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“I fiori, dobbiamo scegliere i fiori ancora!” Kisshu rise
mentre Minto correva a perlustrare le dozzine di
vasi e secchi esposti all'entrata del fiorista. “Tortorella, è solo il
bouquet
per la laurea di Ichigo, rilassati.” “Ripeti quella
frase e capirai perché è un avvenimento così
importante.” “Acidona,” l'alieno si rigirò
un tulipano rosso tra
le dita “Quanti ne stai scegliendo?” Minto cominciò
a discutere animatamente con il proprietario
del negozio. “Pensavo qualche rosa bianca, qualche rosa rosa, dei
gigli, magari
qualche peonia color cipria, oppure un bel mazzo di girasoli e rose
rosse,
oppure gialle, devo controllare cosa ha intenzione di regalarle
Shirogane, non
possiamo portarle tutti lo stesso fiore, e poi-” Lui la osservò
con un sopracciglio alzato: “Respira o ti
verrà una sincope. Se devi fare tutto questo casino per un semplice
bouquet di
laurea, non oso immaginare cosa combinerai quando dovrai scegliere i
fiori per
il matrimonio.” Trattennero
entrambi il respiro per qualche secondo quando
processarono le parole che lui aveva detto, Minto con la mano tesa a
prendere
una calla. Poi lei sorrise, le guance tinte di rosso. “Chiama
Ryo, Ikisatashi, vedi di renderti utile.”
Buongiorno, mie dolci, e
buon 25 Aprile! Mi sono resa conto che ormai è più di un mese che non
pubblico niente, e quindi mi sono detta: "Ma se pubblicassi una
raccolta di tutte quelle fic che mi nascono spontaneamente, ma che sono
troppo piccolette per essere pubblicate come OS, e che di solito mando
a quei disastri degli altri due Moschettieri?"
Interpellate, le
suddette, tra l'altro, hanno fatto le presse, e quindi eccomi qua, con
una raccolta che ancora non è molto ben definita - ma è sempre la
solita storia: OS, drabble, flash, credo che per ora la maggior parte
siano Kishinto ;)
Ovviamente,
proveniendo dalle conversazioni con Danya e Ria, sono un po' fic
delirio, ma ormai sapete come sono (siamo) fatte ^_^
Buon weekend,
spero che ci sia chi festeggia, ma chi anche solo si gode un po' di
meritato riposo e approfitti, se c'è, della bella stagione :) Un bacione a tutti!!!
Ps. Il titolo. Sì. Lo so. E' orrendo. Ma ci ho passato sopra mezz'ora,
ho fallito, e ho ceduto alle mie radici classiciste.
Ichigo
era un gatto in tutto e per tutto: a volte, aveva un’impellente
necessità di ricevere
attenzioni che il suo ragazzo non poteva assolutamente negarle. Peccato
che quando Ryo si chiudeva in uno dei suoi profondi momenti di
riflessione e
relax, un librone da minimo 600 pagine in grembo, non c’erano preghiera
né
bisogno di coccole che tenessero. Lei
si rotolò sul letto, sbuffando annoiata e guardandolo di sottecchi, le
sopracciglia bionde appena corrugate mentre si concentrava sulle parole
stampate. Sapeva benissimo che insistere l’avrebbe soltanto irritato e
l’avrebbe convinto ad alzarsi e sistemarsi sul divano – ci aveva già
provato,
era già successo. Perfino quella volta in cui lei era rimasta in
biancheria
intima. “Ichigo, sono
esausto, mi voglio rilassare,”
le aveva detto con quella inflessione di accento americano che sempre
gli
spuntava tra stanchezza e nervosismo. Lei,
ovviamente, non capiva come quei tomi potessero essere rilassanti, ma
sapeva
che era decisamente un argomento su cui evitare il dibattito. Sbuffò
ancora, facendo svolazzare la frangetta. Lui allungò solo una mano per
darle un
buffetto sul naso, senza staccare gli occhi dalla pagina: “Be good, kitty cat.”. Le
si rizzarono, anche se solo metaforicamente, per ora, le orecchie. Lei
era un gatto in tutto e per tutto, no? Concentrandosi
al massimo, fu avvolta da una piccolo scintillio per un paio di
secondi, e poi puff, bentornata
Ichigo in versione
gattina nera. Miagolando
soddisfatta, saltò sulle ginocchia del biondo, acciambellandosi contro
il libro
e poi voltandosi a pancia in su, pretendendo delle coccole con rumorose
fusa. Ryo
rimase basito un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere. “Sei
proprio
viziata ed insopportabile,” sentenziò, cedendo comunque a solleticarle
il
ventre peloso. Lei
miagolò e chiuse gli occhi, contenta; si sistemò meglio contro le sue
gambe,
dandogli la possibilità di continuare a leggere mentre le accarezzava
la schiena,
le orecchie, la base della coda, e lei lentamente cedeva alla
sonnolenza. Meglio
le coccole in versione felina che niente.
Pubblico un po' presto ma mi andava :) L'ispirazione per
questa storia è nata da varie immagini di un post di Tumblr,
che potrete trovare qua
:)
Spero che questo weekend lungo stia andando bene :) Bacioni!!!
Una
mano fresca gli si posò sulla fronte, svegliandolo dal profondo sonno
in cui
era caduto dodici ore prima. Ryo
sentì le palpebre estremamente pesanti mentre cercava di aprirle,
combattendo
contro la sonnolenza che proprio non pareva volerlo lasciare. Solo un
filo di
luce entrava dalla porta socchiusa, illuminando appena il contorno
sfocato di
Ichigo, piegata sul suo letto e che gli sorrideva piano. “Sei
sparito per giorni, pensavo fossi morto,” scherzò in un sussurro. “Come
ti
senti?” “Male,”
borbottò lui, la voce roca e spezzata. Si sentiva la gola in fiamme ed
estremamente secca, e ogni muscolo che si risvegliava sembrava dolere. “Proprio
quando Kei è via dovevi ammalarti?” “Non
l’ho programmato, sai,” riuscì a ribattere con sarcasmo, voltandosi
sulla
schiena e passandosi una mano sul volto coperto da uno strato di barba. Ichigo
sorrise, accarezzandolo ancora, questa volta armata di una pezza umida:
“Fortuna che ho portato rinforzi.” Sakura
Momomiya entrò in quel momento, reggendo una ciotola da cui si levava
un po’ di
vapore. “Buon
pomeriggio, Ryo. Ci stavi facendo preoccupare, sai?”
Lui si sentì improvvisamente un po’ a disagio nel vedere la madre di
Ichigo lì
nella sua camera. D’accordo che ormai passava decisamente molto tempo a
casa
Momomiya, ma il fato volesse che in quel momento lui fosse estremamente
febbricitante, di cattivo umore, probabilmente sporco e decisamente
senza
maglietta. “Mi
dispiace,” borbottò come un bambino, facendo ridere entrambe le donne. Tentò
di mettersi seduto, ma la testa gli pulsò forte e lo stomaco fece una
capriola,
lasciandogli scappare un gemito di sconforto. Sakura
sorrise intenerita, sedendosi sul bordo del letto. “Fermo, con calma.
Rimettiamoti
in sesto, d’accordo? Ci penso io.” Ryo
annuì, troppo stanco anche per poter pensare, e accettò di buon grado
il brodo
caldo.
§§
Qualche
settimana dopo, ormai ristabilitosi del tutto, parcheggiò la moto
davanti alla
villetta ormai così familiare, e si diresse svelto verso la porta di
ingresso,
battendo agitato il piede a terra mentre aspettava. Sakura
non ci mise molto ad aprirgli, con il solito sorriso luminoso tanto
simile a
quello della famiglia. “Oh, Ryo, non ti aspettavo! Ichigo è ancora in
università, se vuoi –” “No,
ehm,” lui si passò nervosamente una mano tra i capelli “In realtà
cercavo
proprio lei, signora Momomiya.” La
donna sollevò un sopracciglio, curiosa, prima di sventolare una mano:
“Quante
volte te l’ho detto che devi chiamarmi solo Sakura?” Lui
provò a sorridere: “Ehm… già, mi scusi. Comunque, Sakura, sono passato
a darle
questo.” Le
allungò un grande mazzo di girasoli e una scatola di cioccolatini, che
lei
prese con stupore. “Volevo ringraziarla per essersi presa cura di me,
non solo
l’ultima volta ma… e… be’, oggi sarebbe la festa della mamma, e io non…” La donna
sentì gli occhi inumidirsi nel vedere quel ragazzo, così alto e sempre
dall’aria forte che sembrava sciogliersi ogni volta che Ichigo
compariva nel
suo campo visivo, arrossire appena ed agitarsi, non completando quella
frase
che le fece saltare un battito. Sorrise intenerita, arrischiandosi ad
abbracciarlo leggera prima di lasciargli un buffetto sulla guancia. “Sei
davvero un tesoro, Ryo. Grazie infinite. Vieni, entra, ho preparato una
torta,
possiamo aspettare Ichigo insieme.” Ryo
annuì, un po’ più sollevato, e la seguì dentro casa.
Buonasera fanciulle, buona
domenica e buona festa della mamma! :D Aggiornamento in tema, e ff
appena appena scritta perché non avevo voglia di studiare, come al
solito ;)
Spero che vada tutto bene, mi dispiace vedere la sezione un po'
abbandonata in questi giorni :/ Spero che sia solo il periodo orribile
tra esami e verifiche, e non un addio generale al fandom :'(
A presto , buona serata a tutti! Bacioni!
