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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** Fase uno: contatto con gli occhi. *** Capitolo 3: *** Fase due: sorridi con il cuore *** Capitolo 4: *** Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere *** Capitolo 5: *** Fase quattro: in amore vince chi fugge *** Capitolo 6: *** Fase cinque: ruvide labbra *** Capitolo 7: *** Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro! *** Capitolo 8: *** Fase sette: la felicità ti coglie quando meno te lo aspetti *** Capitolo 9: *** Fase otto: McKenna Hall *** Capitolo 10: *** Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica *** Capitolo 11: *** Fase dieci: io, tu e … lui o lei? *** Capitolo 12: *** Fase undici: Jane Doe *** Capitolo 13: *** Fase dodici: destini che s’incrociano *** Capitolo 14: *** Ultima fase: Eroe ***
“Il nostro compito di scienziati non è di scegliere solo
i fatti che confermano una teoria e - per così dire - la ripetono;
il metodo scientifico consiste
invece nella ricerca di fatti che possano confutare una data
teoria.”
Karl
Raimund Popper
Felicity, tu
sei innamorata di Oliver Queen.
Non una domanda, non un'affermazione,
solo una semplice constatazione dei fatti.
Ora basta! No. Non è assolutamente vero che io, Felicity
Smoak, sono innamorata di Oliver Queen. Ma fatemi il
piacere! Che assurdità.
Tutti che continuano a ripetermelo. Sono i fatti che
contano. Sì, certo, come no.
Ho visto
come lo guarda, signorina Smoak.
Non guardo Oliver proprio in nessun modo. Non ho lo
sguardo perso nel mondo dei sogni mentre lo osservo allenarsi alla scala. È
solo un corpo umano che si allena, niente di particolare.
Mica sto lì a sottolineare con
gli occhi le sue cicatrici, le sue ferite, i suoi tatuaggi. Mica
mi stupisco ogni volta che ne trovo uno nuovo. No, e poi no.
Non ho nessuna reazione particolare quando mi tocca, mi
sfiora, mi afferra. No, e poi no!
Non mi vengono i brividi, la pelle non s’increspa e i
battiti del cuore non accelerano all'improvviso, neanche fosse una locomotiva
di un treno! Assurdità! La vicinanza di Oliver non mi fa nessun effetto. Siamo
seri.
La gente vuole vedere cose che in realtà non esistono.
No, non mi piace e non provo nessun piacere fisico e
mentale a stuzzicarlo durante le nostre discussioni. Voi non capite quanto sia
irritante Oliver Queen quando vuole fare il duro, l’ostinato, l’eroe, il
protettivo. È puro fastidio, il mio. È l'unica persona
che riesce a innescare la mina vagante che c'è in me. Ha l’innata capacità di
toccare i giusti contatti per farla esplodere. Riesce a tirare fuori il peggio
di me.
Loro continuano a sostenere che io sia follemente e
perdutamente innamorata di Oliver, ma per piacere, al solo pensiero mi viene da
ridere.
Bene, non mi credete, ve lo
proverò! Non c'è pettegolezzo che tenga a un super test scientifico. La scienza
non mente mai. I risultati sono sempre zero o uno. Semplice.
So resistere al fascino ammaliante e caldo di Oliver
Queen, perché lui non-mi-fa-nessuno-effetto, ma lui
saprà non cedere a Felicity Smoak?
Cioè, non ho detto che lui debba per forza cadere ai miei
piedi, non che io lo voglia, anche se l’idea mi stuzzica… No, a me non piace
Oliver Queen, suvvia, e non m’interessa l’idea che lui possa innamorarsi di
me...Avanti,
è pura utopia. Lui ed io non abbiamo nulla in comune e la scienza mi darà
ragione.
Come in ogni
esperimento c’è bisogno di metodo e prove. Afferro un libricino nuovo dal
cassetto della scrivania. Prendo la penna fucsia con il ciuffetto. Sulla prima
pagina, in maiuscolo, scrivo il titolo del mio esperimento: Io non amo Oliver
Queen, confutazione con metodo scientifico. Felicity Smoak.
Osservo per diversi secondi la scritta. Giro la pagina di
scatto. Oh, va bene, non è il massimo come titolo, ne
troverò uno migliore più avanti, l’importante è iniziare.
Continua…
Angoletto di
Lights
Eccoci qua con una nuova avventura tra le mani. Il più
della storia è già scritta. Mi rimangono gli ultimi
capitoli, ma non vi preoccupate, come di consueto, la pubblicazione ci sarà
ogni lunedì, salvo imprevisti.
Ogni capitolo si aprirà con una citazione che vi farà
intuire fin da subito che cosa tratterrà.
La storia è raccontata dal punto di vista sia di Oliver e
sia di Felicity.
Metodo scientificoè collegata all’altra mia storia
Undercover,
mi piace l’idea di creare un legame con quello che scrivo.
In Metodo scientifico ci saranno degli accenni che
spiegheranno situazioni non scritte o riferimenti che riportano a Undercover ma
questa storia si può leggere tranquillamente senza aver letto
la prima. Sarà, comunque, mia cura segnalarvelo a fine capitolo in questo
spazio.
Un doveroso grazie a Vannagio e Jaybree che sono sempre al mio fianco in questa avventura ^_^ .... e prima che le note diventino più lunghe del prologo, vi
lascio ^_^
Capitolo 2 *** Fase uno: contatto con gli occhi. ***
Metodo
Scientifico
- 1 -
Fase uno: contatto con gli occhi.
Quel che amore tracciò in silenzio, accoglilo,
che udir con gli occhi è finezza
d'amore.
William Shakespeare
Sembra proprio che i cattivi siano scappati da Starling
City stasera. Oliver è da un’ora che si allena, Diggle non ho
idea di dove sia. Siamo solo lui ed io nell’Arrow Cave. Sto aggiornando il
sistema operativo dei computer. Il lavoro più noioso che ci sia per un esperto
informatico. Non devi fare altro che avviare il file, attendere il suo
completamento, riavviare il sistema e poi riprendere da capo. Pura noia.
Mi giro con la sedia. Accavallo le gambe e mi sistemo meglio contro lo schienale.
Lascio vagare lo sguardo su Oliver. Osservo come ipnotizzata i suoi movimenti.
Sono precisi, come se seguisse una linea immaginaria di un percorso solo a lui noto. Lo sguardo scivola dal braccio al bicipite teso,
fino alla clavicola. La vena del collo che pulsa per lo sforzo è affascinante.
La mascella rigida, digrigna i denti. Il peso che sta
sollevando deve essere davvero pesante. Ed eccoli lì, i suoi occhi di quel
colore strano. Lo sguardo concentrato, sempre dietro a quegli ordini immaginari
che s’impone nell’allenamento.
Mi ritrovo a inclinare la testa, la penna in bocca mentre la mordicchio,
scivolo sulla schiena. Oliver si è voltato e mi sta dando le spalle. Peccato.
Mi piace osservare il suo viso, ha talmente tante sfaccettature che ogni volta
ne scopro una nuova.
Aspetta, non è per caso che si è accorto che lo sto fissando e si è voltato
per l’imbarazzo? Ora non esagerare, Felicity.
Inspiro profondamente. Stiracchio leggermente il collo indolenzito e
proseguo nella mia esplorazione. Percorro la colonna vertebrale. I muscoli tesi e quel leggero fianco rilassato. Freno
l’istinto di allungare la mano per sfiorarglielo. E poi… Oh Dio! Oliver si
piega in avanti per afferrare il peso da sollevare.
Mi volto immediatamente con la sedia, salvata dal bip del computer.
Che caldo! La guancia scotta al contatto con la mano gelata.
Questo non significa niente. Niente. Mi ha solo colto alla sprovvista!
Non è un dato rilevante per l’esperimento. Ora mi volto, e provo che non
significa niente. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. Uno slancio con il
piede e la sedia si gira e …
- Oliver!
Esatto sono io. Ma che le prende oggi? Incrocio
le braccia al petto e la osservo.
- Tutto bene? – Mi sembra così strana.
- Certo! Mi annoio un sacco quando devo aggiornare il sistema operativo,
ma allo stesso tempo, se non lo faccio, mi sento una brutta persona. È come se
privassi i computer della loro anima perfetta.
Ed eccolo di nuovo. Occhi negli occhi. Non
molla mai la presa. Negli ultimi giorni sembra che stiamo facendo a gara a chi distoglie
per primo lo sguardo. Sarà.
- Serata tranquilla. – Mi avvicino alla teca e afferro l’arco.
Felicity m’imita, prende in mano una freccia che poco dopo mi porge e… di nuovo
i suoi occhi su di me.
Sono così intensi ma allo stesso tempo non ho la minima idea di cosa le stia passando per la testa.
Da dove viene tutta questa vivacità?
- Scusami, - E infine cede. Abbassa lo sguardo, ma ho come la netta
sensazione che sia stata una resa volontaria. Mi sembra perfino di scorgere un
sorrisetto soddisfatto sulle sue labbra, quando lascia la freccia.
La finestra virtuale del telegiornale si apre all’improvviso e ci avvisa
dell’ennesima aggressione da parte di una banda d’esaltati a The Glades.
- Fai attenzione, - Invece di concentrarsi sulla schermata, questa volta
Felicity mi osserva. Ma che succede?
- Tutto bene?
- No. – Non ci capisco più niente. Inclino il capo verso destra e
la osservo, ma credo che sul mio viso si legga bene la mia confusione. - È
solo… mi ero abituata a questa calma.
Sbaglio, o quello che vedo nei suoi occhi è una punta di tristezza?
- Ehi, - Mi viene voglia di carezzarle la guancia, ma non lo faccio.
– Troppa tranquillità fa male, ogni tanto ci vuole un po' di esercizio
fisico vero. – Sorrido divertito mentre finisco di indossare la giacca
del costume.
- Preferisco un altro tipo di esercizio fisico.
Mi volto di scatto verso di lei. È in piedi, appoggiata
alla scrivania e mi guarda.
Scusa? Sta intendendo quello che penso? No, non può essere. Abbasso le
palpebre brevemente, le sue frasi ingenue a doppio senso iniziano a destabilizzarmi.
Ritorno su di lei. Che c’è? Mi viene voglia di chiederle ma non lo
faccio. Esito un attimo, poi lentamente mi avvicino a Felicity.
- Torno tra poco, in ogni caso, sai dove
trovarmi.
Ed eccola lì, la scintilla di soddisfazione nei suoi occhi.
Concentrati, Oliver! Sfilo la freccia, tendo l'arco, punto al bersaglio.
È questione di pochi secondi: l'esplosione fa piombare il mondo circostante in
pochi istanti di caos, per poi essere sostituito dalla quiete del silenzio.
Oliver... Il tono della voce
di Felicity ha una leggera inflessione preoccupata. Oliver... sussurra
appena il mio nome. Sorrido in automatico, non so spiegarmelo, ma ogni volta
provo un certo piacere nel constatare la
preoccupazione di Felicity nei miei confronti.
- Sto bene. - Ti aspetto. E quelle due parole dette in quel modo
sincero mi fanno aumentare la voglia di tornare subito all'Arrow Cave e
rivedere i suoi occhi.
Finalmente è tornato. Anche questa volta è andato tutto bene. Respiro
normalmente. Faccio scivolare lo sguardo su di lui per
controllare che realmente sia così e che non abbia graffi o, peggio, ferite.
Quando arrivo ai suoi occhi incontro il suo sguardo che mi osserva.
Sorrido in automatico.
Oliver fa qualche passo verso di me, si lascia andare anche lui,
sorride, ed io lo faccio più apertamente. Esperimento uno: riuscito.
- Andiamo a letto?
Ditemi che non l'ho detto veramente, ma
dall'espressione sconcertata che c'è sul suo viso, deduco che l'ho fatto.
- Nel senso che ora possiamo spassarcela... - Oh, mai stai zitta. Smetto
di gesticolare all'istante e m’incateno ai suoi occhi che hanno assunto un
colore più definito, più intenso.
- Lascia stare, sono stanca e il mio cervello non ha più filtro ormai.
Peggio di così non può andare. Gli do le spalle, afferro la borsa e poi
mi volto nuovamente verso di lui. Lo osservo attentamente, curiosa di scoprire
se i suoi occhi hanno ancora quel colore che ho scorto prima. No, sono tornati
alla normalità.
- Buonanotte, - Oliver mi precede mettendo fine alla nostra gara di
sguardi.
- Notte. - Sussurro appena e batto in ritirata.
Ormai è un'ora che sono nel mio letto e fisso il soffitto. E dopo questa
settimana di analisi posso affermare con assoluta certezza che la prima fase è
andata a buon fine, e l'esito è sempre lo stesso.
Io. Non. Sono. Innamorata. Di.
Oliver. Queen.
Con questa consapevolezza, e soddisfatta di me stessa, sistemo meglio il
cuscino e mi avvio per il mondo dei sogni.
- Oliver... - Sento a stento la mia voce, ma ormai è solo il subconscio
che parla.
Continua...
Angoletto di Lights
Permettetemi un piccolo commento: ahahhahahahahaha
Felicity mi farà morire soffocata.
L’esperimento è iniziato. Questa è sola la prima fase e ne vedremo delle
belle, ahahahhahaha
Bene *riprende ossigeno* grazie a tutti-tuttissimi.
Un abbraccio stretto-strettoloso a quelle
sante che mi sopportano in antemprima: Vannagio e Jabree.
Non smettere mai di
sorridere, nemmeno quando sei triste,
perché non sai
mai chi potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.
Gabriel Garcia Marquez
- Buongiorno. – Felicity entra
nel mio ufficio. Al suono della sua voce alzo gli occhi su di lei e in risposta c’è il suo sorriso radioso. È da una settimana
abbondante che ogni mattina mi saluta con questo insolito sorriso. Non il
classico sollevamento delle labbra di qualche istante, ma è più come se fosse
il primo raggio di sole della giornata. Le sue guance si sollevano, gonfiandosi
appena, inclina leggermente la testa verso destra mentre la sua bocca, tinta di
uno sgargiante lilla chiaro, si distende. Unito all’effetto del suo sguardo
profondo, il risultato non può che essere affascinante. Sì, proprio
affascinante. Ogni volta che lo incontro mi concedo
qualche secondo e mi soffermo a osservare il suo viso, fino a quando lei non è
consapevole di quello che sto facendo e batte in ritirata.
Ho quasi la netta sensazione che stia
cercando di dirmi qualcosa da un paio di settimane ma che non riesca a farlo
con le parole e allora utilizza il linguaggio del corpo per trasmettermi il
messaggio. Prima i suoi occhi, ora le sue labbra e domani che cosa sarà?
Fermo il flusso dei miei pensieri. Osservo
Felicity prendere posto alla sua scrivania, e la
domanda mi sorge spontanea: domani come mi parlerai?
Inspiro profondamente cercando di
tenere sotto controllo questa insana curiosità.
Mi tuffo nella marea di scartoffie
che riempiono la scrivania di Oliver Queen. Documenti noiosi ma necessari.
Ahimè, non riesco a tenere la giusta concentrazione.
- Buongiorno, Diggle. – A quel
saluto distolgo lo sguardo dalle lettere e li osservo. Quei due hanno avuto fin
da subito un’intesa particolare, quasi fastidiosa. Il fare protettivo da
fratello maggiore di Diggle nei confronti di Felicity è per certi versi
irritante.
Li osservo. Felicity gli sorride, ma
non nel modo in cui ha sorriso a me, in modo diverso, più confidenziale. I
lineamenti del suo viso sono rilassati, i suoi occhi hanno una luce
particolare, e perfino la postura del suo corpo è diversa da quando sta con me.
Mi adagio allo schienale della sedia.
Incrocio le braccia al petto e proseguo la mia analisi. I due stanno scherzando
senza accorgersi che li osservo e poi accade.
Diggle si sporge verso Felicity e le
pizzica la guancia con il dorso dell’indice e del medio. Lei si blocca un
attimo, disorientata dal quel gesto confidenziale, ma è solo un brevissimo
istante, poi scoppia a ridere.
Ora, basta! Mi alzo e in pochi passi
mi ritrovo con loro. Si bloccano e mi guardano disorientati.
- È successo qualcosa, Oliver?
– Domanda Diggle, cercando di capire qualcosa dal mio sguardo.
Sì, le stai troppo addosso per i miei
gusti. – No.
- Hai bisogno di qualcosa? – Mi
volto a guardare Felicity. Mi osserva in attesa di una mia risposta.
- Un caffè. – No! Troppo tardi
per fermare la mia risposta immediata. Trattengo il respiro e chiudo brevemente
le palpebre. Dannazione!
Sorride. Felicity mi sta sorridendo,
ma non un sorriso di circostanze, o derisorio, uno
aperto e spontaneo.
- Stai dicendo sul serio? –
Domanda sorpresa e inclina il capo verso sinistra. Brutto segno. – Terzo
piano. In fondo al corridoio, secondo porta a destra. Lì troverà una comoda
sala caffè e senz’altro un’affabile segretaria che saprà porgerle una magnifica
e gustosa tazza di caffè fumante appena fatto, signor Queen.
Sorrido a labbra strette. Me la sono
cercata. Diggle, al contrario, ride apertamente e Felicity lo osserva seria
prima di sorridergli complice con un accenno di occhiolino.
- Non intendevo questo. – Tono seccato, forse troppo per la situazione.
– Diggle, andiamo a fare due passi.
- Dove? – Felicity s’informa
prontamente. – Tutto bene, o dovete fare quel solito discorsetto tra
maschi?
- Ho solo bisogno di caffè e un po’
d’aria fresca. È da stamattina che sono rinchiuso in quell’ufficio. - Sono
frustato da questa situazione, ecco!
Un’altra volta la reazione di
Felicity mi sorprende. Mi sorride con comprensione. – Va bene, scusa. –
Sorride sincera e dispiaciuta. - Ricordati che alle quattro hai la riunione con
la signorina Rochev.
La fase due sta andando alla grande.
Tutti i test sono positivi. Devo complimentarmi con me stessa. È stata una vera
genialata inserire elementi esterni in modo da confutare i dati. Sono più che
sicura che Oliver si sia accorto della diversità di atteggiamento che tengo con
lui e con Diggle. Devo ampliare i miei test, ma con chi?
Mi avvicino alle vetrate, sconsolata.
La mia vita sociale è davvero piatta. A parte Oliver e Diggle, non ho al
momento altri uomini all’orizzonte. Che tristezza.
Passo diverso
tempo in silenzio con la testa vuota. Non puoi mollare proprio ora l’esperimento, Felicity.
Vorrà dire che sorriderò a chiunque di sesso maschile mi capiti a tiro.
Mantenendo fede al mio proposito,
inizio a sorridere al fattorino, al postino, al barista, all'usciere, praticamente a tutti gli uomini che mi capitano a tiro
quando sono insieme a Oliver. Ogni volta cambio il modo di sorridere. A chi ne
rivolgo uno lungo e sincero, a chi aperto e divertito,
e a chi timido e imbarazzato.
Dopo diversi giorni con questa
tecnica inizio a sentire male alle guance. Devo aver sorriso troppo
meccanicamente, non immaginavo che sarebbe stato così difficile farlo a
comando. Mi massaggio con nonchalance dalla mascella agli zigomi, mentre
monitoro gli spostamenti di Diggle dandogli le giuste indicazioni per il
pedinamento.
Oliver sta completando il suo
allenamento serale.
- Ora prosegui dritto per
quattrocento metri, e poi svolta a destra. Si è fermato.
Mi adagio allo schienale, stanca.
Sento un peso che si appoggia sulla sedia. Tiro su il volto e mi scontro con la
faccia di Oliver. Sorrido in automatico, con lui mi viene naturale, anche se
sento tirare i nervi della faccia. Devo aver preso freddo l’altra sera.
Oliver mi osserva pensieroso. –
Tutto bene?
Siamo bloccati in questa posizione,
con una labile lontananza tra i nostri visi. Il mio proteso verso il suo, e il
suo che cade su di me.
- Devo aver un po’ di nevralgia al
viso, forse ho preso freddo.
- O forse sorridi a troppe persone.
– I suoi occhi seri mi colpiscono ancora di più della frase insinuante.
- Che male c’è a sorridere? –
Mi lascio sfuggire, ma ho bisogno di conferme per l’esperimento.
- Niente, se lo fai solo con me.
Blackout totale. Non so che pensare.
Non so come respirare. Non so che cosa dire. Sono ferma, bloccata, in
quell’assurda posizione, e l’unica cosa che penso, che voglio,
che lui appoggi le sue labbra sulle mie.
Sgrano gli occhi ma non è l’unico
motivo.
L’esplosione mi rimbomba
nell’orecchio. – Diggle!
Mi allontano da lui e mi rivolto ai
computer. Digito velocemente per entrare nel video di sorveglianza dove si è
appostato Diggle. Quello che vedono i miei occhi è indescrivibile. Fiamme e
fumo ovunque.
- Diggle! – Lo chiama Oliver
spaventato.
- Oliver, - Mi volto verso di lui.
Afferro tremante il suo braccio.
La sua mano si appoggia sulla mia e
me la afferra. – Non ti preoccupare, Felicity,
lo riporterò sano e salvo.
Ed eccolo il calore che sento ogni
volta che ripongo la fiducia nelle mani di Oliver. Il mio sguardo è triste, ma
il mio sorriso sincero dà la giusta speranza che ci vuole in questo momento per
non abbattersi al peggio.
Sono lunghi minuti di attesa. Dopo
un’ora li vedo finalmente scendere le scale. Oliver sostiene Diggle e lo aiuta
a camminare.
Gli corro incontro e li abbraccio.
Non ho mai provato così tanta paura e felicità allo stesso momento.
Appoggio il capo al petto di Oliver e
il suo braccio mi circonda le spalle insieme a quello
di Diggle.
- Ehi, sto bene. – Mi rassicura
Diggle.
- Dai, ti portiamo a casa. Hai
bisogno di una bella dormita. - Afferma Oliver rassicurante.
Sono in macchina con Oliver. Siamo
sotto casa mia. C’è uno strano silenzio tra di noi. Non so decidermi. Le
sensazioni di prima si stanno mescolando tra loro. Una lotta impari tra ragione
e sentimento. Non può fallire così miseramente la fase due.
Io. Non.
Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.
Mi ripeto bene. Ho solo perso di
vista il mio obiettivo.
- Ehi, - Il tocco leggero della sua
mano sulla guancia mi fa sussultare. Ero così presa dai miei pensieri che non
mi sono accorta che ha spento il motore. - È andato tutto bene.
No, che non va bene. Il mio
esperimento sta naufragando.
Mi volto a guardarlo. Mi fisso nei
suoi occhi.
- Perché non mi regali uno dei tuoi
sorrisi che rivolgi solo a me?
L’ha notato! Automaticamente, senza
poterlo impedire, sorrido in quel modo speciale che mi viene naturale solo con
lui.
- Brava… - Appoggia la sua mano calda
sulla guancia. – Hai ancora la nevralgia? – Delicatamente il
pollice mi accarezza.
Socchiudo gli occhi. – Un po’.
– Inspiro profondamente. – Grazie. – sussurro appena.
È un attimo. Avverto Oliver
spostarsi. Apro gli occhi proprio nell’attimo in cui lui si sporge su di me.
Chiudo gli occhi. Mi sta per baciare, almeno quello che credo. M’irrigidisco e
aspetto l’inevitabile che bramo.
- Felicity, - No, non adesso. –
Felicity, - Ripete il mio nome con un tono più deciso. Apro gli occhi e mi
ritrovo a faccia a faccia con Oliver. Mi porge un libretto che ha preso dal
vano porta oggetti di fronte a me. Stupida, non sei altro che una stupida.
- Cos’è? – Si accorge pure lui
del mio tono deluso.
Mi guarda stranito, mi spiega
qualcosa ma non ci faccio neanche caso. Sono troppo impegnata a continuare a
darmi della stupida e a ripetere il mio ritornello: Io. Non.
Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.
- Va bene. – Acconsento a
qualsiasi cosa che lui mi ha spiegato. – Buonanotte.
E poi lo faccio inconsciamente. Mi
sporgo verso di lui per baciarlo sulla guancia, ma prima che possa farlo,
Oliver volta il capo verso di me e appoggio le labbra sull’angolo della sua
bocca e sulla guancia. Me lo impongo. La situazione è già abbastanza strana
così com’è. Mi allontano di poco. Lo guardo fissa negli occhi e poi… sorrido
gentile, intenerita.
- Grazie per aver mantenuto la
promessa.
Oliver rimane bloccato dalla piega
della situazione. L'ho capito. Non sa cosa fare, né cosa dire. Va bene così.
Scendo dalla macchina molto
lentamente, ma prima di chiudere la portiera mi abbasso e infilo la testa
nell’abitacolo al suo richiamo.
- A domani. – Sorrido e dopo
qualche istante anche lui ricambia. Gli occhi brillano ed io mi sento
soddisfatta.
M’infilo sotto le coperte. Sistemo
meglio la piega del lenzuolo e rimiro il soffitto. Solo
gratitudine, ecco cos’era quella sensazione. Ero felice e grata a Oliver
per aver riportato Diggle e se stesso al sicuro.
Gratitudine, niente di più. Quanto
sei sciocca, Felicity Smoak.
Esperimento due riuscito e l’esito è
sempre lo stesso: Io. Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.
Mi giro nel letto per trovare la
giusta posizione conciliante per il sonno. Una mano sotto il
cuscino, l’altra vicino al viso. A occhi chiusi rivivo gli attimi di
quell’intensa serata.
La mano si muove da sola e
delicatamente il dito scivola sulle labbra fino a sfiorare la parte con la
quale ho toccato le sue labbra.
- Oliver… - Respiro profondamente e
tutto tace.
Continua…
Angoletto di Lights.
Sorpresa! Ho anticipato la pubblicazione perché si
prospetta una settimana ricca di impegni per la
sottoscritta, specialmente lunedì, e così ho pensato “meglio prima che dopo” :D
Avvertenze per il capitolo:
Se durante il capitolo vi è venuto da sorridere in
continuazione nelle scene Olicity, non vi preoccupate, è tutto normale.
Il sorriso è contagioso anche attraverso le parole ;)
Povero Oliver, non sa in che guai si sta cacciandoahhahahahhaha
Come sempre, ma non lo smetterò mai di dire grazie
immenso a vannagio e a jaybree^_^
Capitolo 4 *** Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere ***
Metodo Scientifico
- 3 -
Fase tre: sfiorare, toccare, imprimere
La mano che accarezza può far più male
della mano che percuote.
Arturo Graf, Ecce Homo, 1908
Un mese. È passato un mese!
Concentrati, Felicity. Un mese, e che cosa hai fatto in questo mese? Poco e
niente. La fase tre è un disastro. Non devo fare altro che stuzzicare i sensi
di Oliver con il contatto fisico. Facile! Non mi sembra così complicato. E
invece no, non ci riesco. Maledetta timidezza.
Ora basta! È un esperimento e come
tale lo devo trattare. Niente di più e niente di meno.
D’ora in avanti m’impegnerò a portare
a termine anche questa terza fase con successo, e proverò ancora un’altra volta
che Felicity Smoak non è innamorata di Oliver Queen!
Sprofondo sulla sedia sconsolata. Scuoto
la testa ma mi blocco appena avverto i passi di qualcuno che scende le scale.
Inspiro piano per prendere coraggio. Dai, Felicity, ce la puoi fare.
- Tutto bene? – A quella
domanda sussulto. Non mi ero accorta che Oliver si era avvicinato così tanto.
Osservo per un attimo la sua mano
sulla spalla. Sogghigno grata per quell’occasione.
Appoggio la mia sulla sua. Le dita
scivolano su di essa lentamente, in una dolce carezza. Inclino il capo verso
destra, e con una piccola torsione incrocio il suo sguardo e sorrido
teneramente. Brividi.
Resto imbambolata, rapita dai suoi
occhi. Passano i secondi, paragonabili all’eternità e poi me ne accorgo.
- Che eleganza, Oliver.
- Sono stato invitato a una serata di
beneficenza organizzata dalla Richmord Enterprise. Jakie
ha talmente insistito, che non ho potuto rifiutare.
- Oh, - Cos’è questa punta di
delusione, Felicity?
Fuggo dal suo sguardo, mi concentro
sulle sue mani e allora me ne accorgo.
- Fai attenzione, - Gli afferro il
polso. – Stai perdendo uno dei gemelli.
Le dita scivolano sul suo braccio e
l’altra mano accoglie la sua in appoggio. Brividi, ancora.
Mi alzo e gliela porto davanti a me
dandogli la schiena. Siamo vicini, c’è solo una labile distanza tra noi. Mi
sposto leggermente indietro e la mia schiena sfiora il suo petto. Non è niente,
ma a quel contatto il cuore perde un battito. Stai calma, concentrati.
- Non sono pratico con i gemelli.
– Il fiato delle sue parole mi solletica il collo, e la pelle subito
s’increspa. Stupido corpo che reagisce a cose che non esistono né in cielo né
in terra.
- Non ti preoccupare, t’insegno io, è
più facile di quanto sembri. – Lo guardo un attimo con un sorrisetto
fiducioso sulle labbra. – Devi fare in modo di infilarlo bene così e… -
Torno ad appoggiare gli occhi su di lui. – … farlo scorrere tutto dentro
e spingere. – Mi blocco all’improvviso. Oh. Mio.
Dio. Trattengo il respiro, magari non ha compreso il doppio senso velato.
Oliver mi fissa senza dire niente ma
l’ho capito. Si sta trattenendo dal ridere e non faccio neanche in tempo a
formulare questo pensiero, che inclina leggermente il capo mentre le labbra
accennano un ghigno compiaciuto.
- Immagino che tu lo sappia già da
te, con tutte le occasioni che hai, avrai fatto sicuramente un sacco di pratica
in questi anni.
Voglio. Morire. Qui. Subito. Lascio
il suo braccio. Lo osservo un attimo e la mano stira una piega inesistente
della giacca. Lentamente, lungo tutto il busto, prosegue per una linea
immaginaria.
- Felicity, - Il tono di voce di
Oliver è strano. Rivolgo lo sguardo verso di lui e i suoi occhi hanno assunto
ancora un’altra volta quel particolare colore. Ho bisogno di ossigeno. –
Ora devo andare. Chiamami se hai bisogno di me.
Stacco la mano da lui come scottata.
– Sì, certo. Buona serata con il mio ex capo.
Oliver mi rifila un’occhiataccia, ma
non ce l’ho fatta, mi piace stuzzicarlo su quel tasto.
Era la cosa che lo infastidiva di più, quando ero in missione sotto copertura
alla Richmord Enterprise: considerare Jakie Kate
Richmord il mio vero capo. O forse era più Andrew Wolfar
a infastidirlo? Chissà perché, è un così bravo ragazzo! Ma
quella era un’altra storia.
- Felicity. – Rispondo alla
chiamata. – Sarò lì a breve.
Metto in moto e sfreccio per le
strade di Starling City. Gira a sinistra ed entra
nel vicolo. La segnalazione dice che il malvivente è dentro il palazzo. Dig sta
arrivando.
Il tono di Felicity è serio, come
sempre quando siamo in missione. Quella punta di preoccupazione tiene in
allerta i miei sensi.
Entro di soppiatto, le urla della
donna mi guidano al piano di sopra. Schivo il proiettile e me lo ritrovo subito
addosso. Lottiamo. È forte. Non c’è niente di peggio che avere a che fare con
una persona che non ha nulla da perdere.
Arriva anche Diggle. – Porta
via la donna, qui me ne occupo io.
Afferro da dietro l’uomo e lo spingo
a terra con tutta la forza. Ci rotoliamo sul pavimento, con l’ultimo scontro
finiamo in terrazzo. Rimbalza sulla ringhiera e un attimo prima che cada nel
vuoto, lo agguanto per il braccio.
- Stai fermo! – Si agita
troppo, all’ennesimo strattone che mi dà, mi lussa la spalla. Il dolore è
fortissimo. Stringo i denti. Oliver!
- Sto bene! – Diggle arriva in
mio soccorso e mi aiuta a portare l’uomo al sicuro.
Per un attimo sono tentato di
conficcargli una freccia nel petto. Diggle lo lega alla sponda del letto. Le
sirene della polizia. Stanno arrivando i rinforzi, avete cinque minuti per
andare via.
- Oliver! – Felicity mi corre
incontro.
- Non è niente, solo una spalla
lussata. – Diggle la rincuora e va a prendere l’occorrente.
I suoi occhi scivolano su di me. Mi
aiuta a togliere la giacca. Le sue dita fredde entrano in contatto con la mia
pelle. Brividi.
Scivola la giacca e con essa anche le
sue dita. L’indice percorre la linea della colonna vertebrale e si ferma un
attimo prima di scendere più giù, portandosi via la giacca. Trattengo il
respiro, il piacere di quel contatto è una sensazione nuova che non ho mai
provato.
- Oliver, distenditi sul tavolo.
Felicity, appoggia le mani sul petto di Oliver e tienilo fermo. Gli farò male.
Felicity obbedisce all’istante. Le
sue mani sono fredde, sussulto al contatto.
- Scusa, - Le strofina tra loro per
riscaldarle. Le appoggia nuovamente. Va già meglio. Quel tiepido calore ha un
qualcosa di piacevole.
- Oliver, cerca di concentrarti su
altro.
- Fallo!
Prima che Diggle mi sistemi la
spalla, Felicity mi sfiora la guancia con le nocche. Gli occhi scorrono su di
lei. – Concentrati su di me. – Sorride.
Preme con una leggera forza la mano
sul petto. – Sei pronto?
