Secrets at the White House

di TrustInBieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Sette ***
Capitolo 3: *** Emily mento perfetto ***
Capitolo 4: *** Matty ***
Capitolo 5: *** Ouija ***
Capitolo 6: *** Nonna ***
Capitolo 7: *** Caraibi ***
Capitolo 8: *** Cena ***
Capitolo 9: *** Parigi ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno.


Mi precipito nella sala riunioni di mio padre e mi sbatto la porta alle spalle. “Cosa diamine significa che avrò un'altra guardia del corpo? Non la voglio!”
Dieci uomini, compreso mio padre, alzano lo sguardo dai loro fogli e mi guardano incuriositi. “Andrea, ti dispiace uscire? Stiamo discutendo una cosa molto importante.” Dice tranquillamente mio papà, tornando a parlare ai suoi colleghi. “Come abbiamo già deciso-”
“Non voglio un'altra guardia del corpo! Ne ho quattro, bastano e avanzano! Lo capirei se uscissi dalla mia stanza ma sto sempre su Tumblr, cosa vuoi che mi succeda?” Continio, ignorando le occhiate severe degli uomini.
“Dateci un momento.” Mio padre si alza e mi prende per un braccio, tirandomi fuori dalla sala. “Andrea, è davvero irrispettoso.”
“Sei tu il Presidente, sono sicura che aspetteranno. Non voglio una guardia del corpo, non mi serve e sarebbe uno spreco di soldi. Siamo in crisi, no? Non spendere soldi inutili.”
“I soldi spesi per la tua sicurezza non sono inutili, Andrea. Sei mia figlia, voglio essere tranquillo mentre io e tua madre siamo fuori dal Paese.” Ribatte lui, incrociando le braccia.
“Starete fuori dal Paese per due settimane! Non per due mesi, papà. Starò benissimo anche senza ulteriori guardie, sai?” Faccio il broncio come una bambina piccola che non ottiene quello che vuole.
“No. Questa discussione non ha senso, avrai un'altra guardia del corpo che ti piaccia o no.” Conferma prima di riaprire la porta della sala riunioni.
“Mi butterò giù dalla finestra!” Strillo.
Sospira e la richiude, voltandosi verso di me. “Addirittura? Sei davvero così infelice da buttarti fuori dalla finestra?”
“Sarei più felice senza quattro omoni in giacca e cravatta che mi seguono perfino in bagno! Ti rendi conto che per controllare che il cibo non sia avvelenato, mi hanno mangiato tutto il panino a pranzo? Morirò prima di fame con loro che per un attacco di un qualsiasi maniaco!”
“Come siamo tragiche, Andrea. Avrai un'altra guardia del corpo, come ho già detto. Ti piacerà anche, ha 22 anni ed è... Come dite voi ragazze?”
“Figo?”
Fa una smorfia di disapprovazione. “Non volevo saperlo. Comunque, sì. Ed è dietro di te in questo momento.”
Mi volto all'istante e vedo un ragazzo biondo, alto, in jeans, maglietta bianca e giacca di pelle attraversare il corridoio con due guardie dietro di lui.
Porca miseria. “Sai, papà...” Dico, girandomi verso di lui ancora, vedendolo ridacchiare. “Forse non è una cattiva idea.”
“Lo sapevo. Justin, è un piacere vederti. Come è stato il viaggio?” Dice prima di stringere la mano del ragazzo.
“Lungo. Vorrei solo farmi una doccia e sistemarmi.” Risponde questo prima di spostare lo sguardo su di me, esaminandomi dalla testa ai piedi. “Tu sei Andrea?”
“Sì, ma posso essere chiunque tu voglia.” Gli faccio l'occhiolino e lui ride, mentre mio padre mi da una leggera sberla sul braccio.
“Comportarti bene, Andrea. Devo tornare in riunione, perciò mostragli la sua stanza.” Mi dice papà.
“Non so neanche qual è. Comunque può dormire con me, a me non dispiace. Ho un armadio grande, basterà per le sue cose. Il letto è grande, pure.” Alzo lo sguardo su mio padre e lui mi lancia un'occhiata di avvertimento.
“Ha la camera accanto alla tua. Forza, muovi il culo e vedi di farlo sentire a suo agio.” Apro la bocca per parlare ma mi interrompe. “E non in quel senso! Grazie di essere venuto con così poco preavviso, Justin. Sono sicuro che ti troverai bene qui.” Dice mio padre prima di entrare nella sala riunioni e chiudersi la porta alle spalle.
Guardo Justin e lui guarda me. “Allora...” Inizia.
“Allora...” Continuo.
Sorride. “La stanza, Andrea.”
“Oh, giusto. La stanza. Allora, hai 22 anni? Non sei troppo giovane per rischiare la tua vita per me? Non che non mi faccia piacere, sai? Ero così emozionata all'idea di avere un'altra guardia del corpo.” Dico mentre mi incammino per il corridoio con lui al seguito.
“Sì, ho sentito.” Ridacchia piano e afferra le sue due valigie quando raggiungiamo il salone.
“Sì, beh, quello è irrelevante. Sai, sono nella fase ribelle della mia adolescenza.” Faccio spallucce e qualche minuto dopo raggiungiamo il terzo piano. “Allora, la tua stanza è questa qui. Almeno spero. Puoi sistemarti, fare quello che ti pare. Tanto non esco mai da qui senza scorta, sono sicura che ci sentirai. La sveglia suona alle 9 di mattina, il pranzo è a mezzogiorno in punto e la cena è alle 8. Non ti consiglio di fare tardi, mia madre è pignola su questo. Comunque, divertiti. Io sono qua accanto.” Gli indico la porta della mia camera prima di entrarci e chiudermi dentro.
Porca miseria! Porca miseria. Vorrei tenermelo per sempre, non solo per due settimane. Faccio un respiro profondo e mi getto sul letto, afferrando il telefono e componendo il numero di Stacy, la mia migliore amica.
“Ehi, ti hanno di nuovo segregata nella tua camera?” Ride appena risponde.
“No! Ascolta, non ci crederai mai. Devi venire qui adesso.” Sparo mentre mi alzo e esco sul balcone, allungandomi per sbirciare nella stanza di Justin. Dannate tende.
“Adesso? Non posso, sto facendo la manicure-”
“Stacy. Ragazzo. 22 anni. Biondo. Nuova guardia del corpo. Figo. Alto. Assomiglia un po' a James Dean-”
“Sto arrivando.” Riaggancia e io ridacchio, lanciando il telefono sul letto e aprendo le ante dell'armadio. Allora, cosa potrei mettermi per pranzo? Voglio essere carina.
Mezz'ora dopo Stacy piomba nella mia stanza con il fiatone. “Dov'è? Dov'è?” Si guarda intorno.
“Ovviamente non nella mia camera. Dai, vieni. Però non urlare. Ho già fatto la mia dose di figure di merda con lui.” Sussurro mentre la spingo fuori dalla mia stanza e verso quella di Justin. “Cosa gli dico?”
“E che ne so, Andrea. É la tua guardia del corpo. Inventati qualcosa.” Fa spallucce e io mi lecco le labbra.
“Okay, gli dirò che c'è un ragno. Tu tienimi il gioco.” Annuisce e io busso alla porta di Justin, aspettando che apri.
Me lo ritrovo davanti senza maglietta con i boxer che spuntano da sotto i jeans. Stacy a momento sviene. “Dimmi.”
Lo fisso per un po' e alzo lo sguardo solo per incontrare quello divertito di lui. “C'è un pettorale sul mio soffitto.”
“Un ragno!” Mi suggerisce Stacy.
“Un ragno! Un ragno sul mio soffitto. Potrebbe...” Lo guardo di nuovo. “Attaccarmi.”
“Non sia mai che un ragno ti attacchi, Andrea. Dov'è?” Chiede prima di seguirci nella mia stanza.
Stacy mi fa l'occhiolino e si siede nella poltrona, incrociando le gambe e ammirando il sedere di Justin. “Niente male.” Mi sussurra poi.
Faccio spallucce. “Eccol- Oh, mannaggia. Penso che sia andato via. Beh, meglio così. Non vorrei mai che attaccasse anche te, Justin. Penso sia tutto. Grazie.”
“Figurati. La prossima volta inventati una scusa migliore per mostrarmi alla tua amica.” Lancia una rapida occhiata a Stacy. “Divertitevi.” Dice prima di uscire e chiudere la porta.
“Davvero niente male!” Riconferma Stacy e io rido.


Non solo è sexy, ma mangia anche in modo sexy. Ho dimenticato come si fa a infilare la forchetta in bocca ma qualcos'altro me lo infilerei di sicuro.
“Allora, Justin. Da dove vieni?” Chiede mia madre mentre si taglia un'altra fetta di pane.
“Canada.” Risponde lui tranquillamente. Beato lui che è tranquillo.
“Canada? Ci sono stata per un paio d'anni quando studiavo all'università. Da che zona?”
“Stratford. É vicino a Toronto, giù in basso.” Informa Justin prima di mettersi in bocca un altro pezzo di pollo.
“Sono stato a Toronto molte volte. É davvero una bella città. Andrea ha sempre detto di volerci andare.” Si intromette mio padre e mi lancia un'occhiata. “Non ti piace il pollo, Andrea?”
“Sì. Mi piace. Non ho molta fame.” Faccio spallucce e continuo a fare casino con i vari pezzettini sparsi sul piatto.
“Gradisci qualcos'altro?” Chiede, e io scuoto la testa. “Allora mangia quello. E non andare da Maria a chiederle un panino alle 3 di mattina, chiaro?” Annuisco e lui torna a mangiare.
“Non abbiamo mai avuto una guardia del corpo così giovane. Di solito scegliamo gente che abbia almeno 30 anni, ma questa volta Andrea rimarrà qui da sola e penso che un ragazzo della sua età faccia più compagnia.” Continua mia mamma.
“Mamma, ho 16 anni. Lui ne ha 22. Non penso che si possa considerare della mia età.” Borbotto piano, infilando un pezzo di pollo in bocca.
Justin mastica lentamente e in silenzio, ascoltando attentamente i vari battibecchi tra i miei genitori.
“Bene. Ho finito.” Annuncio. “Posso alzarmi da tavola?”
“Certo. Anche Justin ha finito, perché non gli fai vedere in giro? Potrà ambientarsi meglio in casa. Fagli vedere il cinema.” Dice mio padre. “Abbiamo un cinema privato tutto per noi e i film appena usciti che non sono ancora in programmazione. Ti piacerà.”
“Come vuole.” Justin si stringe nelle spalle e si alza da tavola. “Fammi strada.”
Vuole solo guardarmi il culo! Poso la forchetta e mi alzo, uscendo dalla sala da pranzo con lui dietro. “Allora... Che tipi di film guardi?”
“Tutti i tipi. Azione, più che altro.” Risponde, camminando al mio fianco con le mani in tasca.
“Se avessi detto horror avremmo più argomenti di cui parlare.” Dico infine, facendolo ridere.
“Qual è il tuo preferito?”
“Di che?”
“Di horror.”
“Ah. Mi piacciono 1408, Shining è carino, Psycho, The Orphanage. I tuoi?”
Fa spallucce. “Un po' di tutto. Non ho un preferito per ora. Shining è noioso.”
“Davvero? Anche io! Mi hanno detto tutti che è il miglior film horror di sempre ma non ci ho capito niente. Poi l'ho riguardato un'altra trentina di volte e ci sono arrivata.”

Sei arrivata a cosa?” Mi guarda incuriosito.
“Che fa schifo sul serio.” Ride. “Siamo arrivati.”
“Prima le donne.” Mi fa cenno di entrare e io apro la porta. Mi vuole guardare il culo di nuovo! “Com'è vivere alla Casa Bianca?”
“Lo vedrai da te. Noioso, oppressivo, soffocante. Per non parlare della sveglia alle 9 di mattina e degli orari fissati per ogni pasto. O delle guardie che camminano da una parte all'altra ogni momento.” Sospiro e accendo la luce nella sala. “Ma ci sono abituata, ormai.”

Non riuscirei a vivere in una casa piena di gente a ogni ora del giorno e della notte.” Dice lui.
“Allora come mai sei qui?” Gli lancio un'occhiata stranita prima di sedermi su una poltrona di pelle e sprofondarci dentro.
Justin mi imita. “Perchè non sapevo che altro fare.”
“Beh, mi sembra che la scelta più stupida l'hai fatta.”
Ride. “Per ora non è così male. A parte i ragni.” Sghignazza sottovoce e gli do un colpo al braccio.
“Non era una scusa per farti conoscere Stacy. C'era davvero un ragno in camera mia.”
“Ah, sì? E dove è andato nei trenta secondi durante i quali mi fissavi?” Mi guarda di nuovo.
Alzo gli occhi al cielo. “Non ti stavo fissando. É solo che hai molti tatuaggi per uno di 22 anni. Non ci sono abituata.”
“Non sei abituata ai tatuaggi o ad avere un ragazzo senza maglietta davanti a te?”
“Entrambi.” Mugugno e lo sento ridacchiare di nuovo.



Chicas, chicas.
Nuova storia.
Di nuovo.
Non c'è molto da dire sul primo capitolo,
penso di aver spiegato praticamente tutto.
Lei è la figlia del presidente degli Stati Uniti,
lui è la sua nuova guardia del corpo,
estremamente dkuhsifdh.
Per ora è tutto.
Fatemi sapere se vi piace. :)
Sciao, bellesse.

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Capitolo 2
*** Sette ***



Capitolo due.


So che non dovrei dirlo. Non è professionale. Non è etico. Non è salutare come l'Activia.
Ma non posso farne a meno. Non posso tenermi tutta questa gioia nel cuore senza riversarla sul mondo intero.
E poi Justin è terribilmente bello mentre sguazza come un cagnolino nella mia piscina. Braccia, gambe, braccia, gambe, braccia-
“Andrea?”
“E gambe.” Sospiro con fare sognante mentre continuo ad asciugarmi il naso. Tanto è troppo grosso, magari a forza di strofinarlo si riduce un po'.

Andrea?”
“E braccia, e gambe. E guarda che muscoli. Oh, ora sta scuotendo la testa. Guarda le gocce d'acqua che cadono dai suoi capelli come le lacrime dai miei occhi.” Continuo
Mio padre mi da una sberla sul collo e scatto a sedere. “Smettila di fissarlo. Sei troppo piccola per lui.”
“Non lo stavo fissando!” Ribatto indignata. Ma come può anche solo pensarlo?
“Ah, sì? E chi ha tutti quei muscoli e le gocce d'acqua come le tue lacrime? Potresti scrivere poesie, tanto a Matematica fai schifo.” 
Signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti d'America. “Beh, che vuoi?” Borbotto prima di lanciare l'asciugamano sulla sdraio.
“Io e tua madre stiamo partendo, sono venuto a salutarti ma penso di aver interrotto un intimo momento tra te e Justin nella tua testa.” Ride.
Gli lancio un'occhiataccia. “Divertiti, papà.”
“Non mi chiamare papà.” Sbuffa.

E come dovrei chiamarti?” Lo guardo interrogativa.
“Beh, signore. O Presidente. O semplicemente George. Non voglio che in giro si sappia che sono così vecchio.”
Massì, in fondo siamo solo su tutti i giornali e io sono chiamata sua figlia, ma penso abbia senso. “Papà-”
“Che cosa ti ho detto?”
Alzo le mani in segno di resa. “Va bene, signore. Divertitevi, fate buon viaggio, non mi chiamate ogni minuto. Ora vattene, non voglio che Justin pensi che ho solo te per amico.” Lo mando via con una mano mentre fisso Justin che esce dalla piscina e afferra il suo asciugamano.
“Capirai. Justin, prenditi cura di mia figlia mentre sono via, va bene?”
“É quello che intendo fare.” Replice Justin con la faccia nascosta dall'asciugamano. “Stia tranquillo.”
“Bene. Allora vado. Ciao, tesoro. Comportati bene.” Mi bacia la testa prima di allontanarsi e rientrare in casa.
Justin si sdraia sul lettino accanto al mio e sospira. “Ho già detto quanto amo questa casa?”
Mhm. Preferirei che mi dicessi quanto ami me. “Un paio di volte da quando siamo qui.” Cioè mezz'ora. “Come intendi prenderti cura di me? Io avrei qualche idea.” Gli faccio l'occhiolino e lui ride.
“Andrea, sei una bella ragazza ma hai 16 anni. Io 22. Non è appropriato, hai l'età di mia sorella.”
Che palle. “Beh, ma se mi trucco un po' sembra che ne ho 18. 18 ti va bene?”
“18 è meglio di 16.” Si stringe nelle spalle.
“Okay, allora vado a truccarmi. Tu stai qui, eh. Non ti allontanare.” Dico mentre mi alzo e afferro il pareo.
“Tranquilla. Neanche un attentato alla tua vita mi smuoverà da qui.” Ribatte tranquillamente, chiudendo gli occhi.
“Sai, potrei dirlo a mio padre. Ma se ti metti con me, ti lascio in vita. Che ne dici?”
“Non dovevi andare a truccarti?” Ride e io faccio spallucce, entrando in casa e correndo al piano di sopra.
Ora devo solo comportarmi da adulta, il trucco nasconderà il resto. 
Sua sorella ha 16 anni? Caspita, sua mamma si è data da fare, vedo.


