e-no-non-mi-va-di-venire-a-casa-tua. - Disse tutto d'un fiato e poi rimase in attesa della risposta. - Oliver? - Controllò che la chiamata fosse attiva. - Fra un'ora? Ok, ci sarò.

 

 

 

 

 

- Felicity! - Oliver mi guarda sorpreso. Il suo sguardo rimbalza da me alle valigie.

- Torniamo a casa.

- Disfa le valige. - Il suo tono mi fa rabbrividire. - Noi restiamo qui.

- Oliver, - Mi avvicino a lui. Gli appoggio la mano sul petto. - Sto meglio... - Blocco il suo tentativo d’intervento. - Non possiamo continuare a vivere come se il resto del mondo non esistesse. È stata una bella pausa. Ce ne prenderemo altre, te lo prometto, ma ora è tempo che torniamo a casa.

Lo abbraccio forte. Oliver appoggia il suo capo al mio. - Torniamo a casa.

Riprendo a respirare normalmente. Per un momento ho creduto che non ce l’avrei fatta a convincerlo, quando Oliver vuole, è proprio un bel testone, soprattutto se ha deciso di negarsi al mondo.

- Dammi il tempo di organizzare il rientro e in giornata partiamo.

Sorrido. Resto ferma davanti a lui a braccia conserte. Suvvia, tesoro, dovresti saperlo. Lo guardo divertita.

- Che c’è? – Poi realizza e in automatico porta la mano alla tasca.

Gli mostro vittoriosa il suo cellulare. - Già fatto. – Come amo sorprendere quest’uomo. – Lo sai che il mondo di internet non ha segreti per me.

Mi avvicino a lui con passo deciso. Mi alzo sulle punte dei piedi e lo bacio brevemente. Qualcuno suona alla porta. – Tempismo perfetto! - Apro la porta. - Le valige sono vicino al divano. – Accolgo Matthew. – Andiamo, c’è un aereo che ci aspetta.

Oliver si avvicina minaccioso verso di me. Mi fissa per un istante e con un rapido gesto mi ruba il cellulare dalla mano. – Questo torna a me, piccola doppiogiochista!

Mi afferra la mano e mi trascina verso la macchina.

 

 

 

 

Dopo il terremoto a The Glades e soprattutto dopo la morte di Tommy, Oliver era totalmente scomparso. All’inizio, Felicity e Diggle avevano creduto che si fosse preso una pausa per elaborare il lutto, ma questa convinzione, con i passare dei giorni, era svanita insieme alla speranza di un suo ritorno.

- Grazie, Dig. Fai attenzione, i miei bambini sono fragili, puoi appoggiare gli scatoloni in quell’angolo! Li sistemerò io più tardi.

Diggle sospirò per l’ennesima volta. Felicity si era messa in testa di ripristinare il covo e con una delle sue magie informatiche aveva provveduto a potenziare il reparto informatico e a dare un aspetto migliore all’Arrow Cave.

Avevano trascorso serate intere a riordinare, sempre con la speranza nel cuore di vedere Oliver scendere le scale da un momento all’altro.

- Abbiamo finito. – Decretò soddisfatta Felicity guardando con orgoglio il loro lavoro.

- Ora dobbiamo solo trovarlo.

Solo, pensarono entrambi amareggiati.

- Da dove partiamo? – Chiese Felicity a Diggle. – Dammi un’idea.

- Se vogliamo ritrovare Oliver dobbiamo dividerci. Io indagherò con le mie fonti e tu cercherai nel cyber spazio. Nessuno scompare totalmente senza lasciare una traccia dietro di sé.

Felicity si accomodò alla sua nuova postazione. Si scrocchiò le mani e si tuffò nel suo mondo alla ricerca di Oliver Queen.

Oh, ma guarda. Allora non scherzava quando diceva che è stato buttato fuori da un sacco di college. Guarda che razza di voti! Avrà mai aperto un libro? Sgranò gli occhi leggendo una a una le lettere di espulsione.

