Musa, suona una seconda volta

di Hypnotic Poison
(/viewuser.php?uid=16364)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flowers ***
Capitolo 2: *** Cuddles ***
Capitolo 3: *** Mother's Day ***
Capitolo 4: *** Cravings ***
Capitolo 5: *** Beautiful ***
Capitolo 6: *** Last night ***
Capitolo 7: *** A day at the beach ***
Capitolo 8: *** Fourth of July ***
Capitolo 9: *** Late ***
Capitolo 10: *** Hair ***
Capitolo 11: *** Sorry ***
Capitolo 12: *** Friends ***
Capitolo 13: *** Stars ***
Capitolo 14: *** In sickness and in health ***
Capitolo 15: *** Late - part II ***
Capitolo 16: *** Just like him ***
Capitolo 17: *** Airport ***
Capitolo 18: *** In English ***
Capitolo 19: *** Alternative ***
Capitolo 20: *** One more moment ***
Capitolo 21: *** Running wild ***
Capitolo 22: *** Melody ***
Capitolo 23: *** Iced tea ***
Capitolo 24: *** Sneaking ***
Capitolo 25: *** Perfect - Part II ***



Capitolo 1
*** Flowers ***


Flowers






“I fiori, dobbiamo scegliere i fiori ancora!”

Kisshu rise mentre Minto correva a perlustrare le dozzine di vasi e secchi esposti all'entrata del fiorista. “Tortorella, è solo il bouquet per la laurea di Ichigo, rilassati.”
“Ripeti quella frase e capirai perché è un avvenimento così importante.”
Acidona,” l'alieno si rigirò un tulipano rosso tra le dita “Quanti ne stai scegliendo?”
Minto cominciò a discutere animatamente con il proprietario del negozio. “Pensavo qualche rosa bianca, qualche rosa rosa, dei gigli, magari qualche peonia color cipria, oppure un bel mazzo di girasoli e rose rosse, oppure gialle, devo controllare cosa ha intenzione di regalarle Shirogane, non possiamo portarle tutti lo stesso fiore, e poi-”
Lui la osservò con un sopracciglio alzato: “Respira o ti verrà una sincope. Se devi fare tutto questo casino per un semplice bouquet di laurea, non oso immaginare cosa combinerai quando dovrai scegliere i fiori per il matrimonio.”
Trattennero entrambi il respiro per qualche secondo quando processarono le parole che lui aveva detto, Minto con la mano tesa a prendere una calla. Poi lei sorrise, le guance tinte di rosso.
“Chiama Ryo, Ikisatashi, vedi di renderti utile.”











Buongiorno, mie dolci, e buon 25 Aprile! Mi sono resa conto che ormai è più di un mese che non pubblico niente, e quindi mi sono detta: "Ma se pubblicassi una raccolta di tutte quelle fic che mi nascono spontaneamente, ma che sono troppo piccolette per essere pubblicate come OS, e che di solito mando a quei disastri degli altri due Moschettieri?" 
Interpellate, le suddette, tra l'altro, hanno fatto le presse, e quindi eccomi qua, con una raccolta che ancora non è molto ben definita - ma è sempre la solita storia: OS, drabble, flash, credo che per ora la maggior parte siano Kishinto ;) 
Ovviamente, proveniendo dalle conversazioni con Danya e Ria, sono un po' fic delirio, ma ormai sapete come sono (siamo) fatte ^_^ 
Buon weekend, spero che ci sia chi festeggia, ma chi anche solo si gode un po' di meritato riposo e approfitti, se c'è, della bella stagione :)
Un bacione a tutti!!!

Ps. Il titolo. Sì. Lo so. E' orrendo. Ma ci ho passato sopra mezz'ora, ho fallito, e ho ceduto alle mie radici classiciste.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cuddles ***


Cuddles


Ichigo era un gatto in tutto e per tutto: a volte, aveva un’impellente necessità di ricevere attenzioni che il suo ragazzo non poteva assolutamente negarle.

Peccato che quando Ryo si chiudeva in uno dei suoi profondi momenti di riflessione e relax, un librone da minimo 600 pagine in grembo, non c’erano preghiera né bisogno di coccole che tenessero.
Lei si rotolò sul letto, sbuffando annoiata e guardandolo di sottecchi, le sopracciglia bionde appena corrugate mentre si concentrava sulle parole stampate. Sapeva benissimo che insistere l’avrebbe soltanto irritato e l’avrebbe convinto ad alzarsi e sistemarsi sul divano – ci aveva già provato, era già successo. Perfino quella volta in cui lei era rimasta in biancheria intima.
“Ichigo, sono esausto, mi voglio rilassare,” le aveva detto con quella inflessione di accento americano che sempre gli spuntava tra stanchezza e nervosismo.
Lei, ovviamente, non capiva come quei tomi potessero essere rilassanti, ma sapeva che era decisamente un argomento su cui evitare il dibattito.
Sbuffò ancora, facendo svolazzare la frangetta. Lui allungò solo una mano per darle un buffetto sul naso, senza staccare gli occhi dalla pagina: “Be good, kitty cat.”.
Le si rizzarono, anche se solo metaforicamente, per ora, le orecchie.
Lei era un gatto in tutto e per tutto, no?
Concentrandosi al massimo, fu avvolta da una piccolo scintillio per un paio di secondi, e poi puff, bentornata Ichigo in versione gattina nera.
Miagolando soddisfatta, saltò sulle ginocchia del biondo, acciambellandosi contro il libro e poi voltandosi a pancia in su, pretendendo delle coccole con rumorose fusa.
Ryo rimase basito un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere. “Sei proprio viziata ed insopportabile,” sentenziò, cedendo comunque a solleticarle il ventre peloso.
Lei miagolò e chiuse gli occhi, contenta; si sistemò meglio contro le sue gambe, dandogli la possibilità di continuare a leggere mentre le accarezzava la schiena, le orecchie, la base della coda, e lei lentamente cedeva alla sonnolenza.
Meglio le coccole in versione felina che niente.

 





Pubblico un po' presto ma mi andava :)  L'ispirazione per questa storia è nata da varie immagini  di un post di Tumblr, che potrete trovare qua :)
Spero che questo weekend lungo stia andando bene :) Bacioni!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mother's Day ***


Mother’s Day

 

 

 

Una mano fresca gli si posò sulla fronte, svegliandolo dal profondo sonno in cui era caduto dodici ore prima.
Ryo sentì le palpebre estremamente pesanti mentre cercava di aprirle, combattendo contro la sonnolenza che proprio non pareva volerlo lasciare. Solo un filo di luce entrava dalla porta socchiusa, illuminando appena il contorno sfocato di Ichigo, piegata sul suo letto e che gli sorrideva piano.
“Sei sparito per giorni, pensavo fossi morto,” scherzò in un sussurro. “Come ti senti?”
“Male,” borbottò lui, la voce roca e spezzata. Si sentiva la gola in fiamme ed estremamente secca, e ogni muscolo che si risvegliava sembrava dolere.
“Proprio quando Kei è via dovevi ammalarti?”
“Non l’ho programmato, sai,” riuscì a ribattere con sarcasmo, voltandosi sulla schiena e passandosi una mano sul volto coperto da uno strato di barba.
Ichigo sorrise, accarezzandolo ancora, questa volta armata di una pezza umida: “Fortuna che ho portato rinforzi.”
Sakura Momomiya entrò in quel momento, reggendo una ciotola da cui si levava un po’ di vapore.
“Buon pomeriggio, Ryo. Ci stavi facendo preoccupare, sai?”
Lui si sentì improvvisamente un po’ a disagio nel vedere la madre di Ichigo lì nella sua camera. D’accordo che ormai passava decisamente molto tempo a casa Momomiya, ma il fato volesse che in quel momento lui fosse estremamente febbricitante, di cattivo umore, probabilmente sporco e decisamente senza maglietta.

“Mi dispiace,” borbottò come un bambino, facendo ridere entrambe le donne.
Tentò di mettersi seduto, ma la testa gli pulsò forte e lo stomaco fece una capriola, lasciandogli scappare un gemito di sconforto.
Sakura sorrise intenerita, sedendosi sul bordo del letto. “Fermo, con calma. Rimettiamoti in sesto, d’accordo? Ci penso io.”
Ryo annuì, troppo stanco anche per poter pensare, e accettò di buon grado il brodo caldo.
 
§§
 
Qualche settimana dopo, ormai ristabilitosi del tutto, parcheggiò la moto davanti alla villetta ormai così familiare, e si diresse svelto verso la porta di ingresso, battendo agitato il piede a terra mentre aspettava.
Sakura non ci mise molto ad aprirgli, con il solito sorriso luminoso tanto simile a quello della famiglia. “Oh, Ryo, non ti aspettavo! Ichigo è ancora in università, se vuoi –”
“No, ehm,” lui si passò nervosamente una mano tra i capelli “In realtà cercavo proprio lei, signora Momomiya.”
La donna sollevò un sopracciglio, curiosa, prima di sventolare una mano: “Quante volte te l’ho detto che devi chiamarmi solo Sakura?”
Lui provò a sorridere: “Ehm… già, mi scusi. Comunque, Sakura, sono passato a darle questo.”
Le allungò un grande mazzo di girasoli e una scatola di cioccolatini, che lei prese con stupore. “Volevo ringraziarla per essersi presa cura di me, non solo l’ultima volta ma… e… be’, oggi sarebbe la festa della mamma, e io non…”
La donna sentì gli occhi inumidirsi nel vedere quel ragazzo, così alto e sempre dall’aria forte che sembrava sciogliersi ogni volta che Ichigo compariva nel suo campo visivo, arrossire appena ed agitarsi, non completando quella frase che le fece saltare un battito. Sorrise intenerita, arrischiandosi ad abbracciarlo leggera prima di lasciargli un buffetto sulla guancia.
“Sei davvero un tesoro, Ryo. Grazie infinite. Vieni, entra, ho preparato una torta, possiamo aspettare Ichigo insieme.”
Ryo annuì, un po’ più sollevato, e la seguì dentro casa.







Buonasera fanciulle, buona domenica e buona festa della mamma! :D Aggiornamento in tema, e ff appena appena scritta perché non avevo voglia di studiare, come al solito ;)
Spero che vada tutto bene, mi dispiace vedere la sezione un po' abbandonata in questi giorni :/ Spero che sia solo il periodo orribile tra esami e verifiche, e non un addio generale al fandom :'(
A presto , buona serata a tutti! Bacioni!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cravings ***


Cravings

 

 

 

“Voglio un hamburger. O le patatine fritte con il formaggio fuso sopra. C’è un McDonald’s qui? O un hot dog!”
Minto alzò gli occhi al cielo mentre cercava di tirare fuori una Ichigo palesemente sbronza dal sedile posteriore dell’auto, con Retasu che sosteneva l’amica rossa per i fianchi, spingendola.
“Ho faaaaaaaaaame.”
“Tu hai sempre fame, Momimiya.” Ridacchiò la mora, inciampando leggermente sui tacchi.
Ryo, dalla macchina seguente, arrivò in loro soccorso, agguantando l’altro polso di Ichigo: “Ci penso io, Minto, non preoccuparti. Vorrei evitare che ti sfracellassi al suolo anche tu.”
“Umpf!” esclamò lei “Guarda che io, qua, sono la meno ubriaca di tutte!”
“Certo, come no,” replicò il biondo, osservandola ondeggiare pericolosamente da un fianco all’altro mentre ridacchiava convinta. “Retasu, ce la fai?”
Sìsì,” trillò sicura di sé quest’ultima, arrampicandosi fuori dal sedile in verso contrario, così da potersi sostenere all’automobile “Anche io ho fame.”
“Mangiamooooooo,” squillò Ichigo, avvolgendo le braccia attorno al collo di Ryo e guardandolo supplichevole “Ryoooo per favore un hot dooooooooog.”
Minto rise buttando la testa all’indietro, sbandando così tanto che Pai, il loro “autista”, la dovette sostenere per un braccio prima di poter andare a soccorrere Retasu: “Lo sappiamo, Ichigo-chan, che ti piacciono i cibi americani.”
“Ahahahah, a Ichigo piacciono gli hot dog americani,” rise sguaiata Purin, spuntata dalla stessa macchina del povero Shirogane, che stava borbottando sottovoce minacce e maledizioni mentre cercava di sostenere in posizione eretta la rossa.
“Ah sì?” sbottò questa con rabbia mentre si voltava con uno scatto tale da farla sgusciare dalle mani del suo ragazzo “Allora volete sapere cosa piace daaaavvveeeeeeeero tanto a Mintooo? La quiche!”
“Ichigo!” strillò la mora, assumendo un notevole color porpora sulle guance e sbattendo i piedi a terra “Sei impazzita?!”
“Scusate, cosa?” Kisshu, che era rimasto a parcheggiare l’auto, sopraggiunse ovviamente in quel momento, e lanciò un’occhiata divertita alla ballerina.
“A Minto piacciono le quiiiiiiche!” cantilenò con una risatina Ichigo.
“Sei una volgare popolana sguaiata!” strillò Minto cercando di sovrastare la risata isterica di Purin.
“Non capisco cosa stia succedendo.”
Ryo lanciò un’occhiata d sghembo a Kisshu, decidendosi solo in quel momento che l’unico modo per tenere ferma Ichigo fosse di caricarsela in spalla: “La prossima volta che offri da bere a tutti, ricordati che queste non reggono nulla.”
“E’ il compleanno di Reta-chan, mi sembrava una cosa carina. Ci siamo divertiti, no?”
Uh-uh,” replicò sarcastico il biondo con uno sbuffo, Ichigo ormai mezza addormentata a testa in giù “Look at how much fun I’m having now.
“Hot dooooog,” borbottò lei con poca convinzione.
“Dai, biondo, dalle sto hot dog.” rise sguaiato Kisshu, saltando sul carro dei doppi sensi di quella serata.
Shirogane lo guardò con rabbia: “Ringrazia che ho entrambe le mani occupate.”
“Poco senso dell’umorismo anche dopo la birra, vedo,” ironizzò l’alieno “Almeno loro due si stanno divertendo sul serio.”
Indicò con un cenno della testa Zakuro ed Eyner, ancori seduti in auto e parecchio impegnati in un appassionato bacio.
Ryo sospirò: “Va bene, basta, ora di andarsene.”
“No, scusate,” Minto fece un passo avanti, le braccia incrociate “Non ho capito perché si è scelto di andare a casa mia.”
“Perché ci puoi ospitare tutti e la festa può continuare, passerottino.”
Lei cercò di mantenere la sua posa orgogliosa, il mento alzato, nonostante l’evidente instabilità dell’equilibrio: “Non pensarci nemmeno, Ikisatashi. Non ci sarà nessuna festa, soprattutto non per te.”
“Ah sì? Scusami, ma non ho capito bene quel discorso che facevate prima sulle quiche?” esclamò lui, avvolgendole un braccio attorno alle spalle.
Minto arrossì nuovamente e cercò di scrollarselo di dosso: “Sparisci, maniaco.”
Lui rise, sorreggendola nel suo vano tentativo di sgusciare così che non crollasse a terra. “Dai, tortorella, ti do un passaggio. Vuoi favorire?” chiese poi rivolto a Ryo.
Il biondo considerò per un attimo il dolce peso di Ichigo comparato ai lunghi scaloni di villa Aizawa. “Sì, grazie.”
“Li lasciamo lì?”
Si voltarono verso i finestrini ormai appannati dell’auto, fortunatamente già parcheggiata all’interno dei confini della proprietà.
“Vuoi andare a disturbarli tu?”
“Non proprio.”
“Allora ciao.”
Kisshu li teletrasportò dentro, atterrando in uno dei lunghi corridoi su cui si affacciavano le camere.
Una delle porte era aperta, e si poteva sentire Pai discutere con una ridente Retasu che non voleva saperne di stendersi nel letto. Purin e Taruto, invece, erano spariti, ma gli altri non volevano esattamente andarli a cercare.
“Be’, buonanotte,” decretò Ryo, “Comportatevi bene.”
“Non te l’assicuro.”
“Non diciamo cretinate!”
Shirogane rise delle loro risposte opposte ma sincronizzate. Anzi, quasi quasi era più preoccupato per quel deficiente di Kisshu. “Bye bye.
“Mi raccomando l’hot dog!”
Anche Minto si lasciò andare ad una risatina per quella volta, ed ondeggiò pericolosamente mentre si toglieva i tacchi.
“Sei sbronza, eh, passerottino?”
“Lorichetto.”
Zampettò veloce sul tappeto, verso la sua camera, canticchiando allegra. Kisshu la seguì con lo sguardo, ridacchiando sottovoce ed infilandosi le mani in tasca. Non era il caso di provarci ulteriormente con lei, almeno non quando era così intossicata.
Ma non aveva programmato che Minto tentasse di slacciare la zip del vestito prima di entrare in camera, aprendo le falde del tessuto delicato e lasciando che le scivolasse appena lungo la curva del collo.
Smise per un attimo di respirare, ma non riuscì ad evitare di scostare lo sguardo nel vedere la pelle bianca delle sue scapole, ed il vecchio segno Mew, apparire fugace. “Le quiche, eh?”
Minto aprì la porta e si fermò un istante, sorridendogli da sopra la spalla scoperta prima di entrare: “Notte, notte, Kisshu.”
Lui rimase imbambolato qualche altro secondo. Non vedeva già l’ora che fosse mattina. 