Ho sopportato di peggio, ma lo tengo
per me. La guardo e non abbandono i suoi occhi. Uno, due… ma non finisco di
contare che il dolore lancinante s’irradia per tutto il corpo. È giusto un
attimo. Le dita di Felicity iniziano ad accarezzarmi lentamente la guancia e
come se fosse un balsamo, piano piano tutto il dolore va via.
Mi metto seduto con il suo aiuto.
Diggle le porge le bende.
- Mettigliela intorno al braccio,
legata sulla spalla. Cerca di tenere il braccio fermo. – Il telefono
squilla. Dal tono della voce di Dig deve essere Carly
che lo reclama.
- Vai pure, sto bene.
- Ci penso io a lui.
- Va bene. – Diggle si rassegna
e scappa via.
- Eccomi qui a fare ancora un’altra
volta l’infermiera solo per te, Oliver. – Scherza Felicity.
- Posso fare anche da solo, - Tento
di rubarle dalle mani la garza.
- Per una volta lascia che ti aiuti.
– Sorride gentile.
Si avvicina a me per girare la fascia
intorno alla spalla. Avverto il suo profumo. È una fragranza delicata, si
percepisce appena, simile alla verbena. Il suo respiro mi accarezza la pelle,
come lo stanno facendo i suoi occhi. Le sue dita entrano appena in contatto con
il mio corpo, un tocco delicato che riesco a stento a sentire.
- Ecco fatto. Sono stata brava!
– Felicity guarda soddisfatta la fasciatura. La mano scivola sulla spalla
lentamente, come se volesse memorizzarne il percorso: ogni muscolo, ogni piega,
ogni cicatrice che incontra.
- Vieni a letto con me.
A quella frase gli occhi scattano sul
suo viso. Come?
- Cioè no, non era una proposta per
sedurti. Non che non lo pensi. – Doppia negazione. – Non volevo
dire che non mi piacerebbe venire a letto con te. – Trattiene il respiro.
Io non so cosa pensare. Nella mente si materializzazione una serie d’immagini
che blocco all’istante.
- Tre, due, uno… - Inspira
profondamente. – Intendevo offrirti il mio aiuto per portarti a letto.
Neanche messa in questo modo suona bene…
Prima che la situazione degeneri, la blocco. Appoggio la mano sull’avambraccio.
– Ho capito… grazie, ma dormirò qui stanotte. Se a casa mi vedessero in
queste condizioni, non saprei cosa inventarmi.
- Oh… giusto. Buonanotte, allora.
Raccoglie le sue cose, mi guarda per
un’ultima volta, esita, mi dà quasi l’impressione che voglia dirmi un’ultima
cosa, ma non lo fa e mi parla con il suo modo speciale.
Si avvicina a me, mi sfiora. Un gesto
causale, ma che mi lascia la sensazione di voluto. Socchiudo brevemente gli
occhi e assaporo le emozioni che mi provoca quel segno.
- Notte. – E la seguo con lo
sguardo mentre va via.
Lo so, sarà un’altra notte di sogni
confusi, dove il viso, gli occhi e il sorriso di Felicity la faranno da padroni.
Dovrei smetterla di aspettarmi chissà
cosa ogni giorno che ci incontriamo. La colpa è solo
di Felicity. Con il suo modo di comportarsi mi sta mandando in confusione. Non
può essere, a volte credo che sia tutto frutto della mia immaginazione. Eppure…
i suoi occhi mi parlano, il suo sorriso mi sussurra e ora perfino il suo tocco
delicato si è messo a raccontare.
Scendo le scale lentamente. Mi sento
stanco. Non riesco più a dormire bene. Passo le intere notti avvolto da queste
immagini confuse.
- Maledizione!
L’imprecazione di Felicity mi riporta
alla realtà. Scendo in fretta gli ultimi scalini e la raggiungo. Oh. Dio. Gli occhi scivolano sul corpo di Felicity piegato
sotto la scrivania alla ricerca di qualcosa. Mi mordo il labbro e mi godo lo
spettacolo. Incrocio le braccia al petto inclinando leggermente il capo. La
gonna le fascia non soltanto metà gamba ma anche qualcos’altro. Non avevo mai
fatto caso al suo corpo allenato. No, non è vero, ignoravo la questione. Si
vede il segno della biancheria intima. Deglutisco appena quando me ne rendo
conto.
Ora basta! – Felicity.
Al mio richiamo si spaventa e sbatte
il capo contro la scrivania.
- Oliver! – Si mette a sedere
sul pavimento massaggiandosi la parte dolente. – Ti pare il modo di
palesare la tua presenza. Dovresti smetterla di usare il tuo passo felpato. Non
sei più sull’isola!
- Mi spiace, - L’aiuto ad alzarsi.
– Perché stavi facendo la caccia al tesoro sotto la scrivania?
Mi guarda storto. – Mi era
caduta la penna. – Me la mostra. Si blocca e mi fissa. Ancora. Non so se
il suo comportamento sia più irritante o piacevole.
- Vestito nuovo? – Spalanca gli
occhi per la sorpresa.
- Ti avevo detto di metterci del
ghiaccio su quello zigomo. – Prende qualcosa dalla borsa e si avvicina
nuovamente a me. – Sai, dovresti ascoltarmi. – Mi spinge per le
spalle. – Seduto. – Inspira profondamente. - Dico tante cose, a
volte anche senza senso, straparlo quando sono nervosa, ma se ogni tanto mi
prestassi attenzione, non sarebbe male.
Mi spalma un po’ di crema sullo
zigomo gonfio. Il tocco è leggero. Si è piegata leggermente su di me. Questo
vestito sta rivelando i suoi pregi, oltre a fasciarle il corpo ha una morbida
scollatura. L’occhio cade proprio in quel punto e intravedo il reggiseno. Che
costa sta facendo?
- Quindi,
ora sei nervosa? – La sua mano si ferma a mezz’aria. Apre la bocca per
dire qualcosa ma si blocca e dopo qualche secondo la richiude. Incredibile, ho
lasciato Felicity Smoak senza parole.
- Dovresti stare più attento a te
stesso. Stiamo finendo le scorte di medicinali. Il farmacista ed io siamo
diventati ottimi amici, dato che vado da lui tutte le
settimane per prendere le medicine per la mia povera nonna malata.
Un’ultima carezza e porta a termine
il suo compito. Prima che si possa allontanare, la afferro per il braccio. La
mano scivola fino a raggiungere la sua. Eccola di nuovo, questa strana
sensazione.
- Grazie. – Mi sembra quasi di
aver perso il fiato talmente piano l’ho detto.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque e
finalmente reagisce. Felicity mi sorride compiaciuta.
- Non hai una bella cera. Non è che ti stanchi troppo?
- Sono uscito
spesso queste sere.
- Troppe donne da soddisfare? Che
richiedono i servigi di Oliver Queen?
Mi volto a guardarla. È gelosa?
- Dovrò pure tenere alto il nome di
Oliver Queen.
Felicity lascia stare i computer e si
volta a guardarmi contrariata. Mi osserva per qualche secondo e poi si avvicina
a me, fronteggiandomi.
- Oliver, - Mi afferra il viso tra le
sue mani. – Non devi portarti a letto tutte le ragazze di questo pianeta
per trovare quella giusta. Beh, non tutte, dato che
anche io sono una donna e noi… sì, noi… non abbiamo fatto niente. Non è questo
il punto. – Fa una piccola pausa. - Tu meriti di meglio. – Mi
accarezza il viso. Il suo tocco è così intenso ed è come se mi stesse dicendo
“Io sono il tuo “meglio”, quando lo capirai?”. – Perché girare il mondo,
quando basta solo aprire gli occhi. – Le ultime parole sono così serie
che il messaggio arriva forte e chiaro.
- Felicity… - Mi interrompo,
il suo cellulare sta squillando. Distogliamo lo sguardo e prima che lei
interrompa la chiamata, riesco a leggere il nome dell’autore della telefonata.
- Andrew Wolfar?
– Il tono di voce è più nervoso di quanto avrei voluto.
- Non ti sfugge mai nulla, Oliver.
Infila il cellulare nella borsa e
prende il cappotto.
- Vi vedete? – La blocco per il
braccio. – Non mi avevi detto che avevi mantenuto i rapporti con lui dopo
la missione alla Richmord Enterprise.
- Dico tante cose…
La blocco subito con un’occhiataccia.
– Tranne questa.
- Serata tranquilla. – Si
stacca da me e digita dei comandi imbarazzata. –
Credo che me ne andrò a casa. – La sua mano mi
afferra il braccio e me lo stringe leggermente in segno di saluto, ma questa
volta fa più male che bene. Va bene, ho capito, per il momento il discorso è
sospeso, ma non finisce qui.
- Buona serata. Chi è la fortunata di
turno questa sera? – Ironizza mentre sale le scale, ma non riesce a
mascherare il nervosismo. La seguo a poca distanza.
- Felicity, - Si ferma e scende due
gradini. – Io ti ascolto sempre. – La mano si muove da sola e le
afferra la guancia. Con il pollice gliela accarezzo. S’irrigidisce,
sorpresa da quel gesto, ma non quanto me.
Dopo qualche attimo, appoggia la sua mano
sulla mia. – Lo so. – Sorride compiaciuta. – Mi dà
l’impressione che abbia capito qualcosa.
La lascio andare via. Mi guardo la mano
e dopo qualche secondo la chiudo a pugno. Non può essere, penso
incredulo.
Che giornate lunghe. L’esperimento
tre è stato davvero faticoso. Mi sciacquo la faccia e dopo averla asciugata,
osservo la mia immagine riflessa nello specchio.
- Non essere stupida, Felicity.
– Afferro la crema per il viso e me la spalmo fino ad arrivare al punto
dove mi ha toccato la mano calda di Oliver. Il cuore si ferma. Mi risveglio e
mi fisso nello specchio. Cos’è quel rossore sulle guance?
Soddisfazione. È solo soddisfazione,
Felicity, non essere sciocca.
Hai dimostrato ampiamente in tutti
questi giorni, anche se con un po’ di fatica, che toccare e sfiorare Oliver
Queen non ti provoca niente.
La fase tre dell’esperimento si può
considerare terminata e il risultato è sempre lo stesso: Io. Non.
Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.
Spengo la luce e mi siedo sul letto
al buio. Porto la mano sulla guancia. È giusto un
istante. Sorrido mentre dentro sento uno strano calore farsi largo, perché
ormai qualcosa è impresso in me.
- Oliver.
Continua…
Angoletto di Lights
Eccomi. Non è lunedì ma è giovedì, mi
spiace per il ritardo ma sono stata in vacanza e il rientro mi ha sommerso di
cose da fare.
Veniamo a noi. Qui l’aria si sta
sempre di più surriscaldando. Felicity e Oliversi stanno attraendo come due
calamite :3
Il pathos aumenta, e credetemi, è
solo l’inizio.
In questo capitolo ci sono dei
riferimenti che portano alla prima storia che ho scritto: Undercover. Se volete
sapere di più su Andrew Wolfar e Jakie
Kate Richmord dateci un’occhiata ;)
Ringrazio, e non smetterò mai di
farlo, vannagio e jaybree
per il loro supporto ^_^
La prossima settimana aggiornerò
intorno a mercoledì.
Capitolo 5 *** Fase quattro: in amore vince chi fugge ***
Metodo Scientifico
- 4 -
Fase quattro: in amore vince chi
fugge
“Bisogna
far sì che chi ama non si senta mai sicuro nel
suo amore per mancanza di rivali:
senza
sospetti e gelosie l'amore non dura a lungo”
Ovidio
Quanto può essere noiosa una
relazione aziendale? Lo so io: tantissimo. Sbadiglio per l’ennesima
volta. Il ruolo di amministratore delegato mi sta stretto, oggi più
del solito. Il trillo dell’arrivo di un sms mi scuote dal
torpore in cui sono caduto.
Afferro il cellulare. Non è
il mio. Volto lo sguardo verso Felicity. È arrivato a lei. Chi
sarà? Digita qualcosa, poi lo appoggia nuovamente sulla
scrivania e riprende a lavorare.
Mi rilasso sullo schienale. Un
altro trillo, un altro sms. Interlocutore insistente.
Mi alzo e vado da lei. –
Problemi? È Diggle?
Felicity nasconde il cellulare
nella borsa e mi osserva valutando bene la risposta.
- No. Tutto tranquillo. Una normale
giornata di lavoro. Solita routine di ufficio. Tu hai finito di
visionare la relazione che ti ho lasciato?
Sta diventando sempre più
abile a cambiare repentinamente discorso.
- Non ancora. – Confesso
annoiato.
- Io ho una
soluzione. – Sorride comprensiva. – Facciamo come se
fossimo a scuola. – Tira fuori dal cassetto un plico di fogli.
– Avevo previsto la tua reazione allergica. – Come? Si
accorge della mia espressione contrariata e si corregge subito. –
Poiché sei stato molto impegnato in queste sere con l’altra
attività, e per altra attività intendo quella di
sorvegliare le strade della città e non quella di amabile
accompagnatore… - Fa una piccola pausa, sembra quasi che si
stia mordendo la lingua. - Ho voluto facilitarti il compito. –
Mi porge il plico. – Ti ho fatto degli schemi riassuntivi, così
alla riunione di martedì saprai di che cosa si parla.
Mi verrebbe quasi voglia di
abbracciarla. Grandiosa. – Grazie, lo apprezzo molto.
- Figurati.
Ci scommetto che se avessimo frequentato lo stesso College sarei
diventata la tua spacciatrice ufficiale di appunti e riassunti delle
lezioni. Anche se dubito che tu avresti frequentato la M.I.T, sei più
per… sì, insomma, hai capito. Hai altre qualità.
– Taglia corto.
Sto per risponderle a tono quando
arriva Diggle.
– Che
dite, mangiamo un boccone insieme?
Diggle ed io
ci stiamo allenando da un’ora, mentre Felicity sta portando a
termine le sue ricerche.
Diggle mi
attacca alla vita con l’intenzione di spingermi a terra, sto
per respingerlo quando l’ennesima vibrazione del cellulare di
Felicity mi distrae. Ancora sms. Sarà il decimo della serata.
Schivo il nuovo colpo giusto in tempo e contrattacco.
Sorride. Felicity rilegge il
messaggio che ha ricevuto e sorride, ancora.
Sono troppo distratto per
accorgermi del repentino cambiamento di posizione di Diggle e così
mi ritrovo al tappeto.
- Stasera sei distratto, Oliver.
- Ho voluto farti vincere…
per una volta.
Diggle si fa una grassa risata. –
Va bene. Vado a casa dato che è tranquillo. – Raccoglie
le sue cose e si avvicina a Felicity. – Non fare tardi.
- Ho quasi finito. Un’ultima
pista da seguire, e se anche questa non porterà a nulla andrò
a casa. Promesso.
Prendo ad allenarmi da solo.
Felicity ciondola sulla sedia in attesa che arrivino i risultati
della sua ricerca.
A un tratto si volta e mi osserva
allenarmi. Continuo a fare le flessioni sotto il suo sguardo intenso
che mi deconcentra. – Ti stai annoiando?
- Un po’. Detesto quando devo
aspettare i risultati. Ci metterà un bel po’ perché
il campo di ricerca è vasto.
- Allenati con me.
- Non ho l’abbigliamento
adatto. Non credo che gonna, camicetta e soprattutto tacchi alti
siano ideali per allenarsi.
- Prova a vedere nello spogliatoio.
Sara dovrebbe aver lasciato una canotta e un paio di pantaloncini.
Più o meno tu e lei portate la stessa taglia. – La
osservo a testa in giù, bloccando le flessioni.
- Sì,
più o meno, direi meno che più, ma se insisti. –
Poco convinta si va a cambiare.
Dopo un paio di minuti la rivedo
apparire con indosso la tenuta sportiva di Sara. La canotta è
più piccola del previsto. Tiene il bordo con le mani e tenta
di coprirsi l’addome il più possibile. Mi serve qualche
secondo ma poi realizzo il perché: la cicatrice.
Da quella notte non l’ho più
vista. È passato del tempo, la ferita si è ormai
rimarginata, al suo posto deve esserci sicuramente una cicatrice a
mo’ di tatuaggio tribale. Chissà com’è.
Potrei scoprirlo accidentalmente. Ghigno divertito.
Con un colpo di reni giro su me
stesso e atterro a pochi passi da lei.
- Qualcosa di leggero, va bene? –
Propone Felicity.
- Andrò piano, ok. Dai,
fammi vedere che cosa ti ha insegnato ultimamente Diggle.
Le faccio segno con la mano di
farsi avanti e attaccare. Inspira profondamente e sferra dei deboli
pugni. Sono mosse precise ma poco forti.
- Quando colpisci porta il peso in
avanti. Sfrutta l’intero corpo e vedrai che il tuo gancio avrà
più effetto.
Riprende a
colpire con più energia, mettendo in pratica quello che le ho
suggerito. La lascio fare per un po’, ma dopo qualche minuto ne
ho abbastanza. Ora mi diverto un po’.
Rispondo alle
sue mosse contrattaccando. Inizialmente mi sta dietro ma poi, sotto i
miei attacchi più intensi, inizia ad avere le prime
difficoltà.
All’ennesimo pugno a stento
schivato, Felicity inciampa e finisce a terra.
- Tutto bene? – Le porgo la
mano. La canottiera si è alzata scoprendo una parte
dell’addome. S’intravede il segno della cicatrice. Mi
mordo il labbro. Devo tenere a freno la mia curiosità. Voglio
di più.
Felicity, approfittando della mia
distrazione, agisce. – Ora starò meglio. – Con un
calcio mi fa lo sgambetto e finisco a faccia a terra.
Mi sono fatto
fregare. – Brava. – Le porgo la mano. Quando l’afferra,
ribalto le posizioni, la spingo su di me e poi a spalle a terra –
Mai abbassare la guardia, Felicity.
- Ti sei solo
voluto vendicare perché ti ho messo KO.
- Prova a capovolgere la situazione
con un colpo di reni e cerca di buttarmi a terra.
Felicity si divincola sotto di me
ed io ottengo il mio scopo. La canottiera si alza quel tanto che
basta per soddisfare la mia curiosità. Una linea rosa chiara
le graffia la pelle come lo stelo di una rosa con le spine ma senza
fiore.
- Devi muovere questa parte del
corpo con più forza. – Appoggio le mani sul suo bacino.
Con il pollice strofino l’intera cicatrice. Una mossa
all’apparenza causale ma premeditata. Al mio tocco la sua pelle
s’increspa e il respiro si accorcia.
Gli occhi scivolano su di lei fino
a incontrare i suoi. Mossa sbagliata, Oliver. Sono grandi e sbarrati.
Increduli da quello che sta accadendo, da quello che ho appena fatto.
Sono stato scoperto. La mia curiosità mi si è rivoltata
contro.
- Oliver, - Un soffio di voce, una
richiesta disperata, confusa. Chiude gli occhi e in automatico stacco
le mani dal suo corpo. Il colpo di reni che mi dà subito dopo
mi disorienta, mi fa perdere l’equilibro e cado su di lei.
I nostri visi sono vicini. Occhi
negli occhi. – Non era questo il mio obiettivo, a dire la
verità. Penso che sia un livello di allenamento troppo alto
per me, ora come ora. – Sospira sconfortata. Sorrido alla sua
tenerezza.
- Oliver, -
Richiama la mia attenzione. – Amo stare sotto di te… -
Si blocca ed io con lei. Le sue affermazioni spontanee mi manderanno
in tilt. – Trovo piacevole il peso del tuo corpo sopra il mio,
anche se preferisco stare sopra… forse questo non dovevo
dirlo…
- Felicity, - Le blocco le mani che
hanno preso a gesticolare.
- Inizi a pesare. – Confessa
tutto in un colpo, ma la verità è un’altra, ed è
meglio ignorarla.
Mi alzo e mi metto seduto accanto a
lei.
- Oliver, mi hai sfinito. –
Felicity me lo confessa così spontaneamente che mi spiazza di
nuovo. Ha gli occhi chiusi ed io ne approfitto per osservarla senza
essere sorpreso.
Si stiracchia leggermente ma subito
si blocca afferrandosi la gamba. – Ahia!
- Che succede?
- Un crampo! Che male!
M’inginocchio
davanti a lei. Le afferro la gamba, che cerca di tenere ferma per non
sentire il dolore. Gliela allungo su di me e gliela faccio appoggiare
sul mio petto ben tesa, mentre la spingo lentamente con il mio corpo
verso di lei.
Mugola dal dolore. Aumento la
pressione facendo attenzione che tenga la gamba tesa. Spingo e
allento, poi più intensamente e mollo, prolungando ogni volta
la pressione del gesto.
Felicity si afferra la canotta e la
stringe tra le mani. Le sue dita scivolano sull’addome
scoperto. Si sfiora la cicatrice. È un gesto così
erotico. Seguo il suo movimento rapito.
- Oliver… - La sua voce è
un soffio.
Lo sguardo scivola su di lei fino a
incontrare il suo. Un colorito rosso le imporpora le gote e i suoi
occhi sono sfuggenti, imbarazzati.
- Oliver… - Felicity si
muove leggermente ed io smetto lo stretching. – Oliver…
- Soffia ancora il mio nome.
I nostri occhi s’incrociano e
allora mi rendo conto della reazione del mio corpo. Mi scosto subito
da lei. Cazzo!
Felicity si siede. Guarda altrove.
Si morde il labbro inferiore. Credo che se non fosse per l’imbarazzo
scoppieremmo a ridere.
Come ho potuto permettere che
succedesse una cosa del genere? Non sono un ragazzino, maledizione!
- Il crampo ti è passato? –
Chiedo, ignorando quello che è appena successo.
- Sì,
grazie… - Esita. – A te è passato? – Credo
che sul mio viso ci sia un’espressione che non riesco a
descrivere a parole. Cosa? – Sì, sai, ai piani bassi.
Tutto bene?
Ci guardiamo ma questa strana
atmosfera è spezzata dalla suoneria del suo cellulare. Ci
voltiamo entrambi a osservare il suo cellulare vibrare sulla
scrivania.
Felicity con uno scatto si alza e
termina la chiamata. – Che sciocca! Ho impostato male la
sveglia. A volte mi capita di addormentarmi durante le ricerche che
imposto a video e così ho preso l’abitudine di mettere
la sveglia a una certa ora, in questo modo non corro il pericolo di
passare tutta la notte distesa su questa scrivania, che detto tra noi
non è il massimo. Non sai che torcicollo la mattina seguente…
Il trillo del messaggio la
sbugiarda automaticamente. Sveglia, eh?
Mi tiro su in piedi e incrocio le
braccia al petto. – Devi dirmi qualcosa?
- Io?
- Sì, tu. Chi è che
ti scrive a ogni ora del giorno in quest’ultimo periodo? –
Mi avvicino minaccioso più di quanto intendessi.
Felicity si appoggia alla
scrivania. Io mi sposto di un altro passo in avanti. Incurva la
schiena e mi spingo verso di lei. – Allora?
Prende coraggio e mi sfida. –
Oliver, che cosa sai della mia vita privata? - La sua domanda mi
spiazza. – Appunto. - Sospira rassegnata. - Era quella vita che
avevo prima di far parte di questo gruppo. – Si raddrizza ed io
resto fermo sulla mia posizione. Avverto il suo fiato sul mio viso.
- Era lui, non è vero? –
Colpita e affondata.
Passano i secondi. Il silenzio cala
tra di noi. I nostri occhi si sfidano e si parlano allo stesso
momento.
- Cosa ci fate ancora qui, voi due?
Problemi? – La voce di Diggle infrange quel momento di sfida.
Ci osserva cercando di capire che cosa sta succedendo. – Oliver
che cosa ti ho detto in merito agli allenamenti con Felicity?
Gli rifilo un’occhiataccia.
- Sai,
Diggle, è meglio che le prossime volte mi alleno con te.
Oliver tende a eccitarsi troppo… - Si blocca sbigottita. –
Ci prende gusto… - Si morde il labbro. – Gode… -
Conta a bassa voce per concentrarsi. – … a sfinirmi. –
Un breve sguardo e poi lo distoglie subito. – Vado a cambiarmi.
- Non mi guardare in quel modo. Non
ho fatto niente. – Almeno, non volontariamente. Aggiungo
mentalmente. - Un semplice corpo a corpo. - Ammonisco Dig con lo
sguardo.
- Immagino. - E sul suo viso
compare un ghigno compiaciuto.
Stringo forte
il bordo del lavandino. Oh. Mio. Dio. Il cuore mi batte forte.
Appoggio una mano sul petto. Socchiudo gli occhi. La fase quattro si
sta rivelando più interessante del previsto. Sei una sciocca a
non fidarti di te stessa, Felicity. Ed io che credevo che non sarei
mai riuscita a suscitare qualche reazione in Oliver Queen.
Sorrido alla
mia immagine nello specchio. Mi mordo il labbro. Sollevo la maglia,
ed eccola lì, la cicatrice. Non avrei mai pensato che avesse
uno strano potere: Ho. Eccitato. Oliver. Queen.
Al solo
pensiero avvampo. Che caldo. Ho le guance in fiamme. Felicity, non
essere stupida, a Oliver basta poco per andare su di giri, questo è
risaputo. È nella sua natura. Tutte le donne di Starling City,
e non solo, te lo potranno confermare.
È
stato il momento. L’occasione giusta, la troppa astinenza. Non
che io tengo il conto di quante volte Oliver fa sesso, ma ormai
riesco a individuare bene i segnali di quando va in astinenza.
Nell’ultimo periodo è stato più impegnato a
indossare i vestiti di Arrow che quelli dell’affascinante
amministratore delegato della Queen Consolitaded e non ha avuto modo
di allenarsi con la ginnastica da letto. Ghigno soddisfatta. Blocco i
pensieri per un attimo e poi lo realizzo nuovamente.
Ho. Eccitato. Oliver. Queen.
È
soddisfazione quella che percepisco, Felicity? Il sorriso che rivolgo
alla mia immagine sostituisce la risposta verbale.
Il cellulare vibra sopra il
mobiletto. Deve essere vicino ormai. Lo afferro. Una fitta s’irradia
dal braccio al polso fino alle dita. Maledetta tendinite! Perdo la
presa e il cellulare cade a terra rompendosi. Perfetto!
Esco dal bagno con in mano i pezzi
del cellulare.
- Che succede? – Diggle mi
viene incontro.
- Niente, stasera sono maldestra!
Mi è scivolato il cellulare dalla mano. – Appoggio i
pezzi sulla scrivania e mi massaggio il polso indolenzito.
- Il tuo amico misterioso ora dovrà
farsene una ragione. – Mi punzecchia Oliver. In cambio gli
rivolgo un’occhiata d’ammonimento.
Diggle ci osserva. Quando incrocio
il suo sguardo, me ne restituisce uno del tipo: “Di chi sta
parlando?”. Sollevo le spalle. Ricompongo velocemente il
cellulare. Non faccio neanche in tempo ad accenderlo che arriva un
altro messaggio. Che. Imbarazzo!
Mi volto a guardarli. Sorrido a
denti stretti.
- A domani. –
Mi blocco a metà scalinata quando mi accorgo dello scambio di
sguardi. – No. – Scendo un paio di gradini e li punto con
l’indice. - Non ho mai avuto bisogno di fratelli maggiori
quando ero una ragazzina, figuriamoci ora! Soprattutto se sono belli
e muscolosi e con occhi duri e cattivi che incutono paura. –
Oliver mi trafigge con lo sguardo. – No. Io rispetto le vostre
scelte e voi rispettate le mie. Vita privata è privata, siamo
tutti d’accordo su questo, mi pare?
- Felicity,
fammi capire una cosa. Tracci i nostri cellulari quando non siamo con
te per… – Diggle lascia la frase in sospeso con tutti i
suoi sottintesi. Questo è un colpo basso.
- Cosa? – Ops. Oliver mi
restituisce uno sguardo tra il confuso e il sorpreso. – Da
quando?
- È meglio che vada.
- Felicity! –
Mi blocco sulle scale al richiamo severo di Oliver. Scendo un paio di
scalini a ritroso. Inspiro e mi volto. Prima lancio uno sguardo
infastidito a Diggle, poi prendo il coraggio necessario e guardo
Oliver.
- Da quando ti sei rifugiato
sull’isola e hai fatto perdere le tue tracce. – Ammetto
imbarazzata. – Non voglio che succeda un’altra volta. –
Confido. – Se so dove tu e Diggle vi trovate sono più
tranquilla, perché se vi dovesse succedere qualcosa potrei
sempre venirvi in aiuto. – Sfuggo dal suo sguardo. Non ero
pronta a rivelare questo piccolo segreto.
Oliver si avvicina e
inaspettatamente appoggia la mano sulla mia. – Lo facciamo per
questo. – Gli occhi schizzano sui suoi. – Siamo una
squadra. Ci guardiamo le spalle a vicenda.
- No. –
Sfilo la mano dalla sua. – Questo è ben diverso dal
pedinarmi solo perché pensate che ogni uomo che mi si avvicini
sia un pazzo maniaco… - Oliver inclina leggermente il capo in
avanti e mi guarda serio. – O donna che sia, ovviamente. E poi
io non ho detto che il mittente delle chiamate o dei messaggi è
un uomo. Siete stati voi ad averlo supposto. Potrebbe essere
benissimo anche un’amica. – Cerco di avvalorare questa
tesi con convinzione ma dai loro sguardi deduco che non mi riesce
molto bene.
- Felicity, -
Oliver sussurra il mio nome nel suo consueto modo quando vuole
sottolineare il concetto inespresso.
- Ho bisogno di un piccolo spazio
di normalità in questa frenetica vita che vivo al tuo fianco.
Ho bisogno di essere ogni tanto semplicemente Felicity Smoak, e non
Felicity Smoak di Arrow. – Mi blocco. Sventolo le mani davanti
al suo viso. – Non intendo che sono tua, ci mancherebbe altro,
figuriamoci, tu ed io, - sogghigno – Vorrei sentirmi solamente
Felicity Smoak, una ragazza come tante, non la ragazza di Arrow…
- Oliver mi fissa. Sono un caso disperato. Inspiro profondamente. –
Soltanto Felicity Smoak – Lo guardo implorante con la speranza
che capisca le mie esigenze. Appoggio la mano sulla sua a rinforzare
la mia richiesta.
Il trillo
dell’sms interrompe il momento. Devo sbrigarmi. Oliver sospira,
rassegnato a lasciarmi andare. – Grazie. – Scappo via.
Arrivo fra
dieci minuti. Aspettami al bar con una bella cioccolata calda e tanti
marshmallow.
Sei peggio di un bambino goloso, sorrido a quel messaggio.
Sono l’unica cliente. Mi
guardo un po’ attorno. La cameriera è intenta a lavare
le stoviglie. Osservo con attenzione fuori dalla vetrata. Mi perdo
nella mia immagine riflessa. I ricordi di qualche ora prima mi
affollano la mente. Socchiudo gli occhi per un attimo e riprovo la
sensazione di avere le dita di Oliver sulla mia pelle. Il suo tocco è
delicato e… caldo. Mi mordo il labbro.
Per un attimo
ho avuto la sensazione di essere ritornata indietro nel tempo, a
quella sera. Questa volta, invece di ritrovarmelo dietro le spalle,
ho potuto vedere le sue sensazioni sul suo viso. Piacere, puro
godimento. Il labbro scivola tra i denti. Inspiro profondamente. Il
cuore ha preso a battere velocemente. La mano tocca l’addome,
proprio nel punto della cicatrice, e i ricordi si impossessano
prepotentemente della mia mente.
Felicity
afferrò l’asciugamano che aveva appoggiato sul
lavandino. Finalmente si sentiva pulita e più leggera. Era
stata una giornata lunga e intensa. Ne aveva proprio bisogno. Si era
trattenuta parecchio sotto la doccia, lasciando che l’acqua
scivolasse sul suo corpo e che i muscoli tesi si rilassassero. Le
bastava però ricordare che nell’altra stanza c’era
Oliver e subito s'irrigidiva. A volte era troppo esagerato con le sue
attenzioni o, meglio, paranoie.
Passò la mano sullo specchio
appannato. Osservò attentamente il suo viso stanco. Era
dimagrita parecchio nell’ultimo periodo. Il viso più
scavato e quel cenno di occhiaia non voleva andarsene. Aprì
l’asciugamano e osservò con severità il suo
corpo. S’intravedevano le costole. Devi mangiare di più,
Felicity, sei pelle ed ossa!
Abbassò ancora di più
il suo sguardo e arrivò a lei. Il veleno della punta della
freccia aveva deturpato la sua pelle. Un’enorme ferita rossa e
ancora infettata era in bella vista sul suo addome. Chiuse gli occhi
e cercò di ignorare il disgusto che ogni volta provava quando
ci pensava. Indossò una canottiera e dei pantaloni a vita
bassa. Attivò la ricetrasmittente prima che se ne scordasse
un’altra volta. Afferrò il phon e iniziò ad
asciugarsi i capelli. Gli occhi continuavano a guardare verso il
basso. Spense il phon. Sospirò rassegnata.
Devi farlo,
Felicity. Arrotolò leggermente i pantaloni in modo che il
bordo non toccasse la ferita. Alzò la canottiera fin sotto al
seno e andò in camera a prendere l’occorrente per la
medicazione.
- Oliver, - Disse piano quando lo
vide seduto sul suo letto. Con un gesto istintivo si coprì la
ferita con il braccio. In quel momento si sentiva vulnerabile.
- Scusami. - Oliver si alzò
dal letto e le andò vicino. – Lascia che ti medichi io.
- No, - Si morse il labbro
trattenendo a stento le lacrime.
Oliver si posizionò dietro
le sue spalle e la sospinse vicino allo specchio. Iniziò a
passare lentamente su tutta la ferita un batuffolo intriso di
disinfettante.