“Voglio
un hamburger. O le patatine fritte con il formaggio fuso sopra. C’è un
McDonald’s qui? O un hot dog!” Minto
alzò gli occhi al cielo mentre cercava di tirare fuori una Ichigo
palesemente
sbronza dal sedile posteriore dell’auto, con Retasu che sosteneva
l’amica rossa
per i fianchi, spingendola. “Ho
faaaaaaaaaame.” “Tu
hai sempre fame, Momimiya.” Ridacchiò la mora, inciampando leggermente
sui
tacchi. Ryo,
dalla macchina seguente, arrivò in loro soccorso, agguantando l’altro
polso di
Ichigo: “Ci penso io, Minto, non preoccuparti. Vorrei evitare che ti
sfracellassi al suolo anche tu.” “Umpf!”
esclamò lei “Guarda che io, qua,
sono
la meno ubriaca di tutte!” “Certo,
come no,” replicò il biondo, osservandola ondeggiare pericolosamente da
un
fianco all’altro mentre ridacchiava convinta. “Retasu, ce la fai?” “Sìsì,”
trillò sicura di sé quest’ultima,
arrampicandosi fuori dal sedile in verso contrario, così da potersi
sostenere
all’automobile “Anche io ho fame.” “Mangiamooooooo,”
squillò Ichigo, avvolgendo le braccia attorno al collo di Ryo e
guardandolo
supplichevole “Ryoooo per favore un hot dooooooooog.” Minto
rise buttando la testa all’indietro, sbandando così tanto che Pai, il
loro
“autista”, la dovette sostenere per un braccio prima di poter andare a
soccorrere Retasu: “Lo sappiamo, Ichigo-chan, che ti piacciono i cibi americani.” “Ahahahah,
a Ichigo piacciono gli hot dog americani,” rise sguaiata Purin,
spuntata dalla
stessa macchina del povero Shirogane, che stava borbottando sottovoce
minacce e
maledizioni mentre cercava di sostenere in posizione eretta la rossa. “Ah
sì?” sbottò questa con rabbia mentre si voltava con uno scatto tale da
farla
sgusciare dalle mani del suo ragazzo “Allora volete sapere cosa piace
daaaavvveeeeeeeero tanto a Mintooo? La
quiche!” “Ichigo!”
strillò la mora, assumendo un notevole color porpora sulle guance e
sbattendo i
piedi a terra “Sei impazzita?!” “Scusate,
cosa?” Kisshu, che era rimasto a parcheggiare l’auto, sopraggiunse
ovviamente
in quel momento, e lanciò un’occhiata divertita alla ballerina. “A
Minto piacciono le quiiiiiiche!” cantilenò con una risatina Ichigo. “Sei
una volgare popolana sguaiata!” strillò Minto cercando di sovrastare la
risata
isterica di Purin. “Non
capisco cosa stia succedendo.” Ryo
lanciò un’occhiata d sghembo a Kisshu, decidendosi solo in quel momento
che
l’unico modo per tenere ferma Ichigo fosse di caricarsela in spalla:
“La
prossima volta che offri da bere a tutti, ricordati che queste non
reggono
nulla.” “E’
il compleanno di Reta-chan, mi sembrava una cosa carina. Ci siamo
divertiti,
no?” “Uh-uh,”
replicò sarcastico il biondo con
uno sbuffo, Ichigo ormai mezza addormentata a testa in giù “Look at how much fun I’m having now.” “Hot
dooooog,” borbottò lei con poca convinzione. “Dai,
biondo, dalle sto hot dog.” rise sguaiato Kisshu, saltando sul carro
dei doppi
sensi di quella serata. Shirogane
lo guardò con rabbia: “Ringrazia che ho entrambe le mani occupate.” “Poco
senso dell’umorismo anche dopo la birra, vedo,” ironizzò l’alieno
“Almeno loro
due si stanno divertendo sul serio.” Indicò
con un cenno della testa Zakuro ed Eyner, ancori seduti in auto e
parecchio
impegnati in un appassionato bacio. Ryo
sospirò: “Va bene, basta, ora di andarsene.” “No,
scusate,” Minto fece un passo avanti, le braccia incrociate “Non ho
capito
perché si è scelto di andare a casa mia.” “Perché
ci puoi ospitare tutti e la festa può continuare, passerottino.” Lei
cercò di mantenere la sua posa orgogliosa, il mento alzato, nonostante
l’evidente instabilità dell’equilibrio: “Non pensarci nemmeno,
Ikisatashi. Non
ci sarà nessuna festa, soprattutto non per te.” “Ah
sì? Scusami, ma non ho capito bene quel discorso che facevate prima
sulle
quiche?” esclamò lui, avvolgendole un braccio attorno alle spalle. Minto
arrossì nuovamente e cercò di scrollarselo di dosso: “Sparisci,
maniaco.” Lui
rise, sorreggendola nel suo vano tentativo di sgusciare così che non
crollasse
a terra. “Dai, tortorella, ti do un passaggio. Vuoi favorire?” chiese
poi
rivolto a Ryo. Il
biondo considerò per un attimo il dolce peso di Ichigo comparato ai
lunghi
scaloni di villa Aizawa. “Sì, grazie.” “Li
lasciamo lì?” Si
voltarono verso i finestrini ormai appannati dell’auto, fortunatamente
già
parcheggiata all’interno dei confini della proprietà. “Vuoi
andare a disturbarli tu?” “Non
proprio.” “Allora
ciao.” Kisshu
li teletrasportò dentro, atterrando in uno dei lunghi corridoi su cui
si
affacciavano le camere. Una
delle porte era aperta, e si poteva sentire Pai discutere con una
ridente
Retasu che non voleva saperne di stendersi nel letto. Purin e Taruto,
invece,
erano spariti, ma gli altri non volevano esattamente andarli a cercare. “Be’,
buonanotte,” decretò Ryo, “Comportatevi bene.” “Non
te l’assicuro.” “Non
diciamo cretinate!” Shirogane
rise delle loro risposte opposte ma sincronizzate. Anzi, quasi quasi
era più
preoccupato per quel deficiente di Kisshu. “Bye
bye.” “Mi
raccomando l’hot dog!” Anche
Minto si lasciò andare ad una risatina per quella volta, ed ondeggiò
pericolosamente mentre si toglieva i tacchi. “Sei
sbronza, eh, passerottino?” “Lorichetto.”
Zampettò
veloce sul tappeto, verso la sua camera, canticchiando allegra. Kisshu
la seguì
con lo sguardo, ridacchiando sottovoce ed infilandosi le mani in tasca.
Non era
il caso di provarci ulteriormente con lei, almeno non quando era così
intossicata. Ma
non aveva programmato che Minto tentasse di slacciare la zip del
vestito prima
di entrare in camera, aprendo le falde del tessuto delicato e lasciando
che le
scivolasse appena lungo la curva del collo. Smise
per un attimo di respirare, ma non riuscì ad evitare di scostare lo
sguardo nel
vedere la pelle bianca delle sue scapole, ed il vecchio segno Mew,
apparire
fugace. “Le quiche, eh?” Minto
aprì la porta e si fermò un istante, sorridendogli da sopra la spalla
scoperta
prima di entrare: “Notte, notte, Kisshu.” Lui
rimase imbambolato qualche altro secondo. Non vedeva già l’ora che
fosse
mattina.
Con il ritmo di una a
settimana mi sa che finirò presto - ma è una bella domenica, e volevo
farmi rovinare la giornata dall'editor di HTML prima di buttarmi sui paper per
l'università ;) Per l'idea di questa ff devo ringraziare JunJun e un suo
"doppio-senso" (credo) in una risposta ad un mio commento - spero se lo
ricordi ahah. Il copyright di Eyner va, ovviamente, alla onee-sama Ria e alla sua Crossing!
Datemi un po' di attenzioni,
susu, manteniamo viva la sezione! :D
“Te
l’ho già detto che sei bellissima stasera?” Minto
arrossì nell’udire la voce di Kisshu sussurrarle all’orecchio, il volto
che si
premeva appena contro il suo. Sorrise, alzando lo sguardo per fissarlo
negli
occhi. “Solo
stasera?” scherzò. L’alieno
accennò ad un ghignetto mentre le passava un braccio attorno alla vita:
“Sempre
in caccia di complimenti, eh tortorella?” Lei
gli fece una smorfia e prese un sorso dal proprio calice di champagne.
Era una
bella serata tiepida, rinfrescata da una leggera brezza estiva che
soffiava
tranquilla sui tanti ospiti di una delle varie sere di gala nel
giardino di
Villa Aizawa. Si
lasciò stringere dolcemente mentre Kisshu le lasciava un bacio sulla
tempia;
aveva notato le usuali occhiatine che venivano rivolte al suo ragazzo,
soprattutto
nei momenti come quello, in cui indossava una camicia elegante con le
maniche
arrotolate sopra al gomito, e le faceva piacere conclamare il suo…
territorio.
Vedere quell’accenno di invidia da parte delle sciocche ragazze viziate
con cui
aveva imparato a condividere molte occasioni non poteva che lasciarle
una dolce
soddisfazione sul palato, come a dire Ecco,
vedete chi Minto Aizawa è riuscita ad acchiappare nonostante i vostri
sberleffi
e i vostri aspetti perfetti. Non
che l’avrebbe mai confessato a qualcuno, fosse ben chiaro. Non le
piaceva
mostrare le sue debolezze più di quanto non si mostrassero già da sole,
e la
sua rivalità con il resto dei rampolli dell’alta società era ormai ben
nota. D’altro
canto, Kisshu non era il solo a catturare l’attenzione; poco lontano da
loro,
vicino – ovviamente – al tavolo dei salatini, sostavano Ichigo e
Shirogane, che
– ovviamente – facevano le fusa, ridendo di loro battutine e non
considerando
il mondo esterno, come facevano ormai da qualche mese a quella parte,
ora che
si erano finalmente convinti ad uscire insieme. La rossa era raggiante
nel suo
vestitino bianco, e Ryo… bè, anche Minto doveva ammettere che Ryo era
Ryo, e se
ne accorgevano anche le altre donne. “Più
bella anche di Ichigo?” avvertì se stessa domandare al ragazzo accanto
a lei
mentre continuava a fissare il sorriso luminoso dell’amica e i lunghi
capelli
rossi stretti in un’elegante treccia. Kisshu
si irrigidì appena, ben conscio che quello fosse ancora un tasto un po’
dolente
per Minto; la voltò senza staccare la presa su di lei, guardandola
negli occhi.
“Sto
facendo fatica a toglierti le mani di dosso, passerotto, e al prossimo
uomo che
ti guarda come se fossi un cioccolatino progetto di cavargli i
testicoli.” Lei
rise: “Lo prendo come un sì?” “Sempre
un sì.” le diede un altro bacio in fronte e bevve un sorso del suo
bicchiere –
Minto ormai aveva perso il conto, ma aveva anche perso le speranze di
dirgli di
smetterla, e comunque sembrava che gli alieni avessero una soglia di
tolleranza
molto più alta della loro. “Anzi, sai cosa ti dico? C’è un momento in
cui sei estremamente meravigliosa.” Lei
lo guardò incuriosita, un po’ preoccupata dalla comparsa di quella
smorfia
maliziosa sul suo volto. “Sì?
E sarebbe?” Kisshu
ghignò prima di piegarsi su di lei e sussurrarle all’orecchio: “Mmmh…
Avvolta solo dal lenzuolo, tutti i
capelli
spettinati, le guance rosse perché ti ho appena –” Minto
arrossì di scatto, scostandosi da lui e trucidandolo con lo sguardo.
“Sei un
maiale.” Lui
ridacchiò soddisfatto, e le rubò un bacio con lo schiocco.