 




Con il ritmo di una a settimana mi sa che finirò presto - ma è una bella domenica, e volevo farmi rovinare la giornata dall'editor di HTML prima di buttarmi sui paper per l'università ;) Per l'idea di questa ff devo ringraziare JunJun e un suo "doppio-senso" (credo) in una risposta ad un mio commento - spero se lo ricordi ahah. Il copyright di Eyner va, ovviamente, alla onee-sama Ria e alla sua Crossing!

Datemi un po' di attenzioni, susu, manteniamo viva la sezione! :D 

Un bacione a tutte e buona domenica :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Beautiful ***


Beautiful

 

 

 

 

“Te l’ho già detto che sei bellissima stasera?”
Minto arrossì nell’udire la voce di Kisshu sussurrarle all’orecchio, il volto che si premeva appena contro il suo. Sorrise, alzando lo sguardo per fissarlo negli occhi.
“Solo stasera?” scherzò.
L’alieno accennò ad un ghignetto mentre le passava un braccio attorno alla vita: “Sempre in caccia di complimenti, eh tortorella?”
Lei gli fece una smorfia e prese un sorso dal proprio calice di champagne. Era una bella serata tiepida, rinfrescata da una leggera brezza estiva che soffiava tranquilla sui tanti ospiti di una delle varie sere di gala nel giardino di Villa Aizawa.
Si lasciò stringere dolcemente mentre Kisshu le lasciava un bacio sulla tempia; aveva notato le usuali occhiatine che venivano rivolte al suo ragazzo, soprattutto nei momenti come quello, in cui indossava una camicia elegante con le maniche arrotolate sopra al gomito, e le faceva piacere conclamare il suo… territorio. Vedere quell’accenno di invidia da parte delle sciocche ragazze viziate con cui aveva imparato a condividere molte occasioni non poteva che lasciarle una dolce soddisfazione sul palato, come a dire Ecco, vedete chi Minto Aizawa è riuscita ad acchiappare nonostante i vostri sberleffi e i vostri aspetti perfetti.
Non che l’avrebbe mai confessato a qualcuno, fosse ben chiaro. Non le piaceva mostrare le sue debolezze più di quanto non si mostrassero già da sole, e la sua rivalità con il resto dei rampolli dell’alta società era ormai ben nota.
D’altro canto, Kisshu non era il solo a catturare l’attenzione; poco lontano da loro, vicino – ovviamente – al tavolo dei salatini, sostavano Ichigo e Shirogane, che – ovviamente – facevano le fusa, ridendo di loro battutine e non considerando il mondo esterno, come facevano ormai da qualche mese a quella parte, ora che si erano finalmente convinti ad uscire insieme. La rossa era raggiante nel suo vestitino bianco, e Ryo… bè, anche Minto doveva ammettere che Ryo era Ryo, e se ne accorgevano anche le altre donne.
“Più bella anche di Ichigo?” avvertì se stessa domandare al ragazzo accanto a lei mentre continuava a fissare il sorriso luminoso dell’amica e i lunghi capelli rossi stretti in un’elegante treccia.
Kisshu si irrigidì appena, ben conscio che quello fosse ancora un tasto un po’ dolente per Minto; la voltò senza staccare la presa su di lei, guardandola negli occhi.
“Sto facendo fatica a toglierti le mani di dosso, passerotto, e al prossimo uomo che ti guarda come se fossi un cioccolatino progetto di cavargli i testicoli.”
Lei rise: “Lo prendo come un sì?”
“Sempre un sì.” le diede un altro bacio in fronte e bevve un sorso del suo bicchiere – Minto ormai aveva perso il conto, ma aveva anche perso le speranze di dirgli di smetterla, e comunque sembrava che gli alieni avessero una soglia di tolleranza molto più alta della loro. “Anzi, sai cosa ti dico? C’è un momento in cui sei estremamente meravigliosa.
Lei lo guardò incuriosita, un po’ preoccupata dalla comparsa di quella smorfia maliziosa sul suo volto.
“Sì? E sarebbe?”
Kisshu ghignò prima di piegarsi su di lei e sussurrarle all’orecchio: “Mmmh… Avvolta solo dal lenzuolo, tutti i capelli spettinati, le guance rosse perché ti ho appena –”
Minto arrossì di scatto, scostandosi da lui e trucidandolo con lo sguardo. “Sei un maiale.”
Lui ridacchiò soddisfatto, e le rubò un bacio con lo schiocco.








In questa orrenda giornata di pioggia che non fa altro che aumentare la mia meteoropatia, avevo bisogno di qualcosa di coccoloso :3 Sto esagerando con le Kishinto, che dite? Io li amo,  dai, diciamo che devo fare patta con tutte le Ryo/Ichigo che ho scritto negli anni! :3 E poi tanto i due gattoni ci sono pure qua, e ci saranno sempre ^_^
Spero passerete un bel weekend, io prego che si ristabilizzi l'estate prima che impazzisca ^^
Un bacione a tutte, a presto!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Last night ***


Last night

 

 

 

 

 

Kisshu scese le scale trascinando i piedi, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando di continuo, la faccia tipica di chi non ha dormito.
“Tu,” esclamò, puntando un dito contro Ryo, seduto al tavolo della cucina intento a sorseggiare un caffè mentre leggeva il giornale “Tu non organizzerai mai più una festa di bentornati a casa tua.”
Il biondo lo squadrò con un sopracciglio alzato. “Tralasciando il fatto che è stata Ichigo a volerla organizzare, pensavo fosse andata bene.”
“Certo che è andata bene,” replicò sarcastico l'altro, riempendosi la tazza di caffè fino all'orlo “Un sacco di alcol, del buon cibo, finalmente dopo un mese rivedo Minto... e mi appioppate la camera di fianco a quella di Pai e Retasu.”
“E quindi?”
E quindi?! Non solo non ho chiuso occhio tutta la notte, ma io non ho potuto ricevere il mio bentornato dalla mia ragazza.”
“Credo di non capire.”
“E' perché tu non lo sai cosa gli fa l'alcool a quei due.”
Ryo sbatté le palpebre un paio di volte, poi quasi si strozzò col caffè. “Ooooh. Dio mio, no, perché mi devi dire queste cose?!”
“Perché io le ho dovute sentire tutta la notte!”
“…Tutta la notte?”
“Minimo minimo fino alle quattro.”
“Be'... però.”
“Appunto.”
I due si scambiarono un'occhiata, sospirarono, e si rigettarono nel caffè.

 





Buongioooooorno :D Aggiornamento rapido prima che parta per il ponte alla volta del mare :) Questa ff è vecchissima, scritta per Danya un giorno che si era lamentata perché non le mandavamo abbastanza Paitasu ;)
Se andate in vacanza come me dimenticando le responsabilità, buon divertimento! (non è vero, prometto che studio, dai. ahah)
Bacioni a tutti!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** A day at the beach ***


A day at the beach

 

 

 

 

“Attenzione, attenzione, Ichigo-chan sta flirtando con Shirogane-kun anche da sobria!” Purin atterrò con le ginocchia nella sabbia fredda, sotto l’ombrellone condiviso da Minto e Zakuro.

Queste due si voltarono sugli sdrai, girandosi verso la rossa e l’americano che, sul bagnasciuga, stavano allegramente chiacchierando mentre Ryo passava della cera sulla tavola da surf.

Minto si alzò gli occhiali da sole sulla fronte: “A-ah! Lo sapevo! Guardala come ride, la cretina. Mi deve da bere.”

Zakuro roteò gli occhi: “Minto, non essere cattiva. Lasciala in pace.”

“Sono anni che si girano intorno, dai, è quasi un miracolo. La sbronza di ieri sera è stato quello che ci voleva!”

“Dovete imparare a farvi i fatti vostri, punto primo. Punto secondo, cosa dicevi riguardo ad una sbronza fortuita, Minto-chan?”

La mora si zittì all’ennesimo rimprovero del suo idolo. “Sei di parte verso Shirogane-kun, tu.”

Si alzò, ignorando il sorrisetto soddisfatto della modella, e si diresse verso il mare per un po’ di frescura dalla giornata afosa.

Non fece in tempo ad arrivare con l’acqua alla vita, però, che due mani l’afferrarono saldamente per i fianchi, facendola irrigidire.

“Colombella, finalmente soli!”

Minto non si voltò: “Toglimi le mani di dosso.”

Kisshu non fece lo sforzo di obbedirle. “Io e te dobbiamo parlare.”

“Non c’è assolutamente nulla da dire,” lei prese a muoversi nuovamente verso l’acqua più alta, tentando di staccarlo.

“E invece sì,” l’alieno sguazzò intorno a lei così da mettersi di fronte e bloccarla “Ieri sera ci siamo baciati -”

“Ieri sera tu hai baciato me.”

“ – e non osare dire che non ti sia piaciuto, e che non ci sia niente di cui discutere –”

“E dire che pensavo per te fosse uno sport baciare la gente a caso.”

“- perciò, parliamone.”

Minto sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. “Fammi capire, questo è uno dei rari momenti in cui tu vuoi comportarti da persona matura?”

“Esatto.”

“Oh, santissimo cielo, perché deve capitare proprio con me?”

Kisshu mise su un broncio da bambino: “Il sarcasmo non è apprezzato. Soprattutto quando ti sento tutto il giorno lamentarti di quanto io sia infantile, pedante, insopportabile, bla bla bla.”

“Perché lo sei.”

Minto lo aggirò svelta, continuando a camminare nell’acqua finché questa non le raggiunse le spalle. Si fermò, tentennante. Sapeva nuotare, ma non le era mai piaciuto particolarmente addentrarsi un po’ troppo in là nel mare – non sapeva mai quello che poteva esserci nel fondo, e lei ci metteva davvero poco a raggiungere punti in cui non toccava più.

Ikisatashi, ovviamente, dall’alto dei suoi parecchi centimetri, sostava poco lontano da lei, galleggiando ed osservandola con un sorrisetto soddisfatto.

“Passerotto?”

“Decerebrato?”

“Andiamo,” si avvicinò di più a lei “Ammettilo.”

“Cosa, che acconsentire alla richiesta di Ichigo di prendere un altro drink è stato un grave errore di giudizio?”

Kisshu ridacchiò e fluttuò abbastanza vicino per afferrarle ancora la vita: “Il risultato non è stato male.”

Minto alzò gli occhi al cielo: “Potresti togliere le mani, per favore?”

“Ti tengo stretta così non galleggi via, promesso,” appoggiò i piedi sul fondo, recuperando la differenza di altezza “Sei così petite che un colpo di vento può portarti via. Anche se non puoi biasimarmi, questo costumino ti fa un sedere…”

“Screanzato!”

Lui riuscì a bloccare il ceffone diretto alla sua guancia, rallentato dall’acqua, e rise stringendole le dita: “Hai ragione, hai ragione, è tutto naturale, non è solo merito del costume.”

“Giuro che stanotte ti castro mentre dormi.” sibilò lei a denti stretti.

“Ah, tortorella, ma ciò significherebbe che dovresti trovarti nella mia stessa stanza! Di solito mi piace offrire almeno un drink prima, ma se proprio insisti…”

“Sei un maiale schifoso ed irrispettoso.”

“Da cui però ti piace incredibilmente essere baciata.” L’agguantò svelto, issandosela su un fianco così da avere il viso a pochi millimetri dal suo, una delle sue magre braccia avvolte intorno al suo collo. 

Minto arrossì visibilmente sotto le lentiggini che il Sole le faceva apparire sulla pelle. “Ciò è dibattibile.”

Lui alzò sarcastico e divertito un sopracciglio: “Hai bisogno di un’altra prova?”

Lei si rispecchiò per un secondo in cui dannati occhioni dorati, gli stessi che aveva cercato per tutta la notte precedente in discoteca, e stava per inclinare il volto ancora di più verso il suo, quando uno strano movimento sotto l’acqua, vicino alla sua coscia, la fece distrarre e diventare bordeaux.