- Incredibile, - Disse ad alta voce, esterrefatta, quando lesse l’ultima motivazione: …per aver girato nudo nei dormitori femminili a seguito di una scommessa mancata con il club del football come dimostrano le innumerevoli prove fotografiche sequestrate agli studenti.

Chissà se le hanno archiviate? Si chiese curiosa. Entrò nel server universitario e dopo un’ora riuscì a trovarle. Con un energico doppio click del mouse aprì la cartellina incriminata e davanti ai suoi occhi balenò immediatamente il meglio di Oliver Queen.

Felicity smise di respirare. Oh. Mio. Dio! Guardava il monitor ipnotizzata.

- Felicity, - La chiamò Diggle scendendo le scale. – Hai trovato qualcosa?

Felicity scattò in piedi chiudendo velocemente le prove del reato. - Chi? Io? – Si voltò terrorizzata verso di lui.

- Stai bene? Sei tutta rossa, non ti starai ammalando! – Diggle le appoggiò una mano sulla fronte.

- Sto bene. – Sprofondò sulla sedia. – No, ancora niente.

- Forse ho un indizio, ma voglio esserne prima sicuro. Mi assenterò un paio di giorni, ti posso lasciare da sola?

- Vai pure, me la caverò.

Felicity aspettò che Diggle se ne fosse andato per continuare la sua indagine. Resta concentrata, si ripeté mentalmente, cancellando quella cartellina tentatrice.

 

 

 

 

- Felicity, - Avverto in lontananza la voce di Oliver. Sono così stanca. Sento il suo dito che mi toglie dolcemente i capelli dal viso. Sbatto le palpebre, un paio di volte, per mettere a fuoco e incontro il suo sorriso. – Ben tornata da me.  – Mi bacia la fronte. - Siamo quasi arrivati.

Mi stiracchio lentamente. Il formicolio si è impadronito di ogni parte del mio corpo. Più allungo i muscoli e più il dolore cresce.

- Ahia! – Mi volto terrorizzata verso Oliver che indirizza lo sguardo su di me. – Sto bene. – Lo rassicuro prontamente. Mi alzo piano e mi muovo verso di lui ma una perturbazione mi fa perdere l’equilibrio.

Oliver mi acciuffa prima che cada a terra. – Sei il mio eroe. – Divertita, lo tiro per la cravatta e lo bacio.

Ci accomodiamo uno di fronte all’altro. Lo osservo attentamente mentre lui assorto guarda fuori dal finestrino. Lo so che è combattuto in questo momento, una parte di lui non vede l’ora di essere a Starling City, l’altra invece non avrebbe mai voluto abbandonare la nostra isola felice. Inspiro profondamente.

- Quindi, - inizio titubante per attirare la sua attenzione. – Arrow ha un nuovo alleato nella sua guerra contro il crimine.

Oliver mi osserva corrucciato. - Va bene, lo ammetto, ho dato una sbirciatina, anche se in quel poco tempo non ho trovato nulla, ma dammi cinque minuti e vedrai che riuscirò a scoprire chi è questo nuovo eroe che si aggira per Starling City. – Allungo la mano verso di lui per farmi dare il tablet.

- No. – Oliver si alza di scatto innervosito e si versa uno scotch. – Continuerai a stare tranquilla.

- Oliver, ti prego, non mi sono mai annoiata così tanto come in questi giorni! – Lo fronteggio.  Oliver mi guarda sconcertato. – Beh, no, non sempre. - Mi correggo subito. - Sì, i nostri momenti, oh sì, le nostre ore di fuoco sono state … oh wow. – Oliver sorride ed io inspiro profondamente per calmare il mio cuore ballerino. – Ma ho bisogno anche di altro, di sentirmi utile. – Afferro le sue mani. - Non puoi allontanarmi dal tuo mondo adesso che mi hai fatto provare l’ebrezza di farne parte. – Lo guardo dritto negli occhi. – Come tu non puoi fingere di non essere l’eroe che sei.

- Felicity, io… - Mi abbraccia forte. – Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?

- No.

 

 

 

 

Felicity era rannicchiata sul divano con indosso la sua vestaglia di pile, ai piedi le ciabatte a forma di coniglio e in grembo una confezione maxi di gelato menta e cioccolato. Stava guardando uno dei soliti film romantici che davano in televisione al sabato sera.