In questa orrenda giornata di
pioggia che non fa altro che aumentare la mia meteoropatia, avevo
bisogno di qualcosa di coccoloso :3 Sto esagerando con le Kishinto, che
dite? Io li amo, dai, diciamo che devo fare patta con tutte
le Ryo/Ichigo che ho scritto negli anni! :3 E poi tanto i due gattoni
ci sono pure qua, e ci saranno sempre ^_^
Spero passerete un bel weekend, io prego che si ristabilizzi l'estate
prima che impazzisca ^^
Un bacione a tutte, a presto!
Kisshu scese le
scale trascinando
i piedi, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando di continuo, la
faccia tipica
di chi non ha dormito.
“Tu,” esclamò, puntando un dito
contro Ryo, seduto al tavolo della cucina intento a sorseggiare un
caffè mentre
leggeva il giornale “Tu non organizzerai mai più una festa di
bentornati a casa
tua.”
Il biondo lo squadrò con un
sopracciglio alzato. “Tralasciando il fatto che è stata Ichigo a
volerla
organizzare, pensavo fosse andata bene.”
“Certo che è andata bene,” replicò
sarcastico l'altro, riempendosi la tazza di caffè fino all'orlo “Un
sacco di
alcol, del buon cibo, finalmente dopo un mese rivedo Minto... e mi
appioppate
la camera di fianco a quella di Pai e Retasu.”
“E quindi?”
“E quindi?! Non solo non
ho chiuso occhio tutta la notte, ma io non ho
potuto ricevereil
mio bentornato dalla mia ragazza.”
“Credo di non capire.”
“E' perché tu non lo sai cosa gli
fa l'alcool a quei due.”
Ryo sbatté le palpebre un paio di
volte, poi quasi si strozzò col caffè. “Ooooh. Dio mio, no, perché mi
devi dire
queste cose?!”
“Perché io le ho dovute
sentire tutta la notte!”
“…Tutta la notte?”
“Minimo minimo fino alle
quattro.”
“Be'... però.”
“Appunto.”
I due si scambiarono un'occhiata,
sospirarono, e si rigettarono nel caffè.
Buongioooooorno :D
Aggiornamento rapido prima che parta per il ponte alla volta del mare
:) Questa ff è vecchissima, scritta per Danya un giorno che si era
lamentata perché non le mandavamo abbastanza Paitasu ;)
Se andate in vacanza come me dimenticando le responsabilità, buon
divertimento! (non è vero, prometto che studio, dai. ahah)
Bacioni a tutti!!
“Attenzione,
attenzione, Ichigo-chan sta flirtando con Shirogane-kun anche da sobria!” Purin atterrò con le ginocchia nella
sabbia fredda, sotto l’ombrellone condiviso da Minto e Zakuro.
Queste
due si voltarono sugli sdrai, girandosi verso la rossa e l’americano che, sul
bagnasciuga, stavano allegramente chiacchierando mentre Ryo passava della cera
sulla tavola da surf.
Minto
si alzò gli occhiali da sole sulla fronte: “A-ah! Lo sapevo! Guardala come
ride, la cretina. Mi deve da bere.”
Zakuro
roteò gli occhi: “Minto, non essere cattiva. Lasciala in pace.”
“Sono
anni che si girano intorno, dai, è quasi un miracolo. La sbronza di ieri sera è
stato quello che ci voleva!”
“Dovete
imparare a farvi i fatti vostri, punto primo. Punto secondo, cosa dicevi riguardo
ad una sbronza fortuita, Minto-chan?”
La
mora si zittì all’ennesimo rimprovero del suo idolo. “Sei di parte verso
Shirogane-kun, tu.”
Si
alzò, ignorando il sorrisetto soddisfatto della modella, e si diresse verso il
mare per un po’ di frescura dalla giornata afosa.
Non
fece in tempo ad arrivare con l’acqua alla vita, però, che due mani
l’afferrarono saldamente per i fianchi, facendola irrigidire.
“Colombella,
finalmente soli!”
Minto
non si voltò: “Toglimi le mani di dosso.”
Kisshu
non fece lo sforzo di obbedirle. “Io e te dobbiamo parlare.”
“Non
c’è assolutamente nulla da dire,” lei prese a muoversi nuovamente verso l’acqua
più alta, tentando di staccarlo.
“E
invece sì,” l’alieno sguazzò intorno a lei così da mettersi di fronte e
bloccarla “Ieri sera ci siamo baciati -”
“Ieri
sera tu hai baciato me.”
“ – e non osare dire che non ti sia
piaciuto, e che non ci sia niente di cui discutere –”
“E
dire che pensavo per te fosse uno sport baciare la gente a caso.”
“-
perciò, parliamone.”
Minto
sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. “Fammi capire, questo
è uno dei rari momenti in cui tu vuoi comportarti da persona matura?”
“Esatto.”
“Oh,
santissimo cielo, perché deve capitare proprio con me?”
Kisshu
mise su un broncio da bambino: “Il sarcasmo non è apprezzato. Soprattutto
quando ti sento tutto il giorno lamentarti di quanto io sia infantile, pedante,
insopportabile, bla bla bla.”
“Perché
lo sei.”
Minto
lo aggirò svelta, continuando a camminare nell’acqua finché questa non le
raggiunse le spalle. Si fermò, tentennante. Sapeva nuotare, ma non le era mai
piaciuto particolarmente addentrarsi un po’ troppo in là nel mare – non sapeva
mai quello che poteva esserci nel fondo, e lei ci metteva davvero poco a
raggiungere punti in cui non toccava più.
Ikisatashi,
ovviamente, dall’alto dei suoi parecchi centimetri, sostava poco lontano da
lei, galleggiando ed osservandola con un sorrisetto soddisfatto.
“Passerotto?”
“Decerebrato?”
“Andiamo,”
si avvicinò di più a lei “Ammettilo.”
“Cosa,
che acconsentire alla richiesta di Ichigo di prendere un altro drink è stato un
grave errore di giudizio?”
Kisshu
ridacchiò e fluttuò abbastanza vicino per afferrarle ancora la vita: “Il
risultato non è stato male.”
Minto
alzò gli occhi al cielo: “Potresti togliere le mani, per favore?”
“Ti
tengo stretta così non galleggi via, promesso,” appoggiò i piedi sul fondo,
recuperando la differenza di altezza “Sei così petite che un colpo di vento può
portarti via. Anche se non puoi biasimarmi, questo costumino ti fa un sedere…”
“Screanzato!”
Lui
riuscì a bloccare il ceffone diretto alla sua guancia, rallentato dall’acqua, e
rise stringendole le dita: “Hai ragione, hai ragione, è tutto naturale, non è
solo merito del costume.”
“Giuro
che stanotte ti castro mentre dormi.” sibilò lei a denti stretti.
“Ah,
tortorella, ma ciò significherebbe che dovresti trovarti nella mia stessa
stanza! Di solito mi piace offrire almeno un drink prima, ma se proprio
insisti…”
“Sei
un maiale schifoso ed irrispettoso.”
“Da
cui però ti piace incredibilmente essere baciata.” L’agguantò svelto,
issandosela su un fianco così da avere il viso a pochi millimetri dal suo, una
delle sue magre braccia avvolte intorno al suo collo.
Minto
arrossì visibilmente sotto le lentiggini che il Sole le faceva apparire sulla
pelle. “Ciò è dibattibile.”
Lui
alzò sarcastico e divertito un sopracciglio: “Hai bisogno di un’altra prova?”
Lei
si rispecchiò per un secondo in cui dannati occhioni dorati, gli stessi che
aveva cercato per tutta la notte precedente in discoteca, e stava per inclinare
il volto ancora di più verso il suo, quando uno strano movimento sotto l’acqua,
vicino alla sua coscia, la fece distrarre e diventare bordeaux.
“Kisshu!! Sei un maniaco”
“Mi
dispiace! Sono solo un maschio, che diamine, non lo faccio apposta!”
Soltanto
la sensazione della birra ghiacciata contro il palmo della mano
sembrava essere
d’aiuto contro la calura afosa che era scesa all’improvviso in quella
settimana, e che li aveva “costretti” tutti a trasferirsi velocemente
al mare. Potevano
almeno ringraziarlo dell’ospitalità, ogni tanto. Ryo sbuffò
accaldato prima di prendere un sorso, pregustando mentalmente il
condizionatore
in camera da letto. “Shirogane-kun!”
la voce squillante di Ichigo catturò la sua attenzione “Buon quattro
luglio! Che
dici, ti piace?” Zakuro
osservò con attenzione la reazione dell’americano nel vedere la rossa
indossare
un ristretto bikini decorato dalla bandiera americana, poi ridacchiò
sotto i
baffi e gli passò il suo ben più carico mojito. “Cheers, buddy.”
Sìììììììììì
lo so, sono 110
parole di schifezza ma dovevo pur fare qualcosa sia per il 4 luglio,
sia per
farmi perdonare delle lunghe assenze… tra l’altro parto per il mare
oggi pome e
lo so che vi ho promesso commenti e
risposte, sono una cacchetta, ma ho sempre tremila cose da fare :(
“Sono
in ritardo, lo so, lo so!”
Ichigo
entrò veloce come un proiettile al Caffè, zigzagando abile tra Purin e
Retasu;
sfiorò Ryo con una rapidità tale da scostargli i capelli dalla fronte
mentre
afferrava svelta lo straccio che lui le stava reggendo con una mano, la
bocca
mezza aperta per sgridarla che dovette richiudersi quando lei sparì in
un
nanosecondo nello spogliatoio.
Rimase
per un attimo basito, poi scosse la testa con un sorriso, e ritornò al
piano di
sopra.
§§
Ichigo
sgattaiolò lesta dalla porta sul retro nel locale buio, individuando la
slanciata sagoma di Shirogane tra le altre e correndogli accanto.
“Sì,
sono in ritardo, colpa dell’università!”
Il
biondo rise sottovoce, guardandola dall’alto: “Già Zakuro ci ucciderà
non
appena si renderà conto che questa è una festa a sorpresa per lei, se
fossi
arrivata mezzo secondo più tardi anche Minto avrebbe fatto un giro col
tuo
cadavere.”
Lei
alzò gli occhi al cielo: “Non è colpa mia se il professore non la
smetteva di
cianciare! Voi americani siete così logorroici…”
“Ah,
allora non eri all’appuntamento con quel Hiro?” la punzecchiò.
La
rossa scosse la testa: “No, lui non parla abbastanza invece. E comunque
ho smesso
di fare tardi per colpa degli appuntamenti!”
“Noto
un certo disappunto nella tua voce.”
“Be’,
se non mi invitano…”
“Voi due!” il sibilo minaccioso di
Minto
rimbombò per le pareti “Smettetela di flirtare e tacete, Zakuro nee-san
è qua!”
Ichigo
le fece una linguaccia che, per fortuna, non venne notata, poi si
scambiò un’altra
occhiata con il ragazzo al suo fianco, e sorrise.
