Klaine Songs

di Alchbel
(/viewuser.php?uid=138362)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Teenage dream ~ Blaine ***
Capitolo 2: *** Teenage dream ~ Kurt ***
Capitolo 3: *** Don't cry for me Argentina ~ Kurt ***
Capitolo 4: *** Don't cry for me Argentina ~ Blaine ***
Capitolo 5: *** Hey, soul sister ~ Blaine ***
Capitolo 6: *** Hey, soul sister ~ Kurt ***
Capitolo 7: *** Baby, it'cold outside ~ Kurt ***
Capitolo 8: *** Baby, it's cold outside ~ Blaine ***
Capitolo 9: *** Bills, Bills, Bills ~ Blaine ***
Capitolo 10: *** Bills, bills, bills ~ Kurt ***
Capitolo 11: *** When I get you alone ~ Kurt ***
Capitolo 12: *** When I get you alone ~ Blaine ***
Capitolo 13: *** Silly love songs ~ Blaine ***
Capitolo 14: *** Silly love song ~ Kurt ***
Capitolo 15: *** Don't you want me ~ Kurt ***
Capitolo 16: *** Don't you want me ~ Blaine ***
Capitolo 17: *** Animal ~ Blaine ***
Capitolo 18: *** Animal ~ Kurt ***
Capitolo 19: *** Misery ~ Kurt ***
Capitolo 20: *** Misery ~ Blaine ***
Capitolo 21: *** Blackbird ~ Blaine ***
Capitolo 22: *** Blackbird ~ Kurt ***
Capitolo 23: *** Candles ~ Kurt ***
Capitolo 24: *** Candles ~ Blaine ***
Capitolo 25: *** Raise your glass ~ Blaine ***
Capitolo 26: *** Raise your glass ~ Kurt ***
Capitolo 27: *** Somewhere only we know ~ Kurt ***
Capitolo 28: *** Somewhere only we know ~ Blaine ***
Capitolo 29: *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Blaine ***
Capitolo 30: *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt ***
Capitolo 31: *** Dancing Queen ~ Kurt ***
Capitolo 32: *** Dancing Queen ~ Blaine ***



Capitolo 1
*** Teenage dream ~ Blaine ***


NOTE:

Allora, credo che le note siano d’obbligo! =)

Tanto per cominciare, ci presentiamo: noi siamo pachelbel90 e Alchimista.

I nostri due cervellini si sono fusi per dar vita a questa storia, con la quale speriamo di emozionare voi lettori, ma anche soddisfare noi scrittrici. Perché sì, sinceramente scrivere di Kurt e Blaine è una vera e propria soddisfazione! *__*

 

La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti e di come esse abbiano influenzato la loro amicizia e il loro amore.

Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto.

Sperando che possa interessarvi, vi lasciamo al primo capitolo, scritto da pachelbel90.

 

A fine capitolo troverete inoltre due sorprese!

 

Enjoy!!

 

 

 

~ KlaineSongs ~

 

 

1°_ Teenage dream ~ Blaine

~ Di visite gradite e pensieri inaspettati ~

 

 


Before you met me, I was a wreck
But things were kind a heavy, you brought me to life
Now every February you'll be my valentine, valentine

Let's go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever

 

 

Seriamente, non so cosa diamine mi sia preso! Prendere per mano così un perfetto sconosciuto! Certo, lui è anche stato gentile e non mi ha detto nulla, però avrebbe potuto prendermi per pazzo e fuggire via a gambe levate.

Devo dire che mi ha sorpreso parecchio invece: mi ha seguito, si è lasciato prendere per mano, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

 

You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back

 

Ha degli occhi davvero luminosi, molto espressivi. Anche se ora vi posso leggere la curiosità in essi racchiusa, questa non riesce a coprire il dolore che vi si nasconde dietro, inutilmente.

 

 

Let's go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever

 

Sento un’improvvisa fitta al petto, al pensiero di questo ragazzo dallo sguardo così dolce, e triste, piegato in due dal dolore, per qualcosa di cui per altro non conosco il motivo.

E, inaspettatamente, capisco che voglio aiutarlo, voglio fare in modo che smetta di essere triste, voglio vederlo sorridere.

 

 

You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back

 

Sì, dovrei anche concentrarmi sulle parole della canzone effettivamente eh! Però non posso fare a meno, seguendo le parole della canzone, interpretarle di conseguenza, coinvolgendo il ragazzo di fronte a me.

Lo sto indicando, lo sto guardando e davvero dovrei smetterla. Se continuo di questo passo, mi sa che dovrò una retta di iscrizione alla segreteria della Dalton, per aver fatto fuggire uno studente dopo nemmeno un giorno. Anche se effettivamente è strano, non ha la divisa. Di solito la danno subito.

 

 

I'm a get your heart racing in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight


Si sta guardando attorno, sorpreso, poi riporta lo sguardo su di me. All’improvviso, sorride. Le sue labbra si tendono, i denti si scoprono e sembra quasi che il suo sorriso si sia esteso anche agli occhi.

 


You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back

 

Ora come ora, non mi importa chi diamine sia e che cosa sia venuto a fare qui a scuola: mi importa solo del suo sorriso. Sono riuscito a strappargli un sorriso! Sono estremamente fiero di me, bel lavoro Anderson!

 

 

My heart stops when you look at me
Just one touch, now baby I believe
This is real, so take a chance
And don't ever look back, don't ever look back

 

 

Ho come l’impressione che sia un esterno e che non sia qui per iscriversi. L’aria esterrefatta dipinta sul suo volto me ne da la conferma: non sapeva che questa scuola fosse solo maschile, né quanta influenza – se così vogliamo chiamarla – possiamo avere noi Warblers qui. Tuttavia non mi sembra si sia scomposto più di tanto quando li ho nominati. E visto che ci sono le Provinciali alle porte, l’unica cosa che mi viene da pensare è che sia una spia: un cantante di un’altra scuola.

 


I'm a get your heart racing in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight
Let you put your hands on me in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight

 

 

Anderson, perché questa delusione?

Speravo potessimo diventare amici. Speravo di aver trovato finalmente qualcuno come me e che non mi legasse a troppi brutti ricordi.

 

Ma guardalo dai! Se fosse una spia con cattive intenzioni se ne sarebbe già andata, sconvolta dalla nostra performance – siamo stati davvero bravi, non c’è che dire – invece lui è ancora qui, che ci applaude insieme a tutti gli altri, con gli occhi che brillano per qualcosa che non riesco a decifrare.

 

Anche se è una spia, ho voglia di aiutarlo. E ho bisogno di un amico.

Kurt.

 

 

~ ∞ ~

 

 

«Allora, gioca per la tua squadra?»

 

Sposto lo sguardo su Wes, ancora sovrappensiero; sto pensando alle parole di Kurt, e a quelle che gli ho detto io. Non pensavo di essere in grado di dire certe cose, spero di averlo aiutato almeno un po’.

 

«Come scusa?» gli rivolgo uno sguardo confuso, a cui il mio amico reagisce ridacchiando.

«Dai, sai cosa intendo! È gay anche lui, sì?»

 

Oh, lui intende quello!

Cavolo, e poi sarei io l’unico gay qui dentro?! Sono circondato da un branco di peppie, su cui tra tutti capeggia Wes. Questo ragazzo è una cosa impossibile, non sa cosa significhi farsi gli affari suoi.

Già mi era sembrato strano che lui e David avessero lasciato soli me e Kurt quando gliel’ho chiesto.

Anche se immagino si siano fermati appena fuori dalla porta per origliare la nostra conversazione.

 

«Sì, lo è. Perché mi fai questa domanda?»

Lui alza le spalle e sbuffa. «Oh, se non lo sai tu!»

«Cos’è che dovrei sapere?»

 

Non capisco dove voglia andare a parare. Kurt è gay, sì, lo capirebbe chiunque. E ho molto apprezzato il suo voler mostrarsi per quello che è. Anzi, non solo l’ho apprezzato, ma l’ho invidiato. È molto più forte di quello che crede, nonostante tutte le cose che mi ha raccontato.

 

«Lo hai aiutato.»

Lo fisso di nuovo, confuso. Seriamente, oggi non riesco a seguire il filo logico dei suoi pensieri; a mala pena riesco a seguire i miei!

«Wes, non ti seguo.»

«Secondo me il gel che ti metti tra i capelli ti si infiltra anche nel cervello.» Mugugna lui.

 

Oh che nervi con sta storia del gel! Io li lascerei anche liberi, ma qui a scuola mi guardano tutti male; non è colpa mia se ho i capelli peggio di Harry Potter! 

«Il mio cervello va benissimo così, grazie!»

«Scommettiamo?» chiede Wes, inarcando un sopracciglio. Non rispondo, attendendo che sia lui a parlare per primo. «Non gli hai nemmeno chiesto il numero di cellulare.»

 

Spalanco gli occhi, sconvolto. Come ho fatto a dimenticare di chiedergli il numero?!

Non ci penso un minuto di più e corro via, lasciando indietro Wes, che ridacchia alle mie spalle. Dev riuscire a raggiungere Kurt prima che se ne vada. Non so nemmeno come sia venuto, se in macchina o in pullman.

 

A quanto pare ero così preso dal volerlo aiutare, dal pensare bene a cosa dirgli per evitare che piangesse – oh, quanto ho odiato quelle lacrime che gli rigavano il volto! – da non pensare a come fare per risentirlo.

 

Stranamente sembra che la fortuna sia dalla mia parte, almeno questa volta. Kurt si sta avvicinando a un grosso fuoriserie grigio metallizzato, lo sguardo basso, mentre giocherella con le chiavi della macchina.

Lo chiamo, mentre corro più veloce verso di lui, frenandogli vicino.

 

«Ehi!» mi dice, sorridendomi.

Viene spontaneo sorridere anche a me, mentre con una mano sul fianco, provo a riacquistare una respirazione normale. Questo mi da il tempo per osservarlo qualche minuto: alla luce del sole, i suoi occhi sembrano ancora più belli.

Di solito mi sono sempre sentito fare i complimenti per il colore dei miei occhi, un caramello davvero particolare, ma credo di averne appena trovati di più belli.

 

«Stai bene?» chiede lui, premuroso, ma anche un po’ sarcastico.

Ridacchio. «Sì. Volevo solo darti il mio numero di cellulare!»

 

Lui arrossisce subito, spalancando un po’ la bocca, che gli si deforma, acquistando l’aspetto di una piccola ‘o’. Forse sono stato un po’ troppo diretto… mi stupisco ancora che non sia scappato a gambe levate!

 

Il silenzio imbarazzato che è sceso non mi piace affatto, così distolgo gli occhi dai suoi ed estraggo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, cominciando a digitare il suo nome sullo schermo.

Quando rialzo gli occhi lui sembra si sia ripreso, perché ha già il cellulare stretto tra le mani e un dolce sorriso sul volto.

Ovviamente, sorrido di nuovo anche io.

 

Mi detta il suo numero, poi io gli faccio uno squillo e lo guardo mentre aggiunge il mio nome in rubrica. Ci tengo al fatto che mi chiami, in caso avesse bisogno. Non so nuovamente spiegarmi il desiderio che ho nell’aiutarlo, ma è lo stesso che ho sentito mentre cantavo.

 

«Per qualsiasi cosa, scrivimi. O chiamami.» Gli dico di fretta. Voglio che lui lo sappia, voglio che sappia che ci sono. Lui mi guarda e riesco a leggere nei suoi occhi la gratitudine che prova nei miei confronti. Sono lucidi quasi.

 

«Grazie Blaine, di tutto.»

È la prima volta che pronuncia il mio nome e devo dire che mi piace il suono del mio nome pronunciato dalla sua voce.

«E’ stato un piacere Kurt.»

 

Ci sorridiamo per qualche secondo. Non so cosa dire, forse perché mi sembra estremamente infantile dire che lo vorrei come amico; vorrei qualcuno che mi capisse davvero, qualcuno di cui poter parlare dei numeri di Vogue e dei musical e di qualsiasi altra cosa mi venga in mente.

 

Così lo lascio andare. Sale in macchina, rivolgendomi un’altra occhiata, accompagnata da un sorriso dolce, poi mette in moto e si allontana.

 

Avrei voluto dirgli di continuare a resistere, di non arrendersi, di non fare come ho fatto io, di non lasciare che spintoni e parole velenose lo buttino giù, di essere forte. Di avere coraggio.

Coraggio.

 

Sorrido e apro la cartella dei messaggi digitando veloce otto lettere: CORAGGIO.

Seleziono il suo numero e premo il tasto ‘invio’.

 

La campanella suona in lontananza, segno che sono ricominciate le lezioni. Mi avvio dentro, felice, senza sapere perché, quasi saltellando e con un grosso sorriso stampato sul volto.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DELLA SORPRESA!

 

In realtà non è niente di speciale! xDDD Semplicemente, spinta dal dolce far niente nel bel mezzo della notte, ho pensato di fare una specie di “copertina” della storia. Eccola qui:

 

Infine, avendoci preso gusto, ho deciso che per ogni capitolo avrete una immagine! Ecco qui l’immagine di questo capitolo:

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Teenage dream ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

2°_ Teenage dream ~ Kurt

~ Di sogni ad occhi aperti e fastidiosi risvegli ~

 





 

Before you met me, I was a wreck
But things were kind a heavy, you brought me to life
Now every February you'll be my valentine, valentine

Let's go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever

 

 

All’improvviso mi sembra di non riuscire a respirare, come se ad ogni parola che pronuncia, ad ogni nota prodotta un po’ del mio fiato e dell’aria intorno sparissero, fuggendo via. Farò la figura dell’idiota se rimango a boccheggiare davanti a lui, ma non posso fare a meno di continuare a guardare i suoi movimenti decisi, i suoi occhi di uno strano ambra e quel sorriso.

 

Bene. Fino a due secondi fa non lo conoscevo ed ora lui mi canta davanti ed io mi sto per sciogliere. Qui il Glee Club sembra essere molto popolare – sarebbe assurdo il contrario con uno come… Blaine che canta. È una strana sensazione, come se non potessi non sorridere quando incontro i suoi occhi.

 

 

You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's run away and don't ever look back
Don't ever look back

 

 

Probabilmente – anzi sicuramente è un piano ben congeniato per tenere lontana qualunque spia di altre scuole: Blaine fa il carino, ti intrappola con il suo fascino e tu dimentichi cosa sei venuto a fare e anche come ti chiami. Perché è questo il mio stato al momento e lui pare provocarmi! Come se la stesse cantando a me questa canzone, come se ci fossero mille sottintesi nelle sue parole, nei suoi movimenti ed io non riesco a rompere l’incantesimo che mi intrappola come un sogno troppo bello per essere vero o perché ci si voglia svegliare. E mi lascio andare nei suoi meravigliosi occhi.

 

 

let’s go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance, until we die
You and I we’ll be young forever

 

 

Mi indica. Indica me? Ma non siamo ridicoli! Fa parte della coreografia quel movimento, solo della coreografia… è tutto così…

I suoi occhi nei miei - di nuovo - ed il mio cuore perde un battito. In un istante dimentico le Nuove Direzioni, il mio ruolo di spia e tutti i miei problemi al McKinley con Karofsky e i vari bulli. Ogni cosa annega in lui e mi rendo conto che per quanto sia stupido ed infantile, per quanto sia da me, sono stregato da Blaine.

Ok, colpo di fulmine? Con un ragazzo che conosco da poco più di due minuti – uno sconosciuto? No, seriamente Kurt, quanto ancora vuoi renderti ridicolo prima di toccare il fondo? Lui avrà già capito tutto e nella sua testa ti starà prendendo in giro per il modo in cui lo guardi.

 

My heart stop when you look at me
Just one touch
Now baby I believe this is real
So take a chance and
Don’t ever look back
Don’t ever look back

 

 

Non posso fare a meno di sentirmi bene in questo momento. Non posso fare a meno di guardarmi intorno e vedere come la sua voce stia portando allegria ovunque in questa stanza. Solo la sua voce, nulla di più. Se non è magia questa! Tutti intorno a me si muovono a ritmo di musica, come sotto un potente e dolce incantesimo che arriva dritto al cuore.

 

Guardo di sfuggito la mia mano: l’ha presa e mi ha trascinato nel cuore della scena, nel momento più bello dell’intera giornata, forse del mese e lo ha fatto con una naturalezza unica, come se fossimo amici da sempre, come se mi conosce. Semplicemente mi ci aveva portato e mi aveva lasciato lì a guardare lo spettacolo.

 

 

I’m a get your heart racing
In my skin-tight jean

Be your teenage dream tonight

 

 

Le loro voci a cappella sono qualcosa di angelico. E noi dovremmo sfidarli? E speriamo di batterli? Ora come ora credo che niente al mondo possa battere quella voce…

Si spegne, come quando la luce di una cometa viene inghiottita dall’oscurità della notte e non ne resta traccia che nella tua testa – il resto del miracolo è scomparso agli occhi della gente.

 

Dovrò svegliarmi anch’io ora e mentre applaudo sento l’incantesimo infrangersi. Ora sono Kurt Hummel, spia di un’altra scuola che molto probabilmente è stata già riconosciuta come tale per quella maledetta divisa che non ho. No, fermo.. non pensare a lui che ti aggiusta il colletto consigliandoti di non dimenticarla più…

 

«Allora, vieni con noi… emhnovellino?» mi chiede Blaine, affiancato da due compagni e da come ha caricato l’ultima parola capisco che sa tutto.

Addio sogni, è stato bello finché è durato!

 

 

~ ∞ ~

 

 

Bloccato in macchina, giovedì sera, a pochi metri dal mio “appuntamento”. No, no... per amor di cronaca non confondiamo le cose: non è un “appuntamento”, è un’uscita con un amico conosciuto da poco, di cui so pochissimo, che gareggia in una squadra avversaria e che… cavoli, che mi piace!

 

Ma a cose simili ci sono abituato, insomma non è di certo la prima cotta o fissa che prendo... solo che stavolta lui è gay e le cose si complicano: ho più speranze! Cioè, le mie speranze sono comunque pari a zero – siamo realisti – ma il mio cuore non vuole smetterla di credere che potendo stare effettivamente insieme e dopo essermi stato tanto d’aiuto con Karofsky ed avermi preso a cuore.. possa, ecco, nascere qualcosa. Cosa? Cosa dovrebbe nascere?

Solito, stupido, sognatore ad occhi aperti! Quando ti decidi a crescere?

Chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro. Ecco a cosa serve lo yoga.

 

Un picchiettio improvviso sul vetro della macchina mi fa sussultare e voltando lo sguardo scorgo sorpreso il volto di Blaine che mi osserva curioso da fuori il finestrino. Per un attimo rimango così, bloccato da quello sguardo e quel sorriso e non mi accorgo di arrossire – cosa che non fa altro che allargare ancor più le labbra dell’Usignolo.

 

Scendo dalla macchina leggermente in imbarazzo: da quanto tempo mi stava osservando? Odio sognare ad occhi aperti: si rischiano sempre simili figure ed io ho la fortuna di non scamparne neanche una.

 

«Ciao, Kurt. Tutto ok?» mi saluta lui, senza perdere il sorriso.

 

Traduzione: ciao, Kurt. Mi sembravi lievemente meno fuori di testa l’ultima volta che ti ho visto, quando mi hai inspiegabilmente parlato di tutti i tuoi problemi, chiedendomi aiuto nonostante fossi un perfetto sconosciuto.

 

Sorrido ancora più in imbarazzo se possibile e sono indeciso su cosa rispondere. Opto per un saluto ed un sì: rapidi ed indolori.

 

«Sei qui da molto»

Ahimè, non è un’affermazione: Blaine sembra non volermela far passare liscia questa mia… stranezza. Sospiro.

«Mi facevo coraggio» confesso; tanto, peggio di così.

 

Mi aspetto uno sguardo allucinato, magari un dietro front e fuga per la salvezza – sanità mentale in questo caso. Invece lui allarga di un po’ il suo sorriso, lasciandosi scappare il suono dolce in una risata trattenuta e mi guarda.

 

«Certo, ci vuole coraggio per andare a mangiare qualcosa con un simile mostro cattivo. Magari il locale, qui, non ha ciò che voglio e potrei mangiare te!» conclude alzando le braccia ed aprendo la bocca per mimare una bestia feroce.

 

Scoppio a ridere ancora più in imbarazzo.

«Non intendevo questo» sottolineo con tono di scusa.

«Certo. So cosa intendevi»

 

Per un attimo il suo sorriso si spegne, come se quella frase trattenesse più del visibile, molto di più. Lo osservo mentre sulla fronte gli compare una lieve ruga – chissà a cosa sta pensando.

Chissà cosa voleva intendere.

 

Ma tutto non dura che un attimo, poi torna il Blaine di sempre, con gli occhi vivi ed un sorrisetto di sincera fiducia in chiunque gli sta di fronte ad allargargli le labbra.

«Mangiamo?» mi chiede, indicandomi con la mano il locale che ha scelto per la serata.

«Certo» e mi avvio alla sua destra.

Il locale è carino: ben arredato e non molto caotico o affollato. Prendiamo uno degli ultimi posti della sala e attendiamo che qualcuno ritiri le nostre ordinazioni.

 

«Allora, Kurt.. come va?» mi chiede guardandomi dritto negli occhi.

 

Paura che scappi, Blaine? Io sorrido, pensando alla risposta più veritiera e meno preoccupante che possa dargli.

«Come sempre» rispondo, scrollando le spalle con fare superficiale, ma lui non ci sta ad arrendersi subito.

 

«Quel tipo ti dà ancora fastidio, eh?» mi chiede ancora e – non so se me la sia immaginata – sento una nota di triste preoccupazione nella sua voce.

 

Ha minacciato di uccidermi penso fra me, ma non voglio che lo sappia, quindi annuisco appena abbassando lo sguardo.

Lui si sporge verso il tavolo e mi sfiora la mano con aria preoccupata: crede stia di nuovo piangendo? In effetti, ne avrei voglia.

 

«Mi sono ripromesso di non farlo, stasera» sussurro e lui mi guarda senza capire «Mi sono ripromesso di non piangere, facendo la pessima figura della prima volta che ci siamo incontrati… Cambiamo argomento?» quasi lo prego.

 

Blaine, però, non mi sembra molto d’accordo. Per un istante apre la bocca, quasi volesse dirmi qualcosa; poi la cameriera del locale ci interrompe chiedendoci le ordinazioni – dovrò ringraziare quella donna, prima di andar via.

 

«Per me il classico, grazie» fa lui gentile «Per te…?»

«L-lo stesso» tentenno e lei ci sorride andando via.

«Il classico? Non ti facevo da panino classico, Kurt…» scherza – che abbia davvero dimenticato il nostro discorso di prima?

«Neanch’io, te… e poi, odio i locali nuovi: non so mai che prendere e finisco col copiare l’ordinazione degli altri. Spero non sia nulla di allucinante»

«Fidati di me» mi sorride lui.

Ovvio mi trovo a pensare.

 

«Quindi… tu sei il solista degli Usignoli…» azzardo mentre la cameriera ci porta i panini chiesti.

«Ah, potresti aggiungere anche un cappuccino medio per me e…?»

Mi guarda. Mi sfida?

«Un latte macchiato, scremato, grazie» sorrido io.

«Ah! Allora non copi sempre le ordinazioni altrui!» mi prende in giro.

«No. Sul caffè ho gusti molto particolari ed il cappuccino non rientra fra questi, mi spiace» lo canzono.

 

Addenta il panino con calma e mi guarda mangiare il mio, quasi con curiosità. Non ha mai visto qualcuno mangiare prima d’ora o cosa? Mi sento leggermente in imbarazzo sotto quegli occhi ambrati e non so che dire per rompere il silenzio. La mia domanda sul Glee Club è passata senza sortire effetto. Avrei fatto meglio a rispettare quello che avevo detto a Mercedes: “non parleremo neanche del Glee Club”… sì ma allora di cosa?

 

«Fai ancora la spia?» chiede lui e sembra serio.

Io mi blocco, guardandolo negli occhi a corto di fiato. Allora l’ha sentita la mia domanda.

«No, no, no… io stavo solo.. insomma, chiedevo.. ecco» mi scuso e lui scoppia a ridere di gusto.

«Ehi, calmo! Scherzavo!» mi rassicura «Sì, di solito mi assegnano gli assoli… ma è il consiglio che decide. E tu?»

«Io… oh, beh.. non credo avrò assoli stavolta. Sai, siamo un gruppo molto in competizione. Si vince e si perde» e non ho la più pallida idea di cosa stia dicendo.

 

Come del resto, non ne ho per tutta la serata. Rotto il ghiaccio si passa da un argomento all’altro senza alcuna connessione logica, dalla famiglia, alle copertine di Vogue, agli ultimi singoli in giro. Dovrebbe affinare i suoi gusti musicali.. sono un po’ troppo… non so, distaccati dai veri sentimenti che le canzoni dovrebbero trasmettere. Non c’è un pezzo seriamente emotivo tra quelli che mi ha citato, ma evito di contraddirlo per non cadere di nuovo in una situazione imbarazzante – ce ne sono state a sufficienza.

 

Quando la cameriera ci porta i caffè, stiamo ridendo senza saperne davvero il motivo – solo per il gusto di farlo. Non mi capitava una cosa simile da tempo.

 

«Sai un po’ mi spiace» confessa ad un tratto, sorseggiando il suo cappuccino.

«Per cosa?»

«È stata una bella serata, ma è giunta alla fine» spiega.

«Beh, non sarà l’ultima» provo a consolarlo mentre ci avviamo alla cassa per pagare.

 

Lo batto sul tempo e pago per entrambi con un sorriso alla sua aria di sorpreso disappunto.

«Ora dovranno essercene per forza delle altre, Kurt Hummel» minaccia lui «Devo restituire la cortesia… e non scuotere la testa, lo farò» si impunta.

Non posso fare a meno di sorridere.

 

«Allora alla prossima!» lo saluto con entusiasmo.

«Certo. Sta bene, Kurt» ricambia lui e di nuovo il suo sguardo si fa leggermente serio; ho l’improvviso sospetto che voglia riaprire l’argomento “Karofsky”, ma lui non fa altro che guardarmi con forza, quasi volesse comunicare solo con lo sguardo ed io rimango di nuovo senza fiato. Alle volte davvero non capisco come sia possibile che mi abbia preso tanto a cuore: ci conosciamo da troppo poco tempo eppure lui mi tratta come un vecchio amico.