Non erano trascorse neanche ventiquattro ore dal loro rientro dalla Russia e già la situazione non era delle migliori. In testa continuavano a ronzarle le parole di Oliver di quel pomeriggio: considerando la vita che faccio, credo che sia preferibile non stare con qualcuno a cui potrei davvero affezionarmi.

Infilò in bocca l’ennesimo cucchiaio di gelato succhiando il residuo tra le labbra. Non poteva crederci che Oliver fosse così vuoto. In quei mesi l’aveva visto cambiare, maturare, eppure la sua indole da donnaiolo ritornava prepotentemente a farsi sentire.

È solo una maschera, Felicity. Lo giustificò nella mente.

… non posso stare con qualcuno a cui potrei davvero affezionarmi. Le sue ultime parole l’avevano colpita.

Spense la televisione. Piombò nell’oscurità della sera. Appoggiò la confezione di gelato sul tavolino e si avvicinò alla finestra.

Osservò la strada distrattamente. King si strusciò tra le sue gambe. Lo lasciò fare per qualche secondo, poi lo prese in braccio.

- Tu che ne pensi, King? Oliver capirà mai che fare sesso con la persona amata è molto più gratificante che farlo solo per soddisfare il proprio istinto?

Il gatto si leccò le labbra e sbadigliò. Chinò il capo per leccarsi il resto del corpo.

- Perché lei e non me?

King alzò il capo di scatto.

- Lui merita di meglio.

Miao, e poi le leccò la faccia.

- No, non me. Non è proprio il mio tipo.

King si divincolò dalle sue braccia, come infastidito da quella bugia, e si rifugiò nell'altra stanza.

 

 

 

 

- Non mi aspettavo di trovarti qui! Siete ritornati da due settimane e non ti sei degnata neanche di farmelo sapere. Ho dovuto leggerlo sui giornali di gossip. - Andrew mi osserva con disappunto scendendo le scale del suo laboratorio con calma.

Mi volto con la sedia per osservarlo meglio. – C’era bisogno di noi. – Mi alzo e gli vado incontro. - … dopo il caos che è successo.

Andrew resta immobile. Mi osserva senza dire niente. Poi, è un attimo, mi abbraccia forte. - Felicity… - Non riesce a proseguire.

- Non dire niente. - Lo so, Andrew. Non va bene, lo so. - Per questo non sono passata. Avevo bisogno di prendere coraggio. - Mi stacco da lui e lo guardo dritto negli occhi. - Ci saranno giorni belli e altri bui. Giorno per giorno, giusto? – Gli faccio l’occhiolino.

Andrew mi fa accomodare e si appoggia al tavolo di fronte a me.

- Devo dirti una cosa. – Gli faccio segno di proseguire. – Ho avviato un programma sperimentale durante la tua assenza, in collaborazione con le industrie Wayne e ho ottenuto dei piccoli risultati. A breve mi trasferirò a Ghotam per proseguire la ricerca. Non voglio darti false speranze, ma forse ...

- Oh.

Andrew evita il mio sguardo. Sospira e si prepara a sganciare la bomba.

- Sarà un percorso difficile e incerto. Le sostanze che entreranno in circolo nel tuo corpo avranno sicuramente degli effetti collaterali. Potresti perdere l’uso degli arti inferiori, potrebbero causarti stati di ansia, spossatezza e nausea e nella peggiore delle ipotesi il tuo corpo potrebbe reagire all’antidoto accelerando l’aggravamento della malattia. – Andrew si avvicina a me e afferra le mie mani. – Non sarà facile, né per te né per chi sarà al tuo fianco.

Oliver, e nella mente mi si visualizza il suo sguardo triste. - Capisco.

- Come sta McKenna Hall?

Stringo forte le mani a pugno sulle gambe. - È fuori pericolo ma se l’è vista brutta.

- Dov’era Arrow? Perché lui non è intervenuto? È scomparso nel nulla lasciando la città nel completo caos.

Era con me. Inspiro profondamente e poi mi alzo. - Si è fatto tardi, è meglio che vada.