§§
“Scusami,
scusami, sono in ritardo.”
Ryo
si alzò quando finalmente la sua
ragazza comparve al loro ristorante preferito, fasciata in un’elegante
abito
nero. Scosse la testa ridendo, allungando una mano verso di lei per
tirarla a
sé e per schioccarle un leggero bacio sulle labbra. “Dovrei aver
imparato,
ormai, che devo darti appuntamento mezz’ora prima della prenotazione.”
§§
“Sono in ritardooooooo!”
L’urlo
di Ichigo risuonò per villa Aizawa mentre la ragazza in questione
usciva
capitombolando dalla camera degli ospiti.
“Sì,
ma solo di… porca vacca, un’ora e un quarto!?”
“Purin,
non stai migliorando la situazione! Ichigo, fermati
o strapperai il vestito!”
“Minto-chan
è tardi, è tardi, è tardi, penserà che l’ho lasciato all’altare, aiuto…”
Minto
si mise a correre dietro l’amica, sollevandole l’ampia gonna di taffetà
mentre
le altre damigelle raccoglievano rapide le ultime cose. “Shirogane-kun
ha
presente chi sta sposando, scommetto che sono tutti molto certi che ti
saresti
presentata con il doppio del ritardo di una sposa normale.”
Purin
rise sotto i baffi: “Io scommetto che invece sono tutti già ubriachi
per
smaltire l’ansia.”
“Purin, smettila, sono troppo in ritardo!”
“Ma
se sono dieci anni che ti aspetta, che fretta vuoi che abbia!”
Minto
e Zakuro, a quella battuta, si scambiarono uno sguardo complice, ed
infilarono un’Ichigo
in preda all’iperventilazione dentro la limousine.
§§
“Sono
in ritardo.”
Ryo
alzò lo sguardo dai documenti che teneva in mano per lanciare
un’occhiata
all’orologio appeso al muro. “No, direi che per una volta sei in largo
anticipo. Devo andare a vestirmi? Non dobbiamo essere da Minto ancora
per –”
Ichigo
scosse la testa: “No, Ryo. Sono in
ritardo.”
Lui
corrugò la fronte, confuso: “Che stai – what?”
La
rossa rise nel vedere la buffa espressione che prese possesso del volto
del
biondo mentre questi, lentamente, capiva cosa lei stesse cercando di
dirgli.
“Sei
in… ritardo? Cioè… ritardo ritardo?”
Lei
annuì e gli avvolse le braccia intorno al torso quando finalmente la
raggiunse,
appoggiando la guancia al suo petto e stringendolo forte. “Ritardo.”
Awiiiiiiii
questa mi piace ^//^ Era da un po’ che vegetava nel pc e non riuscivo a
finirla, oggi pome il delirio da febbre (sì ho 23 anni e mi viene la
febbre il
14 luglio, è in pratica l’inizio della fine) più i disegni di Ria mi
hanno
spinta a concluderla :3
Ho
bisogno di affetto quando sto male, che posso farci xD
Fatemi
sapere, come sempre un pensiero è sempre super gradito :)
Era
iniziato tutto quel pomeriggio della settimana prima. Le prove a teatro
erano
finite più tardi del previsto e lei, per non arrivare tardi al turno
pomeridiano e sentirsi la ramanzina di Shirogane (né dare soddisfazione
a
Ichigo), aveva deciso di lasciar perdere i soliti codini tondi ed era
arrivata
al Caffè con i capelli sciolti, che le avevano ondeggiato tra le spalle
per
tutto il pomeriggio. Così
come lo sguardo di Kisshu per tutto il tempo. Se
n’era accorta, certo che se n’era accorta; era difficile non notare
quegli
occhioni dorati quando ti si puntavano addosso senza via di scampo. E
lei ne
aveva approfittato, oh sì – ormai aveva perso il conto di quante volte
si era
sistemata una delle ciocche dietro l’orecchio, o si era scostata la
chioma da
una parte, lasciando scoperto un po’ il collo… evitare di sorridere
ogni volta
che lo beccava a fissarla era stato decisamente difficile, ma
pregustarsi
quella piccola vittoria era la ricompensa che le serviva. Perciò,
l’aveva rifatto qualche giorno dopo. Le punte scalate delle ciocche
frontali le
avevano solleticato piacevolmente il mento mentre si godeva un tè, e i
piccoli
boccoli naturali che le arricciavano le onde scure erano cascati
elegantemente
su una spalla le volte in cui aveva inclinato di lato il viso per
domandare a
Kisshu, con un sorrisetto, se tutto fosse a posto, vista la strana
espressione
del suo volto. Passare
tutto quel tempo con Zakuro era servito a migliorare le sue doti di
attrice,
non c’era che dire. Si
arrotolò una ciocca corvina attorno ad un dito mentre pigramente
voltava il
cucchiaino nel suo tè al gelsomino, sfogliando una rivista con aria
distratta.
Era ormai il terzo pomeriggio che si presentava con i capelli sciolti
(mai di
seguito, troppo rischioso, sempre possibilmente dopo un allenamento,
così che
tenessero quella piega un po’ disordinata dello chignon), e ormai anche
le sue
amiche avevano smesso di farle troppe domande. Solo la onee-sama la
guardava
ogni tanto con un’occhiatina divertita, ma lei non doveva certo
spiegare nulla
a Zakuro. Solamente
Kisshu persisteva. Ovvio che persistesse. L’ultima volta l’aveva
punzecchiata
talmente tanto che lei aveva dovuto trattenersi dal non sbattergli il
vassoio
in fronte, e l’aveva fatto soltanto perché Purin era riuscita a
divellerne uno
e il povero Keiichiro non ne aveva più di scorta. Okay, sì, forse anche
lei si
lasciava andare a qualche atteggiamento un po’ civettuolo, ma dovevano
proprio
prendersi in giro? E poi lei era una donna adulta, poteva rispondere a
quell’alieno maniaco come le pareva, un rifiuto ogni tanto non
l’avrebbe certo
ucciso, anzi… Avvertì
uno strano sfarfallare nello stomaco quando, con la coda dell’occhio,
lo vide
entrare al Caffè ed individuarla subito. Ripensò per un istante al modo
in cui
le aveva sfiorato i capelli l’ultima volta, quasi come se non si
azzardasse a
toccarli, o al tremolio che gli passava per gli occhi dorati quando lei
si
scostava la frangetta dal viso con un calcolato movimento delle dita. Voltò
l’ennesima pagina, inclinò appena la testa così che una ciocca le
ricadesse
sulla guancia e nascondesse il suo sorriso… e poi se lo ritrovò di
fronte,
piantato con le mani sui fianchi davanti al suo tavolo. “Ti
devo parlare.” annunciò. Minto
alzò lo sguardo, sorpresa di vederlo con un’espressione così agitata.
“Buon
pomeriggio anche a te, Ikisatashi-kun,” cinguettò. Lui
fece una smorfia e le indicò il corridoio che portava in dispensa:
“Allora?” Lei
alzò gli occhi al cielo, scocciata, ma si levò comunque in piedi e si
diresse
lentamente dietro di lui: “Vedo che le tue buone maniere migliorano di
giorno
in giorno.” “Senti,
cornacchietta, tu –” Kisshu si fermò di scatto in una parte all’ombra,
si passò
una mano tra i capelli e la fissò con decisione “Tu sei davvero… ah!” Minto
piegò un sopracciglio: “Loquace.” “Lo
stai facendo apposta, vero?” “Non
so a cosa tu ti riferisca.” “Hai
davvero un talento naturale nel voler torturare le persone.” Pur
di fermare il sorrisetto che le stava nascendo, Minto abbandonò la sua
solita
posa elegante per incrociare le braccia al petto e piegare un
ginocchio,
esclamando con tono critico ed annoiato: “Mi stai facendo perdere tempo
per
insultarmi o c’è qualcosa di davvero pregnante a cui vorresti arrivare?” Kisshu
continuò a fissarla, e blaterò: “Tu devi uscire con me.” Il
suo cuore si dimenticò di un battito: “Come, prego?” “Sì,
perché tu non baci qualcuno con cui non stai uscendo, quindi tu devi
uscire con
me.” Minto
squadrò le spalle. “Ti sta dando di volta il cervello.” “Allora?” “Non
ho intenzione di accettare un invito che suona come un ordine!” “Mintoooo.”
gemette lui in frustrazione. Lei
si osservò convinta le unghie, gettando i capelli da una parte e
compiacendosi
del secco respiro che lui prese: “Sì?” “Vossignoria
mi concederebbe l’onore di uscire con me?” sibilò a denti stretti. La
mora lo osservò con un sopracciglio alzato: “Sei un idiota.” “Tu
una petulante viziata.” “Sto
per risponderti di no.” “Quindi
stai pensando a dirmi di sì.” Lei
strinse le labbra. “Quando?” Kisshu
fece un passo avanti: “Adesso.” Minto
spalancò le braccia e fece una smorfia: “Questo non è un appuntamento!” “Lo
è, se porto il tuo bel culetto sui tavolini sul retro e ti offro
l’ennesima
tazza di brodaglia che tanto ti piace. D’accordo?” La
crescente frustrazione dell’alieno era benzina per farla continuare, ma
decise
di non tirare troppo la corda. “Sei un pessimo primo appuntamento.” Lui
ghignò. “Mi rifarò. Quindi usciamo insieme?” Lei
aggrottò le sopracciglia: “… suppongo di sì?” “Perfetto.”
E in un secondo, le mani di Kisshu erano finalmente perse tra i suoi
capelli,
la bocca decisa sulla sua e contro la sua; la teneva premuta a sé,
passandole
le dita tra le ciocche scure e mugolando contro le sue labbra, e
probabilmente
la stava spettinando oltre ogni limite e oddio, come ci era finita fino
a lì,
qualcuno doveva fermare il suo cuore… “What the fuck, you
two, stop it now!”
Buonasera
fanciulli e fanciulle! :D Aggiorno
un po’ presto perché martedì riparto e domani dovrò fare la valigia,
perciò… :3
Spero
che il ritorno dei colombi vi sia
piaciuto :D Ho sempre pensato che uno come Kisshu potesse fissarsi su
certe
cose tipo i capelli, soprattutto nei confronti di una come Minto,
sempre
perennemente in ordine e difficile da beccare con la chioma ribelle,
che invece
potrebbe far venire certi pensieri al nostro alienuccio pervertito ^^
Spero
che abbiate passato un bel weekend, qui
da me ci si scioglie @_@
Un
bacione a tutti, e grazie per essere
passati così in tanti negli ultimi chappy, è sempre bellissimo!!
<3
Aveva
fatto un casino. Non era molto certo né del perché, né del percome –
mannaggia
a Shirogane, le sue “conoscenze”, e la propria totale incapacità di
dire di no
all’alcol umano.