 

Sorrido, mascherando imbarazzo e dubbi e mi avvio verso la macchina, mettendo in modo e guidando fino a casa – fortuna che il locale non è molto lontano.

 

Solo quando sono ormai sceso e sto cercando la chiave di casa, mi accorgo della sua macchina – nera elegante ma allo stesso tempo sportiva – che mi passa davanti ed il suo occhiolino mi saluta.

 

Rimango per un istante immobile per la sorpresa, poi trattengo a stento uno scoppio di risa abbassando il capo: mi ha seguito fino a casa? Per accertarsi che non mi accadesse nulla?

 

Blaine Anderson, sei strano… e stranamente non fai altro che piacermi sempre di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Eccoci col secondo capitolo…. Oddio >___< sarà stato penoso rispetto a quello di pachelbel… mi spiace (cavoli, era impossibile reggere il confronto!)

In ogni caso.. siamo entrambe in brodo di giuggiole per il successo del primo capitolo: avete risposto davvero in molti e per questo vi ringraziamo moltissimo. In particolare ringraziamo: EricaCullen, BeatriceS, VomitingKlainbows, crazy_klara, Sirymcgregor, Endgame_Klaine, _kia91_,  MissBlackspots, Sasi_blu, Franzolina_ per aver recensito; KKlaine, martysa, only_be_pretending, Sasi_blu, VomitingKlainbows perché preferiscono e  Alice Pierce, BeatriceS, EricaCullen, GingerKinomiy, IstillRemember, Kakiis, Minzul, MissBlackspots, Sirymcgregor, tellins, truecolors_, Unknown118, _kia91_ perché seguono. E un grazie anche a tutti i lettori silenziosi.

Due precisazioni prima di andare.

Il raiting della storia ora è giallo.. ma siamo certe che nel corso della storia aumenterà.

Tutte le canzoni che, in un modo o nell’altro, hanno caratterizzato l’intera esperienza di Kurt e Blaine, come avrete notato, saranno trattate da entrambi i punti di vista. Par condicio u.u

 

Bene. Credo di aver detto tutto. Aspetto di sapere che ne pensate, eh!!

Non perdete il prossimo capitolo: pachelbel ha fatto un magnifico lavoro – si è superata!

A presto! Baci.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Don't cry for me Argentina ~ Kurt ***


~ Klaine Songs ~

 

 

3°_ Don’t cry for me Argentina ~ Kurt

~ Di quando non vorresti davvero piangere ~

 

 

Finisco di riporre ordinatamente l’ultimo pigiama nella valigia e la chiudo di scatto: non avrei potuto sopportare oltre la vista di tutti i miei averi stipati nella valigia.

 

Ok, forse sto esagerando un po’. La valigia è enorme e, soprattutto, non è che abbia portato poi tanti vestiti con me; alla Dalton non avrò occasioni di poter sfoggiare i miei ultimi acquisti di Alexander McQueen dal momento che sarò costretto tutto il giorno in divisa.

 

Il pensiero della Dalton dovrebbe farmi sorridere, dovrei pensare al fatto che finalmente sarò al sicuro da Karofsky e qualsiasi altro episodio di bullismo; anche il pensiero di Blaine mi dovrebbe rendere felice – più che felice – ma non riesco a togliermi dalla mente le loro espressioni.

 

Li ho abbandonati: certamente è questo quello che pensano.

Finn non mi ha rivolto la parola quando è tornato a casa nel pomeriggio; credo si sia offeso perché non ne ho discusso prima con lui. Ma questa è una decisione che dovevo prendere da solo, senza l’aiuto di nessuno.

 

Non so se la mia scelta sia stata la più giusta, ma certamente è stata la più facile. La più facile per me, si intende.

Non sarò più costretto a guardarmi le spalle o a vivere nel terrore di poter essere aggredito non appena rimasto solo.

 

Tuttavia posso asserire che non è facile per niente. Mi mancheranno, tutti quanti: il professor Schuester, Mercedes, Finn, Tina, Artie, persino Rachel!

Spero che capiscano che non avrei mai voluto lasciarli, ma che sono stato costretto a farlo.

 

Mi sento così solo in questo istante – come sempre d’altronde; ormai dovrei esserci abituato. Non posso parlarne con Mercedes, non capirebbe: è tutto il giorno che prova a chiamarmi, ma io lascio che il telefono squilli. Se sentissi ora la sua voce so che scoppierei a piangere e non voglio.

Sono stufo di piangere. E poco prima del mio primo appuntamento con Blaine avevo giurato che non l’avrei più fatto.

 

Blaine.

Già, potrei chiamarlo.

 

Senza pensarci afferro il cellulare sul mio comodino e compongo il suo numero, che ormai so a memoria; non sono neanche due settimane che ci conosciamo ma non facciamo altro che scriverci messaggi. È l’unica parte della mia vita che sembra stia andando discretamente bene.

 

Il telefono squilla due volte, poi la sua voce mi arriva dritta alle orecchie, vivace come sempre. Mi viene spontaneo sorridere al muro di fronte a me, immaginandomelo.

 

«Ciao Kurt!»

«Ehi.» Vorrei tanto che la mia voce non sembrasse quella di uno stupido ragazzino che cerca di cacciare indietro le lacrime, ma è quello che sono in questo istante.

 

«Kurt, stai bene?» il suo tono assume subito una vena preoccupata; ha capito che non sto affatto bene.

«Io…» non avrei mai dovuto chiamare.

«Sto venendo da te, non muoverti di lì!»

 

Neanche un istante dopo sento il tipico rumore di quando una chiamata è stata interrotta. Rimango imbambolato a fissare il cellulare che stringo tra le mani, incapace di ragionare lucidamente, combattuto tra le lacrime che minacciano di scendere e il pensiero che Blaine sta venendo qui.

 

Blaine sta venendo qui.

Oh cavolo!

 

Vengo preso dall’ansia, più di quanto sia lontanamente possibile, e corro a darmi una sistemata ai capelli. Fortuna che in casa non c’è nessuno, almeno non dovrò sopportare il momento imbarazzato in cui dovrò presentare Blaine a papà.

 

Scendo le scale e mi avvicino alla finestra del salotto che da sulla strada, in attesa del suo arrivo; non so quanto tempo possa metterci ad arrivare, perciò meglio tenersi preparati.

Inoltre uscire un po’ dalla mia stanza mi farà bene: mi sentivo soffocare con quella valigia e gli scaffali delle mie creme vuoti.

 

Non so quanto tempo passi, ma finalmente un’auto posteggia di fronte a casa e da essa scende Blaine, bello come al solito, non fosse per l’aria preoccupata e nervosa dipinta sul viso.

 

Mi alzo di scatto dal divano e mentre attraverso l’ingresso diretto alla porta getto un’occhiata al mio riflesso nello specchio; mi esce un verso di disappunto. Sono un mostro: ho gli occhi lucidi e un’aria abbattuta che mi rende più pallido del normale.

Non avrei dovuto permettergli di venire e vedermi così, né tanto meno avrei dovuto chiamarlo. Non so cosa mi sia saltato in mente né perché ho sentito – e sento tuttora – il bisogno di averlo vicino.

 

Ormai è tardi per tornare indietro però; lui è qui.

E il fatto che sia subito corso da me mi aiuta almeno un minimo a sorridere.

 

Apro la porta e me lo trovo di fronte, con una mano sollevata in procinto di bussare e uno sguardo strano negli occhi caramello, i capelli ricci liberi dal gel. Quasi mi manca il respiro quando lo vedo.

 

Sono nei guai. Davvero tanto nei guai.

Blaine mi piace e anche tanto.

 

«Kurt, stai bene?» ripete la domanda che mi ha fatto per telefono. Si capisce che gli importa davvero; ultimamente sembrava non importasse a nessuno di come stessi, ma per Blaine non è così. Se continua di questo passo finirò per adorarlo davvero troppo.

 

Lo faccio entrare ed indico i suoi capelli.

«Niente gel?»

 

Si tocca in testa per un attimo, poi mi rivolge un sorriso veloce che però non raggiunge gli occhi. «Li tengo sempre così quando non sono a scuola.»

 

«Al nostro primo…» appuntamento. Stavo per dire appuntamento; forse non è il caso. «…incontro fuori da scuola avevi il gel.»

«Sì, perché venivo da scuola… ma comunque Kurt, non sono qui per discutere dei miei capelli, per quanto mi faccia piacere che tu li abbia notati.»

 

Arrossisco un attimo, incapace di trattenermi, ma fortunatamente lui non sembra accorgersene – o farci caso – e continua a parlare.

 

«Mi vuoi dire che ti è successo?»

 

Abbasso la testa, indeciso. Non è che non sappia cosa dirgli – ne avrei fin troppe di cose da dire – quanto piuttosto non so come dirle. Non vorrei che capisse che non sono felice di trasferirmi alla Dalton, perché non è così.

 

«Vieni, ti faccio vedere camera mia.»

 

Cammino di fronte a lui, di modo da non vedere il suo sguardo di disappunto nel momento in cui non gli ho ancora dato una risposta. Ma capirà non appena entrerà nella mia stanza.

Lui mi segue senza dire un’altra parola; credo abbia capito che mi trovo un po’ in difficoltà in questo momento.

 

Non appena ci troviamo di fronte alla mia stanza, apro la porta e lo faccio entrare, per poi seguirlo all’interno. Non è la prima volta che un ragazzo che mi piace entra nella mia camera – ripenso a Finn l’anno scorso, quando gli mostrai le modifiche apportate che non gli erano piaciute – ma questa volta è diverso; e non riesco a capire perché.

 

Blaine si guarda attorno e il suo sguardo si posa subito sulla valigia ai piedi del letto; un’espressione shockata gli si dipinge sul volto e sposta i suoi grandi occhi caramellati su di me.

 

«Te ne vai?»

 

Cos’è quel tono che ho appena sentito? Dispiacere?

 

Scuoto la testa e mi siedo sul letto, facendogli cenno di sedersi sulla sedia della scrivania; lui esegue, ancora con la stessa espressione shockata.

 

«Mi trasferisco… alla Dalton.»

Sorrido, intimamente felice di averglielo detto, di poter stare al sicuro, di poterlo vedere tutti i giorni. E dal sorriso a trentadue denti che mi rivolge, posso giurare che anche lui sia felice.

 

Difatti salta in piedi e inizia a saltellare per la stanza, mentre comincia a canticchiare una delle ultime canzoni di Katy Perry; questo ragazzo è davvero ossessionato da lei!

 

Mentre lo osservo sorrido e quasi non mi accorgo del cellulare che comincia a suonare; è Blaine a indicarmelo con un dito, calmandosi per un attimo.

Io leggo il nome sul display e un sospiro spezzato mi esce dalle labbra: è Mercedes, di nuovo.

 

Blaine nota subito il mio repentino cambiamento e si avvicina al cellulare giusto in tempo per vedere il volto sorridente della mia amica sullo schermo, prima che smetta di suonare.

 

«Kurt… io… mi dispiace.»

Sta fermo in piedi, in mezzo alla stanza, guardandomi.

Io nascondo il viso tra le mani, cercando con tutte le mie forze di non piangere.

 

Improvvisamente sento un tocco delicato; è Blaine e sta cercando di spostare le mani dal mio volto, di modo da guardarmi negli occhi.

Io oppongo un po’ di resistenza – non voglio che mi veda così – ma lui è di gran lunga più forte di me e riesce a scostarle.

 

Lega i suoi occhi ai miei e si avvicina al mio viso; sento il respiro venire meno mentre mi accarezza una guancia.

«Fallo, se te la senti… fallo.»

 

Spalanco gli occhi. Come fa? Come fa a capirmi in un secondo?

 

«Avevo promesso che non avrei più pianto.» Sussurro appena, mentre sento già le lacrime sul bordo degli occhi; un battito di ciglia e cadranno.

«Non è importante.» Sussurra anche lui, senza spostare lo sguardo dal mio.

«Non voglio che tu mi veda così.»

«Non mi importa.»

 

Sbatto le ciglia e le lacrime iniziano a cadere, copiose. Singhiozzo, continuando a fissare i suoi occhi, vergognandomi, ma allo stesso qual tempo incapace di distogliere lo sguardo.

Dopo quelle che paiono ore, lui si siede di fianco a me, posandomi una mano sulla spalla; io volto il viso verso di lui, alla ricerca disperata dei suoi occhi. Lo trovo pronto a sostenere il mio sguardo.

 

All’improvviso mi tira contro di sé. Mi afferro alla sua maglia, rifugiando la testa sulla sua spalla, mentre con le mani mi accarezza la schiena.

 

«Mi mancheranno.» Mi esce dalle labbra, soffocato contro la stoffa e dai singhiozzi.

«Lo so.»

 

Non so quanto tempo sto tra le sue braccia, incapace di arrestare le lacrime, ma poi ci stacchiamo. Inizio a parlargli di tutti i miei dubbi e le mie insicurezze, cercando di fargli capire la logica della mia scelta. Lui tace, annuisce qualche volta, ma non smette un attimo di guardarmi.

 

Quando poi giunge il momento che se ne vada, sento una stretta al petto: non voglio che vada via.

Lo accompagno alla porta, davanti alla quale ci fermiamo.

 

«Grazie di essere venuto. E scusami per la maglia.»

Lui sorride e mi da un colpetto con la spalla.

«Non preoccuparti. È stato un piacere.»

 

Mentre ci fissiamo negli occhi senza aggiungere altro, mi rendo improvvisamente conto che non siamo poi tanto diversi io e lui; anche Blaine si è arreso, anche lui è scappato dalla sua vecchia scuola. L’improvvisa idea di averlo deluso mi fa attorcigliare le viscere.

Abbasso lo sguardo, di nuovo.

 

«Ti ho deluso.»

Lui sospira, ha capito il filo logico dei miei pensieri; fa un passo verso di me, stringendomi la mano – come quella prima volta, sulle scale della Dalton.

«Non mi hai deluso. Non credo sia possibile.»

Lo fisso stranito, ma lui si limita a sfoggiare nuovamente uno dei suoi sorrisi che sono in grado di scatenare la mia immediata – e sorridente – risposta.

 

«Ci vediamo domani!»

 

L’euforia con cui lo dice rende euforico anche me; il mio sorriso diventa ancora più ampio, mentre sento tornare la mia usuale vena sarcastica.

 

«Oh diamine, ho già paura!» ridacchio, seguito a ruota da lui.

 

«Ciao Kurt.»

«Ciao.»

 

 

~ ∞ ~

 

It won't be easy, you'll think it strange
When I try to explain how I feel
that I still need your love after all that I've done

 

Guardare Rachel esibirsi è stato emozionante, come al solito – anche se odio doverlo ammettere. Nonostante tutto la vorrei davvero ringraziare per il suo aiuto: è stata molto gentile con me. Mi è sembrata felice di vedermi, anche se era un po’ triste. Vorrei davvero sapere cosa le ha fatto Finn!

Non so perchè mi sono rivolto a lei; avrei potuto benissimo chiedere a Mercedes, ma… non ce l’ho fatta.

 

Sono stato seduto in macchina, fuori da scuola – mi sembra ancora strano il fatto che io non debba più dire la mia scuola – attendendo di vedere uscire Karofsky, Azimio e gli altri.

Ho intravisto anche i ragazzi tra la folla; sarei voluto scendere, correre verso di loro e abbracciarli, ma non ci sono riuscito. 

 


You won't believe me
All you will see is a girl you once knew
Although she's dressed up to the nines
At sixes and sevens with you

 

Comunque devo riuscire a togliermeli dalla testa; non faccio più parte di quella scuola, né di quel

Glee Club. Sono qui per essere ammesso nei Warbler.

Sono agitato. Non tanto per l’audizione – certamente mi prenderanno, sono una diva io! – quanto piuttosto perché è la prima volta che canto in presenza di Blaine. Vorrei incrociare il suo sguardo, ma ho un po’ di timore.

Ho paura che capisca quanto mi piace.

 

Da quando lo conosco le cose sono precipitate, ma lui era sempre lì per me. E c’è tuttora.

Mi sta guardando, segue ogni mio movimento. Io non faccio altro che pensare alla sua mano sul mio volto, alla sensazione di averlo stretto a me.

Quasi arrossisco, di nuovo, al pensiero di quanto siamo stati vicini, fisicamente. Non mi era mai successo con nessuno.

 



 

I had to let it happen, I had to change
Couldn't stay all my life down at heel
Looking out of the window, staying out of the sun

 

No no, Kurt! Smettila immediatamente di pensare a Blaine! Così come non è il momento adatto per pensare al mio vecchio Glee Club e ai suoi membri, non è nemmeno il momento adatto per pensare a quanto sia bello e dolce e assolutamente stupendo Blaine.

Ecco ci risiamo!

Kurt, concentrati per la miseria!

La canzone, Evita, il suo ultimo saluto. Insomma, è uno dei miei musical preferiti, per me dovrebbe essere facile interpretare questa canzone. Soprattutto ora.

Eva sta salutando il suo popolo, sta dicendo loro addio.

E io? Io a chi sto dicendo addio?

Non pensare a Mercedes, Tina, Artie, Mike, Finn, Rachel, Quinn, Puck, Sam, Santana e Brittany mi sembra del tutto impossibile ora.

È così quindi? Ho scelto di sacrificare loro per poter stare bene?



So I chose freedom
Running around, trying everything new
But nothing impressed me at all
I never expected it to

 

Sì. Credo sia così. Ho scelto la libertà, finendo di sacrificare loro.

Ho scelto di essere libero dalla paura. La paura di Karofsky, della violenza, del giudizio.

Sebbene questa divisa mi stia stretta, in senso figurato ovviamente, allo stesso tempo è come se mi stesse proteggendo dalla cattiveria che essere me stesso può comportarmi. L’uniformità, la politica della Dalton, loro possono proteggermi.

Combatterei. Io sono fatto così: ho sempre lottato per affermare chi sono. Ma adesso sono stanco.

Sono fiero di ciò che sono. Ma sono anche stufo di provare paura.

E mi dispiace di questo.

 


Don't cry for me Argentina
The truth is I never left you
All through my wild days
My mad existence
I kept my promise
Don't keep your distance

 

Non piangere per me, Argentina.

La mia Argentina è il McKinley, i miei amici.

E credo di aver capito. Io non li ho sacrificati: ho solamente agito pensando al mio bene; piuttosto ho sacrificato me stesso.

Vorrei che sapessero che non li ho abbandonati, che ci sarò sempre per loro.

Sento gli occhi inumidirsi mentre ripenso a quando li ho avvisati del mio imminente trasferimento. Non se lo aspettavano e certamente io non mi aspettavo le loro reazioni.

Puck addirittura proponeva di farmi da scudo! Puck, lo stesso ragazzo che l’anno scorso era il primo a gettarmi nei cassonetti!

No, non sono stato corretto con loro. Devo parlare con loro.

Non appena esco di qui manderò a ciascuno un messaggio, soprattutto a Mercedes; lei non si merita di essere trattata in questo modo. È la mia migliore amica e lei certamente si sarà sentita abbandonata.

 

No, non posso piangere adesso!



Don't cry for me Argentina

The truth is I never left you
All through my wild days
My mad existence
I kept my promise
Don't keep your distance

 

Sollevo entrambe le mani, trasportato dal testo della canzone. Ci stava, assolutamente.

Vedo Blaine però farmi cenno di abbassarle, chissà perché; credo che dopo dovrò chiedergli spiegazioni. Durante la prima e unica esibizione da loro eseguita che ho avuto la fortuna di vedere mi era sembrato che si muovessero abbastanza; anzi, ballavano proprio. Certo, c’erano dei passi codificati, ma a volte si sono lasciati andare tutti all’improvvisazione.

Comunque seguo il suo consiglio e le abbasso.

 

Ecco, però adesso non riesco a smettere di guardarlo! È così… concentrato. È concentrato su di me? Ottimo, ora ci manca solo più che io arrossisca e certamente capirà che mi piace!

Mi sembra di essere tornato alla prima volta che l’ho visto cantare, quando non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi, solo che questa volta i ruoli sono invertiti.

È strano però, ha un’espressione che gli ho visto altre volte, l’ultima volta quando era a casa mia è preoccupato, sembra quasi pensieroso, triste.

 


Have I said too much?
There's nothing more I can think of to say to you.
But all you have to do is look at me to know
That every word is true

 

 

Sento un’improvvisa fitta al petto: non voglio che Blaine sia triste. Lui dovrebbe sorridere sempre, è così bello quando sorride. Vorrei poter fare qualcosa per aiutarlo, vorrei che si confidasse con me.

Ripenso immediatamente alla prima volta che ci siamo conosciuti; ci siamo aperti l’uno con l’altro senza esitazione, capendoci alla perfezione sin dal primo sguardo.

Cos’ha visto in me che lo ha portato a fidarsi?

E io? Io cosa ho visto in lui che mi ha portato a fare altrettanto?

Cos’è che ci lega?

 

Sono così intento a pensare a Blaine che mi dimentico del suo avvertimento e rialzo una mano sull’acuto finale. Mi guardo attorno, col fiato sospeso, poi parte un applauso.

Sorrido, sentendo tutta la tensione scivolare via dalle mie spalle.

Beh, sembra che almeno abbiano apprezzato.

 

Rivolgo loro un sorriso e poi sposto lo sguardo sull’unica persona in questa stanza da cui voglio sentire un giudizio.

Lui mi sorride e tanto mi basta: credo di averlo impressionato.

 

Chissà perché un sorriso mi spunta sulle labbra.

 

 

 

NOTE:

Qui è di nuovo pachelbel che vi parla! =) Spero davvero che questo capitolo vi piaccia: alla mia collega è piaciuto molto e devo dire che anche a me è piaciuto scriverlo. Sarà che forse ho una fissa per “Evita”, chissà! xDD

Due piccole note: le immagini potete prenderle, ma in caso le metteste da qualche parte, facebook o simili, non cancellate la firma… =)

Un’altra nota invece, questa volta legata alla storia: durante la parte dei pensieri, Kurt o Blaine che sia, salteranno un po’ di palo in frasca, perché quando pensiamo, non lo facciamo ordinatamente, ma in maniera confusionaria.

 

E ora, i ringraziamenti! =) Ci tenevamo a ringraziare tutte le nuove persone che hanno recensito e le vecchie che sono tornate! *__* Un ringraziamento va inoltre anche a tutte quelle persone che hanno inserito la storia tra i preferiti, i seguiti o i ricordati, e anche alle persone che leggono solamente.

Love you all! *__*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Don't cry for me Argentina ~ Blaine ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

4°_ Don’t cry for me, Argentina ~ Blaine

~ Quando la sua voce, ascoltata per la prima volta, mi ricorda chi sono~

 





 

It won't be easy, you'll think it strange 
When I try to explain how I feel 
That I still need your love after all that I've done 


Non l’ho mai sentito cantare. Mi aveva detto che alla sua scuola faceva parte del Glee Club, ma mai ho sentito la sua voce tendersi in un simile sforzo di leggiadria e ne rimango da subito affascinato. Forse sta volando alto – è una canzone davvero impegnativa – eppure non riesco a non apprezzare il suono delle parole che canta, la dolcezza e… c’è tristezza, molta tristezza mentre guarda dalla finestra. So perché ha scelto questa canzone, so benissimo cosa sta passando e allo stesso tempo non ho idea di cosa dirgli e soprattutto se farlo.

 

 

I had to let it happen, I had to change 
Couldn't stay all my life down at heel 
Looking out of the window, staying out of the sun 
So I chose freedom 
Running around, trying everything new 
But nothing impressed me at all 
I never expected it to 

 

In un attimo è come se fossi entrato nei suoi pensieri. Ogni parola per lui ha un secondo significato ed io riesco a comprenderlo. Libertà, parla di libertà, ma la verità è che gli è stata negata: libertà è stare dove si vuole, frequentare chi si vuole, avere i propri gusti e non doversene vergognare, non doverne dare conto a nessuno. Ora invece ha paura. È deluso e teme che il mondo, fuori dal McKinley, possa fargli ancora più male: non sa cosa aspettarsi.

Mi si mozza il fiato. Io sono stato come lui.

 

 

Don't cry for me Argentina 
The truth is I never left you 
All through my wild days 
My mad existence 
I kept my promise 
Don't keep your distance 


In un attimo mi ritornano in mente i miei vecchi amici, la scuola che ho lasciato, la quotidianità infranta dalla cattiveria di ragazzi che neanche conoscevo e che sputavano sentenze solo perché si sentivano superiori. No, chi mi è stato davvero accanto in quei momenti, chi ha provato a sostenermi e ad incoraggiarmi, nonostante tutto, non si è mai allontanato troppo da me, dal mio cuore e dai miei pensieri.

Ma Kurt sembra tanto fragile, tanto sensibile… sta male, per quanto sorrida, per quanto sembri tanto allegro e pimpante. Dentro sta male.

È tanto trasportato dalla canzone, ha così tanta voglia di farla capire, capire davvero, che ingenuamente alza una mano con teatrale solennità, seguendo il ritmo della musica. Non credo sia una buona cosa: non è il modo giusto per fare una buona impressione sui giudici e non so come farglielo capire. Nell’istante in cui mi guarda, gli mimo il gesto che sta facendo scuotendo la testa in segno di diniego e lui abbassa subito il braccio, apparentemente senza scomporsi. Continua solo a cantare, Kurt: la tua voce è sufficiente a far arrivare il messaggio, il superfluo sarebbe solo controproducente.

 

And as for fortune, and as for fame 
I never invited them in 
Though it seemed to the world they were all I desired 
They are illusions 
They are not the solutions they promised to be 
The answer was here all the time 
I love you and hope you love me 

 

Sta chiedendo solo un po’ di pace. Sta chiedendo solo di poter essere se stesso e anche se agli altri sembra che si sia ambientato perfettamente, che sia energico e pieno di nuove idee, io riesco a vedere le sofferenze che si nascondono dietro ogni sorriso, conosco perfettamente quel comportamento perché è stato il mio.  E la cosa peggiore è che in un certo senso di senta anche in colpa: ha abbandonato i suoi amici, non è stato forte abbastanza. Ha rinunciato.

È stato il mio più grande rimpianto e credo sarà anche il suo.

Il pallore sul suo volto è come l’ultima volta che l’ho visto: scherzando mi ha detto che è la sua carnagione naturale, ma so riconoscere una bugia.