- Vuoi che ti accompagni a casa?

- No, non serve, grazie. Ne approfitterò per fare una bella passeggiata al chiaro di luna. Ho bisogno di aria fresca.

 

 

 

 

- Perché non mi hai detto la verità su McKenna? – Felicity accese le luci dell’Arrow Cave rivelando la sua presenza agli occhi di Oliver. – Mi hai mentito. – L’accusa severa colpì Oliver in pieno volto, peggio di un forte schiaffo.

Erano tornati da meno di dodici ore e la realtà si era abbattuta su di loro.

Appoggiò l’arco sul tavolo e inspirò a fondo. – Non volevo… - Ma si bloccò incapace di confessare le sue paure.

- Che cosa, Oliver? Non volevi preoccuparmi? Non volevi lasciarmi? Mi. Hai. Mentito! – Felicity gli si riversò addosso con rabbia. – Per colpa mia non hai potuto proteggere McKenna! Ha quasi rischiato di morire perché tu non eri lì a vegliare su quella difficile situazione! Perché eri impegnato a occuparti di me su quella maledetta isola!

Oliver si girò di scatto. – Questo non lo devi pensare. Tu vieni prima di tutto. – Le afferrò il viso tra le mani. – Il mio mondo sei tu. Senza di te io non so cosa fare.

Felicity sorrise triste. – Non è vero, Oliver. Tu non sei completo se rinneghi Arrow. – Chiuse gli occhi mentre nella sua mente prendeva forma la verità. - Ci sono cose più importanti di quello che vogliamo, di quello che amiamo.

- Cosa vuoi dire? – Nei suoi occhi passò un lampo di rabbia.

- Hai un dono, non rinnegarlo. – Gli strinse la mano per poi lasciarlo andare. – Vado a casa, ho bisogno di riposare.

- Ti acc… - Felicity bloccò Oliver con un gesto della mano.

- Da sola.

 

 

 

 

Ho la mente completamente vuota, tutta concentrata sul dolore alle gambe. All’improvviso la gamba sinistra cede e sbatto contro il muro. Maledizione!

Perché queste dannate nuove medicine che mi ha dato ora Andrew non fanno più effetto! Stringo i denti dal dolore. Le lame affilate percuotono il mio corpo.

Giro nel vicolo, per la prima volta vorrei scomparire. Rovescio la rabbia che porto dentro sul muro prendendolo a pugni. Perché? Perché!

Scivolo giù, mi rannicchio su me stessa. Cedo al male. Non fare così, Felicity. La voce dentro di me ha ragione, ci sarà una soluzione. Devo aggrapparmi a quella possibilità.

- Ma guarda chi abbiamo qui stasera!

La voce sprezzante dell’uomo mi fa rabbrividire. Scatto in piedi, appoggiandomi pesantemente al muro. Non riesco a vederlo, è avvolto nell’oscurità.

- Che ci fai, bella biondina, da queste parti?

- Nien-te.

Si avvicina a me e finalmente posso vederlo in viso. La sua faccia è tagliata da un’enorme cicatrice e gli occhi sono iniettati di sangue. Deve essere strafatto di chissà quale droga.

A passo lento il tipo si avvicina a me fino a fronteggiarmi. – Sono proprio fortunato stasera, ho trovato con chi spassarmela.

La sua mano viscida mi sfiora la guancia, scosto il viso, inorridita. – Lasciami stare e non ti accadrà nulla.

La risata dell’uomo infrange il silenzio del vicolo. – Sentimi bene, biondina. – Mi afferra per il mento e mi sbatte prepotentemente contro il muro. – Tu ed io stasera ce la spassiamo, hai capito? – L’alito puzzolente del suo fiato mi brucia le narici.

Non ho la forza per contrastarlo. Non ho via di scampo. Il cellulare è a terra.

Oliver. La mia preghiera silenziosa accompagna le lacrime che scorrono sul mio viso.

Chiudo gli occhi per evitare di vedere l’inevitabile.