Kisshu!! Sei un maniaco”

“Mi dispiace! Sono solo un maschio, che diamine, non lo faccio apposta!”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Fourth of July ***


 

Fourth of July

 

 

 

 

 

Soltanto la sensazione della birra ghiacciata contro il palmo della mano sembrava essere d’aiuto contro la calura afosa che era scesa all’improvviso in quella settimana, e che li aveva “costretti” tutti a trasferirsi velocemente al mare.
Potevano almeno ringraziarlo dell’ospitalità, ogni tanto.
Ryo sbuffò accaldato prima di prendere un sorso, pregustando mentalmente il condizionatore in camera da letto.
“Shirogane-kun!” la voce squillante di Ichigo catturò la sua attenzione “Buon quattro luglio! Che dici, ti piace?”
Zakuro osservò con attenzione la reazione dell’americano nel vedere la rossa indossare un ristretto bikini decorato dalla bandiera americana, poi ridacchiò sotto i baffi e gli passò il suo ben più carico mojito.
“Cheers, buddy
.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sìììììììììì lo so, sono 110 parole di schifezza ma dovevo pur fare qualcosa sia per il 4 luglio, sia per farmi perdonare delle lunghe assenze… tra l’altro parto per il mare oggi pome e lo so che vi ho promesso commenti e risposte, sono una cacchetta, ma ho sempre tremila cose da fare :(

Perdonatemi davvero, mi impegnerò, giuro!

Immagine di riferimento è qua :)

Un bacione, buon quattro luglio, buon sabato, e buon weekend della Notte Rosa per chi come me è della riviera romagnola :)

Bacioni!!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Late ***


Late

 

 

 

“Sono in ritardo, lo so, lo so!”
Ichigo entrò veloce come un proiettile al Caffè, zigzagando abile tra Purin e Retasu; sfiorò Ryo con una rapidità tale da scostargli i capelli dalla fronte mentre afferrava svelta lo straccio che lui le stava reggendo con una mano, la bocca mezza aperta per sgridarla che dovette richiudersi quando lei sparì in un nanosecondo nello spogliatoio.
Rimase per un attimo basito, poi scosse la testa con un sorriso, e ritornò al piano di sopra.
 
§§
 
Ichigo sgattaiolò lesta dalla porta sul retro nel locale buio, individuando la slanciata sagoma di Shirogane tra le altre e correndogli accanto.
“Sì, sono in ritardo, colpa dell’università!”
Il biondo rise sottovoce, guardandola dall’alto: “Già Zakuro ci ucciderà non appena si renderà conto che questa è una festa a sorpresa per lei, se fossi arrivata mezzo secondo più tardi anche Minto avrebbe fatto un giro col tuo cadavere.”
Lei alzò gli occhi al cielo: “Non è colpa mia se il professore non la smetteva di cianciare! Voi americani siete così logorroici…”
“Ah, allora non eri all’appuntamento con quel Hiro?” la punzecchiò.
La rossa scosse la testa: “No, lui non parla abbastanza invece. E comunque ho smesso di fare tardi per colpa degli appuntamenti!”
“Noto un certo disappunto nella tua voce.”
“Be’, se non mi invitano…”
Voi due!” il sibilo minaccioso di Minto rimbombò per le pareti “Smettetela di flirtare e tacete, Zakuro nee-san è qua!”
Ichigo le fece una linguaccia che, per fortuna, non venne notata, poi si scambiò un’altra occhiata con il ragazzo al suo fianco, e sorrise.
 
§§
 
“Scusami, scusami, sono in ritardo.”
Ryo si alzò quando finalmente la sua ragazza comparve al loro ristorante preferito, fasciata in un’elegante abito nero. Scosse la testa ridendo, allungando una mano verso di lei per tirarla a sé e per schioccarle un leggero bacio sulle labbra. “Dovrei aver imparato, ormai, che devo darti appuntamento mezz’ora prima della prenotazione.”
 
§§
 
Sono in ritardooooooo!
L’urlo di Ichigo risuonò per villa Aizawa mentre la ragazza in questione usciva capitombolando dalla camera degli ospiti.
“Sì, ma solo di… porca vacca, un’ora e un quarto!?”
“Purin, non stai migliorando la situazione! Ichigo, fermati o strapperai il vestito!”
“Minto-chan è tardi, è tardi, è tardi, penserà che l’ho lasciato all’altare, aiuto…”
Minto si mise a correre dietro l’amica, sollevandole l’ampia gonna di taffetà mentre le altre damigelle raccoglievano rapide le ultime cose. “Shirogane-kun ha presente chi sta sposando, scommetto che sono tutti molto certi che ti saresti presentata con il doppio del ritardo di una sposa normale.”
Purin rise sotto i baffi: “Io scommetto che invece sono tutti già ubriachi per smaltire l’ansia.”
Purin, smettila, sono troppo in ritardo!
“Ma se sono dieci anni che ti aspetta, che fretta vuoi che abbia!”
Minto e Zakuro, a quella battuta, si scambiarono uno sguardo complice, ed infilarono un’Ichigo in preda all’iperventilazione dentro la limousine.
 
§§
 
“Sono in ritardo.”
Ryo alzò lo sguardo dai documenti che teneva in mano per lanciare un’occhiata all’orologio appeso al muro. “No, direi che per una volta sei in largo anticipo. Devo andare a vestirmi? Non dobbiamo essere da Minto ancora per –”
Ichigo scosse la testa: “No, Ryo. Sono in ritardo.”
Lui corrugò la fronte, confuso: “Che stai – what?”
La rossa rise nel vedere la buffa espressione che prese possesso del volto del biondo mentre questi, lentamente, capiva cosa lei stesse cercando di dirgli.
“Sei in… ritardo? Cioè… ritardo ritardo?”
Lei annuì e gli avvolse le braccia intorno al torso quando finalmente la raggiunse, appoggiando la guancia al suo petto e stringendolo forte. “Ritardo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Awiiiiiiii questa mi piace ^//^ Era da un po’ che vegetava nel pc e non riuscivo a finirla, oggi pome il delirio da febbre (sì ho 23 anni e mi viene la febbre il 14 luglio, è in pratica l’inizio della fine) più i disegni di Ria mi hanno spinta a concluderla :3

Ho bisogno di affetto quando sto male, che posso farci xD

Fatemi sapere, come sempre un pensiero è sempre super gradito :)

Bacioni!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Hair ***


Hair

 

 

 

 

Era iniziato tutto quel pomeriggio della settimana prima. Le prove a teatro erano finite più tardi del previsto e lei, per non arrivare tardi al turno pomeridiano e sentirsi la ramanzina di Shirogane (né dare soddisfazione a Ichigo), aveva deciso di lasciar perdere i soliti codini tondi ed era arrivata al Caffè con i capelli sciolti, che le avevano ondeggiato tra le spalle per tutto il pomeriggio.
Così come lo sguardo di Kisshu per tutto il tempo.
Se n’era accorta, certo che se n’era accorta; era difficile non notare quegli occhioni dorati quando ti si puntavano addosso senza via di scampo. E lei ne aveva approfittato, oh sì – ormai aveva perso il conto di quante volte si era sistemata una delle ciocche dietro l’orecchio, o si era scostata la chioma da una parte, lasciando scoperto un po’ il collo… evitare di sorridere ogni volta che lo beccava a fissarla era stato decisamente difficile, ma pregustarsi quella piccola vittoria era la ricompensa che le serviva.
Perciò, l’aveva rifatto qualche giorno dopo. Le punte scalate delle ciocche frontali le avevano solleticato piacevolmente il mento mentre si godeva un tè, e i piccoli boccoli naturali che le arricciavano le onde scure erano cascati elegantemente su una spalla le volte in cui aveva inclinato di lato il viso per domandare a Kisshu, con un sorrisetto, se tutto fosse a posto, vista la strana espressione del suo volto.
Passare tutto quel tempo con Zakuro era servito a migliorare le sue doti di attrice, non c’era che dire.
Si arrotolò una ciocca corvina attorno ad un dito mentre pigramente voltava il cucchiaino nel suo tè al gelsomino, sfogliando una rivista con aria distratta. Era ormai il terzo pomeriggio che si presentava con i capelli sciolti (mai di seguito, troppo rischioso, sempre possibilmente dopo un allenamento, così che tenessero quella piega un po’ disordinata dello chignon), e ormai anche le sue amiche avevano smesso di farle troppe domande. Solo la onee-sama la guardava ogni tanto con un’occhiatina divertita, ma lei non doveva certo spiegare nulla a Zakuro.
Solamente Kisshu persisteva. Ovvio che persistesse. L’ultima volta l’aveva punzecchiata talmente tanto che lei aveva dovuto trattenersi dal non sbattergli il vassoio in fronte, e l’aveva fatto soltanto perché Purin era riuscita a divellerne uno e il povero Keiichiro non ne aveva più di scorta. Okay, sì, forse anche lei si lasciava andare a qualche atteggiamento un po’ civettuolo, ma dovevano proprio prendersi in giro? E poi lei era una donna adulta, poteva rispondere a quell’alieno maniaco come le pareva, un rifiuto ogni tanto non l’avrebbe certo ucciso, anzi…
Avvertì uno strano sfarfallare nello stomaco quando, con la coda dell’occhio, lo vide entrare al Caffè ed individuarla subito. Ripensò per un istante al modo in cui le aveva sfiorato i capelli l’ultima volta, quasi come se non si azzardasse a toccarli, o al tremolio che gli passava per gli occhi dorati quando lei si scostava la frangetta dal viso con un calcolato movimento delle dita.
Voltò l’ennesima pagina, inclinò appena la testa così che una ciocca le ricadesse sulla guancia e nascondesse il suo sorriso… e poi se lo ritrovò di fronte, piantato con le mani sui fianchi davanti al suo tavolo.
“Ti devo parlare.” annunciò.
Minto alzò lo sguardo, sorpresa di vederlo con un’espressione così agitata. “Buon pomeriggio anche a te, Ikisatashi-kun,” cinguettò.
Lui fece una smorfia e le indicò il corridoio che portava in dispensa: “Allora?”
Lei alzò gli occhi al cielo, scocciata, ma si levò comunque in piedi e si diresse lentamente dietro di lui: “Vedo che le tue buone maniere migliorano di giorno in giorno.”
“Senti, cornacchietta, tu –” Kisshu si fermò di scatto in una parte all’ombra, si passò una mano tra i capelli e la fissò con decisione “Tu sei davvero… ah!”
Minto piegò un sopracciglio: “Loquace.”
“Lo stai facendo apposta, vero?”
“Non so a cosa tu ti riferisca.”
“Hai davvero un talento naturale nel voler torturare le persone.”
Pur di fermare il sorrisetto che le stava nascendo, Minto abbandonò la sua solita posa elegante per incrociare le braccia al petto e piegare un ginocchio, esclamando con tono critico ed annoiato: “Mi stai facendo perdere tempo per insultarmi o c’è qualcosa di davvero pregnante a cui vorresti arrivare?”
Kisshu continuò a fissarla, e blaterò: “Tu devi uscire con me.”
Il suo cuore si dimenticò di un battito: “Come, prego?”
“Sì, perché tu non baci qualcuno con cui non stai uscendo, quindi tu devi uscire con me.”
Minto squadrò le spalle. “Ti sta dando di volta il cervello.”
“Allora?”
“Non ho intenzione di accettare un invito che suona come un ordine!”
Mintoooo.” gemette lui in frustrazione.
Lei si osservò convinta le unghie, gettando i capelli da una parte e compiacendosi del secco respiro che lui prese: “Sì?”
“Vossignoria mi concederebbe l’onore di uscire con me?” sibilò a denti stretti.
La mora lo osservò con un sopracciglio alzato: “Sei un idiota.”
“Tu una petulante viziata.”
“Sto per risponderti di no.”
“Quindi stai pensando a dirmi di sì.”
Lei strinse le labbra. “Quando?”
Kisshu fece un passo avanti: “Adesso.”
Minto spalancò le braccia e fece una smorfia: “Questo non è un appuntamento!”
“Lo è, se porto il tuo bel culetto sui tavolini sul retro e ti offro l’ennesima tazza di brodaglia che tanto ti piace. D’accordo?”
La crescente frustrazione dell’alieno era benzina per farla continuare, ma decise di non tirare troppo la corda. “Sei un pessimo primo appuntamento.”
Lui ghignò. “Mi rifarò. Quindi usciamo insieme?”
Lei aggrottò le sopracciglia: “… suppongo di sì?”
“Perfetto.” E in un secondo, le mani di Kisshu erano finalmente perse tra i suoi capelli, la bocca decisa sulla sua e contro la sua; la teneva premuta a sé, passandole le dita tra le ciocche scure e mugolando contro le sue labbra, e probabilmente la stava spettinando oltre ogni limite e oddio, come ci era finita fino a lì, qualcuno doveva fermare il suo cuore…
“What the fuck, you two, stop it now!”