Ma
era sicuro di aver combinato un disastro.
Non
gli era mai capitato, infatti, che quella cornacchietta di Minto gli
lanciasse
un’occhiata così carica d’odio,
gli
occhioni marroni offuscati da quelle che lui aveva osservato con orrore
essere
lacrime. D’accordo, la maggior parte del tempo la passavano a
punzecchiarsi e
trattarsi un po’ male, ma nessuno poteva negare il fatto che ci fosse tanta, tanta… tensione irrisolta, che
veniva ovviamente veicolata
attraverso battutine pungenti e qualche doppio senso, qualche
occhiatina ben
piazzata… ma mai, mai lei gli aveva rivolto un’espressione del genere.
Kisshu
si era sentito pietrificare. Si era diretto verso di lei come tutti i
giorni
quel sabato mattina, salutandola con allegria, e lei l’aveva raggelato,
e poi
era scappata, seguita subito a ruota da Retasu ed Ichigo.
Lui
riuscì ad agguantare la rossa solo pochi minuti dopo, quando uscì dallo
spogliatoio da sola.
“Che
è successo?” le chiese.
Ichigo
lo guardò con una supponenza che stava sicuramente ereditando da quel
disgraziato del suo ragazzo, incrociando le braccia al petto: “Penso
che tu lo
sappia benissimo.”
Kisshu
aggrottò la fronte: “In realtà no.”
Lei
alzò un sopracciglio: “La festa, ieri sera? Al locale dell’amico di
Shirogane-kun? La bionda?”
Una
lampadina si accese nel cervello un po’ rintronato dell’alieno, mentre
i
pezzetti confusi della serata precedente si ricomponevano appena in
immagini
sfocate e piene di luci stroboscopiche. “Oh. Oh. Ooh.”
“Oh!”
gli fece il verso Ichigo, poi gli
schiaffeggiò con forza un braccio “Ma quanto sei cretino?!”
“Ehi!”
lui si massaggiò, facendo una smorfia offesa “Che cosa volete da me?
Non
capisco il motivo per cui la tua amica mi debba mettere il muso! Non
posso
forse divertirmi un pochetto anche io?”
Ichigo
sgranò gli occhi: “Seriamente, Kisshu? Devo venirti io
a spiegarti come funzionano le cose?”
“Tu
sicuramente non sei l’esempio migliore di persone che sanno
intrattenere
relazioni chiare, o devo andare a ripescare Shirogane e chiedergli di
raccontarmi tutta la vostra epopea?”
“Allora
sei ancora più idiota di quanto pensassi.”
Lui
sbuffò, sedendosi in una delle sedie a forma di cuore: “Quindi… Minto
ha
visto?”
“Certo
che ha visto, l’hanno visto tutti, era difficile non vederlo” Ichigo
alzò gli
occhi al cielo ma sospirò, prendendo posto accanto a lui “Ci è rimasta
davvero
male, Kisshu. Lei pensava che voi due foste… arrivati ad un certo punto. Ovviamente io non te l’ho detto,
ma lei era convinta che sarebbe successo qualcosa tra voi due, ieri.
Insomma, i
segnali c’erano stati.”
Kisshu
la guardò di sottecchi, giocherellando con un cucchiaio e sentendosi
parecchio
uno stupido. “Be’, non è che lei abbia mai fatto chissà che cosa, eh.”
Ichigo
poté leggere benissimo dietro la sua coda di paglia, e l’espressione
scocciata
con cui lo guardò glielo fece intendere: “Stiamo parlando di Minto.
Minto, che
ama essere corteggiata, riverita, odia
essere presa in giro e soprattutto detesta
dover fare i conti con le emozioni. Se pensi che sarebbe venuta da te,
ti
avrebbe sbattuto al muro e baciato come una certa personcina, ti sbagli
di
grosso.”
“Poteva
dire qualcosa…”
“Kisshu,
sei serio?”
Lui
non alzò lo sguardò: “… no.”
“Bene.
Ora devi aggiustare la cosa.”
“E
come?”
“Io
non te lo dirò di sicuro.”
“Ma
–”
Prima
che potesse finire, la porta dello spogliatoio si aprì, e ne uscì
Minto, che
raddrizzò la schiena impettita non appena lo vide lì. “Ichigo, vieni.”
ordinò
glaciale.
La
rossa si alzò con un sospiro, non prima di aver lanciato un’occhiata di
avvertimento all’alieno. “Mi raccomando!”
Non
appena furono scomparse in cucina, lui si lasciò andare ad un gemito,
sbattendo
la fronte contro il tavolo.
Era
un idiota, e aveva fatto un casino.
§§
Stupido
imbecille
stronzo testa di cazzo,
Minto si tolse le scarpe di rabbia, ripetendosi quelle parole per la
milionesima volta della giornata.
Le
faceva perdere l’eleganza oltre che le staffe, e tutto ciò la irritava
ancora
di più.
Kisshu
Ikisatashi era ufficialmente entrato nella sua lista nera, e lei lo
detestava. Detestava. Basta, era
ufficiale.
Si
complimentava con se stessa solo per essere riuscita a non
accoltellarlo o
spiaccicargli una padella in faccia, quella mattina. La tentazione di
picchiarlo, quando l’aveva accolta con tale gioia al Caffè, era stata
insormontabile. Ovvio
che fosse così allegro, a lui la
serata era andata bene.
Tirò
la borsa sulla sedia, avvertendo di nuovo quella orrenda sensazione di
freddo
allo stomaco e la morsa che le prese il cuore nel ripensare alla
visione della
serata precedente. Per una volta che era stata speranzosa, per una
volta che si
era convinta a lasciarsi andare, a prendere coraggio e illudersi che
sarebbe successo… represse un urlo,
arrabbiata e
delusa; ne aveva avuto abbastanza quella mattina di piangere per lui.
Che
sciocchezze. Una donna del suo rango non poteva certo abbassarsi a
piangere per
un uomo, figuriamoci per uno che cedeva così facilmente alle moine di
una
gallina senza cervello dalla terza abbondante di reggiseno e un sorriso
finto
quanto la sua plastica…
Udì
bussare alla porta, poi la voce della sua balia: “Signorina Minto, c’è
una
visita per lei.”
Lei
alzò gli occhi al cielo, chi mai si presentava a casa di sabato sera
senza
invito?
“Ichigo,
se sei tu, non ho voglia di parlare di quel bastardo di-”
Aprì
la porta di scatto, ammutolendosi quando si trovò davanti l’oggetto
delle sue
maledizioni invece che la sua testona di un’amica.
“Ciao,”
esclamò Kisshu, visibilmente a disagio “Ehm… mi ha fatto entrare la
signora.”
“Da
quando usi le entrate normali?” domandò gelidamente lei.
“Be’,
ho pensato che sarebbe stato meglio.”
“Sarebbe
stato meglio che non ti avessero fatto entrare,” sibilò senza pietà
Minto “Non
so cosa tu voglia da me, ma io non ho voglia di parlare con te, quindi
ti
pregherei di andartene.”
Fece
per chiudere la porta, ma bastò una leggera pressione della mano
dell’alieno
perché ciò non accadesse: “Minto, vorrei parlarti, per favore.”
“Non
abbiamo nulla da dirci.”
Sul
viso di Kisshu passò un’espressione strana nel sentire la voce di lei
incrinarsi e lo sguardo spostarsi sul pavimento.
“Credo
che tu abbia reso tutto molto chiaro l’altra sera,” continuò poi la
ragazza,
senza aspettare una risposta “Quindi non capisco perché tu debba
insistere.”
“Potresti
non fare la persona testarda, per una volta, ed ascoltarmi?”
“Cosa
vuoi, Ikisatashi?” lo fissò con tale rabbia da fargli desiderare di
fare un
passo indietro, ma non si mosse.
“Ero
ubriaco.”
“Non
c’entra nulla. Non cambia le cose.”
Kisshu
sospirò: “Hai ragione, ho sbagliato, mi dispiace. Sono stato un idiota,
sono
una persona orribile, non merito il tuo perdono.”
Minto
divenne rossa per l’irritazione: “Se sei davvero convinto che il
sarcasmo sia
la soluzione migliore, quella è la porta.”
Lui
fece una smorfia: “Non voglio fare il sarcastico, è che… non sono molto
bravo
in queste… cose. Le scuse. Non… sono il mio genere.”
Lei
alzò un sopracciglio: “Noto.”
“Passerotto,
dico davvero,” si arrischiò a prenderle una mano “Non volevo ferirti.
Lo sai
che sono un imbecille.”
La
mora lanciò un’occhiata alle loro dita unite, maledicendo il cuore che
le
batteva più forte: “Decisamente.”
“Non
volevo farti piangere.”
Minto
lo gelò con lo sguardo: “Ichigo?”
“Ichigo.”
Sbuffò
mentre lui ridacchiava, le mani ancora unite. “Sei comunque pessimo.”
“Lo
so, ma ho qualcosa per te.”
Prese
una busta che era rimasta nascosta dietro l’angolo, porgendogliela. Lei
scartò
il pacchetto rosso che c’era dentro, tirandone fuori un morbido gufetto
marrone
di peluche.
“Ti
avrei preso una cornacchia, ma non c’era,” la canzonò l’alieno con tono
divertito.
Minto
gli fece una linguaccia, accarezzando il pelo soffice del pupazzo:
“Grazie,
stupido. Ma non pensare che basti.”
“Oh,
lo immaginavo” Kisshu ridacchiò, prese un’altra busta “Infatti c’è
dell’altro.”
Gli
occhi della mora si illuminarono nel vedere la scatola rettangolare con
la sua
marca di scarpe preferita stampata sopra: “Come facevi a saperlo?”
“Un
po’ ti conosco, ormai. E Zakuro, ovviamente.”
Anche
lei rise: “Ovvio che c’entrasse la onee-sama. Sei impazzito, comunque.”
“Forse
solo un po’,” lui fece un passo avanti, varcando la soglia della
stanza. “Ci
sarebbe anche un’altra cosa.”
“Ah
sì, cosa?” domandò distratta lei, osservando con cura ogni singolo
angolo dei
tacchi nuovi che stringeva in mano.
Kisshu
glieli abbassò prima di prenderle il volto tra le mani: “Questo.”
Posò
con dolcezza ma fermezza le labbra sulle sue, esultando mentalmente
quando
Minto si lasciò scappare un sospiro e gli permise di approfondire il
contatto;
spostò una delle mani sulla vita di lei, stringendola più a sé.
“Sono
un idiota, e mi dispiace,” mormorò quando si staccarono, entrambi
ansando un
pochino. Minto
deglutì ed annuì, accarezzandogli la base del collo e fissandogli
ancora le
labbra: “Sei il mio idiota.”