 

 

Have I said too much?
There's nothing more I can think of to say to you
But all you have to do is look at me to know
That every word is true


Non so cosa ne pensino gli altri Usignoli – si è di nuovo lasciato trasportare e con fare teatrale ha chiuso l’esibizione con un gesto che avrebbe potuto risparmiare, che è fuori dai nostri schemi abituali e fuori dal gruppo: l’individualismo non deve prevalere qui, Kurt. Non devi più alzare la voce per farti sentire… Nonostante tutto parte un applauso ed io sento di essere spudoratamente di parte unendomi a loro, mentre sorrido chiudendo gli occhi. Le ultime parole sembrano essere fatte a posta per lui: solo guardandolo so cosa abbia voluto intendere davvero e poco conta se nessun altro potrà capire.

Mi guarda. Mi guarda e so che basta che a capire sia stato io.

 

~ ∞ ~

 

È strano il modo in cui riesca ad attirare la mia attenzione, monopolizzandola: quando è con me – o più semplicemente quando è nello stesso posto in cui sono io – non posso fare a meno di notarlo, quasi come se lo sentissi, come se avvertissi la sua presenza ancora prima di vederlo o sentirlo.

 

Ho paura a pensarlo, ma forse ho trovato qualcuno che mi capisce davvero fino in fondo, una di quelle persona con cui si ha un feeling speciale.

Un amico. Un amico vero.  Il mio migliore amico.

Quasi mi rabbuio, intristendomi, a quel pensiero. Sto correndo un po’ troppo e me ne rendo conto – tu non sei arrivato che da pochi giorni ed io sono qua che faccio pensieri su pensieri che più vanno avanti più diventano del tutto insensati.

 

Dormi. Come sia possibile rimane un mistero. Siamo sul pullman che ci porterà alle provinciali e tu dormi. Tra qualche ora ci esibiremo davanti ad un pubblico esigente e ad una giuria inflessibile e tu dormi. Gli Usignoli provano la canzone che canteremo e tante altre solo per sbollire la tensione e tu dormi.

 

Hai semplicemente poggiato la testa contro il finestrino – dopo avermi pregato di cederti quel posto – e chiudendo gli occhi ti sei lasciato andare nelle braccia di Morfeo. Il tuo volto candido e le lievi scocche rosa che lo colorano sembrano rilassati, quieti in una dolce pace e sembrano appartenere ad un bambino piuttosto che ad un diciassettenne.

 

Sorrido. Ti ho promesso che ti saresti ambientato subito in questa nuova scuola e voglio illudermi che l’apparente assenza di tristezza sai tuoi lineamenti sia dovuto a questo, che io abbia mantenuto la parola data, che per te sia più facile ora.

 

«Dorme?» chiede Wes sorpreso, sbucando sopra la mia testa dal posto retrostante.

Gli sorrido annuendo.

«Stanotte ci siamo persi in chiacchiere quasi fino all’alba» spiego.

«Forse non è stata poi una grande idea mettervi in stanza insieme...» sussurra con cipiglio fra il dubbioso ed il preoccupato David – sportosi anche lui.

«Colpa vostra» li canzono, tornando a fissare Kurt.

 

«Ehi, Kurt!» lo chiamai incrociandolo mentre scendeva le scale – sul viso ancora l’aria un po’ spaesata dei primi tempi.

«Blaine. Mi cercavi?»

«Non io» puntualizzai lievemente contrariato «Wes e David ci aspettano ai dormitori: non mi hanno voluto dire altro se non “smettila con le domande, cerca Kurt e andate nell’ala delle camere”. Ed eccomi qui»

 

Sul suo volto chiaro si dipinse un’aria di seria curiosità. Per qualche istante mi guardò fisso, come se volesse carpirmi il segreto che neanche io conoscevo; poi si avviò standomi un passo avanti così che non riuscivo a vedere cosa gli passasse per la testa – che solitamente era fin troppo chiaro dai lineamenti del suo viso.

 

Quando imboccammo il corridoio, i due Usignoli ci aspettavano un paio di porte dopo la mia camera – uno strano e fastidioso sorrisetto che allargava loro le labbra e che divenne ancora più sfavillante alla nostra vista.

 

«Ce ne avete messo di tempo!» si lamentò Wes, guardando solo me – come se, poi, lo avessi fatto a posta a metterci più di un quarto d’ora per trovare Kurt.

«Che succede?» chiese lui, un voce seria, quasi sulle spine.

Mi voltai per guardarlo e notai che era sul serio teso, come se si aspettasse qualcosa di brutto da un momento all’altro.

«Tranquillo, Kurt. Volevamo solo mostrarti la tua nuova stanza» lo rassicurò David, al che i suoi lineamenti si rilassarono – che si aspettava?

 

Wes aprì la porta, mostrando una stanza del tutto uguale alle altre del corridoio, ma che comunque attirò l’attenzione di Kurt dato che era la prima volta che ne vedeva una. Era una bella camera fatta per due persone, illuminata da un’ampia finestra, ora aperta a metà, che dava sull’esterno dell’edificio. Il letto accanto alla finestra era occupato da una valigia scura che scoprii essere la sua dato che vi si avvicinò con convinzione aprendola.

 

«Grazie per averla portata fin qui, ragazzi» sorrise gentile, mentre senza indugi esplorava il resto, fino ad arrivare ad una cassettiera in legno chiaro, molto elegante. Aprì il primo dei cinque cassetti, accorgendosi però che era già occupato da alcune camice.

«Sono in stanza con qualcuno?» chiese allora all’indirizzo dei due Usignoli, che sorrisero ancora.

 

Io mi feci avanti, attirato da un particolare che… ah! Lo sapevo!

«Sei in stanza… come me!» feci sorpreso quanto lui, riconoscendo le mie camice nel cassetto.

 

Ecco spiegati i sorrisetti d’intesa fra quelle due canaglie! Avevano spostato tutta la mia roba e mi avevano messo in stanza con Kurt! Non che la cosa mi dispiacesse, in realtà; ma mi avevano praticamente sfrattato!

 

Il nuovo arrivato, intanto, continuava a muovere lo sguardo da me ai due Usignoli, spiazzato dalla situazione che si era venuta a creare.

«Abbiamo pensato che tu conosci Kurt da prima della sua iscrizione ufficiale alla Dalton e che gli sei stato molto d’aiuto in questioni.. ehm… delicate. Insomma, siete diventati amici subito e tutti hanno notato il particolare feeling fra di voi…» e volò uno sguardo pieno di sottintesi nei miei confronti «Quindi, stare in stanza insieme potrebbe aiutarlo ad ambientarsi quanto prima, no?» si giustificò Wes, aiutato dal capo di David che annuiva convinto.

 

In effetti, detta così, non faceva una piega. Eppure c’era un’irritazione di fondo in tutta quella cosa che non avevo intenzione di farmi passare tanto facilmente.

«In ogni caso, avreste dovuto prima chiederlo a Kurt! Lo avete traslocato qui – prendendogli i bagagli a sua insaputa – senza sapere se la cosa avrebbe potuto infastidirlo!» lii rimproverai, mente lo sguardo del diretto interessato si focalizzava un po’ sorpreso su di me.

 

«Ma guarda! E noi che pensavamo te la saresti presa per il fatto che avessimo preso le tue cose senza permesso!» mi canzono David; poi si rivolse a Kurt «La prima cosa da imparare su Blaine, se ci tieni alla tua salute, è che ha delle crisi da tutto-deve-essere-in-ordine ogni tre e quattro… e le cose peggiorano se a non essere in ordine sono le sue cose»

«Starò attento, tranquillo!» sorrise Kurt, prima che i due Usignoli andassero via, lasciandoci soli.

 

Dopo alcuni istanti di più o meno imbarazzante silenzio, si avvicinò alla finestra come se fosse attirato da qualcosa che io non avevo visto. Io mi sedetti su quello che era il mio nuovo letto – meglio per quei due se fosse stato comodo come il precedente – e mi persi guardando la sua dolce figura di spalle. Non potevo fare a meno di pensare a quanto sembrasse fragile e del coraggio che, invece, aveva mostrato resistendo tanto a lungo in quella scuola.

 

Mi stesi completamente sul letto, mettendo le braccia sotto la testa per stare più comodo. Esisteva un modo attraverso cui liberarmi dal suo pensiero fisso nella mia testa? Oltre ad essere controproducente per qualsiasi altra attività dovessi fare, era patetico ad un livello che credevo non avrei mai raggiunto. Lui è appena arrivato alla Dalton, non è ancora riuscito ad ambientarsi ed io non ho di meglio da fare che ribadire nella mia testa quanto siano magnifici i suoi occhi o come il colorito della sua pelle curata trasmettesse delicatezza e dolcezza a chiunque lo guardasse.

 

Perso com’ero nel pensare a lui, mentre cercavo un modo per non farlo, non mi accorsi subito di quanto innaturalmente fissa fosse la sua figura in controluce, ancora do fronte alla finestra. Quando notai finalmente quel particolare, era troppo tardi.

Uno sbuffo forzato uscì, sottile, dalle labbra di Kurt e mi fece scattare in piedi.

 

«Ehi, è tutto a posto?» chiesi avvicinandomi.

Lui annuì senza voltarsi e senza convincermi. Allora fui io a sporgermi per guardarlo negli occhi. Rimasi basito ed un senso di impotenza mi pervase.

Kurt piangeva. Cos’era successo? Mi ero distratto un secondo e lui era in lacrime.

 

Accorgendosi che lo avevo scoperto, cacciò con rabbia via le lacrime, ma i suoi occhi erano terribili e mi facevano male.

«Ehi, che succede?» chiesi con quanta più premura potessi.

Per alcuni attimi mi guardò fisso e credetti che da un momento all’altro sarebbe scoppiato di nuovo in lacrime. Poi mi porse il suo cellulare, dove il display recava l’ultimo messaggio ricevuto.

 

“Spero che tu stia bene lì. Mi manchi tanto. M.”

 

Non sapevo cosa dirgli. Ero di nuovo senza parole, nonostante conoscessi bene la situazione in cui si trovava; nonostante fosse stata la mia. Stava soffrendo ed io non sapevo fare nulla se non una stupida promessa che aveva già dimenticato? Mi sentivo così furioso con me stesso, così frustrato per quella situazione!

 

Gli presi le mani nelle mie e lui mi guardò sorpreso.

«È difficile, non posso negartelo… Ma vuoi lasciarmi mantenere la mia promessa?» sussurrai e avevo paura di sentirmi ancora male.

Lui, inaspettatamente, sorrise e i suoi occhi brillarono.

«Hai ragione. Con te è più facile, Blaine. Ti ringrazio» confessò.

E mi aggrappai a quella frase come se fosse la pura verità, come se ci stessi riuscendo. Il suo dolore era il mio e in quel momento avevo bisogno di appigliarmi a quella bugia.

 

«Mi pare ovvio che sarà più facile: come stiamo ora, non avrai un attimo di tregua!» scherzai per dissipare l’aria pesante dei nostri pensieri.

Lui mi osservò e in un attimo un sorriso comparve sulle sue labbra.

«Si salvi chi può, allora! Tra questo e le tue manie da perfettino non so quanto resisterò!» si lamentò ridendo «E magari tutto questo è opera tua!»

 

Lo guardai falsamente offeso.

«Io?» mi indicai con gesto teatrale «Ma se quei due hanno architettato tutto senza che sapessi nulla! E poi scusa, perché avrei dovuto?»

 

Kurt rimase per qualche istante pensieroso, come se cercasse le parole più adatte per controbattere.

«Beh.. forse dietro il tuo comportamento da “buon samaritano” si nasconde ben altro!» mi accusò passandomi accanto e sedendosi sul suo letto «Hai fatto tutto questo per stare solo in camera con me!»

 

Per un attimo credetti che fosse serio e che, in qualche modo, avesse capito quello che provavo per lui; il suo sorrisetto divertito, però, mi rassicurò che stava ancora scherzando.

Se voleva la guerra, l’avrebbe avuta!

«Hai ragione» feci, diventando improvvisamente serio «Fin dal momento in cui ti ho visto, il mio unico obbiettivo è stato questo: trovarmi in camera con te, da solo»

Mi alzai, avvicinandomi lentamente a lui e notai con divertito orgoglio il dubbio insinuarsi sul suo viso.

«E sai perché?» feci quasi con malizia «Perché io… non posso fare a meno… di… fare il solletico a chi mi è accanto!» gridai, saltando sul suo letto e cominciando a solleticarlo ovunque.

 

Kurt cominciò a contorcersi tutto senza possibilità di difendersi – gli avevo bloccato le braccia sotto il corpo.

«Blaine! Blaine… ti prego, basta! Per favore, per favore!» implorava tra le risate, ma io mi stavo divertendo troppo e poi… non lo avevo mai visto tanto allegro.

 

Lo lasciai solo quando sembrava stesse soffocando per le troppe risate; mi stesi al suo fianco e quando parve essersi ripreso lo chiamai urtandolo con la spalla.

«Che ti avevo detto?» gli chiesi fiero di me e felice «Con me sarà facilissimo!»

 

Sospiro, un sorriso che mi bagna le labbra ed il Sole mattutino che illumina il viso di Kurt che ancora dorme. Quel giorno non feci più attentati del genere: forse il fisico di Kurt non avrebbe retto ed io non volevo averlo sulla coscienza. Passammo tutta la notte a parlare di qualsiasi cosa ci passasse per la testa: ero così convinto del mio proposito che non gli lasciavo tempo per concentrarsi su un argomento che passavo ad uno successivo, fino a che poco prima dell’alba non ci ha colto il sonno.

 

La luce forte sul suo viso lo infastidisce e istintivamente si sposta dall’altro lato, verso di me, continuando a dormire.

Mi si ferma il fiato, come in camera sua quella mattina.

 

Ancora una volta ero stato troppo distratto. Ancora una volta la mia promessa era stata infranta, quando mi ero illuso di esserci riuscito. Ed io mi sento male, di nuovo.

Il volto di Kurt era teso in una sottile espressione di dolore, una lacrima gli rigava il viso pallido.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

YaY riecco Alchimista (un pomodoro la centra in pieno viso)

>.<’’’ Dopo il capitolo della scorsa volta, dubito che qualcuno di voi sia riuscito ad apprezzare questo.. beh, io c’ho provato ç__ç

Blaine è spaventosamente OOC, chiedo perdono: non sono riuscita a fare di meglio…

Emh.. =___= Non so cos’altro dire… ringrazio ancora tutti quello che hanno recensito – i vostri commenti sono la nostra principale forza! Inoltre un grazie speciale a coloro che preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine a chi legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!

Va beh… mi eclisso, va!

A presto. Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Hey, soul sister ~ Blaine ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

5°_ Hey, soul sister ~ Blaine

~  Dove, in ogni caso, sarò il suo angelo custode ~

 





 

«Perfetto, Usignoli: siamo qui per dare il meglio di noi. Stavolta andremo alle Provinciali, mi avete sentito? Noi andremo alle Provinciali. Quindi, fate sparire immediatamente quell’aria tesa ed impaurita dai vostri volti e fatemi un bel sorriso! Stavolta li lasceremo a bocca aperta. Tutti!»

 

Gli altri Usignoli mi guardano sorridendo e i loro sguardi sembrano dire “il solito Blaine”. Ormai sono abituati ai miei discorsi da coach prima di una competizione e Wes e David mi hanno più volte detto che sono quasi diventato una specie di rito pre-gara – di quelli scaramantici, senza i quali non è possibile vincere. Non so se sentirmi offeso o lusingato dalla cosa, eppure non posso fare a meno di incoraggiarli in quel modo: serve innanzitutto a me.

 

«Ehi, dov’è il novellino?» chiede ad un tratto David e tutti gli Usignoli, dopo essersi guardati intorno,  mi fissano come se dovessi per forza sapere io la risposta.

«Cosa…? Non so dove sia. Forse sta girovagando qua intorno…» rispondo evasivo e vedo Wes alzare un sopracciglio, poco convinto.

«Scompare a pochi minuti dalla nostra entrata in scena e non ti preoccupi neanche un po’?» mi chiede con tono d’allusione.

 

No. Non mi preoccupo. Perché dovrei? È solo in giro, magari a sbollire la tensione… Sarà  sicuramente teso: in pochissimo tempo ha cambiato scuola, ha dovuto adattarsi ad un nuovo Glee Club e sta per esibirsi in una competizione ufficiale contro i suoi vecchi compagni di squadra.

In un attimo qualcosa scatta dentro di me, come una molla… anzi, come l’interruttore di una lampadina.

«Wes, mi aiuti a cercarlo?» chiedo andando verso la porta e l’asiatico mi sorride, rispondendomi con un sorriso.

 

Non è in corridoio o dietro le quinte a spiare la gente in sala che attende l’inizio delle esibizioni e i ritardatari che si affrettano a prendere posto. Noi saremo i secondi ad esibirci, dopo gli Hipsters e ci sono dei posti riservati tra il pubblico che dovremmo raggiungere per vedere la loro esibizione… se riesco a trovare Kurt in tempo! Ma dove si è cacciato?

 

«Allora… come va?» chiede Wes e ho la netta sensazione che la domanda non si riferisca semplicemente alla mia salute.

Mi fermo e lo guardo interrogativo, come se non avessi capito.

«Intendo con Kurt…» precisa lui, portandosi mezzo passo avanti a me con l’evidente atteggiamento di chi non si lascerà liquidare in due secondi.

 

Sospiro: so quanto l’asiatico possa essere invadente – soprattutto se tiene particolarmente all’argomento -  e non provo nemmeno ad opporre resistenza alle sue richieste: in ogni caso le esibizioni stanno per cominciare, il che significa che la conversazione non durerà a lungo – o almeno il primo round.

 

«Sta cercando di ambientarsi… lo vedi anche tu…» rispondo evasivo e stranamente a disagio.

«E tutto questo… perché…?»

«Che intendi?»

Stavolta, davvero non capisco a cosa si riferisca. Wes mi guarda, evidentemente spazientito dal mio comportamento, ma io gli faccio cenno di non aver capito sul serio.

«Perché si è improvvisamente trasferito qui, se sta facendo così tanta difficoltà?»

Lo sguardo che mi rivolge stavolta mi sorprende: non chiede più solo per sapere, non è qualcosa fine a se stessa. Ora sembra avere il mio stesso sguardo – la preoccupazione, sottile, gli illumina gli occhi.

 

«Conosci i suoi problemi con i bulli della sua scuola. Beh, sono andati oltre agli insulti: spintoni contro gli armadietti… e…» mi blocco, reticente a parlarne: non so se a Kurt farebbe piacere.

«Blaine… è… successo come a te?» chiede ancora lui, anche se l’imbarazzo strozza la sua voce.

Mi poggia una mano sulla spalla in uno slancio di affettuosa comprensione che raramente è stato tanto palese.

 

Io lo guardo, sinceramente grato, sorridendogli.

«No, per fortuna no. Ma, in ogni caso… uno dei bulli… gli si è avvicinato troppo e i suoi genitori hanno preferito che continuasse gli studi qui, in tranquillità»

 

La Dalton mi uccideva. Era ufficiale. Quale altro adolescente starebbe steso sul proprio letto alle nove di sera? Mi sentivo davvero a pezzi, quasi avessi affrontato un giorno di lavori forzati anziché una giornata di scuola.

 

Sospirai mettendo le braccia dietro la testa per stare più comodo e chiusi gli occhi. Avevo bisogno solo di un istante di tranquillità per riprendermi e poi sarei scattato con un grillo, pronto per qualunque cosa si potesse fare alle nove di sera con un gruppo di amici.

Solo un istante... che si trasformò in un munito e poi in più minuti fino a che non caddi in uno stato di dormiveglia per non so più quanto tempo.

 

Il risveglio, in ogni caso, fu improvviso e scosso, come quando cadi dal letto e ti riprendi a terra, guardando il letto come se fosse la cosa più assurda del mondo.

Il cellulare stava cantando a squarciagola.

Mezzo stordito allungai la mano verso il comodino, andando a tentativi, fino a che non ebbi quell’affare infernale tra le mani e potei leggere chi mi avesse svegliato.

“Kurt”

 

Per un attimo rimasi con il cellulare in mano e gli occhi incollati al display. Kurt. Non l’avevo più sentito da quando era venuto alla Dalton e mi aveva confessato i problemi  con i suoi compagni di scuola. Ero riuscito a dargli il mio numero di cellulare – in extremis, fra l’altro – ma, oltre a dei messaggi di incoraggiamento, non mi ero più fatto sentire. E nemmeno lui.

Risposi con una brutta sensazione.

 

«Kurt! Ciao» tentai di sembrare sicuro e calmo.

«Ehi, Blaine…»

Al contrario, lui non aveva neanche provato a fermare in tremore che spezzava le sue parole.

«Kurt che hai? È successo qualcosa?» mi preoccupai – al diavolo le apparenze.

 «No.. no... Cioè, sto bene, però... Blaine... Io... non avrei dovuto chiamarti…»

«Mi pare che darti il mio numero di cellulare servisse a questo, invece!» lo contraddissi, sperando che non attaccasse «Ora mi dici che succede?»

 

Seguirono attimi di reticenza ed io ebbi paura che fosse davvero qualcosa di grave.

«Ho… ho seguito il tuo consiglio... ed ho affrontato Karofsky stamattina» confessa, ma non sembrava intenzionato ad andare avanti.

Un nodo alla gola bloccava anche me. Stupido, deficiente, idiota! Che razza di consiglio gli avevo dato? Lo aveva affrontato e a giudicare da quella chiamata non era andata bene.

«Kurt, ti ha picchiato? Ti ha fatto del male?!» quasi gridai, ormai completamente sveglio «Vengo lì da te, cavoli! Dove… dove sei, a casa?» e poco importava che non avessi idea di dove abitasse.

«No, no, Blaine!» mi fece rinsavire lui «Sono a casa, ma non c’è bisogno che tu venga: non mi ha fatto del male, sto bene… Io…»

 

Stava bene. Non ricordavo da quanto non provassi un tale sollievo. Mi rilassai, poggiando la schiena contro il muro e reclinando la testa.

«Allora qual è il problema, Kurt? Perché sei tanto sconvolto?» chiesi – non avevo dimenticato il suo tono affranto e spaventato.

«Karofsky non mi ha fatto del male, ma… lui, ecco… mi ha baciato. Capisci? Il bullo che sta rendendo la mia vita un inferno, mi ha baciato!»

 

Sembrava che fosse sollevato per la confessione e preoccupato allo stesso tempo. Dal canto mio, ero stato completamente spiazzato da quelle parole. Tutto, tutto mi sarei aspettato da parte di quel tipo, fuorché questo gesto. E perché poi?

 

«Non so perché l’abbia fatto – cioè, mi fa strano scoprirlo gay… insomma, non lui! Ma… questa cosa mi ha sconvolto parecchio, Blaine…»

Avrei voluto essere lì con lui – mi stavo rendendo conto che non ero affatto bravo con le parole.

«Kurt… non hai detto a nessuno di…questo?»

«Sei il primo a saperlo. Sappiamo entrambi che non c’è da scherzare su cose del genere… Ma… Blaine, ora ho più paura di prima!»

 

Sospirai. Sapevo a cosa stava pensando e nonostante tutto, capivo anche perché aveva tenuto il segreto.

«Stammi a sentire Kurt. Domani vengo lì, al McKinley e parlo con questo tipo. Vedremo di capire perché l’ha fatto e gli dirò di starti alla larga: non so quanto possa esserti utile, ma devo fare qualcosa» decisi risoluto ed ero certo che lui stesse sorridendo.

 

«Ora però, va in cucina e cena, stupido» gli ordinai con voce velata dal sorriso e – come credo – dovette rimanere impressionato da come avessi azzeccato il fatto che non avesse ancora mangiato, perché ci fu un silenzio stupito.

 

«So come vanno queste cose, Kurt – ci sono passato anch’io. Ora vai! Ci vediamo domani ad ora di pranzo, d’accordo?»

«D’accordo, Blaine. E… grazie, davvero» mi salutò.

 

Quando ebbi attaccato, rimasi seduto sul letto, senza fare nulla, gli ultimi avvenimenti che mi scorrevano veloci nella testa, senza che riuscissi ad afferrarli e a concentrarmi su di essi.

Ero certo solo di una cosa: se mai mi fosse capitata di nuovo una chiamata tanto sconvolta da parte di Kurt, prima di farlo parlare, non avrei esitato a correre a casa sua.

 

Mi rabbuio un po’ ricordando quella sera, cosa che a Wes non sfugge, ovviamente.

«Ehi, con te starà benone! Insomma, l’hai detto tu: serve solo un po’ di tempo» mi incoraggia con improvviso slancio, mentre riprendiamo a camminare alla ricerca di Kurt.

 

Io annuisco, sovrappensiero. Sono pienamente consapevole del fatto che quello che provo per Kurt va al di là di una semplice amicizia: è stato tutto troppo veloce e sento che mi sta coinvolgendo come niente prima d’ora – non si tratta solo di amicizia, non di un’amicizia come le altre. Tengo molto a lui, davvero molto…

 

«Quello è ciò che credo?»

La voce si Wes mi fa quasi sobbalzare, perso come sono in pensieri che neanche io conosco – per un attimo ho dimenticato la sua presenza o il fatto che stavamo cercando Kurt perché tra un po’ dobbiamo esibirci!

 

Gli occhi sottili dell’asiatico sono di nuovo fissi su di me e stavolta ne ignoro completamente il motivo – non escludo il fatto che abbia fatto un intero discorso mentre io ero perso nelle mie assurde elucubrazioni.

«Conosco quello sguardo, Blaine» mi canzona con tono da maestrino «Non è la prima volta che lo vedo, specialmente in te. Te ne stai innamorando?»

 

Sgrano gli occhi per la sorpresa: quella domanda mi coglie completamente alla sprovvista – è l’ultima cosa a cui avrei pensato al momento. Innamorato? Io? Di Kurt?

Per qualche istante quelle poche parole, accostate in tal modo, mi danno quasi il capogiro. È di questo che si tratta allora? Me ne sto semplicemente innamorando? Mi sento più confuso di prima e di certo lo sguardo di Wes fisso su di me non mi aiuta a mettere in ordine tutto.