Justin, ti piace Matematica?” Chiedo, crollando sul divano e lasciando cadere il libro sulle ginocchia.
“No.” Dice mentre sgranocchia una pannocchia. Ho fatto rima. 
“Neanche a me. Infatti l'unico numero del quale mi importa è il tuo.” Sorrido da un orecchio all'altro e lui ride.
“Carina.” Mette la pannocchia sul piatto e lo spinge via. “Ne conosco una migliore.”
“Dai, spara. Però dopo mi aiuti perchè non ci capisco niente qui.” Dico prima di gettare il libro sul tavolino e mettere una gamba sotto il sedere.
“Sono come il Pi Greco: lungo e vado avanti all'infinito.”
“Dobbiamo fare la prova del 9. In camera mia.”
Mi spinge via mentre ride e il suo telefono squilla. “Devo rispondere.” Si alza ed esce dalla sala, mentre io mi accascio sul divano.
Dannazione. Il trucco non ha funzionato. Forse avrei dovuto mentire sulla mia età. O semplicemente assicurarmi che non legga mai i giornali dove c'è una qualsiasi mia descrizione.
Cosa posso fare? E se mi vestissi da crocerossina? Potrei legarlo al letto durante la notte. Non potrebbe fare niente.
Mi ha morso una zanzara. 
Sospiro mentre mi gratto la mano. E se facessi finta di essere in pericolo? Potrei chiedere a uno dei miei amici di rapirmi nel bel mezzo della notte e urlerei come una pazza per svegliarlo. 
Ma forse è meglio di no. Accorrerebbe tutta la squadra di poliziotti, FBI, CIA, guardie del corpo e anche l'esercito Americano.
Come fanno le ragazze a piacere ai ragazzi? Dovrò chiedere un consiglio a Stacy.
Sto ancora contemplando il mio piano quando Justin ritorna mentre scrive qualcosa sull'iPhone.

Chi era?” Chiedo velocemente.
“Sicura di volerlo sapere?” Mi sorride prima di infilarsi il telefono in tasca.
“Mhm, sì.” Sua madre. Fai che sia sua madre.
“La mia ragazza.”
E vaffanculo!
“Oh. Una ragazza. Va bene. Beh, vado a finire i compiti. Ne ho una marea, figurati.” Mi alzo dal divano e afferro il libro.
“Andrea-”
“Scusa, devo andare.” Gli sorrido velocemente prima di tornarmene in camera mia e chiudere la porta alle mie spalle.
Ho appena fatto una figura di merda davanti a un ragazzo di 22 anni che ha pure una fidanzata.
Anche se quello stronzo avrebbe potuto dirmelo prima che mi facessi in quattro per piacerli.
Ma poi che me ne frega? Ha 22 anni, probabilmente in un mese non lo vedrò neanche più.
Speriamo si dimentichi la sua faccia sul comodino.
Qualcuno bussa alla porta e mi infilo velocemente le cuffie dell'iPod nelle orecchie, continuando a leggere le varie regole e formule.
Figurati, per fare 4 più 4 devo ancora usare la calcolatrice. Come potrò mai imparare polinomi, monomi e tutto il resto?
Justin entra nella stanza e io alzo lo sguardo, tirando fuori una cuffia. “Possiamo parlare un attimo?”
“Devo studiare.” Dico, stringendomi nelle spalle. “Mio padre è severo quando si tratta di scuola. Magari dopo.”
“Posso aiutarti se vuoi.” 
Ecco, lo sapevo. Ora sta cercando di fare il carino per farmi sentire meno scema. Non funziona.
“No, davvero. Faccio da sola, se no non imparo. Chiudi la porta quando esci, okay?” Mi rimetto la cuffia nell'orecchio e torno a studiare.
Senza aggiungere altro esce dalla mia stanza, e io sospiro.
Okay, cambio di direzione. Da adesso in po farò finta che Justin sia una felce. Una ricca, rigogliosa felce.
Una ricca, rigogliosa felce con una fidanzata.
Mi lascio cadere sul letto e metto il libro sulla faccia, probabilmente cacciando il più lungo lamento della mia piccola, corta esistenza.
Se avessi 20 anni non starei a letto con il libro di Matematica sulla faccia ma starei in camera a fare sesso violento con Justin.
O con chiunque altro, a sto punto.
Beata generazione del 2016 con la moralità del Medioevo.


Sto tranquillamente cercando di non pensare a Justin quando questo decide di manifestarsi al mio cospetto con la sua faccia troppo bella per essere presa a pugni.
“Stai cercando di evitarmi o stai cercando di evitarmi?” Chiede, sedendosi accanto a me sotto il salice piangente in giardino.
“Sto cercando di prendere un po' d'ombra. Sono troppo abbronzata.” Indico le mie braccia bianche e lui ride.
“Senti, per prima-”
Alzo una mano. “Non hai bisogno di dare spiegazioni. Insomma, io mica ero seria, Justin. Dai, andiamo. Quale ragazza di 16 anni sarebbe così esplicita?”
“Avrei comunque dovuto dirtelo.” 
Beh, sì. Non è stato carino da parte tua illudermi così. Pensavo davvero che ci saremmo sposati un giorno. 
Ovviamente non glielo dico e rimango in silenzio con gli occhi chiusi ad ascoltare i vari uccelli che cinguettano in cielo.
Poi decido di diventare masochista, tanto per sfuggire alla monotonia dei miei giorni.
“Dai, parlami di lei. Com'è? Carina?” Gli lancio un'occhiata e me ne pento subito appena lo vedo sorridere.
“É bellissima.” E ti pareva. “Ha i capelli rossi, raggiungono più o meno i gomiti. In estate si schiariscono e diventano più ramati. Occhi verdi, come tutte le rosse.”
Mhm, che palle. “Come si chiama?”
“Emily.”
Psh. Che nome di merda. Molto originale, mi dicono.
Ciao, sono Eeemily, ho un ragazzo beeello che ama meee e solo meee.
Me la immagino già con quei bei capelli con quelle belle mani, quelle belle dita, quelle belle unghie, quelle belle braccia, quei bei gomiti, quei bei nervi, quelle belle arterie, quei bei polmoni, quelle belle cellule, quei bei glubuli bianchi così alla moda, quel bel sangue.
“Quanti anni ha?” Se mi dice che ne ha 17, lo mando fuori a calci in culo. Giuro. Lo giuro.

Venti. Anzi, compie vent'anni tra un mese.”
Ne parla come se Emily dovesse vincere un Oscar per averselo accaparrato prima di tutte le altre ragazze.
Oh, vi ringrazio, vi ringrazio! Sono così fortunata ad avere Justin che loda le mie doppie punte! Vorrei dedicare questo Oscar al mio anno di nascita, che mi ha permesso di pigliarmi Justin senza alcuno sforzo!
E Justin le massaggerà le mani perchè la poveretta ha dovuto tenere tutta da sola una statuina di 50 grammi.
Capirai. Io compio 17 anni tra un anno, cosa vuoi che sia? Tra quattro anni anche io avrò vent'anni, non è mica una rarità.
Almeno io sono la figlia del Presidente. Lei chi è? La sua ragazza, ecco chi è. Dannazione.

E da quanto state insieme?”
“Da sette anni.”
Che cosa?! 
Sette anni fa ero a mala pena nata e questo già si scopava un'altra!
No, questo è troppo.
Sette anni sono una vita. Sette è il numero perfetto. Sette sono i peccati capitali, sette sono le meraviglie del mondo (otto, se contiamo la bellissima fronte di Emily), sette è il numero primo euclideo, sette è il numero felice, sette è il numero fortunato, sette sono i nani di Biancaneve, s
ette sono le ossa del tarso nel piede umano, sette sono le mucche di Apollo.
Sette sono gli stramaledetti anni che stanno insieme.
Preferisco studiare Matematica che almeno lì si va avanti e la situazione si complica.
Sette è troppo perfetto.
“Beh, complimenti. Ora torno a studiare che ho tipo sette capitoli da imparare a memoria, eh. Bene. Divertiti.” Gli do una leggera pacca sulla spalla e mi alzo da terra.
“Andrea-”
“Sono le 7: alla Casa Bianca dalle 7 in poi si sta in silenzio.” Gli lancio un sorriso prima di rientrare.
Che. Due. Palle.


LO SO CHE NON HO AGGIORNATO.
Ero in Grecia.
Poi non ho mai avuto tempo.
Ma ecco il secondo capitolo: yooooo.
Spero vi piaccia, almeno un pochino- ino.
Sayonara, bellesse. :)

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Capitolo 3
*** Emily mento perfetto ***


Capitolo 3.


Devi togliertelo dalla testa. Mi senti? Lui non esiste. É solo la tua guardia del corpo, e ha sei anni più di te. E in più ha anche una bellissima, stupendissima, intelligentissima, rossissima ragazza. Hai capito? Toglitelo dalla testa.” Mi ripete Stacy mentre mangiamo il gelato nella cucina della Casa Bianca.
“Sì. Per me lui non esiste. Mi fa schifo, non mi piace. La sua faccia è troppo rosa e i suoi capelli sono troppo morbidi. E le sue spalle sono troppo larghe e ha troppi muscoli. Non mi piace. A me piacciono tutti molli.” Annuisco con vigore, impugnando il cucchiaio per mettere più enfasi sulle mie parole.
“Esatto. Lui non ci piace.” Conferma lei.
Justin entra in cucina, spettinandosi i capelli con una mano. “Giorno.”
“Buongiorno.” Sorrido come una scema e Stacy mi da una cucchiaiata sulla testa. “Ahia! Ma che ti ho fatto?”
Lui non ci piace.” Ribadisce nuovamente, lanciandomi un'occhiataccia e guardando Justin. “Beh, anche se il culo ce l'ha bello eccome.”
Ecco. “Dormito bene?” Chiede Justin dopo aver preso una bottiglia d'acqua dal frigo.
“Hmm. Sì, bene. Tu?” Infilo il cucchiaio nel gelato e me lo ficco in bocca.
“Diciamo di sì.” Ride e si siede con noi. “Programmi per oggi?”
“Oh, sai...” Stacy fa spallucce. “Pensavamo di uscire. Andare al cinema o qualcosa del genere. Vero, Andrea?”
No. “Sicuro. Sai, shopping, parrucchieri. Cose da ragazze. Hai capito? Assorbenti e tamponi. E scarpe. Capito? Capelli, trucchi. Mascara. Capito, no?”
“Me lo ripeteresti ancora una volta? Non ho afferrato bene.” Sorride lui e mi abbasso lentamente nella mia sedia, continuando a mangiare.
“Vieni con noi?” Chiede Stacy, e io mi abbasso ulteriormente.
“Beh, è il mio lavoro assicurarmi che Andrea non venga ammazzata o rapita.” Justin si stringe nelle spalle e mette giù la bottiglia.
“Credimi, Andrea è capace di ammazzarsi da sola. L'anno scorso è inciampata in un rametto e si è rotta una gamba. Oh, e non parliamo di come alla sua festa di compleanno per i 14 anni si è catapultata in piscina dopo aver preso fuoco dalle candeline della torta. E di quando Johnny Mason-”
“Penso abbia capito!” Strillo, rimettendomi a sedere composta. Johnny Mason. Non si parla di Johnny Mason e di come mi ha vista fare una capriola quando ho quasi rotto l'osso del collo. E la spina dorsale. E anche il pavimento.
“Bene! Io vado in bagno un attimo, devo sistemare...” Lancia un'occhiata a Justin. “Uh, qualcosa.” Si alza ed esce dalla cucina, mentre io torno al mio gelato quasi sciolto. Che imbarazzo.
Rimango in silenzio e penso vigorosamente alla felce. Ricca, rigogliosa felce con una ragazza altrettanto ricca e rigogliosa.
“Da quanto la conosci?” Mi chiede infine, e io alzo lo sguardo.
“Stacy?” Annuisce. Oh, mamma. “Da quando sono nata. Mio padre e sua madre erano amici al college e così via.”
Annuisce di nuovo. “Si è adattata alla tua nuova vita?”
“Oh, lei la adora. Sai, le guardie del corpo, la sicurezza, i paparazzi. Le piace essere al centro dell'attenzione.”
“A te no?”
“Io sto meglio al fianco.” Ride.
Stacy torna in cucina qualche minuto dopo. “Senti, ma chi è quella guardia del corpo così carina che mi ascoltava pisciare?”
Oddio. “Jordan?”
“Non lo so. Alto, un po' strano. Porta gli occhiali neri e parla sottovoce con una radio.” Si stringe nelle spalle e lancia un'occhiata alla bottiglia d'acqua di Justin. “Ti dispiace'” Lui scuote la testa, così Stacy la afferra e ne beve tre litri.
“Jordan. Eri al secondo o al terzo piano?”
“Al secondo.”
“No, allora quello è Toby. Però è sposato da tipo 11 anni e ha due figlie. Non so se ne vale la pena visto che hanno la tua età.”
“Vabbè, ma che vuol dire? Le ragazze amish partoriscono a sedici anni e si prendono cura dei bambini per tutto il resto della vita. Dovrei convertirmi.” Ribatte lei.
“Non penso che ci si possa convertire a quello, sai? E poi non hai detto che ti piace Danny? Sai, quel tipo carino con gli occhi verdi che è in classe di Scienze con te?”
Ci pensa un po' su. “Ah, quello! Sì, no, è andata. Non se ne fa niente.”
“Ma se te ne sei innamorata due giorni fa.” Le lancio un'occhiata confusa.
Stacy si alza e mi fa segno di tacere con la mano. “Sai, gli amori ai giorni nostri. Vanno e vengono in una notte. Adesso mi piace Jordan.”
“Jordan ha 48 anni.” Le ricordo.
“Non mi interessa. Li porta bene. Non gliene davo più di 17.” Ride ed esce dalla cucina, mentre io e Justin rimaniamo in silenzio per riflettere bene sulle sue parole.
“E io che pensavo fosse illegale.” Dice infine, facendomi ridere.
“Questo vuol dire che stare con me per te non sarebbe illegale. Ma sai com'è, a Emily iridi verdi non piacerebbe questo accordo.” Faccio spallucce e salto giù dalla sedia.
“Emily iridi verdi?”
“Sì. Non ha gli occhi verdi?”
“Sì, ma-”
“Perfetto. Allora è Emily iridi verdi. Andiamo, non voglio uscire quando si muore di caldo.” Dico prima di uscire dalla cucina.


Il telefono di Justin squilla quando usciamo dal bar dopo che Stacy è finalmente riuscita a comprarsi il suo milkshake.
“É incredibile che mi facciano fare la coda! Sono con la figlia del Presidente, cosa c'è di più urgente che servire la migliore amica della figlia del Presidente?” Continua a borbottare con la cannuccia in bocca.
Lancio un'occhiata al telefono di Justin e riesco solo a leggere
Emi prima che lui rifiuti la chiamata e si metta il telefono nella tasca della giacca.
Perchè non hai risposto?” Gli chiedo, mettendomi di nuovo gli occhiali da sole.
“Sto praticamente lavorando.” Si stringe nelle spalle. “É un po' appiccicosa.”
“Ma guarda. Emily mento perfetto ha un difetto? Chi l'avrebbe mai detto.” Bofonchio. Ho fatto rima di nuovo. Mio padre ha ragione: dovrei iniziare a scrivere poesie. Ma poi avrei paura di diventare come Taylor Swift e scrivere poesie solo su quanto odio Emily come lei scrive di quanto odia i suoi ex.
“Mento perfetto?” Mi lancia un'occhiata divertita.
“Sì. Sai, capelli perfetti, occhi perfetti, denti perfetti, caviglie perfette. Non c'è ragione perché anche il suo mento non sia perfetto.” Sembro una vipera da come parlo, ma non importa.
“Andrea-”
Lo interrompo di nuovo. “Scusa, scherzavo. Okay, cosa c'è?” Mi fermo davanti al cinema e guardo i cartelloni appesi nella speranza di trovare un film che mi piace. “Uh, c'è qualcosa con Leonardo DiCaprio. Voglio vedere quello.”
“Sai almeno di che parla?” Chiede Stacy.
“Non mi interessa, io fisserò Leonardo come faccio sempre nei suoi film. Dai, andiamo.” La prendo per mano e me la trascino dietro, mentre Justin ci segue.
“Sembri una madre iperprotettiva, Andrea. Vedi di darti una regolata, non state neanche insieme e parli come se ti avesse tradita.” Mi sussurra mentre ci avviciniamo alla cassa per prendere i biglietti.
“Beh, non mi ha mai detto che ha una ragazza! E io mi sono comportata come una cogliona mentre lui se la rideva.” Dico offesa.
Stacy alza gli occhi al cielo. “Non aveva il dovere di dirti della sua ragazza. Lui è tua guardia del corpo, non il tuo migliore amico o tuo fratello. Non è qui per portarti a letto o altro, è qui per proteggerti dai pazzi maniaci che sono là fuori.”
“Beh, almeno i pazzi maniaci là fuori mi vogliono. É già qualcosa.” Sbuffo.
Finalmente riusciamo a prendere i biglietti, andando verso la sala numero 7. E ti pareva, guarda. Figurarsi se non capitavamo qua.
“Oh, ma che coincidenza. Numero 7. Che bel numero. É proprio un bellissimo numero.” Dico tra me e me mentre cerchiamo i nostri posti.
“Se non la smetti di comportarti così, ti do una sberla che ti farà volare fino a Napoli.” Mi ripete Stacy prima di sedersi. “Questo milkshake sa più di melmerda che di latte.”
Rido e appoggio la schiena alla poltrona, tenendomi le mani in grembo per paura di scontrare con quelle di Justin se le appoggio da qualsiasi altra parte.
Dai, mi sto comportando da bambina viziata che non ha ottenuto ciò che vuole. É ridicolo. Lo conosco da tre giorni e mi aspetto di possederlo e ammaliarlo con tutta la mia bellezza e la mia taglia zero di tette. É sorprendente che non mi abbia ancora mandata a quel paese.
Non si può pretendere che un ragazzo di 22 anni si metta insieme a una di 16, specialmente avendo una di 20 che quando sorride gli illumina l'intero universo.
Grugnisco e lascio cadere la testa sullo schienale. Proprio non riesco a essere un po' meno stronza.
“Tutto bene?” Mi chiede Justin, e io alzo un pollice in segno di okay. Una meraviglia.
Speriamo che Leonardo DiCaprio faccia la parte del figone nel film, così almeno mi tolgo Justin dalla testa per almeno due ore.
“Senti, io vado in bagno un momento. Se torno e ti vedo abbracciata a lui, non ti mando più a Napoli ma a Sydney. Tieni le mani a posto.” Sussurra Stacy prima di alzarsi e farsi strada tra le poltrone.
“Emily iridi verdi e Emily mento perfetto. Però. E neanche la conosci.” Dice Justin sovrappensiero.
“Guarda, a me basta che non te la tiri dietro in questa casa e poi può avere le narici più nere che tu abbia mai visto. Un pozzo profondo di catrame che ti ricorda com'era triste la tua vita prima del suo arrivo.” Commento, torturando uno dei troppi braccialetti che porto al polso.