- Che fai… - Disse Felicity
sorpresa dal gesto delicato di Oliver. Sgranò gli occhi quando
si rese conto di quello che stava accadendo tra di loro.
- Non devi aver paura di questa
cicatrice. – Il soffio caldo delle sue parole le accarezzò
la pelle increspandola e le provocò diverse sensazioni
sconosciute.
- Io…
- Felicity deglutì non riuscendo più a continuare.
Guardava rapita la mano di Oliver che le sfiorava con dedizione la
ferita. Lo sguardo scivolò su di lui e sul suo viso tutto
concentrato a non farle del male.
Oliver terminò di medicarla
e solo allora si accorse dello sguardo fisso di Felicity su di lui. –
Le cicatrici rendono sexy. – Sorrise compiaciuto.
Felicity aprì la bocca per
dire qualcosa ma poi la richiuse. Le servì qualche istante per
prendere coraggio. – Sul serio? – Chiese quasi
timidamente, incredula che lui lo pensasse veramente.
Oliver la guardò a lungo. Il
suo volto non tradiva emozioni. Il suo sguardo serio confermava
quello che le aveva appena detto. La strinse per le spalle e lasciò
che lei si abbandonasse al suo petto. Le dita scivolarono sul suo
braccio accarezzando il fianco fino a raggiungere l’addome e la
ferita. Sottolineò delicatamente con il dito la linea della
lunga cicatrice e terminò il suo percorso sfiorandole
l’ombelico.
Ascoltando
quella risposta silenziosa, Felicity trattenne il respiro per tutto
il tempo, rapita completamente dai gesti di Oliver e dalla precisione
del suo tocco.
- Sì. – Ed ecco
l’unica parola di cui aveva bisogno.
Felicity si girò tra le
braccia di Oliver. Lo guardò per la prima volta in volto.
Nessun specchio a dividerli. Erano solo loro due in quella stanza.
Si alzò
in punta di piedi. Occhi negli occhi. – Grazie. –
Sussurrò piano e accolse il suo viso tra le mani. Esitò
per un istante ma poi gli baciò la guancia, seguito subito
dopo da un abbraccio colmo di gratitudine.
Oliver sorrise tra i suoi capelli
bagnati e la strinse più teneramente tra le sue braccia
alzandola leggermente.
- Ora è meglio che vado. –
La lasciò libera dalla sua presa e la ricondusse a terra. Si
guardarono per un altro lungo istante. – Devi riposare.
Le loro mani scivolarono sulle
braccia dell’altro, fino a staccarsi lentamente l’uno
dall’altra, accompagnando in quel modo Oliver alla porta.
- Buonanotte, - Riuscì a
stento a biascicare Felicity, lui le rispose con uno dei suoi
indimenticabili e teneri sorrisi.
- Scusami se ti ho fatto aspettare.
La sua voce mi riporta
repentinamente alla realtà. Lo sguardo scivola su di lui
attentamente. Soliti jeans, solita camicia e solita giacca. Sempre
lui. Neanche una virgola cambiata. Un sorriso tenero accoglie
l’arrivo dei miei occhi sul suo viso.
- Non ti
preoccupare, ne ho approfittato per riposare un po’ e
raccogliere le idee. Dai, siediti. Mi devi raccontare tutto di questo
nuovo lavoro all’estero. È un sacco di tempo che non ci
vediamo.
- Non è colpa mia. –
Frecciata numero uno. In fondo me lo aspettavo.
- Andrew… - L’ammonisco
bonariamente. Lui alza in aria le mani in segno di scuse e poi
scoppia a ridere.
- Sei tu che sei partito
avvisandomi poche ore prima del tuo viaggio.
- Sei tu che
sei scomparsa dopo che te ne sei andata dalla Richmord Enterprise.
Pochi messaggi, una telefonata veloce. – Sto per ribattere ma
mi precede. – Ah giusto. Anche quel tentativo di pranzo dal
quale sei dovuta scappare subito perché il signor Queen aveva
assolutamente bisogno di te. – Si picchietta il mento con
l’indice. – Secondo te, dobbiamo contare anche quella
sera? Sono incerto, non siamo neanche riusciti a entrare nel
ristorante perché il tuo capo aveva necessità di
vederti subito. – Gli afferro la mano e la stringo nella mia.
- Detto questo, non ammetterò
mai che sono geloso di Oliver Queen. Lui che cosa ha più di
me? Occhi e sorriso che incanta, il savoir faire dei migliori playboy
e per finire una valanga di soldi? Nah, io sono molto meglio.
- Andrew… - Sorrido
intenerita. Non voglio ritornare su un discorso che considero già
chiuso.
- Scusami,
sono uno stupido. Sono mesi che non ci vediamo ed io parto subito con
le mie insicurezze. – Si allunga verso di me e mi accarezza la
guancia. – Lo so, tu sei diversa dalle altre, Felicity Smoak.
Solo, non capisco perché sei voluta ritornare a lavorare per
Oliver Queen. Gli è bastato schioccare le dita e tu sei corsa
da lui.
Le sue parole
fanno male. Mi stacco da lui e mi appoggio allo schienale del sedile.
– Non è vero. – Il mio è un labile
tentativo di difesa. Non sa quanto ho dovuto faticare a stare lontana
da Oliver, dalla Queen Consolidated e soprattutto dal mio ruolo di IT
dell’Arrow Cave, solo per fargli capire che io sono importante
per lui e per la sua missione di proteggere la città.
- Sono stato costretto ad accettare
un lavoro all’estero per farmi notare da te e soprattutto farti
sentire la mia mancanza. – Sorride soddisfatto.
- Stupido. - Mi sporgo nuovamente
verso di lui. – Dai, raccontami tutto su questa ricerca.
Non dovrei farlo ma non me lo posso
impedire. Sono in sella alla mia moto, fermo, di fronte al bar dove
dentro c’è Felicity. L’oscurità mi avvolge
e mi tiene al sicuro da occhi indiscreti, permettendomi di osservare
la situazione senza essere disturbato o peggio, individuato.
Ora che
conosco il trucchetto di Felicity, ho spento il cellulare. Non posso
farmi cogliere in flagrante come un fidanzato geloso.
Non sono geloso! È un
istinto di protezione che ho maturato nel tempo verso Felicity. Non
solo, anche verso le altre persone, ovviamente. Ora m’accerterò
che stia bene, che quel finto buonista di Andrew, se è davvero
lui, abbia davvero buone intenzioni e poi me ne andrò a casa a
dormire tranquillo. Deve essere Andrew, chi altri potrebbe essere?
Eccolo! Lo
sapevo che era un uomo. Maledizione, da questa posizione non riesco a
vederlo in viso. Le tende gli coprono la faccia.
Cosa fa?
Allunga le mani? Stringo forte le mani a pugno, impotente. Dai,
spostati, mostrami il tuo volto.
Felicity si è ritratta, vuoi
vedere che non è tutto rose e fiori in paradiso? Un ghigno
appare sul mio viso ma non dura abbastanza perché lei
nuovamente si sporge verso di lui.
Odio quelle tende!
I minuti
passano e si trasformano in ore. Tre ore. Sono passate tre ore e non
accennano ad andarsene. Che avranno mai tanto da parlare? Se evitasse
di prenderle le mani sarebbe anche meglio. L’avrà
stordita con le sue chiacchiere, anzi, dato la logorrea di Felicity,
si saranno storditi a vicenda.
Finalmente! I
due si sono alzati ed escono dal locale. Felicity è illuminata
dalla luce del lampione ma lui no. Si abbracciano. Non oserà,
vero? E invece ci prova. Si china per baciarla, ma sono più
svelto. Con una freccia colpisco di striscio la plafoniera ed
entrambi per lo spavento si ritraggono. Dopo un attimo si mettono a
ridere ma il pathos del momento è passato. Si abbracciano, poi
Felicity sale in macchina e va via.
Sospiro sollevato. Se davvero era
Andrew, come mi suggerisce l’istinto, chissà come mai si
sono incontrati? Lui non era impegnato in una ricerca all’estero?
Riattivo il cellulare senza
pensare. Sono un idiota! La precedo prima dell’inevitabile.
Bip. Bip. Bip. Il gps di Oliver. Si
è riattivato. Deve aver spento il cellulare e ora l’ha
riacceso. Perché? Osservo il monitor e mi accorgo della sua
posizione.
Lo stringo forte nella mano.
Sospiro rassegnata, dovevo aspettarmelo.
Parcheggio l’auto. Scendo e
vedo Oliver seduto sugli scalini.
Ecco il traditore! Lo fronteggio
senza dire niente.
Lui mi fissa. Sostengo il suo
sguardo. Non so se sono più arrabbiata o sorpresa dal suo
gesto.
- Soddisfatto?
- No. – Come? Si alza in
piedi, scende i tre gradini lentamente, colpevole. – Non dovevo
farlo.
- Invece
l’hai fatto. Pensavo che avessi capito. Oliver… - Non so
cosa dire. Questa invasione della mia sfera privata mi ha turbato più
di quanto pensassi. – Non posso, ogni volta che esco, guardarmi
attorno con circospezione con la paura di incontrare il tuo sguardo
indagatore solo perché tu sei paranoico. Mi soffochi in questo
modo. – Avvicino la mano alla sua guancia. – Fidati di
me.
- Io mi fido di te, Felicity. –
Mi afferra la mano e me la stringe nella sua.
- Non me lo dimostri. –
Sciolgo la stretta e incrocio le braccia al petto. – Arriverò
al punto che non potrò neanche fare la doccia in santa pace
perché avrò paura che mi spii, o peggio che tu mi
chieda di farla con te… - Ma che sto dicendo!
Il ghigno
divertito di Oliver e l’inclinazione del capo verso destra mi
fanno supporre che sta prendendo in considerazione la cosa. - Che
cosa vuoi che mi succeda? – Il tono della mia domanda è
davvero esasperato.
Silenzio. Sta soppesando il modo
migliore di rispondermi o semplicemente il coraggio per dire la
verità.
- Non voglio
che accada ancora questo. – Appoggia la mano sul mio ventre. È
un istante. Solleva la camicetta e sfiora la pelle. Occhi negli
occhi. Non gli serve neanche guardare dov’è, lui sa
benissimo dov’è la cicatrice. Abbasso lo sguardo,
sorpresa e triste. L'avevo dimenticato. È stata dura anche per
lui e in fondo non se l’è ancora perdonato.
- Scusami…
- Mi ritraggo di un passo, spaventata da quello che provocano in me
la scoperta e il contatto ravvicinato.
- Come sta Andrew? – Cambia
repentinamente discorso.
- Tutto bene. Si è concesso
una piccola vacanza ed è passato a trovarmi… - Mi
blocco all’improvviso. Mi ha fregato. Stupido cervello che
parla prima di connettersi.
Mi guarda soddisfatto e
infastidito. - Hai vinto. Sì, il mittente dei messaggi e delle
telefonate era Andrew Wolfar, contento?
- Per niente. – Duro e
intransigente come ogni volta che l’argomento di conversazione
è Andrew.
- Un giorno mi spiegherai perché
ti sta tanto antipatico. – Lo intimo di fermarsi con l’indice.
– Un’altra volta. Sono stanca e ho bisogno di dormire. Il
mio capo mi schiavizza e mi tocca passare spesso le notti con lui. –
Lo guardo dritto negli occhi e a bassa voce gli confido. – Amo
passare le notti con lui, ma tu non glielo dire.
Oliver alza un sopracciglio.
Scavatemi una fossa che mi sotterro.
Si avvicina a me, ignorando
l’ultima mia splendida uscita. Mi afferra la nuca e mi bacia la
fronte. – Buonanotte, Felicity.
Resto ferma. Gli occhi lo seguono
andare via.
Non può essere. Porto una
mano sul petto. Oliver Queen è davvero geloso di Felicity
Smoak? Sorrido soddisfatta.
La fase quattro, partita in
sordina, ha dato ottimi risultati e posso, ancora una volta,
confermare la mia tesi: Non. Sono. Innamorata. Di. Oliver. Queen.
Una folata di vento mi fa
rabbrividire. La camicetta sventola all’aria lasciando scoperta
la pelle dell’addome. Ho freddo. La blocco e l’ultima
emozione risale a galla. Avverto ancora le dita di Oliver che
proteggono la cicatrice. Mi stringo le braccia intorno alla vita a
custodire quel segreto.
Salgo i pochi gradini, infilo la
chiave nella serratura. Il rombo di una moto mi fa voltare e lasciare
libero lo sguardo lungo la strada.
- Oliver…
Continua…
Angoletto di Lights
Eccoci! L'aria si sta
surriscaldando, la tensione è alle stelle e questi due mi
faranno morire prima o poi. Chiamiamo i pompieri per spegnere il
fuoco LOL
Il
capitolo è ricco di riferimenti che riportano alla storia di
Undercover
- Se
volete approfondire la questione sulla cicatrice e su Andrew Wolfar
passate di là ;)
Ringrazio come sempre e lo
continuerò a fare vannagio e jaybree per il loro supporto!
Dalla prossima settimana
riprendiamo gli aggiornamenti il lunedì ^_^
“In
un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto.”
Pablo Neruda
Quando Andrew mi ha detto "Ho bisogno di te,
Felicity" non immaginavo minimamente di ritrovarmi in una situazione così
imbarazzante. Sapere ma fare finta di ignorare. Inventare un sacco di scuse per
proteggere il segreto e interpretare un ruolo quando la realtà è ben diversa.
Inspiro profondamente. Che situazione. Sospiro. Mi sembra
di essere ritornata ai primi tempi con Oliver, quando ancora non sapevo
"ufficialmente" che lui era Arrow. Solo che ora, al posto di Oliver,
ci sono io e lui è al mio.
Avvio l'ennesima ricerca. A causa di questo lavoro extra,
super segreto, ho dovuto lasciare stare il mio esperimento scientifico. Non ho
potuto fare diversamente, perché tutta la mia attenzione la devo dedicare ad
aiutare Andrew. Sospiro sconsolata. Ho la netta impressione che sia Oliver che Dig pensino che tra me e lui ci sia qualcosa.
Ghigno divertita per le strane espressioni che il viso di
Oliver assume ogni volta che ascolta le mie scuse, una più assurda dell’altra.
Che sia geloso?
Che cos'è questo, Felicity? Compiacimento? Va bene, lo
ammetto. L’idea di Oliver geloso del mio rapporto con Andrew non mi dispiace.
Forse è anche per questo che gli ho lasciato credere che tra noi ci potrebbe
essere qualcosa di più che una semplice amicizia.
L'ho sorpreso più volte a osservarmi di nascosto, a spiare
quello che faccio, a origliare le telefonate, a interpretare le espressioni del
mio viso e comportamenti, solo per capire fino a che punto Andrew ed io ci stiamo spingendo.
Se da una parte è gratificante, dall'altra è frustrante.
- Sei ancora qui, Felicity?
– Sussulto alla domanda di Oliver. Ero così soprappensiero che non mi
sono accorta del suo arrivo.
Con un gesto fulmineo nascondo la finestra della ricerca
con quella del programma d’intercettazione radio della polizia.
- Sì, - Mi volto con la sedia. Mossa sbagliata, Felicity.
Lo sai benissimo che quando Oliver ti osserva con quel suo sguardo serio e
indagatore, proprio come sta facendo ora, non sai trovare una giustificazione
plausibile. - Stavo, - Giocherello con la penna tra le dita in cerca di
un'idea. - ... aggiornando il firewall. Ho notato stamattina che c'era una
falla nel sistema. Non voglio rischiare che qualcun altro riesca a violare i
nostri sistemi. Si sta dimostrando un lavoro più lungo del previsto. -
Abbandono i suoi occhi e mi accorgo che ho lasciato in bella vista i documenti
sulla scrivania che Andrew mi ha consegnato l’altra sera.
Oliver incrocia le braccia al petto e inclina il capo
leggermente. - Non l'avevi già fatto ieri?
Merda! Mi muovo sulla sedia. Sollevo le gambe e le
incrocio sotto di me. Lentamente mi sposto verso i documenti. Con nonchalance
mi volto. - No, ti sbagli. – Il mio tono mi tradisce. – Forse… ti
stai confondendo… con l'aggiornamento del satellitare che ho fatto ieri.
– Termino tutto d’un fiato e finisco di
nascondere i documenti nella cartellina. Meno male. Mi giro nuovamente verso di
lui.
Oliver è troppo serio. Ho la netta sensazione che vorrebbe
incenerirmi. – Può essere… - Quelle due parole sono una sferzata di vento
gelido su di me. Scappo dai suoi occhi e mi torturo le mani. Non posso cedere.
Sto stringendo talmente il labbro tra i denti, che comincia a sanguinare.
- C’è qualcosa che devi dirmi? – Oliver si avvicina
di un passo.
Gli occhi scattano sul suo viso. Confessa, Felicity. No,
non puoi.
- No… - Mi trema la voce. Fisso le sue frecce. Deglutisco
al solo pensiero di che cosa potrebbe fare con quelle.
Un altro passo in avanti. – Ne sei sicura?
L’arrivo del messaggio mi dà l’occasione di sfuggire dai
suoi occhi. Afferro il cellulare e… non credo alle parole che sto leggendo: Arrow sa tutto. Non so come abbia fatto, ma
è stato chiaro al riguardo. Mi dispiace averti coinvolto,Felicity. Proseguo da solo.
Stringo così forte il cellulare nella mano che potrei
romperlo.
- Che. Cosa. Hai. Fatto? – Il tono della mia voce è
così duro che per un attimo mi stupisco io stessa di esserci riuscita.
Oliver indietreggia di un passo, poi si blocca e ritorna
sui suoi passi.
- Tu non puoi comportarti in questo modo!
Sono troppo arrabbiata che ho paura delle mie stesse
parole e di quello che non potrò fare a meno di dire.
- Te l’avevo chiesto per piacere. Ti avevo quasi implorato
di fidarti di me. Ti avevo detto che avevo bisogno dei miei spazi. – A
ogni mia affermazione il tono di voce aumenta. – Perché non capisci che
ho bisogno di essere Felicity Smoak? Semplicemente Felicity! Io... io… - Freno
l’istinto prima che la situazione peggiori.
- Sono giorni che sei tutta concentrata su questo
progetto. Non hai tempo per niente. Sei frettolosa, superficiale, disattenta,
non ascolti, sei sempre tra le nuvole.
Non posso credere a queste accuse. – Come, scusa?
– Stringo forte le mani a pugno.
- Al mondo non esiste solo Andrew Wolfar.
- Perché sarei qui? - urlo. - È importante che aiuti
Andrew, perché non lo capisci?
Accade tutto troppo velocemente. Oliver scatta in avanti e
mi blocca sulla sedia, appoggiando le mani sui braccioli. Non ho nessuna
intenzione di cedere. Alzo il viso e lo fisso determinata nei suoi occhi
severi.
- Tu non puoi fare così!
- Fare cosa? – Non riesco a decifrare i suoi
pensieri.
- Non puoi… - Ma si blocca.
- Cosa? – Gli urlo in
faccia esasperata.
- Ignorarmi! Mi sorridi, mi osservi, mi sfiori, mi ecciti
e poi… basta.
Mi guarda per un lungo istante e non aggiunge niente. Non
ho parole. Chiude gli occhi senza però rilassarsi. Mi marca stretta. Avverto il
suo respiro sul viso. Inspiro a fondo e il suo profumo mi stordisce.
- Sono settimane che non mi rivolgi uno dei tuoi sorrisi,
che non appoggi il tuo sguardo caldo su di me, che le tue mani non mi sfiorano.
Oh. Mio. Dio. L’esperimento! La verità mi esplode nella
mente.
- Tu sei la mia amica, la mia partner… la mia ragazza.
Non respiro. Ho bisogno di ossigeno. Gli occhi di Oliver
sono magnetici.
- Non puoi fare così, Oliver. – Sono troppo
arrabbiata e confusa. Il tono è più duro di quanto volessi. – Ho la mia
vita. – Dico piano guardando altrove. - Io sarò sempre al tuo fianco ma necessito di spazio. Ora Andrew ha bisogno di me. –
Ferita e ostile, come mi sento.
- Perché non capisci, Felicity!
– Urla sul mio viso trattenendo a stento la rabbia.
- Cosa? – Chiedo a mia volta aggredendolo con forza.
Le labbra di Oliver sulle mie. Il tempo si blocca
all’improvviso. Tutto si ferma, perfino il mio cuore. Oliver mi afferra il viso
con le sue grandi mani calde e mi tira verso di lui.
Si ferma. Mi osserva. La parola “incredulità” non è
abbastanza da spiegare come mi sento.
- Questo. – Mi bacia ancora un’altra volta, con più
calma, con più dolcezza, con più… amore.
Sono istanti interminabili, senza reazione. In confronto
al blackout mentale e fisico nel quale sono caduta, l’eternità mi sembra di una
brevità sconcertante.
Le labbra di Oliver si fanno più esigenti e quando avverto
la sua lingua sfiorare la mia bocca, mi sveglio.
Mi spingo su di lui. Le braccia gli circondano il collo e
stringo rispondendo al bacio.
Non voglio pensare alle conseguenze, per una volta non
permetterò alla ragione di decidere per noi. Scendo dalla sedia e spingo Oliver
vicino al muro. Lascio a malincuore le sue labbra, e traccio una scia di baci
fino alla giugulare. La sua pelle è calda, sotto di essa avverto le vene
pulsare. Brividi, ansimi, corpi che si sfiorano, mani che si toccano ed
esplorano. Sospiri, inspiro ossigeno, respiro lui, tutto è un’armonia naturale.
- Felicity, - Il mio nome sussurrato appena, mai suono è
stato così erotico. Oliver ansima sotto i miei baci. Voglio di più, pretendo di
più.
Le mani s’intrufolano sotto la camicia. Parto dal basso,
un bottone alla volta, alla scoperta del suo fisico perfetto, di ogni
cicatrice, ferita, segno che riesco a individuare toccando con le mani.
- Felicity, - Dillo ancora, ancora. Il suo tono caldo mi
stuzzica, mi solletica i sensi, così tanto che prendo fuoco, come una scintilla
che incendia la brace. Lui è la mia scintilla, ed io sono la brace.
Era questo che nascondevi nel profondo della tua anima,
Felicity?
Mi blocco. Oliver mi osserva attentamente. Mi tuffo nel
suo sguardo. Sì.
Gli sfioro il volto con le mani. Avvicino il mio viso al
suo. Bastano pochi secondi e le sue labbra sono ancora sulle mie.
È lui che mi spinge, che mi guida. È lui che mi spoglia,
che mi sfiora, che mi bacia. È sempre e solo lui che mi accende.
Le sue braccia mi sollevano, le sue labbra non mi
abbandonano. Pochi passi, lunghi istanti. Avverto il morbido del materasso e
poi il corpo di Oliver sul mio. Le sue mani sono ovunque, le mie pure.
Le sue labbra scivolano su di me, dal collo al seno.
Oliver mi sbottona la camicetta in cerca di lei. Lo so,
la mia cicatrice ti ha fatto sempre andare su di giri, in tutti i sensi. Ti fa
incazzare, ti fa rattristare, ti fa eccitare, ti fa
amare me.
- Oliver, - Il mio è solo un sussurro. Un suono che esce
dalla mia bocca accompagnata da un gemito.
- Oliver, - Ansima ancora il mio nome, ti prego, Felicity. Bacio la cicatrice, lentamente. Un bacio
alla volta. Il contatto delle mie labbra con la sua pelle calda è una
sensazione che voglio godermi fino in fondo, alla scoperta di ogni
sfaccettatura.
- Oliver, - Ho il cuore che pompa a mille. I muscoli tesi.
Vorrei prenderla ora, subito, all’istante e soddisfare la curiosità di sentirmi
dentro di lei.
- Oliver… - Il suo richiamo eccitato mi scuote. Appoggio
lo sguardo sul suo viso. Ha le gote rosse, i capelli sciolti sul cuscino, e la
camicetta totalmente abbassata sulle braccia.
Mi blocco. Felicity mi osserva. Io la guardo. Che sto
facendo?
- Che-c’è? – Balbetta
insicura.
Mi allungo su di lei. La bacio ancora, non vorrei più
smettere. – Vorrei solo che fosse speciale.
- Speciale? - È disorientata.
- Sai… - Perché deve essere così difficile?- … la prima volta, deve essere
speciale.
- La prima volta?
La fisso negli occhi. Mi sento un ragazzino alle prime
armi. Passano i secondi. Rimaniamo in silenzio. Occhi negli occhi.
- Oh. – Ha realizzato. -
Oh, Dio. Pensavi che io... tu, noi... No. No! –
Sventola le mani davanti al mio viso. - Cioè, sì, insomma. Anni fa. È passato
del tempo in effetti. Ma io… Sì, è successo, con un
compagno dell'università, e poi c'è stato Mark, dopo è venuto Christian, e poi...
Basta. L’azzittisco con l’indice
sulle sue labbra. - Ho capito. – Mi siedo. È delusione quello che provi, Oliver? Sì, lo è.
Come un cretino mi ero convinto
che Felicity fosse ancora pura. Un’isola vergine da scoprire poco alla volta,
passo dopo passo, fin dentro la sua anima. Sono uno stupido.
La mano di Felicity si appoggia delicatamente sulla mia
spalla. L’indice scivola giù, lungo il braccio e si ferma sul tatuaggio.
- Oliver, - Il fiato mi accarezza la clavicola. –
C’è una cosa però che non ho mai fatto e sarebbe la prima volta… - Mi volto a
guardarla incuriosito e sorpreso. Il tono di voce è eccitato. La guardo. Sulle
sue labbra troneggia un sorrisetto furbo e compiaciuto. – Non l’ho mai
fatto con un eroe.
Mi strappa un sorriso sincero. Sono il suo eroe e le mani
di Felicity sono di nuovo su di me e la sua bocca
sulla mia.
Continua…
Angoletto di Lights
È il caso di dirlo: OH.MY.GOD! Ho il cuore che batte forte. Se siete arrivate
fino a qua senza ossigeno, prego, andare a destra che troverete il
rifornimento.
Wow, questi due mi
faranno morire. Mi raccomando fate scorta anche per il prossimo.
Questi sono i capitoli
che più amo di questa storia.
Ora un piccolo regalo.
La storia ipoteticamente doveva essere composta da 8
capitoli, ma dato che mi ci sono affezionata ho deciso di aggiungere qualche
capitolo, vediamo un po’ che combinano questi due.
Grazie,
sempre grazie a vannagio e jaybree
per il supporto tecnico, morale e di accompagnamento a questa storia.
Ci si rilegge lunedì
prossimo.
Se volete
invece tuffarvi in un'altra mia avventura, una semplice OS su Sin & Roy
ambientata durante l'ultimo episodio della seconda stagione e trattata dal POV
di Sin, passate daCappuccetto
Rosso
Capitolo 7 *** Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro! ***
Metodo Scientifico
- 6 -
Fase sei: oh, ma chi vogliamo prendere in giro!
“Il
miglior profumo al mondo è quello dell’uomo che ami.”
Jennifer Aniston
- Ciao, caffè nero
alla vaniglia, con panna e una spolverata di cacao!
Che pazienza! Sorrido
divertita. – Mark, quando la smetterai di chiamarmi così?
- Felicity, oh mia
Felicity… - Abbandona la cassa e si appoggia sul bancone del bar afferrandomi
le mani. – Tu sarai sempre il mio caffè nero alla vaniglia, con panna e
una spolverata di cacao.
Il suo modo di fare
è così teatrale che scoppio a ridere.
- A saperlo, quel
giorno avrei ordinato un semplice caffè.
- É qui che ti
sbagli, mia cara. Tu non sei un semplice caffè ma...
- Buongiorno.
– Il tono secco della sua voce mi fa rabbrividire e tronca il discorso di
Mark.
- Signor Queen!
Caffè nero con una spruzzata di panna, giusto? – Il fascino di Oliver
Queen ha fatto un’altra vittima. Mark non aspetta la risposta e corre a
prendere le ordinazioni.
- Simpatico il tuo
amico. – Perché il suo sguardo severo contraddice il suo apprezzamento?
- Sì, molto. –
Mi sembra di camminare su un terreno minato.
- E… - Mi fissa inchiodando
i miei occhi. - ... chi è?
In quel momento
arriva Mark che ci porge l’ordinazione. L’afferro ed
esco dal locale seguita da Oliver. Un attimo dopo mi afferra per il braccio,
riportandomi qualche passo indietro vicino a lui e mi blocca in attesa della
risposta.
- L’hai detto tu: un
amico. – Sogghigno divertita dalla piega di quella situazione surreale.
Mi volto a guardare
Diggle appoggiato alla macchina che ci guarda ridacchiando. Lascio Oliver e gli
porto il caffè.
- Mi sa che
stamattina il capo è sceso dalla parte sbagliata del letto.
- Evidentemente
l’hai mandato in bianco ieri sera. – Diggle indossa gli occhiali ma prima
mi rifila un’occhiata di chi la sa lunga.
Sono senza parole.
Devo ancora abituarmi a questa nuova realtà. Oliver ed io. Non so bene cosa
siamo. Amici, partner, colleghi, amanti… o una coppia.
Non abbiamo definito
niente. Per il momento siamo fermi in questo limbo e attendiamo l’evolversi
degli eventi di Felicity Smoak e Oliver Queen.
Appoggio la mano
sulla maniglia ma Oliver fa lo stesso. La sua sulla mia, calda, protettiva.
Volto il capo così piano che mi sembra di vivere in una scena al rallentatore.
Non mi sono ancora abituata al suo tocco.
Il cuore ha perso
ogni battito. Non ho più aria nei polmoni. Immagini di noi due tra le lenzuola
mi appaiano davanti gli occhi. È la fine.
Stacco
frettolosamente la mano e me la porto al petto. Se prima non c’era battito, ora
il cuore è approdato a una corsa di cavalli.
Oliver sorride. Ha
capito benissimo che effetto ha su di me. Da quella notte tutto è cambiato e mi
sembra di essere diventata trasparente, un libro aperto dei miei sentimenti che
solo lui ha conquistato il permesso di sfogliare e leggere.
- Che dici? Sali o
rimaniamo qui tutto il giorno? – Ha anche il coraggio di prendermi in giro!
- Sarebbe piacevole,
peccato che hai una riunione con Isabel.
Oliver rotea gli
occhi. Gli picchietto la mano sul petto in segno di condoglianze.
Pomeriggio
tranquillo. Sono da sola in ufficio. Oliver è ancora in riunione e non ho la
più pallida idea di dove sia Diggle. Apro l’ultimo cassetto e afferro la
cartellina. L’appoggio sulla scrivania. Sospiro. Ne dovremo parlare, prima o poi.
Mando un messaggio
ad Andrew confermandogli l’appuntamento per stasera. Ho faticato parecchio per
convincerlo a farsi aiutare ancora. Oliver l'aveva proprio terrorizzato.
Fisso il plico di
fogli che tengo in mano e mi torna in mente la sera in cui ha chiesto il mio
aiuto.
- Felicity, sei
sicura che te la senti di aiutarmi? – Andrew
chiese con il suo consueto tono protettivo.
- Che amica sarei se non ti aiutassi? – Rispose afferrandogli le
mani. – Chi meglio di me può scavare nel cyber spazio. Vedrai, insieme li
faremo pentire di aver avviato questo mercato nero di organi.
Andrew sorrise e
strinse di più le sue mani.
- Abbiamo bisogno di
prove. Grazie alla mia posizione nell’azienda lavorerò dall’interno, a te
spetta il compito di hackerare il sistema per scovare il loro prossimo
obiettivo.
- Ahia! –
Felicity prese a massaggiarsi il braccio.
- Tutto bene?
– Chiese Andrew.
- Deve essere questa
maledetta tendinite. È un paio di giorni che non mi lascia in pace.
Lui la osservò soprappensiero. – Che c’è? – Non le
rispose e si sedette accanto a lei.
La fece voltare e
iniziò a toccarla dalla spalla al braccio, soffermandosi delicatamente
sull’avambraccio, il polso e infine la mano.
- Strano, i nervi
non sono infiammati. Dubito che sia tendinite. Da quanto va avanti questo
dolore?
- Non saprei, non ci
ho fatto caso. Da un po’, comunque. Mi sto allenando con Diggle, sarà per quello.
- Può essere. Fammi fare degli esami.
- Non voglio essere una delle tue cavie da laboratorio! – In risposta Felicity si aggiudicò un’occhiataccia.
Andrew si alzò in
piedi e l’aiutò a indossare il cappotto.
- Si è fatto tardi,
non vorrei che domani il tuo adorato Oliver Queen t’incolpasse di essere
assonnata perché non lo veneri abbastanza.
Felicity scoppiò a
ridere. – Sei uno stupido. Oliver è ben diverso da come te lo immagini.
- Oliver?
- Hai capito che
cosa volevo dire.
- L’ho capito da
parecchio tempo, purtroppo.
Felicity lo sospinse
scherzando verso l’uscita.
- Eccoci qua.
– L’imbarazzo era calato tra loro.
- Già.
- Felicity…
- Andrew.
- Felicity, io… -
Andrew si sporse verso di lei ma prima che potesse baciarla, la lampadina del
lampione scoppiò lasciandoli nella penombra della Luna.
- Va bene, ho
capito! - Scherzò guardando in cielo. Accarezzò la guancia di Felicity
riportandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – Non t’importuno
più, non voglio che accada un cataclisma, la prossima volta.
Entrambi risero di
gusto.
Bip. Bip. Bip. La
ricerca è terminata. Stampo il risultato e lo archivio nella cartellina. Mi
avvicino alla grande vetrata. Mi sembra di vivere una vita alternativa. Da
quando tutta questa storia è iniziata, ho smesso di indossare i panni
dell’invisibile Felicity Smoak per quelli della ragazza di Arrow.