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera fanciulli e fanciulle! :D Aggiorno un po’ presto perché martedì riparto e domani dovrò fare la valigia, perciò… :3

Spero che il ritorno dei colombi vi sia piaciuto :D Ho sempre pensato che uno come Kisshu potesse fissarsi su certe cose tipo i capelli, soprattutto nei confronti di una come Minto, sempre perennemente in ordine e difficile da beccare con la chioma ribelle, che invece potrebbe far venire certi pensieri al nostro alienuccio pervertito ^^

Spero che abbiate passato un bel weekend, qui da me ci si scioglie @_@

Un bacione a tutti, e grazie per essere passati così in tanti negli ultimi chappy, è sempre bellissimo!! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sorry ***


Sorry

 

 

 

 

 

Aveva fatto un casino. Non era molto certo né del perché, né del percome – mannaggia a Shirogane, le sue “conoscenze”, e la propria totale incapacità di dire di no all’alcol umano.
Ma era sicuro di aver combinato un disastro.
Non gli era mai capitato, infatti, che quella cornacchietta di Minto gli lanciasse un’occhiata così carica d’odio, gli occhioni marroni offuscati da quelle che lui aveva osservato con orrore essere lacrime. D’accordo, la maggior parte del tempo la passavano a punzecchiarsi e trattarsi un po’ male, ma nessuno poteva negare il fatto che ci fosse tanta, tanta… tensione irrisolta, che veniva ovviamente veicolata attraverso battutine pungenti e qualche doppio senso, qualche occhiatina ben piazzata… ma mai, mai lei gli aveva rivolto un’espressione del genere.
Kisshu si era sentito pietrificare. Si era diretto verso di lei come tutti i giorni quel sabato mattina, salutandola con allegria, e lei l’aveva raggelato, e poi era scappata, seguita subito a ruota da Retasu ed Ichigo.
Lui riuscì ad agguantare la rossa solo pochi minuti dopo, quando uscì dallo spogliatoio da sola.
“Che è successo?” le chiese.
Ichigo lo guardò con una supponenza che stava sicuramente ereditando da quel disgraziato del suo ragazzo, incrociando le braccia al petto: “Penso che tu lo sappia benissimo.”
Kisshu aggrottò la fronte: “In realtà no.”
Lei alzò un sopracciglio: “La festa, ieri sera? Al locale dell’amico di Shirogane-kun? La bionda?
Una lampadina si accese nel cervello un po’ rintronato dell’alieno, mentre i pezzetti confusi della serata precedente si ricomponevano appena in immagini sfocate e piene di luci stroboscopiche. “Oh. Oh. Ooh.”
Oh!” gli fece il verso Ichigo, poi gli schiaffeggiò con forza un braccio “Ma quanto sei cretino?!”
“Ehi!” lui si massaggiò, facendo una smorfia offesa “Che cosa volete da me? Non capisco il motivo per cui la tua amica mi debba mettere il muso! Non posso forse divertirmi un pochetto anche io?”
Ichigo sgranò gli occhi: “Seriamente, Kisshu? Devo venirti io a spiegarti come funzionano le cose?”
“Tu sicuramente non sei l’esempio migliore di persone che sanno intrattenere relazioni chiare, o devo andare a ripescare Shirogane e chiedergli di raccontarmi tutta la vostra epopea?”
“Allora sei ancora più idiota di quanto pensassi.”
Lui sbuffò, sedendosi in una delle sedie a forma di cuore: “Quindi… Minto ha visto?”
“Certo che ha visto, l’hanno visto tutti, era difficile non vederlo” Ichigo alzò gli occhi al cielo ma sospirò, prendendo posto accanto a lui “Ci è rimasta davvero male, Kisshu. Lei pensava che voi due foste… arrivati ad un certo punto. Ovviamente io non te l’ho detto, ma lei era convinta che sarebbe successo qualcosa tra voi due, ieri. Insomma, i segnali c’erano stati.”
Kisshu la guardò di sottecchi, giocherellando con un cucchiaio e sentendosi parecchio uno stupido. “Be’, non è che lei abbia mai fatto chissà che cosa, eh.”
Ichigo poté leggere benissimo dietro la sua coda di paglia, e l’espressione scocciata con cui lo guardò glielo fece intendere: “Stiamo parlando di Minto. Minto, che ama essere corteggiata, riverita, odia essere presa in giro e soprattutto detesta dover fare i conti con le emozioni. Se pensi che sarebbe venuta da te, ti avrebbe sbattuto al muro e baciato come una certa personcina, ti sbagli di grosso.”
“Poteva dire qualcosa…”
“Kisshu, sei serio?”
Lui non alzò lo sguardò: “… no.”
Bene. Ora devi aggiustare la cosa.”
“E come?”
“Io non te lo dirò di sicuro.”
“Ma –”
Prima che potesse finire, la porta dello spogliatoio si aprì, e ne uscì Minto, che raddrizzò la schiena impettita non appena lo vide lì. “Ichigo, vieni.” ordinò glaciale.
La rossa si alzò con un sospiro, non prima di aver lanciato un’occhiata di avvertimento all’alieno. “Mi raccomando!”
Non appena furono scomparse in cucina, lui si lasciò andare ad un gemito, sbattendo la fronte contro il tavolo.  
Era un idiota, e aveva fatto un casino.
 
§§
 
Stupido imbecille stronzo testa di cazzo, Minto si tolse le scarpe di rabbia, ripetendosi quelle parole per la milionesima volta della giornata.
Le faceva perdere l’eleganza oltre che le staffe, e tutto ciò la irritava ancora di più.
Kisshu Ikisatashi era ufficialmente entrato nella sua lista nera, e lei lo detestava. Detestava. Basta, era ufficiale.
Si complimentava con se stessa solo per essere riuscita a non accoltellarlo o spiaccicargli una padella in faccia, quella mattina. La tentazione di picchiarlo, quando l’aveva accolta con tale gioia al Caffè, era stata insormontabile.
Ovvio che fosse così allegro, a lui la serata era andata bene.
Tirò la borsa sulla sedia, avvertendo di nuovo quella orrenda sensazione di freddo allo stomaco e la morsa che le prese il cuore nel ripensare alla visione della serata precedente. Per una volta che era stata speranzosa, per una volta che si era convinta a lasciarsi andare, a prendere coraggio e illudersi che sarebbe successo… represse un urlo, arrabbiata e delusa; ne aveva avuto abbastanza quella mattina di piangere per lui.
Che sciocchezze. Una donna del suo rango non poteva certo abbassarsi a piangere per un uomo, figuriamoci per uno che cedeva così facilmente alle moine di una gallina senza cervello dalla terza abbondante di reggiseno e un sorriso finto quanto la sua plastica…
Udì bussare alla porta, poi la voce della sua balia: “Signorina Minto, c’è una visita per lei.”
Lei alzò gli occhi al cielo, chi mai si presentava a casa di sabato sera senza invito?
“Ichigo, se sei tu, non ho voglia di parlare di quel bastardo di-”
Aprì la porta di scatto, ammutolendosi quando si trovò davanti l’oggetto delle sue maledizioni invece che la sua testona di un’amica.
“Ciao,” esclamò Kisshu, visibilmente a disagio “Ehm… mi ha fatto entrare la signora.”
“Da quando usi le entrate normali?” domandò gelidamente lei.
“Be’, ho pensato che sarebbe stato meglio.”
“Sarebbe stato meglio che non ti avessero fatto entrare,” sibilò senza pietà Minto “Non so cosa tu voglia da me, ma io non ho voglia di parlare con te, quindi ti pregherei di andartene.”
Fece per chiudere la porta, ma bastò una leggera pressione della mano dell’alieno perché ciò non accadesse: “Minto, vorrei parlarti, per favore.”
“Non abbiamo nulla da dirci.”
Sul viso di Kisshu passò un’espressione strana nel sentire la voce di lei incrinarsi e lo sguardo spostarsi sul pavimento.
“Credo che tu abbia reso tutto molto chiaro l’altra sera,” continuò poi la ragazza, senza aspettare una risposta “Quindi non capisco perché tu debba insistere.”
“Potresti non fare la persona testarda, per una volta, ed ascoltarmi?”
“Cosa vuoi, Ikisatashi?” lo fissò con tale rabbia da fargli desiderare di fare un passo indietro, ma non si mosse.
“Ero ubriaco.”
“Non c’entra nulla. Non cambia le cose.”
Kisshu sospirò: “Hai ragione, ho sbagliato, mi dispiace. Sono stato un idiota, sono una persona orribile, non merito il tuo perdono.”
Minto divenne rossa per l’irritazione: “Se sei davvero convinto che il sarcasmo sia la soluzione migliore, quella è la porta.”
Lui fece una smorfia: “Non voglio fare il sarcastico, è che… non sono molto bravo in queste… cose. Le scuse. Non… sono il mio genere.”
Lei alzò un sopracciglio: “Noto.”
“Passerotto, dico davvero,” si arrischiò a prenderle una mano “Non volevo ferirti. Lo sai che sono un imbecille.”
La mora lanciò un’occhiata alle loro dita unite, maledicendo il cuore che le batteva più forte: “Decisamente.”
“Non volevo farti piangere.”
Minto lo gelò con lo sguardo: “Ichigo?”
“Ichigo.”
Sbuffò mentre lui ridacchiava, le mani ancora unite. “Sei comunque pessimo.”
“Lo so, ma ho qualcosa per te.”
Prese una busta che era rimasta nascosta dietro l’angolo, porgendogliela. Lei scartò il pacchetto rosso che c’era dentro, tirandone fuori un morbido gufetto marrone di peluche.
“Ti avrei preso una cornacchia, ma non c’era,” la canzonò l’alieno con tono divertito.
Minto gli fece una linguaccia, accarezzando il pelo soffice del pupazzo: “Grazie, stupido. Ma non pensare che basti.”
“Oh, lo immaginavo” Kisshu ridacchiò, prese un’altra busta “Infatti c’è dell’altro.”
Gli occhi della mora si illuminarono nel vedere la scatola rettangolare con la sua marca di scarpe preferita stampata sopra: “Come facevi a saperlo?”
“Un po’ ti conosco, ormai. E Zakuro, ovviamente.”
Anche lei rise: “Ovvio che c’entrasse la onee-sama. Sei impazzito, comunque.”
“Forse solo un po’,” lui fece un passo avanti, varcando la soglia della stanza. “Ci sarebbe anche un’altra cosa.”
“Ah sì, cosa?” domandò distratta lei, osservando con cura ogni singolo angolo dei tacchi nuovi che stringeva in mano.
Kisshu glieli abbassò prima di prenderle il volto tra le mani: “Questo.”
Posò con dolcezza ma fermezza le labbra sulle sue, esultando mentalmente quando Minto si lasciò scappare un sospiro e gli permise di approfondire il contatto; spostò una delle mani sulla vita di lei, stringendola più a sé.
“Sono un idiota, e mi dispiace,” mormorò quando si staccarono, entrambi ansando un pochino.
Minto deglutì ed annuì, accarezzandogli la base del collo e fissandogli ancora le labbra: “Sei il mio idiota.” 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Signur, che brutta, me lo dico da sola. Non capisco se sia più OOC o melensa, e sapete bene cosa provo per entrambe le cose. È palese che mi stessi annoiando molto durante la lezione in cui l’ho scritta – mi ricordo pure l’occasione, ed erano le sette di sera, a mia discolpa xD

Però dai, davanti a Kisshu che ti regala delle Louboutin… se, famo product placement, in gergo, quali v0lete che siano i tacchi preferiti da una come Minto? xD

Aggiorno a poco dall’altra fic (ora facciamo pubblicità a me, è Photograph se per caso ve la foste persa ^^) perché la vacanza chiama e mi faccio il resto della settimana al mare, in barba all’antibiotico e cure varie :3

E sono due Kishinto di fila perché Ria me l’ha chiesta, e Danya al tempo aveva ispirato <3 Passate anche dai Moschettieri, mi raccomando!

Un bacione a tutte e grazie in anticipo, fatemi sapere!

Buona settimana <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Friends ***


Friends

 

 

 

 

 

 

 

La voce battibeccante di Minto si espandeva acuta e tintinnante per il locale, pungente quanto una vespa. L’oggetto dei suoi rimproveri, come da molto tempo a quella parte, era ovviamente Kisshu, che le stava a poca distanza, le braccia incrociate, una spalla appoggiata al muro, e il suo ghignetto sarcastico stampato in faccia mentre la imbeccava senza sosta per far proseguire quel bisticcio che sapeva molto poco di due persone che non riuscivano a sopportarsi.
Shirogane li osservò con un sorriso dalla porta della cucina; ancora un po’ e sarebbe intervenuto, d’accordo, ma vedere Minto che in ogni caso ci andava giù pesante con l’alieno era comunque una piccola soddisfazione.
“Ti ricordano qualcuno?” Ichigo gli apparve accanto, anche lei sorridente ed allegra.
Lui rise: “Sembriamo noi parecchi anni fa, eh?”
La rossa lo imitò, scrollando le spalle, e sospirò. “Per fortuna poi abbiamo capito come far funzionare la nostra amicizia, no?”
Ryo ricambiò il suo sguardo, prima di accettare la mano che lei gli porgeva. “Già.”
Ichigo gli si appoggiò alla spalla mentre continuavano a guardare i loro amici, ed entrambi fingevano che quella scossa tra le loro pelli non fosse niente di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi ero mancata? Mwahahahah :3

Lo so, questa è un po’ cattivella, ho infierito sul povero Ryo e la sua constante condizione di friendzone. :3

Spero che stiate tutti bene, io sono in trauma da ferie finite, pre-partenza, addio al mare, etc etc quindi umore pessimo, ovviamente, mi sfogherò con le FF *mwahah*

Divertitevi, voi che potete! Un bacione <3

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Stars ***


Stars

 

 

 

 

 
Ciò che più le piaceva del passare del tempo in campagna era la miriade di stelle che si potevano osservare, constatò Minto mentre, con attenzione, percorreva il giardino coperto di ghiaia per ritornare all’automobile.
Le sarebbe piaciuto riconoscere più delle solite due costellazioni che ognuno aveva imparato da piccolo, in realtà, ma in quel momento le bastava stare con il naso all'insù ad osservare tutti quei puntini luminosi che tinteggiavano il cielo scuro.
“Puoi quasi vedere la Via Lattea,” esclamò Kisshu, poco davanti a lei.
“Una volta l'ho vista in Grecia,” Minto sospirò al ricordo, poi maledisse mentalmente la polvere che le stava rimanendo sugli eleganti sandali nuovi “Su una terrazza in riva al mare, circondata da limoni e aranci, era davvero bellissimo.”
“Devo fare la pipì,” la interruppe il ragazzo.
Lei fece un respiro profondo per calmarsi, sentendo già una vena spuntarle sulla fronte. “Falla qua, tanto quella macchina è tua, cosa vuoi che ti dica, screanzato che non sei altro?”
“Guarda che lo so che anche tu e Ichigo vi siete appartate dietro le auto per non fare la fila al bagno.”
Minto alzò gli occhi al cielo, scostando lo sguardo mentre l'alieno s'infilava tra due vetture e si voltava verso un'alta siepe per fare i suoi bisogni.
Lei si ritrovò ancora una volta a contemplare contenta il firmamento, la musica della festa più ovattata ora, quando all’improvviso una fugace saetta sfilò velocemente lungo l'orizzonte. “Una stella cadente!” esclamò eccitata.
“L'ho vista anche io!” le rispose Kisshu, ancora perso nell'ombra.
Minto chiuse le palpebre per qualche secondo. “Hai espresso un desiderio?”
“Sì, sì, fatto,” lo udì tirarsi su la zip dei pantaloni al ginocchio, ed avanzare verso di lei “Andiamo?”
La ragazza annuì, poi le scappò da ridere. “Molto romantico, non trovi? Vediamo una stella cadente e tu intanto stai facendo la pipì.”
Kisshu ghignò, passandole un braccio attorno alle spalle: “Te l'ho detto che mi sta venendo bene questa cosa del romanticismo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eeeeeeee Hypnotic torna a parlare di storie di vita vissuta!