Andrea-”
“Dovrei tingermi i capelli-”
Questa volta mi interrompe lui. “Andrea, smettila.” Dice infine. “Non la conosci neanche, va bene? Non pensi che parlare male di qualcuno senza conoscerlo sia un atteggiamento profondamente infantile?” Rimango in silenzio. “Vedi perchè non mi metterei mai con una ragazza di 16 anni? Non è perchè è troppo giovane o perchè sarebbe illegale: semplicemente perchè avete una voglia incredibile di sputare merda su qualsiasi ragazza che non sia vostra amica.” Conclude, tirandosi indietro appena lo schermo si accende.
Stacy, ti uccido per avermi lasciata sola con lui.
Ma in fondo me la sono cercata.
“Io me ne vado a casa.” Annuncio prima di alzarmi.
Mi guarda per un momento. “Perchè?”
“Ma dimmi tu, Justin! Mi hai appena detto che mi comporto come una bambina quando tu non mi hai neanche detto che hai una dannata ragazza!”
“Non sapevo che parte del mio lavoro fosse informarti di quante ragazze ho avuto e di quanto champagne ho bevuto a Natale, Andrea. Sono qui per proteggerti, non per andare a letto con te.”
“Nessuno ha mai parlato di quello e non ho mai detto che hai il dovere di farlo, ma almeno un minimo di delicatezza avresti dovuto averla quando ti ho fatto capire che mi piaci e tu ci hai riso su. Ora portami a casa, per favore.”
“Non ci ho riso su. E non ti ho mai detto che ci potrebbe essere qualcosa tra di noi. Correggimi se sbaglio, Andrea.”
Incrocio le braccia. “Ho detto portami a casa, per favore.”
Sospira e si alza. “Perfetto. Andiamo.” Lo seguo fuori dalla sala e prendo Stacy sottobraccio quando esce dal bagno.
“Che succede? Dove stiamo andando?” Chiede lei.
“A casa.”
“Cosa? Perchè? Non volevi vedere Leo?”
Scuoto la testa e mi lecco le labbra. Che stronzo.


Papà, so che sei impegnato ma ti ho chiamato per dirti una cosa molto importante che avrà un effetto immediato sulle nostre vite.”
“Hai deciso di andare ai corsi di recupero di Matematica?”
Che simpatico. “No. Voglio farmi suora.”
Silenzio. “Ah, sì? In quale convento?”
“Uno qualsiasi. Non sopporto i ragazzi. Sono stupidi e fidanzati, il che li rende ancora più stupidi.”
Ride. “Parli di Justin? Tesoro, ha 22 anni e tu ne hai 16. Non è l'ultimo ragazzo che incontrerai nella tua vita.”
“Esatto, ed è per questo che voglio farmi suora. Spero e prego che questo sia l'ultimo.” Borbotto mentre attorciglio il filo del telefono intorno al dito.

Senti, devo andare a una riunione molto importante, ma appena torno ne parliamo per bene. Okay? Non ti abbattere così, in fondo sei come una sorellina per lui-”
Chiudo la chiamata e mi siedo sulla scrivania del suo ufficio, battendomi le dita sul braccio. Una sorellina. Non voglio essere una sorellina.
Voglio essere una bomba sexy!
Seh, sogna, Andrea, sogna.
Salto giù e torno al piano di sotto, facendo vari cenni di saluto alle migliaia di guardie di sicurezza sparse in giro.
Comincio a roteare per la casa, sbattendo ogni tanto contro qualche mobile che una guardia si affretta a mettere a posto.
Entro in cucina e Maria alza lo sguardo dal cetriolo che stava tagliando. “Sei di buon umore?”
“No, sono di pessimo umore. Sto cercando di trasformarmi in Taz e ingoiare tutto ciò che vedo.”
Ride. “Hai fame?”
Sospiro e scuoto la testa, tornando al piano di sopra e ovviamente incrociando Justin nel corridoio. Avrei dovuto dargli una camera nel seminterrato. Con i topi. E i vermi.
Si sarebbe trovato in famiglia.
“Ehi-”
Gli sbatto la porta in faccia dopo essere entrata in camera mia, e crollo sul letto.
Devo fare un piano. Allora, chiamo Ashton o chiamo Matt? Entrambi potrebbero fare finta di essere i miei ragazzi.
Oppure me li prendo tutti e due: uno per tre giorni e l'altro per tre giorni. Il settimo – come Dio comanda – mi riposerò.
Oppure li ucciderò.


Ragazzi. SONO PUNTUALE.
Mi ero messa in testa di pubblicare il capitolo Martedì.
E sono anche in anticipo perchè sono le 2.37 di mattina.
Ma in ogni caso: spero vi sia piaciuto c:
Ricordatevi di dare un'occhiata anche a Breath of an angel,
e  spero di vedervi nelle prossime recensioni.
Sciao, belle. :)


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Capitolo 4
*** Matty ***


Capitolo 4.



Il Giovedì mi fa schifo. E mi fanno schifo le uova che danno per colazione il Giovedì. Il Giovedì fa schifo in generale ma i Giovedì con le uova ancora di più.
Cerco di soffiare nel buco come ho visto fare un tipo su YouTube e mi sento come se le mie orecchie dovessero staccarsi dalla testa e volare via.
“Si può sapere cosa stai facendo?” Mi chiede Maria mentre lava i banconi della cucina con uno straccio che sembra un lenzuolo.
“Sai il metodo che hanno i Russi per sgusciare un uovo?” Le chiedo mentre tolgo qualche altro pezzo dal buco e soffio di nuovo.

No. Deduco che tu lo sappia, comunque.” Ride e lava lo straccio.
“Fanno questo buco piccolino sopra e uno grosso sotto, e poi soffiano in quello piccolo e l'uovo salta fuori.”
“Ah, più o meno come i bambini.” Dio santo. “Vedi di mangiare invece che giocare col cibo. Lo sai quante persone soffrono la fame in Africa?”
Lascio cadere la testa sullo schienale della sedia, preparandomi alla sua solita ramanzina quando non voglio mangiare. Maria viene da Lusaka e si vanta delle sue origini ogni volta che può.
Quando è venuta a lavorare qui si è presentata dicendo: “Salve, sono Maria e vengo di Lusaka, una piccola città in Africa, molto modesta. Non ho avuto cibo e acqua per giorni, e ora lavoro alla Casa Bianca. É un onore conoscerla, signor Presidente”, a cui mio padre ha replicato con altrettanta enfasi: “Vengo da Washington e ho mangiato e bevuto ogni giorno dell'anno, perciò per me è un onore conoscerla, Maria”, e la scena si è svolta in circa quindici minuti.
Durante i quali io dovevo andare in bagno, perciò parlare d'acqua e d'acqua non mi sembrava la scelta migliore.
“Basta, ci rinuncio. Se i Russi dovessero mai attaccare il mondo, attaccheranno con le uova. Come i cannoni. Fiù, fiù, ed ecco che non ti ritrovi più la faccia.” Borbotto, lanciando l'uovo sul piatto e infilandomi in bocca i pezzettini di bacon.
“I Cinesi con che cosa attaccherebbero?”
“Con tutta la merda che l'America li costringe a produrre senza neanche pagarli. Ce la restituirebbero tutta. Sempre in faccia.” Mi stringo nelle spalle e Justin entra in cucina.
“Buongiorno, Justin.” Sorride Maria. “Ci sono uova per colazione.”
“Sì, lo vedo.” Commenta lui mentre guarda i vari pezzetti di gusci e uova sparsi sul mio tavolo.
“Bene, allora siediti. Gradisci del tè o del caffè da bere?” Gli chiede mentre va verso le padelle e inizia a raccogliere il bacon, mettendolo sul piatto.
“Caffè andrà bene, grazie. Hai dormito bene?” Mi chiede poi, posando il telefono sul tavolo e appoggiandoci anche i gomiti.
“Divinamente.” Bofonchio a bocca piena, guadagnandomi una sberla da Maria.
“Le signorine per bene non parlano mentre masticano! Ma chi te l'ha insegnata l'educazione?”
“Mio padre. Immagina se il popolo sapesse che il loro Presidente parla, mangia e beve tutto allo stesso tempo? Sarebbe da ridere. Dovremmo fargli un video.”
Maria scuota la testa, disperata. “Non so più che cosa fare con te, Andrea. Mangia quelle uova prima che le soffi in faccia io. Sono peggio dei Russi, sappilo. Io vado da mia sorella. Ci vediamo dopo.” Annuncia, poi esce dalla cucina – non prima di aver sorriso a Justin – e si chiude la porta alle spalle.
“Sai cosa stavo pensando?” Comincio mentre finisco si sgusciare l'uovo. “Che forse dovresti tornartene a casa e stare con Emily. Insomma, è il suo compleanno tra poco, no? Non vorrei mai che si arrabbiasse per la tua assenza. E poi mio padre torna tra pochi giorni, quindi non ho più bisogno che tu mi protegga.”
“Vuoi mandarmi via perchè è il compleanno di Emily o perchè Emily esiste?” Mi chiede mentre prende un pezzo di bacon e lo mangia lentamente.
Ha le labbra sexy, sexy. Ma stronze, stronze. “No. Per il compleanno. E comunque, Justin, nel caso tu non te ne sia accorto, stavo scherzando. Su tutto. Sono davvero felice per te, sette anni sono una vita e sono sicura che è una bella ragazza e tutto quanto. Perciò vai pure, sei scagionato.”
Ride. “Scagionato? Non mi sembra una bella notizia, considerando che sono alla Casa Bianca e il caffè qui è cento volte meglio che a Miami.”
Mhm. Capirai. “Bene. Allora io vado.”
“Dove vai?”
“Che ti frega?”
“Devo venire con te. Sai, sono qui per questo. Salvarti il culo.”
“Senti, sto andando in bagno. Posso portarmi il culo almeno lì che mi serve?” Inarco un sopracciglio.
Alza le mani in segno di resa. “Vai pure. Saluta Toby.”
Sì, contaci. Non ho niente di meglio da fare che andare su e giù per le scale a salutare le guardie del corpo per te, Justin.
Raggiungo la mia camera da letto e caccio in fuori un sospiro.
Ora devo solo aspettare l'arrivo di Matt.
Ashton è più carino ma anche quel bastardo ha una ragazza da tipo tre ore e mezzo.
Mi mollano tutti nel momento del bisogno, a quanto pare.


Matty, Matty!” Strillo quando lo vedo entrare in casa con il telefono in mano.
“Non mi chiamare Matty!” Mi sussurra quando lo stringo in un abbraccio.
“Allora
Matty via quel dannato telefono e innamorati di me. E adorami. Veloce.” Dico prima di allontanarmi. “Allora, com'è stata la Grecia?” Chiedo a voce alta, tanto per attirare l'attenzione di Justin.
“Bella!” Ribatte Matt con lo stesso tono. “Molto calda!”
“Più calda di me?”
“No, tesoro! Tu sei la più calda!”
Andiamo avanti così per una decina di minuti senza alcun risultato da parte di Justin ma con due orecchie che mi fanno un male della Madonna.
Che palle. “Okay, andiamo in sala. Fai finta di essere follemente, pazzamente innamorato di me. Fai finta che io sia Ashley Tisdale.”
“Beh, difficile da immaginare visto che lei non è stronza e tu sì.” Borbotta lui mentre mi segue.
“Senti, lei non ti paga e io sì. Se vuoi i tuoi 500 dollari, inizia a gattonare dietro di me. Non in senso letterale. Vuol dire fammi il filo!” Lo tiro su quanto cerca di mettersi in ginocchio.
“E chi lo dice così?”
“Mio padre. Lascia stare. Andiamo.” Entro in sala con Matt al seguito e scorgo Justin in giardino che parla al telefono.

É quello lì? Ma dai, Andrea, stai scherzando? Mi hai detto che ha 17 anni, quello ne avrà almeno 20!” Matt mi guarda confuso e io mi stringo nelle spalle.
“Ne ha 22. Andiamo, ora. Smettila di lagnarti, comportati come una persona di classe e tienimi la mano. Anche se suda. E baciami ogni tre secondi contati. E dimmi quanto i miei occhi ti ricordano il blu dell'oceano.”
“Per quella merda voglio 1000 dollari e anche McDonald's gratuito fino alle fine dell'anno.”
“Va bene! Stronzo.” Esco in veranda e Justin alza lo sguardo, poi lo sposta su Matt.
“Devo andare.” Dice al telefono prima di attaccare. “Chi è?” Lo indica con un dito.
Sì! Ha funzionato. “Lui? Oh, nessuno-”
“Tesoro, smettila di dire così. Sai che non mi piace quando neghi il nostro amore. E qui non ci sono telecamere.” Dice Matt, passandomi un braccio intorno alle spalle.
Justin inarca un sopracciglio e mi guarda quando Matt mi bacia la guancia, insalivandola peggio di un labrador. “Gli è permesso stare qui?”
“Ma certo che gli è permesso!” Sbotto con fare indignato. “É il mio
ragazzo. Io lo amo. Abbiamo in progetto di sposarci appena compio 18 anni.” Angelina Jolie mi fa un baffo con la sua recitazione da prima elementare.
Annuisce leggermente. “Allora va bene. Divertitevi.” Dice prima di rientrare in casa e chiudere la porta.
“E staccati!” Spingo via Matt e mi asciugo la guancia con la manica. “Ma che cazzo sei, un bulldog?” Chiedo, sedendomi sull'erba con lui accanto.

Non ha funzionato.” Dice tranquillamente.
“Ma no, davvero? E da cosa l'avresti capito?”
“Senti, non per farmi i fatti tuoi, ma si può sapere perchè ti interessa tanto? Tra due settimane se ne andrà, non lo vedrai mai più. Lascialo stare tranquillo con la ragazza che ama. Non puoi veramente voler rovinare sette anni solo per un tuo capriccio personale.”
Mhm, che palle. “Da 1000 dollari sei passato a 900. Usa la bocca solo per lusingarmi fino alla fine della giornata. Ora andiamo. Dobbiamo stargli intorno. E tu tira la lingua in gola quando mi baci. Dio santo, mi hai lavata tutta.”
“Non è colpa mia se profumi di vaniglia, sai che la adoro.” Si stringe nelle spalle e allunga una mano, così lo tiro su. “Sappi che non stai facendo la cosa giusta.”
“Sì, bene. Senti, dici che i capelli mi stanno meglio su o giù? Forse dovrei lasciargli sciolti. Tu che pensi?”
Matt sospira. “Penso che tutta questa storia finirà male per me, per te, per lui e anche per la sua ragazza.”
“Non nominare il nome di Satana in questa casa.” Sbotto prima di rientrare in sala e avviarmi lungo il corridoio. Ora dobbiamo solo trovare Justin e dargli fastidio.