Un salto a piè pari
nel mondo parallelo dal quale non ho ancora fatto ritorno. Ormai amo questa
vita e... sorrido al riflesso della mia immagine sulla vetrata. Una mano si appoggia
sulla spalla e il pollice mi accarezza delicatamente il collo in un gesto
all’apparenza innocente, ma che entrambi sappiamo essere carico di significati
nascosti.
Volto il capo per
guardarlo. Sorrido quando incontro i suoi occhi.
- … amo stare con
te. – Oh. Mio. Dio. Ditemi che non l’ho detto a voce alta.
Oliver inclina il
capo compiaciuto. – Vieni a cena con me?
- A cena? –
No, ti prego.
- Preferisci dopo
cena?
Ma… ma… Immagini di
corpi avvinghiati tra di loro affollano subito la mia mente.
- No! – Respira, Felicity. Oliver mi osserva in malo modo. –
Cioè, sì. – Oh no. – Tre. Due. Uno. – Conto sottovoce.
– Non posso. – Finalmente! – Ho un impegno.
Oliver stringe le
labbra all’interno gonfiandole leggermente in una smorfia simile al fastidio.
– Con lui?
Non rispondo, tanto
l’ha già capito da solo.
- Pensavo che la
questione l’avessimo risolta.
- Infatti… - Mi
scosto leggermente da lui. – Aiuterò Andrew e Arrow ne resterà
fuori.
- Ok.
Ok? Cosa? Niente
imposizione, niente ordini perentori, niente di niente? Solo ok? Apro la bocca
per dire qualcosa ma non mi esce nulla. Ok?
- Devo andare.
– Un tono più gelido di così Oliver non poteva assumerlo.
Mi sembrava troppo
strano.
- Oliver, - Lo fermo
per il braccio, stringo il suo polso nella mano e infrangendo per l’ennesima
volta una delle mie regole ferree sul lavoro, con un rapido slancio mi sollevo
in punta di piedi e lo bacio. Resto ferma in quella posizione per alcuni
secondi in attesa della sua risposta. Non devo attendere molto. Il suo braccio
mi circonda la vita e mi stringe a lui, mentre l’altra mano spinge la nuca per
approfondire il contatto delle nostre bocche.
- Andiamo a cena?
– Sussurra a poca distanza dalle mie labbra prima di ribaciarmi.
- Ok, facciamolo… -
Ma che dico! – La cena, intendo… - Oliver sorride frastornato. - … ma domani, stasera non posso. - Sospiro. Sono su di giri.
Ritorno con i piedi per terra. - Scusami, ma devo consegnare queste carte
all’ufficio di Isabel. –
Oliver si scioglie
dal nostro abbraccio e mi lascia libera.
Rigido nella sua
posizione mi sbarra la strada. Lo guardo fissa negli occhi e poi con
nonchalance lo aggiro ed esco dall’ufficio.
- Felicity? –
Domanda Diggle entrando in ufficio.
- È andata da Isabel
a portarle dei documenti.
- Quell’espressione
corrucciata sta per…
- Stasera si vede
con Andrew e ho la netta sensazione che quei due si siano invischiati in
qualcosa più grande di loro.
- Più grande delle
questioni che ha con Arrow?
Trafiggo Diggle con
lo sguardo. È mai possibile che debba fare sempre la parte del saggio?
- Lasciale un po’ di
spazio. Vedrai, se avrà bisogno, verrà da te e ti chiederà aiuto.
- Che cosa te lo fa
pensare?
- Perché conosco
Felicity e anche te, e so perfettamente che terrai d’occhio ogni loro minimo
spostamento. – Sorride compiaciuto.
- Sai,
Diggle, sei sprecato come autista di colore.
Ridiamo entrambi e
la tensione si alleggerisce.
Che cosa hanno
intenzione di fare quei due? Dalla mia posizione non perdo di vista Felicity e
Andrew, che sono in macchina a definire i dettagli del loro assurdo piano
d’intrusione nei laboratori della Baverick, il posto
in cui stanno svolgendo le loro ricerche.
Dopo uno sguardo
d'intesa scendono dalla macchina. Quella tutina nera da dove è saltata fuori?
Lascio scivolare lo sguardo su Felicity e su come la stoffa le fascia il corpo.
Però.
Attendo qualche
secondo e poi li seguo all'interno.
Siamo quasi vicini
ai laboratori quando un gruppo di guardie li sorprende.
- Fermi!
Punto la freccia ai
condotti di areazione e la scocco. Tempo pochi secondi, il fumogeno esplode
avvolgendo tutti. Con una rapida mossa spingo Andrew verso l'uscita e afferro
per la vita Felicity, disorientata da quello che sta accadendo.
- Ah! - È solo un
attimo, il corpo di Felicity cede e si aggrappa al mio petto per non cadere a
terra. - Scusa, Andrew, mi hanno ceduto le gambe, deve
essere colpa della tensione.
Rimango in silenzio
e nel frattempo la sospingo verso l'uscita.
- Ora va meglio,
proseguo da sola. - Felicity si stacca da me ed io ne approfitto per scomparire
nella confusione generale.
- Felicity, tutto
bene? - Mi chiede Andrew quando siamo al sicuro.
- Sì, solo... - Mi
fermo a respirare l'aria. Da dove viene questo profumo?
- Sicura? - Andrew
mi tocca la guancia delicatamente.
Non è il suo. Lo
fisso. Mi scosto piano e la mano scivola sulla fronte per rimettere apposto il
ciuffo. Di nuovo! Accosto il palmo della mano al naso e inspiro. Ho già sentito
questo profumo, ma dove?
- Andrà meglio la
prossima volta. - Incoraggio Andrew. - In fondo abbiamo già fatto un passo in
avanti.
- Solo che li
abbiamo messi in allarme.
Tutto a un tratto mi
sento stanca. Mi siedo sul marciapiede. Dopo pochi secondi mi raggiunge anche
lui. Il lieve dolore alle gambe non se ne vuole proprio andare, così massaggio
piano i polpacci.
- Ti fanno male?
- Sì. - Affranta. -
Il dolore mi ha colto all'improvviso quando stavamo scappando, meno male che mi
hai sorretta.
- Sorretta?
Mi volto di scatto a
guardarlo. - Sì, prima, quando mi hai aiutato a scappare.
- Non me ne sono
accorto. - Alza le spalle confuso. - Troppo caos. - Dai, ti riaccompagno a
casa. - Si alza e mi porge la mano.
Ma? Vuoi vedere che...
non può essere.
- Sei sicura di
stare bene? - Andrew mi osserva con il suo solito sguardo clinico.
- Sarò stanca, non
so cosa dirti.
- Facciamo così,
domani vieni da me... - Mi blocca con l'indice prima
che possa ribattere. - … e facciamo delle veloci analisi, veloci-veloci e
indolori, promesso.
- Va bene.
Che serata! Sono
stanca ma ho come la sensazione che mi manchi qualcosa. Tu lo sai bene che cosa
ti manca, Felicity.
Osservo l'orologio.
Quasi mezzanotte. E se... avvio la chiamata e nel frattempo bussano alla porta.
Il telefono non fa in tempo a squillare una volta, apro la porta e mi ritrovo
davantidue
occhi verde chiaro e un sorriso stampato sulle labbra.
- Pronto?
Oliver! Sorrido.
– Volevo sapere se avevi già mangiato. - Continuiamo a parlare attraverso i
cellulari.
Avanza di un passo
senza dire niente ed io indietreggio appena.
- A quest’ora?
– mi chiede Oliver.
- Sì, lo so che è
mezzanotte e non avrai fame… - Oliver stacca la chiamata e ripone il cellulare
in tasca. La sua mano destra si poggia sul mio fianco e scivola sulla schiena,
mentre quella sinistra mi ruba il telefonino e lo lancia sul divano - … ho
pensato che forse ti andava uno spuntino. – Continuo a blaterare, mentre
lui sospinge la porta alle sue spalle e avanza di un passo. – Volevo…
invitarti a fare uno spuntino di mezzanotte. - Mi osserva con quel suo sguardo
penetrante. - … oppure possiamo saltare i convenevoli… - Un lampo nei suoi
occhi. Il suo viso è sempre più vicino al mio. Si muove così lentamente che
nell’attesa delle sue mosse sto perdendo fiato. - … e
passare al dolce.
Mi bacia. Sono
paralizzata. Il cuore esplode in tumulto di sensazioni mai provate. Le gambe mi
cedono, ma questa volta non è per il dolore.
Oliver mi sorregge,
mi solleva piano e mi porta in camera in braccio. Le sue labbra sono così
calde, morbide e piene.
- Direi che il dolce
va più che bene. – Sospiro all’ennesimo bacio sul collo. Avverto le sue
labbra sollevarsi in un sorriso compiaciuto.
Ritorna su di me e
si blocca a osservarmi. Minuti lunghi dove nessuno dei due dice o fa nulla.
- Oliver… - sussurro
piano. Mi appoggia l’indice sulla bocca e si avvicina al mio orecchio.
- Dovresti mettere
più spesso questa tutina…
Inspiro
profondamente per raccogliere più ossigeno che posso. Chiudo gli occhi. L’odore
del bosco, dell’erba e della terra bagnata dalla rugiada del mattino
mi esplodono nella mente e mi catapultano su quell’isola. Distesa a terra accarezzo l’erba, le gocce di pioggia mi bagnano
delicatamente tutto il corpo. Affondo le mani nel terreno e poi mi lascio andare, rotolo piano alla ricerca di quel profumo già
conosciuto. È un attimo. Apro gli occhi di scatto.
Gli afferro il capo
con le mani e lo porto difronte a me. Lo guardo intensamente. Inspiro solo per
avere la conferma a quello che già so essere vero. Eri
tu. Il mio eroe.
Lentamente avvicino
il suo viso al mio e lo bacio con una delicatezza che sorprende anche me. Il
mio eroe, penso ancora. Questa consapevolezza aumenta il desiderio che ho per
lui e il bacio gentile e delicato si trasforma ben presto in qualcosa di più.
Mi sento così bene.
Avvicino di più il corpo di Felicity al mio. La calma dopo la tempesta. Le
bacio la nuca mentre lei continua ad accarezzarmi piano il petto facendo dei
giri concentrici con il dito.
- Grazie. –
sussurra appena Felicity e come se avesse preso coraggio alza il capo e mi
osserva.
Sono stato beccato,
ma dovevo aspettarmi che ci sarebbe arrivata.
- Come mi hai scoperto?
Si morde il labbro.
I suoi occhi scattano dai miei al mio petto, indecisi se rivelarmi il mio
errore.
- È difficile da
spiegare… - Tentenna.
- Provaci. –
Ora sono curioso.
- Te lo mostro, è
più facile.
Sale
su di me avvolgendosi nel lenzuolo. Sorrido a questa delicatezza e cerco
di ignorare il suo corpo nudo che mi sta sfiorando. Con una mano sul petto si
tiene il lenzuolo. Mi osserva attentamente e dopo qualche istante, molto
lentamente, Felicity si distende su di me. Il mio naso le sfiora la clavicola e
l’inizio del collo.
- Inspira, - Mi
ordina ed io eseguo all’istante.
Si sfila il lenzuolo
e si adagia completamente su di me. Sono senza parole. Si struscia lentamente
verso il basso scivolando sul mio petto, fino a incontrare i nostri occhi.
- Che mossa mi hai
insegnato quando l’avversario è su di te, Oliver?
Sorrido compiaciuto
e dopo qualche secondo capovolgo le posizioni. Felicity sotto ed io sopra.
- Molto bravo, -
Sorride compiaciuta. Mi afferra la mano e me l’appoggia
su di lei, sullo sterno, appena poco sotto il seno. Brividi e la sua pelle s’increspa.
Sono disorientato da
queste mosse precise, non riesco a capire il suo scopo, so solo che trovo il
tutto molto eccitante. Si solleva verso di me e mi
spinge sul materasso cambiando ancora un’altra volta le nostre posizioni. La lascio fare, mi sembra di essere creta tra le sue mani.
Volto il capo verso
di lei, che è rimasta ferma, girata di lato verso di me e mi osserva.
Ci guardiamo ma non
fa niente. Sto per chiederle che cosa stiamo facendo
quando all’improvviso mi bacia. Sono completamente disorientato ma prima che il
bacio ci travolga in qualcosa di più intenso, Felicity abbandona le mie labbra
e scivola fuori dal letto, portandosi con sé la coperta che avvolge intorno a
lei. Si appoggia alla scrivania. Inclina la testa di lato e mi osserva
compiaciuta. Può mai uno sguardo eccitare così tanto? Oh sì, che può. Brividi e un’insana voglia di farla mia.
Sto per alzarmi ma
lei mi precede bloccandomi con l’indice.
- Non abbiamo
finito, - Si morde il labbro, compiaciuta di avere questo strano potere su di
me. – Inspira, Oliver. – Lo dice piano. Il
suo tono è così carezzevole che eseguo quasi inconsciamente il suo comando.
Cos’è questo
profumo? È un profumo fresco, simile al limone e alla melissa, dalle note
dolciastre, leggermente aspre. Lo conosco ma non riesco a capire, dove l’ho già
sentito?
- Avvicina la mano
che ti ho appoggiato su di me e inspira.
Lo stesso profumo!
Verbena. Ma allora… e mi ritorna in mente quando si è
appoggiata su di me. Sorrido soddisfatto del mio Sherlock Holmes. Mi alzo. Io al contrario di lei io non ho nessun pudore. Felicity si
morde il labbro mentre il suo sguardo scivola su di me e un colorito rosso le
imporpora le gote.
- Sei tu. - soffio
sul suo viso.
- Es-a-t-to.
– Deglutisce. – Ho letto da una parte che il miglior profumo per
una donna è sempre quello dell’uomo che ama. – Sgrana gli occhi ed io… -
… nel senso che gli uomini… - Riprende il discorso
parlando velocemente. - Hanno delle fragranze molto particolari, la tua per
esempio è intensa, amabile, coinv…
Non aspetto altro.
M’impossesso delle sue labbra e la stringo a me come se da questo dipendesse
tutta la mia vita.
- Wow. –
Sospira per recuperare l’ossigeno.
Appoggio la mia
fronte sulla sua. – Felicity, che cosa mi hai fatto? – Sorrido a
occhi chiusi.
- Era solo un
esperimento. – Sorride a sua volta.
La guardo cercando
di interpretare le sue parole. Mi scosta leggermente da lei e apre il primo
cassetto della scrivania. Afferra il libricino e me lo porge.
Lo apro e leggo ad
alta voce. - Io non amo Oliver Queen, confutazione con metodo scientifico.
Felicity Smoak.
- Vado a fare la
doccia, leggi pure, tanto questo esperimento ha fatto acqua da tutte le parti.
Ma… - … A meno che… - Felicity esita un secondo. - … tu non voglia
fare la doccia con me. - Fa cadere la coperta ai suoi
piedi. Mi lancia un’occhiata divertita e poi va in bagno.
Guardo il libricino
che ho in mano. Sento scorrere l’acqua della doccia. - Scusami, ma ora ho altro
da fare.
Continua…
Angoletto di Lights
Questa è il capitolo che più
amo. No, non è vero, li amo tutti :D
Coraggio, ora potete
riprendere a respirare *passa ossigeno*
Il prossimo? Beh… che dire…
no, dai, non vi anticipo niente XD
Ci sarà una rivelazione che
toglierà il fiato.
Piccolo appunto: Mark – il “caffettaro” è un
personaggio-comparsa che abbiamo incontrato in “Undercover”.
Momenti dei ringraziamenti: Doveroso grazie a Vannagio
e Jaybree: le mie colonne, e ora, anche a voi che vi state appassionando a questa storia e ai miei Oliver &
Felicity, e mi rendete tanta orgogliosa.
Vi avviso ora, così incominciate
a prepararvi psicologicamente.
Siamo quasi giunti alla pausa
estiva.
La prossima settimana, sempre
di lunedì pubblicherò l’ultimo capitolo, poi mi
fermerò per il periodo estivo (luglio e agosto) e riprenderò la pubblicazione
normale di Metodo Scientifico a
settembre.
Nel frattempo ho aggiunto un
paio di capitoli a questa storia e …
Capitolo 8 *** Fase sette: la felicità ti coglie quando meno te lo aspetti ***
Metodo Scientifico
- 7 -
Fase sette: la felicità ti
coglie quando meno te lo aspetti
“La felicità è conoscere e meravigliarsi.”
Jacque Cousteau
- Stai ancora sfogliando quel
libricino? Ti ho già detto che sono solo appunti scritti per gioco.
Oliver mi fissa serio. Sta valutando
qualcosa ma non sa se dirmela o no. – Avanti, che c’è? – Mi siedo
sul divano accanto a lui e gli porgo il piatto con un
pezzo di pizza.
- Si blocca al quinto esperimento.
– Decreta infine.
- Sì, è giusto.
- Ma sono
tre mesi fa, e poi? Che è successo?
Dovevo immaginarlo che ci avrebbe
fatto caso. – Poi… - tentenno. – Non ho avuto più modo di
proseguire l’esperimento, ho dovuto concentrarmi su altro.
- Tipo? Non mi pare che tu sia stata impegnata
in qualche ricerca particolare per Arrow.
- Non per Arrow. – Puntualizzo
a bassa voce.
- Ah.
– Secco e infastidito. - … mi hai scaricato per Andrew. – Termina
contrariato.
- Beh, non direi che ti ho scaricato,
visto poi com’è andata a finire… - Si volta di scatto a guardarmi. - … l’esperimento,
intendo.
Questa volta Oliver sorride
compiaciuto.
- È stata dura. – Confessa dopo
un lungo silenzio. Mi volto verso di lui e attendo che prosegua. – Sono
ormai così abituato ad averti al mio fianco che è difficile dividerti con il
resto del mondo.
- Soprattutto se questo mondo si
chiama Andrew Wolfar. – Scoccata d’occhio. Ops.
- Non è
questo, Felicity. – Mi afferra la mano e delicatamente mi accarezza il
dorso con il pollice.
- Cos’è, allora? – Sono
perplessa.
- Questo, - Si sporge verso di me e mi
bacia. Si stacca poco dopo ma i nostri visi sono vicini.
- Oh.
– Non riusciamo ancora a dare una definizione al nostro rapporto. Siamo troppe cose contemporaneamente. Va bene così. Solo
pensarci mi sale l’ansia e mi viene mal di testa.
Scivolo verso di lui che mi accoglie
tra le sue braccia.
- È tutto
così strano, Oliver. – Confesso, infine.
- Lo so,
Felicity. – Mi bacia il capo. – Dobbiamo solo darci del tempo per
abituarci all’idea.
- Dai, Felicity, non fare la bambina,
è un semplice ago. Prometto che non ti farà male. – Andrew e la sua
sicurezza. Io ho paura degli aghi. Stringo forte le palpebre. Perché ho
accettato di sottopormi alle sue analisi? Paranoico. Un po’ d’indolenzimento
cosa vuoi che sia? Sarà mancanza di potassio, stanchezza.
- Fatto. – Fatto? Apro gli
occhi e lo osservo mentre appoggia il cerotto sul braccio. – Te l’avevo
detto che non avresti sentito nulla. Solo il re dei prelievi. – Ride
divertito.
- Ti ho già detto che sei paranoico?
- Sì, un miliardo di volte. Un
controllo non fa mai male. Non sei curiosa di conoscere la tua eredità
genetica? Credo che sia una scoperta così eccitante!
Scuoto la testa. Vedi se dovevo
diventare amica di un pazzo ricercatore.
- Che scusa hai inventato per venire
qua, dato che grazie all’intervento di Arrow, abbiamo
portato a termine la nostra missione? – Mi distoglie dai miei pensieri.
- Nessuna. – Rispondo troppo
velocemente. Andrew mi fissa serio. – E va bene. Ho detto che dovevo
portarti del materiale che mi avevi richiesto.
- Questo vuol dire che posso essere
ancora trafitto da una delle sue frecce? – Scherza. – Il signor
Queen che ne pensa di questo strano rapporto che hai con l’arciere?
Lo guardo perplessa.
- Felicity, sei un libro aperto per
me. Ho notato benissimo le occhiate che vi scambiate tu e Oliver. State
insieme. Mi sta bene ma se osa farti del male ci
penserò io stesso a dargli la giusta punizione.
Sorrido intenerita. Oh, Andrew.
- Non mi guardare così. – Mi dà
le spalle tenendosi impegnato con le provette. – Su, ora vai, non voglio essere la causa di un vostro litigio, in fondo il
signor Queen non dovrebbe lasciarti con me. Sono sempre un rivale temibile.
– Mi fa l’occhiolino.
Sbuffo divertita. – Tu sei
tutto matto. Quando ci rivediamo?
- Ora lasciami lavorare, ti chiamerò appena avrò i risultati.
- D’accordo. – Gli appoggio la
mano sulla spalla e vado via.
Che serata magnifica! Il cielo è
costellato di stelle. Inspiro a pieni polmoni. È da più di un’ora che sto
camminando per le vie della città. C’è un’aria piacevole, la calma che copre la
città è quasi surreale. Avevo proprio bisogno di questa pausa. Perfino il
dolore alle gambe sembra sia passato. Mi sento veramente meglio.
Arrivo a casa e sui gradini del
portone trovo seduto Oliver. Mi blocco incredula a
pochi passi da lui. Sta leggendo qualcosa sul cellulare e non si è accorto del
mio arrivo.
Osservo il suo sguardo attento. Che
ci siano problemi in vista? Sospira e poi finalmente alza il capo e si accorge
di me.
- Felicity! – Si alza di
scatto.
- Ha perso l’effetto sorpresa, signor
Queen. – Mi avvicino a lui.
- Ho molte altre frecce al mio arco,
signorina Smoak. – Mi afferra per il bavero del cappotto, mi trascina
vicino a lui e mi bacia.
L’ho detto io che è una serata
magnifica. Lascio cadere la borsa a terra e gli circondo il collo con le
braccia avvicinando di più i nostri visi e i nostri corpi. – Oliver… -
sussurro tra le sue labbra.
- Non fare così, Felicity. –
Confessa staccandosi da me all’improvviso.
- Co-m-e?
Mi bacia senza preavviso. Sbigottita.
In totale blackout.
- Non dovrei… - sussurra con la
fronte appoggiata sulla mia e sorride compiaciuto della mia reazione. Dovrebbe
averlo capito che effetto mi fanno i suoi baci, chissà
perché se ne stupisce? – Ogni volta che pronunci il mio nome, con quel
tono caldo, profondo, mi mandi in tilt.
- Ol… - mi
blocco, in fondo siamo sempre in strada. – Signor Queen, - Così è ancora peggio. La mano di Oliver mi sfiora la guancia. Le dita
scivolano dietro il collo mentre il pollice mi accarezza il viso e spinge il
capo verso di lui. Le labbra, un labile contatto, un bacio
quasi sussurrato. Eh no! Sono umana anch’io. Mi spingo verso di lui e lo
imprigiono tra le mie braccia. Mi spalmo su di lui e approfondisco il contatto
delle nostre bocche.
Non sei solo tu che mi mandi in tilt,
anch’io ho questo potere su di te.
Ci stacchiamo ansimanti. Dobbiamo
smetterla, un po’ di contegno!
- Andiamo a cena? – Domanda
Oliver, una volta che i nostri respiri si sono regolati.
- Va bene, - sorrido. - … ma il dolce
lo prendiamo a casa. – Occhi profondi, di un colore
scuro e intenso che mi scrutano. – Nel senso che ho fatto un dolce e
voglio fartelo assaggiare.
- Felicity, - affonda il capo nella
conca del mio collo. - … non stuzzicarmi.
Oh. Allargo gli occhi. Stupida! Casco
sempre nell'errore di dire qualcosa con un doppio senso velato.
Oliver lascia un veloce bacio sul mio
collo e poi mi trascina in macchina.
Stamattina ho proprio bisogno di un
caffè. Inserisco le monete nella macchinetta e attendo la mia dose giornaliera
di caffeina.
- Hai visto il giornale, Roger? Te
l'avevo detto che tra quei due c'era qualcosa. - Gossip di prima mattina, bene,
mi mancava.
- Davvero? Non ho avuto il tempo,
Paula. Fammi vedere!
Sono la centralinista del ricevimento
e uno degli addetti alla sicurezza. Mi sposto leggermente per vedere che cosa
stanno sfogliando. Solite riviste di pettegolezzi.
- Non è fantastico, Roger? Avevo
anche scommesso con Katie che tra quei due c'era qualcosa. È lampante, guarda
lui come la spoglia con gli occhi, per non parlare di lei.
- Sembrava fin troppo strano che un
esperto informatico diventasse la segretaria del grande capo.
- Beh, diamole torto,
Roger.- Interviene Katie, l'altra
centralinista. - Tutto possiamo dire tranne che il
signor Queen non sia un bel vedere per gli occhi. Che ragazza fortunata. -
Afferra le riviste e inizia a leggere gli articoli.
Cosa?
- Già. - Sospirano entrambe le due
donne ammirando una delle foto dell'articolo.
- Che cosa si può volere di più: è
ricco, bello, affascinante e con un'aria intrigante. Ci farei un giro volentieri
anch’io con lui. - Ridono alla battuta di Paula.
- Felicity ha fatto il colpaccio.
Chissà quanto durerà?
- Semplice. Ora è una novità, un
giocattolo nuovo, il signor Queen se ne sbarazzerà non appena si sarà stufato
di giocare con lei.
- Si sa che per Oliver Queen le
donne...
Ora basta! Paleso
la mia presenza.
- Signor Diggle! - Esclamano i tre.
- Datemi quelle riviste. - Le afferro
bruscamente dalle mani di Katie. - Tornate al lavoro.
Giro per l'ufficio. Gli occhi sono
tutti puntati sull'ingresso in attesa della nuova coppia.
Avvio la chiamata. - Oliver, abbiamo
un problema. Bisogna bloccare... - Non faccio in tempo a finire la frase che
vedo Felicity varcare l'entrata.
I dipendenti si fermano e la fissano.
Lei si guarda attorno disorientata, poi mi scorge e mi sorride.
- Buongiorno, Dig.
Non le rispondo e la trascino verso
l'ascensore per il braccio.
Passiamo davanti alla segreteria e una
delle ragazze sorride tutta eccitata a Felicity facendole un segno di
approvazione.
L'ammonisco con lo sguardo, abbassa il
capo e riprende il suo lavoro.
- Ma che
succede?
Felicity accende i computer e si
accomoda alla scrivania.
- Devo dirti una cosa.
La voce della giornalista mi precede.
La nuova coppia di Starling City. L'amministratore delegato
della Queen Consolidated Oliver Queen e la sua segretaria Felicity Smoak.
La coppia è stata beccata in atteggiamenti intimi fuori casa
della signorina Smoak. Ha proseguito la serata in un ristorantino appartato,
per concluderla in bellezza a casa di quest'ultima.
Non sappiamo rispondere alla domanda
che si pongono tutti: durerà? A detta di molti, conoscendo il passato da
playboy di Oliver Queen e la scia di donne che si lascia alle spalle, questa
storia lascerà il tempo che trova. Intanto,
congratulazioni alla nuova coppia di Starling...
Interrompo il telegiornale. Felicity
ha gli occhi sgranati e mi fissa. Brutto segno. Si accorge delle riviste e me
le strappa dalle mani.
In prima pagina c'è la foto di loro due che si baciano davanti casa sua e una
scritta a caratteri cubitali: Oliver Queen se la fa con la segretaria.
Sfoglia velocemente la rivista e
arriva all'articolo dove ci sono tutti gli scatti di
ogni loro mossa: sotto casa, a cena, fuori dal ristorante e infine quando
entrano nel portone.
Prende l'altra rivista. La storia è
sempre la stessa, più o meno le stesse foto, primi
piani di loro che si baciano con titoli diversi: Capo e segretaria, la
storia più vecchia del mondo. C'è cascato anche Oliver Queen.
Oliver entra proprio in quel momento.
Felicity scatta in piedi e lo fronteggia.
- Mi licenzio!
Oliver si trattiene, la fissa con il
suo sguardo serio. - Non puoi.
- Sono diventata lo zimbello
dell'ufficio. Ora credono tutti che sono arrivata qua non per il cervello ma
solo perché sono bionda e me la faccio con il capo.
Oliver reprime l'impulso di
risponderle a tono. Stringe le labbra forte e inspira profondamente.
- Io ho sgobbato alla MIT per
raggiungere un risultato e non è certo questo. - Prosegue Felicity seguendo
Oliver nel suo ufficio. Lui si siede alla scrivania e sistema dei fogli.
- Hai visto i giornali? - Felicity li
lancia sopra il tavolo davanti a lui.
Dopo qualche secondo Oliver alza il
capo e la fissa dritto negli occhi.
- Non hai niente da dire? - Il tono
alterato di Felicity non annuncia nulla di buono.
- Che cosa c'è che non va?
La sua domanda coglie impreparato
anche me. Felicity è esterrefatta. Lo guarda senza saper rispondere.
- Tu ed io stiamo insieme. - Lo dice
come se fosse una cosa normale.
Felicity è senza parole. Io sono
senza parole. Stanno insieme, certo, tutto normale.
Oliver si alza in piedi e si mette di
fronte a Felicity. Le appoggia le mani sulle spalle. - Va tutto bene. - Le
bacia la fronte. - Ora per cortesia potresti portare questi fascicoli
all'ufficio di Isabel?
Felicity esegue la richiesta come un
automa e se ne va incredula. Mai quanto me, ragazza.
Restiamo soli. Oliver ha un'espressione cupa
sul volto. Ora lo riconosco.
- Diggle, trovami il nome di questo
fotografo. Ho qualcosina da mettere in chiaro con lui.
Sorrido divertito. Spero solo che non
lo trafigga con una delle sue frecce.
Che giornata! Alla fine mi sono
dovuta rifugiare qui all'Arrow Cave. Essere al centro
dell'attenzione non fa per me. Ora rimpiango la mia vita anonima.
Non essere sciocca, Felicity. Non sei
mai stata così felice. Mi massaggio le braccia. Stasera fa particolarmente
freddo. È da un po' che non vedo Oliver e Diggle. Chissà cosa stanno facendo?
Prendo a camminare osservando ogni
oggetto. I computer, la teca vuota del costume di Arrow. Non c'è neanche l'arco!
Cosa succede? Perché non mi hanno informato?
Attivo il gps
dei loro cellulari. Diggle è a casa sua e Oliver è appena arrivato al Verdant. Avvio la telecamera e lo osservo mentre smonta
dalla moto. Pochi minuti e arriva. Ha in mano il costume e dall’altro l’arco
con le frecce. Gli avrà fatto delle modifiche?
Sono seduta sulla mia poltrona.
Braccia conserte, gambe accavallate e lo guardo seria.
Oliver si blocca un attimo ma poi fa
finta di niente. Appoggia l'arco e le frecce sul tavolo.
- Problemi?
- No. - Si avvicina a me. Si appoggia
sui braccioli della sedia. Mi allontano schiacciandomi contro lo schienale. -
Tutto normale. - Oliver elimina la poca distanza e mi bacia. Poi si allontana
di poco e mi fissa. Ha uno sguardo strano, intenso, caldo... determinato.
- Ti amo. - Lo dice quasi sottovoce.
Ti amo, lo ripeto nella mente con il
suo stesso tono di voce.
- Oh.
Continua...
Angoletto di Lights
Ho bisogno di un secondo… aaaaawwwww
Dichiarazioni così le vorrei ricevere
ogni giorno, soprattutto se a farla è Oliver Queen!
Grazie a voi tutti che mi seguite costantemente,
è magnifico sentire ad ogni capitolo il vostro affetto
per questa storia.
Grazie sempre a vannagio
e jaybree per il loro supporto silenzioso ;)
E ora i saluti. Ci si rilegge a
settembre!
Come vi avevo già annunciato nel
capitolo precedentemente, la storia è temporaneamente
sospesa per il periodo estivo (luglio e agosto)
“Non indugiare sul passato; non sognare il
futuro,
concentra la mente sul momento presente.”
BUDDHA
Felicity, la chiamo silenziosamente con lo sguardo. Le ho appena detto
ti amo e lei non ha più proferito
parola.
Non mi aspettavo una reazione simile. Mi sollevo piano senza perdere
il contatto con i suoi occhi.
Felicity mi osserva. Il suo sguardo è vuoto, lontano, perso chissà
dove.
Che faccio? Il suo comportamento mi spiazza. Ancora.
Sei il mio più grande enigma, Felicity Smoak!
All’improvviso si alza. Siamo uno di fronte all’altro. È un attimo. Si
solleva sulle punte dei piedi e le sue labbra sfiorano le mie dolcemente. Non
so che fare. Sono sorpreso dalla sua reazione. Resto immobile, disorientato.
Accoglie il mio viso tra le sue mani e approfondisce il bacio con una
naturalezza disarmante. Le circondo la vita con le braccia e l’attiro a me
stringendola forte.
Il bacio timido si trasforma ben presto in qualcosa di più passionale.
I respiri si fanno più accelerati, le nostre mani esplorano e le labbra si
rincorrono.
Scivolo sul suo corpo. La sua pelle è calda, a ogni mio bacio è
percorsa da brividi.
- Oliver… - sussurra. È un attimo e si aggrappa a me di peso.
La sollevo e l’appoggio sulla scrivania.
Felicity butta indietro il corpo appoggiandosi con le mani al tavolo.
L’allarme intrusione scatta all’improvviso.
- Oddio! – Mi stacco da lei disorientato. Ma che succede?
– Scusami. – Felicity scende dalla scrivania e digita dei comandi
sulla tastiera.
Tutto torna alla normalità. Mi guarda. La guardo.