Signur, che
brutta, me lo dico da sola. Non capisco
se sia più OOC o melensa, e sapete bene cosa provo per entrambe le
cose. È palese
che mi stessi annoiando molto durante la lezione in cui l’ho scritta –
mi ricordo
pure l’occasione, ed erano le sette di sera, a mia discolpa xD
Però dai,
davanti a Kisshu che ti regala delle
Louboutin… se, famo product placement,
in gergo, quali v0lete che siano i tacchi preferiti da una come Minto?
xD
Aggiorno a
poco dall’altra fic (ora facciamo
pubblicità a me, è Photograph se per
caso ve la foste persa ^^) perché la vacanza chiama e mi faccio il
resto della
settimana al mare, in barba all’antibiotico e cure varie :3
E sono due
Kishinto di fila perché Ria me l’ha
chiesta, e Danya al tempo aveva ispirato <3 Passate anche dai Moschettieri,
mi raccomando!
Un bacione
a tutte e grazie in anticipo,
fatemi sapere!
La
voce battibeccante di Minto si espandeva acuta e tintinnante per il
locale,
pungente quanto una vespa. L’oggetto dei suoi rimproveri, come da molto
tempo a
quella parte, era ovviamente Kisshu, che le stava a poca distanza, le
braccia
incrociate, una spalla appoggiata al muro, e il suo ghignetto
sarcastico
stampato in faccia mentre la imbeccava senza sosta per far proseguire
quel
bisticcio che sapeva molto poco di due persone che non riuscivano a
sopportarsi.
Shirogane
li osservò con un sorriso dalla porta della cucina; ancora un po’ e
sarebbe
intervenuto, d’accordo, ma vedere Minto che in ogni caso ci andava giù
pesante
con l’alieno era comunque una piccola soddisfazione.
“Ti
ricordano qualcuno?” Ichigo gli apparve accanto, anche lei sorridente
ed allegra.
Lui
rise: “Sembriamo noi parecchi anni fa, eh?”
La
rossa lo imitò, scrollando le spalle, e sospirò. “Per fortuna poi
abbiamo
capito come far funzionare la nostra amicizia, no?”
Ryo
ricambiò il suo sguardo, prima di accettare la mano che lei gli
porgeva. “Già.” Ichigo
gli si appoggiò alla spalla mentre continuavano a guardare i loro
amici, ed
entrambi fingevano che quella scossa tra le loro pelli non fosse niente
di più.
Vi ero
mancata? Mwahahahah :3
Lo so,
questa è un po’ cattivella, ho
infierito sul povero Ryo e la sua constante condizione di friendzone. :3
Spero che
stiate tutti bene, io sono in trauma
da ferie finite, pre-partenza, addio al mare, etc etc quindi umore
pessimo,
ovviamente, mi sfogherò con le FF *mwahah*
Ciò
che più le piaceva del passare del tempo in campagna era la miriade di
stelle
che si potevano osservare, constatò Minto mentre, con attenzione,
percorreva il
giardino coperto di ghiaia per ritornare all’automobile.
Le
sarebbe piaciuto riconoscere più delle solite due costellazioni che
ognuno aveva
imparato da piccolo, in realtà, ma in quel momento le bastava stare con
il naso
all'insù ad osservare tutti quei puntini luminosi che tinteggiavano il
cielo
scuro.
“Puoi
quasi vedere la Via Lattea,” esclamò Kisshu, poco davanti a lei.
“Una
volta l'ho vista in Grecia,” Minto sospirò al ricordo, poi maledisse
mentalmente la polvere che le stava rimanendo sugli eleganti sandali
nuovi “Su
una terrazza in riva al mare, circondata da limoni e aranci, era
davvero
bellissimo.”
“Devo
fare la pipì,” la interruppe il ragazzo.
Lei
fece un respiro profondo per calmarsi, sentendo già una vena spuntarle
sulla
fronte. “Falla qua, tanto quella macchina è tua, cosa vuoi che ti dica,
screanzato che non sei altro?”
“Guarda
che lo so che anche tu e Ichigo vi siete appartate dietro le auto per
non fare
la fila al bagno.”
Minto
alzò gli occhi al cielo, scostando lo sguardo mentre l'alieno
s'infilava tra
due vetture e si voltava verso un'alta siepe per fare i suoi bisogni.
Lei
si ritrovò ancora una volta a contemplare contenta il firmamento, la
musica
della festa più ovattata ora, quando all’improvviso una fugace saetta
sfilò velocemente
lungo l'orizzonte. “Una stella cadente!” esclamò eccitata.
“L'ho
vista anche io!” le rispose Kisshu, ancora perso nell'ombra.
Minto
chiuse le palpebre per qualche secondo. “Hai espresso un desiderio?”
“Sì,
sì, fatto,” lo udì tirarsi su la zip dei pantaloni al ginocchio, ed
avanzare
verso di lei “Andiamo?”
La
ragazza annuì, poi le scappò da ridere. “Molto romantico, non trovi?
Vediamo
una stella cadente e tu intanto stai facendo la pipì.” Kisshu
ghignò, passandole un braccio attorno alle spalle: “Te l'ho detto che
mi sta
venendo bene questa cosa del romanticismo.”
Eeeeeeee Hypnotic torna a parlare
di storie di vita
vissuta!
Giuro, questa scena identica
è accaduta esattamente un mese fa, dopo una festa… non ho
potuto fare a meno di reinventarla in chiave TMM :3 Ditemi che anche a
voi ogni
tanto succedono cose del genere, vi prego xD
Qui speriamo stia venendo a
piovere, quindi niente
stelle cadenti, ma mi raccomando, state con il naso in su in questi
giorni ed
esprimete tanti tanti desideri <3
Spero di riuscire a farmi sentire
presto, ci saranno
un po’ di novità in questi giorni, di cui però preferisco parlare
direttamente
nella pagina FB così da non allungare ulteriormente le note autore e
far
sfigurare le fic xD
“Pensavo
che il giuramento dicesse in salute e in
malattia, non in salute e poi il
resto del tempo si vedrà!” Minto
rise mentre prendeva il suo cuscino e la sua camicia da notte:
“Ringrazia che
ti lascio il letto e io vado nella camera degli ospiti.” “Colombella,
io sto male, dai, prenditi cura di me.” Piagnucolò Kisshu, avvolto nel
piumone
e con l’aria afflitta. “Io
te l’avevo detto di non andare da Retasu e Pai ora che Manami ha la
varicella,
ma tu non hai voluto sentir ragioni. E smettila di grattarti.” Lui
sbuffò ed abbassò la mano: “Hai detto di averla già presa da bambina.” “Sì,
ma non voglio rischiare. E poi tu ti lamenti, fai più caldo del solito,
sudi, è
impossibile dormire con te.” “Sto
male! Sono sull’orlo della morte!” “Oh,
ma per favore! Smettila di fare il bambino. Tra pochi giorni passerà.” “Mintoooooo.” “Kisshu.” “Non
abbandonarmi.” Lei
rise, ignorando la mano tesa, coperta di crosticine, che lui fece
sbucare dalle
coperte. “Mettiti a dormire. Tra poco la tachipirina farà effetto e ti
si abbasserà
un po’ la febbre, vedrai.” “Non
posso dormire, prudo ovunque! Ovunque, capisci! O-vun-que!” “Lo
so.” “E
tu mi vuoi lasciare!” “Provaci
tu a dormire con qualcuno che non sta fermo né zitto un attimo perché
cerca di
grattarsi con il cuscino!” “Sono
malato di una malattia da poppante, sto
malissimo, è ingiusto!” “Se
non la pianti, passerò il resto della settimana da Ichigo e Ryo,
sappilo.” “Ecco!
Lo sapevo! Siamo sposati da meno
di un anno e già programmi di abbandonarmi!” Minto
sospirò pesantemente, sfregandosi la fronte. “Voi uomini siete dei tali
bambini
quando vi ammalate…” “Tortorella,
lo sai che ti amo alla follia, come puoi essere così crudele, per
favore, non
mi merito tutto ciò.” La voce di Kisshu era smorzata dal guanciale che
si era
premuto in volto mentre cercava di arrotolarsi sempre di più nelle
coperte. “Il
solito esagerato.” “E
tu una cornacchia impertinente ed insensibile.” “Lo
so,” lei rise e gli scoccò un bacio da lontano “A domattina,
buonanotte!” “Minto!”
Kisshu liberò solo il viso dall’involucro caldo “Passerotto, amore mio
grande,
no, ti prego, ti scongiuro, torna…”
Fanciulle ed eventuali fanciulli,
buongiorno! Siamo
arrivati all’ultima ff scritta di questa raccolta – che non è finita,
intendiamoci, ho intenzione di lasciarla aperta per eventuali
ispirazioni
future, è solo che in questo momento non ho niente di pronto xD
Questa flash è davvero cretina,
infatti è rimasta
per ultima, ma ci tenevo ad aggiornare prima di partire perché poi non
so
quando sarò in grado di farlo.
Potete considerarla un po’ un
seguito di Thinking
Out Loud, mentre Manami è la
stessa bimba che compare in Sorrisodei
Tre Moschettieri :) Il suo nome vuol dire sia amore che mare, quindi mi
sembrava azzeccato per la figlia di Paitasu ;)
Spero di sentirvi in tanti, e di
sentirvi presto!
Un bacione grande
grande che serva a coprire l’oceano!
Ichigo
lanciò un’occhiata alla sveglia sul comodino mentre si sistemava in
fretta e
furia il rossetto: erano le sette in punto, lei aveva ovviamente quei
soliti
cinque minuti di ritardo, ma era invece strano che Ryo, di solito più
svizzero
di un abitante di Berna, non le avesse mandato il solito messaggio per
avvisarla che era pronto sotto casa sua.
Terminò
di aggiustarsi il trucco e si ravvivò i capelli, ammirandosi nello
specchio a
figura intera appeso nell’anta dell’armadio. Il nuovo paio di pantaloni
neri
che Zakuro le aveva regalato per il compleanno le stava davvero bene,
doveva
ammetterlo, e sperò che piacessero anche a lui. Ci teneva, dopotutto,
che l’americano
l’apprezzasse anche in quelle che lui poteva considerare sciocchezze,
soprattutto visto quanto l’aveva sempre presa in giro, e continuasse a
farlo,
definendola una ragazzina.
Guardò
il cellulare per controllare se per caso le fosse sfuggito il
messaggio, ma
esso era rimasto muto e il tempo aveva invece continuato a scorrere.
Aggrottò
le sopracciglia; cinque minuti di ritardo erano solo cinque minuti, e
lei lo
sapeva bene, ma era comunque strano.