Se questo non funziona, ci rinuncio. Lo prometto.
Aggiusto il rossetto rosso sulle labbra prima di mettere il tubicino sulla scrivania. Dovrebbe andare. Mi controllo velocemente i pochi vestiti che ho addosso – una gonna microscopica che neanche Paris Hilton si metterebbe, reggicalze nere e una camicia che mi scopre quasi tutta la pancia –, e alla fine esco soddisfatta dalla mia camera.
So che Justin è in sala a guardare il concerto live di Beyoncè in TV, ma scommetto anche che preferirà me a lei.
O almeno prego e spero che sia così, altrimenti mi butto giù dal balcone e la facciamo tutti finita.
Scommetto che Emily ci sta sperando.
Entro in sala a passo di lumaca e mi fermo accanto al divano con nonchalance. “Oh, quella è Beyoncè.”
“Sicuro che è Bey-” Sputa in avanti l'acqua che beveva non appena mi vede. “Ma cosa cazzo ti sei messa addosso? Stai scherzando?” Si alza velocemente e si toglie di dosso la giacca, cercando di mettermela sulle spalle.
“E smettila! Non sei mio padre. Sto andando fuori.” Sì, ma di testa. “Justin!” Strillo quando mi imbacucca nella sua giacca di pelle e mi lancia sulla sua spalla, portandomi di nuovo in camera mia.
“Per uscire di qui con quella merda dovrai passare sul mio cadavere e su un'altra decina. Mettiti qualcosa addosso, sembri una squillo. Minorenne, per di più.” Mi dice quando mi butta sul letto.
“Lasciami stare! Tu devi solo proteggermi, non dirmi come mi devo vestire!” Mi alzo e mi spinge giù di nuovo. “La vuoi finire?”
“No, non la voglio finire. Hai 16 anni, vestiti come una ragazza della tua età e non come una troia.”
“Oh, e così ora sarei una troia?” Inarco un sopracciglio.
“Ho detto che in questo momento sei vestita da troia, non che tu sia una troia. Porca puttana, non ci credo.” Apre le ante del mio armadio e tira fuori un maglione extralarge con i pantaloni della tuta.
“Io non vado fuori vestita così.” Incrocio le braccia quando lancia i vestiti sul letto.
“Tranquilla, fuori non ci andrai comunque. Vestiti.” Si appoggia al muro e io lo guardo.
“Beh, vuoi uscire o devo anche farti uno spogliarello? Mi dispiace, hai perso l'occasione quando mi hai chiamata troia e mi hai dato la tuta.” Dico prima di alzarmi e afferrare la mia roba.
“Non ti ho chiamata troia e smettila di ripeterlo.”
“Che cosa? Troia?”
“Sì.”
“Troia, troia, troia, troia, tro-”
Mi mette una mano sulla bocca. “Andrea, sono serio. Smettila. Ti stai comportando come una bambina.”
“Una bambina troia? Mamma mia, Justin. La delicatezza è proprio il tuo forte, vero?” Sbuffo prima di chiudermi a chiave in bagno. Che bastardo.
Mi infilo il maglione e i pantaloni e lancio il resto dei vestiti per terra, tornando in camera.
“Così va meglio.”
“Sì, certo. Però quando Beyoncè stava mezza nuda in TV non ti dava fastidio.” Mi sdraio di nuovo e prendo un libro a caso dal comodino, aprendolo e sfogliando distrattamente le pagine.
“Beyoncè è una donna di 32 anni nel mondo dello spettacolo, Andrea. C'è una bella differenza, e tu sei la figlia del Presidente. Hai dei doveri, che tu abbia 16 anni o 20. Non cambia niente.”
“Sì, ho il dovere di mettermi addosso una tuta e stare zitta e ferma come e quando lo decidi tu, vero?”
“Oh, mio Dio.” Ringhia. “Io torno in sala. Vuoi venire?”
“No.”
“Sul serio?”
“Sì, sul serio! Chiama Emily e guardate quella merda insieme.” Lancio il libro sul comodino e mi rigiro nel letto, guardando fuori dalla finestra.
“Ma non hai un ragazzo? Quello lì di oggi.” Chiede prontamente lui.
Che imbecille. “Ma quale ragazzo e ragazzo? Quello mi ha leccato la faccia tutto il giorno e gli ho anche dovuto pagare per questo! Dio santo, ma proprio non ci arrivi.”
Rimane in silenzio per qualche minuto. “Andrea, non ti abbassare a tanto. Ci sono tanti ragazzi là fuori che venderebbero un rene per stare con te.”
“Sì. E qui ce n'è uno che rischia la sua vita per me. Quale pensi che voglia? Ora vattene, voglio dormire.”
Sospira. “Andrea-”
“Ho detto vattene, Justin. Spegni la luce e chiudi la porta. E divertiti.” Mi metto un cuscino sopra la testa e chiudo gli occhi, sentendo i suoi passi allontanarsi dal letto, poi la porta che si chiude.
Rompiscatole.




Aggiorno oggi solo perchè Chiara mi ha praticamente minacciata
di aggiornare oppure non avrebbe aggiornato lei D:
Quindi boh, spero il capitolo vi piaccia.
E vi chiedo anche di andare a vedere la sua storia
perchè è stupenda e vorrei averla scritta io.
Il link é : Afterlife.
Beh, grazie e ci vediamo al prossimo capitolo.




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Capitolo 5
*** Ouija ***


Capitolo 5.


Quando mi sveglio il sole splende tanto quanto il mio umore. Ovvero piove.
Perfetto. Proprio oggi che pensavo di uscire e non passare la giornata chiusa in casa con un idiota di 22 anni che mi chiama troia, poi bambina e poi pretende anche che io non mi arrabbi.
Scendo al piano di sotto con la voglia di schiacciare qualcuno contro un tir, ed entro in sala, buttandomi sul divano e mettendomi le braccia sugli occhi.
“Giorno.”
Grugnisco. “Mi vuoi lasciare in pace un secondo, Justin? Non ti sto dando fastidio, sono vestita, sono tranquilla. Lasciami perdere, per favore. Dio santo.”
“Qualcuno è di cattivo umore.” Dice prima di alzarmi le gambe e sedersi accanto a me, lasciandosele cadere sulle ginocchia. “Dormito bene?”
Non ci arriva. “Sì, ho dormito meravigliosamente bene. Sono in casa, nessuno mi ucciderà qui dentro. Ora puoi andare, grazie della visita.”
Sospira. “Andrea, non fare così. Cosa ti aspetti che ti dica? Che amo te e che lascerò Emily per rimanere al tuo fianco per sempre? Mi dispiace. Non è così. Amo lei.”
“Non c'è alcun bisogno di ripetermelo. Chiamerò mio padre oggi stesso e gli dirò che hai impegni a Miami e potrai tornartene a casa entro stasera su un jet privato. Almeno tu e Emily starete tranquilli. E anche io.”
Mi mette una mano sul ginocchio, stringendolo leggermente. “Non è quello che volevo dire. Mi piaci, sei intelligente, sei spiritosa. Hai alcune delle qualità che vorrei che Emily avesse ma non ha, ma hai 16 anni, Andrea. É una differenza di età troppo grande. Potresti essere mia sorella, capisci? Voglio davvero che andiamo d'accordo, almeno mentre sono qui. Ma lo stai rendendo impossibile.”
“Che bella cosa.” Commento. “L'hai sentita ieri in un film?”
“Non penso che i film possano arrivare a essere così complicati, per quanto realistici possano essere. Andrea, non rendere tutto così difficile. Possiamo essere amici, possiamo uscire insieme, ma non...” Sospira e non finisce il discorso.
“Va bene.” Mi metto a sedere. “Così sia, allora. Saremo amici. Ora me ne torno in camera perchè sono stanca e francamente ho voglia di darti un pugno in faccia, e non è un buon modo per iniziare un'amicizia. Ci vediamo quando esco dal letargo.” Mi alzo dal divano e ritorno in camera mia, chiudendo la porta a chiave e gettandomi a letto come un masso in acqua.
Che faccia tosta che ha. Possiamo essere amici, voglio davvero che andiamo d'accordo.
Un'altro modo per dire: “Non mi interessa niente di te e mi fai anche schifo. Oh, e hai 16 anni e sei una bambina troia, non dimenticartelo mai!”.
Perfetto. Ora ho fame ma sono troppo orgogliosa per tornare al piano di sotto e chiedere a Maria di farmi un panino.
Anche perchè è il Venerdì della torta di mele e io odio le torta di mele.
Non c'è neanche il rischio che qualcuno mi avveleni con il cibo visto che l'unica cosa che mangio è il tonno in scatola. E quelle sono già chiuse.
Qualcuno bussa alla porta e io grugnisco. “Cosa c'è?”
“Andrea, devo pulire la tua camera.” Mi dice Clarence da fuori.
“Non adesso. La pulisco da sola.” Borbotto.
“Sei sicura?”
“Sì, sono sicura. Grazie.” Ma vedi te se qualcuno deve infilarmi le mutande nel cassetto giusto, quello sopra i reggiseni e sotto a quello delle calze.
Ci rinuncio. Non ci baderò più. Anzi, lo ignorerò il più possibile. Per me non esisterà più nessun ragazzo chiamato Justin Bieber, capelli color caramello e occhi color nocciola.
O qualcosa del genere.
Forse gli occhi sono color caramello.
Dovrei fare più attenzione ai suoi occhi da ora in poi.
Sbuffo.
Ho appena detto che per me non esisterà nessun Justin Bieber e ora ci risiamo.
Devo trovarmi un hobby. Magari mi compro un cane che gli assomiglia.
Dove vendono i labrador con gli addominali?


“Hai quasi finito?” Si lamenta Justin mentre la parrucchiera finisce di asciugarmi i capelli e farmi la piega.
“Sì, smettila di chiederlo. Mi ricordi Ciuchino.” Alzo gli occhi al cielo e torno a fissare lo schermo del mio telefono, controllando i vari messaggi che ho ignorato e che continuerò a ignorare anche ora.
“Bellissima! Bellissima! Assolutamente magnifica!” Annuncia la parrucchiera quando la smette di spruzzare lacca dappertutto. Justin si è dovuto allontare dalla poltrona per respirare.
Come farà mai a proteggermi da una pistola se ha paura della lacca? Ha. Me lo immagino già.
“Grazie, Noemi.” La seguo fino alla cassa e aspetto che finisca di fare il conto, poi le do i cinquanta dollari. “Tieni il resto. Ci vediamo tra tre mesi.”
“Sicuro. E continua a curarti i capelli che stanno venendo stupendi, mi raccomando!” Mi saluta con la mano e io afferro la giacca dall'appendiabiti.
Justin prende l'ombrello e lo fa girare intorno al polso. “Ho una spalla slogata, porca puttana.” Dice appena usciamo dalla parruccheria e ci incamminiamo verso il SUV che ci aspetta.
Grazie a Dio ha smesso di piovere. “Prenditi una ragazza e smetti di usare la tua mano.” Ribatto, e la sua mano mi spinge contro il muro.
Non dovrebbe essere la guardia del corpo che impedisce che mi ferisca? A questo punto non me ne frega davvero niente.
Entro in macchina e lui mi segue, e l'autista parte sgommando con due macchine nere al seguito.
“Vuoi tornare a casa o devi fermarti da qualche parte?” Mi chiede Josh, un'altra guardia del corpo, girandosi verso di me dal sedile anteriore.
“No, torniamo a casa.” Appoggio la schiena al sedile e guardo fuori dalla finestra. “Come mai hai la spalla slogata?”
“Ci ho dormito sopra tutta la notte.” Spiega brevemente prima di tirare fuori il telefono che non smette mai di squillare. “Emily, non adesso.” Dice piano, portandosi una mano all'altro orecchio. “Che cosa? Non posso parlare, ti richiamo sta- Smettila di urlare, ti richiamo sta-” Si interrompe di nuovo e alza gli occhi al cielo. “Ho detto che ti richiamo stasera. Non mi sto scopando nessuno, finiscila. A dopo.” Chiude la chiamata e io mi gratto il naso.
Ah, però. Quindi Emily non solo è perfetta ma anche gelosa. “Tutto bene?” Gli chiedo.
“Ti interessa davvero o sei solo contenta che stiamo litigando?” Mi lancia un'occhiata.
Sospiro. “Mi interessa davvero. Ma sono anche contenta. Cosa è successo?”
Si stringe nelle spalle. “Non si fida.”
“Di te o di me?”
Ride. “Di me. Anche di te. E di nessun'altra ragazza che c'è al mondo. Crea sempre delle storie, si fa dei viaggi mentali che neanche la LSD ti procura.”
Mhm. “Le hai mai dato motivo di dubitare di te o non fidarsi?”
“É questo il punto. Lei mi ha dato dei motivi per dubitare di lei e non fidarmi. Non il contrario. É solo che suo padre è andato via di casa quando lei aveva 7 anni e ha mollato l'intera famiglia. E adesso lei pensa che tutti gli uomini siano come suo padre.”
Annuisco leggermente. “Dopo sette anni passati insieme, il minimo che può fare è fidarsi.”
“Lo so. Litighiamo ogni giorno per questo.”
“Perchè non la lasci?”
“Andrea-”
“No, non sto parlando per me. Te lo sto chiedendo e basta. Una relazione in cui non fai altro che litigare per le stesse cose non mi sembra una relazione sana.”
Si lecca le labbra e si sistema la spalla, facendomi sussultare. “Penso che sia più una questione di abitudine che di amore. Voglio dire, la amo. É impossibile non amare una persona dopo sette anni.”
“Ma non è neanche impossible non amarla più. Secondo me ci devi parlare e chiarire una volta per tutte la sua gelosia. E se non funziona, o le spari o la molli. Oppure ti spari da solo.” Faccio spallucce ed esco dalla macchina quando parcheggia di fronte a casa.
Non ci credo che gli ho appena detto come risolvere la situazione.
Perchè non riesco mai a stare zitta? Mhm.
Entro nella mia stanza e mi cambio velocemente prima di telefonare a Stacy. “Senti, ho bisogno di un consiglio.” Dico appena risponde.
“Puoi aspettare un momento? Mi sto asciugando le unghie con il phon.” Dice ansimando e la immagino in equilibrio come una di quelle ragazze del circo.
“Perchè ti stai asciugando le unghie con il phon?”
“Perchè ho messo lo smalto Chanel stronzo di mia madre e ho scoperto solo dopo che ci vogliono 15 minuti per asciugarlo e io non ho 15 dannatissimi minuti.” Sbuffa sonoramente e io rido.
“Forse se le asciughi con il ferro da stiro fai prima.”
“Che simpatica. Bridget Jones ha provato a stirarsi i capelli con il ferro da stiro, non voglio che le mie unghie facciano la fine della sua chioma oleosa. Che volevi, comunque?”
“Tu che sei pratica di ragazzi-”
Scoppia a ridere prima che riesca a finire di parlare. “Intendi di ragazzi che sono nei film o nei poster? Perchè sì, sono molto pratica di quel tipo di ragazzi. Ma sicuramente non sono pratica di ventiduenni che assomigliano a James Dean.”
“Beh, vedi di diventarlo in due secondi. Come posso attirarlo a me?” Chiedo, attorcigliando una ciocca di capelli intorno al dito mentre mi guardo allo specchio.
“Legalo con una corda e portatelo a spasso. Secondo me se gli paghi ci sta.”
Alzo gli occhi al cielo. “Grazie, Stace. Davvero. Ora mi dai un consiglio serio?”
“Oi, ma che vuoi da me? Non sono io quella infatuata di uno che non mi caga minimamente.”
Sbuffo. “Gentile come sempre. Spero che il tuo smalto non si asciughi mai.”
Annaspa. “Ritira subito quello che hai detto, stronza di una
presindentina!” Rido.