- Io… ecco… ero così presa da te che inavvertitamente ho toccato il
pulsante dell’allarme. Ho sempre pensato di essere in sintonia con la
tecnologia ma non fino a questo punto. Il sistema informatico non è l’unico a
essere andato in tilt.
Sorrido difronte alla sua confusione e imbarazzo.
- Andiamo a casa, senz’altro avremo più privacy.
Le bacio il capo e le porgo la mano. Felicity esita un attimo. Osserva
me e poi la mano tesa. Pochi secondi d’indecisione e infine la afferra. –
Andiamo a casa.
È notte fonda. Mi sveglio all’improvviso. Questo maledetto formicolio
alle gambe non vuole proprio lasciarmi in pace.
Oliver mi tiene imprigionata a sé. Sorrido intenerita. Facendo
attenzione, sollevo il suo braccio quel tanto che mi permettere di tornare
libera.
Scivolo fuori dal letto e inginocchiata mi concedo qualche minuto per
osservarlo. È tutto così strano. Ti amo,
la sua voce calda mi solletica il cuore. Inspiro profondamente per tentare di
calmare i battiti.
Non avrei mai creduto di sentirglielo dire. Sta andando tutto così
velocemente. Un giorno siamo capo e segretaria, un altro partner e ora…
Sei una stupida, Felicity Smoak, non riesci neanche a definire che
cosa siete. Non è difficile, ce l’ha fatta anche l’ermetico Oliver.
Ho bisogno di tempo, solo per abituarmi alla cosa. Solo un altro po’
di tempo.
Mi alzo e vado in cucina. Chissà dove ho messo le pillole che mi ha
dato Andrew. Com’è fastidioso questo indolenzimento. Eccolo! Afferro il
barattolo. Accidenti! Non ho più forza nelle mani. Ma che mi sta succedendo?
- Ehi, - Oliver mi circonda da dietro le spalle. – Come mai già
in piedi?
Appoggio il capo sul suo petto. – Volevo prendere queste
vitamine ma non riesco ad aprire il barattolo, ho le mani indolenzite. Si vede
che ho dormito nella stessa posizione per troppo tempo.
Me lo toglie dalle mani e lo apre senza dire niente. – Ti ho
salvato anche questa volta. – Mi bacia il collo divertito.
Mi volto nel suo abbraccio in modo da poterlo guardare.– Sempre pensato che è bello avere
un eroe a portata di mano, pronto a soddisfare ogni mia esigenza.
Oliver sorride compiaciuto. Quando la smetterò con questi doppi sensi?
Mi spinge verso il mobile imprigionandomi tra le sue braccia. –
Oliver… - Le sue labbra sono sulle mie. Cerco di continuare il discorso ma il
suo tentativo di distrarmi va in porto. Perdo la cognizione del tempo e mi
concentro solamente sul suo tocco, su suoi baci e sul suo corpo appiccicato al
mio.
Una delle mani scivola sotto la camicia. Sto andando a fuoco. Perfino
il dolore che provavo agli arti si placa sotto le due dita.
Ogni suo movimento diventa più audace, esigente. – Felicity, -
sussurra vicino al mio orecchio. Il mio nome assume un altro significato detto
da lui. Gli sfilo la maglietta e lui fa lo stesso con me. I nostri indumenti
cadano a terra e poco dopo ci ritroviamo anche noi sul pavimento.
- Dovremmo smetterla, - Sospiro. Ci siamo amati a lungo. È stato così
intenso questa volta, che ho faticato parecchio a riprendere fiato. Siamo
distesi sul pavimento. Sono appoggiata al petto di Oliver mentre lui continua
ad accarezzarmi la schiena. Mi sento al sicuro. – Non possiamo saltarci
addosso continuamente.
- Sei tu che istighi, - Ho come la netta sensazione che stia
sorridendo tra i miei capelli.
- Questo non è per niente vero. – Volto il capo verso di lui.
- Lo fai sempre… l’hai fatto sempre.
- E come? – Faccio leva sul suo petto e mi sollevo quel tanto
che basta per essere di fronte a lui.
- Quando mi guardi in questo modo, i tuoi occhi assumono un’aria
profonda, e sembrano nascondere un segreto così intrigante che non puoi fare a meno
di volere conoscere. – Sorrido impressionata. – Il tuo sorriso è
carezzevole come un bacio timido, che si posa poco sotto la guancia e
all’inizio delle labbra. – Appoggio la mano sul suo petto, intenerita. -
Quando mi tocchi, mi sfiori involontariamente, ti appoggi a me. Tutto il tuo
corpo mi parla, mi ha sempre parlato.
Cedo, ancora. Mi abbasso su di lui e lo bacio. – Mi vuole dire
che ho questo strano potere su di lei, signor Queen?
Oliver non mi risponde e cambia con un agile movimento le nostre posizioni.
– Può essere, signorina Smoak.
- Devo vedere il signor Queen. – La voce autoritaria mi distrae
dalle mie ricerche al computer. Lo sguardo scivola sulla persona che ho di
fronte. Gonna al ginocchio, giacca e camicia bianca. Capelli castani, perfettamente
lisci, e occhi da cerbiatta, decisi.
Quando riconosco la persona che ho davanti, mi si mozza il fiato.
– Detective Hall!
- Non sono più in polizia. Lavoro per conto mio, sono
un’investigatrice privata. – Seguo ipnotizzata il movimento della sua mano
che mi porge il biglietto da visita. – Il signor Queen. –
Autoritaria. Mi osserva in attesa della mia mossa.
Oliver entra in ufficio proprio in quel momento ed io scompaio dalla
sua vista. McKenna si volta e i due restano immobili a fissarsi. Io non esisto
più. Fa male.
- McKenna… - sussurra Oliver, ancora incredulo di averla di fronte.
Lei fa un passo verso di lui. – Ciao. – Sorride
emozionata. Devo andarmene, ma prima che possa realizzarlo, Oliver la abbraccia
stretta a sé.
Mi alzo di scatto dalla sedia e nel farlo urto il portapenne che cade
fragorosamente a terra.
I due si rendono conto che ci sono anch’io.
- Scusatemi, mi sono appena ricordata che devo spedire questi
documenti urgenti. – Afferro velocemente il cappotto, la borsa, il plico
di fogli e scappo via, ho visto abbastanza.
Felicity. La osservo andare via velocemente ma sono così frastornato
nel rivedere McKenna che non mi muovo. Mi sembra impossibile.
- Stai bene?
- Sì, ora sì. – Sorride. - È stata dura ma mi sono ripresa e ho
cambiato vita. Ho aperto una mia agenzia d'investigazione.
- Sono felice per te. È bello rivederti.
McKenna si stacca da me di qualche passo. Si avvicina alla grande
vetrata. Lascia vagare lo sguardo all’orizzonte. Passano lunghi attimi di
silenzio. È una situazione così surreale. Ne è passato di tempo. Mi avvicino
silenziosamente a lei. Sussulta quando appoggio la mano sulla sua spalla.
Si volta e mi osserva pensierosa. - Ho bisogno del tuo aiuto, Oliver.
So che sei in ottimi rapporti con la Richmord Enterprise.
- Sì, - Non so dove voglia andare a parare.
- Sto investigando per conto di un mio cliente. La figlia ha lavorato
parecchi anni in quello stabilimento. Ora si è ammalata. Il padre continua a
dirmi che è colpa delle sostanze tossiche che maneggiava nel laboratorio. Hanno
provato a trascinare la società in causa ma purtroppo il potere della Richmord
ha avuto la meglio e il caso è stato archiviato. Investigando ho trovato altre
persone che si sono ammalate.
Mi afferra le mani. – Lo so che quello che ti sto per chiedere è
un grosso favore ma io devo fare qualcosa per queste persone.
- Farò tutto quello che è in mio potere per darti una mano.
- Ho bisogno di una tua lettera di presentazione, nella quale
raccomandi la mia assunzione come guardia del corpo o almeno nella sicurezza.
In questo modo potrò investigare liberamente. Lo so che se fossi scoperta,
esporrei te e la tua società a un grosso scandalo, ma se tu vedessi questo
padre e tutte le altre persone capiresti perché voglio avere giustizia.
Stringo forte le sue mani ed osservo i suoi occhi che mi restituiscono
uno sguardo deciso. Sorrido e le accarezzo la guancia. – Combatterò al
tuo fianco, McKenna.
Mi abbraccia grata. Il suo profumo mi riporta indietro al passato e
per un attimo mi lascio andare ai ricordi.
- Scusatemi… - Il suo è quasi un sussurro. Mi stacco da McKenna e mi
volto verso Felicity.
- Che stupida! Mi sono dimenticata di avere un impegno. Buona serata,
signor Queen, signorina Hall. – I suoi occhi sono delusi.
- Felicity, - L’afferro per il polso prima che possa andare via. Mi
osserva e poi guarda la mia mano che la tiene intrappolata. Con uno scatto
deciso del braccio si libera. – Buona serata, signor Queen. – Dura
e fredda, non mi lascia spazio per le spiegazioni.
Le porte dell’ascensore si chiudono e l’unica cosa che rimane è lo
sguardo lucido di Felicity.
Inspiro profondamente. Maledizione.
Mi volto e ritrovo McKenna che mi osserva corrucciata. Deve aver
intuito.
- Andiamo a cena così parleremo meglio dei dettagli e domani ti farò
assumere alla Richmord Enterprise.
Non pensavo di fare così tardi, il piano che ho architettato con
McKenna ha richiesto più tempo del previsto. Entro in casa, c’è silenzio.
Felicity si deve essere addormentata. Strano. Credevo che mi avrebbe aspettato
sveglia. Apro la porta della camera lentamente ma trovo il letto intatto.
Accendo la luce. La stanza è vuota. Non è rientrata.
Avvio la chiamata, mi risponde la segreteria. Ha staccato il telefono.
Inspiro.
Afferro il telefono. È Diggle. – Dimmi. Cosa? Tu portala in ospedale,
io arrivo subito. No, fallo! Anche con la forza se dovesse essere necessario.
Le porte dell’ascensore si aprono e ci ritroviamo davanti Oliver, che
appena mi vede mi abbraccia.
- Stai bene?
- Sto bene, grazie. – Il tono è più freddo di quanto avrei
voluto. Dopo che ho visto il trasporto con il quale Oliver abbracciava McKenna,
non sono più a mio agio tra le sue braccia.
Mi scosto facendo un passo indietro.
Oliver mi osserva per un secondo, poi sposta l’attenzione su Diggle.
- Il dottore ha detto che le verrà un bel bernoccolo ma è tutto a
posto.
- Sono solo scivolata per le scale. Sono maldestra, ma questo lo
sappiamo bene tutti, mi pare.
- Com’è successo?
- Io l’ho trovata in fondo alle scale priva di sensi.
- Sono stanca. – Metto fine a questo discorso. Le gambe hanno
ceduto per l’ennesima volta. Mancanza di potassio, non ne devo fare un dramma.
Sospiro.
- Dig, mi riaccompagni a casa?
I due si voltano a guardarmi. Diggle osserva me e poi Oliver.
- Io…
- Non serve, ti riaccompagno io, Felicity. – Interviene Oliver
togliendo Diggle da quell’imbarazzante situazione.
- No, grazie. Non vorrei distoglierti da McKenna. Prenderò un taxi.
Entro nell’ascensore e spingo il bottone del piano terra ma prima che
le porte si chiudano Oliver riesce a entrare.
- Parliamo?
Evito di guardarlo. Al momento trovo molto interessante il pannello
dei comandi. Non mi ero accorta quanto fossero magnetici i colori dei bottoni.
- Felicity, - Oliver allunga la mano e l’appoggia sulla mia guancia.
Sussulto a quel contatto. Mi scosto, fredda.
Che cosa credevo? Eppure il passato libertino di Oliver lo conosci
bene, non ti eri mica illusa che sarebbe durata per sempre? Sono tutte di
passaggio, tu sei di passaggio.
Chiudo gli occhi. Non voglio rispondere alla mia coscienza.
Oliver blocca l’ascensore. Lo fisso sorpresa. Con il suo corpo mi
chiude in un angolo. Non ho via di fuga.
- McKenna mi ha chiesto aiuto. Ha bisogno di me.
- Immagino. Chissà quale aiuto potrà mai volere da Oliver Queen?
Dall’uomo più affascinante, ammaliante e ricco di Starling City? Mah …–
Sbuffo irritata.
- Felicity, - Oliver ghigna divertito. – Non è che sei gelosa?
Cosa? Apro la bocca per rispondergli a tono ma non trovo le parole.
Gelosa, io? Non scherziamo.
Mi scosto da lui e riattivo l’ascensore. Oliver mi afferra per il
braccio, mi riporta stretta a sé e mi bacia.
Faccio un po’ di resistenza, ma la pressione delle sue labbra sulle
mie, la lingua che mi accarezza e le sue mani che dolcemente percorrono il mio
corpo, mi fanno desistere.
Ha vinto, d’altronde vince sempre.
- Sei così sexy quando diventi gelosa! - Mi sussurra all’orecchio
prima di mordermi la pelle del collo e appoggiarci sopra le labbra.
Quel pizzico di dolore mi provoca una scarica di brividi lungo tutta
la schiena. Trattengo il respiro.
Mi scosto da lui. Lo guardo dritto negli occhi. - È solo… - inizio
piano. – So quanto è stata importante per te McKenna e com’è andata a
finire… e come sei stato male dopo che ti ha lasciato. – Le porte
dell’ascensore si aprono. Esco con lui che mi segue.
Salgo in macchina. Il silenzio accompagna il tragitto fino a casa.
Oliver ferma l’auto e si volta verso di me senza dire niente. Sta
aspettando che dica qualcosa.
Inspiro profondamente.
- Lo so… - Mi blocco.
Oliver mi afferra la mano ma la allontano immediatamente.
- Forse è meglio che rallentiamo un po’. Questi ultimi mesi sono stati
una corsa di emozioni.
- Felicity… - Mi volto verso di lui e gli appoggio la mano sulle
labbra.
- Lo so, Oliver. – Mi mordo il labbro. – Ho visto la tua
reazione quando hai incontrato McKenna. In fondo non posso biasimarti, lei è
stata la prima donna che hai amato quando sei tornato. La prima che è riuscita
a vedere il tuo cambiamento dopo l’isola, a scoprire l’uomo che sei veramente.
- Felicity, hai detto bene: “che ho amato”. McKenna appartiene al
passato, tu sei il mio presente, e
questo è quello che conta.
Oliver appoggia le mani sul mio viso e lo avvicina al suo. – Io
amo solo te.
Sorrido.
- Basta con queste incertezze.
Ah sì? Lo osservo per un lungo istante prima di scendere dalla
macchina. Mi appoggio al finestrino. – Te lo ricorderò anche io la
prossima volta che incontrerò Andrew… - Mi blocco un attimo per fare mente
locale. – Anzi, ricordatelo già da adesso, visto che tra poche ore dovrò
vedermi con lui.
- Fe-li-ci-ty.
Al suo richiamo ritorno sui miei passi.
Mi appoggio di nuovo al finestrino. – Oliver… - Lui si spinge
verso di me.
Infilo il capo all’interno dell’abitacolo e lo bacio prima che possa
aggiungere altro.
- Buonanotte.
Continua…
Angoletto di Lights
Ben tornati! È settembre e come promesso si riprende a pubblicare. Ho
aggiunto qualche capitolo alla storia, quindi staremo insieme ancora per un
po’.
La sto terminando di scrivere quindi non so con esattezza quanti
capitoli saranno, ma non vi preoccupate, vi terrò informati.
Ora i nostri Oliver e Felicity sono una coppia, una neo-coppia, come
tale avranno bisogno del tempo per rodaggio, ci riusciranno? Lo scopriremo
insieme.
Buon Lunedì e ci si rilegge la prossima settimana ;)
Capitolo 10 *** Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica ***
Metodo Scientifico
- 9 -
Fase nove: passato che confonde, presente che semplifica
“La vita sa confondere
le sue tracce, e tutto del passato,
può diventare materia
di sogno, argomento di leggenda.”
Giorgio Bassani,
Cinque storie ferraresi, 1956
Le gambe ciondolano lentamente. Sembra quasi che non indossi le calze.
Incredibile cosa può fare la seta. Sospiro. Il collo, ahia! Lo muovo
lentamente, sono tutta indolenzita. Che silenzio. Scivolo con lo sguardo sulla
figura seduta di fronte a me. Sono ore che Andrew ed io siamo in questa
posizione: lui intento a osservare chissà che cosa al microscopio ed io seduta
su questo freddo tavolo di laboratorio.
- Andrew, mi spieghi perché i tavoli di laboratorio sono sempre in
metallo?
- Felicity! – Ops, l’ho rifatto.
Andrew si volta verso di me e per l’ennesima volta mi ammonisce con lo
sguardo.
- Nonostante trovi piacevole il tuo chiacchiericcio e
la tua curiosità, ti prego, te lo chiedo per favore, stai buona e lasciami
lavorare. – Si volta e tenta di concentrarsi nuovamente sulle sue
analisi.
- Scusa, - Sussurro dispiaciuta. - Però devi ammettere che questa volta ho tenuto sotto controllo la
mia curiosità per almeno cinque minuti, cosa molto difficile per una come me
che quando inizia…
- Stasera niente mister Queen? - Andrew blocca il mio sproloquio.
Oliver, sospiro rumorosamente.
Andrew si volta e mi osserva in silenzio. Si alza e si dirige verso la
macchinetta del caffè. Prepara due tazze e poi mi raggiunge porgendomene una.
Inspiro. Amo l’aroma del caffè: forte e pungente. L'odore di terra con
un non so che di dolce mi delizia.
- Mi vuoi dire che cosa succede tra di voi? Sono settimane che vieni
qua con una scusa, alla quale fingo di credere, a trascorrere serate intere con
me e il mio lavoro.
- Niente.
Andrew poggia la mano sulla mia guancia e mi invita
a sollevare il viso, in modo da poterci guardare negli occhi.
- Felicity, sono io.
Sorrido, come conferma delle sue parole.
Andrew si siede accanto a me, sorseggia per un po’ il suo caffè in
attesa che io mi decida a parlare.
- Sai, - È lui a rompere per primo questo silenzio. – Mi sembra
di essere tornato indietro a un anno fa, quando è iniziata la nostra relazione.
A sentire “relazione” mi volto a guardarlo scettica.
- Hai capito che cosa intendo. - Mi afferra la mano e se la porta in
grembo. – Quando abbiamo cominciato a frequentarci più spesso, dopo la
storia dell’arciere nero, in un primo momento avevo creduto che i tuoi
sentimenti nei miei confronti fossero cambiati. Poi, però, ho capito. Il signor
Queen si era allontanato da te e quindi ti eri rivolta a me perché in quel
momento difficile mi vedevi come un porto sicuro in cui attraccare. Ero
un’ottima spalla a cui aggrapparti. È sempre così tra
noi: quando il signor Queen è troppo preso dalla sua vita e ti mette in un
angolo, tu ti accorgi che esisto.
Levo la mano dalla sua e lui si volta verso di me. – Proprio
come ora, non è vero, Felicity?
- No... – Nego, anche se so che è così.
Andrew prende il mio visto tra le mani. – Puoi dirmi tutto. Sono
qui per te e ci sarò sempre.
Sorrido intenerita. L’abbraccio d’istinto. – Grazie. –
Silenzio. Non lo lascio, ho bisogno di questo
abbraccio più di quanto voglia ammettere.
- Oliver ha per le mani un grosso affare che lo porta a stare via a
lungo. - Lo guardo negli occhi cercando di convincere anche me stessa. - Va
tutto bene.
Lo abbraccio ancora. Mi irrigidisco. Formicolio.
Aghi che pungono. Scosse. Eccolo, ancora, il dolore che percuote il mio corpo.
Stringo forte il suo camice tra le mie mani in attesa che passi.
- Rilassati. Non reagire allo stimolo del dolore, non lo combattere,
accettalo e lascia che passi.
Il tocco gentile della sua mano sulla schiena, unito al tono caldo e
calmo della sua voce, mi aiuta a rilassarmi. Ci vogliono parecchi minuti prima
che passi, ma alla fine, senza opporre resistenza il dolore scompare.
- Che cosa mi sta succedendo, Andrew? – La voce mi trema. Ho
paura.
- Non lo so ancora, Felicity, ma ti prometto che lo scoprirò e troverò
la cura.
Mi stringe forte tra le sue braccia.
- È tardi. Torniamo a casa.
Dolce. Zucchero. Caffè. Respiro a fondo. Tutti questi odori stuzzicano
il mio stomaco. Il peso sul materasso mi spinge leggermente all'indietro.
Le labbra di Oliver si poggiano sulla mia tempia - Buongiorno.
Se pensa che basti questo per perdonare la sua assenza, può anche
andare a vendere frecce al mercato nero di The Glades.
Resto immobile nel letto con le palpebre ben
serrate, determinata più che mai a non cedere, almeno non subito.
- Mi sei mancata, - Confessa, vicino al mio orecchio cercando di
ammansirmi.
I suoi baci si fanno più intensi, seguendo un percorso immaginario dal
mio orecchio, al collo, alle spalle.
Se cedi subito, Felicity Smoak, non ti
parlerò più.
Dio! I suoi baci. Che caldo. Allungo la gamba fuori dalla coperta per
trovare un po' di refrigerio.
- Felicity... - La sua voce è carezzevole quanto la sua mano sulla mia
pelle. Credo che Oliver abbia scambiato il mio gesto come un invito a
continuare.
Brividi. Trattengo il respiro. Non posso cedere! Oliver deve capire
che non sono la solita ragazza che va a trovare solo quando ha tempo.
No, non fare così! Le sue dita si fanno più audaci e il mio corpo si
sta risvegliando sotto il suo tocco.
Mi mordo le labbra per impedirmi di emettere qualsiasi gemito, ma non
ho fatto i conti con la tenacia di Oliver e mi scappa un sospiro.
Devo fare qualcosa prima che il mio corpo dichiari
la resa.
- Andrew... – Sospiro, estasiata, voltandomi verso di lui.
Apro gli occhi e mi ritrovo di fronte il viso turbato di Oliver. - Sei
tu... - L'accolgo sottovoce, cercando di risultare più
incredula possibile.
Felicity Smoak, sei geniale! Mi tiro su e mi adagio alla testiera del
letto prendendo le distanze da lui.
Oliver mi fissa. La sua mano è ferma sul materasso poco distante dal
mio corpo. I suoi occhi sono duri, feriti. Non osare provare rimorso per lui.
Le dita si allungano fino a sfiorare le sue. Pochi istanti e
s’intrecciano tra loro.
Oliver è concentrato sulle nostre mani, poi è un attimo. Sposta il suo
sguardo su di me. Sta valutando qualcosa che non riesco a decifrare.
Accade tutto velocemente. Le sue labbra sulle mie. Un semplice
contatto. Resta immobile sulla mia bocca, non accenna a staccarsi e poi, dopo
interminabili secondi, inizia a baciarmi... ed io cedo.
Oliver mi distende sul materasso. La sua mano percorre avidamente il
mio corpo.
Appoggio le mani sul suo viso e lo allontano da me.
- Per un attimo ho creduto che dicessi sul serio... - Confessa
divertito. Mi dà un veloce bacio.
- Succederà... - Faccio una piccola pausa, seria. - … se continui a
passare le notti in compagnia di McKenna e a lasciarmi fuori dal tuo mondo.
- Felicity, - Oliver affonda il capo nell'incavo del mio collo.
Rimaniamo in quella posizione per pochi secondi, poi lui si scosta da
me ed io mi rimetto seduta.
- Lo sai che McKenna ha bisogno di tutto il mio aiuto.
- Sì. – sussurro, rassegnata.
Afferro la sua mano e la porto in grembo. Gioco con le sue dita.
– Anche io. – Confesso infine.
Oliver inspira profondamente. Non dovevo dirlo ma questa lontananza
forzata tra noi inizia a pesarmi.
- Oliver … - Tento di rimediare ma il suo telefono prende a squillare.
Mi guarda un attimo prima di rispondere quasi come se si aspettasse da
me il consenso.
Lascio la sua mano e mi distendo sotto le coperte.
Oliver parla per un paio di minuti con McKenna, decidono di
incontrarsi al solito posto. Qual è il solito posto? Casa sua? Un bar? Un
ristorante? Il parco cittadino? O quel posto malfamato a The Glades?
Mi volto. Cerco di scacciare via tutti questi pensieri. Lo fa per me.
Mi tiene all’oscuro di tutto solo per proteggermi. No, non è vero. Lo fa perché
McKenna è affare suo, non mio, non nostro.
Il bacio che mi lascia sul capo mi riporta alla realtà.
- Che cosa fai oggi? – Mi volto e penso che lo scetticismo si
legga benissimo sul mio viso. – Che c’è?
Che c’è? Stringo forte il lenzuolo tra le mani. - Mi devo vedere con
Andrew. – Oh Dio! Sono in ritardo! Schizzo fuori dal letto. – Il
tuo arrivo mi ha fatto perdere la cognizione del tempo. Mi dovevo incontrare
con Andrew per fare colazione insieme.
I nostri sguardi s’incrociano. Beh, che c’è?
- Vi state vedendo spesso in questo periodo.
- Mai quanto McKenna e tu.
Oliver sospira pesantemente. - Vado a farmi una doccia. - Si sfila la cravatta, la giacca e infine la camicia. Sbottona i
pantaloni e poi mi fissa. - Peccato, - Sospira. Il suo sguardo è così intenso.
- Che tu non possa farla con me… vai di fretta, no? - Fa spallucce.
I miei occhi scivolano su di lui e sulla sua mano che lentamente fa
scendere i pantaloni a terra.
Deglutisco. Ho sete. Ho caldo. Voglio lui.
Mi avvicino a Oliver. Gli giro intorno sfiorandogli con la mano il
petto, il braccio, la schiena. Brividi. La sua pelle s’increspa e i muscoli si contraggono.
Mi alzo in punta di piedi per arrivare al suo orecchio. – Ormai sono già
in ritardo, ritardo per ritar...
Oliver mi afferra per la vita, con un agile movimento mi fa fare un piccolo caschè e… non mi
bacia. I miei occhi sono intrappolati dai suoi.
- Rimanda. - Sorride sornione vicino alle mie labbra. Io sono senza fiato.
Ho bisogno di ossigeno.
- È importante, non posso… - Mi spingo verso la sua bocca, Oliver
elimina subito la distanza e mi bacia.
La sua mano sulla schiena fa leva su di me e mi alza in piedi. I
nostri corpi stretti l’un all’altro iniziano a danzare
al nostro ritmo. Le mani scivolano su quei pochi vestiti che abbiamo addosso.
Stiamo per spingerci oltre quando il mio telefono squilla.
- Non rispondere. – Mi supplica tra un bacio e l’altro.
Con la coda dell’occhio vedo che è Andrew che mi sta cercando.
- Resta con me. – Sto quasi per cedere quando anche il suo
telefono riprende a squillare.
Ci blocchiamo. Ci guardiamo negli occhi per un lungo istante.
Sospiriamo entrambi affranti e sconfitti di fronte alla responsabilità dei
nostri ruoli.
- La prossima volta… - Appoggio la mano sulla bocca di Oliver.
Chiudo per un istante le palpebre. Ho bisogno di aggrapparmi a noi e
credere che presto tutto questo finirà.
- Vai. – Lo spingo verso il bagno.
Mi accarezza la guancia, raccoglie le sue cose e mentre avvia la chiamata si chiude in bagno.
Finisco di vestirmi, messaggio un veloce
“arrivo” ad Andrew e vado via.
- Oliver, questa è il decimo manichino che rompi!
Diggle mi ammonisce ancora. Mi guarda perplesso e poi si volta a
osservare Felicity che è al telefono da dieci minuti con Andrew.
Sospira e scuote la testa. Sta per dire qualcosa ma lo ammonisco con
lo sguardo.
- Diggle, non ci provare.
- Si può sapere che vi prende? Sono due settimane abbondanti che c’è una
tale elettricità tra di voi che rischio di rimanere fulminato...
La risata vivace di Felicity interrompe il nostro discorso e aumenta
ancora di più il mio nervosismo.
- Che vi succede? Non le avrai fatto qualcosa? - Diggle incrocia le
braccia al petto e attende la mia risposta.
Io? Io che cosa le ho fatto? È questa faccenda con McKenna che ci sta
allontanando! Sono sedici giorni, cazzo! Ogni volta che siamo sul punto di… Inspiro profondamente. Non ci devo pensare ora o mi
manderà al manicomio!
- Niente.
Diggle mi rifila un'occhiata scettica.
Felicity conclude la sua telefonata con un “a
stasera” ed io rompo l'ennesimo manichino.
Il mio telefono squilla. Felicity lo afferra, un’occhiata al mittente e
la sua espressione gioviale è automaticamente
sostituita da una forzata, accondiscendente.
- Oh, ma guarda, McKenna.
Afferro il cellulare dalla sua mano. Le nostre dita si sfiorano.
Chiudo gli occhi, imprigiono la sua mano nella mia.
- Devi rispondere, Oliver. – Il tono
dispiaciuto e serio di Felicity mi fa sentire in colpa più di quanto non lo sia
già.
Avvicino il cellulare all'orecchio. Devo
restare concentrato.
- Arrivo. - Finisco la chiamata e scappo via.
- Oliver, - McKenna appoggia la mano sulla mia e mi distrae dai miei
pensieri. - Hai sentito qualcosa di quello che ho detto? - Mi osserva
preoccupata.
- Scusami, stasera non so dove ho la testa.
Mi afferra il viso tra le sue mani. - Mi dispiace averti coinvolto.
Sorrido. - Non lo devi dire. - Afferro la sua mano. - Mi fa piacere
aiutarti.
Sospira pensierosa. - Non so se essere felice che Arrow si sia
intromesso in questo affare, anche se gli dovrei
essere grata. Mi ha salvato più volte da situazioni difficili. - Sogghigna. -
Pensare che un tempo era un nemico.
Guardo per l'ennesima volta l'orologio. Sono le undici. Chissà se
Felicity è a casa o ancora con Andrew.
McKenna appoggia la mano sul mio braccio. - Che ne dici se continuiamo
il discorso a casa mia? Ho un’ottima bottiglia di vino rosso in frigo.
La guardo per qualche istante. Non mi aspettavo una proposta del
genere.
Succederà se continui a passare le notti in compagnia di McKenna. La confessione di Felicity m’inquieta. Non posso perderla.
- Devo andare, scusami.
Chiudo l'acqua della doccia. Mi avvolgo nell'asciugamano e mi siedo di
fronte allo specchio. Un'altra lunga serata. Andrew non ha ancora completato le
analisi. Inspiro affranta.
Il dolore alle gambe e alle braccia si fa sempre di più pressante, e
ora, si è aggiunta anche questa maledetta nausea.
Tampono i capelli con l'asciugamano e poi esco dal bagno.
- Oliver!
È di fronte a me. Ci osserviamo con attenzione. Il suo sguardo segue
una gocciolina d'acqua che s’intrufola tra i miei seni.
È da sedici giorni che non abbiamo tempo per noi. Nessun bacio,
nessuna carezza. Niente di niente. Lui troppo concentrato sul
suo dovere ed io troppo impegnata ad aiutarlo silenziosamente nella sua
missione.
Distolgo lo sguardo.
- È successo qualcosa? - Domando mentre afferro la crema per il corpo.
- Tutto bene con Andrew? Ti sei trattenuta a lungo con lui.
Lo guardo sorpresa, non mi aspettavo un’attenzione del genere. In
questi giorni è stato sempre così distante da me, troppo concentrato
nell’aiutare McKenna.
Ahi! La mano. Per il dolore mi cade il tubetto di crema.
Oliver si avvicina, lo raccoglie da terra e me lo porge.
- Gra-zie. – Il suo sguardo è così
intenso che mi manca il fiato. Mi strofino dalla mano al braccio. Questo
formicolio è davvero fastidioso.
- Lascia, faccio io. – Prende un po’ di crema e mi massaggia la
mano delicatamente fino a spostarsi sul braccio e raggiungere poi le spalle.
– Sei tesa. – Constata, sorpreso.
- Chissà come mai? Non è che abbia avuto modo
di sfogarmi con qualcuno in questi giorni. Almeno tu hai un manichino sul quale
riversare la tua frustrazione. Io con chi me la posso prendere? Non mi posso
permettere di distruggere un computer da migliaia di dollari.
Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, mentre seguo il movimento delle
sue dita sulla mia pelle che mi massaggiano le spalle, il collo… Sospiro, estasiata. Le sue labbra sulla mia pelle. Piccoli baci che
partono dalla spalla, poi sempre più vicini al mio orecchio. – Oliver…
La resa? Il telefono squilla. Lo afferro frustrata.
- Andrew! Ora non è il momento. Sei sicuro che sia urgente? No, lascia
stare, è una storia lunga…
Oliver è dietro di me. Posso ammirare i nostri corpi nello specchio.
Appoggia le sue mani sulle mie spalle. Il suo tocco è delicato ma intenso.
Chiudo gli occhi per un attimo e mi lascio andare. - Oh sì, - Mi scappa dalla
bocca.
Oliver sorride compiaciuto, Andrew si blocca appena sente il mio
gemito.
- Andrew… - Sto per rimediare ma Oliver afferra il cellulare e lo
butta sul letto.
- Non voglio più aspettare. – Mi bacia senza darmi via di scampo. – Non posso più fare a meno di te, sei
l’unica che voglio, Felicity Smoak.
Seguo sul monitor la posizione di Oliver. Come al
solito si è preoccupato di mettere in salvo McKenna prima di buttarsi nella
lotta.
Si è addentrato da solo nei laboratori. Stai attento, ti prego.