Forse
aveva trovato un po’ di traffico, pensò buttando le ultime cose dentro
la
pochette, specialmente se per una volta aveva deciso di lasciare in
garage la
sua scomodissima moto e prendere invece l’auto.
Canticchiò
sottovoce una canzone intanto che si sistemava una sciarpa azzurra
intorno al
collo per proteggersi dal venticello di aprile, poi agguantò il
cappotto e si
diresse con calma al piano di sotto – tutto ciò in altri cinque minuti,
passati
senza che giungesse nessun segno del suo ragazzo.
Si
morse il labbro quando si sedette sul divano; doveva forse iniziare a
preoccuparsi? Che Shirogane avesse ben già più di dieci minuti di
ritardo era
una cosa davvero insolita, non era mai capitato prima in tutti gli anni
che l’aveva
conosciuto, e specialmente non da quando avevano iniziato ad uscire
insieme. Era
ben conscia del fastidio che gli arrecavano le attese e i ritardi,
quindi
davvero non sapeva cosa pensare.
Ricontrollò
il cellulare per l’ennesima volta, ma non era cambiato nulla. Forse
avrebbe
potuto chiamarlo, ma le sembrava un po’ incoerente da parte sua
stressarlo,
quando lei era la prima a sparire per innumerevoli minuti prima di
presentarsi
agli appuntamenti.
Si
arrotolò una ciocca attorno ad un dito, picchiettando sulla tastiera
con fare
indeciso. L’orologio scoccò un quarto d’ora di ritardo.
Ora
era decisamente preoccupata.
Si
alzò dal divano e quasi corse fuori dalla porta, pensando che sarebbe
impazzita
se fosse rimasta in casa a pensare a tutte le possibilità per le quali
Shirogane
avrebbe cambiato così radicalmente la sua abitudine – e lei, paranoica
com’era,
le poteva pensare davvero tutte.
Chiuse
il cancello con un botto, incamminandosi veloce verso il Caffè, il
primo posto
in cui avrebbe potuto trovarlo normalmente – finché non svoltò l’angolo
e non
se lo trovò, tranquillo, illeso, e fischiettante, comodamente seduto
sulla sua
moto.
Ichigo
si bloccò di colpo, stupita ed incredula, mentre lui le sorrideva
amabilmente.
“Sei…
sei in ritardo,” bofonchiò confusa.
Ryo
annuì e sorrise irriverente: “E’ fastidioso, vero?”
“…
Shirogane!”
Primo
aggiornamento oltreoceanico! Infatti
noterete l’orario insolito… xD
Immagino
che anche a voi sarà capitato
qualcosa di simile, normalmente io sono Ryo, con l’odio profondo per i
ritardi
e l’essere sempre pronta sempre
prima,
mentre ovviamente il mio moroso è
costantemente in ritardo (e l’unica volta in cui deve essere in ritardo
è
puntuale, certo xD).
Non vi ho
ancora risposto alle recensioni,
dovete perdonarmi, ma non ho avuto un momento libero prima di adesso,
quando
finalmente mi sono convinta a buttare giù questa storiella che avevo in
mente
da un po’ xD Vado a farmi un pisolino, che stasera sarà una lunga notte
:3
Minto
l’aveva sempre sospettato che la genetica non giocasse spesso a suo
favore. Era
da quando aveva tredici anni, dopotutto, che il suo DNA si prodigava a
farle
piacevoli scherzetti. Forse
ormai si era abituata. Non poteva negare che ogni tanto tornasse
comodo, anche
se avrebbe voluto averla vinta un po’ più spesso. Ma
d’altronde, alla fine se l’era anche cercata da sola. Decidere di
costruirsi
una vita con un certo alieno era stata la sua rovina – geneticamente
parlando,
ovviamente. A
quanto pareva, i geni di Kisshu erano decisamente più forti dei suoi.
Ovvio che
loro figlia, a livello scientifico, condividesse metà del patrimonio
genetico
di entrambi i genitori, ma non era poi così evidente in realtà. La
bambina era la luce dei suoi occhi, certo, però avrebbe voluto che
Gabrielle le
assomigliasse soltanto un poco di più. E
invece no. Era la copia sputata del padre, con la stessa sfumatura
dorata negli
occhi e l’aria furba, curiosa, incapace di stare ferma un attimo e
testarda
contro ogni singolo ordine o richiamo. Una
piccola peste dalla parlantina spedita che riusciva a far fare a Kisshu
qualsiasi cosa – e di quello, doveva dirlo, era gelosa. Fosse
stato soltanto a livello fisico, non sarebbe stato tutto questo
problema, anzi.
Non poteva certo negare che suo marito fosse dannatamente affascinante,
anche
troppo a volte per certi suoi spunti di gelosia, e anzi si sarebbe
divertita a
vederlo soffrire per tutta l’attenzione che Gabrielle avrebbe
certamente
attirato una volta cresciuta. Anzi, questo forse l’aveva preso da lei,
la
voglia di stare sotto i riflettori, se ci rifletteva bene sopra. La
piccola
sembrava già ora essere conscia dell’effetto che poteva avere sugli
altri con
appena un battito di ciglia… no, decisamente aveva preso da suo padre. Era
proprio quello il punto – Gabriella era in tutto e per tutto, anche
caratterialmente, una piccola Ikisatashi. L’unica cosa che sembrava
avere
ereditato dalla madre erano i capelli neri. Basta.
Nient’altro. Non c’era niente da fare, nessuno poteva cambiarlo, e
tutti se ne
potevano accorgere. Le ragazze la prendevano sempre in giro, infatti,
perché si
poteva riconoscere la preponderanza di Kisshu ovunque. Come
in quel momento. Minto
sospirò, passandosi una mano sul viso. Già si pregustava la ramanzina
che
avrebbe dovuto subirsi dalla sua vecchia collega della compagnia. Avrebbe
ucciso Kisshu, si disse. Era tutta colpa sua. Alla
lezione di balletto, infatti, sua
figlia era l’unica appesa alla sbarra a testa in giù.
Buonasera,
belle fanciulle!! Come state? Io in questo momento sono rinchiusa in
biblioteca, dovrei iniziare un paper
complicatissimo di robe economiche che non mi vanno molto giù, ma
avendo otto
giorni di tempo la mia vena procrastinatrice si esalta e si lascia
sedurre dal
computer :3
Lo
so che poi piangerò in un angolo, ma va bene, era da un po’ che non
aggiornavo
e quando ho trovato questa
foto, non ho potuto resistere :D
La
regia mi avvisa che la mia fissa per i bambini, ultimamente, è
preoccupante, ma
succede anche questo LOL
Spero
che vada tutto bene, in bocca al lupo a chi ricomincia l’uni o la
scuola!
«I like
to see people reunited, I like to see people run to each other, I like
the kissing and the crying, I like the impatience, the stories that the
mouth
can't tell fast
enough, the ears that aren't big enough…
Aveva
la testa rintontita da tutte quelle ore di viaggio, e le forti luci del
gate
gli fecero male agli occhi, già provate dalle lacrime che gli erano
scappate
nel sonno. Se
li stropicciò con il dorso della mano, lasciandosi sfuggire uno
sbadiglio.
C’era tanto rumore, così tante persone diverse da lui che parlavano una
lingua
che suonava familiare, eppure ancora così distante, soprattutto in quel
momento. Non
riusciva a capacitarsi, neppure lui, di come casa fosse effettivamente
lontana,
ora. Di come tutto avesse ormai assunto una dimensione molto più reale
di
quanto avrebbe voluto ammettere. Avvertì
la calma presenza al suo fianco, ed alzò lo sguardo spaesato sull’alto
ragazzo
accanto a lui, che ricambiò con un sorriso, allungandogli una mano. “Sei
pronto per questa nuova avventura?” gli domandò. Ryo
fece un respiro profondo, prima di annuire, ed insieme si diressero
alla hall
degli arrivi, verso una nuova casa.
§§
Non
si era mai abituato davvero all’idea di viaggiare da solo, nonostante
le
svariate volte in cui l’aveva fatto. Faceva
fatica ad ammetterlo, ma solo la compagnia silenziosa di Keiichiro
rendeva le
quindici ore di viaggio estremamente più sopportabili. Non dovevano
parlare per
forza, anzi, ma c’era qualcosa nell’avere una persona conosciuta a
fianco
mentre si attraversavano corridoi bianchi sporchi, pieni di gente, e
continenti, che migliorava la situazione. Forse perché si sviluppava
una specie
di empatia tra viaggiatori, o forse perché semplicemente lui era molto
meno
solitario di quanto gli sarebbe piaciuto. Sospirò
sollevato non appena vide arrivare il proprio bagaglio, e senza indugio
si
diresse all’uscita. Amici,
parenti, amanti si correvano incontro come al solito, aggregati davanti
alle
grandi porte scorrevoli che separavano la zona di ritiro delle valigie
dalla
sala di attesa, con fiori, regali, o semplici sorrisi che volevano dire
tutto. Ryo
si guardò intorno, cercando una familiare massa di capelli marroni. Quello
che attirò la sua attenzione, invece, fu un cartello con un gatto
grigio
disegnato sopra, tenuto in mano da una donna con corti capelli a
caschetto
biondo miele, e un paio di scuri occhiali da sole. Lui
sorrise, dirigendosi verso di lei con aria divertita. “Non
pensare che te li conti come straordinari,” esclamò. Il
viso perfetto di Zakuro fu increspato da un sorriso. “As
if I needed your money, Shirogane.” Il
ragazzo sorrise, e la strinse lievemente in un abbraccio: “Quante ne
hanno
combinate nel mio mese d’assenza?” “Purin
senza supervisione e Ichigo disperata perché Aoyama-kun è a Londra,
vuoi proprio
saperlo?”
§§
“Sarà
triste iniziare le medie senza il nii-san,” borbottò Purin con aria
mogia
mentre il gruppetto attraversava il parcheggio “Chi mi aiuterà con i
compiti?” “Vista
l’esosità di Shirogane-kun, penso che sarai contenta lo stesso,
Purin-chan,”
rise Ichigo. Ryo
alzò gli occhi al cielo: “Ero anche sottopagato per tutto il lavoro che
serve
con te, ragazzina.” “Prometti
che mi manderai almeno una cartolina!” insistette la biondina,
saltellando
accanto al ragazzo. Lui
le sorrise e le arruffò i capelli: “Guarda che sto via solo due mesi.” “Non
importa, la voglio lo stesso.” “D’accordo,
e per tutti i compiti ti affiderò a Retasu.” Si
fermarono qualche istante sotto il tabellone con gli orari delle
partenze, e
Ryo si sistemò meglio la borsa del computer sulla spalla. “Mi
raccomando, non fate impazzire Keiichiro e per carità, non spaventatemi
i
clienti.” “Sì,
sempre le solite raccomandazioni,” esclamò Minto, ridendo “Fai buon
viaggio,
Shirogane-kun.” Lui
annuì, passando lo sguardo su ciascuna delle ragazze: “Ci vediamo
presto. Per
qualsiasi cosa, chiamatemi.” Loro
lo salutarono veloci, con Ichigo che rimase per ultima, a guardarsi le
punte
dei piedi. “Sono
stanca di salutare gente all’aeroporto,” borbottò quando le amiche si
furono
allontanate di pochi passi. Ryo
si irrigidì appena: “Vedrai che tra poco finirà.” “Già,”
Ichigo alzò il viso e sorrise “Ci vediamo presto, no, Shirogane-kun?” Lui
annuì, alzò l’indice per picchiettarle la fronte: “Take
care, ginger.”