 

«No… non credo…» borbotto senza esserne completamente convinto «È più che altro come se lo conoscessi da sempre. Mi rivedo così tanto in lui… che alle volte mi fa  quasi strano stargli accanto. Ce la sto mettendo tutta per aiutarlo proprio per questo: io ero convinto di essere da solo e che nessuno avrebbe potuto capirmi; lui, però, non deve pensarla in questo modo – non voglio… non voglio che lui soffra come ho sofferto io»   

 

«Credi di aver risposto alla mia domanda?» insiste l’asiatico, incoraggiato dallo smarrimento che deve essere stampato sul mio viso «Mi hai solo fornito ulteriori elementi che valorizzano la mia tesi»

 

Sbuffo, stizzito da tanta insistenza, soprattutto perché mi sto accorgendo di quanto l’argomento mi metta sul serio a disagio. Cosa diavolo mi hai fatto, Kurt?

 

Mentre uno strano ed imbarazzante silenzio minaccia di scendere tra noi, da lontano scorgo il bar interno dello stabile e lì, ad una delle sedie del bancone, Kurt chiacchiera con una ragazza. Wes mi fa segno di aver notato la stessa cosa ed io annuisco senza, però, avvicinarmi. Per un attimo voglio guardarlo così, da lontano, senza intervenire: perdermi nei suoi movimenti, in quegli occhi chiari che brillano a prescindere dall’argomento di cui stanno parlando e in quelle labbra chiare. Sorride – sembra illuminarsi ogni volta che lo fa, come se la luce dagli occhi si irradiasse in tutto il corpo – e stringe a sé la ragazza  - sicuramente una sua vecchia amica delle Nuove Direzioni – in un tenero abbraccio. Lì con lei sembra tanto a suo agio… ogni movimento, anche il più insignificante battito di ciglia è naturale, spontaneo e… felice.

Un sorriso amaro mi copre le labbra. Dura solo un attimo.

 

«In ogni caso, Wes» sussurro con una certa sicurezza riprendendo l’argomento «Se anche fosse come dici tu, di certo non è ciò di cui Kurt ha bisogno al momento»

Stavolta è il suo turno di guardarmi interrogativo.

«Troppe novità, troppi cambiamenti: non è affatto il momento per mettere in mezzo qualcosa anche solo lontanamente simile all’innamoramento e, in ogni caso, lui non sta certamente pensando a questo. Guardalo: vorrebbe solo essere lì con i suoi compagni»

«E tu? Tu che hai intenzione di fare?»

«Io?» trattengo un sincero scoppio di risata. Wes sta correndo troppo.

E, forse, per un attimo l’ho fatto anch’io.

«Semplicemente quello che sto facendo…» rispondo «Starò proprio lì» ed indico un punto impreciso, accanto a Kurt.

 

Poi, senza attendere oltre, mi muovo verso di loro. Non stanno parlando di qualcosa di prettamente allegro quando, sfiorando la spalla dell’Usignolo, li interrompo; il sorriso che mi rivolge, però, mi distrae da qualsiasi altra cosa.

 

«Kurt, stanno per cominciare» lo avviso «Ciao» saluto poi la ragazza che, in realtà, mi pare confusa, come se il mio intervento avesse interrotto qualcosa di importante e lei fosse stata colta alla sprovvista.

 

«Grazie ancora, Rachel» la saluta lui, che invece non sembra fare particolare difficoltà ad interrompere tanto improvvisamente il discorso.

 

Quando ci avviamo alla platea mi accorgo che Wes – e probabilmente anche il resto degli Usignoli – si è già avviato, lasciandoci indietro.

 

Senza accorgermene, prendo a fissare Kurt, il modo in cui la giacca scusa metta in evidenza la sua eleganza, il fatto che su di lui anche quel po’ di rosso della divisa risalti – quanto gli sta bene il rosso! – e poi, mi fermo sui suoi occhi e i capelli sempre in stato immacolato – altro che i miei!

 

«Qualcosa non va?» mi chiede lui e solo allora mi accorgo anche della sua espressione curiosa.

«Come…? No, no: è tutto a posto» gli sorrido in imbarazzo «Era una delle tue vecchie amiche quella?» svio poi il discorso con finta nonchalance.

«Rachel? Sì… è stato bello rivederla» mi conferma; poi scoppia a ridere, ma non mi sfugge una lieve nota fuori posto in quel suono «Era nel pieno di una crisi alla “Nuove Direzioni”! Sembra quasi diventato un rituale: non possiamo farne a meno. Non possono farne a meno» si corregge e prima che possa solo soffermarsi su quell’ultimo pensiero, lo urto amichevolmente sulla spalla rivolgendogli uno dei miei sorrisi migliori.

«Faremo vedere loro che sei in ottime mani! Su, muoviamoci!» e lo spingo, correndo a mia volta: siamo in ritardo sul serio.

 

~ ∞ ~

 

Heeey heeeey heeeeey (tonight) 
Heeey heeeey heeeeey (tonight) 
Your lipstick stains on the front lobe 
of my left-side brains 
I knew I wouldn't forget you 
And so I went and let you blow my mind 


Sento la concentrazione scendere dentro di me e in un attimo tutto quello a cui fino ad ora sto pensando sparisce, come sempre, per fare posto alla memoria dei passi e delle parole e poi semplicemente alla musica, che ti trasporta e fa sembrare ogni cosa tanto naturale.

Mi chiedo se sia così per tutti – ovvio che sì. Sarà lo stesso anche per Kurt? È relativamente vicino a me, quanto più possibile considerando la coreografia: ho fatto in modo da poterlo in un certo senso tenerlo d’occhio e durante i passi mi ci avvicino, giusto per vederlo…

Assurdo! Da sempre, in ogni esibizione, tutto nella mia testa lascia il posto alla musica e all’istinto frenetico che mi prende quando sono sul palcoscenico. Il pensiero di Kurt, invece, se ne sta lì, ben ancorato alla mia memoria e nulla sembra riuscirlo a smuovere.

 

 

The smell of you 
in every single dream I dream 
I knew when we collided 
you're the one I have decided 
Who's one of my kind 


Mentre gli altri Usignoli continuano lo show e la mia voce fa perfettamente il suo dovere, mi concede di rivolgere lo sguardo e l’attenzione sul “novellino”. Il contatto visivo dura poco più di un attimo, ma tanto mi basta per vedere quanto sia adorabile mentre, nella sua impeccabile divisa, segue dei passi imparati tanto bene e in così poco tempo, con un’eleganza tutta sua.

Se penso al modo in cui il destino ha giocato con noi, mi scappa quasi da ridere. Se non fosse venuto goffamente a spirarci, quando era ancora al McKinley, non ci saremmo mai incontrati ed ora non sarei qui a cantare con lui – a pensarlo mentre canto.

Lo avevo capito da subito che c’era qualcosa in più in quello strano e smarrito ragazzino col volto pulito di un dodicenne: dal nostro primo incontro ho avvertito qualcosa di speciale.

E non mi sbagliavo.

 

 

Hey soul sister, 
ain't that mister mister 
on the radio, stereo 
The way you move ain't fair you know 
Hey soul sister, 
I don't wanna miss 
a single thing you do tonight 



Vedo il pubblico davanti a me cantare e muoversi a tempo con le mie parole e questo non può che farmi bene perché comincio a sciogliermi nei movimenti, a farmi coinvolgere dalla canzone che penetra in ogni muscolo, scuotendolo.

Il pensiero di Kurt sta sempre lì, ora in simbiosi perfetta con la canzone tanto che mentre canto muovendomi riesco perfettamente ad avvertirlo alle mie spalle, concentrato sui passi della coreografia.

La sua unica pecca al momento, forse, è la mancanza di una completa naturalezza: ogni passo che fa, ogni gesto che compie sono troppo controllati e in più è troppo serio, non sta sorridendo – non si sta divertendo.

 

 

Well you can cut a rug 
Watching you is the only drug I need 
So gangster, I'm so thug 
You're the only one I'm dreaming of 
You see I can be myself now finally 
In fact there's nothing I can't be 
I want the world to see you'll be with me 


Torno a guardare di fronte a me, imponendomi di non distrarmi ancora, di seguire la canzone e tentare, magari, di compensare l’assenza di spontaneità del nuovo Usignolo. Osservando il pubblico scorgo le “strisce” azzurre dei Hipsters e lì vicino anche le file occupate dalle Nuove Direzioni: sembrano incantati dal nostro numero, dalla sincronia, dalle voci. Fra loro una ragazza – guardando bene è quella del bancone del bar – fa segno con le mani di sorridere e so che si sta rivolgendo a Kurt.

Tornando con lo sguardo su di lui lo vedo tentare un impacciato sorriso e tanto basta a far sorridere me. Ad un tratto è come se fossi pieno di una nuova energia: è ancora colpa sua.

Mi rendo conto che stare accanto a lui mi fa stare bene – non importa quale sia il mio ruolo: con Kurt non esistono maschere, posso essere chiunque io voglia, posso essere me stesso.

 

 

Hey soul sister, 
ain't that mister mister 
on the radio, stereo 
The way you move ain't fair you know 
Hey soul sister, 
I don't wanna miss 
a single thing you do tonight 
Hey soul sister, 
I don't wanna miss 
a single thing you do tonight 


Ho capito, ho finalmente capito ogni cosa e nonostante il momento non sia dei più appropriati, sono felice che sia accaduto proprio ora: adesso so cosa fare.

Non importa quello che dice Wes sul mio presunto sguardo da “mi-sti-innamorando-di-te”. Non è di questo che Kurt ha bisogno ed io non ho intenzione di perdere neanche un istante del mio tempo con lui. Gli lancio un ultimo sguardo ed ora sta sorridendo, quasi si fosse davvero sbloccato, mentre guarda di fronte a sé.

Sarò la sua guida, il suo confidente, il sostegno su cui poter contare, la persona con cui sfogarsi – ha già sofferto troppo e non ho alcuna voglia di vederlo stare ancora così male.

Non posso innamorarmi di lui; non so nemmeno se voglio innamorarmi di lui. In effetti, non ho idea di come vadano le storie d'amore e finirei per fare danni – e con lui non voglio fare alcun danno. Perciò mi limiterò ad essergli amico. Sarò il suo angelo custode.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Ah ah! Credevate di essere nelle ottime mani della mia controparte Pachelbel, invece anche stavolta ci sono io!! *parte una risata malefica*.

No, ok, mi calmo xD

Mmmh.. lo so, forse anche questo capitolo non è stato dei più allegri, ma abbiate ancora un po’ di pazienza! In ogni caso, questo era necessario, almeno per capire l’evoluzione del rapporto fra Kurt e Blaine che ora si solidifica come amicizia stretta ( DD: non odiatemi!)

Spero di essere riuscita a descrivere al meglio Blaine, stavolta.. ^^ vi giuro, alle volte mi sembra facilissimo (non chiedetemi quando), ma alle volte quel cosetto è davvero difficile da trattare!!

Boh, mi eclisso.. ringrazio tutti coloro che prestano attenzione a questa ff.. una recensione, anche piccola, non può che farci felici, quindi non impigritevi, avanti!!! Ah, tranquillizzatevi, per il prossimo capitolo tornerà la vostra amata Pachelbel!

Un bacio.

 

-*Alchbel

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Hey, soul sister ~ Kurt ***


~ Klaine Songs ~

 

 

6°_Hey, soul sister ~ Kurt

~ Quando a volte Rachel Berry si dimostra, stranamente, utile e carina ~

 

 

Hey, hey, hey

Tonight

Hey, hey, hey

 

Ed eccomi qui, finalmente alle Provinciali. Certo non stanno andando esattamente come avevo sempre sognato: nella mia immaginazione sarei stato con Rachel, Mercedes e tutti gli altri. Avrei dovuto lottare per ottenere un assolo – che sarebbe invece finito alla sempre dolce e simpatica Rachel Berry. Ovviamente si noti il sarcasmo, anche se in questi ultimi giorni si sta dimostrando davvero gentile nei miei confronti. Pensare che prima ci siamo anche abbracciati!

Comunque, a parte questo, mi ero sempre immaginato al fianco delle New Directions alle Provinciali. Invece loro sono seduti da qualche parte fra il pubblico.

 

 

Your lipstick stains
On the front lobe of my
Left-side brains
I knew I wouldn't forget you
And so I went and let you
Blow my mind

Let you blow my mind

 

Voglio fare una buona impressione. So perché ci tengo: è la mia vena da diva che viene fuori, desiderosa di colpire il pubblico.

Non so spiegarmi però perché io voglia impressionare loro. Forse voglio far vedere loro che non ho alcuna intenzione di “trattenermi” soltanto perché me li ritrovo come nemici. Oppure voglio che vedano di cosa i Warblers sono capaci – di cosa siamo capaci. Ormai sono uno di loro, è inutile crogiolarsi così.

 

Blaine mi guarda, interagendo con me, come previsto dalla coreografia. Sorrido un po’ forzatamente, con lo stomaco in subbuglio come al solito. E certo che dovrei ormai averci fatto l’abitudine ai suoi sorrisi, o a lui in generale.

 

 

Your sweet moonbeam
The smell of you in every
Single dream I dream
I knew when we collided
You're the one I have decided
Who's one of my kind

One of my kind

 

Mentre venivamo qui, mi sono addormentato, in pullman. C’è stato un momento di imbarazzo quando, aprendo gli occhi, mi sono ritrovato spalmato sul petto di Blaine, ma lui mi ha salutato con un sorriso. Inutile dire che i miei neuroni si sono suicidati buttandosi giù dalle mie orecchie. Tuttavia, svegliarmi e trovarlo al mio fianco, mi ha fatto incredibilmente bene, soprattutto dopo l’incubo appena avuto: ho sognato che mi abbandonava, trasferendosi in un’altra scuola, perché non poteva sopportare di stare in stanza con me.

È un’esagerazione, lo so, ma per ora sto bene alla Dalton soprattutto perché c’è lui; non ho ancora legato molto con gli altri ragazzi. Loro sono gentili con me, ma non li sento ancora come degli amici.

 

Quando ho scoperto che io e Blaine eravamo finiti in camera insieme, mi sono quasi dovuto trattenere dal saltellare per la stanza – in una sua perfetta imitazione tra l’altro: è lui il re dei saltelli qui.

Peccato che poi il messaggio di Mercedes mi abbia fatto abbandonare il mio animo entusiastico per uno assai più deprimente; ma anche lì, Blaine è riuscito a “tirarmi per i capelli” e a salvarmi dal baratro della depressione.

Sorrido un po’, non potendo evitare di guardarlo mentre fa in modo che l’attenzione si focalizzi tutta su di lui.

 

 

Hey soul sister
Ain't that mister mister
On the radio, stereo
The way you move ain't fair, you know
Hey soul sister
I don't wanna miss
A single thing you do
Tonight

 

Già, l’attenzione.

Se al McKinley dovevo lottare e alzare la voce per ottenere qualcosa, qui a quanto pare è qualcosa che non viene vista di buon occhio.

Posso capire che forse la scelta della canzone per la mia audizione fosse un tantino esagerata, ma era la canzone che meglio rappresentava il mio stato d’animo. Non vedo sinceramente dove ho sbagliato, anzi, credo che il problema sia stato proprio l’opposto, come mi ha detto Blaine: ho volato troppo alto.

 

Vedo Rachel dal pubblico farmi cenno di sorridere, riportandomi coi piedi a terra. Cerco di farlo, anche se l’agitazione – e ora anche un po’ di rabbia mista a dispiacere – si stanno impossessando del mio cuore.


The way you can cut a rug
Watching you is the only drug I need
So gangster, I'm so thug
You're the only one I'm dreaming of
You see, I can be myself now finally
In fact there's nothing I can't be
I want the world to see you'll be with me

 

Speravo davvero di passare l’audizione e sinceramente credevo di farcela: insomma, ho una voce abbastanza particolare, io, per essere relegato in angolo! Oddio inoltre questa frase fa molto Dirty dancing, ma è comunque tipico di me.

Ottenere un assolo avrebbe di certo significato sentirmi accettato in un posto nuovo, sentirmi parte di qualcosa di grande, proprio come quando ero al McKinley.

Certo, non dovrei lamentarmi dal momento che nessuno mi spinge contro gli armadietti o mi getta le granite in faccia, ma… non mi sento ancora a casa. Non mi sento parte di quel posto.

 


Hey soul sister
Ain't that mister mister
On the radio, stereo
The way you move ain't fair, you know
Hey soul sister
I don't wanna miss
A single thing you do
Tonight

 

Riattacchiamo con il ritornello finale, la canzone sta per finire. E tutto d’un tratto, sento le nostre voci levarsi alte, all’unisono, come se fossimo un’entità unica. Blaine mi guarda di nuovo, sorridendo, eccitato dall’adrenalina che gli scorre nel corpo.

 

E, improvvisamente, mi sento finalmente bene. Perché sì, ora siamo tutti insieme, Blaine compreso; e capisco che lui, senza il nostro supporto, non canterebbe così.

Non lo sto sminuendo, non mi oserei mai, ma ora rivedo ciò che mi aveva colpito tanto la prima volta che avevo visto i Warblers in azione: sebbene uno di loro emerga, sono comunque tutti collegati. Non esisterebbe l’uno senza l’altro.

L’unica differenza è che adesso anche io stesso faccio parte di loro; e la cosa mi rende incredibilmente felice.

 

 

Hey, hey, hey
Tonight
Hey, hey, hey
Tonight

 

 

Non posso fare a meno di sorridere quando la canzone termina. Non potevo immaginare che nel tempo di una canzone riuscissi a sentirmi parte di loro, di questa… famiglia.

Il mio sorriso non può fare altro che allargarsi di più quando vedo Rachel e Mercedes, seguite da tutti gli altri, alzarsi in piedi tra la folla, salutandoci con un applauso entusiastico; anche il resto della platea li segue, facendosi coinvolgere in un lungo applauso.

 

Quando il sipario cala, tutti si voltano verso di me e improvvisamente mi si avventano contro, stringendomi in un abbraccio. Rimango piacevolmente stupito del loro affetto e ricambio le strette e le pacche sulle spalle che ricevo. Poi, sento un profumo forte invadermi le narici e una voce familiare nell’orecchio.

 

«A quanto pare tutti ti adorano»

 

Vengo scosso dai brividi quando il suo fiato si scontra con la pelle nuda del mio collo; rabbrividisco impercettibilmente ma non posso fare a meno di stringerlo a me – anche per evitare che mi guardi in faccia e veda quanto sono arrossito.

 

Non appena si stacca, gli sorrido e alzo un sopracciglio, divertito.

«Nessuno può farne a meno!»

 

La sua risata si mescola a quella degli altri; ben presto anche la mia si unisce alle loro. Era da tantissimo che non ridevo così.

 

 

~∞~

 

La gioia per aver vinto le Provinciali non ci ha abbandonato un attimo; durante il viaggio di ritorno abbiamo fatto baldoria, cantando a squarciagola mentre un infastidito autista del pullman stava palesemente cercando di non sterminarci tutti.

 

Durante i festeggiamenti ho avuto modo di osservare Blaine in mezzo ai suoi amici; è un vero leader anche se a volte è talmente impacciato da sfiorare la goffaggine – e questo non fa altro che renderlo ancora più tenero ai miei occhi.

Tuttavia l’attenzione di tutti era concentrata su di me. A turno venivano a  chiedermi come stessi e come mi stavo trovando lì alla Dalton; mi hanno fatto domande sulle New Directions, su come mi trovassi con loro – anche se mai mi è sembrato volessero avere delle informazioni per poterli battere: sembravano soltanto curiosi.

 

E così, tra una chiacchiera e l’altra, siamo arrivati in dormitorio abbastanza stremati, ma euforici. Nick voleva dare una festa, ma quando il suo corpo si è adagiato sul comodo divano della sala dei Warblers, ha improvvisamente cambiato idea; credo sia ancora sdraiato lì, profondamente addormentato. Posso capirlo: l’adrenalina, l’affaticamento e l’emozione hanno stancato anche me.

 

Tuttavia ora sono troppo distratto per poter andare a dormire; non potrei neanche volendo dal momento che lo scroscio dell’acqua appena aperta nella doccia non riesce a coprire la voce di Blaine che canta Hey, soul sister.

 

Deglutisco e mi siedo a gambe incrociate sul letto, cercando di non pensare a Blaine sotto la doccia. Ecco, l’ho appena fatto!

Sento le guance diventare immediatamente bollenti e velocemente le copro con le mani; oh, così non va affatto bene! Non posso continuare a vivere con lui se penso tutte queste cose! E’ sbagliato e poi lui non è interessato. Devo smetterla di farmi del male, anche se il fatto che lui sia gay è già buono per i miei standard.

 

La sua voce si fa sempre più alta e mi viene da ridacchiare: possibile che non sia ancora stufo di quella canzone?!

Mi alzo e inizio a camminare per la stanza; comincio a osservare Pavarotti per distrarmi, tentando di scacciare il desiderio di entrare nel bagno e la vergogna nell’aver appena pensato anche solo di avvicinarmi al bagno.

Purtroppo guardare il mio canarino non è abbastanza – anche perché mi torna in mente il sorriso di Blaine mentre mi consegnava la gabbietta.

 

Afferro il cellulare e compongo il numero della prima persona che mi viene in mente, Rachel. Mentre il telefono squilla, mi sento un po’ in colpa verso Mercedes; prima mi ero ripromesso che l’avrei chiamata non appena tornato alla Dalton, ma non voglio parlarle per telefono. Quando eravamo sul palco mi ha sorriso e salutato, ma abbiamo ancora molte cose da chiarire. Nel weekend, quando tornerò a casa, andrò a trovarla e ci faremo una lunga chiacchierata faccia a faccia.

 

Pochi istanti dopo Rachel risponde al telefono, la voce allegra e pimpante, anche se so benissimo che non lo è affatto. Questo weekend oltre che andare da Mercedes dovrò fare quattro chiacchiere con Finn.

 

«Kurt! Come mai questa telefonata?»

«Volevo solo fare quattro chiacchiere con un’altra diva!» mento spudoratamente – di certo non posso dirle che l’ho chiamata per cercare di distrarmi dal pensiero del mio compagno di stanza per cui ho una cotta gigantesca nudo sotto la doccia.

 

«Oh beh allora hai chiamato la persona giusta!»

«Già, immaginavo. Volevo farvi i complimenti per l’esibizione: siete stati fantastici!» sorrido, mentre un vago senso di dispiacere mi pervade.

«Saremmo stati di certo più bravi se Mr Schuester mi avesse affidato il duetto con Finn e l’assolo!» risponde lei piccata.

 

Sbuffo, ripensando a quante volte ho sentito Rachel lamentarsi, e nonostante tutto mi manca. Dev’essere davvero incredibile!

 

«Comunque anche voi siete stati molto bravi, davvero. Sono rimasta stupita.» Continua.

«Oh certo, con me lì in mezzo non potevamo che battervi!» la prendo in giro io.

«Non ci avete battuto, siamo arrivati a pari merito! Comunque, è carino il solista; è anche lo stesso ragazzo che ci ha interrotti. Chi è?»

 

Sento nuovamente le guance andare a fuoco mentre provo un improvviso moto di gelosia.

«Si chiama Blaine.» Rispondo sul vago, non voglio che Rachel capisca quanto sia interessato; purtroppo non va come avevo sperato.

«Oh allora è lui il famoso Blaine! Mercedes non fa altro che parlare di voi due!»

Un gemito strozzato mi esce di bocca. «Cosa?»

«Ma sì, dice che ti è stato molto vicino per la storia di Karofsky… è gay quindi: è un peccato, avrebbe potuto essere un perfetto compagno di duetti per me e diventare anche il mio fidanzato. Comunque, ti piace?»

 

Rimango in silenzio, troppo sconvolto dallo sproloquio di Rachel; quando finalmente riesco a rispondere, mi esce un flebile «Sì… parecchio.»

«Oh bene! E lui, ti sembra interessato?»

«Non lo so; è molto carino con me, è gentile. Ma si comporta da amico.»

«Beh, puoi sempre fargli cambiare idea; lo vedi tutti i giorni!»

Ridacchio. «Oh veramente lo vedo anche tutte le notti: è il mio compagno di stanza.»

 

L’urletto eccitato di Rachel quasi mi perfora il timpano; allontano il telefono dal mio orecchio per evitare di diventare sordo. Quando mi sembra che si sia calmata dall’altro lato, lo riavvicino, titubante.

«Sì ed è terribile! Cioè no, è anche fantastico ma… beh ho paura che capisca che mi piace e che si allontani da me, come hanno sempre fatto tutti.» Senza che l’avessi premeditato comincio a snocciolarle tutti i miei dubbi su Blaine, cercando di tenere un tono di voce basso – ma non mi preoccupo più di tanto, sento ancora l’acqua della doccia scorrere.

«Io non posso permettermi di perderlo: è la prima persona con cui mi sia mai sentito così in sintonia e con lui riesco a parlare di qualsiasi cosa – o quasi.»

 

Rachel resta in silenzio mentre continuo con il mio monologo, che comprende anche la mia indecisione su quale regalo di Natale comprargli; lei mi ascolta, facendomi sfogare, ma a un tratto mi interrompe.

«Il regalo è il minimo; durante il weekend possiamo organizzarci io te e Mercedes e andare a cercare qualcosa. Però c’è un’altra cosa che voglio sapere prima: Blaine sa tutto di Karofsky? Sa perché alla fine ti sei trasferito alla Dalton?»

 

Resto in silenzio, punto sul vivo: non so perché non sia riuscito a dire a Blaine della minaccia subita da Karofsky. Non volevo farlo preoccupare, credo, non più di  quanto mi fosse sembrato; ormai ho capito che Blaine si rivede molto in me e credo sia per questo che ha deciso di starmi vicino. Mi viene spontaneo chiedermi chi gli sia stato affianco quando lui ha dovuto subire tutto questo.

 

«No io… non sono riuscito a dirglielo.»

«Perché?»

«Non lo so… forse non volevo farlo preoccupare. O forse non voglio che mi veda soltanto come qualcuno da proteggere, qualcuno a cui fare da mentore.» E forse è vero, forse è davvero così.

«Dovresti dirglielo Kurt, anche se posso capire quello che provi; ma tanto per cominciare, voi due siete amici. E credo che se gli nascondessi una cosa del genere potrebbe prenderla male.»

 

Strano, non avrei mai pensato che mi sarei trovato a dover dare ragione a Rachel Berry; ma questa volta credo di doverlo fare.

Sospiro, mentre mi rendo conto che l’acqua della doccia è stata sostituita da quella del rubinetto – immagino che Blaine si starà lavando i denti, quindi tra poco uscirà.