- Sono qui. – Rispondo al suo richiamo. Avverto il suo sorriso.
– Oliver, fai attenzione, stanno arrivando quattro uomini nella tua
direzione.
Il rumore degli spari mi ferisce l'orecchio. Chiudo gli occhi per un
secondo, ho paura di vedere.
- Diggle? – Inspiro piano, Dig è dietro di lui a guardargli le
spalle.
È un attimo. Un grande frastuono. Il collegamento si perde e i
computer si spengono. Sono completamente isolata, al buio. L’intera città è in
totale blackout.
Resto immobile sulla sedia. - Oliver! - Ma in
risposta ricevo solo il segnale della linea interrotta.
Sono minuti infiniti. La corrente ritorna e tutto riprende a
funzionare. Le dita scorrono velocemente sulla tastiera.
- Oliver! - Non osare... blocco il flusso dei miei pensieri.
Sento la sua voce che mi rassicura.
Riprendo a respirare.
Seduta sulla mia poltrona, a occhi chiusi, in
attesa del loro ritorno. Questa volta c'è
mancato poco.
Scatta la serratura della porta e schizzo in piedi immediatamente.
Diggle! È mal ridotto e sanguinante.
- Oh. Mio. Dio. - Mi porto le mani alla
bocca.
- Non è niente, Felicity.
Prendo l'occorrente per medicarlo e mi avvicino a lui facendolo sedere
su uno degli sgabelli.
Ho paura di domandarglielo ma Dig mi precede.
- Sta bene.
- Ok. - Mi mordo il labbro per non cedere
alla paura che sto provando.
Le sue ferite sono più graffi che altro. Meno male.
- Vai a casa. Devi riposarti.
- Sei sicura?
- Vai. - Gli bacio la guancia e lo esorto ad andare.
Osservo Diggle mentre sale le scale, pochi minuti e resto ancora
un'altra volta sola, in attesa del suo ritorno. Mi sento così stanca, spossata.
- Felicity, - Il suono della sua voce mi sveglia all'improvviso.
Scatto in piedi e lo osservo. Mi viene da piangere. Sta bene. Chiudo
gli occhi e poi di slancio l’abbraccio forte.
- Ehi, - Oliver mi stringe stretta a sé. - È andato tutto bene.
Come mi sono mancate le sue braccia, il suo
corpo, il suo calore.
Oliver. Lo fisso intensamente. Lo bacio con trasporto.
Oliver mi spinge verso la scrivania e inizia a sbottonarmi la
camicetta. Riprovare la sensazione delle sue mani sulla mia pelle è qualcosa
che mi toglie il fiato. Sospiro estasiata.
Erano giorni che non ci toccavamo troppo presi da questa maledetta
missione.
È una sensazione così strana essere di nuovo sua. La testa non vuole
smettere di pensare. La mente è affollata da tutte le immagini che i suoi baci,
le sue carezze, i suoi sospiri provocano in me.
M’immergo in queste emozioni e mi lascio trasportare. Ti amo.
Mi blocco. Smetto di baciarlo. Lui si ferma e mi guarda stranito.
Oddio, sussurro tra me e me. Ti amo, lo ammetto nella mia mente.
Ti amo, ripeto silenziosamente guardandolo dritto negli occhi.
Oliver mi bacia piano, delicato e premuroso, come quasi avesse sentito
la mia confessione silenziosa.
Riprendo fiato. Appoggio la fronte sulla sua. Attendo che il cuore
smetta di correre. Oliver mi accarezza il viso con le sue mani calde. Ci
fissiamo per un lungo istante e …
- Ti amo.
Continua….
Angoletto di Lights
Se al “Ti amo” di Oliver eravamo rimaste
senza parole, credo che anche ora, al “Ti amo” di Felicity, siamo senza
respiro. Questi due come si può non amarli?
Facciamo un monumento a McKenna, che grazie alla sua entrata in scena ha sbloccato la situazione tra i nostri testoni.
Piccolo appunto: Il discorso iniziale di Andrew si riferisce all'ultimo capitolo di “Undercover”.
Grazie come sempre va a vannaggio e jaybree per il loro supporto.
Coraggio ora tocca a voi, fatevi sentire, nel frattempo ci si rilegge
la prossima settimana e … scopriremo una cosa molto importante ;)
Capitolo 11 *** Fase dieci: io, tu e … lui o lei? ***
Metodo Scientifico
- 10 -
Fase dieci: io, tu e … lui o lei?
“Il passato non si cambia,
ma se si cambia il presente,
si finisce per
cambiare anche il futuro.”
Jean-Paul Malfatti.
Il sole filtra dalle
fessure della persiana. Inspiro profondamente. Un’intera
notte trascorsa nella calma più totale. Sembra quasi un miracolo. Grazie
malviventi di Starling City, non avrei mai creduto di
pensarlo.
Mi volto nel letto e
mi avvicino a Felicity che dorme beata accanto a me.
Ti amo, la sua dichiarazione mi lascia sempre senza fiato ogni volta che mi
viene in mente. Quante cose sono cambiate nella mia vita. Se penso al passato,
agli anni trascorsi su quella maledetta isola e a tutto il resto che mi è
accaduto e che celo ancora dentro me, non posso
credere a questo presente e al futuro che mi aspetta. Non avrei mai immaginato
di poter amare così intensamente una donna. Felicity, sorrido.
Osservo la sua
schiena. Con l’indice traccio una linea, passando dalla pelle alla stoffa della
canottiera. Felicity, la chiamo silenziosamente. Mi hai donato una nuova vita.
Una vita che non avrei mai pensato di poter vivere. L’hai cambiata totalmente,
con passi silenziosi sei entrata nel mio mondo, mi hai teso la mano e hai
aspettato pazientemente che io fossi pronto per afferrarla, senza dubitare mai
un istante di me ma donandomi completamente la tua fiducia.
Inspiro profondamente.
Il cuore mi potrebbe scoppiare da un momento all’altro ricolmo com’è di queste
sensazioni. Ripercorro con l’indice la linea che ho
tracciato prima, soffermandomi sulle spalle. Nessuna reazione, strano. Provo ancora. Parto delicatamente dalla clavicola e
proseguo lungo tutto il braccio scoperto. Sonno pesante stamattina. Sorrido
intenerito. In questi giorni è più stanca del solito, con la faccenda di McKenna,
Starling City e il lavoro alla Queen Consolidated sto
pretendendo troppo.
Mi abbasso su di lei e
le labbra sfiorano la sua mano. Un bacio delicato e poi attendo qualche
reazione. Niente. Proseguo nel mio intento e lascio una scia di baci lungo tutto
il braccio fino ad arrivare al suo collo. Solo quando raggiungo il suo
orecchio, mi accorgo del sorriso che ha stampato sulle labbra.
- Sei insistente… - Sospira, Felicity.
- Dovresti saperlo che
non mi arrendo tanto facilmente.
Si volta verso di me.
Ci guardiamo. I suoi occhi sono così seri e determinati. È un attimo. Felicity
mi spinge per le spalle e monta sopra di me. I capelli mi accarezzano il viso, il
profumo di pesca del suo shampoo mi lascia stordito.
Si abbassa lentamente
su di me. – Buongiorno, - sussurra vicino alle labbra.
Le sfiora, proprio
come fa il suo bacino sul mio corpo.
Un
altro bacio sull’angolo della bocca, poi uno sotto il mento e ancora sulla
clavicola.
Il sesso di prima
mattina è il modo migliore per iniziare al meglio la giornata.
Felicity sta per
spingersi oltre ma si blocca all’improvviso. Si solleva di scatto e mi osserva.
- Che c’è? – Il
suo viso è pallido e la sua fronte è imperlata di sudore.
Scende velocemente dal
letto e scappa in bagno.
Ma? Resto fermo
disorientato dal suo comportamento, ma non appeno sento i conati di vomito la
raggiungo in bagno.
- Ehi, - Raccolgo i
suoi capelli e le sorreggo il capo con la mano. Qualcuno non ha gradito
l’aragosta ieri sera.
Felicity si appoggia
con la schiena al muro, stremata. Le tampono il viso con un asciugamano
bagnato.
- Meglio?
- Mi dispiace, avevo
immaginato un risveglio molto diverso da questo.
- Anche
io.
Ci guardiamo e ci
sorridiamo a vicenda. L’aiuto ad alzarsi. – Fatti una doccia, io intanto preparo la colazione.
- Che buono odore, che cos’è?
Diggle ed io ci
voltiamo nello stesso momento a guardare Felicity sorpresi.
- Hot-dog con cipolla
e senape.
- Buono! – Mi
afferra il panino dalle mani, dà un morso e dopo qualche istante si lecca il
residuo di salsa dalle labbra. – Facciamo cambio?
- Da quando ti piace
l’Hot-dog con cipolla e senape! L’hai sempre schifato!
- Non è vero! –
Si schermisce ma questo non le impedisce di fregarmi il resto del panino dalle
mani. – Oggi ne ho voglia.
Il sopracciglio scatta
verso l’alto, incredulo. Le porgo poi il bicchiere di caffè. Felicity lo annusa
e dopo una smorfia strana me lo restituisce.
- Non c’è del tè?
– Si blocca e ci guarda sorpresi. – Che c’è?
- Hai rifiutato il
caffè? – Sottolineo incredulo.
- Sto solo cercando di
berne meno, mi rende troppo iperattiva, e poi mi è venuta voglia di tè, non ci vedo nulla di strano, si può sapere che ti
prende oggi? Solo perché mi vanno cose diverse dal solito deve
essere strano? Oppure mi consideri una persona abitudinaria che non va mai
fuori dai suoi schemi? Mi trovi così tanto noiosa? – Mi guarda nervosa.
– Sono così prevedibile? – Sposta lo sguardo da me a Diggle.
Ma? Che-ho-detto?
- Ora vado, ho del
lavoro da fare, mica me la posso spassare come fate
voi due.
Si volta senza neanche
darci il tempo di replicare.
Maledetta camicetta!
Tento di attaccare il bottone sul seno ma non ne vuole sapere, con l’ultimo
lavaggio si deve essere ristretta. Odio cambiare abbigliamento quando ho già
deciso come vestirmi. Pazienza, in fondo non è poi così tanto scollato.
Sbuffo all’immagine nello
specchio. Afferro il ciondolo e vado in cucina.
Oliver mi accoglie
porgendomi la tazza di tè.
- Non hai fatto il
caffè? – Che c’è? Domando silenziosa alla sua espressione contrariata.
Afferro comunque la tazza e bevo giusto un sorso. Che nausea!
Allontano subito con
nonchalance la tazza da me. Oh, i muffin! Buoni. Ne addento uno.
- Hai intenzione di
sedurre qualcuno stamattina?
Lascio
perdere il dolcetto e osservo Oliver cercando di capire dove voglia andare a
parare.
- A parte il mio capo,
non ho altri in mente al momento.
- Bene. – Si
avvicina a me e cerca di chiudere la camicetta. – Noto con piacere che
l’allenamento con Diggle sta dando i suoi frutti.
Gli schiaffeggio la
mano a quell’insolenza. – Si è solo ristretta!
Oliver osserva
compiaciuto il mio seno. Gli alzo il viso in modo che mi guardi dritto negli
occhi.
- Mi sa che il
tentativo di sedurre il tuo capo sta funzionando. – Mi sbottona
completamente la camicetta. Le sue mani scivolano sul mio corpo, mi accarezzano
i fianchi fino ad arrivare ai seni. Chiudo gli occhi. In questi giorni sono
così sensibile al suo tocco che il mio corpo reagisce subito chiedendo di più.
- Felicity, - Come amo
quando pronuncia il mio nome con questo tono eccitato, fa andare su di giri anche
me.
La giacca del tailleur
scivola a terra insieme alla camicetta e il divano ci accoglie.
Baci e carezze si
susseguono e l’onda della passione ci travolge così intensamente che alla fine
Oliver cade su di me stremato. Entrambi siamo senza
fiato.
- Oliver, secondo te,
ora posso chiedere un aumento al mio capo?
- Lascio l’intera
società nelle tue mani.
Ridiamo insieme.
Inspiro. Oliver mi bacia profondamente.
Cerco di respirare e
calmare il mio cuore. Dovrei averci fatto l’abitudine invece no, ogni volta è
come se fosse la prima.
Sorrido e chiudo gli
occhi. - Sono così stanca che vorrei dormire per sempre.
Oliver si solleva quel
poco da permettergli di guardarmi e mi accarezza il viso con le nocche della
mano. – Sei sicura di stare bene?
- Forse sarà solo un
po’ d’influenza. Mi sento spossata. Sarà questo periodo stressante. Il capo mi
fa fare un sacco di straordinari. – Strizzo
l’occhio.
- Messaggio ricevuto.
Ti concedo la giornata libera e un desiderio.
Lo fisso per un lungo
istante. – Resta con me.
Oggi è il sette…
blocco i miei pensieri. Non è possibile. Visualizzo il calendario sul video,
avvio l’applicazione “mondo femminile” e i miei sospetti trovano
fondamenta.
Il ciclo non mi è
ancora arrivato. Non è possibile, io sono sempre stata un orologio svizzero.
Ogni mese, ogni ventotto giorni lui arriva.
Cinque giorni di
ritardo. Oh. Mio. Dio.
Nausea, spossatezza,
cambi d’umore, voglie improvvise, i dolori muscolari, la mia voglia sessuale
che aumenta... no, quella è inalterata ed è solo colpa di Oliver e del suo
fisico perfetto, delle sue carezze delicate, del suo tocco intenso, delle sue spinte energiche, delle sue prese… OH. MIO. DIO. Scatto in
piedi. Ora basta, rischio che mi venga un orgasmo se non blocco queste
sensazioni.
Non può essere. Inspiro
profondamente. Siamo stati attenti. Non sempre, Felicity.
Vero, il blackout dei
sedici giorni ci ha talmente surriscaldato che ci siamo fatti trasportare dalla
voglia di possedere l’altro.
Crollo sulla sedia.
Non può essere. Sono incinta. Sto aspettando un bambino da Oliver. Un nostro
bambino.
Le mani sulla bocca.
Incredula o commossa, non so più come mi sento.
Inspiro profondamente.
Sapevo che non dovevo mangiare quel biscotto alla papaia. Chiudo gli occhi e
cerco di far passare la nausea.
Un bambino. Mio e di
Oliver. Un piccolo frugoletto è dentro di me. Appoggio le mani sul ventre. Mio
Dio. Mi manca il respiro a questa consapevolezza.
- Felicity!
Scatto sulla sedia al
richiamo di Oliver e chiudo in automatico l’applicazione.
- Che c’è?
Oliver si avvicina e
mi appoggia una mano sulla spalla. – In quale mondo stavi questa volta?
Sulla nostra isola
felice. Mi alzo in piedi, lo abbraccio forte e poi lo bacio a lungo.
- Ti amo. –
Sussurro vicino alla sua bocca, e in quelle due parole ho messo tutto il mio
amore che provo per lui.
Oliver sorride e mi
bacia. – Ti amo anch’io. – Mi abbraccia. – Mi vuoi dire a cosa
debbo tutto questo?
- Ancora non posso.
Questa sera, a casa. Ora vado perché mi sono ricordata che devo fare una cosa
urgente.
Non gli fornisco altre
spiegazioni e scappo via.
Sono arrivata a casa.
Non immaginavo mica che esistessero tutti questi tipi di test di gravidanza.
Che ne abbia presi un po’ troppi? Fisso le tre scatole.
E se fossero dei
gemelli? Ho sempre sognato di avere dei gemelli: un maschio e una femmina, Elisabeth e Vincent Queen.
Scuoto la testa. Non
correre con la fantasia, procedi con metodo scientifico, quello che ti ha
sempre caratterizzato per ogni cosa.
Apro la prima scatola
e leggo attentamente le istruzioni.
Sto per effettuare il test ma squilla il cellulare.
- Andrew. Che tono di
voce, sei sicuro di stare bene? No, va bene, ti raggiungo subito. Sì, ok è
urgente. Ho capito. Ora arrivo.
Mollo tutto ed esco da
casa.
- Felicity? –
L’appartamento è al buio.
Non dovevamo
incontrarci a casa? Dov’è?
Appoggio la giacca sul
letto e noto le tracce del suo passaggio. La busta della farmacia. Accendo la
luce in bagno e mi blocco.
Tre scatole di cui una
è aperta fanno bella mostra sul lavandino. Prendo una scatola e leggo il suo
contenuto. Test di gravidanza, rimbomba nella mia
mente.
Non ho parole. La gola
è arsa. Il cuore ha smesso di battere, mi manca il respiro.
Stai avendo un attacco
di panico, Oliver?
Un bambino. Aspettiamo
un bambino.
La scatola cade a
terra e il tonfo mi fa sussultare.
Felicity è incinta.
Sta aspettando un figlio mio.
Mi siedo a terra, le
forze mi hanno abbandonato a questa consapevolezza.
Sarò padre. Sorrido.
Devo trovarla. Avvio
la chiamata e attendo. Il cellulare non è raggiungibile.
È meglio che torni
all’Arrow Cave, così rintraccerò i suoi ultimi spostamenti con il programma
d’intercettazione che ha creato per le urgenze.
Un bambino. Sorrido
più apertamente.
Sfreccio per la città
in sella alla mia moto, non posso passare un minuto di più senza di lei.
Il passato non si
cambia, ma il presente sì e si è appena trasformato in un bellissimo futuro da
vivere insieme come una famiglia.
- Andrew! –
Richiamo la sua attenzione, forse con un tono fin troppo gioviale. Gli vado
incontro e lo abbraccio forte.
- Ho capito che cosa
c’è che non va in me.
- Felicity, io… - Ma
non lo lascio finire.
- Sono incinta!
- Come?
- Sì, incinta, o
meglio, non ne sono sicura al cento per cento, ma penso proprio di esserlo.
Stavo per fare il test ma la tua telefonata mi ha interrotto. Ho tutti i
sintomi, sono incinta! – Ripeto eccitata.
Andrew fa scivolare le
mani sulle mie braccia fino ad afferrare le mie. Il suo volto è serio, quasi
pallido. Evita il mio sguardo.
- Ho finito le
analisi.
- Che suc-ce-de?
– Tutta la mia felicità scompare in un secondo affossata dall’amarezza
delle sue parole.
- Felicity, tu non sei
incinta... – Mi stringe forte a lui. – Felicity, - La sua stretta
si fa ancora più forte intorno al mio corpo. – Mi dispiace tanto.
Continua…
Angoletto di Lights
In lieve ritardo ma ci
sono. Il lavoro mi ha assorbito totalmente questa settimana.
Vi prego non odiatemi,
io sto soffrendo come voi, forse anche di più.
* afferro Oliver e lo
stritolo tra le braccia *
Mi ero illusa pure io.
La storia ha un suo filone da seguire e, credetemi, ho cercato in tutti i modi
di deviare, ma non è stato possibile.
Perdonatemi ma questo
capitolo è solo da amare nella sua interezza, anche se in questo momento siamo
in una valle di lacrime.
Siamo quasi alla fine
della storia, mi manca da scrivere l’ultimo capitolo. La storia è composta da 12 capitoli o forse 13, dipende tutto dallo sviluppo del
dodicesimo che è in fase di stesura. Prometto che andrà tutto bene, sì, andrà tutto bene il PollyPower è con noi!
Ricordate: io vi
voglio bene.
No, dai, mettete giù
le mazze da baseball, prometto che farò la brava ;D
Eccola, finalmente.
Sospiro sollevato. Felicity è seduta sul bordo della fontana con lo sguardo fisso
a terra e meccanicamente calcia dei sassolini inesistenti sollevando appena del
terreno.
- Ehi, - Mi avvicino
piano. C'è qualcosa che non va.
- Oliver! - Felicity
scatta in piedi riconoscendomi.
- So tutto. - Sorrido
apertamente e poi la imprigiono tra le mie braccia.
- Oliver... - Il suo è
solo un soffio e mi stringe più stretto a sé. - Io...
- Andrà tutto bene, ce
la caveremo. È fantastico!
Felicity si stacca
quel tanto che le basta per guardarmi in volto. I suoi occhi sono grandi e
gonfi, increduli.
- Ho visto i test di
gravidanza in bagno. - Sorrido divertito. - Non eri sicura di uno, addirittura tre, Felicity?
- Volevo essere certa
ma la natura mi ha preceduto.
Si scosta da me di
qualche passo. Sono disorientato.
- Mi è arrivato il
ciclo. - Mi spiega usando un tono pacato, come se
stesse parlando con un bambino. - Non sono incinta. - Una piccola pausa per
renderci conto della realtà. - Niente bambino.
Oh. Resto immobile
nella mia posizione. Felicity si siede nuovamente e sospira
profondamente.
Mi siedo accanto a lei
e rimaniamo in silenzio per diverso tempo.
- Potremmo sempre
provarci... - Tento ma mi blocco.
Il viso di Felicity
scatta all'insù sorpresa dalla mia proposta. - … a fare un bambino? - Termina
la mia frase frastornata.
- Sì ... - La trascino
verso di me e la bacio. - Te lo immagini? Un bel bambino con
i tuoi occhi, il tuo naso, la tua bocca, la tua intelligenza. E se fosse
una bambina? Non sarebbe fantastico averli entrambi?
Felicity resta ferma e
poco dopo si allontana da me. Sorride sforzatamente. - Non lo so... Forse non eravamo pronti. La nostra vita è troppo complicata
in questo momento. Un bambino non è uno gioco... Forse
è meglio così.
- Felicity, - Le
afferro la mano e non la lascio scappare dalla mia
presa. - Tutto bene?
Mi osserva con i suoi
occhi grandi. - Sì.
Il telefono squilla.
Entrambi lo osserviamo suonare. È McKenna.
- Vai, ha bisogno di
te.
- Io... - Tentenno,
sento che qualcosa non va.
- Sto bene. Vai.
Sospiro sconsolato. -
Chiuderò al più presto questa storia, te lo prometto.
Un bambino. Non so
perché ma in questo momento invece di deprimermi, come dovrei, mi viene da
ridere. Sono stata una sciocca a confondere tutti i
sintomi. La mia voglia inconscia di creare una famiglia con Oliver mi ha
portato a credere a cose che non esistono.
Rido apertamente fino
a ritrovarmi senza ossigeno. Mi appoggio allo schienale della sedia e rivolgo
lo sguardo al soffitto. Non avevo mai fatto caso quanti tubi passassero sul
soffitto.
Ho confuso
un'intossicazione alimentare con le nausee della gravidanza, si può essere così
sciocche?
Chiudo gli occhi. Per
una volta in vita mia non voglio pensare.
Sei allo stato
iniziale della malattia, Felicity, abbiamo ancora tempo. La voce di Andrew mi
rimbomba nella testa e il dolore alle gambe mi riporta alla realtà.
Scuoto il capo. Devo
concentrarmi su altro. Raccolgo i faldoni dei documenti. Mi carico per bene e a tentoni raggiungo l'armadio.
Ahia! Le fitte alle
gambe aumentano, è come avere delle lame affilate che punzecchiano la pelle.
Cado a terra insieme
ai faldoni con un tonfo secco.
- Felicity!
Oliver lascia cadere a
terra l'arco e le frecce e mi raggiunge.
- Stai bene? - Mi
libera dai faldoni.
- Ecco cosa succede a
chi non sa camminare su un tacco dodici. Chissà come fanno le altre donne! O forse
sono io che non sono portata? Dovevo aspettarmelo con la mia goffaggine. Ho
puntato troppo in alto ma queste scarpe erano così carine in vetrina, che mi
hanno pregato loro stesse di comprarle e portarle a
casa. In effetti, - Gli mostro i piedi. - Sono o non sono favolose?
Oliver si siede a
terra di fronte a me e mi osserva come se fossi una
aliena. Non pensavo di traumatizzarlo con un semplice discorso di moda
femminile.
Rimaniamo in silenzio.
Evito il suo sguardo.
- Mi vuoi dire che
cosa hai? - Tenta di sfiorarmi la mano ma la ritraggo in grembo.
- Nien...
- Mi ammonisce con lo sguardo.
- Sai che odio quando
mi rispondi con un insignificante “niente, sto bene”. Sono giorni che stai
sulle tue, che appena ti sfioro ti ritrai o abbozzi
una stupida scusa per starmi lontana. - Mi afferra la mano dolcemente. -
Felicity, - Mi incita Oliver. - Parla con me.
Un passo alla volta,
Felicity. Affronteremo il problema giorno per giorno. La voce di Andrew mi
rassicura. Sono una stupida.
Senza rispondere mi
avvicino a Oliver. Ci guardiamo occhi negli occhi.
Afferro il suo viso con entrambe le mani, lo conduco a sfiorare la mia bocca e
lo bacio teneramente.
- Ti amo... conta solo
questo. - E mi tuffo nel suo abbraccio. Un passo alla volta, giorno per giorno,
mi ripeto nella mente.
Le braccia di Oliver
mi stringono strette a sé. Non immagina neanche quanto sia meraviglioso ma
glielo farò capire in tutti i modi possibili.
Finalmente! Afferro la
fialetta del siero che McKenna ed io stavano cercando da
tempo. Ora ho solo bisogno di un esperto per analizzarlo.
- Hai trovato
qualcosa, Arrow? - La domanda di McKenna mi fa voltare verso di lei.
- Può essere. Mi farò vivo quando ne sarò sicuro. - Tentenna, non sa
ancora se fidarsi di Arrow completamente. - Te lo prometto, metteremo fine a
questo scempio.
McKenna si rilassa e
mi restituisce un sorriso. - Va bene, va'.
Metto al sicuro la
fialetta in una delle tasche e mi dileguo.
Il laboratorio è nella semi oscurità. La lampada accesa sulla scrivania
illumina appena i fascicoli che Andrew sta studiando. Chissà a cosa sta
lavorando?
Deve essersi preso una
pausa. Con cautela manifesto la mia presenza e mi
avvicino alla sua scrivania. Sfoglio il fascicolo aperto: Jane Doe.
Questa ragazza non se
la passa bene. Guarda quante analisi che ha eseguito!
Un lavoro davvero scrupoloso. Valori sballati, ma...
- Che ci fai tu qui? -
La voce spaventata e seria di Andrew mi accoglie alle spalle.
Mi volto. Lo guardo
dritto negli occhi.
- Al-lora?
Questo tizio ha la
capacità di irritarmi, come fa Felicity a essere sua amica? Non me lo riesco a
spiegare.
Digrigno i denti. Se
non fosse per McKenna non gli chiederei nessun favore.
- Ho bisogno del tuo
aiuto. - Estraggo la fialetta dalla tasca e gliela appoggio sulla scrivania.
- Del mio aiuto? -
Sembra sorpreso, fa bene!
- Una persona che
conosco si fida di te ed io non ho altra scelta.
Sorride, ha capito che
mi sto riferendo a Felicity.
- Hai lavorato per la
Richmord Enterprise e sai come questo può essere deleterio.
- Purtroppo sì.
- Aiutami a trovare le
prove. Così le famiglie delle persone che hanno perso la vita per lavorare ai
loro insani progetti avranno giustizia.
Andrew rimane in
silenzio, fermo nella sua posizione, con lo sguardo fisso sulla fialetta
appoggiata.
- Va bene.
- Che cosa vuoi in cambio?
- Ho capito dove vuole arrivare.
Si avvicina alla
scrivania, sbianca quando si accorge che ha lasciato il fascicolo di Jane Doe aperto. Lo chiude di scatto.
- Lo saprai a tempo
debito.
Mi avvicino a lui
quasi a fronteggiarlo in attesa della sua mossa. Osservo serio il fascicolo che
stringe nella mano.
- Deve essere
importante per te. - Cambiamo atteggiamento, Oliver, cerca di andargli
incontro.
- Molto.
- Che cos'ha?
- Distrofia miotonica. - Inspira profondamente. - È una
malattia genetica che colpisce il corpo poco alla volta.
-
Si può curare?
Andrew
mi fissa e non risponde. Deduco di no.
-
Le cure sono ancora in fase sperimentale. - Si siede affranto sulla sedia. Si
afferra il capo tra le mani. - Non so come aiutarla se non...
-
Che lei stessa faccia da cavia. - Termino la sua frase lasciata a metà.
-
Esatto.
-
Non puoi scegliere per lei.
-
È un cammino troppo duro e lungo, e le probabilità di guarigione sono pari allo
zero.
- Distacco, Dottor Wolfar, se ti fai coinvolgere da questo caso perderai di
vista il tuo obiettivo. - L'ammonisco severamente.
Andrew si alza di
scatto e mi fronteggia. I suoi occhi sono duri e inflessibili.
- Tu! - Mi punta il
dito contro. - Sfrutti le persone a tuo piacimento e non sei minimamente
riconoscente.Ma
che cosa ne sai? – Il suo sguardo è determinato e ferito. - Non ti
accorgi della sofferenza degli altri ma sei solo concentrato nella tua
utopistica missione di dare una vita migliore a Starling City. Sei solo un egoista che non sa andare oltre
il suo gigantesco ego. Tu sei il grande Arrow, il resto non conta. - Si blocca.
Il suo petto si alza e si abbassa per la foga che ha messo in quell'accusa.
Stringo forte la
faretra nella mano per non reagire, ma ho una grande voglia di prenderlo a
pugni. – Hai finito?
Silenzio. Andrew mi
volta le spalle e prende a sistemare la documentazione. - Te ne puoi anche
andare. - Inspiro profondamente, altrimenti qui finisce male. - Ti ho già detto
che ti aiuterò. Mi farò vivo
io quando il tutto sarà pronto. - Glaciale chiude il discorso.
- Come ti senti? - Il
tono di voce di Andrew ormai è sempre lo stesso da quando ha scoperto che sono
malata: teso e preoccupato.
Gli accarezzo il viso
per tranquillizzarlo. - L'hai detto anche tu, ci saranno giorni sì e altri no.
Oggi è un giorno sì, questo è quello che conta.
Gli ho strappato
finalmente un sorriso. Mi tolgo la camicetta e lui delicatamente spalma la
pomata sugli ematomi che mi sono comparsi sulle braccia.
- Se qualcuno li
vedesse, potrebbe pensare che Oliver ed io facciamo sesso sfrenato tendente al
sadomaso... a dire la verità non so se Oliver gradisca
l'uso delle manette o essere legato al letto. So per certo, però, che lo eccita
da morire la tuta in pelle nera che indossavo quando
tu ed io andavamo in missione.
Andrew si blocca e si
scosta da me sconcertato. - Felicity!
La sua espressione è
troppo divertente e scoppio a ridere. - Scusa.
- Certe rivelazioni
tienile per te la prossima volta, grazie. - Mi scocca un'occhiata offesa. -
Come hai giustificato questi ematomi al signor Queen?
- Al momento non lo
sa, è via per degli affari importanti.
Andrew mi guarda
scettico. - Non gli hai ancora detto la verità?
- L'odore di questa
pomata è buonissima, mi viene quasi voglia di
leccarla. - Inspiro a fondo, cambiando discorso. - Mughetto, miele, lavanda.
Non sembra neanche una medicina.
- Proprio perché le
essenze naturali che ho aggiunto alterano l'odore sgradevole del medicinale che
contiene. - Mi strizza l'occhio e poi mi porge la camicetta. - Dovresti
dirglielo. - Si posiziona di fronte a me.
- Sto solo aspettando
il momento giusto.
- Oh no, - Andrew mi
accarezza il collo.
- Cosa? - Raggiungo la
sua mano preoccupata.
- Ti sono comparse
delle macchie anche qui. - Mi appoggia la mano sullo sterno e poi sulla
clavicola. - Non ti preoccupare, sono appena visibili
e piccoline, confondibili con una allergia. - Mi accarezza la guancia. - Quando
glielo dirai? Non puoi... - Ma non riesce a terminare il discorso che veniamo interrotti.
- Disturbo? - La voce
dura e severa di Arrow irrompe nel laboratorio.
Mi sento gelare.
Andrew si scosta subito da me ed io automaticamente mi stringo la camicetta.
Non oso guardare Oliver negli occhi.
- Ti aspettavo domani
sera. - Lo rimprovera Andrew. - Non puoi irrompere nel mio laboratorio quando
vuoi.
Cosa? - Hai detto a
lui quando rientravi e non hai pensato minimamente di avvisare la sottoscritta?
- Sono così arrabbiata che scendo dal tavolo e lo fronteggio.
Gli occhi di Oliver
sono glaciali. - Abbottonati la camicetta. - Il suo tono autoritario mi fa
rabbrividire.
- Non è come sembra. -
Cerco di recuperare la situazione.
- Felicity, non devi
dargli nessuna spiegazione. - Interviene Andrew.
Oliver stringe forte
l'arco che tiene in mano, un'altra parola e potrebbe trafiggerlo con una
freccia. – Sì che deve. – Lo fredda.
Poggio una mano sul
suo petto. - Non è come sembra. - Sottolineo più
decisa.
Lui mi guarda. I
minuti passano e il silenzio tra noi si fa pesante. Alla fine Oliver desiste.
Chiudo gli occhi e appoggio il capo sul suo petto, all'improvviso sono stanca.
Oliver mi accarezza il
capo e si lascia andare anche lui. - La porto io a casa.
Il suo tono perentorio
blocca ogni azione di Andrew. Passano i secondi. Che tensione. Non doveva
andare così.
Andrew alla fine
desiste, prende in mano il fascicolo e lancia un pacchetto a Oliver.
- Grazie.
- Ho fatto solo il mio
dovere. A te spetta fare giustizia.
Siamo arrivati
all'Arrow Cave da un po'. Sono seduta sulla mia poltrona e sto fissando Oliver
mentre si sta cambiando. Non mi ha rivolto neanche una
parola. Qualcosa mi dice che non ha ancora digerito quello che pensa di aver
visto.