Senti, una curiosità. Qual è il tuo colore preferito?” Chiedo quando trovo Justin seduto in giardino a prendere il sole.
Bella guardia del corpo.
No, sul serio. É una bella guardia. E ha anche un bel corpo.
“Viola. Perchè?” Alza lo sguardo e lo posa su di me, poi la fa scorrere giù per il mio corpo fino a fermarsi sulle gambe. “Ma ti sei fatta la lampada?”
Alzo gli occhi al cielo. “Sai che il giallo si intona meglio al viola che il rosso?”
Mi lancia un'occhiata stranita. “E questo da dove l'hai tirato fuori?”
“No, sai, i miei capelli sono biondi, ovvero gialli, e il giallo si intona di più al viola. Il rosso stona, capisci? Non lo consiglia nessun stilista. E alle bionde il rosso sta meglio. Se mi tingo i capelli di rosso ti metti con me?” Chiedo infine.
Justin ride e si rimette gli occhiali, lasciandosi cadere sulla sdraio. “Pensavo l'avessimo chiarito, Andrea.”
Sì, tu l'hai chiarito e hai fatto finta che va bene per entrambi. “Era solo una domanda. Non mi tingerò mai i capelli di rosso, sembrerà che brucio.”
“Secondo me staresti bene. Occhi azzurri, capelli rossi.” Si stringe nelle spalle.
“Sì, già che ci sono cambio anche nome in Emily, vero? Come no.” Sbuffo, sedendomi sulla sdraio accanto alla sua.
“Andrea, perchè non esci e non ti trovi un ragazzo della tua età?” Chiede dopo qualche minuto in silenzio a pensare – immagino – a questa domanda idiota.
“Perchè i ragazzi della mia età sono degli idioti. Non che tu lo sia meno, ma almeno siamo un po' avanti. Non si può pretendere tanto da voi.” Sospiro teatralmente, guardando il cielo. “Senti, dimmelo chiaro e tondo: cosa dovrei fare se volessi farti innamorare di me?”
“Ti metteresti d'impegno per farlo?” Mi chiede ridendo.
“Sì.” Annuisco convinta.
Justin scuote lentamente la testa. “Non lo so. Nessuno me l'ha mai chiesto prima, non ci ho mai pensato.”
“Beh, pensaci ora. Il cervello c'è sempre, usalo ogni tanto.” Mugugno.
“Per cominciare dovresti essere meno sarcastica.” Mi avverte con un'occhiata. “Secondo, a nessun ragazzo piace essere preda di una ragazza.”
“Sì, e intanto da soli non ci arrivate a capire che piacete una ragazza neanche se si mette a ballare come una cheerleader intonandovi la marcia nuziale.”
Ride. “Non hai tutti i torti. Siamo un po' lenti.”
“Le tartarughe vi fanno un baffo. Vai avanti, ero seria.”
Fa spallucce. “Non lo so, Andrea. Non ci sono cose in particolare che dovresti fare. Mi basterebbe che tu sia un po' più grande. E con questo non dico che ora devi andare a cambiare la tua data di nascita negli archivi nazionali, Andrea.”
Mi apro in un sorriso alla Demi Lovato. “Non potrei farlo, comunque. É tutto protetto da un codice troppo lungo.”
“Bene. Almeno lì nessuno corre rischi. Senti, ma non mi stavi dando consigli su come migliorare la mia relazione con Emily solo quattro ore fa?”
“In quattro ore cambiano un sacco di cose e io sono una donna, quindi preparati a essere sorpreso. Chi è il tuo cantante preferito?”
“Michael Jackson.”
“Mhm. Qualcuno che sia vivo e contattabile? No, aspetta. Se mi compro una tavola ouija e riesco a farti parlare con Michael-”
“Se riesci a farmi parlare con Michael, ti sposo all'istante.”
Mhm. Interessante. “Bene. Devo andare.”
“Dove?”
“Così, in giro. Ci vediamo.” Mi alzo dalla sdraio.
“Non stai andando a comprare una tavola, vero?”
“Macchè! Non sono così disperata!” Rido e torno in casa. “Jake!”
Una delle tante guardie del corpo esce da dietro una tenda e mi guarda serio. “Sì, Andrea?”
“Mi accompagni a comprare una tavola ouija?”
“Vi teniamo al sicuro da attacchi terroristici e vuoi infestare l'intera casa?” Inarca un sopracciglio.
Mi stringo nelle spalle. “Passiamo in chiesa prima di comprarla.”
Jake scuote la testa, rassegnato. “Dovrebbero pagarmi di più.”
“Già, anche a me.” Sospiro e lui ride.



Giuro che non ho smesso di ascoltare Ariana Grande da quando è uscito
l'album nuovo ed è fottutamente perfetto e la detesto per essere così bella.
Comunque.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, ci sono più sorprese nel 6
di quante possiate immaginare. ;) ;) ;)
Spero i tre occhiolini vi abbiano incuriosite ;)
Ora quattro.
Come ho già detto nel capitolo precedente, andate a leggere QUESTA fanfiction
perchè è stupenda e la scrive una mia amica.
Ed è bravissima.
Non vi ho ancora ringraziate per tutte le recensioni
e per tutti i messaggi che mi mandate
perciò GRAZIE.
Ci sentiamo tra due giorni. :)

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Capitolo 6
*** Nonna ***


Capitolo 6.



Sono passate tre settimane, Justin apparentemente è diventato un membro della nostra famiglia visto che papà l'ha voluto tenere come si vuole tenere un cane.
Solo che una persona sana di mente non passa tre ore al giorno immaginandosi il cane a letto con sè.
Stacy e Ashton si siedono accanto a me mentre guardo fuori dalla finestra Justin e mio padre giocare a basket.
Se prima non ne ero sicura, adesso lo sono ufficialmente: mio padre voleva un figlio.
“Sai, non è salutare stare a sbirciare un ragazzo senza maglietta che gioca con tuo padre.” Annuncia Ashton, accendendosi una sigaretta e buttando fuori il fumo in due secondi.
“Una ragazza può sognare.” Mi stringo nelle spalle e tengo la tendina da un lato della finestra.
“Secondo me Justin diventerà un orrore quando avrà tipo 25 anni.” Borbotta Stacy mentre scrive qualcosa al telefono. “Magari assomiglierà a Johnny Depp.”
“E tu pensi che Johnny Depp sia brutto? Fuori dalla mia casa, Stace.” La spingo via gentilmente e lei ride.
“Sto solo dicendo che non dovresti fissarti su un ragazzo solo per l'aspetto fisico.” Mette via il telefono e si siede sul davanzale.
“Non è solo per l'aspetto fisico. C'entra anche quello ma è così dolce, così gentile, così paziente, così intelligente, così maturo, così bello, così bello, così bello-”
“Ma che è, ti si è rotto il disco?” Ashton mi lancia un'occhiata preoccupata e io sbuffo.
“Non so più cosa fare. Non mi vuole neanche dare una possibilità!” Grido disperata.
“Andrea, è fidanzato!” Sbotta Ashton. “Fidanzato! Finiscila con queste seghe mentali, Dio santo. Non starà mai con te, hai capito? Ha 22 anni, anche se rompesse con Emily, pensi che si metterebbe con una verginella di 16 anni quando può avere chiunque voglia? Dai, Andrea, guarda in faccia la realtà: i ragazzi di 22 anni non hanno bisogno di ragazzine di 16. E non gliene frega niente di ciò che provi per lui, a quanto pare. Prima la smetti, prima starai meglio.”
“Wow, potevi essere un po' più delicato, Ash.” Dice Stacy mentre mi accarezza i capelli.
“Ci abbiamo provato tutti a essere delicati. Se fossi Justin e una ragazzina fosse così ossessionata con me, probabilmente la lancerei giù dal balcone. Guardia del corpo o no, intendo. Smettila. Non ne verrà fuori niente di buono, tornerà a Miami e tu ci rimarrai di merda. Toglitelo dalla testa finchè puoi. Io torno a casa che c'è il pollo fritto per pranzo. A domani.” Mi bacia una guancia e fa lo stesso con Stacy prima di sparire dal soggiorno.
“Secondo te ha ragione?” Chiedo dopo un po', lanciando un'occhiata fuori dalla finestra.
Stacy sospira. “Sì, Andrea, ha ragione. Poteva dirtelo più gentilmente ma alla fine il succo del suo discorso è che devi darti pace. Hai 16 anni, sei troppo piccola per lui. I ragazzi a 18 già vogliono una donna di 30, figurati quelli di 22.”
Sospiro e gioco con il braccialetto che ho intorno al polso. “Sì, ma forse-”
“No.” Mi interrompe.
“Potrebbe-”
“No.”
“Magari-”
“Andrea, no. Smettila. Non risolvi niente così, cercatene uno della tua età. Onestamente Justin non è neanche così bello se lo guardi con occhi diversi. Ti sei fissata e ora devi uscirne.”
“Però-”
“No, Andrea. No. Niente ma, niente se, niente forse, niente magari. Non ci sarà niente tra voi due e devi capirlo prima o poi. Domani ceni da noi?”
Faccio spallucce. “Vediamo.”
“Bene. Mamma non ti vede da settimane, le manchi.” Mi dice prima di controllarsi i capelli. “Senti, ma starei bene con un caschetto?”
“Mhm, Stace, non ho proprio voglia di parlare dei tuoi capelli adesso.”
Mi guarda male. “Non hai voglia di parlare dei miei capelli? Massì, dai, Andrea! In fondo io ti ho sopportata per un mese con quel tipo che neanche ti caga e ovviamente non c'è tempo per parlare un attimo di me! In queste quattro settimane sei cambiata, non ti frega più niente di nessuno. Vedi di darti una svegliata, Andrea. E quando lo fai, chiamami. Non ho proprio voglia di parlare di Justin ancora una volta.” Salta giù dal davanzale ed esce dalla sala.
Perfetto. Sospiro e guardo di nuovo fuori dalla finestra, trovando il giardino vuoto.
Pazienza.
Crollo sul divano e fisso il soffitto, contando le macchioline grigiastre che troneggiano sul bianco.
“Ehi.”
Sobbalzo leggermente e alzo lo sguardo, guardando Justin mentre si infila velocemente la maglietta. “Chi ha vinto?”
“Io. Tuo padre è una schiappa.” Ride, sedendosi nella poltrona.
“Non è vero! É solo che non mi sono allenato e ho il doppio dei tuoi anni, Justin. Ho giocato piuttosto bene per uno che ha 44 anni.” Dice mio padre, entrando in sala con due bottiglie d'acqua. Ne passa una a Justin e mi guarda. “Che è quel faccino triste, Andrea?”
“Niente.” Dico piano. “Mamma dov'è?”
“Tornerà tra poco dal corso di lana o qualcosa del genere. Ho paura che inizi a fare coperte e maglioni per Natale. Ne ho già ricevuti troppi da tua nonna. Oh, viene anche lei, rimane per cena.”
Mi metto a sedere di scatto. “Viene la nonna?” Mio papà annuisce. “Oh, mio Dio! Viene la nonna! Hai sentito?” Prendo Justin per le spalle e inizio a scuoterlo, costringendolo a chiudere la bottiglia.
“Andrea, lascialo stare.” Mi rimproverà papà.
“Fa niente.” Dice lui tranquillamente, ormai abituato ai miei attacchi di euforismo.
“Viene la nonna, viene la nonna, viene la nonna!” Corro fuori dalla sala e entro in cucina. “Viene la nonna!” Urlo, spaventando le cuoche e le cameriere prima di correre al piano di sopra e informare tutti quanti del suo arrivo.
Viene la nonna!
Il che vuole solo dire che mi aiuterà a conquistare Justin.
Sbuffo.
Devo darmi un certo contegno.


“Non ci penso neanche.” Mia nonna scuote la testa quando le dico di Justin e del bisogno che ho del suo aiuto per farlo innamorare di me. “L'amore non si controlla, tesoro.”
“Sì, bene. Allora come controllo il suo cervello? Gli Stati Uniti dovrebbero avere qualche apparecchio, vero? Posso legarlo alla sedia elettrica e minacciarlo di morte?”
Mia nonna inarca un sopracciglio. “Penso che saresti mandata tu a morte.”
Perfetto. “Va bene. Ma come posso farlo innamorare di me?”
“Andrea-”
“Nonna, ti prego!” Mi lagno e lei ride.
“D'accordo. Cerca di tirartela un po'. Sai cosa voglio dire, no? Non essere disponibile 24 ore su 24. Non passare tutto il tuo tempo con lui, non parlargli ogni minuto. Cerca di essere indipendente.”
Ci penso su. Beh, potrebbe funzionare. “Grazie.” Torno in sala, lasciando la nonna e mia mamma in cucina da sole a parlare di chissà quali problemi da adulti.
Avessi io i loro problemi. Entro in sala e ci trovo Justin a guardare la TV con Jake e Josh. Mi siedo su uno dei divani e fisso insistentemente lo schermo.
“Tutto bene?” Mi chiede Justin, e io non rispondo. Voglio farlo rosicare. “Andrea?” Riprova, e io continuo a non degnarlo di uno sguardo. In pochi secondi lo ritrovo seduto accanto a me e mi gira il viso verso il suo. “Stai bene?”

Mhm, ma guarda che occhi belli. “Non posso parlarti.” Sussurro.
“Perchè?” Sussurra anche lui divertito.
“La nonna mi ha detto di tirarmela per conquistarti.” Dico piano.
Justin ride. “Sta funzionando?”
“Non lo so, dimmelo tu.” Bisbiglio, ignorando Jake e Josh che parlano del campionato di calcio.
“Forse sta funzionando.”
“Davvero?” Strillo e lui ride ancora.
“Andrea, per favore.” Dice infine, prendendomi la mano. “Te lo dirò una sola volta. Mi piaci. Tanto. E vorrei che tu fossi più grande per dare una possibilità a ciò che potremmo avere. É inutile negare ancora l'evidenza che io e Emily stiamo per rompere ufficialmente, e potrebbe essere che il motivo sia proprio tu. Tutti gli sforzi che hai fatto durante questo mese, tutte le cretinate che hai messo in atto, tutte le strategie che hai pensato potrebbero aver funzionato. E mi dispiace davvero che tu abbia solo 16 anni, o che io ne abbia già 22, perchè in caso contrario darei qualsiasi cosa per avere una ragazza come te. Non annoi mai. Ma come ti ho già detto, la differenza di età è davvero troppa per una qualsiasi relazione tra noi due.” Dice tranquillo.
Che cavolo ha detto? “Sono rimasta a «mi piaci», onestamente.” Borbotto.
Justin scuote la testa e sorride, poi mi sposta una ciocca di capelli dagli occhi. “Mi dispiace.”
Sospiro. “Va bene. D'accordo. Non ti stresserò più. Vado a cambiarmi per la cena.” Mi alzo dal divano, lasciando ricadere la sua mano sul cuscino.
“Andrea-”
“No, davvero. Ho capito. Pazienza, vorrà dire che cercherai di far funzionare le cose con Emily. Dirò a mio padre di lasciarti partire, così sarai in tempo per il suo compleanno. É domani, no?” Accenno un sorriso ed esco dalla sala, andando in camera mia.
Appena chiudo la porta le lacrime mi bagnano le guance e cerco di attraversare la stanza per arrivare all'armadio.
Apro le ante e afferro le prime cose che trovo, indossandole prima di andare in bagno.
Mi lavo la faccia, mi spazzolo i denti e mi pettino i capelli, facendo una treccia tanto perchè non l'ho avuta da un bel po'.
Avrei preferito di gran lunga se mi avesse detto che non c'è niente da fare perchè ama Emily, qualsiasi cosa io faccia.
Sapere che ci potrebbe essere un possibilità se solo io avessi un paio di anni in più mi fa sentire anche peggio, e non lo credevo possibile.
Non mi resta che auguragli buon viaggio e tutta quella roba lì.
Sospiro e mi siedo sul letto, aspettando che il rossore se ne vada dal mio viso.
Perchè non posso avere 18 anni?
Perchè non posso essere come Jennifer Garner in Trent'anni in un secondo?
Ma dai, ragioniamo un secondo: a cosa stavo pensando tutto questo mese?
Justin abita a Miami, ore e ore lontano da qui. Ha una ragazza da 7 anni, e sfortunatamente è davvero stupenda. Mi ha fatto vedere una foto – dopo che l'ho costretto – e non stava scherzando: è davvero bellissima. É la copia spiaccicata di Hayley Williams, e io sono la coppia spiaccicata di un rinoceronte di 800 chili.
Non ho mai avuto una possibilità di stare con lui, per quanto lo abbia sognato, sperato e immaginato nella mia testa.
Vorrei che tutta la mia vita fosse solo una storia raccontata da una ragazzina su un sito di fanfiction ma purtroppo è vera, e non posso cambiare gli avvenimenti come mi pare.
Mi alzo dal letto ed esco dalla stanza, scendo le scale, cerco di tornare su ma mi blocco, e finalmente entro nella sala da pranzo, trovando mamma, papà, la nonna e Justin già a tavola.
Prepariamoci per una bella, imbarazzante cenetta di famiglia.
“Tesoro, sai chi ha detto che vorrebbe sposarti? Ti ricordi Jason Byle? Il ragazzino che andava a scuola con te in terza elementare.” Annuncia la nonna mentre mi passa il piatto pieno di patate al forno.
“Ah, sì? Beh, finirà che mi sposerà davvero se vado avanti così.” Borbotto, posando il piatto senza mettere nulla nel mio.
“Non hai fame?” Chiede apprensiva mia mamma, e io mi stringo nelle spalle. “Vuoi qualcos'altro? Posso chiedere a Maria di farti un hamburger.”
“No, non ho fame. Ho mangiato tutto il giorno.” Dico infine prima di appoggiare i gomiti sui tavoli e il mento sulle mani.
“Vuoi andare a mangiare una pizza? Justin, ti dispiacerebbe accompagnarla?” Chiede mio padre, e Justin scuote la testa.
“No. Torno in camera mia.” Dico prima di alzarmi.
“Andrea, la nonna è venuta apposta per noi.” Mi ammonisce mamma.
“Oh, tranquilla, cara. Vai pure a riposare, tesoro. Passo dopo a salutarti.” Mia nonna mi sorride e mi manda via con la mano, così torno in camera mia e crollo sul letto.
Ma che due palle, perchè non posso innamorarmi di una statua in giardino?