 

«Ora devo andare Rachel, Blaine sta per uscire dal bagno; comunque ci penserò… Grazie.»

«Figurati»

Restiamo entrambi in silenzio, forse imbarazzati per quello che entrambi stiamo provando; e poi, contemporaneamente, diciamo: «Mi mancate» «Ci manchi»

Scoppio a ridere, soprattutto per allentare il nodo alla gola, e sento anche Rachel ridere all’altro capo del telefono.

«Buonanotte Kurt.»

«Notte Rachel.»

 

Non appena poso il cellulare sul comodino vicino al mio letto – ho scelto quello vicino al muro, mi ha sempre fatto sentire più protetto – Blaine esce dal bagno completamente vestito, mentre si friziona i capelli ancora un po’ bagnati con l’asciugamano.

I miei pensieri deviano un attimo da quello che mi ha detto Rachel per seguire il percorso di una minuscola goccia d’acqua che gli scivola lungo il collo; fortunatamente la sua voce mi riporta alla realtà.

 

«Ehi, eri a telefono? O parlavi da solo?» mi rivolge un sorriso mentre si siede a gambe incrociate sul suo letto, rivolto però nella mia direzione.

«Uh, era solo Rachel; chiacchiere tra dive.» Spiego con un’alzata di spalle.

«Uhm.» Fa lui alzando un po’ il mento e socchiudendo un po’ gli occhi, osservandomi.

 

Distolgo lo sguardo dal suo dopo pochi secondi per puntarlo sul copriletto; credo che seguirò il consiglio di Rachel. È giusto che Blaine sappia tutto di Karofsky e della minaccia; glielo devo e poi a essere sinceri è un amico, nonostante sia cotto di lui.

 

«Ho bisogno di dirti una cosa.»

«Spara!» fa lui, chinandosi un po’ di più verso di me.

«Giura che non ti arrabbierai però!» quasi lo imploro mentre rialzo gli occhi su di lui, che ridacchia, colto alla sprovvista dalla mia ultima frase. Tuttavia sembra notare dal mio sguardo che sono serio, così anche lui perde il sorriso e allunga una mano, afferrando la mia mano posata sul ginocchio.

«Non lo farò.»

 

Prendo un profondo sospiro prima di continuare, rassicurato dal calore della sua mano sulla mia.

«C’è un motivo più grave per cui alla fine mi sono trasferito qui.»

La sua stretta si fa più forte, ma sembra non accorgersene.

«Immaginavo fosse successo qualcos’altro. Che cosa ti ha fatto?»

 

Ha capito che dev’essere successo qualcos’altro con Karofsky, era inevitabile; così com’era inevitabile che avesse capito che c’era qualcosa di ancora più grosso che essere spinto contro gli armadietti e venire baciato dietro al mio trasferimento improvviso. 

 

«Ha minacciato di uccidermi.»

La sua mano lascia immediatamente la mia e la riavvicina a sé, stringendo il pugno; l’altra mano è invece stretta alla coperta, stropicciandola. Fa un respiro profondo, allontanando gli occhi dai miei. Ho paura che si stia arrabbiando con me, perché non gli ho detto subito come stavano le cose.

 

«Scusami se non ti ho detto tutto subito Blaine ma…» cosa fare? Dirgli la verità, rischiando che capisca quanto mi piace, o mentire? Opto per la verità, anche se so già che probabilmente me ne pentirò. «… non volevo farti preoccupare di nuovo, né volevo che tu ti sentissi in dovere di… proteggermi o cose del genere.»

 

Abbasso lo sguardo, avvampando. Qualche secondo dopo sento le molle del letto cigolare un po’ mentre lui si siede vicino a me e mi sfiora un ginocchio con la mano.

«Va bene Kurt, stai tranquillo, non me la sono presa. L’importante ora è che tu sia al sicuro.»

Sorrido un po’, titubante.

 

«Credo sia meglio che vada a farmi una doccia.» Sussurro, non volendo tuttavia togliermi da questa posizione tanto presto.

Lui sembra scuotersi e toglie la mano dal mio ginocchio, balzando in piedi e afferrando il suo orologio sul comodino. «Sì, forse ti conviene: è tardi e domani abbiamo lezione.»

 

Mi alzo in piedi anche io e, afferrato il pigiama e della biancheria – che cerco di nascondere in mezzo al pigiama – mi avvio verso il bagno. Mentre sto per chiudermi la porta alle spalle però, Blaine parla.

 

«Comunque non mi sento in dovere di proteggerti: mi va di farlo, tutto qui.» alza le spalle, come a voler sottolineare la cosa.

«Non devi farlo, non sono una principessa in pericolo.» Ironia e sarcasmo, quanto vi amo! Mi salvate sempre dalle situazioni imbarazzanti.

«Non è per quello che lo faccio. Dico solo che gli amici devono prendersi cura gli uni degli altri, e tu sei mio amico.» Sorride, abbagliandomi.

 

Nonostante le sue parole dovrebbero farmi male, perché è chiaro che lui mi veda solo come un amico, non posso fare a meno di sorridere.

Sotto la doccia penso che per ora posso farmi bastare questo: la sua amicizia. Di certo ne vale la pena, anche solo per rivedere il sorriso luminoso che mi ha rivolto poco fa.

 

 

 

NOTE:

Qui è di nuovo Pachelbel =)

Allora, tanto per cominciare vorrei spendere qualche parolina per Rachel – che io adoro alla follia nella sua…follia – e soprattutto per dire quanto io sia stata felice dell’inizio di questa amicizia tra lei e Kurt. Secondo me insieme sono assolutamente splendidi! *__*

 

Detto questo… dove siete finiti tutti??? DDD: Come direbbe Santana, NO ME GUSTA!

Seriamente, se avete qualche consiglio da darci, scrivete pure. Le recensioni servono a noi autrici per migliorare. E poi insomma, non vi facciamo tenerezza?? Io e la mia collega stiamo a controllare ogni due per tre se ci sono nuove recensioni, anche di notte! xD

 

Magari è solo l’effetto vacanze comunque… speriamo di vedervi presto più numerosi che mai! =)

 

Baci <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Baby, it'cold outside ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

7°_Baby it’s cold outside ~ Kurt

~ Quando cominci a chiederti se Natale abbia sostituito San Valentino ~

 





 

Dire che sono nervoso è dire poco. Sento l’impulso per nulla salutare di sbattere la testa contro il muro e allo stesso tempo di darmi dell’idiota per quello che provo.

È il fondo. Decisamente il fondo quello che sto toccando: non mi vergognerò mai più di me stesso come sto facendo ora – è una cosa tanto stupida!

 

Il picchiettare delle mie dita sul tavolino di alluminio del bar non mi aiuta certamente a sbollire la tensione, ma non riesco a fermarmi: devo fare qualcosa o diventerò pazzo… e non voglio che il mondo soffra per una perdita tanto importante!

 

«Kurt! Eccoti qui finalmente!»

 

Una voce mi scuote dalla mia crisi di panico mentale e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo voltandomi verso Mercedes che, con Rachel al seguito, mi ha finalmente raggiunto.

«Cos’è successo? Come stai? Di quale emergenza parliamo?» mi tempesta, mentre l’altra mi guarda con la stessa preoccupazione.

 

Devo aver esagerato con il messaggio: “Ho assoluto bisogno di voi. Massima urgenza. Sono al centro commerciale. Fate subito!”, ma ero davvero disperato e lo sono tuttora.

Le guardo per un istante, senza sapere di preciso cosa dire, ma sembra che Rachel non mentisse quando diceva di essere una sensitiva e di avere uno sviluppato sesto senso, perché i suoi occhi si fanno sottili ed affilati.

 

«Non avevamo detto nel week-end per la storia del regalo di Natale? E poi, ti pare normale farci correre qui in questo modo per un regalo?!» sbraita nervosa, ma devo aver fatto una faccia davvero sconvolta, perché la sua rabbia regredisce in un istante – un vero e proprio miracolo per chiunque conosca Rachel Berry.

 

«Kurt… siamo qui per il regalo da prendere a Blaine, vero?» mi chiede, il sospetto che le dipinge i lineamenti.

 

«Sì…» la tranquillizzo io – da quando, poi, io e lei siamo tanto gentili l’uno verso l’altra, resta un mistero «Non volevo allarmarvi tanto, ragazze. Sono solo nel panico più totale»

«Ok» prende parola Mercedes «Ora parti da capo, con calma»

 

Mi si siedono di fronte ed io prendo un bel respiro, per non sembrare ancora più stupido di quanto sarò dopo le mie parole – anche se non credo sarà possibile superare quel livello.

 

«Mi mancate così tanto» sussurro come se me ne fossi improvvisamente ricordato ed avessi bisogno di dirlo proprio ora.

I sorrisi di Mercedes e Rachel sembrano calmare un po’ il miscuglio di pensieri che rischia di farmi crollare da un momento all’altro.

«Manchi molto anche a noi, tesoro. Ora ci dici qual è il problema?»

 

«Blaine»

 

Le due ragazze mi lanciano lo sguardo più sorpreso di cui sono capaci.

«Il problema è Blaine?» chiedono per nulla convinte, sottolineando il nome.

«No, no! Blaine è fantastico!» nego di scatto: hanno frainteso la mia affermazione e mi guardano come se fossi impazzito.

Io sospiro e mi decido a dir loro tutto, per quanto quel po’ di orgoglio e sanità mentale che persiste in me m’implori di non farlo.

 

«Blaine è fantastico» ripeto «Ma è anche il mio problema. Il punto è che sto così bene con lui… è sempre tanto gentile con me e mi ha aiutato ad ambientarmi.. si preoccupa di come sto e passiamo molto tempo insieme…»

 

I sorrisetti delle ragazze bloccano quello che rischiava di  diventare un sogno ad occhi aperti. Ora la mia espressione è chiaramente interrogativa.

«Te ne sei innamorato. Da manuale» sentenzia Rachel con aria superiore.

«Non è la prima volta, Kurt» mi ricorda Mercedes.

 

«Sì, ma ora è diverso! Completamente! Non è come con Finn o Sam: quelle erano cotte, nulla di più! Ora vado in panico per un semplice regalo di Natale! Ed io sono il re dei regali! Che faccio?»

 

«Ti calmi, prendi un bel respiro e mi ascolti» mi ordina la mia migliore amica «Si capisce che con Blaine è qualcosa di più, ma non correre troppo, d’accordo. Per quel che ne sappiamo lui potrebbe essere tanto gentile senza che ci sia nulla di sottinteso, quindi per ora devi mantenerti con i piedi per terra»

 

«E poi… lo conosco da pochissimo…» sussurro, come a voler mantenere fermo quel pensiero.

 

«A cosa avevi pensato per il regalo?» mi chiede l’altra ed io sorrido come chi ha la vittoria in pugno.

 

«Ho anticipato la nostra uscita apposta! Stamattina, mentre mi preparavo, ho notato che il Dior Homme di Blaine sta pericolosamente finendo. Ora… quel profumo, unito all’odore della sua pelle è qualcosa di… magnifico. Non oso immaginare se lo cambiasse!»

 

«Quindi si va in profumeria» sentenzia Rachel, mentre il sorrisetto di Cedes mi fa capire che ho di nuovo esagerato, ma non è una cosa che posso controllare: è l’effetto che mi fa Blaine.

 

Saliamo le scale mobili con una strana frenesia in corpo: sono certo che nessuno di noi credeva di poter tornare ad uscire insieme tanto presto! E nonostante tutto sono davvero felice di riaverle con me – sì, anche Rachel. Mi sono mancate più di quanto credessi – o sperassi, ma in fondo, in questo momento mi sembra che non sia cambiato nulla, che siamo sempre gli stessi compagni di scuola che vanno a fare shopping scambiandosi pettegolezzi e folli manie da adolescenti.

 

Quando entriamo nel negozio di profumo al primo piano, l’aria piena dei più svariati profumi mi fa quasi girare la testa – è sempre così in posti del genere. Mi basta un attimo, però, per riprendermi e correre allo scaffale maschile, alla ricerca della scatolina grigio chiaro. Il mio sguardo vaga tra gli scaffali, scorrendo lungo i diversi colori e le luci che si riflettono sui vetri di ampolle di diversa forma e sfumatura; per un attimo i miei occhi si fermano su un Bleu de Chanel – l’ho sempre desiderato – e sono tentato di prenderlo quando, proprio sullo scaffale sottostante allo stesso livello della scatolina blu, trovo quello che cerco.

 

Prendo in mano l’ampolla chiara ed, aprendola, spruzzo un po’ del suo contenuto nel tappo, dandogli qualche istante per evaporare e liberare così il suo profumo. Quando lo inalo, chiudo gli occhi rilassandomi ed inevitabilmente un sorriso mi allarga le labbra: per un attimo mi sembra che Blaine sia lì accanto a me… a quella fragranza manca giusto il pizzico di dolcezza che ottiene quando ruba l’odore della sua pelle. Se questo è un altro dei miei stupidi sogni ad occhi aperti, non svegliatemi.

 

Uno schiocco di dita mi riporta improvvisamente con i piedi per terra, giusto in tempo per vedere l’espressione perplessa di Mercedes ancora con la mano alzata, pronta a schioccare di nuovo.

«Terra chiama Kurt. Mi ricevi?» scherza ed io alzo gli occhi al cielo «Sei imbambolato così da svariato secondi!» si difende.

«Beh, l’ho trovato!» esclamo di nuovo al settimo cielo e lei sorride.

 

Mentre sto per avviarmi alla cassa con il regalo, mi accorgo che Rachel non è con noi, ma è ferma ancora davanti ai profumi, poco distante da dove ho preso il Dior. Scambio uno sguardo incuriosito con la mia migliore amica e torno sui miei passi.

«Ehi…?» la chiamo, poggiandole una mano sulla spalla – lei quasi sussulta al contatto «tutto a posto?»

 

«Oh… sì, Kurt: tutto ok. Hai trovato il profumo?»

Glielo mostro ancora sorridente, anche se il suo comportamento non mi convince del tutto. Lei sembra riprendersi subito perché mi spinge verso la cassa dicendomi di non perdere più altro tempo.

 

La cassiera ci accoglie con un lieve sorriso che si perde un attimo quando le porgo il Dior Homme chiedendole di incartarlo con tanto di fiocco. Poi salutiamo ed usciamo.

 

«Visto che siamo qui, potremmo approfittarne per fare gli ultimi regali…» propongo.

«In realtà io sono a posto» afferma con una certa soddisfazione Mercedes e Rachel annuisce concordando con lei. Io le guardo sbalordito.

 

«Sono davvero l’unico ad essere arrivato tanto vicino a Natale senza aver concluso il giro dei regali?» chiedo senza nascondere una punta di delusione.

«Se non fossi andato nel panico più totale per il regalo da fare a Blaine – e non negarlo, ormai ti conosco – avresti finito anche tu» mi canzona Rachel con la sua aria da maestrina – si è ripresa del tutto, non c’è che dire.

 

Apro bocca per controbattere nel modo più affilato possibile, ma mi rendo conto che ci ha preso in pieno.

«E poi… pensavo: deve piacerti davvero molto per aver rinunciato, senza neanche pensarci su, al Bleu de Chanel  che avevi adocchiato» mi fa notare Mercedes.

«C-cosa?»

Accidenti a me e ai miei maledetti viaggi mentali!

«Non negarlo, ti ho visto» afferma sicura ed io sono con le spalle al muro.

 

Abbasso lo sguardo sconfitto ed entrambe cominciano a ridere col tono di chi la sa lunga.

«Smettetela, ragazze! E poi… per lui non sono altro che un buon amico, quindi…» ricordo loro – no, lo sto ricordando a me stesso, mentre gli occhi accarezzano la confezione dai colori natalizi nella bustina rossa.

 

Rachel fa un improvviso scatto in avanti, spaventandomi e mi si piazza di fronte con una strana luce negli occhi, simile alla determinazione. Incrocia il mio sguardo senza darmi possibilità di scampo.

 

«Ascolta, Kurt. Ti parlo per esperienza personale: non correre, non affrettare le cose. Se per te è una magnifica, fortissima amicizia, fa’ che sia solo questo e soprattutto goditela – prendi tutto il bene che provi quando stai con lui e fanne tesoro. È tanto bello vederti così felice: i tuoi occhi luccicano quando parli di Blaine ed è stupendo! Non trovarti ad avere rimpianti poi di cose che non hai fatto quando potevi. Credimi».

 

Mi bastano i suoi occhi per crederle. Alle volte – il più delle volte – Rachel Berry può essere l’ultima persona su cui fare affidamento, quella a cui mai chiederesti una mano e poi… ecco che se ne esce con simili frasi e sembra la persona migliore del mondo.

 

«Grazie» le rispondo sinceramente, abbracciandola «Allora, perché non troviamo un buon fast food e ceniamo? Offro io» propongo poi pimpante, saltellando verso le scale mobili.

«Allora dobbiamo proprio ringraziare Blaine appena lo vediamo!» mi prende in giro Mercedes, sfiorandomi con la spalla ed io sto per risponderle per le rime quando una voce mi gela.

 

«Ringraziarmi per cosa?» chiede con tono allegro Blaine ed io mi volto sicuramente rosso in viso e con chissà quale espressione shoccata – da quanto tempo ci sta sentendo? Cosa ha sentito?

Per la sorpresa lascio cadere il pacchetto incartato che si infrange a terra con il classico e preoccupante rumore di vetro rotto.

 

«Accidenti, Kurt! Si è rotto?!» si preoccupa lui, correndo verso di me e controllando il contenuto della bustina che, sfortunatamente, non è uscito illeso.

«Mi spiace così tanto! Io…» prova a scusarsi, mostrandomi quello che una volta era il suo regalo di Natale.

 

Io non so se essere più pallido per il profumo in frantumi o più rosso per il fatto che lui sia qui e che una fragranza che conosce tanto bene si sta disperdendo nell’aria. Blaine prende un bel respiro per sentire il profumo e decisamente prevale il rosso.

«Dior Homme» sentenzia con uno sguardo che sembra carico di sottintesi.

 

«È… era… per… per Finn» invento al momento, ma non sono mai stato bravo a mentire e credo se ne sia accorto anche lui a giudicare dal suo sorriso eloquente – o sono io ad essere semplicemente paranoico?

 

«È il Dior Homme che uso io di solito?» chiede con malcelata indifferenza.                 

«Sì» rispondo subito «è stato il tuo a darmi l’idea» confesso.

 

Di male in peggio, ma di certo non potevo dirgli che era per mio padre o soprattutto che era per lui…

 

Il rammarico sincero che leggo sul suo viso mi riporta alla realtà.

«Ascolta, Kurt: te lo pago. Dimmi quanto ti è costato che lo ripago – almeno così potrai ricomprarlo…» e caccia il portafogli dai suoi jeans scuri.

«Sei impazzito? Non ti dirò quanto è costato!»

«Non sarà difficile scoprirlo» controbatte il moro, voltandosi verso la profumeria.

 

«Blaine Anderson, resta fermo dove sei!» ordino      quasi gridando, ma almeno insieme agli sguardi scandalizzati della gente che ci sta passando accanto ottengo anche ciò che volevo: l’Usignolo è fermo sul posto, bloccato, uno sguardo sorpreso che gli illumina gli occhi.

 

«Così va meglio» sentenzio con aria superiore, uscendo sorprendentemente bene da una delle situazioni più imbarazzanti che mi siano mai capitate – e questo è tutto dire.

Blaine rimane pietrificato ancora per qualche istante, poi scrolla le spalle ed incrocia le braccia al petto.

«Va bene, Kurt Hummel, come vuoi» sbotta falsamente offeso, sottolineando nome e cognome – io gli sorrido come se mi stessi scusando.

 

«Allora…» si riprende immediatamente «Avete programmi per la serata?» e guarda prima me e poi le ragazze.

«Kurt ci offre la cena in uno dei fast-food qui al centro» spiattella subito Rachel senza che io abbia il tempo o la possibilità di negare la cosa.

 

Se Blaine si unisce a noi è la fine. Non sto dicendo che non mi farebbe piacere, anzi non ci sarebbe di meglio… ma sono riuscito a rendermi tanto ridicolo in pochi minuti, non oso immaginare cosa potrei combinare in un’intera serata.

 

Guardandolo, neanche lui sembra del tutto convinto di volersi unire a noi.

«Magari un’altra volta, scusate. Ho dei regali da fare anch’io e sono in ritardo» declina con gentilezza «Spero non vi spiaccia» e mi punta gli occhi addosso.

«

Figurati! Non sono di certo finite le serate per cenare in compagnia! A stasera, allora! Ciao» e prima che possa ripensarci o anche solo ricambiare i nostri saluti, parto in quarta per allontanarmi quanto più possibile da lui, le ragazze che mi seguono confuse.

 

«Kurt, che stai combinando?! Ti pare il modo di comportarti?» mi sgrida Rachel.

 

«Scusate, ma sono sicuro che non sarei riuscito a resistere un altro secondo lì senza rendermi ancora più ridicolo di quanto già non fossi. E oltretutto devo ricomprare il Dior» sottolineo maledicendo la mia sbadataggine e il brutto vizio di Blaine di apparire dal nulla facendomi sobbalzare.

 

Mercedes scuote la testa con un mezzo sorrisetto.

«Kurt, sei irrecuperabile»   

 

 

~∞~

 

 

I really can't stay - Baby it's cold outside
I've got to go away - Baby it's cold outside
This evening has been - Been hoping that you'd drop in
So very nice - I'll hold your hands, they're just like ice

 

 

Sono certo al 100% che nella mia testa ci sia qualcosa di sbagliato. L’ho accettato e ci vivo più o meno tranquillamente. Stavolta, però, non è solo colpa della mia mente bacata: ci si mette anche lui con duetti assurdi! Baby, it’s cold outside! Ci rendiamo conto? Tralasciando quanto adori quella canzone, dopo una simile proposta secondo Rachel e Mercedes io dovrei restare calmo e tranquillo?

 

Parto per primo e spero che il dover cantare al massimo mi distragga da pensieri inopportuni. C’è da dire, però, che l’arrivo a sorpresa di Blaine mi ha salvato da una noiosa serata sui libri di storia, in cui Carlo Magno aveva sostituito la rimpatriata che quelli del McKinley mi avevano proposto al “Bel Grissino”. Non male. Non male davvero.

Adoro vederlo cantare: il modo in cui il suo corpo entra in contatto e in simbiosi con la musica è qualcosa che mi lascia puntualmente senza fiato ed anche ora sembra in ottima forma – lo odio.

 

 

My mother will start to worry - Beautiful, what's your hurry
My father will be pacing the floor - Listen to the fireplace roar
So really I'd better scurry - Beautiful, please don't hurry
Well Maybe just a half a drink more - Put some music on while I pour

 

La sua teatralità mi strega e mi travolge tanto che anch’io comincio a recitare seguendo il senso della canzone e vagando evasivo per la stanza, mentre lui mi prega di restare: che fretta c’è? Mi entusiasmo nel vedere le sue espressioni, l’intensità che mette in ogni cosa che fa: è una persona unica e per quanto non sia la prima volta che me ne rendo conto, in questo momento il pensiero quasi mi inorgoglisce.

 

Non riesco a trattenere un sorriso mentre, allontanatomi da lui, torno indietro sfiorandolo appena: forse sto cominciando a capire cosa intendeva Rachel con il suo discorso sul “prendi tutto il bene che ricevi”.

 

 

The neighbors might think - Baby, it's bad out there
Say, what's in this drink - No cabs to be had out there
I wish I knew how - Your eyes are like starlight now
To break this spell - I'll take your hat, your hair looks swell

 

Ora che lo guardo negli occhi, poco lontano da lui, rischio davvero di perdermi in quel colore a cui nessuno ha dato ancora un nome: non mi riferisco solo alla bellezza oggettiva, quella che tutti possono apprezzare – e credo sia inevitabile farlo. Quando penso a Blaine, i suoi occhi sono la prima cosa che mi viene in mente: credo siano il riassunto perfetto della sua essenza e mai è stata più appropriata la dicitura “specchio dell’anima”. L’ottimismo, l’entusiasmo, la voglia di mettersi sempre in gioco, il non riuscire a fermarsi mai; tutto salta fuori in un attimo e se lo guardi con più attenzione, riesci perfino a scorgere quel pizzico di insicurezza, punta di un iceberg che cela a tutti.

Mi alzo con disinvoltura e mi accorgo che il corpo segue ancora la musica nonostante la mia mente si sia persa di nuovo.

 

 

I tought to say no, no, no, sir - Mind if I move a little closer
At least I'm gonna say that I tried - What's the sense in hurting my pride
I really can't stay - Baby don't hold out
Ahh, but it's cold outside

 

Mi poggio allo schienale del divano, mentre una strana spensieratezza mi coglie quasi impreparato. Se questo duetto era iniziato come un’improvvisata di Blaine, adesso sento di non poter fare a meno di cantare con lui e questo non perché mi piace, o almeno, non solo per questo. Ho perfettamente chiaro il messaggio che Rachel ha voluto mandarmi: se stai tanto bene con una persona, non complicare nulla, non far nascere problemi. Ed io con Blaine sto bene.

Mi si avvicina, seguendo il senso delle parole che cantiamo ed io sorrido imbarazzato, senza sapere se spostarmi o meno, mentre con le parole faccio ancora resistenza alle sue suppliche.

 

 

I've got to go home - Oh, baby, you'll freeze out there
Say, lend me your comb - It's up to your knees out there
You've really been grand – I thrill when you touch my hand
But don't you see - How can you do this thing to me

 

 

Ancora una volta mi sono spostato in quella che sembra più una caccia dai contorni mitologici che la prova per un’esibizione natalizia e mentre la musica scorre per alcuni istanti senza il nostro canto, Blaine l’accompagna con alcune note al piano accanto al quale sono seduto – ovvio che lo sappia suonare.

 

Quando riattacco con le parole, mi sposto di nuovo verso il camino acceso e davvero fatico a tenere la voce ferma perché la felicità immotivata che sta salendo dal cuore è qualcosa di travolgente.

Non m’importa se Blaine per ora mi vede solo come un amico – me lo sono detto ogni volta che le sue attenzioni mi hanno fatto sussultare, ma ora ne sono pienamente convinto.