- Potevi avvisarmi che
saresti tornato stasera. Non chiedevo tanto, almeno un sms.
- Pensavo che mi
tenessi sotto controllo con il gps e le telecamere
della città, ma mi sbagliavo, eri occupata a fare
altro. - Si avvicina a me e appoggia le mani sui braccioli della sedia,
imprigionandomi. - Ho rovinato i vostri piani?
Non so se sia più
irritante la sua insinuazione o più gratificante la sua gelosia.
- No, avevamo finito.
- Oddio! Perchè non metto freno a questa bocca?
Sorrido per recuperare. Lui per niente.
- Felicity. - Il suo
tono basso mi fa rabbrividire.
- Devo in qualche modo
ingannare l’attesa del tuo ritorno. – Sospiro. – Dovresti saperlo
che tra Andrew e me c’è uno stretto legame.
- Fe-li-ci-ty.
- Non ci trovo niente
di male se trascorro il mio tempo libero nel suo laboratorio.
- Senza vestiti.
- A volte capita. Una
volta mi ha rovesciato il caffè sul vestito e ho dovuto indossare uno dei suoi
camici… - Oliver avvicina il suo viso al mio incatenandomi con gli occhi. Sta
per dire qualcosa ma desiste mentre mi fulmina con il suo sguardo.
- Il suo mondo è così
interessante… - continuo, con meno sicurezza. - È il mio mentore sulla genetica
informatica. Quando mi mostra delle nuove cose, pendo totalmente dalle sue
labbra… è sempre così affascinante!
- Più del mio?
Sospiro. – Nessuno può battere il tuo mondo, Oliver.
Si avvicina di più al
mio viso, lasciando una labile distanza tra le nostre bocche.
- Odio saperti insieme
a lui, sempre. Odio di più saperti senza vestiti
insieme a lui.
- Oliver, - Tento
piano. - È stato solo un incidente, mica ogni volta giro per il suo laboratorio
in slip e reggiseno.
- FE.LI.CI.TY!
Infosso il capo nel
collo. - Era per dire.
Oliver appoggia il
capo sulla mia fronte. - Mi manchi. - Confessa piano.
- Tu di più. - E lo
bacio.
Oliver mi spinge
contro lo schienale della sedia. Le sue mani scivolano dal mio viso al collo,
giù fino alle spalle. Sta per sfilarmi la camicetta. Spalanco gli occhi
spaventata.
- Aspetta... - Mi
stacco da lui riabbottonandomi. - Non hai fame?
- Ne ho molta. - Mi
guarda come se fossi la cosa più appetitosa al momento.
- Andiamo a casa.
Felicity stranamente è
silenziosa. Siamo da un po' sul divano intenti a guardare la televisione. Ogni
tanto emette dei grossi sospiri, indice che è preoccupata.
Si rilassa solo quando le massaggio la schiena.
Il film è terminato.
Spengo la televisione e mi accorgo solo ora che si è addormentata.
La sollevo piano,
cercando di non svegliarla. Com'è leggera! La osservo meglio e ho quasi
l'impressione che sia dimagrita. Le bacio il capo e la porto a letto.
È notte fonda. Avverto
la sensazione di vuoto intorno a me. Apro gli occhi di scatto e invece di
ritrovare al mio fianco il corpo di Felicity, c'è solo il suo cuscino.
Attivo i sensi per
individuare i diversi rumori. Niente. Mi alzo e a piedi nudi mi dirigo in
soggiorno.
Tutto è al buio e in
silenzio. Ma dov'è? Sto per andarmene quando...
- Oliver, - Felicity
mi chiama. Aguzzo la vista e riesco a intravedere la sua figura seduta in un
angolo della stanza. Mi inginocchio di fronte a lei.
Il buio non mi permette di vederla bene in viso.
- Oliver, - riprende
piano. Allunga la mano e afferra la mia.
- Felicity, che
succede?
- Non riuscivo a
dormire.
Mi siedo accanto a lei
appoggiandomi al muro. Silenzio. La notte è tranquilla e non è disturbata
neanche dalle sirene della polizia.
- Lo devo ammettere, il Dottor Wolfar è
davvero scrupoloso nel suo lavoro.
Mi volto verso di lei
e mi ricambia con un debole sorriso, le afferro la mano e la stringo nella mia.
- Quando gli ho portato il siero da analizzare stava lavorando sul fascicolo di
una certa Jane Doe. Povera ragazza. - Sospiro.
- Oliver, - Inizia
piano Felicity. - Devo confessarti una cosa.
- Non vorrai dirmi che
mi lasci per Andrew? - Sorrido divertito e mi posiziono
di fronte a lei.
Felicity accende la
lampada sul tavolino e finalmente la luce la illumina ai miei occhi.
Mio Dio. Mi manca il
respiro. Ha il corpo pieno di lividi.
- Felicity, - Afferro
le sue braccia ma lei si divincola dalla mia presa.
Mi guarda a lungo. Non
so più che pensare.
- Sono io, Oliver... -
Mi siedo a terra disorientato.
- Che cosa vuoi dire?
- Jane Doesono io, Oliver.
Continua...
Angoletto di Lights
BOOM! Penso sia preso un infarto a tutti. Le rivelazioni lasciano
sempre il segno. E ora? Vedremo.
Ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione della storia, anche se non
vorrei concluderla, mi ci sono affezionata e anche a
voi.
Ringrazio (che è da un po’ che non lo faccio, brutta Lights) Vannagio e Jaybree per il loro
supporto, sempre prezioso.
Grazie a voi tutti che mi seguite.
Sono in velocità, il lavoro mi ha rapito, ma ci tenevo a pubblicare
altrimenti passava un’altra settimana.
Il prossimo capitolo? Incontreremo un personaggio nuovo :3
Capitolo 13 *** Fase dodici: destini che s’incrociano ***
Metodo Scientifico
- 12 -
Fase dodici: destini che s’incrociano
“C'è sempre un momento in
cui una storia va raccontata,
altrimenti per tutta la
vita si resta prigionieri di un segreto.”
Haruki Murakami
Il tempo è un bene prezioso e quando capisci che sta per finire, i
tuoi occhi si aprono al mondo, agisci e lotti controcorrente per appropriarti anche
di un solo secondo in più da vivere… intensamente.
Solo allora guarderai il cielo e t’immergerai nella sua profondità.
Chiuderai poi gli occhi per un istante, lasciandoti avvolgere dal buio della
tua mente e ti farai guidare dal battito del tuo cuore.
Quando sarai pronto, li riaprirai, e in quel momento capirai di
potercela fare, di poter vivere l’ultimo secondo che hai guadagnato per la tua
vita, perché non è realmente finita fin quando non sarai tu a voler scrivere la
parola fine.
Appoggio il libro sulla scrivania.
Indirizzo lo sguardo verso l’ufficio di Oliver, impegnato in una conversazione
privata con McKenna. Sbuffo. Che ci troverà d’interessante in lei? Va bene, è
una bella donna, tenace, caparbia, intelligente e mette tutta se stessa nei suoi
ideali. Già, che ci troverà in lei. Sbuffo, ancora.
Sono in piedi uno di fronte all’altro. È un
attimo e arriva quel gesto così confidenziale, l’ennesimo, che lui accetta
senza esitazione. La mano di McKenna scivola sul braccio di Oliver fino a
stringere la sua. Complicità.
Infastidita, ripongo il libro nella borsa e
mi alzo di scatto.
- Oliver, - Chiamo debolmente per attirare
la sua attenzione.
McKenna continua il suo discorso senza
interrompersi, lui mi rivolge una fugace occhiata della serie: aspetta.
- Oliver … - Riprovo leggermente più
decisa.
Un altro suo sguardo e nessun cenno a
muoversi.
- Oliver!
Entrambi mi guardano sorpresi. Oddio!
Restano in attesa che parli. – Ecco… Sì, c’era… - Inspiro profondamente.
Che imbarazzo - Volevo avvisarti che ho finito.
McKenna mi osserva, sembra quasi che mi
stia dicendo “brava, vai pure a casa che noi abbiamo da fare cose molte più
importanti delle tue!”.
- Grazie, Felicity.
Grazie? Beh, bel modo di scaricarmi. Certo,
lo fa per tenermi al sicuro. Ma sì, passa pure la tua serata con lei, ormai non
fai altro.
McKenna si mette al fianco di Oliver ed
entrambi attendono la mia mossa.
- Allora… - Mi mordo il labbro.- … io vado. - Esito, con la vana
speranza che mi dica qualcosa di più interessante di un “va bene”.
Oliver finalmente si muove verso di me,
lasciando lei indietro. Mi accarezza la guancia, passando debolmente il pollice
sul mio zigomo.
- Cerca di mangiare un po’ e riposati. Non
mi aspettare alzata, faremo tardi. – Mi bacia la fronte.
Sai che novità, vorrei tanto rispondergli
ma non dico niente.
- Non ti preoccupare mi trastullerò con
Andrew… - Mi blocco alla sua occhiata severa. – Nel senso che ce la
spasseremo alla grande, sai, i suoi esperimenti sono così eccitanti… - Oddio!
– Eccitanti non in quel senso ma… - Oliver appoggia la mano sulla mia
spalla e ho la netta sensazione che si stia trattenendo per non stritolarla.
Inspira profondamente, anche se non riesce
a rilassare la mascella. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: - Resta
vestita, ok?
- Farò del mio meglio. – Molto
divertente. Ritorno seria. – Stai attento e torna da me.
Oliver mi bacia e poi mi abbraccia a lui.
– Sempre.
Scendo le scale del laboratorio lentamente.
L’effetto dell’antidolorifico che Andrew mi ha somministrato stamattina sta
svanendo. Eccolo qua, il consueto dolore agli arti, pronto a farsi sentire.
Passo lentamente le mani sulle braccia.
Ancora pochi gradini e potrò sedermi.
Ahia! La lama di un coltello mi graffia le
gambe ed io cedo al dolore.
Due braccia possenti impediscono che cada a
terra.
- Tutto bene, signorina?
Mi volto e incontro due occhi neri che mi
osservano inflessibili. Mi aiuta a rimettermi in piedi e a terminare la
discesa.
Apro la bocca per dire qualcosa ma non
riesco a pronunciare neanche una sillaba. I suoi occhi. Sono ipnotizzanti, così
intensi.
Resto lì a fissare lo sconosciuto e lui fa
lo stesso con me.
- Grazie. – Sussurro.
Lui non smette di osservarmi. Mi conduce
vicino alla sedia e mi fa accomodare.
Andrew irrompe nel laboratorio mettendo
fine a quel gioco di sguardi. – Felicity! – Dal suo tono
preoccupato deduco che il mio colorito rasenta il bianco pallido.
- Tutto ok, lui… - Indico lo sconosciuto.
– Mi ha acciuffato prima che potessi esibirmi in una scivolata con
giravolta carpiata sulle scale.
Oh, finalmente un sorriso. Andrew al
contrario inspira affranto.
- È già finito l’effetto
dell’antidolorifico? Aver aumentato la dose del farmaco non è servito a niente.
Scusami, ho fallito un’altra volta.
Andrew mi dà le spalle. Fino ad ora non ho
mai compreso realmente quanto potesse essere difficile tutto questo per lui.
Respiro a fondo. Ultime forze, Felicity. Mi
alzo dalla sedia, barcollo un attimo. Lo sconosciuto mi è accanto ma ce la devo
fare da sola. Lascio la sua presa e mi avvicino ad Andrew.
- Non è colpa tua. Non pensarlo mai più.
– Si volta sorpreso dal mio tono severo e mi osserva. – Ce la
faremo, troverai la cura, ne sono sicura. – Gli afferro il braccio.
– La mia vita è nelle tue mani e posto più sicuro di questo non potrei
trovarlo.
Andrew mi guarda per un lungo momento e
infine mi abbraccia. – Ce la faremo, Felicity.
- È meglio che torni a casa, non vorrei
togliere altro tempo al tuo impegno con … - Mi blocco e osservo lo sconosciuto
che ci fissa serio.
- Bruce. Bruce Wayne.
Non. Ci. Posso. Credere. Se quel giorno,
quando decisi di lasciare quel piccolo paese senza futuro chiamato casa, non mi
avessero indicato l'autobus sbagliato e non avessi fatto la conoscenza di
Wanda, la mia attuale vicina di casa, la quale mi disse “Se sei su questo autobus,
gioia, un motivo ci sarà! Il destino ti vuole a Starling City”, a quest’ora
sarei a Gotham City e, chissà, forse lavorerei per quest’uomo!
- Signor Wayne, lei non sa che piacere fare
la sua conoscenza. Ammiro il lavoro delle industrie Wayne, avete il migliore
reparto tecnologico dello stato. I prototipi che proponete ogni anno al
congresso della scienza internazionale mi lasciano senza parole. Li studio
notte e giorno, affascinata da quanta tecnologia avanzata possa scaturire da
una mente umana proiettata nel futuro. – Stringo forte la mano del Signor
Wayne, che mi contraccambia con una stretta calorosa. – Se il destino
avesse deciso diversamente, avrei potuto lavorare per le industrie Wayne,
invece che per la Queen Consolidated. - Sorrido divertita.
- Sicuramente ne avresti giovato in
serietà. – Chissà perché mi aspettavo la frecciatina velenosa di Andrew
su Oliver.
- I miliardari scontrosi e dal carattere
difficile non mi fanno paura, se ho gestito Oliver Queen potrei gestire
benissimo anche Bruce Wayne… - Sgrano gli occhi. Maledetta boccaccia. –
No, scusi, - Mi volto verso di lui. - Non mi fraintenda, apprezzo gli uomini
d’affari diffidenti, con sguardo minaccioso, tutti d’un pezzo, che incutono
timore con la loro prestanza fisica ma che in realtà custodiscono un animo
generoso… - Maledizione! – Tre, due, uno. – Inspiro profondamente.
– Non faccia caso a me, quando sono nervosa ho la tendenza a straparlare.
Un altro sorriso. Stasera è un successone.
– Ora è meglio che vada.
- Felicity, - Andrew cerca di bloccarmi.
- Volevo solo un po’ di compagnia, Oliver è
fuori sede per affari, niente d’importante. Signor Wayne, è stato un piacere.
Mi stringe la mano ed io affondo ancora
un’altra volta nel suo sguardo deciso.
Felicity! Mi sveglio tutto sudato. Mi volto
verso di lei che dorme tranquilla al mio fianco. Sospiro sollevato. Mi alzo
piano dal letto e cercando di non fare rumore mi chiudo in bagno.
Mi osservo allo specchio e prontamente la
mia immagine è sostituita dalla visione che tormenta le mie notti.
È passato più di un mese da quella sera,
quando Felicity mi ha confessato di essere malata. Il suo corpo marchiato dalla
malattia è un’immagine indelebile nella mia mente.
Mi sento così impotente. Posso eliminare i
criminali da questa città ma non posso eliminare il male dal cuore della donna
che amo.
Stringo forte il lavabo. Maledizione! Che
futuro potremo avere?
- Ehi, - Felicity è sulla soglia. –
Tutto bene? – Si avvicina a me.
L’osservo per un lungo istante. Con i
capelli sciolti e disordinati, il viso stanco, appare ai miei occhi così
fragile.
- Oliver, - Afferra il viso tra le sue
mani. – Sto bene. Andrà tutto bene. Ricorda: giorno per giorno. –
Me lo ripete ogni volta che mi sorprende a combattere contro i demoni della
paura che si annidano dentro di me. Non voglio perderti, né ora, né mai.
Appoggio la fronte alla sua. – Va
tutto bene. – Sussurro piano sul suo viso.
Sorride e poi mi bacia. Le sue carezze si
fanno più intense, come i suoi baci. Vuole andare oltre ma io… non posso.
Blocco i suoi tentativi. La sollevo tra le braccia e la riporto a letto.
- Hai bisogno di riposarti. Sei così
pallida.
Felicity mi osserva in silenzio. Il mio
ennesimo rifiuto la fa desistere dal suo intento.
- Oliver... – Inizia piano. - Se hai
cambiato idea, posso capirti. – Come? –Non sono cieca. Tu e
McKenna, la vostra complicità, mentre io… sono solo un peso per te. –
Senza aggiungere altro mi dà le spalle. – Non voglio un giorno svegliarmi
e ritrovarmi di fronte alla realtà che oggi cerco con tutta me stessa di
ignorare. Se vuoi stare con lei, va bene. Ti capisco. Lei potrà… - Ma si
blocca.
- Felicity, - Mi avvicino piano. La volto
verso di me. Non aggiungo altre parole, lascio che i gesti parlino per me.
Le sfioro dolcemente le labbra. Esita, non
mi risponde. Io insisto. Le mani sfiorano il suo corpo che prontamente si
protrae verso di me. Scivoliamo sul materasso e dolcemente ci amiamo.
- Giorgio per giorno. – Sussurro
sulle sue labbra.
Felicity sorride. – Giorno per
giorno.
- Felicity, da quanto è via il tuo Signor Queen?
– Domanda Andrew curioso.
Sospiro sconsolata. - Ventuno giorni. Tre
ore. Ventisette minuti. – Mi correggo. – Non sto tenendo il conto.
Andrew sorride. – Pensa prima o poi
di farsi vivo?
- È in missione… - Andrew mi guarda
sorpreso. – Intendo che sta seguendo delle trattative molto riservate che
lo tengono impegnato. Affari nazionali con lo zio Sam.
- Capisco. Questo gli dà diritto di
metterti in disparte?
- Ci sei tu che ti prendi cura di me. Nel
senso che tu mi sei vicino, anche se non puoi darmi quello che lui mi dà.
– Santa pazienza!
Andrew mi fissa per un attimo sorpreso e
poi scoppia a ridere.
- Quella volta quando ci siamo baciati non
mi è sembrato che ti dispiacesse, possiamo sempre riprovare se vuoi avvalorare
la mia tesi.
- Era un sacco di tempo fa, entrambi
avevamo bevuto troppo e poi Oliver ed io non stavamo neanche insieme. – E
io ero sotto copertura, termino nella mia mente.
Andrew si avvicina a me con un’aria
malandrina. – Non sei curiosa neanche un po’?
- Io… - Ma non faccio in tempo a rispondere
che una freccia scocca davanti ai nostri occhi dividendoci per lo spavento.
Andrew ed io ci guardiamo inorriditi.
- Stai. Lontano. Da. Lei. – La sua
voce perentoria toglie il fiato. – La prossima non sarà una freccia di
avvertimento.
Mi volto verso Arrow. Incrocio i suoi occhi
severi. Mi manca l’aria. Porto le mani al petto. La gola brucia. Ho quasi la
sensazione che la cassa toracica si stia sgretolando, talmente è forte il
dolore che sento. Non ho più ossigeno. Le gambe cedono. Cado in ginocchio e il
tonfo rimbomba nel laboratorio.
Riesco a udire in lontananza le loro voci
allarmate prima di accasciarmi totalmente a terra.
Non so quante ore sono passate ma la
situazione non è cambiata. Il suono del monitor del battito cardiaco di
Felicity rimbomba nel laboratorio e interrompe, scandendo il tempo, il silenzio
che è calato.
Stringo la sua mano nella mia. Non mollare,
non mi lasciare, ti prego. Una preghiera che ripeto in continuazione. Apri gli
occhi, maledizione!
- Le condizioni di Felicity sono peggiorate
in questi giorni. È entrata nel secondo stadio della malattia e si sta
avvicinando pericolosamente al terzo. Invece di rallentare il male che c’è
dentro di lei si sta espandendo con rapidità.
Andrew affonda le mani tra i capelli.
- Che cosa possiamo fare?
Mi fissa per un lungo istante.
- Non avrei mai creduto di chiedertelo, ma
allora me lo sentivo. - Lo guardo dritto negli occhi. - Arrow, è tempo che tu
saldi il tuo debito con me.
- Che vuoi che faccia? – Il mio tono
severo lo fa esitare.
Andrew si avvicina alla scrivania, afferra
il fascicolo e me lo porge.
- Sono i dati che ho raccolto durante
questo periodo. La linea nera indica il peggiormente delle condizioni fisiche
di Felicity; al contrario, la linea rossa, il miglioramento.
- A che cosa sono dovuti questi picchi
positivi?
Andrew mi osserva e non risponde. –
Non lo immagini? Dimenticavo che il tuo enorme ego non ti fa vedere più in là
del tuo naso.
Scatto in piedi con la voglia di rompergli
la faccia.
- Stai calmo, eroe! – Punta il dito
sul foglio. – Non ti dicono niente questi periodi? Non so spiegarti il
motivo ma le condizioni di Felicity migliorano solo quando ha al suo fianco
Oliver Queen. Lui è un balsamo per il suo male. Il suo stato d’animo migliora
se lui è accanto a lei, come se non avesse più preoccupazioni. Al contrario
quando è via per lavoro, diventa come un animale in gabbia.
Osservo attentamente le date scritte e mi
ritrovo a ricordare tutti i pochi giorni trascorsi con lei. Quest’ultimo
periodo è stato il più lungo tra quelli in cui ero assente.
- Cosa vuoi che faccia?
- Devi andare da Oliver Queen e intimargli
di scegliere: la sua società o la donna che dice di amare. Minaccialo,
trafiggilo con le tue frecce, ma mettigli così tanta paura da farlo restare al
fianco di Felicity per sempre.
Continua....
Angoletto di Lights
La storia è giunta al termine. Il prossimo capitolo è l’ultimo (è in
fase di scrittura), almeno che i personaggi non decidono tutt’altro e c’è
qualcos’altro da rivelare.
Che succederà a Felicity? Quale sarà il destino di Oliver e Felicity?
Quante domande! A sapere le risposte :D
In ogni caso, tenete d’occhio i personaggi ci servirà per il futuro ma
ve lo svelo alla fine ^_^
Il personaggio di Wanda l’ho preso in prestito, appartiene a nes_sie
e se volete saperne di più tuffatevi nelle sue storie e vi garantisco che non ve
ne pentirete ;)
Bruce Wayne, al contrario, se ne sta…. SPOILER, mi dispiace la
produzione mi ha impedito di continuare XD
Grazie infinite, come sempre, a vannagio e a jaybree per il loro
supporto quotidiano.
“Per arrivare all'alba,
non c'è altra via che la notte”
K.Gibran
Lascio scivolare il piede sulla sabbia e poi mi perdo nell’infinito.
Il cielo è limpido, il caldo del sole del primo mattino mi accarezza la pelle.
Inspiro a fondo e l’odore della salsedine mi brucia le narici.
Pochi passi e i piedi toccano l’acqua. Rabbrividisco, ma basta poco e
mi abituo alla temperatura. Che posto meraviglioso. Respiro a
fondo godendo a pieno di questa pace.
- Ehi, - Le sue braccia mi circondano. – Ti sei svegliata presto
stamattina. – Oliver mi bacia la tempia e poi appoggia il mento sulla mia
spalla.
Sorrido, non faccio altro in questi giorni e mi basta questo per
lenire il male che c'è dentro di me.
- Se qualcuno russa è un po’ difficile dormire. – Mi stacco
leggermente da lui.
Oliver mi guarda sconvolto. – Io non russo, caso mai, quella sei
tu.
Cosa? – Non è vero!
Ci guardiamo senza dire niente. Un gioco di sguardi, chi cede per
primo pagherà pegno. Nessuno molla. Ci incontriamo a metà strada. Lui verso di
me, io verso di lui e le nostre labbra si sfiorano.
- Ti amo. – sussurra Oliver sulle labbra.
Sorrido. – Comunque tu russi!
Mi sciolgo dal suo abbraccio e scappo via.
- Ehi!
Ad Oliver
basta poco, mi acciuffa per la vita e cadiamo a terra. Ci rotoliamo sulla
sabbia. I suoi occhi imprigionano i miei ed io non respiro più. Delicatamente
mi toglie i capelli dal viso e mi osserva immobile. Ogni volta è la stessa
emozione di sempre.
- Dimmi che non è un sogno… - sussurro piano con la paura che
quell’attimo possa svanire.
- No, non lo è. È tutto vero. Tu ed io.
- Per quanto ancora?
- Per tutto il tempo che vorrai, Felicity.
- Ma… - Oliver mi azzittisce con l’indice
sulle labbra.
- Tu ed io, il resto non conta.
Afferro il suo viso tra le mani e lo porto vicino al mio. – Ti
amo.
- Oliver… - A Felicity il tono della sua voce sembrò spettrale.
La stretta della mano di Oliver non si fece attendere. - Ben tornata
da me. – Si alzò in piedi e le baciò la fronte. –
Non osare mai più farmi uno scherzo del genere.
Felicity sorrise ma anche quel semplice gesto le sembrò un’impresa. Si
sentiva debole ed esausta.
- Dove sono?
- In una camera dell’area privata dello StarlingMemorial Hospital. Le tue condizioni sono peggiorate
all’improvviso e il Dottor Wolfar ha deciso di
ricoverarti per seguirti meglio.
Felicity inspirò piano, chiuse brevemente le palpebre, per poi aprirle
di scatto al ricordo.
- Oliver, Andrew è tutto intero, vero? Stava solo scherzando.
Lui non ebbe il tempo di rispondere che Andrew entrò nella stanza.
- Ben tornata, bella addormentata. – Si avvicinò a Felicity e
appoggiò l’indice sul suo polso per controllare le pulsazioni. - Signor Queen,
sono sorpreso di trovarla ancora qua.
- Perché, dove dovrei essere, Dottor Wolfar?
A Felicity non sfuggì il tono acido di quello scambio di battute.
- Se le tue condizioni migliorano, presto potrai tornare a casa. -
Andrew le accarezzò la guancia, soddisfatto, ignorando la domanda di Oliver,
che si schiarì la gola infastidito per quel gesto. - Vado a trasmettere i dati
che ho preso, torno più tardi.
Il silenzio calò tra loro. Oliver si avvicinò alla finestra dandole le
spalle. Felicity chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal suo respiro.
- Felicity… - Iniziò piano Oliver. Lei rispose con un mugolio senza
aprire gli occhi. – Che ne diresti se appena ti dimettono partissimo?
A quella domanda lei aprì gli occhi, sorpresa. - Per dove? –
Domandò frastornata.
- Per qualsiasi posto. Una bella e lunga vacanza, tu ed io e nessun
altro, in fondo ce lo meritiamo, non ti pare? –
Si voltò a guardarla.
Felicity non rispose. L’osservò a lungo indecisa.
- McKenna? – Obiettò, triste.
Oliver inspirò a fondo voltandosi un’altra volta verso la finestra.
- È tutto a posto, come in fondo. – Confermò serio. – Ora,
può procedere anche da sola. Lei non ha più bisogno né di Arrow, né di Oliver
Queen.
- … mentre io, sì?
Oliver si voltò a guardarla preso in contropiede dalla domanda.
– Beh… - Si mosse di qualche passo verso di lei. – Spero proprio…-
Si chinò vicino al suo viso. – Che tu avrai sempre bisogno di me. –
Le sfiorò le labbra con le sue. – In ogni momento della giornata, ora e
in futuro. – Accolse il viso di Felicity tra le mani e dolcemente lo
condusse a sé per baciarla.
- Ti amo.
- Buongiorno, Signor Queen.
- Buongiorno anche a te, Sofia.
Mi affaccio dalla camera e assisto all’ennesima scena svenevole della
cameriera.
Oliver sorride, nel classico stile Queen. Te la faccio passare io la
voglia di sorridere.
- Le ho portato la colazione.
- Appoggiala pure sul tavolo, grazie.
L’attende
vicino alla porta. Quando gli è accanto, le porge la mancia e sorride.
Appena la porta si chiude, paleso la mia
presenza.
- Non ne puoi fare a meno, vero? – Afferro un lampone e me lo
porto alle labbra succhiandolo.
- Di fare cosa? – Sì, fai pure l’ingenuo.
- Non saprei… sorrisi, sguardo profondo, carezze delicate e innocenti,
mosse da gentiluomo… cose così.
- Cos’è questa punta d’ironia, Felicity? Non dirmi che sei gelosa!
Figuriamoci! Afferro il secondo lampone e lo mangio, seguito subito da
un altro.
- Penso proprio che Wanda avesse ragione.
Oliver mi acciuffa per la vita e mi costringe a guardarlo negli occhi.
- In merito a cosa?
Sorrido. Non ti darò questa soddisfazione. -
Opinioni di donne.
- Su di me?
Felicity osservò attentamente la scritta sul monitor dall'autobus:
Gotham City. Inspirò a fondo, era pronta per andare incontro al suo destino.
Che cosa emozionante, pensò soddisfatta salendo sull'autobus. Passò in rassegna
uno ad uno i vari posti vuoti valutando dove sedersi.
Evitò il posto accanto al ragazzo tatuato e pieno di piercing che la osservava
attentamente, con i suoi occhi ambrati simili a quelli di un gatto che già
pregustava la sua prossima preda. Passò oltre alla famigliola felice. Bambini
urlanti che volevano giocare non erano i migliori compagni di viaggio verso la
sua nuova vita. Basta baby-sitter, si era detta l'ultima volta, dopo aver
lasciato George, il figlio piagnucolone e viziato dei Kindmon.
Arrivò all'ultimo posto vuoto. Osservò di sottecchi la ragazza che era
seduta vicino al finestrino, dalla chioma fluente rossa e dagli occhiali
eccentrici, che era tutta intenta a leggere una rivista di gossip.
- Posso? - Chiese timidamente. Gli occhi della ragazza parvero
passarla ai raggi x. La sua bocca di un rosso sgargiante si allargò
all'improvviso, stirando le labbra in una lunga linea sottile.
- Accomodati pure, cara.
L'autobus avviò la sua corsa. Felicity chiuse gli occhi per un
istante. Andrà tutto bene, si ripeté come un mantra per tenere a bada l'ansia
da nuovo inizio.
- Quanto è bello! - Esclamò la ragazza tutta soddisfatta. - Che brutta
fine che ha fatto! Un ragazzo così... - Lasciòche fosse il silenzio a
sottolineare il concetto. - Non ti pare che fosse un gran bel vedere?
Felicity diresse lo sguardo sulla foto del giovane. Ah però! - Oliver
Queen, - Lesse la didascalia della foto a bassa voce, poi lo sguardo scivolò
sul titolo dell'articolo che troneggiava sulle due pagine: Oliver Queen e il
suo triste destino di re mancato.
- Era un principe? - Chiese incredula.
La ragazza si fece una grassa risata e poi scosse la testa. - No, era il figlio di Robert e Moira Queen, l’erede di una delle
famiglie più in vista di Starling City. È scomparso
insieme al padre qualche anno fa durante la loro vacanza in barca, proprio in
questo periodo dovrebbe ricorrere la scomparsa. Ora le riviste gli dedicano
solo qualche articolo ogni tanto, prima erano zeppe di sue foto, delle sue
conquiste amorose, delle sue bravate insieme al suo amico Tommy Merlyn. -
Sospirò estasiata. - Una volta, poco prima della sua scomparsa, mi sono
imbattuta accidentalmente in lui. Beh, ero dall'altra parte della strada ma è
stato comunque sempre un bel vedere. - Sorrise compiaciuta. - Ah, se non fossi
stata impegnata con il mio Carlos, non avrebbe avuto scampo. - Le fece
l'occhiolino. - Non so se mi capisci.
Felicity sorrise imbarazzata. Che tipa!
- Bada, tesoro, a quello che ti dico: da uomini così bisogna stare ben
lontani, altrimenti ti cambiano la vita!
Felicity rise di gusto. Non c'era pericolo, i
tipi come Oliver Queen non le interessavano minimamente. Persone piene di sé,
boriose, con l’unico interesse di divertirsi da mattina a sera, e poi quei
personaggi di certo non correvano dietro a unanerd
come lei.
La ragazza mise da parte il giornale e le porse la mano. - Piacere,
Wanda, tu come ti chiami, gioia?
Felicity si fissò sul colore acceso delle unghie e poi spostò
l'attenzione su quegli occhi curiosi che attendevano una sua mossa.
- Felicity. - Le strinse la mano.
- Cosa vieni a fare di bello a Starling City? - Chiese dopo un po' Wanda.
Il capo di Felicity scattò in automatico verso la donna. - Cosa? No,
aspetti. Gotham City, vorrà dire.
La ragazza le fece di no con la testa.
- Invece sì, questo autobus va a Gotham City.
Ho selezionato le industrie Wayne dopo un'attenta
analisi di svariati mesi. Ho puntato su Bruce Wayne.
Io lavorerò per lui! Beh, ancora non lo sanno, anzi non conosco neanche il
signor Wayne, però il loro reparto di tecnologia
informatica è uno dei migliori del paese, io devo far parte di quella squadra,
io sono nata per essere una di loro!
- Ehi, - Wanda le appoggiò una mano sul braccio per farla calmare. -
Su, ora fai un bel respiro. Ecco, così, brava. Ti sei solo confusa. Questo autobus veniva da Gotham, devi aver letto la
destinazione prima che la cambiassero con la nuova.
- Devo scendere subito! - Realizzò Felicity.
- Non essere sciocca, ormai siamo quasi arrivati, e poi se sei finita su questo
autobus, gioia, un motivo ci sarà! Il destino ti vuole a Starling
City. - Le fece l'occhiolino.
Felicity si appoggiò al sedile incredula.
La sua nuova vita era già un disastro. Come farò? Si chiese affranta.
- Dai, non ti preoccupare, puoi stare da
me per un paio di giorni. Vedrai,Starling
City ti riserverà mille sorprese.
- State tutti bene?
- Oliver sospira. – Avete scoperto qualcosa su di lui?Assolutamente
no. Ha bisogno di riposo, ora più che mai. – Resta in ascolto del
resoconto che molto probabilmente Diggle gli sta facendo. - Anche se ci ha
aiutato, fin quando non capiamo quali siano le sue
vere intenzioni, non possiamo
fidarci completamente di lui. Ok.