§§
Era
decisamente una situazione strana per lui, essere quello che attendeva
qualcuno
all’aeroporto. Di solito era sempre il contrario, era lui ad arrivare,
qualche
volta gli era pure capitato che non ci fosse nessuno a prenderlo. Invece,
ora stava continuando a controllare ansiosamente il monitor degli
arrivi, con
il volo che a lui interessava tra i primi della lista, e un
incoraggiante landed in verde al
suo fianco. “Se finisco il
liceo
con un buon voto, mio papà ha detto che posso venire a trovarti a New
York!” Quando
aveva letto quelle parole sul computer, gli era scappato da leggere. Lei
non era mai stata una cima a scuola, nonostante l’evidente
miglioramento degli
ultimi anni. Forse non aveva voluto sperarci troppo, come al solito. Eppure,
eccoli lì. Come lei avesse fatto a convincere Shintaro era un puro
mistero, per
lui, e gli sorgeva anche il dubbio che ci fosse stato lo zampino
provvidenziale
di Sakura. Riguardò
nuovamente l’orologio, poi si passò una mano tra i capelli. Le
porte si stavano aprendo ora sempre più spesso, le persone uscivano a
piccoli
gruppetti frettolosi, sperò solamente che i bagagli fossero arrivati e
lei non
ci mettesse troppo, come al solito, per essere pronta. Poi
la vide, un’inconfondibile chioma rossa, spettinata più del solito, a
pochi
metri da lui. Rimase immobile, osservando Ichigo che si guardava
intorno con
aria un po’ spaesata, mordendosi il labbro inferiore proprio come
quando era
una ragazzina irascibile. Non
le ci volle molto tempo perché i suoi occhioni si posassero sulla sua
figura
irrigidita ai margini della sala, riempendole il volto di un sorriso
raggiante. Anche
Ryo si ritrovò a sorridere, tirando fuori le mani dalle tasche e
compiendo due
passi verso di lei. “Non
si portano i fiori alle ragazze, quando si vengono a prendere
all’aeroporto?”
scherzò lei, allegra, la sua voce che gli riportò svariati ricordi in
mente. “Già
devo ospitarti gratis, vorresti pure i fiori, ragazzina?” la rimbeccò. Ichigo
gli fece una linguaccia, e lo circondò con le braccia, appoggiando la
guancia
al suo petto: “Ciao, Shirogane-kun.” Lui
inspirò forte l’odore dei suoi capelli, rendendosi conto solo in quel
momento
quanto gli fosse mancato davvero. “Ciao,
Ichigo.” La
sentì esitare nel suo abbraccio, prima di staccarsi con mezzo sorriso.
Avrebbe potuto
giurare di vedere due lacrime. “Guarda
te, ho dovuto rincorrerti dall’altra parte del mondo soltanto per
poterti
rivedere!” Ryo
fu sorpreso e divertito allo stesso tempo da quella battuta – gli
sembrava che
fosse davvero passata una vita dall’ultima volta che si erano rivisti
di
persona, e poteva certamente ammettere che gli fosse pesato più di
quanto fosse
davvero stato. L’aveva anche fatto apposta, però. “Non
penserai che debba sempre essere io ad attraversare i continenti,
ragazzina.” Ichigo
lo guardò dal basso con un’espressione pensierosa: “Sì, ma il Giappone
è casa.” Lui
tentennò, poi le sfiorò la frangetta con le dita: “Ed era ora che tu
lasciassi
un po’ il nido.” Lei
gli sorrise luminosa, lanciò le braccia in alto e sospirò: “Ah, non sai
come
sono contenta di essere qua! Devo raccontarti tutto del viaggio,
pensavo di
impazzire ad un certo momento! E mi ha chiamata anche Zakuro-san, ha
detto di
ricordarti p er l’ennesima volta della cena di domani, che ha dovuto
prenotare
a nome suo quindi tu non devi azzardarti a darle buca un’altra volta o
ti
ucciderà, e io davvero non ho voglia di girare senza nessuno che mi
traduca
questa astrusa lingua, e poi comunque deve essere proprio un ristorante
meraviglioso se c’è tutta quella lista di attesa, e io devo assolutamente sbandierarlo sotto il naso
di Minto-chan…” Ryo
si perse ad ascoltarla senza sentirla davvero, solamente il suono
familiare
della sua voce che gli rimbalzava nella mente, sopra al frastuono degli
aerei.
§§
Svicolò
tra la folla molto più velocemente del solito, impaziente di
raggiungere la
sala d’attesa. Aveva
un leggero mal di testa provocato come dal lungo viaggio; doveva
ammettere che
ora lo provava un po’ di più di quanto il suo orgoglio volesse. Si
sistemò meglio la tracolla addosso, cercando di non sgualcire il fiocco
del
pacchetto regalo che teneva sottobraccio e che già aveva dovuto
affrontare la
cappelliera. Le
porte si aprirono silenzioso, rovesciando nella grande sala la folla
internazionale. Ryo allungò il collo per sbirciare due chiome
particolari, che
avrebbero dovuto risaltare decisamente tra tutti. Quando
li vide, non poté evitare il sorriso che gli si stampò sulle labbra. Ichigo
ricambiò non appena lo notò camminare spedito verso di loro, stringendo
il
bimbo che teneva tra le braccia e che aveva iniziato ad agitarsi una
volta
riconosciuto il padre. “Hai
visto chi c’è?” cinguettò allegra, sistemandogli la magliettina a righe
“Tutte
queste feste a me non le fai, birbante.” “Hello,
Luke!” Ryo li raggiunse in
fretta, poggiando le borse in terra, e subito prese in braccio il
bambino “How’s my best buddy doing?” “Quando
non ci sei, è molto meno viziato.” Il
biondo lanciò un’occhiata divertita alla ragazza accanto a sé: “Mi
ricorda
qualcuno.” Ichigo
rise, si alzò in punta di piedi per schioccargli un bacio sulle labbra:
“Bentornato
a casa.”
… the eyes that
can't take in all
of the change, I like the
hugging, the bringing
together, the
end of missing someone.»
Punto numero
uno: HP ha un rapporto di
odio/amore con gli aeroporti. Posso affermare con certezza di aver
pianto in
tutti gli aeroporti americani in cui sono stata, negli ultimi cinque
anni. E a quello
di Bologna un mese fa. ahah
Punto numero
due: qua dentro c’è un sacco di
quello che in inglese si chiama wishful
thinking… e vedremo. xD
Punto numero
tre: la citazione viene da
“Estremamente forte ed incredibilmente vicino”, di Jonathan Safran
Foer, libro
che consiglio spassionatamente se ancora non l’avete letto, anche se è
una
lettura abbastanza pesantuccia a livello emotivo – o almeno, io ho
pianto
assai, ma io non sono un termine di paragone valido xD
Punto
quattro: sìììì lo so che è fatta
esattamente come Late, e
probabilmente come qualche altra cosa che ho scritto?, però la
creatività
scarseggia ahah
Io torno a
studiare, voi passatevi un bel
weekend, vi auguro un tempo migliore del mio!
Ichigo
entrò veloce come una furia al Caffè, chiamando a gran voce Ryo; lui
uscì dalla
porta della cucina, allarmato, soltanto per vedersela saltargli addosso
contenta. “Mi
hanno presa!” strillò “Mi hanno presa!” Shirogane
sorrise, a mezzo fiato per quello scontro, ed incastrò le mani sotto le
sue
gambe per tenerla. “Allora mi devi una cena. Te l’avevo detto che ce
l’avresti
fatta.” Lei
sorrise contenta, le guance un po’ rosse. Avevano studiato così tanto
per quell’esame
di ammissione, Shirogane l’aveva praticamente costretta alla schiavitù
sui
libri, ma al tempo stesso l’aveva confortata così tanto quando non era
stata per
nulla certa di potercela fare… avevano passato ore insieme a fare
ricerche, l’aveva
spronata a dare il massimo e l’aveva fatta sentire così sicura di sé.
Era stato
come scoprire due nuove versioni di loro stessi, giorno dopo giorno. E
ora, lei sarebbe partita per un meraviglioso semestre a New York,
sponsorizzato
dalla sua università. Sarebbe impazzita, probabilmente, ne era quasi
certa,
tutto sarebbe stato così diverso e così spaventoso, lei e quel cavolo
di
inglese che nonostante tutto non riusciva sempre a capire… ma Ryo
sarebbe stato
lì, ovviamente. Se
non era un motivo per impazzire, quello. Si
strinse di più a lui, esalando soddisfatta per calmarsi un po’, e
appoggiò la
fronte alla sua mentre chiudeva gli occhi. “Ti
amo,” sussurrò, senza poter controllare la facilità con cui quelle
parole le
scivolarono dalla lingua per la prima volta. Ryo
si irrigidì, colto di sorpresa. Ichigo aveva ancora gli occhi serrati,
poteva
sentire la tensione nelle dita sottili che erano incrociate sul suo
collo. Il
sedicenne che era in lui stava esultando, lo stomaco contorto in una
strana
sensazione surreale. Il ventitreenne, invece, gli stava imponendo di
rimanere
calmo. Sorrise,
sfiorando il nasino della rossa con il suo. “Ora
scendi però, che sei pesante.” Ichigo
aggrottò la fronte, lasciandosi scivolare giù. Incrociò le braccia al
petto, l’entusiasmo
dell’ammissione momentaneamente messo da parte. “Hai
capito cosa ti ho detto?” Ryo
rise, le scostò la frangetta dalla fronte prima di picchiettargliela
con un
dito. “I told you we
shall always talk in English now, so you’ll be ready.” Lei
sbuffò, tirandogli un fiacco pugnetto sul braccio. “Sei
antipatico.” “In English, my
dear.” Ichigo
lo guardò dal basso, si morse il labbro inferiore. “I… love you?” Lui
sorrise e le prese il volto tra le mani prima di baciarla: “I love you too.”