 

 

There's bound to be talk tomorrow – Think of my life long sorrow
At least there will be plenty implied - If you caught pneumonia and died
I really can't stay - Get over that old out
Ahh, but it's cold outside

 

 

La canzone sta per finire e l’unica cosa che sento è lo stesso entusiasmo che vedo riflesso negli occhi di Blaine. Mi rendo improvvisamente conto che questa è stata la prima volta che abbiamo cantato un duetto insieme e non posso fare a meno di pensare che siamo stati perfetti.

 

Per la prima volta siamo sulla stessa frequenza, perfettamente allineati e mentre lui mi si avvicina tanto che posso sentire il suo respiro sul mio viso, sento svanire anche l’imbarazzo che dovrei provare.

Al diavolo le mie insicurezze, le paranoie e tutte le situazioni imbarazzanti in cui mi sono ficcato finora – in questo momento siamo solo io e lui e tutto quello che ci lega.

 

La canzone finisce trovandoci seduti vicini – dopo che lui mi ha offerto di farlo per primo. Un sorriso ampio e sincero ci illumina i visi e anche se solo per un attimo mi sento la persona più felice del mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Qui è di nuovo Alchimista che vi parla!

Boh, con questo caldo pensare a Natale è un suicidio e un refrigerio mentale allo stesso tempo… >.< *respira a fatica*. Boh, io immagino Kurt paranoico… voi che dite?

Come la mia controparte ha già detto.. ci piace molto il rapporto Kurt/Rachel, quindi mi sa che (anche per ovvie ragioni) non sarà l’ultima volta che la vedrete! Non credo debba dire qualcosa riguardo quel duetto.. insomma lo amo.

Va beh… mi eclisso, va! Nonostante il caldo, non rinunciare ad una recensione, anche piccina piccina – ci rendereste davvero felici! Un grazie speciale, quindi, a chi ha espresso il suo parere *-* o in qualche modo ha fatto sentire la sua presenza!

A presto. Baci.

 

-*Alchbel

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Baby, it's cold outside ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

 

8°_Baby, it’s cold outside ~ Blaine

~ Quando, con un amico vicino, il Natale sembra ancora più bello ~

 

 

«Ok, bella prova ragazzi! Ci vediamo qui domani alla stessa ora per rivedere tutto.»

 

Annuisco, insieme a tutti gli altri, anche se sono un po’ scettico; le prove sono certamente andate bene, ma Susan, sebbene si stia impegnando tanto, non è in grado di sostenere la mia estensione vocale. Tuttavia è la migliore cantante femminile che hanno, e credo di dovermi accontentare.

Sto per andarmene quando Ryan, il nostro direttore, mi chiama.

 

«Blaine, vieni un momento qui per favore?»

Mi avvicino a lui e sorrido, cercando di sembrargli entusiasta – effettivamente lo sono, altrimenti non avrei aderito a questo progetto, però ora sono così stanco che vorrei solo tornare in dormitorio a dormire, o a guardarmi un film con Kurt.

 

«Sì, mi dica.»

«Senti, so che Susan non è brava quanto te, tuttavia è la migliore che abbiamo; non è che ti andrebbe di fare delle prove in più solo con lei?» mi fissa con aria speranzosa, pregandomi quasi.

Sospiro, sapendo che sto per infilarmi in un mucchio di guai – con gli ultimi compiti di fine trimestre alle porte, altre prove in più mi ruberebbero soltanto tempo prezioso, ma non riesco a dire di no. «Ok, nessun problema. Ci metteremo d’accordo.»

«Grazie.» Sorride radioso e io non posso fare a meno di sorridergli a mia volta.

 

Poco più tardi, fuori dal teatro dove abbiamo appena fatto le prove, trovo proprio Susan che chiacchiera con qualche amica. Le faccio segno di avvicinarsi e lei subito mi raggiunge.

 

«Ohi, Blaine, dimmi!» non mi guarda negli occhi quando parla, quasi vergognandosi.

«Ryan proponeva di incontrarci qualche volta per provare. Ti va?» la sua faccia assume un’espressione contrita – sa che io non ho granché da provare. Mi fa tenerezza, così decido di mentire. «Anche io devo provare: c’è un pezzo che proprio non mi viene.»

 

Lei mi sorprende, scoppiando a ridere. «Oh Blaine, non mentire! Tu sei… beh sei perfetto, maledizione! Non hai nulla da provare. Piuttosto sono io…»

Le sorrido, cercando di rasserenarla, compiaciuto dal complimento appena ricevuto. «Vedrai che ci riuscirai. Ti darò una mano io.»

«Sei davvero gentile.» Dice lei, distraendosi però subito dopo per qualcosa che ha visto alle mie spalle.

 

Mi volto e vedo un ragazzone che la saluta, con in mano una graziosa pianta di stelle di Natale. Guardo nuovamente Susan, che sta sorridendo al ragazzo dietro di me.

«E’ il tuo fidanzato?»

«Sì, lui è Robert. Sai, all’inizio era un po’ preoccupato che dovessi fare questo duetto, ma quando gli ho detto che eri gay si è subito tranquillizzato.»

 

Ora tocca a me scoppiare a ridere.

«Non ha assolutamente nulla da temere. Dai, vai! Lui ti aspetta.»

«Grazie” sorride “Allora domani ci troviamo qui magari un’ora prima degli altri?»

«Perfetto!» sorrido e la saluto con la mano, mentre la osservo avvicinarsi – o per meglio dire, correre incontro – al suo fidanzato, dargli un lieve bacio sulla bocca e allontanarsi con lui, stringendolo per mano.

 

Sento improvvisamente una fitta al petto. Ho sempre desiderato un ragazzo, il pensiero credo sia costantemente fisso nella mia mente; purtroppo so bene che non saprei gestire una situazione di quel tipo, anche se effettivamente non vedo l’ora di provare, con la persona giusta.

 

Tuttavia, durante le feste, quelle di Natale in primis, questo “desiderio” di avere qualcuno vicino si acuisce ancora di più. Sarà per le persone che girano per negozi alla ricerca di un regalo speciale per il compagno, saranno le coppiette che passeggiano abbracciati sotto le luci di Natale – che li rendono più belli di quanto in realtà siano – ma a Natale sento la mancanza di qualcuno.

 

Scuoto la testa e mi avvio a piedi verso la Dalton, fortunatamente poco distante da qui, ancora sovrappensiero.

Quanto mi piacerebbe avere qualcuno che si disperi per trovare il regalo adatto a me, e che io mi disperi a mia volta; avere qualcuno da stringere sotto le illuminazioni fastose del centro luccicante, da baciare sotto il vischio non solo perché tradizione, ma perché lo amo davvero. Qualcuno che mi faccia apprezzare ancora di più questa festa per cui vado matto fin da bambino. 

 

Nel giro di dieci minuti arrivo a scuola, mezzo congelato, con la punta del naso arrossata e le labbra screpolate – dovrei seguire i consigli di Kurt, quando mi dice di portarmi dietro un burro cacao, che non è solo per le femmine; credo che se mi presentassi adesso a qualcuno non farei di certo una buona impressione!

 

Socchiudo gli occhi, beandomi del calore presente, poi mi riscuoto e mi avvio su per le scale, diretto alla mia stanza; magari riesco a convincere Kurt a vedersi un film con me, anche se dubito di riuscire a distoglierlo dallo studio. Si sta davvero impegnando molto per questi ultimi compiti: credo voglia fare buona impressione, soprattutto a casa. Già che i suoi sono costretti a pagare la retta di una scuola facoltosa come la Dalton, penso voglia ringraziarli prendendo dei bei voti; tuttavia ho l’impressione che Burt e Carole si accontenterebbero di vederlo felice; e di questo non devono preoccuparsi. Da dopo le Provinciali Kurt sembra essersi sciolto parecchio.

 

Apro la porta della camera con fare teatrale, sperando di trovarlo accoccolato sul letto, circondato da libri, ma non c’è nessuno. Mi incupisco appena: dove può essersi cacciato?

Tolgo il cappotto e lo poso sulla sedia, poi sfilo i guanti e mi dirigo in bagno a lavarmi le mani, facendo scorrere per un po’ l’acqua tiepida sulle mie mani infreddolite.

 

Esco dal bagno, quasi sperando di trovarlo magicamente lì, ma ovviamente non c’è; nonostante l’acqua aperta, l’avrei sentito entrare. Decido di mettermi alla sua ricerca: avrei da studiare, lo so, ma prima preferisco sapere dove si trova. Voglio dirgli dello spettacolo!

 

Mi chiudo la porta della mia camera dietro le spalle e mi avvio per il corridoio, mentre altri ragazzi, non appena mi vedono, mi salutano o si fermano a scambiare qualche chiacchiera; io ascolto tutti, come al solito, ma cerco di scrollarmeli di torno il più in fretta possibile. Davvero non capisco perché tutta questa attenzione nei miei confronti: è vero che ero il solista alle Provinciali e abbiamo vinto, quindi molti penseranno che è merito mio. In parte è vero, ma non sarei nulla senza i miei usignoli dietro.

 

Fortunatamente intravedo Wes al fondo del corridoio e mi precipito subito da lui.

«Wes

«Nano maleficamente ingellato, dimmi!» mi saluta lui, simpatico come al solito.

 

Sbuffo e incrocio le braccia, deciso a difendere a spada tratta i miei capelli.

«Stanno bene così, Wes! Non vedo perché discuterne sempre.»

«Come vuoi.» fa un cenno con la mano, come se stesse scacciando via una mosca fastidiosa – credo che in questo caso sono io la mosca fastidiosa, o per lo meno il mio commento.

 

Decido di soprassedere per questa volta – devo trovare Kurt, ho bisogno di dirgli dello spettacolo! Wes mi nota mentre saltello da un piede all’altro e alza gli occhi al cielo.

 

«Oh Blaine, ti prego, perché sei così eccitato? E se mi rispondi che hai trovato un gel ancora più potente di questo giuro che ti disconosco come amico!»

Sbuffo, stizzito «Smettila di prendertela con i miei capelli! Piuttosto, sai dov’è Kurt? Voglio dirgli che…» faccio una pausa di sospensione, per creare l’atmosfera.

 

«Che lo ami!»

«Che lo vuoi sposare!»

«Che… non lo so…»

 

Mi giro e vedo di fronte a me gli altri pazzi dei miei amici, Jeff, Nick e Flint. Li guardo, sconvolto, mentre apro e chiudo la bocca come un pesce rosso; ma che cosa ho fatto per meritarli?!

“Voglio dirgli che mi hanno ingaggiato per lo spettacolo di Natale di King’s Island…» dico, abbattuto.

 

Non capisco perché continuino a pensare che tra me e Kurt ci sia qualcosa; d’accordo che anche io per un po’ sono stato confuso, ma negli ultimi tempi ho capito di non provare nulla per lui che vada oltre l’amicizia. Il desiderio costante di averlo vicino è dettato solamente dal fatto che è la persona con cui mi sia mai trovato meglio in tutta la mia vita: è il mio migliore amico, semplicemente.

 

I miei amici – se così si possono definire – iniziano a saltellare per il corridoio, tenendosi per mano e dandomi pacche sulle spalle, complimentandosi con me. Non posso fare a meno di sorridere per la loro euforia.

 

«Beh, comunque, avete visto Kurt?» chiedo dopo qualche minuto di saltelli e occhiatacce da parte di Wes, che si domanda dove sia finito David, l’unico in grado di capirlo.

«Sì, è sotto che studia… storia mi sembra.» Mi risponde Flint, grattandosi la testa, sovrappensiero.

«Oh ok, allora non lo disturbo magari…»

 

So quanto Kurt faccia fatica a studiare storia, come d’altronde tutti gli allievi di questa scuola; il professor Rourke è davvero severo, soprattutto con i nuovi arrivati: dice che devono essere temprati fin da subito. Anche io l’anno scorso ho dovuto subire lo stesso trattamento.

 

«Invece credo che tu debba andare Blaine.» Dice Wes, assumendo un’aria preoccupata.

Improvvisamente mi preoccupo anche io: e se Kurt fosse di nuovo triste? Non voglio, non dopo tutto l’impegno che ci abbiamo messo per fare in modo che si sentisse a suo agio qui.

«E’ di nuovo triste?» chiedo di fretta, il tono di voce improvvisamente serio.

 

Nick scuote la testa sorridendo, divertito chissà da cosa, e mi mette un braccio intorno alle spalle.

«No, stai tranquillo, nostro cavaliere senza macchia! Sta solo studiando troppo… prima c’eravamo io e Jeff con lui, ma ci ha cacciati via dicendo che facevamo troppo rumore.»

 

Tiro un sospiro di sollievo dopo le sue parole: Kurt sta bene.

«Sfiderei chiunque a studiare con voi due presenti!» dico, indicando i diretti interessati.

«Blaine, non distrarti! Sei l’unico che riuscirebbe a distoglierlo dallo studio; perciò è tuo dovere fare qualcosa prima che ci snoccioli a memoria tutto il libro di storia!» dice Wes, agitato.

 

Già, ma che fare? Improvvisamente mi viene in mente un’idea; così potrei dirgli dello spettacolo e contemporaneamente farlo distrarre un po’. Oh sì, Blaine Anderson, tu sei un genio!

Senza dire niente, faccio dietrofront e mi precipito in camera, uscendo poi con un grosso stereo con dentro già la traccia della canzone.

 

I miei amici, non appena mi vedono, alzano gli occhi al cielo contemporaneamente – sarebbero quasi inquietanti se non avessero perennemente quell’aria da idioti giocherelloni che sono.

 

«Figurati se non se ne usciva con quel… robo!» dice Jeff sbuffando.

«Oh dai ragazzi, potreste cantare anche voi! Venite a darmi una mano.» Li supplico io.

«Che canzone è?» chiede Flint, incuriosito.

«Baby, it’s cold outside di Dean Martin.»

 

Loro a quel punto si scambiano delle strane occhiate e dei sorrisetti che non riesco a decifrare.

«Oh no, per questa volta passiamo.» Dice Wes con uno strano sorriso.

«Ok.» Dico dispiaciuto, ma mi riscuoto subito, salutandoli e dirigendomi verso l’aula studio, sperando che ci sia solo Kurt.

 

Dietro di me li sento ridacchiare; io ci rinuncio. Non riuscirò mai a capire quei ragazzi!

 

 

~∞~

 

 

Non ho neanche ancora cominciato a cantare, né lui, che già mi sento completamente diverso rispetto a com’ero alle prove. Sento un brivido scendere lungo la schiena e so che tutto adesso sarà più naturale. Forse il problema non è solo la voce di Susan, ma sono anche io: con lei non sono così sciolto.

 

 

I really can’t stay – Baby it’s cold outside
I’ve got to go away – Baby it’s cold outside
This evening has been – Been hoping that you’d drop in
So very nice – I’ll hold your hands, they’re just like ice
My mother will start to worry – Beautiful, what’s your hurry
My father will be pacing the floor – Listen to the fireplace roar
So really I’d better scurry – Beautiful, please don’t hurry
Well Maybe just a half a drink more – Put some music on while I pour

 

E infatti, non appena iniziamo a cantare, tutto si fa più semplice: estremamente più semplice. Non che durante le prove non sia “teatrale”, è solo che adesso sono molto più rilassato. Inoltre so di aver appena compiuto una buona azione: ho distratto Kurt dai compiti. Sinceramente non pensavo sarebbe stato così semplice. Ma d’altronde i ragazzi l’avevano detto che io sarei stato il solo a poterlo distrarre.

 

Sembrava così felice quando mi ha visto, ma mai quanto lo sembra adesso. Ha gli occhi che luccicano, le labbra rosse, così come le guance, e si sta sottomettendo al testo della canzone, volteggiandomi intorno e recitando con me. È incredibile quanto siamo affiatati.

 


The neighbors might think - Baby, it's bad out there
Say, what's in this drink - No cabs to be had out there
I wish I knew how - Your eyes are like starlight now
To break this spell - I'll take your hat, your hair looks swell
I ought to say no, no, no, sir - Mind if I move a little closer
At least I'm gonna say that I tried - What's the sense in hurting my pride
I really can't stay - Baby don't hold out
Ahh, but it's cold outside

 

Sento un altro brivido scendermi lungo la schiena quando mi avvicino a lui, mentre nello stesso momento cerco di memorizzare ogni azione che sto facendo per poterla poi riproporre domani con Susan; anche se credo sia del tutto inutile, dal momento che non sto decidendo cosa fare, sto soltanto facendo. Con Kurt è davvero tutto più semplice.

 

Mi rendo improvvisamente conto che è la prima volta che cantiamo insieme, solo noi due: e cosa dicevo prima? Che siamo affiatati. Così come lo siamo come amici, lo siamo anche come… artisti – come ci ha definiti lui prima.

 

Ha una voce stupenda: lo avevo già notato durante l’audizione, ma adesso sembra quasi migliore. Si compenetra alla perfezione con la mia. Sento una scarica di euforia invadermi di nuovo il petto: forse è un pensiero un po’ megalomane, ma sembriamo nati per cantare insieme. Le nostre voci si fondono, senza che sia l’una a prevalere sull’altra: da sole sono portentose, insieme fanno faville.

Credo di non aver mai cantato così bene in tutta la mia vita.

 


I've got to go home - Oh, baby, you'll freeze out there
Say, lend me your comb - It's up to your knees out there
You've really been grand – I thrill when you touch my hand
But don't you see - How can you do this thing to me
There's bound to be talk tomorrow – Think of my life long sorrow
At least there will be plenty implied - If you caught pneumonia and died
I really can't stay - Get over that old out
Ahh, but it's cold outside

 

Non posso fare a meno di guardarlo: è quasi… abbagliante… per quanto è felice. Si vede lontano un miglio che ama cantare, che è nato per farlo. Sono estremamente felice di avergli regalato un po’ di serenità; di certo lui l’ha regalata a me. Perché farsi problemi e volere un fidanzato, quando ho un amico come Kurt?

 

Seduto accanto a lui sul divano, dopo avergli galantemente fatto cenno di sedersi per primo, durante l’acuto finale, ho sentito per la prima volta l’atmosfera natalizia. Sarà stata la canzone, le stelle di Natale, la neve che cade fuori dalla finestra, oppure sarà stata la voce di Kurt, i suoi occhi luminosi e il sorriso che mi ha rivolto alla fine, ma soltanto ora posso dire che sì, il Natale è finalmente arrivato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Bills, Bills, Bills ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

9°_Bills, bills, bills ~ Blaine

~ Di incontri interessanti e altri indesiderati ~

 

 

Non è possibile! Non posso essermi ridotto all’ultimo minuto a fare il regalo di Natale, e non a una persona chiunque, ma a Kurt! Cioè, per lui dovrò trovare sicuramente qualcosa alla moda, qualcosa che sia di assoluto buon gusto e anche piuttosto eccentrico.

Vero anche che potrei comprargli qualcosa che non sia di vestiario, ma credo sarà più felice se gli comprassi un vestito.

 

Dopo averci pensato attentamente su, ho scartato l’idea dei maglioni – ne ha davvero troppi – e anche quella di una sciarpa – sarebbe stato davvero troppo scontato – e ho optato per una camicia. Ho già potuto notare quanto gli stia bene la camicia, le poche volte in cui si toglie la giacca della divisa; dovrebbe portarle più spesso.

 

Attraverso la porta a vetri del GAP, superando un ragazzo e una ragazza che, troppo presi a guardarsi negli occhi, si sono dimenticati come si cammina; alzo gli occhi al cielo, in quello che può sembrare un gesto esasperato, mentre in realtà non è altro che pura e semplice invidia.

 

Vado dritto al reparto uomo, iniziano a guardarmi attorno con attenzione; questo è il quinto negozio in cui entro, e sto davvero dando di matto. Fossi stato con Kurt mi sarei sicuramente divertito, ma non potevo certo portarmelo dietro alla ricerca del suo regalo. Mugolo appena quando non vedo niente che possa andar bene: non ho più tempo, oggi è il 23 dicembre e sono in un ritardo mostruoso.

 

Improvvisamente, una voce dietro di me mi fa voltare.

«Ciao, posso esserti utile?»

 

Il ragazzo che mi si para davanti mi lascia totalmente senza fiato: ha gli occhi azzurri, i capelli ricci e biondi – anche se non eccessivamente, sono più un castano molto chiaro – e un dolce sorriso di cortesia sulle labbra. È stupendo.

 

«I-io… ehm…» inizio a balbettare come uno stupido.

Lui mi sorride di nuovo, questa volta in maniera più naturale – devo sembrare un vero deficiente in questo momento, sfiderei chiunque a non farsi due sane risate al suono dei miei balbettii confusi.

«Immagino tu stia cercando un regalo. Posso darti una mano io se ti va.»

 

Forza Anderson, smetti di fare lo scemo e datti una svegliata!


«Sì, sto cercando una camicia…»

«Se è per la tua ragazza sei nel posto sbagliato: il reparto da donna è di là.» Dice lui cordiale, indicandomi il punto con un dito.

Scuoto la testa, sempre più imbarazzato. «No è per un amico.»

«Oh!» sembra per un attimo sorpreso, poi però si riscuote subito e inizia a mostrarmi le camicie più belle che hanno.

 

Io, più che guardare le camicie, osservo lui, perdendomi completamente nel movimento delle sue labbra senza però capire quali suoni stiano uscendo da essa. D’un tratto però sento delle parole raggiungere il mio cervello ormai in pappa.

«…e dipende anche da che tipo è il tuo… amico

 

Sbaglio o ha appena marcato l’accento sulla parola “amico”?

Comunque questo basta a scuotermi: devo comprare un magnifico regalo per Kurt e non posso sbagliare, altrimenti sarebbe in grado di lanciarmelo dietro.

Un piccolo sorriso mi spunta sulle labbra al pensiero, poi riporto lo sguardo sul commesso di fronte a me, dicendogli: «Lui è un tipo alla moda; magari andrei su qualcosa di più elegante.»

 

«Ok, allora direi che ci spostiamo decisamente su questa tipologia» mi indica un gruppo di camicie più a destra «Fanno parte dell’ultima collezione, sono eleganti anche se non troppo formali. Che ne dici?»

Poso la mano sulla camicia più in alto, tastando il materiale: sì, direi che è di buona fattura. Rialzo lo sguardo e, cercando di non incrociare i suoi occhi, annuisco.

 

«Che colore?»

Sgrano gli occhi: oddio, non ci ho minimamente pensato! Effettivamente non so nemmeno quale sia il colore preferito di Kurt; effettivamente è una cosa talmente stupida da chiedere… però dovrei saperlo!

«Qui abbiamo tutti i colori: si passa dal verde bottiglia all’acquamarina, all’azzurro, fino ad arrivare al blu notte; di tinte calde invece abbiamo un marrone, un rosso carminio e un bordeaux.»

 

Ci rifletto su: scarterei subito il marrone, il bordeaux e il verde bottiglia – forse lo sbatterebbero un po’. Se gliela prendessi azzurra certamente si intonerebbe ai suoi occhi: sarebbe fantastica, ma allo stesso tempo scontato. Io invece voglio sorprenderlo.

Chiudo gli occhi, pizzicandomi il ponte del naso con due dita, pensando. Improvvisamente, l’immagine di Kurt, con gli occhi luminosi, circondato dalle stelle di Natale, mentre canta con me, mi invade la mente.

Riapro gli occhi, sorridendo.

 

«La prendo rossa.»

«Ottima scelta.» sorride il commesso carino, che mi fa strada fino alla cassa, dove incarta il regalo e me lo porge.

Un po’ dispiaciuto dal fatto che con ogni probabilità non lo vedrò più, pago, gli auguro Buon Natale ed esco.

 

Già che sono qui ne approfitto per fare un giro; nonostante mi deprima essere solo a Natale, adoro andare in giro a guardare le vetrine illuminate e addobbate a festa.

A differenza di Kurt, che mi ha detto chiaramente di non credere in Dio, io non so se ci credo o meno; certo, mi piacerebbe davvero tanto se lassù ci fosse qualcuno, ma non so se crederci o meno. Comunque, sono anni ormai che prendo il Natale per quello che è: la festa della famiglia e degli amici – per quanto mi riguarda, si limita solo alla festa degli amici.

 

Infreddolito, decido di entrare in un bar; dopo aver ordinato il mio solito caffè a filtro medio, mi accomodo a uno dei tavolini, guardandomi intorno. Poco lontano da me, un ragazzo di spalle, con i capelli ricci e biondi, è seduto a un tavolino, tutto solo, proprio come me; riconosco il commesso del negozio.

Facendomi coraggio, decido di alzarmi e mi paro di fronte a lui.

 

«Ciao!»

Il ragazzo alza gli occhi da un libro che stava leggendo, sorpreso. «Ciao.»

«Posso sedermi?» chiedo, indicando il posto libero di fronte a lui, che mi guarda un po’ stranito per un attimo, ma poi mi fa un cenno di assenso con la testa.

 

Ci fissiamo per un istante negli occhi, mentre sento l’imbarazzo salire e prendere forma di un lieve rossore sulle guance. Che cosa diamine sto facendo? Sono seduto al tavolo di un bar con un perfetto sconosciuto, che si starà chiedendo cosa voglia un ragazzino come me da lui. Non so nemmeno quanti anni abbia!

Tuttavia mi spiazza, facendomi una domanda che avrei trovato veramente indelicata, ma che almeno ci distoglie dal silenzio imbarazzato in cui eravamo piombati.

 

«La camicia non era per un tuo amico, vero? Era per il tuo ragazzo?»

 

E così ci avevo visto giusto, aveva davvero calcato la parola “amico” prima, in negozio; lo osservo un po’, spaventato dalla possibile reazione che potrebbe avere. Non mi sembra affatto un omofobo e soprattutto i suoi capelli sono davvero troppo curati. Avessi Kurt con me, lui se ne sarebbe accorto subito!

Decido di fidarmi, anche se sono già pronto a scappare, all’evenienza.

 

«Sì, era davvero per un mio amico, ma… sì sono gay.» Lo guardo, incuriosito dalla sua reazione: ha sgranato gli occhi per un attimo, poi ha sorriso fugacemente e infine è tornato a uno sguardo serio.

«E tu…anche?» azzardo, preoccupato di starmi spingendo troppo oltre.

«Si nota tanto?» chiede, un po’ preoccupato.

Storco la bocca, facendogli un cenno di diniego con la testa, troppo impegnato a vagare nei suoi occhi: è davvero un bellissimo ragazzo. Forse, se gioco bene le mie carte, è il momento buono per avere un ragazzo!

«Sai, sei il primo che incontro da quando mi sono trasferito qui.» mi rivela lui.