Giuro, questa scena identica è accaduta esattamente un mese fa, dopo una festa… non ho potuto fare a meno di reinventarla in chiave TMM :3 Ditemi che anche a voi ogni tanto succedono cose del genere, vi prego xD

Qui speriamo stia venendo a piovere, quindi niente stelle cadenti, ma mi raccomando, state con il naso in su in questi giorni ed esprimete tanti tanti desideri <3

Spero di riuscire a farmi sentire presto, ci saranno un po’ di novità in questi giorni, di cui però preferisco parlare direttamente nella pagina FB così da non allungare ulteriormente le note autore e far sfigurare le fic xD

Un bacione a tutte e buona inizio settimana!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** In sickness and in health ***


In sickness and in health

 

 

 

 

 

 

“Pensavo che il giuramento dicesse in salute e in malattia, non in salute e poi il resto del tempo si vedrà!”
Minto rise mentre prendeva il suo cuscino e la sua camicia da notte: “Ringrazia che ti lascio il letto e io vado nella camera degli ospiti.”
“Colombella, io sto male, dai, prenditi cura di me.” Piagnucolò Kisshu, avvolto nel piumone e con l’aria afflitta.
“Io te l’avevo detto di non andare da Retasu e Pai ora che Manami ha la varicella, ma tu non hai voluto sentir ragioni. E smettila di grattarti.”
Lui sbuffò ed abbassò la mano: “Hai detto di averla già presa da bambina.”
“Sì, ma non voglio rischiare. E poi tu ti lamenti, fai più caldo del solito, sudi, è impossibile dormire con te.”
Sto male! Sono sull’orlo della morte!
“Oh, ma per favore! Smettila di fare il bambino. Tra pochi giorni passerà.”
“Mintoooooo.”
“Kisshu.”
“Non abbandonarmi.”
Lei rise, ignorando la mano tesa, coperta di crosticine, che lui fece sbucare dalle coperte. “Mettiti a dormire. Tra poco la tachipirina farà effetto e ti si abbasserà un po’ la febbre, vedrai.”
“Non posso dormire, prudo ovunque! Ovunque, capisci! O-vun-que!
“Lo so.”
“E tu mi vuoi lasciare!”
“Provaci tu a dormire con qualcuno che non sta fermo né zitto un attimo perché cerca di grattarsi con il cuscino!”
Sono malato di una malattia da poppante, sto malissimo, è ingiusto!
“Se non la pianti, passerò il resto della settimana da Ichigo e Ryo, sappilo.”
Ecco! Lo sapevo! Siamo sposati da meno di un anno e già programmi di abbandonarmi!”
Minto sospirò pesantemente, sfregandosi la fronte. “Voi uomini siete dei tali bambini quando vi ammalate…”
“Tortorella, lo sai che ti amo alla follia, come puoi essere così crudele, per favore, non mi merito tutto ciò.” La voce di Kisshu era smorzata dal guanciale che si era premuto in volto mentre cercava di arrotolarsi sempre di più nelle coperte.
“Il solito esagerato.”
“E tu una cornacchia impertinente ed insensibile.”
“Lo so,” lei rise e gli scoccò un bacio da lontano “A domattina, buonanotte!”
“Minto!” Kisshu liberò solo il viso dall’involucro caldo “Passerotto, amore mio grande, no, ti prego, ti scongiuro, torna…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fanciulle ed eventuali fanciulli, buongiorno! Siamo arrivati all’ultima ff scritta di questa raccolta – che non è finita, intendiamoci, ho intenzione di lasciarla aperta per eventuali ispirazioni future, è solo che in questo momento non ho niente di pronto xD

Questa flash è davvero cretina, infatti è rimasta per ultima, ma ci tenevo ad aggiornare prima di partire perché poi non so quando sarò in grado di farlo.

Potete considerarla un po’ un seguito di Thinking Out Loud, mentre Manami è la stessa bimba che compare in Sorriso dei Tre Moschettieri :) Il suo nome vuol dire sia amore che mare, quindi mi sembrava azzeccato per la figlia di Paitasu ;)

Spero di sentirvi in tanti, e di sentirvi presto!

Un bacione grande grande che serva a coprire l’oceano!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Late - part II ***


Late – part II

 

 

 

 

 

 

Ichigo lanciò un’occhiata alla sveglia sul comodino mentre si sistemava in fretta e furia il rossetto: erano le sette in punto, lei aveva ovviamente quei soliti cinque minuti di ritardo, ma era invece strano che Ryo, di solito più svizzero di un abitante di Berna, non le avesse mandato il solito messaggio per avvisarla che era pronto sotto casa sua.
Terminò di aggiustarsi il trucco e si ravvivò i capelli, ammirandosi nello specchio a figura intera appeso nell’anta dell’armadio. Il nuovo paio di pantaloni neri che Zakuro le aveva regalato per il compleanno le stava davvero bene, doveva ammetterlo, e sperò che piacessero anche a lui. Ci teneva, dopotutto, che l’americano l’apprezzasse anche in quelle che lui poteva considerare sciocchezze, soprattutto visto quanto l’aveva sempre presa in giro, e continuasse a farlo, definendola una ragazzina.
Guardò il cellulare per controllare se per caso le fosse sfuggito il messaggio, ma esso era rimasto muto e il tempo aveva invece continuato a scorrere.
Aggrottò le sopracciglia; cinque minuti di ritardo erano solo cinque minuti, e lei lo sapeva bene, ma era comunque strano.
Forse aveva trovato un po’ di traffico, pensò buttando le ultime cose dentro la pochette, specialmente se per una volta aveva deciso di lasciare in garage la sua scomodissima moto e prendere invece l’auto.
Canticchiò sottovoce una canzone intanto che si sistemava una sciarpa azzurra intorno al collo per proteggersi dal venticello di aprile, poi agguantò il cappotto e si diresse con calma al piano di sotto – tutto ciò in altri cinque minuti, passati senza che giungesse nessun segno del suo ragazzo.
Si morse il labbro quando si sedette sul divano; doveva forse iniziare a preoccuparsi? Che Shirogane avesse ben già più di dieci minuti di ritardo era una cosa davvero insolita, non era mai capitato prima in tutti gli anni che l’aveva conosciuto, e specialmente non da quando avevano iniziato ad uscire insieme. Era ben conscia del fastidio che gli arrecavano le attese e i ritardi, quindi davvero non sapeva cosa pensare.
Ricontrollò il cellulare per l’ennesima volta, ma non era cambiato nulla. Forse avrebbe potuto chiamarlo, ma le sembrava un po’ incoerente da parte sua stressarlo, quando lei era la prima a sparire per innumerevoli minuti prima di presentarsi agli appuntamenti.
Si arrotolò una ciocca attorno ad un dito, picchiettando sulla tastiera con fare indeciso. L’orologio scoccò un quarto d’ora di ritardo.
Ora era decisamente preoccupata.
Si alzò dal divano e quasi corse fuori dalla porta, pensando che sarebbe impazzita se fosse rimasta in casa a pensare a tutte le possibilità per le quali Shirogane avrebbe cambiato così radicalmente la sua abitudine – e lei, paranoica com’era, le poteva pensare davvero tutte.
Chiuse il cancello con un botto, incamminandosi veloce verso il Caffè, il primo posto in cui avrebbe potuto trovarlo normalmente – finché non svoltò l’angolo e non se lo trovò, tranquillo, illeso, e fischiettante, comodamente seduto sulla sua moto.
Ichigo si bloccò di colpo, stupita ed incredula, mentre lui le sorrideva amabilmente.
“Sei… sei in ritardo,” bofonchiò confusa.
Ryo annuì e sorrise irriverente: “E’ fastidioso, vero?”
“… Shirogane!”
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Primo aggiornamento oltreoceanico! Infatti noterete l’orario insolito… xD

Immagino che anche a voi sarà capitato qualcosa di simile, normalmente io sono Ryo, con l’odio profondo per i ritardi e l’essere sempre pronta sempre prima, mentre ovviamente il mio moroso è costantemente in ritardo (e l’unica volta in cui deve essere in ritardo è puntuale, certo xD).

Non vi ho ancora risposto alle recensioni, dovete perdonarmi, ma non ho avuto un momento libero prima di adesso, quando finalmente mi sono convinta a buttare giù questa storiella che avevo in mente da un po’ xD Vado a farmi un pisolino, che stasera sarà una lunga notte :3

Bacioni americani a tutti, a presto spero!

<3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Just like him ***


Just like him

 

 

 

 

Minto l’aveva sempre sospettato che la genetica non giocasse spesso a suo favore. Era da quando aveva tredici anni, dopotutto, che il suo DNA si prodigava a farle piacevoli scherzetti.
Forse ormai si era abituata. Non poteva negare che ogni tanto tornasse comodo, anche se avrebbe voluto averla vinta un po’ più spesso.
Ma d’altronde, alla fine se l’era anche cercata da sola. Decidere di costruirsi una vita con un certo alieno era stata la sua rovina – geneticamente parlando, ovviamente.
A quanto pareva, i geni di Kisshu erano decisamente più forti dei suoi. Ovvio che loro figlia, a livello scientifico, condividesse metà del patrimonio genetico di entrambi i genitori, ma non era poi così evidente in realtà.
La bambina era la luce dei suoi occhi, certo, però avrebbe voluto che Gabrielle le assomigliasse soltanto un poco di più.
E invece no. Era la copia sputata del padre, con la stessa sfumatura dorata negli occhi e l’aria furba, curiosa, incapace di stare ferma un attimo e testarda contro ogni singolo ordine o richiamo.
Una piccola peste dalla parlantina spedita che riusciva a far fare a Kisshu qualsiasi cosa – e di quello, doveva dirlo, era gelosa.
Fosse stato soltanto a livello fisico, non sarebbe stato tutto questo problema, anzi. Non poteva certo negare che suo marito fosse dannatamente affascinante, anche troppo a volte per certi suoi spunti di gelosia, e anzi si sarebbe divertita a vederlo soffrire per tutta l’attenzione che Gabrielle avrebbe certamente attirato una volta cresciuta. Anzi, questo forse l’aveva preso da lei, la voglia di stare sotto i riflettori, se ci rifletteva bene sopra. La piccola sembrava già ora essere conscia dell’effetto che poteva avere sugli altri con appena un battito di ciglia… no, decisamente aveva preso da suo padre.
Era proprio quello il punto – Gabriella era in tutto e per tutto, anche caratterialmente, una piccola Ikisatashi. L’unica cosa che sembrava avere ereditato dalla madre erano i capelli neri.
Basta. Nient’altro. Non c’era niente da fare, nessuno poteva cambiarlo, e tutti se ne potevano accorgere. Le ragazze la prendevano sempre in giro, infatti, perché si poteva riconoscere la preponderanza di Kisshu ovunque.
Come in quel momento.
Minto sospirò, passandosi una mano sul viso. Già si pregustava la ramanzina che avrebbe dovuto subirsi dalla sua vecchia collega della compagnia.
Avrebbe ucciso Kisshu, si disse. Era tutta colpa sua.
Alla lezione di balletto, infatti, sua figlia era l’unica appesa alla sbarra a testa in giù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera, belle fanciulle!! Come state? Io in questo momento sono rinchiusa in biblioteca, dovrei iniziare un paper complicatissimo di robe economiche che non mi vanno molto giù, ma avendo otto giorni di tempo la mia vena procrastinatrice si esalta e si lascia sedurre dal computer :3

Lo so che poi piangerò in un angolo, ma va bene, era da un po’ che non aggiornavo e quando ho trovato questa foto, non ho potuto resistere :D

La regia mi avvisa che la mia fissa per i bambini, ultimamente, è preoccupante, ma succede anche questo LOL

Spero che vada tutto bene, in bocca al lupo a chi ricomincia l’uni o la scuola!

Bacioni <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Airport ***


Airport

 

 

 

 

 

 

 

«I like to see people reunited, I like to see people run to each other,
I like the kissing and the crying, I like the impatience, the stories that the mouth can't tell
fast enough, the ears that aren't big enough…

 

 

 

 

 

 

Aveva la testa rintontita da tutte quelle ore di viaggio, e le forti luci del gate gli fecero male agli occhi, già provate dalle lacrime che gli erano scappate nel sonno.
Se li stropicciò con il dorso della mano, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio. C’era tanto rumore, così tante persone diverse da lui che parlavano una lingua che suonava familiare, eppure ancora così distante, soprattutto in quel momento.
Non riusciva a capacitarsi, neppure lui, di come casa fosse effettivamente lontana, ora. Di come tutto avesse ormai assunto una dimensione molto più reale di quanto avrebbe voluto ammettere.
Avvertì la calma presenza al suo fianco, ed alzò lo sguardo spaesato sull’alto ragazzo accanto a lui, che ricambiò con un sorriso, allungandogli una mano.
“Sei pronto per questa nuova avventura?” gli domandò.
Ryo fece un respiro profondo, prima di annuire, ed insieme si diressero alla hall degli arrivi, verso una nuova casa.
 
§§
 
Non si era mai abituato davvero all’idea di viaggiare da solo, nonostante le svariate volte in cui l’aveva fatto.
Faceva fatica ad ammetterlo, ma solo la compagnia silenziosa di Keiichiro rendeva le quindici ore di viaggio estremamente più sopportabili. Non dovevano parlare per forza, anzi, ma c’era qualcosa nell’avere una persona conosciuta a fianco mentre si attraversavano corridoi bianchi sporchi, pieni di gente, e continenti, che migliorava la situazione. Forse perché si sviluppava una specie di empatia tra viaggiatori, o forse perché semplicemente lui era molto meno solitario di quanto gli sarebbe piaciuto.
Sospirò sollevato non appena vide arrivare il proprio bagaglio, e senza indugio si diresse all’uscita.
Amici, parenti, amanti si correvano incontro come al solito, aggregati davanti alle grandi porte scorrevoli che separavano la zona di ritiro delle valigie dalla sala di attesa, con fiori, regali, o semplici sorrisi che volevano dire tutto.
Ryo si guardò intorno, cercando una familiare massa di capelli marroni.
Quello che attirò la sua attenzione, invece, fu un cartello con un gatto grigio disegnato sopra, tenuto in mano da una donna con corti capelli a caschetto biondo miele, e un paio di scuri occhiali da sole.
Lui sorrise, dirigendosi verso di lei con aria divertita.
“Non pensare che te li conti come straordinari,” esclamò.
Il viso perfetto di Zakuro fu increspato da un sorriso. “As if I needed your money, Shirogane.”
Il ragazzo sorrise, e la strinse lievemente in un abbraccio: “Quante ne hanno combinate nel mio mese d’assenza?”
“Purin senza supervisione e Ichigo disperata perché Aoyama-kun è a Londra, vuoi proprio saperlo?”
 
§§
 
“Sarà triste iniziare le medie senza il nii-san,” borbottò Purin con aria mogia mentre il gruppetto attraversava il parcheggio “Chi mi aiuterà con i compiti?”
“Vista l’esosità di Shirogane-kun, penso che sarai contenta lo stesso, Purin-chan,” rise Ichigo.
Ryo alzò gli occhi al cielo: “Ero anche sottopagato per tutto il lavoro che serve con te, ragazzina.”
“Prometti che mi manderai almeno una cartolina!” insistette la biondina, saltellando accanto al ragazzo.
Lui le sorrise e le arruffò i capelli: “Guarda che sto via solo due mesi.”
“Non importa, la voglio lo stesso.”
“D’accordo, e per tutti i compiti ti affiderò a Retasu.”
Si fermarono qualche istante sotto il tabellone con gli orari delle partenze, e Ryo si sistemò meglio la borsa del computer sulla spalla.
“Mi raccomando, non fate impazzire Keiichiro e per carità, non spaventatemi i clienti.”
“Sì, sempre le solite raccomandazioni,” esclamò Minto, ridendo “Fai buon viaggio, Shirogane-kun.”
Lui annuì, passando lo sguardo su ciascuna delle ragazze: “Ci vediamo presto. Per qualsiasi cosa, chiamatemi.”
Loro lo salutarono veloci, con Ichigo che rimase per ultima, a guardarsi le punte dei piedi.
“Sono stanca di salutare gente all’aeroporto,” borbottò quando le amiche si furono allontanate di pochi passi.
Ryo si irrigidì appena: “Vedrai che tra poco finirà.”
“Già,” Ichigo alzò il viso e sorrise “Ci vediamo presto, no, Shirogane-kun?”
Lui annuì, alzò l’indice per picchiettarle la fronte: “Take care, ginger.”
 