Silenzio. Non avverto più la presenza dell’uomo su di me. Una folata di vento mi scompiglia i capelli. Apro d’istinto gli occhi e vedo una sagoma nera che fionda sul malvivente e lo fa volare dall’altra parte del vicolo. Si avventa di nuovo sul tipo e lo lega vicino al palo della luce. I miei occhi scivolano increduli su di lui, che un’istante dopo si volta e mi osserva.

Si alza in piedi e si avvicina a me. Le gambe mi cedono appena mi rendo conto che è tutto finito. Prontamente lui mi afferra e mi solleva tra le sue braccia.

- Stai bene?

Il timbro di voce è caldo e severo nello stesso momento. I suoi occhi tradiscono il suo tono: neri e profondi.

- Non lo so. – Sono completamente senza fiato, ipnotizzata da quegli occhi. – Chi sei?

- Batman.

Con delicatezza mi mette giù. – Gra-zie.

Il cellulare prende a squillare. È Oliver. – Aspetta, vorrei presentarti una persona.

Non faccio in tempo a raccogliere il cellulare da terra che quando mi volto lui è scomparso.

 

 

 

 

Felicity uscì dal bagno asciugandosi i capelli. Si avvicinò alla scrivania. Aprì il cassetto per prendere i vestiti e si ritrovò tra le mani il libricino dell’esperimento.

Lesse il titolo ad alta voce: Io non amo Oliver Queen, confutazione con metodo scientifico. Felicity Smoak.

Sorrise divertita. Che stupida! Come ho potuto essere così falsa con me stessa. Prese la penna e cancellò il titolo per scrivere quello nuovo: Come innamorarsi perdutamente di Oliver Queen e non rendersene conto. Metodo scientifico testato e approvato da Felicity Smoak.

Strinse il libricino al petto. Si accomodò sul divano e iniziò a completare le fasi mancanti, ricordando tutti i giorni felici che li avevano portati al quel punto.

- Felicity, - La chiamò, piano Oliver, svegliandola. Si era addormentata sul divano, si rese conto. – Che fai sul divano con indosso solo l’accappatoio?

Felicity aprì gli occhi e incontrò il suo sguardo. – Ciao, - Lo abbracciò forte.

Oliver sorrise tra i suoi capelli. – Ehi.

Felicity l’osservò attentamente. - Ti amo. – Lo baciò profondamente.

- Sei tutta gelata. – Oliver le strofinò le mani sulle braccia per darle un po’ di calore.

- Perché non mi riscaldi tu? Sai come fare.

 

 

 

 

- Sei già qui. – Andrew si alza dai gradini quando mi vede arrivare.

- Hai detto che era urgente ed eccomi qui.

Resto in silenzio. Non riesco a guardarlo in viso, al momento le punte delle mie scarpe sono più interessanti di tutto il resto. Inspiro profondamente. Devo dirlo ad alta voce e tutto andrà meglio. Coraggio!

- Va bene. – Confesso infine.

- Sei sicura? – Andrew mi afferra la mano. Non credevi che avrei accettato, lo so, neanch'io. Mi sforzo di sorridere. Sono giorni che ci penso, ora, non posso più rimandare.

- Sì, ma a una condizione.

- Felicity, non abbiamo più molto tempo.

Lo so, Andrew. Lo so. Gli do le spalle e osservo il cielo. - Non hai voglia di una cioccolata calda?

- Il tuo signor Queen non viene stasera a trovarti?

- Ha un impegno di lavoro che lo tratterrà per tutta la notte. Affari, che ci vuoi fare. Andiamo?

 

 

 

 

Apro la scatolina che ho appena ritirato dal gioiellerie. Osservo attentamente l’anello e la luce che s’infrange sulla pietra incastonata proietta una miriadi di colori sulla parete. È perfetto, penso soddisfatto.

L’appartamento è immerso nel silenzio. Felicity sta ancora dormendo. Vado in cucina, mi verso del caffè e mi siedo al tavolo. Che silenzio, constato sorpreso. Sono stato fuori tutta la notte. L’ultima volta che ho sentito Felicity era per darle la buonanotte. Era ancora fuori con Andrew. Quei due passano fin troppo tempo insieme per i miei gusti. Chissà di cosa avranno tanto da parlare? Meno male che i malviventi hanno deciso di concedermi una nottata tranquilla.