 

E da qui in avanti ci mettiamo a parlare, di qualsiasi cosa. Così scopro che ha da poco compiuto 22 anni, che lavora da GAP da poco tempo, che gli piacciono i fumetti e i libri fantasy.

Io parlo poco e niente, intento a osservarlo; spero di non risultare troppo ridicolo, anche se credo che a un certo punto abbia notato il mio sguardo da pesce lesso.

 

Ad un tratto guarda l’orologio e scatta in piedi.

«Scusa, la pausa è finita e dovrei tornare a lavorare.»

Mi alzo anche io; è tardi anche per me e voglio arrivare alla Dalton prima delle cinque, quando il padre di Kurt verrà a prenderlo: voglio dargli il regalo prima che se ne vada.

«Sì, anche io dovrei andare. È stato bello parlare con te…» mi rendo improvvisamente conto di non sapere il suo nome.

 

Lui sembra capire a cosa sto pensando perché mi offre la mano; io la afferro, beandomi del calore e della morbidezza delle sue mani.

Questo ragazzo deve saperne quasi quanto Kurt di creme!

 

«Jeremiah

Mi riscuoto dai miei pensieri e sorrido. «Blaine

Lascia la mia mano, si volta e se ne va. Rimango ancora un attimo imbambolato a fissarlo, poi mi dirigo a passo spedito fuori dalla caffetteria, diretto alla Dalton.

 

 

*

 

 

Non appena arrivo alla Dalton mi fiondo direttamente in camera, dove troverò certamente Kurt intento a fare le valigie. Però, quando apro la porta della camera, mi sembra di vivere un deja-vu: Kurt non è qui.

 

Mi guardo intorno un po’ spaesato, avvicinandomi ai cassetti e aprendo il suo: è vuoto.

Oh, Kurt se n’è già andato… Ci metto un po’ a rendermi conto del sentimento che mi sta invadendo ora il petto: dispiacere. E forse anche un po’ di disappunto.

Ma forse solo io ci tenevo a dargli il regalo di Natale, anzi, forse gliel’ho fatto soltanto io. Per quanto quello che ho appena pensato suoni strano anche a me, non trovo altra spiegazione. Ma forse sono troppo precipitoso – penso mentre mi siedo sul suo letto – forse è stato costretto ad andare via prima.

 

«Cos’è, ha fatto le valigie e se n’è andato?»

Un voce alle mie spalle mi fa sobbalzare; mi giro e vedo David appoggiato con una spalla alla porta che ho lasciato aperta.

Mi sforzo di sorridere. «Già. Ha detto che vuole il divorzio.»

David si avvicina a me e si siede sul letto al mio fianco. «Chissà quanto ti verrà a costare!»

Al vedere la sua espressione – un sopracciglio sollevato e l’aria estremamente seria – non posso evitare di scoppiare a ridere e vengo subito imitato da lui.

 

Dopo poco David torna serio e mi posa una mano sulla spalla. «No, seriamente, è dovuto andare via: suo padre è venuto a prenderlo prima – non ho capito che impegni avessero. Comunque mi ha detto di avvisarti che gli dispiace e che ti avrebbe chiamato.»

 

Sento il peso sollevarsi dal mio stomaco – dove vi si era depositato quando non ho trovato Kurt nella stanza – e mi apro in un sorriso a trentadue denti.

«Oh ok, allora lo chiamo!» sentenzio, alzandomi dal letto e avviandomi alla porta con un saltello, quasi senza notare l’espressione a metà tra l’incuriosito e il consapevole – consapevole di cosa poi? – di David.

 

Esco dalla stanza ed estraggo il cellulare dalla tasca del cappotto, digitando subito i tasti; lo porto poi all’orecchio, ascoltando gli squilli. Dopo solamente due squilli, la voce di Kurt mi saluta, allegra e un po’ affaticata.

«Kurt? Che stai combinando?» chiedo, incuriosito.

«Oh, sono in salotto con Mercedes e Tina e…» Kurt si blocca e sento delle urla indistinte dall’altro lato «e niente, hanno deciso di distruggermi casa!» conclude assumendo un tono di rimprovero.

 

Ridacchio; sono felice di sentirlo e di saperlo felice. Non capisco però perché una strana sensazione di fastidio mi stia invadendo il petto. Ok, forse diciamo che pensavo fosse un impegno improvviso ad averlo fatto andare via prima; è che ci tenevo davvero a dargli il regalo di persona!

 

«Blaine? Ci sei?»

La voce di Kurt mi riporta alla realtà. «Sì, scusa. David mi ha detto tuo padre ti è venuto a prendere prima per un impegno improvviso.» Dico, senza rendermi conto che, per come l’ho detto, può sembrare un’accusa – e forse lo è. Oh, devo smetterla di fare il bambino! Kurt ha altri amici oltre a me, è normale che voglia passare del tempo anche con loro.

 

Come sempre però, lui sembra capire cosa mi stia passando per la testa, perché il suo tono di voce si abbassa e assume una tinta dispiaciuta.

«Già, a proposito, mi spiace non averti salutato. Queste due pazze hanno convinto mio padre a venire a prendermi prima e mi hanno fatto una sorpresa. Scusami Blaine

Sentendo le sue scuse non posso fare altro che lasciarmi sfuggire un piccolo sorriso e nel momento stesso in cui mi escono le parole di bocca, sento di averlo già perdonato.

«Tranquillo, non preoccuparti; immagino possano sentire la tua mancanza.»

«Già…» sussurra «Ci tenevo a darti il mio regalo di Natale di persona però.»

«Anche io.» perdo il sorriso mentre lo dico.

 

C’è qualche secondo di silenzio – probabilmente, proprio come me, starà pensando come fare – invece dice: «Mi hai comprato un regalo?»

«Certo! Anche tu a me a quanto pare.» Ridacchio. «Posso passare a dartelo adesso! Il tempo di salire in macchina e venire fino a Lima.» Propongo e quasi non mi accorgo di desiderare ardentemente che mi dica di sì: ci terrei davvero tanto a salutarlo decentemente prima delle vacanze di Natale.

 

Fortunatamente lui acconsente, così lo saluto velocemente e riattacco, tornando in camera e afferrando le chiavi della macchina. David non è più lì, ma non me ne preoccupo; lo saluterò dopo. Stanotte io e lui resteremo ancora qui: i suoi genitori verranno a prenderlo domani, per quanto riguarda me invece, non so proprio cosa farò. Diciamo però che vorrei ancora approfittare di un’ultima notte qui, almeno non devo tornare a casa mia.

 

L’idea di tornare a casa e vedere i miei tutti i santi giorni mi rende nervoso e arrabbiato. Non ho assolutamente intenzione di litigare con loro di nuovo, non sono solito lasciarmi andare alla rabbia; ho imparato a non reagire alle provocazioni. Ma quando è mio padre stesso a provocarmi, non so perché, perdo completamente il lume della ragione, finendo per rispondergli male ogni singola volta. E sono stufo di litigare con lui: ormai so bene che non riuscirà mai ad accettarmi, ma questo non significa che non mi faccia male.

 

Proprio come se fosse stato evocato dai miei pensieri, fuori dalla Dalton, appoggiato alla mia macchina, c’è mio padre; poco più in là vedo il volto austero di mia madre sporgere dal finestrino della sua macchina, seduta di fianco al nostro autista.

Sento montare immediatamente la rabbia, mentre mi arresto, sorpreso di trovarlo lì. Stringo i pugni ed espiro e inspiro un paio di volte prima di dirigermi verso di lui, dipingendomi in viso un sorriso finto e un’espressione che non sia di puro odio.

 

«Ciao papà.» Dico atono.

«Blaine.” Risponde solamente quasi senza incrociare i miei occhi. «Fai le valigie, sbrigati: partiamo.» Continua.

Quasi mi casca la mascella a terra. Cosa vuol dire “partiamo”? Dove dovremmo andare, perché non ne sono stato avvisato? Già l’idea di stare con loro non mi entusiasma, ma speravo almeno di potermi rinchiudere nella mia stanza per le due settimane di vacanza e uscire soltanto per i pasti e per andare al bagno, riducendo al minimo i nostri incontri.

 

Votandomi comunque alla tranquillità, conto fino a dieci prima di rispondere.

«Adesso? Dovrei prima passare a consegnare un regalo.» Mio padre solleva un sopracciglio, spostando finalmente lo sguardo su di me e invitandomi a proseguire con un cenno della mano. «Posso passare da lui e poi tornare a casa.»

 

Sbagliato, Anderson…

Mi rendo conto dello sguardo di mio padre non appena ho pronunciato “lui”, così mi rendo conto di essermi appena giocato tutto: se lo conosco bene, mi impedirà di andare da Kurt. E infatti…

«Non credo sia il caso Blaine.» Si limita a dire, guardandosi poi intorno, quasi con la paura che qualcuno di passaggio possa sentire che il figlio degli Anderson deve andare a consegnare il regalo di Natale al suo migliore amico. Oh sì, sarebbe uno scandalo!

 

«Io invece credo lo sia.» Sussurro appena e faccio per aggirarlo, dirigendomi verso il lato del guidatore. Non mi importa di quello che crede lui! Sono stufo di farmi mettere i piedi in testa così, non lo sopporto più.

Lui si sposta e si frappone tra me e la portiera. «Non ti permetterò di andare da questo tuo… amico. Lo vedrai dopo le vacanze!»

«No, io invece vado adesso!»

«Ho detto di no, Blaine! È un ordine! Vai a fare le valigie e torna qui.»

 

Sento le lacrime di rabbia salire fino ai miei occhi, ma non permetterò che lui mi veda piangere; non voglio dargli questa soddisfazione, né dare adito ad altri motivi perché mi reputi debole. Le mani iniziano a tremare per la frustrazione; quasi non mi rendo conto del gruppo di studenti e insegnanti che si è formato attorno a noi.

 

«Ti do dieci minuti.» Pronuncia, lapidario.

È inutile discutere ancora e poi non voglio farmi delle figuracce con i miei compagni di scuola; senza dire nulla, gli volto le spalle e rientro a scuola.

Ho una voglia assurda di urlare e buttare all’aria tutto ciò che mi si presenta sul cammino, ma mi trattengo; vicino a me sento i passi lenti di David: mi sta osservando. Io però non sollevo lo sguardo su di lui; se lo facessi ora credo che scoppierei a piangere.

 

David mi segue anche in camera e mi guarda mentre afferro di fretta le poche cose che avevo lasciato fuori e le infilo nella valigia, a casaccio. Quando tutto è stato stipato malamente nella mia piccola valigia – e il mio cuore ha smesso di battere affannosamente nel petto – rialzo lo sguardo verso David.

 

«Grazie.» Gli dico, riconoscente del fatto che mi sia stato vicino e che abbia capito che non c’erano assolutamente bisogno di parole.

“Non c’è di che.» Risponde facendomi un cenno con la testa.

Lascio la stanza, ma, arrivato in fondo al corridoio, una voce mi richiama indietro.

«Due settimane e sarai di nuovo qui, con noi e con Kurt.» Mi sorride, infondendomi un po’ di coraggio.

Non so cosa dire, perciò mi limito a un semplice «Buon Natale.»

 

Pochi minuti dopo, seduto sul sedile posteriore della macchina, tiro fuori il cellulare dalla tasca del cappotto e, cercando di non farmi notare da mio padre, invio un messaggio a Kurt.

 

Scusami Kurt, non riesco a venire. È arrivato mio padre e mi ha letteralmente trascinato via. ): B.

 

Quasi subito sento vibrare il telefono; lo afferro e sorrido quando leggo il nome del mittente. Avevo paura che Kurt potesse offendersi.

 

Oh… Mi dispiace veramente tanto… Ci avrei tenuto veramente a darti il regalo e soprattutto a salutarti decentemente. Buone vacanze! K.

 

Senza stare a pensarci troppo, digito.

 

Anche a me dispiace… ma dai, tra due settimane ci rivedremo di nuovo! xD Ti voglio bene. B.

 

Quando, quaranta minuti dopo, scendo dalla macchina e incrocio lo sguardo di mio padre, faccio in modo che mi scivoli addosso senza avere alcuna reazione, ancora con il sorriso sul volto per l’ultimo messaggio di Kurt.

 

Ti voglio bene anche io. K.

 

 

~∞~

 

 

At first we started out real cool
Taking me places I ain't never been
But now you're getting comfortable
Ain't doing those things you did no more
You're slowly making me pay for things
Your money should be handling

 

Non posso fare a meno di sorridere, mentre guardo i miei amici che si impegnano a cantare; siamo uniti dal comune desiderio di voler vincere le Regionali, di voler fare un’ottima impressione su quel palco. Ma per quanto mi riguarda, c’è qualcosa di più che mi unisce a questi ragazzi. Loro mi hanno letteralmente salvato la vita, rendendomi ciò che sono adesso.

Quando sono arrivato alla Dalton, un anno e mezzo fa ormai, non ero affatto così: ero un ragazzino timido e timoroso, spaventato da qualsiasi cosa, me stesso in primis. Sebbene sapessi che non c’era niente di male ad essere come sono, mi sono ritrovato spesso a pensare a quanto sarebbe stato meglio non essere gay. Avrei avuto una vita normale.

 

Questi ragazzi invece, con il loro affetto e il loro coinvolgermi nelle loro cavolate, mi hanno cambiato. Per la prima volta in vita mia mi sono sentito accettato in tutto e per tutto; stare con loro, mi faceva persino dimenticare tutti i problemi che c’erano – e ci sono – con mio padre.

 


And now you ask to use my car
Drive it all day and don't fill up the tank
And you have the audacity
To even come and step to me
Ask to hold some money from me
Until you get your check next week
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about

 

 

Per non parlare poi del rapporto che ho con Kurt. È assolutamente fantastico quello che condividiamo, quasi credo che non potrebbe andare meglio di così.

Non sono ancora riuscito a dargli il regalo di Natale, non abbiamo avuto molto tempo di stare da soli. Quando sono arrivato stamattina, lui non era ancora arrivato; l’ho aspettato per un po’ in stanza, con un po’ di ansia in realtà, ma poi sono stato costretto ad andare in classe al suono della campanella.

 

Ho passato dei minuti di inferno pensando che avesse deciso di trasferirsi al McKinley senza avvisarmi, poi però mi sono dato dello scemo: Kurt non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Infine, un suo messaggio è riuscito a tranquillizzarmi del tutto.

Sono in ritardo!! D: K.

È entrato qualche minuto dopo in aula, correndo trafelato, e mi si è seduto vicino con un enorme sorriso stampato in volto.

 

 

Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did, then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about

 

Inutile dire quanto mi sia mancato: mi sono mancate le nostre chiacchierate, le nostre serate film in camera, i nostri caffè al Lima Bean… tutto.

Così come mi è mancato questo posto, i ragazzi.

E cantare. Dio quanto mi è mancato!

A casa non lo faccio quasi mai, sia perché mio padre non approva, sia perché non mi sento mai molto ben disposto per cantare, non con tutta la rabbia che mi scorre in corpo.

 


Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?

 

Non so proprio come io abbia fatto a sopravvivere a queste vacanze: so solo che ogni anno è sempre peggio. Tutti i parenti che mi guardano male – perché ovviamente le voci nella famiglia Anderson corrono, e tutti sanno cosa mi è successo e soprattutto perché – mio padre che non mi rivolge a parola né mi guarda, e mia madre che non fa niente.

 

Grazie al cielo i messaggi di questi pazzi scatenati che mi stanno ballando attorno e quelli di Kurt sono riusciti a tenermi abbastanza su di morale. E inoltre, ho anche avuto modo di perdermi nelle mie immaginazioni di me e Jermiah…

Non sono riuscito a togliermelo dalla testa per tutto il tempo, immaginandoci insieme, o sognando che lui mi dichiari il suo amore e mi porti via con sé. Su un unicorno magari.

Certo, non so assolutamente nulla sul suo conto, né l’ho rivisto altre volte, ma la mia mente ha già iniziato a vagare; già mi vedo sposato con lui e con un tesserino di mega-sconti da GAP.

 


Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through

 

 

Certo che sono proprio un pessimo leader! Mettermi a pensare a certe cose mentre canto, proprio non si fa. Ma non posso farne a meno! Non è colpa mia se Jeremiah è così bello, se io sono non felice, euforico, di essere tornato qui, con i miei amici, con Kurt.

Sono tornato a casa finalmente.

 

 

 

 

NOTE:

Qui è Pachelbel! =)

Scrivere questo capitolo è stato una vera e propria tortura! Non tanto per lo scontro con il padre (e non preoccupatevi, più avanti approfondiremo il loro rapporto) quanto più che altro per il semplice fatto che vorrei prendere la testa di Blaine e sbatterla contro il muro! xDD Dico io, ma come si fa??? Quel ragazzo è palesemente cotto di Kurt… deve solo capirlo! E da qui in poi sarà sempre peggio… -.-

Mi sono permessa inoltre di inserire gli smiles del linguaggio msn… spero non diano fastidio a nessuno.

Ci tenevo a ringraziare tutte le nuove stupende, fantastiche, meravigliose persone che hanno recensito per la prima volta, che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate o addirittura le preferite. Ricevere un feedback da parte vostra è sempre un ottimo incentivo a scrivere e migliorare.

Love you ~ Pachelbel

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Bills, bills, bills ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

10°_Bills, bills, bills ~ Kurt

~ Dove… Da quando è così bello tornare a scuola? ~

 





 

At first we started out real cool
Taking me places I ain't never been
But now you're getting comfortable
Ain't doing those things you did no more
You're slowly making me pay for things
Your money should be handling

 

 

Non mi ero mai accorto che la Dalton avesse uno specifico profumo. Sa di… stoffa pulita e libri di scuola, sa di tranquillità ed affiatamento… Sa di Dior Homme e gel per capelli…

Sussulto all’ultimo pensiero: la Dalton sa di Blaine ed io non me ne sono mai accorto?

In ogni caso respirerei quest’odore per tutta la vita: mi è mancato troppo.

 

Non che le mie vacanze siano andate male, anzi!  Rivedere mio padre, Carole, Finn e tutti i miei amici è stata una gioia unica: abbiamo recuperato parte del tempo perduto, abbiamo fatto tutto quello che ci passava per la testa senza fermarci un attimo. Mi sono divertito da pazzi.

Eppure, essere tornato a scuola, per la prima volta, non mi spiace così tanto.

 

Blaine fa il suo ingresso nella stanza cominciando a cantare accompagnato, come sempre, dalla perfezione ed il mio cuore perde un battito mentre scivola da un Usignolo all’altro con nonchalance e movimenti ben coordinati.

 

 

And now you ask to use my car
Drive it all day and don't fill up the tank
And you have the audacity
To even come and step to me
Ask to hold some money from me
Until you get your check next week

 

 

Non faccio neanche in tempo a rendermi conto della sua presenza che, d’improvviso, trascinato dalla canzone, salta sul divanetto su cui sono seduto camminandoci – anzi, ballandoci sopra. Io lo guardo alzando la testa, con un sorriso completamente idiota stampato in viso e anche se non incontro i suoi occhi so che mi ha visto – la cosa non dovrebbe rendermi felice, eppure non mi va di sentirmi diversamente che così ultimamente.

 

Blaine si muove con la stessa energia di sempre e in un attimo è come se non lo vedessi da mesi invece che da due settimane. Quanto mi è mancato! Mi sembra di scoprirlo daccapo: ogni sua movenza, il suo sorriso coinvolgente e quegli occhi su cui ho fatto fin troppi pensieri – tutto è come l’avevo lasciato e mi do dello stupido per essermi preoccupato che fosse cambiato qualcosa. Sarebbe mai potuto succedere?

 

 

You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about

 

 

Lo guardo, mentre, muovendosi sempre a tempo, mi si riavvicina, stavolta abbassandosi come se le parole della canzone fossero le battute di un dialogo rivolto a me. La poca distanza che ci separa mi ricorda il nostro duetto natalizio e non posso non sentire il calore e l’euforia di allora invadermi di nuovo, mentre continuo ad accompagnare il coro degli Usignoli, nonostante ormai ogni attenzione sia rivolta a lui.

 

Pensandoci è da allora che non lo sento cantare, da quel duetto. La sua voca mi è mancata davvero tanto in tutti questi giorni ed io non ho idea del perché l’abbia permesso: non l’ho chiamato, neanche una volta.

 

Si allontana, continuando a camminare per la stanza ed anche il mio corpo segue ancora la musica…

 

 

Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did, then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through

 

Sorrido, mentre parte il ritornello. Voglio che nulla rovini questo momento, che nulla mi impedisca di essere felice com’ero fino a due secondi fa. Sono tornato alla Dalton, sono di nuovo con gli Usignoli e soprattutto con Blaine. Quello che è stato non m’interessa: non sono mai stato tanto felice di tornare a scuola.

 

Alcuni degli Usignoli si uniscono a Blaine nella coreografia, muovendosi in modo coordinato, a tempo con le sue parole. È questo il bello del nostro gruppo: l’affiatamento… da questo punto di vista, la situazione è completamente diversa da quella delle Nuove Direzioni e devo dire che non mi dispiace affatto che qui ci sia più gruppo e meno uscite di scena teatrali.

 

 

You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about

 

Mi sposto, senza smettere di cantare e mi siedo sul bracciolo del divano: formiamo quasi un cerchio e all’interno vedo David pronto a fare una capriola davvero bella per poi avvicinarmisi continuando a cantare. Vederli muoversi in questo modo mi ricorda molto le performances dei Cheerios: la voglia di mostrare le proprie potenzialità al massimo e la bellezza di ogni numero è la stessa, anche se gioca molto a nostro favore non avere la Sylvester con il megafono che butta a terra anche l’autostima più resistente – è più divertente, ovviamente.

 

 

Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through

You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?

 

 

Blaine con uno slancio salta sul tavolino e comincia a cantare da lì, muovendosi a scatti a seconda della musica. Non sono sicuro che i mobili della Dalton possano essere usati in quel modo, ma non è certo la prima volta che lo facciamo. Anche con le Nuove Direzioni, nell’aula canto, abbiamo fatto molti numeri saltando sulle sedie, facendole diventare una passerella ed esibendoci su di esse. In questo momento Blaine mi ricorda proprio quelle esibizioni.

Uno ad uno, ora, i ragazzi si esibiscono al centro del cerchio che abbiamo creato, con movimenti sinuosi e ben coordinati, mentre noi altri ci muoviamo sul posto. È uno spettacolo davvero meraviglioso e nonostante tutto sono davvero fiero di far parte degli Usignoli.

 

 

Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through



Mi concentro di nuovo su Blaine che mi è quasi di fronte. Ora che ci penso, non siamo ancora riusciti a scambiarci i regali: colpa mia – no, di mio padre che stamattina ha avuto la brillante idea di non sentire la sveglia! Ergo, ritardo al primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie e nessuna possibilità di dare il mio regalo a Blaine. Guardandolo per bene, sembra al settimo cielo, come se tornare qui sia la cosa più bella che possa capitargli… mi chiedo cos’abbia fatto durante le vacanze: non mi sono azzardato a chiamarlo, questo è vero, ma dai messaggi non mi sembrava ci fosse nulla fuori posto. Dovrò parlargli, in ogni caso…

 

Ci muoviamo tutti insieme ora, nello stesso momento, gasati al massimo dall’idea che le Regionali siano così vicine, ad un passo da noi. Possiamo farcela: con questo spirito, vinceremo di sicuro.

La musica si avvia alla fine e quando anche le ultime note si sono perse nella stanza, esplodiamo in grida di gioia.

 

«Direi che siamo pronti per le Regionali!» si congratula Blaine e il nostro entusiasmo aumenta in un abbraccio di gruppo.

Posso capire davvero perché Blaine sia felice di essere tornato!

 

 

~∞~

 

 

Appena l’ultima campanella suona, scatto dalla sedia come se fossi una molla e mi precipito fuori dall’aula quasi dimenticando di salutare i compagni e il professore.

 

Salgo le scale quanto più velocemente possibile e mi precipito in camera senza neanche chiudere la porta: Blaine ha saltato l’ultima ora per l’assenza del professore Tyler di Biologia e mi starà già aspettando in caffetteria. Frugo nell’armadio fino a che non trovo il pacchetto dalla carta rossa in una bustina bianca e scatto di nuovo verso l’uscita, senza però dimenticare di dare un ultimo sguardo al bagno.

 

Al momento della scelta, comprare il profumo che Blaine usa praticamente sempre è sembrata un’ottima idea – ero certo che l’avrebbe messo e soprattutto che gli sarebbe piaciuto. Poi però lui è dovuto improvvisamente andare via con i suoi genitori e non abbiamo avuto neanche il tempo di salutarci di persona, limitando la cosa ad un messaggio e rimandando, ovviamente, lo scambio dei regali. Per tutte le vacanze il pensiero che avesse potuto comprarlo lui, rendendo inutile la mia idea, mi ha ossessionato, tanto che più di una volta sono stato tentato di cambiare completamente la mia scelta.

 

Resistere ad una tanto assurda paranoia è servito quando, arrivato in ritardo a lezione, mi sono seduto accanto a lui e il suo profumo mi ha accolto, invariato. Un rapido controllo in bagno e ho visto che la boccetta era sopravvissuta alle due settimane di vacanze con ancora un po’ di liquido sul fondo.

 

Sorrido, rendendomi conto di quanto stia dando di matto da quando ho conosciuto Blaine e, scese di nuovo le scale, mi avvio alla caffetteria, trovandolo – come immaginavo – già seduto ad uno dei tavolini, gli occhi puntati all’ingresso.

 

Appena incrocio il suo sguardo, sorrido istintivamente e lui mi viene incontro abbracciandomi. Tento di non irrigidirmi per la sorpresa di quel contatto e ricambio il gesto, felice che sia stato lui a prendere l’iniziativa – gli sono mancato? Nonostante siamo di nuovo alla Dalton già da ieri, finora non abbiamo avuto ancora il tempo per una buona chiacchierata.

 

«È bello ritrovarsi qui: mi è mancato questo posto» confesso sedendomi.

«Già. A me, però, sono mancate di più le nostre chiacchierate»

Avvampo appena afferro il significato della sua frase e lui ridacchia divertito, tornando serio quando gli lancio uno sguardo truce.

 

«Cosa hai fatto in questi giorni?» chiedo poi, mentre lascio scivolare con delicatezza a terra la bustina del regalo che finora ho tenuto fin troppo stretta.