§§
 
Era decisamente una situazione strana per lui, essere quello che attendeva qualcuno all’aeroporto. Di solito era sempre il contrario, era lui ad arrivare, qualche volta gli era pure capitato che non ci fosse nessuno a prenderlo.
Invece, ora stava continuando a controllare ansiosamente il monitor degli arrivi, con il volo che a lui interessava tra i primi della lista, e un incoraggiante landed in verde al suo fianco.
“Se finisco il liceo con un buon voto, mio papà ha detto che posso venire a trovarti a New York!”
Quando aveva letto quelle parole sul computer, gli era scappato da leggere.
Lei non era mai stata una cima a scuola, nonostante l’evidente miglioramento degli ultimi anni. Forse non aveva voluto sperarci troppo, come al solito. 
Eppure, eccoli lì. Come lei avesse fatto a convincere Shintaro era un puro mistero, per lui, e gli sorgeva anche il dubbio che ci fosse stato lo zampino provvidenziale di Sakura.
Riguardò nuovamente l’orologio, poi si passò una mano tra i capelli.
Le porte si stavano aprendo ora sempre più spesso, le persone uscivano a piccoli gruppetti frettolosi, sperò solamente che i bagagli fossero arrivati e lei non ci mettesse troppo, come al solito, per essere pronta.
Poi la vide, un’inconfondibile chioma rossa, spettinata più del solito, a pochi metri da lui. Rimase immobile, osservando Ichigo che si guardava intorno con aria un po’ spaesata, mordendosi il labbro inferiore proprio come quando era una ragazzina irascibile.
Non le ci volle molto tempo perché i suoi occhioni si posassero sulla sua figura irrigidita ai margini della sala, riempendole il volto di un sorriso raggiante.
Anche Ryo si ritrovò a sorridere, tirando fuori le mani dalle tasche e compiendo due passi verso di lei.
“Non si portano i fiori alle ragazze, quando si vengono a prendere all’aeroporto?” scherzò lei, allegra, la sua voce che gli riportò svariati ricordi in mente.
“Già devo ospitarti gratis, vorresti pure i fiori, ragazzina?” la rimbeccò.
Ichigo gli fece una linguaccia, e lo circondò con le braccia, appoggiando la guancia al suo petto: “Ciao, Shirogane-kun.”
Lui inspirò forte l’odore dei suoi capelli, rendendosi conto solo in quel momento quanto gli fosse mancato davvero.
“Ciao, Ichigo.”
La sentì esitare nel suo abbraccio, prima di staccarsi con mezzo sorriso. Avrebbe potuto giurare di vedere due lacrime.
“Guarda te, ho dovuto rincorrerti dall’altra parte del mondo soltanto per poterti rivedere!”
Ryo fu sorpreso e divertito allo stesso tempo da quella battuta – gli sembrava che fosse davvero passata una vita dall’ultima volta che si erano rivisti di persona, e poteva certamente ammettere che gli fosse pesato più di quanto fosse davvero stato. L’aveva anche fatto apposta, però.
“Non penserai che debba sempre essere io ad attraversare i continenti, ragazzina.”
Ichigo lo guardò dal basso con un’espressione pensierosa: “Sì, ma il Giappone è casa.”
Lui tentennò, poi le sfiorò la frangetta con le dita: “Ed era ora che tu lasciassi un po’ il nido.”
Lei gli sorrise luminosa, lanciò le braccia in alto e sospirò: “Ah, non sai come sono contenta di essere qua! Devo raccontarti tutto del viaggio, pensavo di impazzire ad un certo momento! E mi ha chiamata anche Zakuro-san, ha detto di ricordarti p er l’ennesima volta della cena di domani, che ha dovuto prenotare a nome suo quindi tu non devi azzardarti a darle buca un’altra volta o ti ucciderà, e io davvero non ho voglia di girare senza nessuno che mi traduca questa astrusa lingua, e poi comunque deve essere proprio un ristorante meraviglioso se c’è tutta quella lista di attesa, e io devo assolutamente sbandierarlo sotto il naso di Minto-chan…”
Ryo si perse ad ascoltarla senza sentirla davvero, solamente il suono familiare della sua voce che gli rimbalzava nella mente, sopra al frastuono degli aerei.
 
§§
 
Svicolò tra la folla molto più velocemente del solito, impaziente di raggiungere la sala d’attesa.
Aveva un leggero mal di testa provocato come dal lungo viaggio; doveva ammettere che ora lo provava un po’ di più di quanto il suo orgoglio volesse.
Si sistemò meglio la tracolla addosso, cercando di non sgualcire il fiocco del pacchetto regalo che teneva sottobraccio e che già aveva dovuto affrontare la cappelliera.
Le porte si aprirono silenzioso, rovesciando nella grande sala la folla internazionale. Ryo allungò il collo per sbirciare due chiome particolari, che avrebbero dovuto risaltare decisamente tra tutti.
Quando li vide, non poté evitare il sorriso che gli si stampò sulle labbra.
Ichigo ricambiò non appena lo notò camminare spedito verso di loro, stringendo il bimbo che teneva tra le braccia e che aveva iniziato ad agitarsi una volta riconosciuto il padre.
“Hai visto chi c’è?” cinguettò allegra, sistemandogli la magliettina a righe “Tutte queste feste a me non le fai, birbante.”
Hello, Luke!” Ryo li raggiunse in fretta, poggiando le borse in terra, e subito prese in braccio il bambino “How’s my best buddy doing?”
“Quando non ci sei, è molto meno viziato.”
Il biondo lanciò un’occhiata divertita alla ragazza accanto a sé: “Mi ricorda qualcuno.”
Ichigo rise, si alzò in punta di piedi per schioccargli un bacio sulle labbra: “Bentornato a casa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

… the eyes that can't take in all of the change,
I like the hugging, the bringing together,
the end of missing someone.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Punto numero uno: HP ha un rapporto di odio/amore con gli aeroporti. Posso affermare con certezza di aver pianto in tutti gli aeroporti americani in cui sono stata, negli ultimi cinque anni. E a quello di Bologna un mese fa. ahah

Punto numero due: qua dentro c’è un sacco di quello che in inglese si chiama wishful thinking… e vedremo. xD

Punto numero tre: la citazione viene da “Estremamente forte ed incredibilmente vicino”, di Jonathan Safran Foer, libro che consiglio spassionatamente se ancora non l’avete letto, anche se è una lettura abbastanza pesantuccia a livello emotivo – o almeno, io ho pianto assai, ma io non sono un termine di paragone valido xD

Punto quattro: sìììì lo so che è fatta esattamente come Late, e probabilmente come qualche altra cosa che ho scritto?, però la creatività scarseggia ahah

Io torno a studiare, voi passatevi un bel weekend, vi auguro un tempo migliore del mio!

Bacioni <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** In English ***


In English

 

 

 

 

 

Ichigo entrò veloce come una furia al Caffè, chiamando a gran voce Ryo; lui uscì dalla porta della cucina, allarmato, soltanto per vedersela saltargli addosso contenta.
“Mi hanno presa!” strillò “Mi hanno presa!”
Shirogane sorrise, a mezzo fiato per quello scontro, ed incastrò le mani sotto le sue gambe per tenerla. “Allora mi devi una cena. Te l’avevo detto che ce l’avresti fatta.”
Lei sorrise contenta, le guance un po’ rosse. Avevano studiato così tanto per quell’esame di ammissione, Shirogane l’aveva praticamente costretta alla schiavitù sui libri, ma al tempo stesso l’aveva confortata così tanto quando non era stata per nulla certa di potercela fare… avevano passato ore insieme a fare ricerche, l’aveva spronata a dare il massimo e l’aveva fatta sentire così sicura di sé. Era stato come scoprire due nuove versioni di loro stessi, giorno dopo giorno.
E ora, lei sarebbe partita per un meraviglioso semestre a New York, sponsorizzato dalla sua università. Sarebbe impazzita, probabilmente, ne era quasi certa, tutto sarebbe stato così diverso e così spaventoso, lei e quel cavolo di inglese che nonostante tutto non riusciva sempre a capire… ma Ryo sarebbe stato lì, ovviamente.
Se non era un motivo per impazzire, quello.
Si strinse di più a lui, esalando soddisfatta per calmarsi un po’, e appoggiò la fronte alla sua mentre chiudeva gli occhi.
“Ti amo,” sussurrò, senza poter controllare la facilità con cui quelle parole le scivolarono dalla lingua per la prima volta.
Ryo si irrigidì, colto di sorpresa. Ichigo aveva ancora gli occhi serrati, poteva sentire la tensione nelle dita sottili che erano incrociate sul suo collo.
Il sedicenne che era in lui stava esultando, lo stomaco contorto in una strana sensazione surreale. Il ventitreenne, invece, gli stava imponendo di rimanere calmo.
Sorrise, sfiorando il nasino della rossa con il suo.
“Ora scendi però, che sei pesante.”
Ichigo aggrottò la fronte, lasciandosi scivolare giù. Incrociò le braccia al petto, l’entusiasmo dell’ammissione momentaneamente messo da parte.
“Hai capito cosa ti ho detto?”
Ryo rise, le scostò la frangetta dalla fronte prima di picchiettargliela con un dito. “I told you we shall always talk in English now, so you’ll be ready.
Lei sbuffò, tirandogli un fiacco pugnetto sul braccio. “Sei antipatico.”
“In English, my dear.”
Ichigo lo guardò dal basso, si morse il labbro inferiore. “I… love you?”
Lui sorrise e le prese il volto tra le mani prima di baciarla: “I love you too.

 






Eeeeh, magari le cose funzionassero come nelle fic... ahah Questa era ferma nel mio computer da una vita, e visto che qualcuno mi accusa di essere cattiva... :3

Giusto il cattivo umore me la fa finire....ve lo devo dire che non sapevo esattamente come scriverla e quindi ho navigato a vista? xD Perciò  siate clementi. Lo so che non c'è molto contesto, ma suvvia, sono Ichigo e Ryo, basta che siano felici insieme e tutto va bene :3 Bacioni grandi a tutte, buona settimana!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Alternative ***


Alternative
 
 
 
 
 
Era esausto.
Aveva pregato Kei di tenere chiuso almeno quel giorno, al diavolo i guadagni extra che ogni anno, come al solito, portava – c’era sempre troppa gente, per lui, tutti così sovraeccitati, rumorosi, esagerati.
Tutto quel rosa.
Ma nooooo, figurarsi, il suo “amico” non poteva certo negare il piacere di romantici appuntamenti conditi da dolci agli innamorati, Ryo, come può venirti in mente una cosa del genere?
L’aveva fatto pure lavorare. E certo, come poteva essere altrimenti, con quelle cinque disgraziate che ad una ad una avevano staccato prima del previsto, visto che dovevano andare a prepararsi per i loro appuntamenti, Shirogane non fare il despota.
Certo che avevano fegato, le fanciulle!
Certo che era diventato bravo a sentire tutte quelle vocette in testa.
Fece un respiro profondo, godendo del ronzio nelle orecchie che ora quel sacrosanto silenzio gli causava. Ah, il Caffè chiuso. Nessuno in casa. Il buio.
Era la sua parte della giornata preferita.
Scese quasi fischiettando le scale, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia e lanciando un’occhiata all’orologio che portava al polso. Era quasi ora di cena, e finalmente si sentiva di buon umore. Stupida festa a parte. Almeno il giorno dopo tutta la sua amata cioccolata fondente sarebbe stata a metà prezzo.
Continuassero pure ad accusarlo di misantropia, quelle erano le cose belle della vita.
Sentì la chiave girare nella porta sul retro, prima che una voce conosciuta riempisse il silenzio.
“Sì, lo so, sono in ritardo.”
Ryo sorrise, accese uno dei faretti sopra la cassa: “Non è decisamente da te.”
Zakuro gli lanciò un’occhiataccia, togliendosi il cappotto per appoggiarlo su uno sgabello: “E’ stata una giornataccia. Quante confezioni di cioccolatini pensi abbia dovuto autografare?”
“Tante quante sospetto ti siano arrivate all’ufficio stampa.”
La modella sorrise, rilassando le spalle e concedendosi un secondo per rilassarsi.
Ryo afferrò una rosa rossa da uno dei vasi con cui Keiichiro aveva decorato (inondato era per lui una definizione migliore) la sala, e gliela porse con un ghigno.
Zakuro la osservò con un sopracciglio scettico, la prese, sbuffò divertita scuotendo la testa e rise: “You’re so unbelievably cheap.”
Shirogane allungò il braccio, piegato ad angolo. “Al piano di sotto ci sono due caldi cheeseburger, appena consegnati dal miglior ristorante americano di Tokyo. Non vuoi sapere quanto sia costata in più l’home delivery visto che è domenica.”
La modella alzò gli occhi al cielo e lo precedette giù per le scale: “La Playstation è accesa?”
“Ovvio, per chi mi hai preso?”
For an awful Valentine’s date.”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Come sono PREVEDIBILE. Ahahah Vabbè dai, solo perché era da un po’ che non aggiornavo Musa (come al solito, direte voi, lo so lo so), e perché questa mi è venuta in mente stamattina, in realtà ho un altro file con un abbozzo di storiella dolciosa di San Valentino, ma questa è stata finita prima :3
Dedicata a Glaucopide, che mi ha chiesto di uscire le fic, e penso di averle promesso una Zak/Ryo. Molto probabilmente non è esattamente quello che voleva, però ci ho provato :3
Finale volutamente lasciato aperto, e storia volutamente ambigua, così che possa andare bene un po’ a tutti – sia a quelle che gli shippano come amici, sia a quelle che li vogliono amanti. Fate vobis, insomma :3
Piccolo angolino dell’inglese, per chi ne avesse bisogno: all’inizio, Zakuro dice a Ryo che è un po’ tirchio, mentre alla fine lo apostrofa come un terribile appuntamento ;)
Buona domenica, buon San Valentino, soprattutto buona giornata della cioccolata, dateci dentro!
Bacioni!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** One more moment ***