Qualcuno bussa alla porta e dico avanti senza neanche chiedere chi è, convinta che sia mia nonna.
Quando alzo lo sguardo mi ritrovo Justin in camera mentre chiude la porta. “Ehi.” Dice.
“Ehi.” Ribatto prima di tornare a disegnare vari fiori con il pennello.
Justin si ferma dietro di me e osserva in silenzio ogni movimento della mia mano. “Sei brava. Farai arte al college?”
“Non ci ho ancora pensato al college.” Ammetto mentre intingo il pennello nell'acqua.
“Dovrei fare arte.” Sì, così dipingerei la tua faccia ogni secondo della giornata appena imparo a farlo. “Senti-”
“Ho parlato con papà. Ha detto che puoi partire domani a mezzogiorno con il jet della Casa Bianca e tornare a Miami.” Lo interrompo velocemente.
“Andrea, stammi a sentire.” Mi prende il pennello di mano e lo mette nel bicchiere, accovacciandosi accanto a me. “Quello che ti ho detto oggi è tutto vero. Emily e io ci siamo lasciati qualche ora fa, ha fatto la sua solita scenata e ha chiuso la conversazione così. Se potessi...” Sospira. “Se potessi stare con te, lo farei. Davvero.”
“Non hai bisogno di ripetermi che la mia età è un ostacolo a ciò che provi per me, eccetera.” Prendo il pennello di nuovo e di nuovo lo tira via, posandolo sulla scrivania prima di predermi le mani, bloccandole nelle sue.
“Vorrei davvero che non fosse così, Andrea. Dannazione, guarda cosa hai fatto tutto il mese solo perchè ti notassi. É pazzesco, nessun'altra ragazza si esporrebbe così per nessuno. E ti ho notata. Anche quando stavi a guardare fuori dalla finestra con Stacy, anche quando hai fatto finta di stare con Matt. Ma non potevo e non posso fare niente. Sei anni sono davvero troppi. Se tu ne avessi almeno 18 sarebbe diverso, ma 16 sono... Sei ancora una bambina, Andrea. Le ragazze alla tua età pensano ancora alle bambole, e io non sono il tipo da giocarci. Non voglio una figlia, voglio una ragazza e tu sei troppo giovane per me. Mi dispiace.” Ripete, stringendosi leggermente nelle spalle.
“Bene.” Mi lecco le labbra. “Hai finito?”
“Ho finito.”
Annuisco. “Il jet ti aspetta domani in aeroporto. Faresti meglio ad andare a dormire così non arrivi in ritardo e non sarai stanco.” Dico prima di girarmi di nuovo nella sedia e prendere il pennello.
“É questo l'addio che mi dai?” Chiede lui, lasciando cadere le sue mani sulle mie gambe.
“Che genere di addio ti aspetti? Vuoi che ti dica che mi sono innamorata di te e che avrei preferito non sentire niente di quello che hai appena detto? Non puoi semplicemente andartene senza dirmi che vorresti che fosse diverso? Volere questo o quello non cambia la situazione, Justin. Non cambia la mia età e non cambia la tua età e non cambia il fatto che, single o no, ami ancora Emily. E non ti biasimo, Dio santo. É bellissima e se ci sei rimasto insieme per sette anni un motivo c'è.” Faccio spallucce. “Non posso pretendere tanto. E sicuramente non posso pretendere che uno di 22 anni si metta con una di 16 violando praticamente tutte le leggi morali esistenti in questo mondo.” Concludo.
Justin rimane in silenzio e mi guarda dipingere di nuovo. “Preferisco che tu sappia che almeno sei riuscita a conquistarmi, come dici tu.”
“Non mi aiuta saperlo e non mi fa stare meglio. Justin, davvero. É tardi, vai a dormire e riposati. Ci vediamo domani prima che tu parta.”
“Verrai a salutare?”
Sospiro. “Anche se non volessi, lo dovrei fare. Buonanotte.” Lo congedo infine, cambiando colore per lo stelo dei fiori e iniziando a fare piccole righe prima di sentire le sue labbra sulla mia guancia.
“Buonanotte, Andrea.” Dice prima di alzarsi e uscire dalla stanza.
Mi brucia tutto il corpo. Mi alzo e vado velocemente alla finestra, inspirando l'aria fresca della sera.
Dannato sia lui e dannate siano le sue labbra e dannato sia tutto ciò che ha appena detto e dannata sia anche Emily per essere sempre in mezzo.
Maledizione!




HO CERCATO DI FARLO LUNGO.
Non ci sono riuscita.
Beh, non c'è molto da dire.
Per chiunque adesso pensi che si metteranno insieme ed è finita,
vi sbagliate.
Ergo, la differenza d'età serve, per chiunque mi ha ripetuto
che sono davvero tanti gli anni di differenza.
Spero vi sia piaciuto,
ci sentiamo al prossimo capitolo. :)

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Capitolo 7
*** Caraibi ***


Guardate, metto le note d'autore qui almeno le leggete per bene (oppure no, vedremo dalle vostre recensioni alla fine) e la smetterete di mandarmi certi messaggi in posta.
Volevo solo farvi presente che la storia è
mia, ergo, decido io che cosa scrivere, come ambientare, come far agire i personaggi e soprattutto quale dannata età debbano avere.
E sappiate che in principio queste note dovevano essere molto più lunghe del vero capitolo e piene di parolacce ma fortunatamente mi sono fatta una bella dormita e mi sento più gentile oggi. Cercate di non rovinarmi l'umore.
Per quelle di voi che mi dicono che sei anni di differenza sono troppi, ora ve lo spiego per bene: sono stanca di leggere storie che durano 40 e passa capitoli e che mi raccontano quanto quei due cerchino di non far notare quanto si amano.
Bene, ci siamo arrivati tutti: vi amate? Scopate.
Voglio che nella mia storia loro abbiano i sentimenti pronti e spiattellati come meglio mi piace perchè ci saranno casini proprio per la loro differenza d'età.
Ci siamo fin qui? Ho fatto lui ventiduenne e lei sedicenne per un motivo ben preciso che gradirei davvero smetteste di insultare e criticare, non conoscendolo.
Se volete una storia come piace a voi, raccogliete un po' di palle e vedete di scrivervela da soli. E poi quando io la criticherò mi direte come vi sentite dopo aver passato due ore davanti al computer a cercare idee originali.
Un'altra cosa: prima di recensire / mandarmi messaggi dicendomi quanto è sbagliato un capitolo secondo il vostro punto di vista,
LEGGETELO.
Buona lettura per chi è rimasto fino a questo punto.



Capitolo 7.



Il mattino dopo mio padre mi butta giù dal letto come se fossi un sacco di patate e inizia a blaterare qualcosa a proposito di una vacanza ai Caraibi, anche se potrebbe aver tranquillamente detto qualsiasi altra cosa su qualsiasi altra cosa.
"Papà, che cosa vuoi? Sono le 9 di mattina, lasciami stare." Borbotto mentre cerco le coperte con la mano.
"No, alzati, tesoro. Andiamo in vacanza. Stacy è già qui." Annuncia tranquillamente mentre mi tira giù dal letto per le gambe.
"Io ci sono già in vacanza, lasciami stare!" Piagnucolo ancora.
"Alzati e vestiti, dobbiamo uscire tra mezz'ora. La tua valigia è già pronta, perciò sbrigati a lavarti e tutto il resto. Prendi gli assorbenti!" Dice prima di uscire dalla mia stanza.
Gli assorbenti? Vuole assorbere l'oceano e trasportarlo fino a Washington?
Sbuffo e mi sollevo a sedere, poi scendo dal letto e sbadiglio. Ma che ci andiamo a fare ai Caraibi, si può sapere? Il mare neanche mi piace.
Mi vesto di fretta e mi lavo faccia e denti, poi mi spazzolo velocemente i capelli e corro al piano di sotto.
"Stacy, Stacy, Sta-" Mi blocco appena vedo Justin seduto in poltrona con il telefono in mano e una valigia al fianco. "Cosa ci fai tu qui?"
"Justin viene con noi." Sorride Stacy. "E siamo tutti molto emozionati all'idea, non è vero?" Mi lancia un'occhiata.
"Uh, sì. Emozionatissimi. Ma tu non dovevi partire e tornare per il compleanno di Emily?" Gli chiedo.
"Te l'ho già detto che Emily e io abbiamo rotto, Andrea." Justin si stringe nelle spalle, poi mette via il telefono e si alza. "Sei pronta? La macchina ci aspetta."
"Sicuro." Che diavolo ci fa qui? Perchè deve venire con noi? Non abbiamo abbastanza guardie del corpo ai Caraibi?
Stacy mi prende sottobraccio e mi tira fuori dalla casa. "Mamma mia, quanto è carino oggi."
"Ma tu non eri arrabbiata con me?" Le domando.
"Tesoro, perdonerei chiunque solo per andare ai Caraibi." Ride, alzando gli occhi al cielo. "Comunque è davvero carino oggi."
"Tranquilla che tanto non ti caga. Hai solo 16 anni." Bofonchio prima di salire nella Jeep nera con mia madre, mio padre, Stacy e Justin.
"Sei contenta di andare in vacanza?" Mi chiede mamma quando finalmente riusciamo a partire.
"Mhm, sì." Mi stringo nelle spalle. "Stavo meglio a letto."
"Anche io." Commenta lei ridendo. "Però ci divertiremo. E finalmente potrai uscire tranquillamente e prendere un po' di sole. Sei pallida come un fantasma, tesoro."
"Beh, cara, tu non sei meglio." Dice papà prima di passarle un braccio intorno alle spalle.
"Che schifo." Mugugno quando si baciano e tutti gli altri ridono.
"Pensavo che potresti far fare un giro a Justin e Stacy una volta che siamo arrivati. Noi ci siamo stati migliaia di volte, potresti accompagnargli a fare shopping-"
"Sì! Mi piace l'idea dello shopping, devi assolutamente accompagnarci a fare shopping." Si intromette velocemente la mia migliore amica.
"Io non vengo a fare shopping." Dice Justin.
"Ma non devi proteggerla?" Gli chiede Stacy.
"Chi vuoi che la uccida in un negozio? Quello è l'ultimo posto dove entrerebbe un uomo a meno che non sia costretto." Justin fa spallucce tranquillamente e torna al suo telefono.
Beh, non ha tutti i torti. E questo significa che non lo avrò vicino. Forse andrò a fare shopping, ho deciso.
Saliamo sul jet privato e io mi scaravento a sedermi accanto al finestrino per guardare il decollo.
É l'unica parte interessante di tutto il volo e ben presto sono metà addormentata sulla spalla di Justin, che stranamente non si ritira e non mi ricorda che toccarlo per me è illegale visto che ho solo 16 anni.
Dovrebbe metterla come segreteria telefonica:
salve, non sono disponibile in questo momento ma lasciate un messaggio se avete più di 16 anni. Beep.
"Andrea, vuoi delle noccioline?" Mi chiede papà dopo che una hostess è passata sculettando davanti a Justin e lui non l'ha degnata di uno sguardo.
"Lei è troppo vecchia?" Gli sussurro, ignorando completamente mio padre.
Justin mi guarda divertito. "No, è troppo mora."
"Capito." Annuisco e torno a sedermi composta. "No, niente noccioline."
Papà annuisce e si stiracchia. "Penso che mi farò una dormita piccina piccina. Svegliami quando siamo arrivati, tesoro."
"Certo. A meno che non mi addormenti anche io." Ribatte mia madre mentre continua a scrivere qualcosa al computer.
"Oddio, oddio! Guarda come siamo in alto, guarda! Siamo sopra le nuvole. Che figata." Strilla Stacy mentre guarda fuori dal finestrino. "No, io mi sposto in fondo che il finestrino è più grande. Ci vediamo dopo." Dice prima di alzarsi dal sedile e farsi strada nello stretto corridoio per raggiungere l'altra parte dell'aereo.
Sospiro e appoggio la testa al sedile ancora una volta, richiudendo gli occhi.
"Sei stanca?" Mi chiede Justin, e io annuisco. "Puoi dormire sulla mia spalla, quello è permesso."
"Non vorrei mai che qualcuno pensasse che sto cercando di instaurare una relazione sessuale con tra la mia guancia e il tuo corpo, Justin." Borbotto, sentendolo ridere.
Mi prende la testa e se la appoggia sulla spalla senza tanto sforzo. "Dormi. Ti sveglio dopo."
Mi passo la lingua sulle labbra e sospiro. "É solo una questione di età?"
"Sì, è solo una questione di età." Annuisce.
"Tu ed Emily avete rotto davvero?"
"Sì."
"Perchè?"
"Perchè non si fida e io non ho tempo da perdere per cercare di farla stare meglio ogni minuto della mia giornata, Andrea." Dice tranquillamente. "E anche perchè non ha senso continuare una relazione che non volevo più portare avanti da un po', specialmente ora che ho trovato un vero motivo."
"Ma hai detto che la amavi. Insomma, non puoi smettere di amare una persona di punto in bianco." Dico confusa.
Solo un mese fa ne elogiava le doti e ora dice che non ha tempo di rassicurarla? In fondo non deve fare mica tanto per me, deve solo girarmi intorno come una zanzara me può farlo benissimo mentre è al telefono.
"Come ti avevo detto in macchina, era più una questiona di abitudine. Ci tengo, le voglio bene, ma non è più quello che provavo quando ci eravamo appena messi insieme." Risponde. "E comunque non ha senso parlarne. É strano, lo so. Ma non è venuto fuori da un giorno all'altro. E come hai detto tu, non puoi rimanere in una relazione che non ti fa felice."
L'ho detto? Ah, sì. L'ho detto. "Qual è il vero motivo che hai trovato?"
Rimane in silenzio per un po' mentre continua a messaggiare con qualcuno. "Te lo dirò quando arriviamo. Ora dormi."
Peggio di mio padre questo tizio.


Quando arriviamo sono più stanca di quando siamo partiti e vedo doppio. Le orecchie mi fischiano ancora quando raggiungiamo la casa situata su un'isola privata piena di maggiordomi e altre guardie del corpo.
Faremo mai una vacanza in pace o dovrò sempre pensare a come nascondermi quando cerco di prendere un asciugamano dallo sgabuzzino mezza nuda?
"Che figata." Sussurra Stacy quando entriamo in casa e diamo le nostre valigie e borsoni ai maggiordomi. "Possiamo fare il bagno?"
"Sicuro. Basta che non vi allontaniate troppo." Ribatte mio padre prima di scusarsi e andare in un'altra stanza con il telefono in mano.
"Bene." Annuncia mia mamma. "Io vado a farmi una doccia fredda che ho sudato più di un maratoneta. Divertitevi e non combinate danni, d'accordo?" Si allontana su per le scale e io mi guardo intorno
"Dai, andiamo a fare il bagno, Andrea." Stacy mi afferra la mano e mi porta al piano di sopra, spingendomi dentro una camera qualsiasi. "Allora, questo è il piano."
"Piano per che cosa?" Chiedo mentre riapro la porta e lascio che il maggiordomo posi le nostre valigia prima di andarsene.
"Per conquistare Justin, idiota." Stacy alza gli occhi al cielo.
"Guarda che apparentemente l'ho già conquistato ma la mia età non lo affascina tanto quanto le mie tette." Sbuffo piano e mi metto a cercare un costume da bagno tra tutta la roba che mi ha messo in valigia Clarice.
"Sì, certo. Se gli dai un buon motivo per mettersi con te, magari non baderà più alle regole. Devi provare!" Strilla.
"Scusa, che io sia la figlia del Presidente degli Stati Uniti non gli basta? Cos'altro vuole?" Alzo lo sguardo su di lei quando si abbassa davanti alla sua valigia.
"Non è importante quello. Devi sembrare carina e disinvolta, hai capito? Tuffati nell'oceano e nuota romanticamente con i delfini."
"Non penso che ci siano delfini qui. Magari però incontro Johnny Depp. A quel punto non me ne fregherà proprio niente di Bieber, però." Faccio spallucce e mi alzo, andando in bagno per cambiarmi.
Ritorno in stanza e afferro una maglietta lunga dalla valigia, mettendomela addosso. Non sono così carina come sono le ragazze nei film ma può andare. Tanto me la dovrò levare in circa tre minuti a partire da adesso.
Stacy mi afferra di nuovo la mano e mi trascina giù per le scale, poi fuori dalla casa e si guarda intorno.
Siamo arrivati in un minuto, avevo fatto male i calcoli. "Secondo me ha detto una cazzata." Dico infine, e Stacy si volta verso di me.
"Di che parli?"
"Della rottura tra lui ed Emily. Insomma, non è possibile che in un mese abbia smesso di provare ciò che provava da sette anni."
Stacy si stringe nelle spalle. "Magari lo provava meno, oppure gli piaci tu adesso e non vuole tradire Emily. Anche se lo farebbe solo mentalmente, o moralmente. Qualcosa del genere."
"Sì, ma mi pare troppo strano. La sua vita era praticamente perfetta, con una ragazza e una relazione perfetta. Insomma, non penso che ci si possa stancare di una cosa del genere. E per di più, non ha dato segno di aver litigato con Emily da quando è qui." Le ricordo mentre ci togliamo le magliette e le gettiamo sulla sabbia.
"Magari non l'hai notato perchè eri troppo concentrata a contare i suoi addominali. Dai, non essere così paranoica. Che senso avrebbe dirti che hanno rotto se comunque non vuole mettersi con te?"
"Per attirarmi nella sua trappola." Dico con fare ovvio e Stacy mi lancia un'occhiata stranita.
"Quale trappola?"
"Quella dei suoi addominali. Dai, Stace, non puoi dirmi che in un mese sono riuscita a mandare a monte una roba di sette anni. Anche perchè quando era arrivato qui non faceva altro che dirmi come era perfetta, stupenda, dolce, sensibile, rossa, bianca, verde."
"Sì, magari anche Italiana. Non ci pensare troppo. Come ti ho già detto, non avrebbe senso mentirti su una cosa del genere quando non fa niente per stare con te. Ora facciamo il bagno prima che io riesca ad affogarmi nel mio sudore."
"Che schifo, Stace." Alzo gli occhi al cielo e ci buttiamo in acqua, facendo a gara mentre cerchiamo di arrivare a una delle boe.
"Ho vinto!" Ride lei prima di buttarmi l'acqua in faccia. "Comunque. Perchè non glielo chiedi se hai così tanti dubbi?"
"Gliel'ho chiesto ma mi ripete la stessa cosa, ovvero che la loro relazione non era più così felice e tutto il resto." Sospiro.
"Mhm." Pensa lei. "Magari sta dicendo la verità. Magari anche quando era appena arrivato la loro relazione già non funzionava ma lui ti raccontava di lei come se la amasse."
"E che senso avrebbe?"
"Nessuno, ma sai come sono i ragazzi. Dico solo che Justin ovviamente le voleva bene per via di questo e quest'altro, e sicuramente la trova ancora bella e tutto il resto, ma magari non la ama più. Secondo me devi rinchiuderlo da qualche parte e fargli il test con la macchina della verità."
Questa sì che è un'idea. "Chiederò a papà se me ne può procurare una quando torniamo a Washington."
"A proposito, quando sarà?"
Mi stringo nelle spalle. "Non ne ho idea. Per ora voglio solo cercare di vedere Justin senza maglietta il più sovente che posso."