Appoggio la scatolina sul tavolo e la osservo. Non riesco a smettere di sorridere. Ho programmato tutto, non ho lasciato nulla al caso. Sarà tutto perfetto.

Finisco di bere il caffè e appoggio la tazza nel lavandino. E questo? Prendo il libricino abbandonato sul mobiletto. Ma? Ha tagliato il titolo. Sorrido, leggendo quello nuovo.

Prendo a sfogliare le pagine e leggo uno a uno i vari momenti che ci hanno legato e portato ad oggi.

Ultima pagina. Ultime parole: Oliver Queen, non privare mai il mondo dell’eroe che sei.

Sembra quasi l’ultimo desiderio prima dell’addio. Sorrido a me stesso.

- Non lo farò.

Avverto la sua presenza. Chiudo il quaderno e nascondo nella tasca la scatolina.

Le sue braccia non tardano ad arrivare, e mi bacia il capo. – Buongiorno.

La faccio scivolare su di me per osservarla in viso. – Buongiorno. Sei già vestita. – Constato sorpreso.

- Ti amo. – Mi bacia profondamente cogliendomi alla sprovvista.

- Io di più.

Si stacca da me, si versa del caffè nella tazza d’asporto e si avvicina alla porta.

- Oliver… - Inizia piano.

Mi alzo e la raggiungo. – Giornata impegnativa?

- Sì, - Evita il mio sguardo, poi è un attimo. – Non mi aspettare. – La sua mano si appoggia delicatamente sulla guancia. Esita vicino alla mia bocca, ma con uno slancio mi bacia. – Ciao.

Sorrido e la osservo andare via.

A stasera, futura signora Queen.

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Ohibò, siamo realmente giunti alla fine. *passa fazzoletti*

Terminare storie come Metodo Scientifico significa lasciare andare un pezzetto di sé.

Questa storia mi è entrata nel cuore piano, piano, anche grazie voi.

 

Grazie, e lo dico con il cuore, per l’affetto che avete dimostrato in queste settimane, capitolo dopo capitolo.

 

Una nota d’onore e un enorme grazie, non riuscirò mai a sdebitarmi abbastanza con te, va a vannagio, che con pazienza ha limitato, betato e affiancato lungo il cammino.

Un altro gigantesco grazie va all’altra anima viva di Metodo Scientifico: jaybree, senza la quale sarebbe stato difficile affrontare tutte le paturnie che ogni tanto mi portavo appresso. Ho adorato, e adoro, il tuo entusiasmo che capitolo dopo capitolo cresceva sempre più.

Grazie ragazze, davvero non sapete quanto voi siete preziosa per me.

 

Grazie anche a nes_sie  che mi ha dato il permesso di inserire nella storia il personaggio di Wanda e il gatto King. Se volete saperne di più su di loro passate per le sue storie ;)

 

Vi starete chiedendo: E ora?

Metodo scientifico termina con un finale “buono” ma aperto. Questo finale l’ho voluto appositamente così, perché i tono quasi sempre feliciti e divertenti di questa storia restassero tali, ma lascia anche tanti punti in sospeso.

 

Ci sarà una terza storia. È ancora tutta da scrivere ma nella mia testa è già ben disegnata. Ci vorrà un po’, perché preferisco portarmi avanti con il progetto che pubblicare capitolo per capitolo, proprio per evitare blocchi di scrittura.

La pubblicazione sarà per gennaio, salvo imprevisti, o chissà, magari anche prima.

Un piccolo spoiler? Ok! Ritroveremo Felicity, Oliver e Andrew, ma conosceremo anche dei nuovi personaggi, uno dei quali ha già fatto la sua comparsa in questa storia. ;)

 

Per passare il tempo magari potete passare per le altre mie storie in questo fandom: Undercover e Cappuccetto Rosso

 

Alla prossima!

 

 

 

EDIT 15/12/14: ho iniziato a pubblicare il proseguo di questa storia: Proiettili di ghiaccio

 

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