One more moment

 

 

 

 

 

 

 

Ci vuole fiato a dirti addio.
C’è fumo e odore caldo qui
Di dolci e di caffè

 

 
 
Non riusciva a capire da dove provenisse tutta quella polvere.
Gli stava facendo bruciare gli occhi, gli pizzicava il naso, copriva l’aroma familiare dell’ambiente.
Era sicuro che fosse colpa sua, delle enormi valigie che continuava a trascinarsi dietro, gli disturbavano la vista. Come se non fosse già abbastanza di cattivo umore.
Possibile che per lei fosse così facile?
Non riusciva nemmeno a prendere fiato, lui. Figurarsi parlare.
«Il tuo silenzio non aiuta, sai.»
Aveva pure la faccia tosta di fare la simpatica.
«Ho già detto tutto quello che dovevo.»
Non fu difficile riconoscere l’espressione di tristezza sul volto di Ichigo.
Avrebbe potuto riprodurlo anche al buio, tanto l’aveva studiato. Tanto l’aveva amato.
«Allora… vado. Non vorrei perdere l’aereo.»
Lui annuì, continuando ad ignorare il suo sguardo, seguendo la sua sagoma solo quando gli diede le spalle, dirigendosi in cucina per salutare Keiichiro.
Ryo respirò a fondo, cercando conforto nell’odore del caffè che copriva quello di lei. Se lo ricordava ancora, appoggiato al suo cuscino, riflesso nei suoi capelli, che persisteva tra le pareti.
Alzò la testa. La sensazione che non l’avrebbe mai più rivista lo colse all’improvviso, stringendogli il cuore in una morsa ghiacciata.
La stava davvero lasciando andare?
«Fai buon viaggio,» udì il suo amico esclamare, il tintinnio del campanello sopra la porta.
Si sentiva come se il suo corpo fosse una statua di sale, incapace di muoversi.
Solo un altro secondo.
«Ichigo?» chiamò, all’improvviso.
La vide fermarsi sull’uscio, prendere un respiro. S’illuse che avrebbe potuto fermarla. S’illuse di poter sospendere il tempo, di poter guadagnare solamente un altro momento di lei.
S’illuse che, forse, avrebbe mai potuto funzionare.
Avrebbe avuto tante cose da dirle.
«Addio. Have a nice life

 

 

 

 

Dammi solo un minuto
Un soffio di fiato
Un attimo ancora

 

 

 

 

 
Dovutissima spiegazione!!!!!
Erano probabilmente le 23:15, ed ero (ovviamente) in chat con i Moschettieri. Intanto, presa dalla noia, ascolto canzoni tristi italiane su Youtube. Arrivo a Dammi solo un minuto, dei Pooh (che è l’unica canzone loro che mi piaccia, lo ammetto, è bellissima). La metto a ripetizione. Ria s’è pure salvata un video Snapchat di me stessa, rapita dalla noia, che la canto (perché mi fido di lei e so che non lo divulgherà MAI, vero?), e che le ha provocato tipo cinque minuti di riso.
Poi alla venticinquesima ripetizione, nasce questa. Forse con la canzone sotto ha più senso, non so, però CIAO RYO AFFLITTO MI MANCAVI <3
Ed era da tanto che non pubblicavo :3
Non odiatemi <3

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Running wild ***


Running wild

 

 

 

 

 

Run along like I'm supposed to,
Be the man I ought to
Rock ‘n’ roll sent us insane

 

 

 

“Cosa stiamo facendo?”
Lui si girò sul fianco a quella domanda che interruppe la quiete sonnolenta di quel afoso pomeriggio, cosi da poterla osservare. Il suo viso gli era fin troppo familiare, fin troppo imperscrutabile a volte.
Lei si appoggiò al suo petto, il mento riposto sulle mani incrociate; lo stava scrutando, e lui lo sapeva.
“Non mi sembra una novità,” rise sottovoce.
La contagiò, un roco rintocco difficile da ottenere, per gli altri. “Saranno passati dieci anni dall’ultima volta.”
“Era tempo di celebrare, allora.”
Un riflesso brillante, decisamente evidente, giocherellò con la luce del sole che entrava prepotentemente dalla finestra lasciata aperta. Lei fece roteare appena quell’anello attorno al dito: “Abbiamo inteso celebrato un po’ troppo in stile Hollywood.”
“È giusto, non trovi? Non oso pensare a cosa succederà stasera, tra sole donne.”
Lei rise, accucciata come una leonessa su di lui: “Tra due giorni mi sposo, Ryo.”
Lui annuì, il sorriso che non cedeva mentre giocherellava con una lunga e liscia ciocca: “Mai detto il contrario.”
Lo sguardo scuro si fissò sul suo viso, cercando di interpretare quelle linee già un po’ scavate, l’ombra della barba, il segno degli occhiali sotto il velo di abbronzatura estiva.
Si era sempre sentito sotto scrutinio quando lei faceva così, come se non potesse evitare le sue domande, il suo inseguire, la sensazione di essere una preda tra le fauci della preoccupazione.
Le accarezzò una guancia, in un attimo di tenerezza a cui nessuno dei due era abituato. Avrebbe potuto disciogliere tutti gli intricati pensieri del cervello di lei, lo sapeva, poteva stilare in quel momento tutti i dubbi che la pervadevano e, lo sapeva, nessuno si riferiva alla sua scelta.
Aveva trovato l’uomo migliore del mondo, lo riconosceva lui più di tutti, e doveva smetterla di preoccuparsi così tanto della sua salute mentale.
“Starò bene, lo sai. Sono bravo a cavarmela.”
Un nome gli si stava formando prepotentemente nella mente, come al solito, come ogni giorno, come dieci anni prima, e cinque prima di essi.
Lei sorrise poco convinta, lanciò un’occhiata all’orologio sul tavolino. “Non so se sono psicologicamente pronta ad affrontare Minto.”
Ryo rise, si sedette con la schiena contro la testiera del letto mentre lei scivolava leggera tra le lenzuola: “Dovevi vederla quando mi ha accompagnato a scegliere il completo.”
Fu come se un’ombra di sollievo le illuminasse il viso, come se un momentaneo dubbio, di cui anche lei si vergognava, l’avesse assalita. Lui annuì, alzando le mani: “Ho promesso che sarò il miglior testimone di sempre, giusto?”
Lei sospirò, ritornò accanto a lui, e gli tese la mano: “You’ll be fine with seeing her again?
Ryo annuì, intrecciando le dita con le lunghe e chiare di lei: “Always have, always will.”
“È passato un po’ di tempo.”
New York City isn’t big enough.”
Gli passò una mano tra i capelli biondi come se fosse stato un bambino, un gesto che tra loro due aveva sempre voluto dire tutto, e non aveva mai voluto dire niente.
Lui alzò gli occhi verso di lei, ghignando: “You still promised me there’ll be Playstation nights.”
Lei rise, annuendo, mentre recuperava i suoi vestiti: “Won’t escape me beating you.”
Ryo sorrise; la certezza che, almeno lei, ci sarebbe sempre stata, come un’altra parte di sé, forse quella migliore, quella a cui non avrebbe mai dovuto nascondere nulla anche perché sarebbe sempre stato vano provarci. Almeno lei avrebbe avuto un lieto fine, e non avrebbe potuto esserne più grato.
I’ll see you tomorrow, Zakuro.”

 

 

 

A mio discapito per questo estremo nonsense: mi è spuntata in mente ascoltando Goodbye Kiss dei Kasabian (la canzone infatti da cui sono tratti titolo e strofe iniziali) mentre scendevo in treno per la discussione di laurea, quindi potete immaginare il mio stato mentale ^^’’’ Ovviamente, aveva molto più senso ed era molto più bellina l’idea che mi era venuta, ma poi tra una cosa e l’altra, e il file dimenticato su un tablet altrui, mi sono dimenticata tutto e ho dovuto improvvisare.

Non sto navigando verso la Ryokuro, però mi garbava, ecco :3

A presto, buone ferie e bacioni! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Melody ***


Melody

 

 

 

 

Oh my love, my darling,
I’ve hungered for your touch a long, lonely time
And time goes by so slowly,
And time can do so much

 

 

 

 

 

La musica della festa filtrava dalle grandi porte-finestra sulla terrazza, attutita e più dolce. Lo spicchio di Luna splendeva, insieme alla pioggia di lucine dorate che, insieme alle rose, adornavano il pergolato da cui era decorato quell’enorme balcone.
Lei sospirò, prendendo un attimo fiato mentre si appoggiava alla ringhiera bianca. C’era così tanta gente, là dentro, e stava ridendo così tanto, che le era mancato un po’ il respiro. Aveva bisogno di quell’attimo da sola, nonostante fosse tutto assolutamente perfetto.
Prese un sorso dal suo bicchiere, lasciando che le bollicine le solleticassero piacevolmente il palato, e chiuse gli occhi, il suono della musica che la cullava dolcemente insieme al battito lento del suo cuore.
“Come fa ad esserci una festa, se manca la festeggiata?”
Aprì gli occhi sorridendo al suono di quella voce; inclinò appena la testa per poterlo vedere meglio, così abituata alle sue innumerevoli frecciatine: “Possono resistere cinque minuti senza di me.”
Lo sguardo divertito sembrò luccicare sotto il riflesso della Luna, in contrasto con l’abito scuro che indossava, e lui tirò fuori una mano dalla tasca per porgergliela mentre si avvicinava a lei: “Posso avere l’onore di questo ballo?”
Ichigo sorrise di più, il cuore che batteva forte, mentre la musica nella sala cambiava e lasciava spazio a qualcosa di più lento, una canzone antica, struggente: “Prometti di non arrabbiarti se ti pesto i piedi.”
Ryo rise, le passò una mano intorno alla schiena mentre la stringeva a sé: “Ci ho fatto l’abitudine.”
Iniziarono ad ondeggiare insieme, persi al ritmo della melodia; Ichigo chiuse di nuovo gli occhi e appoggiò la guancia al suo petto, cercando il suo calore. Avvertì il viso di lui sfiorarle la tempia, poi le labbra posarsi un istante sulla sua testa, sui capelli rossi elegantemente raccolti.
“Ora sei grande, ragazzina,” scherzò “Te l’ho sempre detto che saresti stata bene in bianco.”
Lei sorrise, stringendolo più forte. Le sembrò quasi che la musica si facesse più alta, che la Luna diventasse più brillante. Nonostante il cuore le stesse scoppiando di gioia, coprendo il rumore di quello di lui, una lacrima le scivolò prepotente lungo il viso.
“Non credevo saresti venuto,” sussurrò.
Ryo si fermò per un istante, le prese gentilmente il viso con due dita: “Te l’ho detto che non me lo sarei perso per niente al mondo.”
Ichigo gli osservò il volto, che sembrava risplendere sotto la luce della Luna. Appariva come se non fosse stato per nulla toccato dal tempo in tutti quegli anni, era sempre lo stesso, che aveva imparato a conoscere così bene.
“Mi manchi,” mormorò appena, mentre non riusciva a trattenere altre grosse lacrime.
Lui non smise di sorridere, le accarezzò le guance con entrambe le mani: “Starai bene, vedrai. È ciò che hai sempre voluto.”
Lei poteva sentire la musica iniziare a scemare, e il calore di quei palmi che iniziava a diminuire: “Non senza di te.”
“Invece sì,” Ryo annuì, e le fece l’occhiolino “Non sarò troppo lontano.”
Ichigo scosse la testa: “Non puoi aspettare?”
Le baciò delicatamente le mani: “I gotta go, kitty cat. The music is almost over.”
Lei prese un respiro profondo, tentò di annuire, di aggrapparsi a quell’ultimo momento. “Tornerai?”
“Questa è stata un’eccezione,” sorrise lui, “Prenditi cura di te, ragazzina. E congratulazioni.”
Ichigo sorrise tra le lacrime, piegando la testa contro la mano di lui che le regalava un’ultima carezza. L’ultimo crescendo di archi della musica fu accompagnato da un bagliore prepotente della Luna, che le pizzicò gli occhi stanchi e arrossati.
Quando li riaprì, era nuovamente sola sulla terrazza. La canzone era cambiata. Si asciugò il volto con le dita, si sistemò il tulle del vestito e prese un respiro. Poteva ancora sentire il suo calore, e il suo profumo, che le avevano dimostrato non fosse stato solo un sogno. Non le importava. Nessuno le avrebbe creduto, ma non le importava. Andava bene così. Aveva mantenuto la promessa, a modo suo.
Vuotò il calice, e tornò dentro, il cuore felice.
Almeno per un istante, erano tornati entrambi a casa.

 

 

 

I’ll be coming home,
Wait for me

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Iced tea ***


Iced tea

 

 

 

 

 

 

 

Non ce la faceva più; stava impazzendo. Ryo continuava ad aggirarsi senza maglietta, tutto un addominale sudato per l’umidità opprimente, e lei era sull’orlo del delirio. Già faceva fatica a respirare per la calura afosa, già il cuore le batteva a stento per la fatica, già si sentiva sudaticcia ed appiccicosa per tutti i fattori precedenti, ci mancava lui che scorrazzava incurante mezzo nudo come se niente fosse, con la sua aria da modello di Abercrombie troppo sprezzante del mondo circostante.
“Ichigo? Hai capito quello che ti ho detto?”
Lei scostò gli occhi a fatica dalla sagoma del ragazzo per voltarsi verso Minto, che la stava osservando con aria irritata. “Ehm… sì, sì, la festa, certo.”
“Ho detto la posta, non la festa, brutta cretina che non sei altro! Cosa ci parlo a fare con te se non hai la decenza di prestare attenzione per cinque secondi? Hai almeno intenzione di fare qualcosa o preferisci continuare a fissare Shirogane come se fosse un appetibile dolcetto?”
Ichigo arrossì senza poter essere capace di replicare. Lei aveva tantissima intenzione di fare qualcosa, qualcosa che teoricamente non le sarebbe dovuto passare per l’anticamera del cervello in quel momento, ma che purtroppo continuava a vorticarle in testa e zone non proprio limitrofe da mesi, ormai, e che ora sembrava farle scoppiare il sistema nervoso…
“Ichigo.”
“Eh?”
Minto alzò un sopracciglio: “Vai.”
“Do-dove?”
“Eh, a quel paese,” la mora sollevò gli occhi al cielo “Da Ryo, no? Questa situazione sta diventando imbarazzante.”
Lei guardò l’amica con aria scioccata: “No! Io – cosa? Cioè, non… ma ti pare?!”
“A me pare che tu abbia seri problemi.”
Decisamente.
Ichigo deglutì, picchiettandosi le punte degli indici. “Tanto non gli piaccio.”
“E io sono la regina d’Austria. Secondo te si mette in mostra come un galletto per me?”
“Cosa dovrei dirgli?!”
“Ehi, Ryo-kun, visto che mi vieni dietro da sei anni, ti dispiacerebbe rivoltarmi come un calzino?”
Ichigo sobbalzò alla voce fin troppo squillante di Purin, spuntata all’improvviso alle loro spalle.
Mentre Minto rideva, la rossa sbiancò allarmata: “Purin!! Ti sembrano cose da dire?!”
“L’hai chiesto tu, ti stavo dando un consiglio.”
“Voi mi farete impazzire.”
“Secondo me anche Shirogane nii-san vorrebbe farti impazzire.”
Purin smettila! Minto, dille qualcosa!”
“Non posso che essere d’accordo. Allora, ci vai?”
“No!”
“Ryooooooooo ni-saaaaaan!”
“Purin che diavolo fai!
 