Termina la telefonata prima che riesca a
carpire qualche informazione in più.
Mi fermo a poca distanza da lui. Non si è
accorto della mia presenza. Stringe forte tra le mani il bordo della ringhiera,
il capo leggermente chino mi fa intravedere la sua espressione corrucciata.
Appoggio la mano sul petto. Non ora, cuore, non è il momento giusto.
- Vacanza senza tecnologia, eh?
Oliver si volta sorpreso verso di me, mi
osserva attentamente e leggo nei suoi occhi le mie condizioni. Lo so già da me,
ma constatarlo da lui peggiora il tutto. –
Evidentemente il divieto era solo per me.
- Felicity! Sei diventata una ninja. – Sorride divertito. - Non ho neanche
avvertito la tua presenza. - Scherza, indossando come ormai fa già da tempola sua maschera da “va tutto bene”. -
Dovrò fare i complimenti a Diggle. - Si avvicina e mi riporta la ciocca di
capelli dietro l'orecchio.
Sto per ribattere ma lui, con una mossa
improvvisa,mi prende in braccio.
- Oliver! Che fai? Dai, mettimi giù.
- Assolutamente no. Mi è venuta un'idea.
- Mi strizza l'occhio.
Oddio, la vasca idromassaggio! - Non oserai,
vero?
Sogghigna, la mette in funzione. - Sei
pronta?
- Ma sono
vestita!
- Non importa, ci penso io a spogliarti.
- Ghigna e senza attendere una mia replica entriamo
insieme nella vasca.
L'acqua calda ci avvolge. Resto
aggrappata a lui. Chiudo gli occhi e mi abbandono. Il massaggio della sua mano
insieme alle bolle dell'acqua allentano la tensione
del mio corpo e alleviano i dolori.
- Oh, sì. - Sospiro estasiata vicino al
suo collo. - Vorrei rimanere qui per sempre.
Oliver si ferma un
attimo, probabilmente mi sta fissando e poi, lentamente, mi spoglia.
A occhi chiusi seguo la sua mano che
esplora ogni singolo lembo della mia pelle. Il suo tocco è così
delicato che rabbrividisco al suo passaggio. Non mi
abituerò mai alle sensazioni che mi fa provare ogni volta, come se fosse la
prima. Sembra quasi che stia memorizzando con i polpastrelli ogni centimetro di
me.
Le sue labbra abbandonano la mie e
scivolano lentamente, in una scia di baci,dalla bocca
al collo, lungo la clavicola, giù alla spalla.
Mi distendo piano nell'acqua
guidata dalle sue mani,che seguono il mio corpo dalle spalle
alle braccia fino a intrecciarsi con le mie. Sono completamente sua, in
balia delle attenzioni che mi sta dando. Sorrido quando avverto le sue labbra
sulla pelle, e il pizzico della barba mi solletica. Trattengo il respiro a ogni
suo bacio,che con bramosia raggiunge velocemente la mia bocca, tirandomi poi a
sé.
Mi appoggio con la schiena al bordo della
piscina e lui mi viene incontro. I suoi occhi non abbandonano mai i miei. Sono
una preda in potere del carnefice.
- Ti voglio, - sussurra sul mio viso.
- Io di più.
Ci amiamo e tutto il mondo scompare.
Sfiniti, ci godiamo il momento. Il cielo
buio è puntellato di stelle. La pace regna sovrana intorno a
noi, infranta solamente dai deboli suoni della natura circostante.
- È bellissimo qui. - Inspiro
profondamente.
Lo sento sorridere tra miei capelli.
- Oliver, - Intreccio la mia mano con la
sua. - Cos'è che mi nascondi?
Mi volto verso di lui. Fisso i miei occhi
nei suoi. Mossa da un impeto improvviso, lo bacio tanto
profondamente da
lasciare entrambi storditi.
- Anche se il sesso... - Mi guarda
storto. - Del buon sesso, - preciso. - Non mi dispiace e amo stare con te, in
questo posto, solo tu ed io …
- Felicity, - Oliver m’interrompe prima
che possa continuare afferrando il mio viso - Va tutto bene.
Inspiro profondamente. - Lo sai, vero,
che il tuo “va tutto bene” è uguale al mio “niente”!
- Va tutto bene. - Ripete deciso.
Quando la capirà che non è bravo a
mentire?
- Mi fido di te, Oliver.
- Wanda! - Felicity irruppe nella stanza
facendo sobbalzare sulla poltrona la ragazza appisolata davanti alla
televisione.
- Tesoro! Quante volte ti ho detto che
non mi devi far prendere colpi di questo genere, potrei restarci!
- Ho trovato lavoro alla Queen Consolitaded! - L'abbracciò forte. - Grazie, grazie e grazie.
Se non fosse stata per la tua amica a quest'ora starei
facendo ancora la cameriera in quella puzzolente tavola calda. Non è grandioso?
- Iniziò a saltellare per tutta la stanza. - In più, il signor Covansky mi ha detto che alla fine della settimana si libera
l'appartamento di fronte al tuo,così finalmente potrò vivere in santa
pace per conto mio... - Felicity si bloccò notando l’occhiataccia di Wanda. - Con questo non
voglio dire che mi sono trovata male a vivere con te, anzi, non ti ringrazierò mai abbastanza per il tuo aiuto, ma sai
com'è,la
privacy non è il tuo forte, nel senso che sei una persona...
- Va bene. - La interruppe. - Ti sei
spiegata. Hai bisogno dei tuoi spazi, lo capisco, ma io ti
terrò sempre d'occhio, ragazzina! - Confermò Wanda soddisfatta.
Passarono i mesi e la vita di Felicity
trascorreva tranquillamente tra lavoro, casa e qualche uscita con dei colleghi,
fino al giorno in cui Wanda piombò nel suo appartamento tutta
trafelata.
- Felicity! È vivo! - Le sventolò la
rivista davanti alla faccia. - Oliver Queen è tornato ed è vivo e vegeto.
- O-k. - Si
sforzò di entusiasmarsi anche lei. - Sono felice per lui. - Felicity si sedette
sullo sgabello continuando pacificamente a sorseggiare il suo caffè,mentre Wanda
proseguiva con il suo monologo di contentezza per quella notizia grandiosa.
- Ehi, Felicity, tutto bene? - Le chiese
Wanda sul pianerottolo. - Hai una faccia...
- Oliver Queen è venuto da me.
Wanda aprì la bocca esterrefatta ma non
riuscì a dire una singola parola.
- Nel senso che quando ha un problema da
risolvere ora viene da me. Lui. Mi. Chiede. Aiuto. – Non credeva neanche
lei alle sue parole. Confessarlo a voce alta rendeva il tutto molto piùreale.
La mascella di Wanda aumentò la distanza.
- Era da un bel po' di tempo che non lo
vedevo in giro. Non che mi dispiaceva soddisfare le sue richieste strane, ma
credevo che fosse una cosa così, senza importanza, eppure ...
Wanda si appoggiò allo stipite della
porta.
- Hanno un non so che di divertente le
sue frottole. Mi piace fargli credere che me le bevo tutte e a lui piace che io
non faccio domande.
- Forse...si fida di te. - Buttò Wanda poco
convinta. - Quindi… tu e Oliver Queen siete amici? -
Chiese impicciona. Questa era meglio di una puntata della sua telenovela
preferita.
Felicity bloccò i suoi pensieri a quella
domanda. Non credo, lui è sempre il mio capo, rispose tra sé.
- Perché quella faccia? Dovresti essere
contenta e non sembrare una alla quale è morto il gatto. – King, il gatto
che Felicity aveva raccolto per strada qualche giorno prima, uscì
dall’appartamento e soffiò verso la donna, infastidito. – Non ti sarai
mica resa conto di amare Oliver Queen? - Wanda era allibita e già gongolava
all’ulteriore gossip.
- Cosa? No, no! - Scosse la testa
agitando le mani imbarazzata per quell’insinuazione. Innamorarsi di Oliver
Queen, che assurdità, pensò Felicity,inorridita da quella prospettiva. Inspirò
a fondo e decise di confidarsi. - Il signor Steele è
scomparso. Non si hanno più sue notizie.
- Oh, mi dispiace. Da quello che mi hai
raccontato, era una brava persona.
- È una brava persona, la migliore che io
abbia incontrato fino ad ora! - Si chiuse la porta del suo appartamento dietro
di sé con un tonfo. Il signor Steele era vivo, di
questo n’era più che sicura, e lei doveva fare qualcosa per ritrovarlo.
Quella sera, sola sul suo divano, in una
mano il libricino che Walter le aveva lasciato e nell'altra il telefonino,
Felicity rimuginava sul da farsi.
Compose il numero. Inspirò profondamente
prima di avviare la chiamata. Attese qualche secondo e poi udì la sua voce
calda.
- Sì, ciao. Sono Felicity. Felicity Smoak. Eh già,
proprio io. Ti disturbo? In effettiè un po'
tardi, non è molto consueto che chiami un semi sconosciuto a quest'ora,
specialmente se è il mio capo, non lo faccio spesso, anzi mai. - Respirò a
fondo al richiamo di calmarsi. - Sì, scusami, quando sono agitata, parlo a
raffica e il mio cervello non ha più freni. No, non sono agitata perché sto
parlando con te, figuriamoci, tu sei solo Oliver Queen. - Si batté il telefono
sulla fronte. - Sì, sono qui. Volevo chiederti
se-ci-possiamo-vedere-un-momento-alla-tavola-calda-perchè-avrei-bisogno-di-parlati-di-una-cosa-importantissima-e-no-non-mi-va-di-venire-a-casa-tua.
- Disse tutto d'un fiato e poi rimase in attesa della
risposta. - Oliver? - Controllò che la chiamata fosse attiva. - Fra un'ora? Ok,
ci sarò.
- Felicity! - Oliver mi guarda sorpreso.
Il suo sguardo rimbalza da me alle valigie.
- Torniamo a casa.
- Disfa le valige. - Il suo tono mi fa
rabbrividire. - Noi restiamo qui.
- Oliver, - Mi avvicino a lui. Gli
appoggio la mano sul petto. - Sto meglio... - Blocco il suo tentativo
d’intervento. - Non possiamo continuare a vivere come se il resto del mondo non
esistesse. È stata una bella pausa. Ce ne prenderemo altre, te lo prometto, ma
ora è tempo che torniamo a casa.
Lo abbraccio forte. Oliver appoggia il
suo capo al mio. - Torniamo a casa.
Riprendo a respirare normalmente. Per un
momento ho creduto che non ce l’avrei fatta a
convincerlo, quando Oliver vuole, è proprio un bel testone, soprattutto se ha
deciso di negarsi al mondo.
- Dammi il tempo di organizzare il
rientro e in giornata partiamo.
Sorrido. Resto ferma davanti a lui a
braccia conserte. Suvvia, tesoro, dovresti saperlo. Lo guardo divertita.
- Che c’è? – Poi realizza e in
automatico porta la mano alla tasca.
Gli mostro vittoriosa il suo cellulare. -
Già fatto. – Come amo sorprendere quest’uomo. – Lo sai che il mondo
di internet non ha segreti per me.
Mi avvicino a lui con passo deciso. Mi
alzo sulle punte dei piedi e lo bacio brevemente. Qualcuno suona alla porta.
– Tempismo perfetto! - Apro la porta. - Le valige sono vicino al
divano. – Accolgo Matthew. – Andiamo, c’è un aereo che ci aspetta.
Oliver si avvicina minaccioso verso di
me. Mi fissa per un istante e con un rapido gesto mi ruba il cellulare dalla
mano. – Questotorna a me, piccola doppiogiochista!
Mi afferra la mano e mi trascina verso la
macchina.
Dopo il terremoto a The Glades e
soprattutto dopo la morte di Tommy, Oliver era totalmente scomparso. All’inizio,
Felicity e Diggle avevano creduto che si fosse preso
una pausa per elaborare il lutto, ma questa convinzione, con i passare
dei giorni, era svanita insieme allasperanza di un suo ritorno.
- Grazie, Dig.
Fai attenzione, i miei bambini sono fragili, puoi appoggiare gli scatoloni in
quell’angolo!Li sistemerò io
più tardi.
Diggle sospirò per l’ennesima volta.
Felicity si era messa in testa di ripristinare il covo e con una delle sue
magie informatiche aveva provveduto a potenziare il
reparto informatico e a dare un aspetto migliore all’Arrow Cave.
Avevano trascorso serate intere a riordinare, sempre con la speranza
nel cuore di vedere Oliver scendere le scale da un momento all’altro.
- Abbiamo finito. – Decretò
soddisfatta Felicity guardando con orgoglio il loro lavoro.
- Ora dobbiamo solo trovarlo.
Solo, pensarono entrambi amareggiati.
- Da dove partiamo? – Chiese
Felicity a Diggle. – Dammi un’idea.
- Se vogliamo ritrovare Oliver dobbiamo dividerci. Io indagherò con le mie fonti e
tu cercherai nel cyber spazio. Nessuno scompare
totalmente senza lasciare una traccia dietro di sé.
Felicity si accomodò alla sua nuova
postazione. Si scrocchiò le mani e si tuffò nel suo mondo alla ricerca di
Oliver Queen.
Oh, ma guarda. Allora non scherzava quando
diceva che è stato buttato fuori da un sacco di college. Guarda che razza di
voti! Avrà mai aperto un libro? Sgranò gli occhi leggendo una a una le lettere di espulsione.
- Incredibile, - Disse ad alta voce,
esterrefatta, quando lesse l’ultima motivazione: …per aver girato nudo nei
dormitori femminili a seguito di una scommessa mancata con il club del football
come dimostrano le innumerevoli prove fotografiche sequestrate agli studenti.
Chissà se le hanno archiviate? Si chiese
curiosa. Entrò nel server universitario e dopo un’ora riuscì a trovarle. Con un
energico doppio click del mouse aprì la cartellina incriminata e
davanti ai suoi occhi balenò immediatamente il
meglio di Oliver
Queen.
Felicity smise di respirare. Oh. Mio. Dio! Guardava il monitor ipnotizzata.
- Felicity, - La chiamò Diggle scendendo
le scale. – Hai trovato qualcosa?
Felicity scattò in piedi chiudendo
velocemente le prove del reato. - Chi? Io? – Si voltò terrorizzata verso
di lui.
- Stai bene? Sei tutta rossa, non ti
starai ammalando! – Diggle le appoggiò una mano
sulla fronte.
- Sto bene. – Sprofondò sulla
sedia. – No, ancora niente.
- Forse ho un indizio, ma voglio esserne prima
sicuro. Mi assenterò un paio di giorni, ti posso
lasciare da sola?
- Vai pure, me la caverò.
Felicity aspettò che Diggle se ne fosse
andato per continuare la sua indagine. Resta concentrata, si ripeté
mentalmente, cancellando quella cartellina tentatrice.
- Felicity, - Avverto in lontananza la
voce di Oliver. Sono così stanca. Sento il suo dito che mi toglie dolcemente i
capelli dal viso. Sbatto le palpebre, un paio di volte, per mettere a fuoco e
incontro il suo sorriso. – Ben tornata da me.– Mi bacia la fronte. - Siamo
quasi arrivati.
Mi stiracchio lentamente. Il formicolio
si è impadronito di ogni parte del mio corpo. Più allungo i muscoli e più il
dolore cresce.
- Ahia! – Mi volto terrorizzata
verso Oliver che indirizza lo sguardo su di me. – Sto bene. – Lo
rassicuro prontamente. Mi alzo piano e mi muovo verso di lui ma una
perturbazione mi fa perdere l’equilibrio.
Oliver mi acciuffa prima che cada a
terra. – Sei il mio eroe. – Divertita, lo tiro per la cravatta e lo
bacio.
Ci accomodiamo uno di fronte all’altro.
Lo osservo attentamente mentre lui assorto guarda fuori dal finestrino. Lo so
che è combattuto in questo momento, una parte di lui
non vede l’ora di essere a Starling City, l’altra invece non
avrebbe mai voluto abbandonare la nostra isola felice. Inspiro profondamente.
- Quindi, -
inizio titubante per attirare la sua attenzione. – Arrow ha un nuovo
alleato nella sua guerra contro il crimine.
Oliver mi osserva corrucciato. - Va bene,
lo ammetto, ho dato una sbirciatina, anche se in quel poco tempo non ho trovato
nulla, ma dammi cinque minuti e vedrai che riuscirò a scoprire chi è questo
nuovo eroe che si aggira per Starling City. –
Allungo la mano verso di lui per farmi dare il tablet.
- No. – Oliver si alza di scatto
innervosito e si versa uno scotch. – Continuerai a stare tranquilla.
- Oliver, ti prego, non mi sono mai
annoiata così tanto come in questi giorni! – Lo
fronteggio.Oliver mi guarda
sconcertato. – Beh, no, non sempre. - Mi correggo subito. - Sì, i nostri
momenti, oh sì, le nostre ore di fuoco sono state … oh wow. – Oliver sorride
ed io inspiro profondamente per calmare il mio cuore ballerino. – Ma ho bisogno anche di altro, di sentirmi utile. –
Afferro le sue mani. - Non puoi allontanarmi dal tuo mondo adesso che mi
hai fatto provare l’ebrezza di farne parte. – Lo
guardo dritto negli occhi. – Come tu non puoi
fingere di non essere l’eroe che sei.
- Felicity, io… - Mi abbraccia forte.
– Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?
- No.
Felicity era rannicchiata sul divanocon indosso
la sua vestaglia di pile, ai piedi le ciabatte a forma di coniglioe in grembo una confezione maxi di gelatomenta e cioccolato. Stava guardando uno
dei soliti film romantici che davano in televisione al sabato
sera.
Non erano trascorse neanche
ventiquattro ore dal loro rientro dalla Russia e già la situazione non era
delle migliori. In testa continuavano a ronzarle le parole di Oliver di quel
pomeriggio: considerando la vita che faccio, credo che sia preferibile non
stare con qualcuno a cui potrei davvero affezionarmi.
Infilò in bocca l’ennesimo cucchiaio di
gelato succhiando il residuo tra le labbra. Non poteva crederci che Oliver
fosse così vuoto. In quei mesi l’aveva visto cambiare, maturare,eppure la
sua indole da donnaiolo ritornava prepotentemente a farsi sentire.
È solo una maschera, Felicity. Lo giustificò nella mente.
… non
posso stare con qualcuno a cui potrei davvero
affezionarmi. Le sue
ultime parole l’avevano colpita.
Spense la televisione. Piombò
nell’oscurità della sera. Appoggiò la confezione di gelato sul tavolino e si
avvicinò alla finestra.
Osservò la strada distrattamente. King si
strusciò tra le sue gambe. Lo lasciò fare per qualche
secondo,poi
lo prese in braccio.
- Tu che ne pensi, King? Olivercapirà mai
che fare sesso con la persona amata è molto più gratificante che farlo solo per
soddisfare il proprio istinto?
Il gatto si leccò le labbra e sbadigliò.
Chinò il capo per leccarsi il resto del corpo.
- Perché lei e non me?
King alzò il capo di scatto.
- Lui merita di meglio.
Miao,
e poi le leccò la
faccia.
- No, non me. Non è proprio il mio tipo.
King si divincolò dalle sue braccia, come
infastidito da quella bugia,e si rifugiò nell'altra stanza.
- Non mi aspettavo di trovarti qui! Siete
ritornati da due settimane e non ti sei degnata neanche di farmelo sapere. Ho
dovuto leggerlo sui giornali di gossip. - Andrew mi osserva con disappunto
scendendo le scale del suo laboratorio con calma.
Mi volto con la sedia per osservarlo
meglio. – C’era bisogno di noi. – Mi alzo e gli vado incontro. - …
dopo il caos che è successo.
Andrew resta immobile. Mi osserva senza
dire niente. Poi, è un attimo, mi abbraccia forte. - Felicity… - Non riesce a
proseguire.
- Non dire niente. - Lo so, Andrew. Non va bene, lo so. - Per questo non sono
passata. Avevo bisogno di prendere coraggio. - Mi stacco da lui e lo guardo
dritto negli occhi. - Ci saranno giorni belli e altri bui. Giorno per giorno, giusto? – Gli faccio l’occhiolino.
Andrew mi fa accomodare e si appoggia al
tavolo di fronte a me.
- Devo dirti una cosa. – Gli faccio
segno di proseguire. – Ho avviato un programma sperimentale durante la
tua assenza, in collaborazione con le industrie Wayne
e ho ottenuto dei piccoli risultati. A breve mi trasferirò a Ghotam per proseguire la ricerca. Non voglio darti false
speranze, ma forse ...
- Oh.
Andrew evita il mio sguardo. Sospira e si
prepara a sganciare la bomba.
- Sarà un percorso difficile e incerto.
Le sostanze che entreranno in circolo nel tuo corpo avranno sicuramente degli
effetti collaterali. Potresti perdere l’uso degli arti inferiori, potrebbero causarti stati
di ansia, spossatezza e nausea e nella peggiore delle ipotesi il tuo corpo
potrebbe reagire all’antidoto accelerando l’aggravamento della malattia.
– Andrew si avvicina a me e afferra le mie mani. – Non sarà facile,
né per te né per chi sarà al tuo fianco.
Oliver, e nella mente mi si visualizza il
suo sguardo triste. - Capisco.
- Come sta McKenna Hall?
Stringo forte le mani a pugno sulle
gambe. - È fuori pericolo ma se l’è vista brutta.
- Dov’era Arrow? Perché lui non è
intervenuto? È scomparso nel nulla lasciando la città nel completo caos.
Era con me. Inspiro profondamente e poi
mi alzo. - Si è fatto tardi,è meglio che vada.
- Vuoi che ti accompagni a casa?
- No, non serve, grazie. Ne approfitterò per fare una bella passeggiata al chiaro di
luna. Ho bisogno di aria fresca.
- Perché non mi hai detto
la verità su McKenna? – Felicity accese le luci dell’Arrow Cave rivelando
la sua presenza agli occhi di Oliver. – Mi hai mentito. – L’accusa
severa colpì Oliver in pieno volto, peggio di un forte
schiaffo.
Erano tornati da meno di dodici ore e la
realtà si era abbattuta su di loro.
Appoggiò l’arco sul tavolo e inspirò a
fondo. – Non volevo… - Ma si bloccò incapace di confessare le sue paure.
- Che cosa, Oliver? Non volevi
preoccuparmi? Non volevi lasciarmi? Mi. Hai. Mentito! – Felicity gli si riversò addosso con rabbia. – Per colpa mia non
hai potuto proteggere McKenna! Ha quasi rischiato di morire perché tu non eri
lì a vegliare su quella difficile situazione! Perché eri impegnato a occuparti
di me su quella maledetta isola!
Oliver si girò di scatto. – Questo
non lo devi pensare. Tu vieni prima di tutto. –
Le afferrò il viso tra le mani. – Il mio mondo sei tu. Senza di te io non
so cosa fare.
Felicity sorrise triste. – Non è vero, Oliver. Tu non sei
completo se rinneghiArrow. – Chiuse gli occhi mentre
nella sua mente prendeva forma la verità. - Ci sono cose più importanti
di quello che vogliamo, di quello che amiamo.
- Cosa vuoi
dire? – Nei suoi occhi passò un lampo di rabbia.
- Hai un dono, non rinnegarlo. –
Gli strinse la mano per poi lasciarlo andare. – Vado a casa, ho bisogno
di riposare.
- Tiacc… - Felicity bloccò Oliver con un gesto della mano.
- Da sola.
Ho la mente completamente vuota, tutta
concentrata sul dolore alle gambe. All’improvviso la gamba sinistra
cede e sbatto contro il muro. Maledizione!
Perché queste dannate nuove medicine che
mi ha dato ora Andrew non fanno più effetto! Stringo i denti dal dolore. Le
lame affilate percuotono il mio corpo.
Giro nel vicolo, per la prima volta vorrei scomparire. Rovescio la rabbia che porto dentro sul
muro prendendolo a pugni. Perché? Perché!
Scivolo giù, mi rannicchio su me stessa.
Cedo al male. Non fare così, Felicity. La voce dentro di me ha ragione, ci sarà
una soluzione. Devo aggrapparmi a quella possibilità.
- Ma guarda chi
abbiamo qui stasera!
La voce sprezzante dell’uomo mi fa
rabbrividire. Scatto in piedi, appoggiandomi pesantemente al
muro. Non riesco a vederlo, è avvolto nell’oscurità.
- Che ci fai,bella
biondina,da queste parti?
- Nien-te.
Si avvicina a me e finalmente posso vederlo
in viso. La sua faccia è tagliata da un’enorme cicatrice e gli occhi sono
iniettati di sangue. Deve essere strafatto di chissà quale droga.
A passo lento il tipo si avvicina a me
fino a fronteggiarmi. – Sono proprio fortunato stasera, ho trovato con
chi spassarmela.
La sua mano viscida mi sfiora la guancia,
scosto il viso, inorridita. – Lasciami stare e
non ti accadrà nulla.
La risata dell’uomo infrange il silenzio
del vicolo. – Sentimi bene, biondina. – Mi
afferra per il mento e mi sbatte prepotentemente contro il muro. – Tu ed
io stasera ce la spassiamo, hai capito? – L’alito puzzolente del suo
fiato mi brucia le narici.
Non ho la forza per contrastarlo. Non ho
via di scampo. Il cellulare è a terra.
Oliver. La mia preghiera silenziosa
accompagna le lacrime che scorrono sul mio viso.
Chiudo gli occhi per evitare di vedere
l’inevitabile.
Silenzio. Non avverto più la presenza
dell’uomo su di me. Una folata di vento mi scompiglia i capelli. Apro d’istinto
gli occhi e vedo una sagoma nera che fionda sul malvivente e lo
fa volare dall’altra
parte del vicolo. Si avventa di nuovo sul tipo e lo lega vicino al palo della
luce. I miei occhi scivolano increduli su di lui,che un’istante
dopo si volta e mi osserva.
Si alza in piedi e si avvicina a me. Le
gambe mi cedono appena mi rendo conto che è tutto finito. Prontamente lui mi afferra e mi
solleva tra le sue braccia.
- Stai bene?
Il timbro di voce è caldo e severo nello
stesso momento. I suoi occhi tradiscono il suo tono: neri e profondi.
- Non lo so. – Sono completamente
senza fiato, ipnotizzata da quegli occhi. – Chi sei?
- Batman.
Con delicatezza mi mette giù. – Gra-zie.
Il cellulare prende a squillare. È
Oliver. – Aspetta, vorrei presentarti una persona.
Non faccio in tempo a raccogliere il
cellulare da terra che quando mi volto lui è scomparso.
Felicity uscì dal bagno asciugandosi i
capelli. Si avvicinò alla scrivania. Aprì il cassetto per prendere i vestiti e
si ritrovò tra le mani il libricino dell’esperimento.
Lesse il titolo ad alta voce: Io non amo Oliver Queen, confutazione con metodo
scientifico. Felicity Smoak.
Sorrise divertita. Che
stupida! Come ho potuto essere così falsa con me
stessa. Prese la penna e cancellò il titolo per scrivere quello nuovo: Come
innamorarsi perdutamente di Oliver Queen e non rendersene conto. Metodo scientifico testato e approvato da Felicity Smoak.
Strinse il libricino al petto. Si accomodò sul divano e iniziò a
completare le fasi mancanti, ricordando tutti i giorni felici che li avevano
portati al quel punto.
- Felicity, - La chiamò,
piano Oliver, svegliandola. Si era addormentata sul
divano, si rese conto.
– Che fai sul divano con indosso solo l’accappatoio?
Felicity aprì gli occhi e
incontrò il suo sguardo. – Ciao, - Lo abbracciò
forte.
Oliver sorrise tra i suoi
capelli. – Ehi.
Felicity l’osservò
attentamente. - Ti amo. – Lo baciò
profondamente.
- Sei tutta gelata.
– Oliver le strofinò le mani sulle braccia per darle un po’ di calore.
- Perché non mi riscaldi
tu? Sai come fare.
- Sei già qui. – Andrew si alza dai
gradini quando mi vede arrivare.
- Hai detto che era urgente ed eccomi
qui.
Resto in silenzio. Non riesco a guardarlo
in viso, al momento le punte delle mie scarpe sono più interessanti di tutto il
resto. Inspiro profondamente. Devo dirlo ad alta voce e tutto andrà meglio.
Coraggio!
- Va bene. – Confesso infine.
- Sei sicura? – Andrew mi afferra
la mano. Non credevi che avrei accettato, lo so, neanch'io. Mi sforzo di
sorridere. Sono giorni che ci penso, ora, non posso più rimandare.
- Sì, ma a una condizione.
- Felicity, non abbiamo più molto tempo.
Lo so, Andrew.
Lo so. Gli do le spalle e osservo il cielo. - Non hai voglia di una cioccolata
calda?
- Il tuo signor Queen non viene stasera a
trovarti?
- Ha un impegno di lavoro che lo
tratterrà per tutta la notte. Affari, che ci vuoi fare. Andiamo?
Apro la scatolina che ho
appena ritirato dal gioiellerie. Osservo attentamente
l’anello e la luce che s’infrange sulla pietra incastonataproietta una miriadi di colori sulla parete. È perfetto,
penso soddisfatto.
L’appartamento è immerso
nel silenzio. Felicity sta ancora dormendo. Vado in cucina, mi
verso del caffè e mi siedo al tavolo. Che silenzio, constato
sorpreso. Sono stato fuori tutta la notte. L’ultima volta che ho sentito
Felicity era per darle la buonanotte. Era ancora fuori con Andrew. Quei due
passano fin troppo tempo insieme per i miei gusti. Chissà di cosa avranno tanto
da parlare? Meno male che i malviventi hanno deciso di concedermi una nottata
tranquilla.
Appoggio la scatolina sul
tavolo e la osservo. Non riesco a smettere di sorridere. Ho programmato tutto,
non ho lasciato nulla al caso. Sarà tutto perfetto.
Finisco di bere il caffè e
appoggio la tazza nel lavandino. E questo? Prendo il libricino abbandonato sul
mobiletto. Ma? Ha tagliato il titolo. Sorrido, leggendo quello nuovo.
Prendo a sfogliare le
pagine e leggo uno a uno i vari momenti che ci hanno
legato e portato ad oggi.
Ultima pagina. Ultime
parole: Oliver Queen,non privare mai il mondo dell’eroe che sei.
Sembra quasi l’ultimo
desiderio prima dell’addio. Sorrido a me stesso.
- Non lo
farò.
Avverto la sua presenza.
Chiudo il quaderno e nascondo nella tasca la scatolina.
Le sue braccia non tardano
ad arrivare, e mi bacia il capo. – Buongiorno.
La faccio scivolare su di
me per osservarla in viso. – Buongiorno. Sei già vestita. – Constato sorpreso.
- Ti amo. – Mi bacia
profondamente cogliendomi alla sprovvista.
- Io di più.
Si stacca da me, si versa
del caffè nella tazza d’asporto e si avvicina alla porta.
- Oliver… - Inizia piano.
Mi alzo e la raggiungo.
– Giornata impegnativa?
- Sì, - Evita il mio
sguardo, poi è un attimo. – Non mi aspettare. – La sua mano si
appoggia delicatamente sulla guancia. Esita vicino alla mia bocca,ma con uno
slancio mi bacia. – Ciao.
Sorrido e la osservo
andare via.
A stasera, futura signora
Queen.
Angoletto di Lights
Ohibò, siamo realmente
giunti alla fine. *passa fazzoletti*
Terminare storie come
Metodo Scientifico significa lasciare andare un pezzetto di sé.
Questa storia mi è
entrata nel cuore piano, piano, anche grazie voi.
Grazie, e lo dico con
il cuore, per l’affetto che avete dimostrato in queste settimane, capitolo dopo
capitolo.
Una nota d’onore e un enorme grazie, non riuscirò mai a sdebitarmi abbastanza
con te, va a vannagio,
che con pazienza ha limitato, betato e affiancato
lungo il cammino.
Un altro gigantesco
grazie va all’altra anima viva di Metodo Scientifico: jaybree, senza la quale sarebbe stato difficile affrontare tutte le paturnie che ogni tanto mi
portavo appresso. Ho adorato, e adoro, il tuo
entusiasmo che capitolo dopo capitolo cresceva sempre più.
Grazie ragazze, davvero
non sapete quanto voi siete preziosa per me.
Grazie anche a nes_sieche mi ha dato il permesso di inserire
nella storia il personaggio di Wanda e il gatto King. Se volete saperne di più
su di loro passate per le sue storie ;)
Vi starete chiedendo: E ora?
Metodo scientifico termina con un finale “buono” ma aperto. Questo
finale l’ho voluto appositamente così, perché i tono
quasi sempre feliciti e divertenti di questa storia restassero tali, ma lascia
anche tanti punti in sospeso.
Ci sarà una terza
storia. È ancora tutta da scrivere ma nella mia testa è già ben disegnata. Ci
vorrà un po’, perché preferisco portarmi avanti con il progetto che pubblicare
capitolo per capitolo, proprio per evitare blocchi di
scrittura.
La pubblicazione sarà
per gennaio, salvo imprevisti, o chissà, magari anche prima.
Un piccolo spoiler? Ok!
Ritroveremo Felicity, Oliver e Andrew, ma conosceremo anche dei nuovi
personaggi, uno dei quali ha già fatto la sua comparsa in questa storia. ;)
Per passare il tempo
magari potete passare per le altre mie storie in questo fandom: Undercover e Cappuccetto Rosso
Alla prossima!
EDIT 15/12/14: ho iniziato a pubblicare il proseguo di questa storia: Proiettili di ghiaccio