"Dovrebbero chiamarmi Maria Teresa per tutta la pazienza che ho con te." Annuncia Stacy quando si siede accanto a me sulla sabbia mentre sto guardando il tramonto con aria malinconica come succede solo nei film.
Solo che nei film hai un ragazzo accanto, non la tua migliore amica che tiene in mano una coscia di pollo grande quanto la propria.
Le lancio un'occhiata divertita. “Maria Teresa? Vuoi che ti chiami così da ora in poi?”
“Preferisco morire bruna. Senti, e se ti aiutassi? Ad esempio potrei flirtare con lui.”
“E come mi aiuterebbe visto che sei più figa di me e hai le tette più grandi? No, lasciamo perdere che poi non gliene fregherà più niente della tua età e ti scoperà sul bancone della cucina. Facciamogli un voodoo.” Propongo.
Stacy mi guarda scandalizzata. “Te lo faccio io il voodoo. Non ci penso neanche a immischiarmi con streghe, fate, gnomi e folletti. Gia mi immischio con i ragazzi e ho un bel da fare.”
Sospiro e crollo sulla sabbia, appoggiando le mie gambe sulle sue. “Siamo arrivati al punto dove io gli piaccio ma non vuole stare con me perchè è illegale. O perchè non ha le palle di andare contro mio padre.”
“Non lo biasimo, ci sono poche persone che hanno le palle per farlo. Pensa se vi fanno un attentato?” Dice poi di colpo e io la spingo via con una mano.
“Cosa posso fare, Stace?”
Fa spallucce. “Che ne so. Vestiti come Emily. O truccati come Emily. Tingiti i capelli con il mio rossetto Prada. É rosso fiamma. Vuoi provare?”
“No, grazie.” Le lancio un'occhiata stranita. “Abbiamo già tentato di colorarmi i capelli di nero col pennarello in prima elementare.”
Scoppia a ridere. “Me lo ricordo. Poi ti sono venuti verdi. No, seriamente, che cosa vuoi fare? A meno che tu possa cambiare la tua età, non c'è alto modo.”
Annuisco piano e mi metto a sedere di colpo quando vedo Justin che ci raggiunge.
"C'è tua madre per te al telefono." Dice tranquillamente a Stacy.
"Oh, merda!" Impreca lei prima di afferrare la mano di Justin e alzarsi, correndo dentro casa mentre Justin prende il suo posto e si chiede accanto a me.
"Tutto bene?" Mi chiede e io mi stringo nelle spalle. "Non mi hai rivolto parola oggi."
"Eri impegnato a parlare con le cameriere, pensavo ti divertissi di più con qualcuno della tua età."
Lui sospira e mi appoggia il mento sulla spalla, respirando sul mio collo. "Non buttarti giù così, Andrea. Non sono l'unico ragazzo che ti piacerà."
"Ho già detto che spero che tu sia l'ultimo se continuerò a sentirmi così ogni volta che verrò rifiutata. Credo che queste cose alla fine non cambino: ti senti una merda anche dopo trenta volte quando credi di esserti già abituata." Dico mentre disegno un'immagine astratta nella sabbia con un dito.
"Ho dovuto mandare via Stacy con una scusa per stare da solo con te e mi dici che ti sto rifiutando?"
Giro lentamente la testa fino a guardarlo. "L'hai mandata via così?"
"Già. Ho chiesto a una delle cameriere di tenerla in cucina per un po'." Si stringe nelle spalle.
"Non ti basterà essere una guardia del corpo per placare la sua furia." Ridacchio e torno al mio disegno. "E comunque non cambia niente."
"Ai Caraibi c'è la legge che c'è negli Stati Uniti sulla differenza d'età consentita tra due persone?" Mi chiede poi, e io scrollo le spalle.
"Non lo so. Non l'ho ancora studiato a scuola."
Justin tira fuori il telefono e cerca qualcosa su Google, mentre io continuo a disegnare. "Non c'è."
"Ci trasferiamo?"
Justin ride e mette via il suo iPhone quando Stacy arriva di corsa e gli da una leggera sberla sulla spalla. "Ma si può sapere perchè mi hai spaventata così?" Chiede, alzando gli occhi al cielo. "Dobbiamo andare a cena, piccioncini. Alzate il culo e muovetevi prima che finisca tutto io." Se ne va di nuovo e Justin scuote la testa, alzandosi e porgendomi la mano.
Mi tiro su e mi spolvero i pantaloncini. "Andiamo. Stacy ha già mangiato ma può mangiare tutto il-"
Le sue labbra mi interrompono quando si posano dolcemente sulle mie e per poco non crollo di nuovo sulla sabbia dallo stupore.
Ma guarda questo! Mi bacia così, di punto in bianco.
E se mi puzza l'alito?
Dio, fai che non mi puzzi l'alito.
"A questo punto è
go big or go home." Dice quando si allontana e si lecca le labbra. "Andiamo, dai." Ride prima di tirarmi dietro di sè quando vede che le mie funzioni cognitive si sono trasferite momentaneamente in Giamaica.
Entriamo nella sala da pranzo e Justin mi lascia andare, sedendosi di fronte a me e accanto a mia madre.
"Ehi, posso trasferirmi qui?" Chiedo a papà quando due cameriere ci portano il cibo al tavolo.
Mio padre inarca un sopracciglio. "Hai sempre detto che questo posto ti fa schifo."
"Sì, beh, ora no. Posso?"
"Nella tua prossima vita sì." Sorride e io alzo gli occhi al cielo.
Perfetto.



L'espressione "Go big or go home" si può tradurre grezzamente con un: "Fai le cose per bene o non farle affatto", ma non ci stava bene, ovviamente.
Spero il capitolo vi sia piaciuto.
Ci vediamo al prossimo.





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Capitolo 8
*** Cena ***


Capitolo 8.



Se Justin non si fosse messo in testa di mettersi a nuotare nell'oceano nel bel mezzo della notte, e se la luna non si fosse messa in testa di illuminare le goccioline d'acqua che gli scorrevano giù per il petto, se il corpo di Justin non si fosse messo in testa di essere così perfetto e se solo non mi fossi messa in testa di rimanere sveglia fino alle cinque per guardarlo entrare e uscire dall'acqua, probabilmente a quest'ora del mattino sarei un po' più sveglia e meno rimbambita. E probabilmente riuscirei a capire metà delle cose di cui sta parlando la gente seduta a tavola con me.
“Andrea, sei con noi o sei con un altro dei cantanti con cui sogni di sposarti alle Hawaii?” Mi chiede mio padre.
Spalanco gli occhi quando Justin e Stacy ridono. Dannazione. Perchè mio padre sente la continua necessità di mettermi in imbarazzo quando sa che potrà rovinare solo la mia immagine e non la sua politica?
“Sono con voi. Assolutamente con voi. Però vorrei sapere che cosa avete deciso di fare, prima.” Borbotto mentre torno a mangiare la mia colazione.
Justin, sfortunatamente, è vestito. E anche bene, oserei dire. Ma non posso commentare il suo abbigliamento ad alta voce perchè rieschierei di sembrare più cretina di quello che sono.
Francamente lo preferirei nudo nel mio letto ma quello è un altro discorso che non voglio approfondire in questo preciso istante.
“Abbiamo deciso di andare a fare shopping.” Mi informa Stacy. “Sempre che tu sia dell'idea di lasciare il tuo letto, oggi.”
Che simpatica. Davvero. Ho una migliore amica che mi fa rimpiangere le bambole avevo a cinque anni e che mi dicevano – con la mia voce – quanto erano belli i miei capelli e quanto era bella la mia faccia. Anche se prima le avevo affogate nella vasca da bagno.
“Io e tuo padre abbiamo degli impegni importanti, perciò non verremo con voi. E gradirei anche che tornaste prima di cena, d'accordo? Ci saranno i nonni. Hanno deciso di venire anche loro.” Annuncia mia mamma e io quasi non inzio a saltellare per l'emozione.
“Davvero? Anche i nonni? Posso dormire con la nonna?” Chiedo allegramente.
“Non ti piace dormire con me?” Chiede Stacy, lanciandomi uno sguardo torvo.
“No, tu russi e io non riesco a dormire. É per questo che sono così rincoglionita questa mattina.” Mi stringo nelle spalle.
“Andrea, modera il linguaggio.” Mi avverte papà.
“Sì, certo, come no. Lo so io perchè non hai dormito questa notte, altro che per il mio russare. Eri troppo impegnata a-”
“Posso?” Chiede una delle cameriere, interrompendo la mia ora ex migliore amica dal rivelare particolari piccanti.
“Certo, grazie.” Stacy si sposta indietro e la cameriera raccoglie il suo piatto vuoto prima di fare lo stesso con noi.
“Vorrei un caffè.” Le chiede papà e la donna annuisce con un sorriso prima di sparire nella cucina. “La nonna ha detto che ci porterà una torta di mele.”
Ma che gioia. Una torta di mele è proprio quello che mi ci vuole, adesso. Non capisco come sono sopravvissuta fino a questo punto senza assaggiarne mai una fetta, davvero.
“Sapete cosa voglio?” Comincia Stacy. “Una di quelle palle di neve che vendono nei negozi di souvenir. Ho deciso di fare la collezione. Anzi, perchè solo una? Ne prenderò dodici.”
“A cosa ti servono dodici palle?” Le chiede Justin.
La mia vicina di posto si stringe nelle spalle. “Per prendere il posto di quelle due che non ho.”
“Ma per l'amor di Dio, Stacy. Possiamo evitare di parlare di certi argomenti a tavola? Specialmente alle otto di mattina. Non sono in vena di sapere che cosa pensano le sedicenni del giorno d'oggi.” Mio padre alza gli occhi al cielo.
“Al sesso.” Rispondo tranquillamente io. “Oppure a come rapire il nostro cantante preferito, rinchiuderlo nello sgabuzzino e tenerlo nascosto dal mondo per poi costringerlo a sposarci. O a pagarci l'affitto, anche.”
I miei genitori mi guardano per un po', e alla fine mio padre scuote la testa. “Scommetto che i ragazzi di 16 anni pensano alla scuola.”
“Sì, a quella del porno.” Commenta Stacy e io rido, mentre i miei genitori spalancano gli occhi. “Scusate.” Aggiunge velocemente lei.
“Voglio un maschio, tesoro.” Dice mio padre a mia mamma.
“Sì, beh, io voglio una borsa di Hermés. Non si può avere sempre ciò che si vuole. Vado a farmi una doccia, ci vediamo dopo.” Mia mamma si alza e mi bacia la testa prima di uscire dalla sala da pranzo.
“Esiste davvero una scuola per il porno?” Chiede mio padre dopo qualche minuto di silenzio passato ad ammirare il suo bicchiere vuoto.
“Sicuro.” Annuisco. “Si chiama
YouPorn. Dovresti vedere cosa combinano su quel sito. Ci sono ragazze che riescono a infilarsi in bocca-”
“Non lo voglio sapere!” Strilla papà prima di alzarsi. “Ehi, Jude! Ci ho ripensato, non voglio un caffè. Portami una bottiglia di vodka su in camera, grazie.” Dice prima di uscire.
Justin si volta verso di me e inclina di poco la testa. “Cosa c'è?” Chiedo.
Si stringe nelle spalle. “Era un argomento davvero illuminante, Andrea. Sono serio. Che cosa riescono a infilarsi?” Chiede infine.
Apro la bocca per parlare e la richiudo subito. “Sai, varie cose. Un mattarello, una mela. Niente di chè.” Dico e lui ride.



Justin si è cambiato e ora indossa una maglietta nera a maniche corto con lo scollo a V, il che significa che mi sta praticamente mostrando il cuore.
Il che significa che mi ama.
Ma non ci pensiamo troppo o rischio di informarlo di ciò che ancora non sa da sè.
Come è possibile non amarmi? Sono la figlia del Presidente, ho due grandi tette e anche i capelli che mi arrivano al culo.
E sono simpatica, il che non è mica un difetto in questa società.
Stacy mi afferra la mano e la fa dondolare avanti e indietro con la sua, mentre la mia guardia del corpo ventiduenne gioca con il suo telefono.
“Ti stai divertendo?” Gli chiedo e lui alza lo sguardo.
“No, non molto. Ma preferisco questo alle vostre conversazioni sul sesso. E solo per fartelo sapere, Stacy, la posizione 69 non è consigliata nel letto ma in macchina.”
La mia migliore amica alza gli occhi al cielo. “Scusami, capo del sesso, per non essere informata quanto te al riguardo. Vorresti, per cortesia, darmi qualche altro consiglio?”
“Sì, passa più tempo sui libri che sui siti porno e vedrai che ci arriverai da sola a queste cose.” Justin fa spallucce e io rido piano, mentre Stacy sbuffa.
“Avevo ragione quando dicevo che non mi piaci, sai? Sei stronzo.” Commenta.
Justin ride. “Mi basta avere una sola ragazza di 16 anni a cui piaccio, Stacy. Mi hai dato un bel sollievo, stai tranquilla.”
Oh, ma che simpatico. Come fai a non innamorarti di uno che la sera prima ti bacia e il giorno dopo ti considera solo una ragazza di 16 anni a cui piace?
“Io gliel'ho sempre detto che deve cercarsi uno della sua età e che sia più gentile di te, sai?” Lo informa Stacy. “Ma non sta a sentire.”
“Lo so. Non ascolta mai.” Justin scuote la testa. “Non so più cosa fare con lei.”
“Beh, intanto ieri mi hai baciata!” Sbotto e Stacy si volta verso di me con gli occhi spalancati.
Dannazione. Non avrei dovuto dirlo. Ora inizierà a urlare e pregarmi di riferirle ogni dettaglio e non posso farlo con Justin davanti.
“Aspetta, aspetta, aspetta.” Smette di camminare e mi mette la mani sulle spalle. “Justin ti ha baciata? Quando? Perchè? Com'è stato? Era pieno di bava che ti scendeva giù per il collo? Il culo te l'ha palpato, almeno? Le tette? Le hai palpato le tette?” Si volta verso Justin e questo alza gli occhi al cielo.
“Stacy, non volevi delle palle?” Le chiede divertito.
“Oh, già.” La mia amica torna in sè. “Ne riparleremo sicuramente dopo, Andrea. Non mi sfuggi quando arriviamo a casa. Ecco il negozio di souvenir. Entriamo.” Dice prima di trascinarci dentro.
“Allora.” Comincio quando Justin e io ritorniamo fuori e appoggiamo le schiene al muro. “Ti pago cento dollari se riesci a trovare una buona scusa per non riportarmi a casa.”
Mi lancia un'occhiata. “Davvero? Cento dollari per tenerti lontana dalle sue grinfie? Mi servirà qualcosa di più.”
Ci penso su.
“Se mi porti fuori a cena, pago io.”
Justin ride e alza gli occhi al cielo. “Sono d'accordo con Stacy quando dice che sono stronzo ma non sono così stronzo.”
“Sì, beh, non hai più voglia di baciarmi?” Gli chiedo di colpo e spalanco gli occhi quando mi rendo conto di averlo detto a voce alta.
Justin mi guarda per un po' in silenzio e Stacy esce prima che lui possa dire qualcosa con cinque scatole di carta in mano.
“Allora.” Dice infine. “Queste cretinate mi sono costate 30 dollari. Non so scherzando. Trenta dollari. E tu.” Mi punta un dito contro. “Stasera mi devi raccontare tutto. Non l'ho dimenticato.”
Mhm, che gioia. “Stasera viene fuori con me.” Annuncia Justin e io e Stacy lo guardiamo.
“Ah, sì? E dove andate? Posso cercare su google dei posti romantici e privati. Se sapete cosa intendo.” Ci fa l'occhiolino e ci da delle gomitate.
“Andiamo fuori a cena perciò usare google per trovare un ristorante, che ne dici? Ora andiamo, fa caldo e c'è gente che sta iniziando a riconoscere Andrea. Non ho voglia di trovarmi circondato da ragazze e ragazzi.” Dice Justin prima di incamminarsi lungo la stretta strada.
Stacy mi guarda e si apre in un sorriso da 60 denti. “Te l'avevo detto che è carino!”
Le lancio un'occhiata confusa mentre seguiamo Justin. “Ma sei hai appena detto che è stronzo.”
“Era solo per farlo sentire in colpa! E comunque ho detto che è carino, non gentile. É carino ma stronzo. Tipo quei ragazzi di cui parlano le fanfiction, sai?” Fa spallucce e mi prende a braccetto. “Quindi dove andate?”
“Non te lo dico perchè potresti seguirci e farmi il mimo fuori dalla finestra.”
Stacy ride, ma io so che ne sarebbe capace. Nuoterebbe anche fino all'altra isola per due ore solo per vedere che Justin mi bacia o non mi bacia.
E sicuramente non mi bacerà a meno che non lo infili nello sgabuzzino come vorrei fare con Ansel Elgort dopo aver visto
Colpa delle stelle e pianto dal decimo minuto dopo l'inizio del film fino all'ultimo. E anche due ore dopo averlo finito.