 
Al richiamo della biondina, Ryo si voltò incuriosito verso le tre ragazze, lo sguardo che non poté evitare di soffermarsi su Ichigo, avvolta da un banalissimo prendisole bianco che sembrava coprire proprio il minimo indispensabile, e che con tutto quel caldo le si era appiccicato alla pelle candida. Era arrossita per chissà quale motivo mentre si sbracciava verso Purin, che esibiva un sorrisetto soddisfatto, e lui avvertì lo stomaco fare una capriola.
Si avvicinò a loro, cercando a sua volta di non sorridere.
“Perché state sberciando, ragazzine?”
“E’ colpa di Ichigo!”
La suddetta si voltò di nuovo verso la biondina: “Non è vero!”
Lui le diede un colpetto sul naso: “Vedi, lo stai facendo di nuovo.”
Gioì interiormente nel vederla arrossire, poi strofinarsi il naso.
“Shirogane, non sei simpatico.”
Some people would say otherwise.”
“Blah blah pipol blah blah.”
Ryo rise, accorgendosi di come lei si fosse avvicinata di mezzo passo, e di come quelle due squinternate delle sue amiche si fossero dissolte nel nulla. Poteva sentire l’odore del suo shampoo e della sua pelle, calda per il Sole, forse per i geni felini che danzavano in entrambi e gli facevano notare molte più cose della ragazza di quanto pensasse possibile.
La osservò indugiare sulla propria pelle scoperta, mordersi il labbro ed abbassare lo sguardo a terra mentre si dondolava sui piedi.
“Hai sete?” domanda stupida, ma sarebbe impazzito se quel silenzio fosse continuato.
Ichigo annuì senza alzare il viso. “Un po’. Fa davvero caldo.”
“Vuoi andare a prendere qualcosa?”
Quella tensione l’avrebbe ucciso.
Lei ripeté il gesto, lui le tese la mano e quasi la trascinò verso la cucina del Caffè, passando dal retro. Poteva sentire il suo battito accelerato sotto le dita, la presa salda che manteneva su di lui.
L’aria all’interno era decisamente più fresca, però lui quasi non lo notò.
“Cosa vorresti?” le chiese, dandole le spalle.
“Tè,” il cuore di Shirogane perse un battito mentre la regione lombare si lanciava in una mazurca “Ehm… freddo. Tè freddo, per favore.”
You’re such an idiot, Ryo.
Afferrò la bottiglia dal frigo e due bicchieri dalla dispensa, riempendoli fino all’orlo. Si svolse tutto in sacrosanto silenzio, interrotto solo dal loro deglutire. Ichigo era così agitata che tracannò il proprio tè di fretta, facendone colare alcune gocce dagli angoli della bocca, tutto sotto l’occhio attento del biondo.
“Sei una ragazzina pasticciona,” commentò atono, passandole un tovagliolo.
Ichigo non rispose, lo stomaco intrecciato in una morsa e i nervi in fiamme.
“Meglio così?” gli chiese dopo essersi pulita.
“Mmhmm.”
Le parole di Minto le rimbalzarono in testa.
“Sicuro?”
Vide la sua espressione sicura cedere per un secondo, e fece un passo avanti.
“Non hai niente, kitty cat.”
Perché diamine era così alto? Cosa cavolo le stava passando per la testa?
Ichigo, lo sai benissimo che ti sta passando per la testa.
“Tu sei sporco, invece.”
Ryo alzò mezzo sopracciglio e fece per passarsi un dito sulle labbra, ma la sua mano fu intercettata dalla rossa.
“Proprio qui.”
Si sollevò in punta di piedi e lo baciò, premendo decisa la bocca contro la sua, lasciandosi scappare un sospiro rumoroso quando, una volta passato lo stupore iniziale, il ragazzo ricambiò.
Lo sfarfallio nel suo stomaco si fece più deciso, gli appoggiò una mano dietro la nuca per tirarlo più vicino.
“Ichigo,” borbottò lui tra un bacio e l’altro “Che stiamo facendo?”
“Ci stiamo baciando,” affermò lei, graffiandogli leggera la schiena.
Le mani di lui si spostarono convinte sui suoi fianchi, passando sotto al vestito: “Questo lo vedo.”
“Avresti altri programmi?”
L’americano rise: “… dipende da te.”
Ichigo si staccò, accaldata e affannata, per osservarlo.
Poi lo prese per mano, e lo trascinò al piano di sopra.
 
 
 

 

 

IDIOZIA PURA ahahahahah Come scrivevo ieri su FB, mi ero completamente dimenticata di aver scritto questa storia ormai l’anno scorso, secondo il computer, perché era finita nella cartella dei vaneggiamenti con le Mewskettiere (sapeste che robe ci sono là dentro.........). Ma ho deciso di pubblicarla lo stesso perché, a parte la qualità discutibile, mi fa ridere, ed era tempo che in questa raccolta ci fosse di nuovo qualcosa di demenziale e felice, non trovate? xD E poi mi ricorda molto Heat Wave, e sapete benissimo quanto ci tenga a quella :D
Dedicata, questa Ryochigo felice, a Serenity Moon, preziosissima alleata pro-Ryochigo, perché le ho spezzato il cuore un po’ troppe volte e quindi mi faccio perdonare <3
A presto fanciulle, per demenze quotidiane mi trovate sempre su FB, venite a chiacchierare! :D

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Sneaking ***


Sneaking in

 

 

 

 

 

Il cancello di ferro all’ingresso scricchiolò lugubre, decisamente più rumoroso di quanto le sarebbe piaciuto.
Lugubre,” pensò poi, mentre lo richiudeva con estrema cautela “È lugubre solo perché sai cosa ti aspetta se ti sentono.”
A piedi nudi, i sandali con un po’ di tacco stretti in mano, saltellò in punta di piedi lungo il vialetto di ingresso, digrignando i denti per le punture della ghiaia e il solletico dell’erbetta bagnata.
Se non avesse avuto borsa, scarpe, e vestiti, avrebbe approfittato dei suoi poteri speciali – ma non aveva molta voglia di svegliarsi abbastanza presto per evitare che i suoi genitori trovassero i suoi abiti nel giardino d’ingresso.
Rovistò nella borsetta finché non trovò le chiavi, che infilò lentissimamente nella toppa cercando di evitare il benché minimo rumore – sarebbe entrata dalla finestra, non era una novità, ma era sicura che sua madre l’avesse chiusa per la notte, come al solito.
Si intrufolò lungo il salone buio, su per le scale, a sinistra per il corridoio, stando ben attenta ad evitare le assi del parquet che scricchiolavano e quella piega nel tappeto che la faceva sempre scivolare.
Poteva vedere nella penombra la porta della sua stanza, faro della salvezza, a pochissimi passi da lei. Ancora pochi istanti e nessuno si sarebbe accorto dell’ora a cui stava tornando, nessuno le avrebbe fatto la ramanzina. Continuò ad avanzare silenziosa come un gatto, stava quasi per tendere la mano sulla maniglia, valutando la maniera migliore di sgusciare in camera senza fare scricchiolare i cardini…
Gotcha.”
Si immobilizzò, facendo una smorfia e ripetendosi in testa tutte le parolacce di cui era a conoscenza.
“Uhm… ciao, papà.”
Ryo Shirogane premette l’interruttore della luce, riempendo il corridoio con il bagliore dei faretti sul soffitto. “Mi sa che qualcuno è nei pasticci, signorinella.”
“Non sono arrivata così tardi…
“Kimberly Shirogane!” Ichigo uscì dalla stanza in fretta e furia, arrotolando malamente la cintura della vestaglia rosa che indossava “Sono le tre e mezza del mattino! Il tuo coprifuoco è l’una!”
“Il coprifuoco in realtà sarebbe a mezzanotte, ma è piacevole vedere che fate sempre le cose senza di me.”
La ragazza sbuffò, scuotendo i lunghi capelli biondo-rossi: “Eddai, per una volta…!”
One time? Are you kidding me?”
“Ero ad una festa, papà, non potevo andare via prima, sai che brutta figura avrei fatto! E poi ero con Olly, ho perso la cognizione del tempo e – ”
Ryo aggrottò le sopracciglia: “Olly chi?”
La figlia lo guardò con un’espressione molto simile alla sua: “Quanti ne conosci?”
L’americano prima guardò la figlia, poi la moglie, poi di nuovo la figlia: “E perché saresti stata ad una festa con Oliver Ikisatashi?”
Kimberly arrossì furiosamente, lanciò uno sguardo quasi disperato alla madre, mordendosi il labbro proprio come lei: “Uhm…”
“Be’, sono tutti amici, no?” intervenne frettolosa Ichigo, “Si conoscono da quando sono piccoli, meglio che ci sia qualcuno che conosce a tenerla a bada quando esce…”
Ryo si strinse l’attaccatura del naso, chiudendo gli occhi ed espirando: “Mi state dicendo che mia figlia esce con il figlio di Kisshu, e io dovrei stare tranquillo?”
“Papà!”
“This is unbelievable, what have I done to deserve this…
“E’ anche figlio di Minto, dai…”
“It must be karma.”
“E’ anche un ragazzo così carino.”
Ryo guardò Ichigo con sguardo assassino: “Non ti ci mettere anche tu. Lo sapevi e non mi hai detto nulla?”
La rossa si strinse nelle spalle: “Certe cose rimangono tra mamma e figlia…”
“There’s way too much between mother and daughter for my own well-being.
“E comunque Kimberly è una ragazza con la testa sulle spalle, io e Masaya-kun abbiamo iniziato a uscire insieme quando io avevo tre anni in meno di lei, quindi…”
“Non stai migliorando la situazione.”
“Be’, io andrei a letto, possiamo anche parlarne domani...” Kimberly tentò di sgusciare tra i genitori, ma Ryo la fermò allungando un braccio.
“Tu sei in punizione, signorina. Ci puoi contare che ne riparliamo domattina.”
Lei accennò ad un sorriso, per poi schioccargli un bacio sulla guancia: “Goodnight daddy.”
L’americano seguì la figura della ragazza che entrava nella sua camera, poi sospirò ancora mentre Ichigo gli circondava la vita con le braccia.
“Poteva andarci peggio, dai.”
You two will be the death of me. And I will be Kisshu’s death.”  






Questa ha vegetato nel PC per mesi, ma mi pareva carina per non condividerla xD E io che pensavo che la raccolta fosse finita!
Ovviamente non è  un caso che la figlia di Ichigo se la intenda con il figlio di Kisshu.... ;) Kimberly la conoscete, Olly chissà se tornerà! ahahah
Buon settimana dolcezze <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Perfect - Part II ***



Perfect – part II





Ichigo fu attirata dalla fievole musica che sentiva provenire dal retro del Caffè. Aggrottò le sopracciglia, incuriosita, e raggiunse la porticina rosa che dava sui gradini del cortile.
Ryo era seduto lì, la testa ancora più bionda sotto i raggi del tramonto estivo, una maglietta bianca indosso come al solito e una chitarra acustica tra le braccia, fonte delle note che la rossa aveva sentito.
« Ehi, » lei si sedette a fianco a lui, appoggiando le braccia alle ginocchia, attentissima a non sporcarsi il vestito nuovo, « Che fai? »
« What does it look like I'm doing, ginger? »
Lei alzò gli occhi al cielo, ormai abituata al suo essere sempre pungente: « Sai benissimo che intendo. Da dove spunta questa? »
Ryo le rivolse un sorriso divertito: « In realtà, è di Kei. Mi ero dimenticato che l'avesse, l'ho riscoperta in soffitta mentre cercavo dei vecchi documenti. »
« E da quando sapresti suonare la chitarra tu? »
« Da quando so suonare anche il piano. »
Ichigo sbuffò al suo sorriso saccente, allungò appena un dito per sfiorare le corde con un'unghia: « Ci sarà una cosa che non saprai fare, Shirogane? »
Lui non le rispose, le lanciò un'occhiata da sotto la frangia bionda, prima di riconcentrarsi a strimpellare lentamente: « I found a love for me, baby just dive right it and follow my lead … »
La rossa sentì il sole bruciarle sulle guance nel sentire la sua voce profonda e un po' roca, appoggiò il viso alle ginocchia e continuò a fissarlo, incapace di staccare gli occhi dal suo viso concentrato.
« I will not give you up this time, darling just kiss me slow, your heart is all I own, and in your eyes you're holding mine. »
« Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo, » le scappò il mormorio, insieme ad una risatina che trascinò anche lui.
« Io credo che tu lo sappia benissimo, invece, ginger. »
Lei arricciò appena il naso con uno sbuffo divertito quando lui glielo picchiettò con un buffetto, inclinò di lato la testa non appena lo vide avvicinarsi, il sorriso a pochi millimetri dal suo, le labbra che la sfiorarono: «You look perfect tonight. »






§§§
Credo sia almeno un anno che non scrivo una ff in dieci minuti e poi decido di postarla? xD E in più è una Ryochigo melensa e coccolosa, è proprio un ritorno ai vecchi tempi :D Date la colpa a Ria che mi fa peer pressure e mi fa sentire in colpa :3
Buonasera popolo di EFP :D Come ormai dovrete sapere io sono un'insonne creatura della notte che poi si ritrova a diventare caffeinomane per sopravvivere durante il giorno, ecco il perché dei miei post e degli aggiornamenti sempre a orari poco consoni ^^'''' Come dicevo, stavo ascoltando Perfect di Ed Sheeran (soprattutto la versione con Queen Bey ♥ ), e ho avuto la folgorazione - lo sapete che Ed mi fa male, lo sapete xD
Perciò, ecco qui una flash senza infamia e senza lode, che diventa ufficialmente la numero 25 di Musa (mi piacciono questi numeri precisi :3) ed è un piccolo  break dalla tristezza e dalle pare di A thousand worlds (a proposito, le state leggendo? :3 ), così non mi potete accusare di essere sempre cattiva e farli soffrire :3
Grazie come al solito a chi si fa sentire, in qualsiasi forma :D
Un bacione,
Hypnotic Poison

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3104333