Usciamo dal ristorante e questa volta abbiamo tre guardie del corpo con noi, visto che per stasera Justin è ufficialmente considerato un ragazzo normale di 22 anni che esce con una persona senza dover pensare a come salvarle la vita.
John cammina al mio fianco con un auricolare nell'orecchio con cui parla ogni dieci secondi per informare le due guardie a cinque centimetri di distanza del fatto che sono salva e ancora viva.
“John? Sì, ciao. Ascolta, perchè non vai a prenderti un gelato con gli altri? Non mi ucciderà nessuno, te lo garantisco.” Cerco di tranquillizzarlo.
“Il nostro compito e tenerti al sicuro, Andrea.” Commenta lui accigliato.
“Sì, e lo capisco, davvero. Ma sono al sicuro. Promesso. Urlerò se ci sarà bisogno di voi. D'accordo?” Chiedo ancora.
John mi guarda per qualche minuto. “Cammineremo dietro di voi.” Sospira infine e raggiunge gli altri due uomini, così io mi rilasso.
“Ti danno davvero così tanto fastidio?” Mi chiede divertito Justin dopo aver messo via il telefono.
“Sì. Non sempre, ma quando voglio starmene tranquilla e loro sono sempre intorno è fastidioso.” Mi stringo nelle spalle e Justin mi prende per mano, il che mi fa praticamente lo stesso effetto di quando mi ha baciata.
“Okay, facciamo così.” Dice infine e io alzo lo sguardo per guardarlo in faccia. Potrebbe abbassarsi di qualche metro per raggiungere il mio livello, comunque. “Io li distraggo, tu ti nascondi in quel vicolo e quando iniziano a cercarti, io ti raggiungo.”
Lo fisso a bocca aperta. “Sul serio?”
Annuisce. “Sul serio. Potrei volerti baciare ma non intorno a loro, perciò scegli tu.”
“Sì, allora vado. Tu vai a distrarli. Con cosa vuoi distrarli?” Chiedo, aggrottando la fronte.
“Ci penserò su. Tu vai alla vetrina e da lì spostati verso il vicolo. Vai.” Mi fa cenno di allontanarmi e così faccio, incollando il naso alla vetrina di un negozio per uomini. Non è un granchè ma va bene.
Mi guardo indietro e vedo che le tre guardie del corpo fissano Justin mentre indica qualcosa dall'altra parte della strada, così mi infilo velocemente nel vicolo e appoggio la schiena contro il muro.
Mio padre mi farà diventare viola a forza di urlarmi contro se lo scoprirà ma almeno passerò questi dieci minuti in pace.
Sobbalzo quando mi ritrovo Justin accanto e ancora di più quando mi afferra la mano e mi tira dietro di sè. “Dove stiamo andando?” Gli chiedo.
“Lontano da qui.” Ride. “Sembra una frase presa da un film, dannazione.”
Vorrei dire qualcosa ma sono troppo occupata a guardare dove sto andando per non inciampare e fare un'altra figura di merda, anche se non farebbe differenza visto quante ne ho fatte fino ad ora.
Raggiungiamo l'altra spiaggia, popolata da pochi turisti che fanno baccano nei ristoranti, e Justin mi tira verso la sabbia.
Ci sediamo e io prendo un bel respiro. “Non fai sport, vero?” Ride.
“Non molto. Ogni tanto mi alzo dal letto, però.” Lo informo prima di lasciar cadere la mia testa sulla sua spalla.
“Sei già a buon punto. Tutti cominciano così.” Si sposta piano e si toglie la giacca di pelle, appoggiandomela sulle spalle prima di cingerle con un braccio.
Mi lecco le labbra e guardo le onde infrangersi sulla sabbia prima di ritirarsi e ripete l'azione precedente, poi sospiro. Non voglio tornare in America se significa che Justin si allontanerà di nuovo da me e questo non capiterà più. Ho perfino rinunciato alla cena con i nonni per stare qui con lui e neanche mi sta baciando! Aveva detto che voleva farlo. Bugiardo!
Il telefono di Justin suona e lui lo tira fuori, controllandolo, poi mette il vivavoce quando legge il nome di John. “L'avete trovata?”
“No! Dannazione, suo padre di ucciderà. Tu dove cazzo sei?” Chiede John mentre annaspa. Scommetto che sta correndo in giro.
Un po' mi dispiace, ma dall'altra parte io gli avevo chiesto di lasciarci da soli un attimo. Poteva benissimo risparmiarsi tutta questa fatica.
“Sono dall'altra parte dell'isola, Andrea non è qui. Torno tra poco.” Lo informa Justin e io sospiro, così mi guarda e mi da un leggero bacio sulla fronte.
“Sei sicuro che non è lì? Veniamo anche noi, aspettaci da qualche parte lì intorno.” Gli dice velocemente.
“No, sono serio, non è qui. Ho controllato dappertutto, probabilmente è tornata alla macchina. Andate a controllare io, sto arrivando.” Stacca la chiamata e mette via il telefono.
“Probabilmente ci picchierranno entrambi quando scopriranno che il piano è stato più tuo che mio.” Commento e lui ride.
“Vorrei vederli provarci.” Dice infine e appoggia il mento sulla mia testa. “Però dobbiamo tornare tra poco. Farò finta di averti trovata per strada.”
“Che bella cosa da dire, Justin. Grazie.” Alzo gli occhi al cielo e lui ride. “Non puoi fare finta di esserti perso?”
“Verrebbero qui e saremmo nei guai sul serio. Quindi no.” Si stringe nelle spalle e io annuisco, poi sospiro di nuovo.
Il mio telefono ricomincia a suonare e io declino la chiamata per la trentesima volta prima di spegnerlo completamente e infilarmelo in tasca.
“Vuoi baciarmi o no? Se mi hai fatto rischiare la vita per niente, ti denuncio, Justin. Non mi interessa che mi piaci e tutto il resto.” Lo avvero e lui ride di nuovo.
“Non è esattamente il modo più romantico per chiedere un bacio, sai?” Mi chiede.
“Beh, non è esattamente romantico promettermi un bacio e poi non darmelo, sai?” Lo prendo in giro.
Alza gli occhi al cielo ma alla fine me lo da, e questa volta è più delicato dell'altro ma più sicuro, quindi dieci volte meglio. E anche dieci volte più lungo.
E io sono al settimo cielo.





So che sono più o meno in ritardo,
anche se il ritardo non è così ritardoso come i ritardi precedenti.
Quindi siamo sulla buona strada! :)
Okay, voglio ringraziarvi per le recensioni e anche
chiedervi di passare una storia che sto scrivendo e che sarà molto, molto corta.
Ditemi che ne pensate; ecco il link:

 Vedremo.


Grazie ancora :)

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Capitolo 9
*** Parigi ***


Capitolo 9.


Ho avuto un piano.
Un piano perfetto, uno di quei piani che ti vengono in mente una volta nella vita e che passerai il resto dei tuoi giorni a rimpiangere.
Sono venuta a Parigi.
Sicuramente è una città romantica: la torre Eiffel, i menestrelli sulla riva del fiume, i piccioni che ti attaccano a ogni angolo e le crociere sulla Senna, ma io sono qui per seguire un corso d'arte, imparare a fare le baguette e a togliere le lumache fritte dal guscio.
Certo, il mio piano non comprendeva perdere le valigie in aeroporto e rimanere incastrati nel traffico per quattro ore, girando a destra e a sinistra e chiedendo aiuto a tutti i passanti perchè nessuno aveva la più pallida idea di dove fosse l'appartamento che mio padre mi ha preso in affitto per il prossimo mese.
Ora, io non sono una di quelle persone che tengono il broncio per anni e ci scrivono sopra un album, ma se Justin osa mettermi la mano sulla coscia ancora una volta dopo aver passato due settimane a dirmi che i baci erano stati uno sbaglio, giuro che gliela trancio via.
La macchina si ferma davanti a un palazzo di sei piani con vetrate assurdamente enormi e un portone che farebbe invidia a quello della Casa Bianca, e io riesco in qualche modo a uscire senza inciampare nella borsa.
L'appartamento è bianco e ha due camere da letto e un bagno, perciò dovrò impegnarmi a fare le maratone per superarlo ogni mattina e fare la doccia per prima, ma questo problema posso risolverlo buttando Justin fuori dalla finestra e chiamandolo un incidente.
Josh lascia cadere le valigie a terra e crolla a sedere sul divano, annaspando come se si fosse fatto sei piani a piedi.
"La mia camera è quella più grande, la tua camera è in balcone." Informo Justin prima di allontanarmi giù per il corridoio e aprire tutte le porte, trovando finalmente una stanza con un letto a due piazze e una piccola tv a schermo piatto.
"Potremmo dormire insieme. Qui non c'è la legge dell'età." Mi ricorda lui mentre mi segue, così mi giro verso di lui e alzo un dito per zittirlo.
"Sai cosa, Justin? Ho le tasche piene delle tue battute e delle tue confessioni e delle tue promesse e dei tuoi dubbi e di tutte le altre cazzate che mi hai detto. Non puoi baciarmi due volte, ignorarmi per due settimane e pensare che rimarrò ad aspettarti a braccia aperte per sempre. Ho passato quasi due mesi a correrti dietro. Mi sono messa in ridicolo per te, ho cercato modi per piacerti, ti ho chiesto di darmi una possibilità, e tu non hai fatto altro che prendermi per il culo. Perciò sai cosa ti dico? Puoi fare quello che ti pare, puoi andare fuori e portare ragazze a letto ogni notte se ti fa piacere, puoi anche continuare a ignorarmi. Ho un programma di cose da fare e sicuramente non mi farò te. Questo è quanto, spero di essere stata chiara. Ora, con permesso, andrò a sistemarmi in camera e fingerò che non ti abbia mai conosciuto." Impongo prima di entrare nella mia stanza e sbattergli la porta in faccia, ignorando lo sguardo sconvolto del ragazzo per cui solo una settimana fa avrei fatto di tutto.
Dio, che palle.
Lancio la borsa sul letto e apro le due finestre, lasciando entrare l'aria fresca mentre mi metto a sistemare le lenzuola e i miei vestiti nell'armadio.
Se due mesi fa qualcuno mi avesse detto che sarei stata io a non voler sapere più niente di Justin, probabilmente sarei morta sul colpo.
D'accordo, posso essere giovane quanto vuole, posso avere 16 anni e posso comportarmi da bambina, ma sicuramente so quando è ora di lasciar perdere qualcuno che continua a farmi male.
Esco dalla camera dopo aver finito di ordinarla e mi fermo sui miei passi quando vedo Justin tirare i suoi vestiti fuori dalla valigia.
"É un peccato che quel bel corpo sia stato sprecato per una testa di cazzo." Dico mentre mi avvio verso la cucina, sentendo i suoi passi risuonare dietro di me quando mi segue lungo il corridoio.
"Ne possiamo parlare civilmente, Andrea?" Mi chiede quando si siede al bancone e mi guarda andare avanti e indietro per controllare tutti gli armadietti.
"No, non ne possiamo parlare proprio. Anzi, non possiamo parlare in generale perchè hai un bel modo di fare con le parole ma il realtà non sai fare altro che parlare, parlare e parlare. Prima mi baci e poi mi ignori, prima dici che ti piaccio, che vorresti stare con me, e poi dici che non c'è niente da fare. Secondo me hai dei problemi e se fossi in te, andrei a farmi curare." Borbotto prima di sbattere un'anta e girarmi verso di lui.
"Senti, non potevo girarti intorno con tuo padre nella stessa casa. Pensi che mi piaccia questa situazione? Pensi davvero che sia contento di come stiano andando le cose tra di noi?" Mi chiede retorico e io inarco un sopracciglio.
"Quali cose? Quali noi? Non c'è proprio niente tra di noi e non c'è neanche un noi. Ci sei tu e ci sono i tuoi cazzo di squilibri mentali e ci sono io che non voglio più saperne niente di te. Hai avuto abbastanza tempo per svegliarti e capire ciò che mi stavi facendo. Sei stato chiamato qui per proteggermi ma mi hai ferito più tu di chiunque possa aver voluto farmi del male. Sospiro infine, togliendomi il cardigan e gettandolo su una delle sedie intorno al tavolo da pranzo.



Hey, There, Delilah è a ripetizione da mezzogiorno, così come le infite suppliche di Justin perchè io lo ascolti e gli dia la possibilità di spiegarsi.
Cosa c'è da spiegare oltre al fatto che è uno stronzo?
Se venisse qui e mi confessasse di aver sbattuto la testa da piccolo e che da quel giorno è incapace di provare pietà e compassione per qualsiasi persona intorno a lui, allora forse rimarrei ad ascoltarlo.
Ma quante possibilità ci sono che abbia realmente sbattuto la testa?
Beh, aumenteranno velocemente se continua a bussare alla mia porta in questo modo.
"Ma te ne vuoi andare? Sto studiando, lasciami perdere!" Gli urlo per la centesima volta e sento la porta aprirsi, così sbuffo e alzo lo sguardo dal libro di arte. "Ma allora non ti è chiaro, Justin. Non voglio parlarti e non voglio vederti e sinceramente sto pensando di trasferirti all'albergo e portare Josh qui. Smettila di assillarmi, ho cose più importanti da fare in questo momento."
Lui si chiude la porta alle spalle e ci si appoggia contro il silenzio, incrociando le braccia. "Ero sincero quando ho detto che mi piaci, ed ero sincero quando ho detto che vorrei stare con te, ed ero sincero quando ho detto che non possiamo. Andrea, non sto cercando di ferirti o di farti male o di ingannarti in qualche modo, sto solo cercando di... Beh, proteggerti."
"Proteggermi da cosa? Ormai dovrei ingaggiare qualcuno che mi protegga da te e credimi, sono a tanto così dal farlo. Puoi uscire adesso? Non ha più senso parlarne, tu non interessi a me e io non interesso a te, e sono sincera." Affermo prima di girare un'altra pagina e tornare a leggere l'Impressionismo.
"Andrea, sei la figlia del Presidente, che cosa penserebbe la gente se scoprissero che stai con qualcuno di sei anni più grande? Specialmente quando c'è una legge, quando tuo padre conferma questa legge ogni minuto della sua vita quando mette in prigione uomini che stanno con ragazzine." Mi ricorda prima di avvicinarsi alla scrivania e prendere un'altra sedia.
"Non diranno assolutamente niente perchè io e te non staremo mai insieme. É fuori questione. Ora come ora preferirei stare con la tavoletta del water, almeno quella se ne sta zitta." Borbotto prima di spingerlo via quando cerca di appoggiarsi su uno dei miei libri. "Vattene, Justin. Non sto scherzando, sono stanca di vederti intorno e sono stanca di parlarti e sono stanca di sentirti sparare una scusa dopo l'altra. Non hai più bisogno di giustificarti o di scusarti, perchè ormai non mi interessi. Puoi fare quello che vuoi, non avrà alcuna ripercussione sulla mia vita. Sono occupata ora, ti dispiacerebbe andartene e non tornare?" Ripeto di nuovo e lui mi guarda per qualche secondo, poi sospira e si alza dalla sua sedia.
"Pensavo che avresti capito, Andrea, davvero. Se non ti interesso più, non c'è alcun motivo di essere arrabbiata con me." Mi informa e io lo osservo per un po', poi mi alzo e lo prendo per le spalle, spingendolo fuori dalla mia camera.
"Non sono arrabbiata. Sono estremamente contenta di come sono stata trattata ultimamente. E spero davvero che la prossima volta che incontrerai qualcuno che ti correrà dietro come ho fatto io, tu riesca a dirle di non sprecare il fiato." Sintetizzo prima di chiudere le porta e girare la chiave nella toppa, poi torno a sedermi e continuo a leggere senza vedere le parole.
E prima ancora che me ne renda conto, le lacrime iniziano a cadere su ogni pagina.
Solo perchè non mi interessa più, non vuol dire che non mi manca.



Sono passati mesi, anni, decenni, ere, i dinosauri hanno ripopolato il pianeta.
E noi siamo ancora al nono capitolo.
Oh, beh, pazienza.
Sono tornata, suppongo. :)
Ovviamente l'intero capitolo è stato ispirato da Clean di Taylor.
Spero vi piaccia. :)

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