 

Quando ritorno con lo sguardo su Blaine, qualcosa è cambiato nei suoi occhi, qualcosa che mi stringe il cuore e ha il sapore di un cazzotto in pieno stomaco. Ho detto qualcosa di sbagliato, forse? Cosa mi è sfuggito nei pochi istanti in cui ho distolto lo sguardo? 

 

Lui sostiene ancora un po’ i miei occhi, poi abbassa la testa con un sospiro.

«Blaine… se ho detto qualcosa di sbagliato... io… mi dispiace…» tento di scusarmi in modo impacciato.

 

Lui rialza la testa di scatto, sorride per un attimo ed un rapido brillio attraversa i suoi occhi.

«Tranquillo, tu non hai fatto nulla di male» mi rassicura, ma non sembra intenzionato ad andare avanti.

«È… è forse successo qualcosa…?»

 

Dannazione, Blaine, perché diavolo non vuoi raccontarmi cosa ti sta facendo soffrire tanto? Alle volte la sua reticenza su certi argomenti è quasi frustrante. Lui sembra leggermi nel pensiero ed emette un secondo sospiro, più pesante del primo.

 

«Sai… la mia famiglia non è un argomento di discussione molto allegro…» mi confessa ed io rimango spiazzato, senza sapere se essere più rammaricato per aver mostrato insistenza su un argomento tanto delicato o più dispiaciuto per la risposta e tutto quello che ne consegue.

 

Non distolgo, tuttavia, lo guardo dai suoi occhi velati e dopo un’altra pausa, lui riprende, senza però abbandonare un certo atteggiamento di reticenza.

 

«Tu sei stato fortunato, in un certo senso: da quello che mi hai raccontato, Burt deve essere una persona eccezionale. Non tutti hanno la tua stessa fortuna» e con tutti è evidente che sottintenda se stesso.

 

Per un attimo mi manca il fiato. Improvvisamente mi rendo conto di aver raccontato praticamente tutto della mia vita a Blaine, mentre della sua conosco poco o nulla. Mi prenderei a schiaffi! Come diavolo è potuto succedere? Devo recuperare, devo sapere… anche solo per conoscere quali sono gli argomenti da evitare in una conversazione, per potergli essere d’aiuto… glielo devo, accidenti!

 

«È per via del fatto che…» tento.

«… che sono gay, sì» conclude lui con una punta di rassegnazione nella voce «Mio padre non l’ha mai accettato. Dal giorno in cui gliel’ho detto è come se fossimo diventati due estranei e se parliamo, finiamo sempre con l’urlarci contro senza avere alcun rispetto l’uno per l’altro»

 

Spero davvero che i miei occhi non abbiano un’aria di compassione mentre Blaine mi dice queste cose: non mi piacerebbe riceve un simile sguardo se fossi io a parlare.

«Ma allora perché…» continuo io: non voglio che si fermi – so quant’è importante parlarne.

 

«…perché sono andato a passare il Natale con loro? Non ho avuto scelta. Stavo venendo da te, lo sai, quando sono arrivati. Mio padre mi ha detto di finire le valigie, perché mi voleva a casa subito. È stato un ordine, in realtà e quando gli ho detto che prima sarei voluto passare da te, ha reagito come meglio sa fare – con la freddezza. Ha detto che secondo lui non era il caso e che sarei dovuto scendere in dieci minuti. Credimi, ho sbattuto così tante volte la testa contro quel muro che alle volte non ce la faccio proprio a sbatterla ancora: non ho detto nulla – o almeno evitato scenate inutili – e ho fatto ciò che voleva»

 

Sono senza parole e non posso fare a meno di detestarmi. Ero convinto che fosse andato con i suoi genitori come qualunque altro ragazzo, felice di passare un po’ di tempo in famiglia. Ero certo che fosse tutto a posto – i suoi messaggi non hanno mai tradito tutto questo ed ora mi sento così stupido… così… arrabbiato con me stesso. La tristezza delle sue parole mi colpisce nel profondo, nonostante Blaine faccia di tutto per far apparire quel racconto come tanti altri, come se stesse raccontando un pettegolezzo privo d’importanza – non sarebbe da lui mostrarsi tanto abbattuto.

 

«Avresti potuto chiamarmi!» lo accuso all’improvviso, non so bene perché.

«Anche tu!» ribatte lui ed io non so più che dire.

 

Ha ragione, maledizione! Perché non l’ho chiamato? Vergogna? Paura di infastidire? E da quando questo mi ha impedito di fare qualcosa? Ma d'altronde nulla mi sembra più lo stesso con Blaine. Sono stato stupido, semplicemente uno stupido… e forse mi ha fatto comodo credere che andasse tutto bene.

«Hai ragione… avrei potuto. Scusa»

 

Lui mi guarda con un mezzo sorriso, quasi fosse imbarazzato. Forse non avrebbe voluto rinfacciarmelo in quel modo…

«Comunque non è stato nulla di che, davvero! Mi è bastato evitarli quanto più possibile e non cadere nelle provocazioni. Difficile, ma fattibile. E poi… non volevo rovinarti le vacanze con problemi a cui ho fatto l’abitudine. Ho idea che tu ti sia divertito particolarmente!» cambia argomento ancora con un sorriso mesto.

 

«Oh, sì! I ragazzi sono stati fantastici! Non riesco ancora a credere di aver fatto così tante cose in così poco tempo – abbiamo anche rinunciato a dormire. Non mi ero accorto davvero di quanto mi fossero mancati fino a quando non li ho rivisti tutti lì. Finn, poi, è stato magnifico… per non parlare di mio padre o di Carole: sembravano tutti così felici di vedermi!»

 

«Lo erano…» sussurra Blaine, quasi fosse sovrappensiero e ancora una volta mi trovo spiazzato di fronte ai suoi occhi, alla loro profondità e a quello che celano. È sempre così con Blaine, ormai ne sono consapevole: è tanto allegro e pimpante, sprigiona energia da tutti i pori ed è sempre pronto a darti una mano; eppure, quando riesci a guardarlo davvero per bene, ti rendi conto di quanto sia insicuro in realtà e di quanto anche lui abbia conosciuto il dolore. Non siamo tanto differenti in fondo e le cose che non abbiamo in comune sono unicamente suoi pregi… o miei difetti – come il fatto che sia puntualmente così logorroico!

 

«Scusa» ripeto imbarazzato, abbassando la testa e lui poggia una mano sulla mia.

«Invece è bello vederti tanto felice» mi rassicura.

 

Non trattengo uno scoppio di risata e mi sembra che anche i suoi lineamenti si rilassino un po’. È in momenti come questi che ho l’impressione di volergli dire qualcosa, quasi ne avessi il bisogno essenziale: lo sento nel petto, ma poi mi blocco senza una ragione precisa.

 

«Avanti, sarà successo qualcosa di bello anche a te in queste due settimane!» provo a risollevarlo di morale – ma forse è solo un desiderio espresso ad alta voce.

 

Per qualche istante gli occhi di Blaine si illuminano come mai ed un sorriso sfugge al suo controllo, dandomi la certezza che qualcosa sia successo. Eppure resta così, imbambolato, per alcuni secondi, quasi stesse sognando ad occhi aperti, senza proferire parola; poi scuote lievemente la testa e torna a noi accorgendosi del mio sguardo che ancora attende risposta.

«No, nulla di rilevante…» mente – so che sta mentendo.

 

In realtà quella bugia mi irrita non poco. Cosa mi sta nascondendo e soprattutto perché a me? Questa è la prima volta che non mi dice qualcosa deliberatamente – ci siamo sempre detti tutto!

Lo guardo un po’ indispettito e lui torna a sorridermi, ma ho la netta impressione che quel gesto gentile metta fine alla questione.

 

«Una cosa, però, non è successa al momento… e credo meriti tutta la nostra attenzione» mi suggerisce enigmatico per poi poggiarmi davanti una busta argentata.

 

Io la prendo, inizialmente incerto e lui mi fa cenno con gli occhi di aprire il pacco che c’è all’interno senza attendere oltre. A giudicare dalla morbidezza, deve essere qualcosa di vestiario e mentre tolgo con cura la carta, mi chiedo quanto bene mi conosca Blaine per essersi azzardato a fare un simile regalo, sapendo bene quanto io sia fissato a riguardo.

 

Quando finalmente riesco ad aprirlo, rimango a bocca aperta.

Ho davanti una camicia rossa, con un’unica fila di piccoli bottoni al centro, le ali del colletto piccole e a punta e due sottili martingala che impreziosiscono le spalle: semplice, ma davvero molto carina.

 

«Ho notato che il rosso ti sta davvero bene e quando ho visto questa camicia è stato un colpo di fulmine; sono poche le volte in cui non indossiamo la divisa della Dalton: meglio sfruttarle con le cose o i colori migliori» mi spiega con un po’ di eccitazione nella voce «Ma… non ti piace, Kurt? P-possiamo sempre cambiarla se…»

 

«È perfetta…» sussurro, bloccando le sue parole «Davvero, Blaine… è perfetta» ripeto, accarezzando le martingale e accorgendomi dell’ottima qualità della stoffa.

Lui mi regala uno dei suoi migliori sorrisi ed io ricambio il gesto.

 

«Emh… questo è il tuo» mi riprendo all’improvviso, allungandogli la bustina bianca; in un istante tutto quello che resta delle mie emozioni è un ansia pazzesca e la consapevolezza che sarà in ogni caso una scena davvero imbarazzante. Nessuna novità, in fondo.

Mi do dello stupido per non aver cambiato regalo, mentre lui lo scarta con curiosa attenzione per poi sgranare gli occhi alla vista del Dior Homme.

 

«Ecco, immaginavo quella faccia! Prima che tu dica qualcosa, ti spiego tutto» parto in quarta per salvare il salvabile – se c’è «Il pomeriggio in cui ci siamo incontrati al centro, ero alla ricerca di qualcosa da regalarti col supporto di Mercedes e Rachel: sono entrato in profumeria e ho subito notato il Dior che tu usi di solito. So che lo metti ogni mattina e quindi ho pensato che sarebbe stato carino prendertelo, dato che ti piace tanto. Poi tu mi sei spuntato alle spalle d’improvviso ed ho creduto che avessi visto tutto – per la sorpresa ho fatto cadere il pacchetto. In ogni caso, non credo ti sia bevuto la storia del regalo di Finn, quindi non è stata una sorpresa… io…» sono a corto di parole e troppo imbarazzato per continuare.

 

«Lo… lo hai ricomprato!» esclama Blaine.

«C-come?»

Lui alza lo sguardo dal profumo al mio viso e posso vedere benissimo i suoi occhi luccicare.

«Si era rotto, ma tu l’hai ricomprato. Uguale» ripete come se si fosse imbambolato; mi viene quasi il dubbio che non abbia ascoltato nulla del mio discorso sconclusionato – e forse è stato meglio così.

 

«C-certo che l’ho ricomprato: avresti dovuto vedere la faccia della cassiera quando mi sono ripresentato lì con lo stesso profumo di poco prima! Mah, poco importa; dovevo riprenderlo uguale: amo il tuo profumo»

 

Prima che possa rendermene conto, quell’ultima frase scappa dalle mie labbra senza che possa fare nulla per riprenderla. Arrossisco, sperando che capisca che mi riferivo al Dior – anche se io intendevo proprio il suo profumo.

 

Blaine mi guarda ancora con lo stesso viso sorpreso e felice, fino a che non si alza e mi abbraccia – di nuovo.

Sento il suo odore pizzicarmi il naso e sorrido, lo stomaco in subbuglio e il cuore che batte troppo forte in petto.

«Grazie» sussurra lui, prima di staccarsi.

«A te! Sai, Blaine… non sono mai stato tanto felice di essere di nuovo a scuola».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Riecco Alchimista (lo so, dopo due capitoli con Pachelbel, avete sperato che me ne fossi definitivamente andata!)

Lo scambio dei regali! Era ora, eh? Non mi sembravate molto entusiasti del fatto che Kurt avesse deciso di ricomprare il Diormmmh.. ora che sapete il perché, che ne dite? E per amor di cronaca, la camicia rossa è quella che indosserà al famosissimo party di Rachel! xD

*-* Noi siamo davvero euforiche oggi! Ci sono stati nuovi adorati recensori, i costanti e addirittura certi che hanno recuperato i precedenti capitoli!! Che dire? *-* Vi amiamo! Non abbandonateci!

Va beh… mi eclisso, va!

A presto. Baci

 

-*Alchbel

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** When I get you alone ~ Kurt ***


~ Klaine Songs ~

 

 

11°_When I get you alone ~ Kurt

~Quando non potresti essere più stupido – e triste – di  così ~

                                                                                                             

 

Non so assolutamente cosa Blaine stia dicendo in questo momento. Vedo le sue labbra – le sue perfette, meravigliose labbra – muoversi, i suoi occhi puntati prima su di me, poi su tutte le decorazioni del Lima Bean, e infine tornare su di me; immagino stia parlando ancora di San Valentino, ma la verità è che non lo sto affatto ascoltando.

 

Per quanto mi riguarda il mio cervello si è spento quasi del tutto a «Penso sia fantastico, un giorno in cui sei incoraggiato a mettere tutto a repentaglio e a dire a qualcuno… sono innamorato di te.»

 

So che forse sto viaggiando un po’ troppo con la fantasia, ma non ho potuto fare a meno di pensare che quel suo «Sono innamorato di te» fosse rivolto a me; per un attimo ho sentito distintamente il cuore smettere di battere. Quasi mi sono preoccupato, poi però è tornato a farsi sentire, ancora più veloce di prima.

 

In realtà una piccola, minuscola parte di me, mi sta mettendo in guardia da tutto questo. Forse non ero io il ragazzo a cui si riferiva, quando ha detto di cominciare a provare qualcosa per questa persona. Però non vedo chi altri possa essere: noi due stiamo quasi sempre insieme, perciò a meno che sia un ragazzo della Dalton, non avrebbe avuto molte occasioni per vedere questa persona.

 

Inoltre c’è da aggiungere che io e Blaine usciamo, da soli, solo noi due, e abbiamo cantato quel duetto a Natale; per non parlare poi di tutte le volte che canticchiamo per la stanza, gettandoci occhiate che non lasciano adito a dubbi.

 

No, devo essere davvero io il ragazzo di cui parlava. Questo vuol dire che Blaine prova qualcosa per me, qualcosa che sta diventando sempre più profondo – usando le sue parole; pertanto ecco spiegata la mia distrazione. Sto immaginando me e Blaine, per i corridoi della Dalton, tenendoci per mano, o in giro per negozi, dove ci dovremo nascondere agli occhi bigotti della gente per poterci scambiare un bacio. E non me la prenderei più di tanto, perché accetterei qualsiasi cosa pur di avere quelle labbra. Oppure me ne fregherei e lo bacerei davanti a tutti, senza pormi nessun tipo di problema.

 

Non posso fare a meno di sorridere al pensiero di noi due, insieme. Sarebbe un sogno che si realizza; ho aspettato così tanto, sperando che Blaine si accorgesse di me e la smettesse di considerarmi soltanto un amico, che quasi non vedo l’ora che venga San Valentino. Manca poco ormai, solo due giorni!

 

«Kurt? Mi stai ascoltando?»

 

La voce di Blaine mi riporta sulla Terra; riporto l’attenzione su di lui e cerco di cancellarmi questo sorriso idiota dalla faccia – senza ottenere alcun risultato.

«Sì, dimmi!»

 

Lui mi fissa stranito per un attimo, poi però sorride. Concentrati Kurt!

«Niente, dicevo che devo passare a fare una commissione al centro commerciale; tu però se vuoi torna pure alla Dalton. Ci metterò un po’.»

 

In realtà non è che mi vada tanto di tornare alla Dalton. Vorrei restare di più con lui: ogni momento passato insieme sembra sempre troppo poco. Però ho anche bisogno di dire a qualcuno di Blaine, altrimenti potrei scoppiare! E forse non è il caso che qualcun altro senta, Blaine incluso, perciò quello di cui ho bisogno ora è la camera vuota della Dalton.

Quindi annuisco, finendo di bere il mio mocaccino ormai freddo – ero troppo perso in fantasie per bere! – e ci alziamo.

 

«Ok, allora ci vediamo dopo.» Dico, sorridendogli, indeciso su cosa fare. Vorrei veramente tanto dargli un bacio, un casto bacio sulla guancia, solo per avere la sensazione della sua pelle contro le labbra, ma allo stesso tempo non vorrei che intuisse che ho capito tutto.

Perciò non faccio nulla.

 

Lui invece, come al solito, mi sfiora una spalla, stringendola per qualche istante e guardandomi negli occhi; diventa serio all’improvviso. «Grazie Kurt.»

«Figurati!»

 

Lascia la caffetteria dopo un ultimo sorriso per me; io resto imbambolato mentre lo osservo dalla vetrina, poi sparisce dalla mia vista.

Un sospiro eccitato mi esce dalle labbra e quasi corro fuori da lì, desideroso di arrivare il più veloce possibile alla Dalton. Ho davvero bisogno di parlare con le ragazze!

 

 

*

 

 

Circa mezzora dopo aver lasciato il Lima Bean, apro la porta della nostra stanza, guardandola con occhi diversi: questa diventerà il nostro rifugio sicuro, un posto unicamente nostro. Sarà fantastico!

 

Dopo essermi tolto il cappotto e averlo posato ordinatamente nell’armadio, sfilo il blazer e lo appoggio sulla sedia della scrivania. Mentre passo vicino al letto di Blaine, sfioro con le dita il copriletto, lasciandomi sfuggire un sorriso. Potremmo addirittura dormire abbracciati.

 

Scuoto la testa, abbandonando le mie fantasie e mettendomi alla ricerca del cellulare: urge una telefonata di emergenza con le ragazze. Anche perché, oltre a dir loro che Blaine prova qualcosa per me, devo anche decidere con loro come comportarmi. Credo che se Blaine dovesse davvero cantarmi una canzone, potrei seriamente morire! Forse è per questo che me lo ha detto, per evitarmi un collasso.

 

Afferro il cellulare e compongo il numero di Mercedes: a quest’ora dovrebbero essere ancora a scuola, per le prove del Glee. Se sono fortunato riesco a beccarle tutte insieme.

 

A quanto pare la fortuna è dalla mia parte oggi – e anche negli ultimi giorni, ma soprattutto in quelli a venire – perché Mercedes risponde e quasi non sento la sua voce dato il baccano che c’è in sottofondo; posso sentire la voce di Santana che urla qualcosa, probabilmente contro Rachel.

 

«Tesoro, dimmi!» chiede preoccupata Mercedes. «Stai bene? È successo qualcosa?»

Sorrido: mi ero aspettato esattamente quella reazione. «Sì sto bene; in realtà sto benissimo. State ancora facendo le prove?»

«No, non preoccuparti, abbiamo finito.» Risponde.

«Perfetto, allora chiama Rachel, e anche Tina: ho delle novità» dico alzando le sopracciglia e lasciandomi sfuggire un altro sorriso.

 

Tempo pochi secondi e Mercedes ha messo il vivavoce, così che riesco a sentire distintamente le domande incuriosite delle mie tre amiche.

«Allora, quali novità ci sono?» la voce della mia migliore amica riesce a prendere il sopravvento su quella delle altre.

 

Prendo un sospiro profondo e inizio a saltellare per la stanza – in una imitazione del mio amico nonché quasi fidanzato – e quasi urlo, «Piaccio a Blaine

 

Le urla di giubilo dall’altra parte mi fanno ridere come uno scemo per alcuni minuti, poi torna la calma e Tina chiede, «Come fai a saperlo? Te lo ha detto? Te lo ha fatto capire?»

La interrompo, «No, no, niente di tutto ciò.»

E in poche parole racconto loro della conversazione avuta con Blaine al Lima Bean.

 

Quando finalmente ho finito, aspetto pazientemente che mi dicano cosa ne pensano. Rachel è la prima a parlare, ma non dice certo quello che mi sarei aspettato.

«Kurt… sei sicuro che si stesse riferendo a te?»

 

Rimango spiazzato, ma rispondo, «Certo, a chi altri poteva riferirsi?»

«Beh tesoro, non credo frequenti solo te.» Dice Tina con voce gentile.

«Sì lo so, ma stiamo quasi sempre insieme e…»

Mercedes mi interrompe, dicendo, «Potrebbe aver conosciuto qualcun altro.»

 

Resto in silenzio, non sapendo cosa replicare. No, non è possibile, Blaine si stava sicuramente riferendo a me! Non c’è altra spiegazione possibile.

 

«E allora perché me lo avrebbe chiesto?» sussurro, più a me stesso che a loro.

La risposta non arriva subito – immagino si stiano guardando l’una con l’altra – poi è Rachel a prendere la parola, «Perché… tu sei il suo migliore amico, e aveva bisogno di un consiglio. È normale che sia venuto a chiederlo a te.»

 

No, non era assolutamente possibile che Blaine mi avesse chiesto semplicemente un consiglio. E allora tutti i nostri duetti ammiccanti in questa stessa stanza? E le uscite insieme? E il suo continuare a toccarmi? Con gli altri non faceva così.

Scuoto la testa, provando l’improvviso impulso di interrompere la telefonata.

Ed è così che faccio.

 

«No, sono certo che si stesse riferendo a me. Ora è meglio che vada.» Dico, atono. Non permetterò che mi insinuino dubbi: Blaine si stava riferendo a me, io gli piaccio. I segni sono chiari.

«Ehi Kurt, aspetta…» prova a fermarmi Tina, senza alcun risultato, seguita poi da Mercedes che dice, «E’ che noi teniamo a te, e non vogliamo che tu ti illuda…»

La interrompo. «Sì, già. Ora devo davvero staccare. Ci sentiamo.»

 

Non do loro il tempo di replicare altro e chiudo la chiamata, sedendomi poi sul letto. Tutta l’euforia di poco prima è scomparsa, lasciando posto al dubbio.

 

E se le ragazze avessero ragione? Se Blaine fosse davvero interessato a qualcun altro?

 

Non credo che potrei sopportarlo. Non solo perché sono stufo di prendere granchi – come è successo con Finn e Sam in particolare – ma anche perché credo che non tollererei saperlo con qualcun altro: mi farebbe troppo male.

 

Inoltre, ora che ci penso, quando io e Blaine ci siamo scambiati i regali di Natale, quando gli ho chiesto se ci fossero state novità durante le vacanze, ho avuto l’impressione che lui mi avesse mentito, rispondendomi di no. Probabilmente si era reso conto di quanto gli mancassi e aveva iniziato a porsi delle domande su di me, sul nostro rapporto.

 

Sì, dev’essere per forza così; certamente le ragazze si sbagliano. Sono io la persona a cui Blaine canterà una canzone il giorno di San Valentino, senza dubbio.

 

E il sorriso che Blaine mi rivolge circa un’ora dopo, quando rientra dalla sua commissione, pone fine a ogni altro mio dubbio; è luminoso, e i suoi occhi ambrati risaltano sulle gote rosse a causa del freddo. È stupendo.

 

«Ciao!» mi saluta. E io, non so perché, mi alzo e, anziché salutarlo come al solito, con una semplice pacca sulla spalla, mi chino su di lui e gli lascio un bacio veloce sulla guancia.

 

Io arrossisco immediatamente, mentre lui si tocca il punto in cui l’ho appena baciato con la punta delle dita. «E questo per che cos’era?» chiede, senza perdere il suo fantastico sorriso.

Alzo le spalle, «Niente, mi hai solo trasmesso tutta la tua euforia per San Valentino.»

 

«Oh bene!» dice lui iniziando a svestirsi e partendo in quarta nel suo racconto sulle origini di San Valentino. E mentre lo ascolto parlare, sento invadermi il petto di un calore strano, mai provato prima.

 

Sì, sono io. Devo essere io.

 

 

~∞~

 

 

Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no
Mmm, you makin' dogs wanna beg
Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now
Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin'

 

 

Ok, ovviamente non era questo che mi aspettavo come dichiarazione di San Valentino. Nella mia testa era già tutto perfetto: Blaine mi svegliava al mattino con un caffè – per fare in tempo a portarmelo si era alzato prestissimo e aveva affrontato il gelo delle sette di mattina – mi dava il buongiorno e, dopo che ero uscito dal bagno, lo trovavo in ginocchio davanti a me, mentre iniziava a cantare.

Mi sarebbe piaciuta tantissimo My man, da Funny Girl, ma conoscendolo avrebbe optato per una canzone della top 40. Ma mi sarebbe piaciuta lo stesso, perché sarebbe stato lui a cantarla.

 

Quando poi aveva chiesto ai Warblers di aiutarlo, per pochi minuti la mia fantasia era cambiata leggermente: ad aspettarmi in camera, uscito dal bagno, non c’era più solo Blaine, ma anche tutti gli altri Warblers, ad accompagnare la sua splendida voce.

 

 

Oh, I swear there's something when she's pumpin', askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah



E invece eccomi qui, da GAP – luogo più insulso non poteva trovarlo – mentre lo sto aiutando a fare la serenata a un biondino che è altrettanto insulso, quasi quanto il negozio, se non di più.

Ok, effettivamente non è affatto un brutto ragazzo, ma è la gelosia che parla.

Inoltre, ha scelto una canzone che sarebbe seriamente da censurare. E se non facessi parte di questo gruppo avrei quasi paura – e difatti il povero ragazzo biondo sta scappando da un lato all’altro del negozio, imbarazzato.

 

A quanto pare è lui che gli è successo durante le vacanze: deve aver incontrato Jeremiah; e sapere che non me ne abbia voluto parlare fin da subito mi ferisce come non mai.

 

 

Baby girl you da sh...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgs talkin' fast:
Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did

 

Non so proprio come io stia riuscendo a stare qui, a cantare, quando provo tutte queste emozioni assolutamente contrastanti.

Da un lato mi sento un idiota, perché mi chiedo come abbia potuto illudermi così – e il bello è che le ragazze mi avevano anche messo in guardia! Quando le ho chiamate per raccontare loro cos’era successo, sono subito state comprensive e Rachel si è dimostrata di nuovo un’ottima amica, invitandomi a casa sua.

 

Non posso credere di essermi immaginato tutto nella mia testa. Cioè, tutte le volte che pensavo che Blaine mi stesse sorridendo ammiccante, lo stava facendo perché… non lo so perché! Perché è un animale da palcoscenico, ecco perché!

Cioè, guardalo! La sua idea di serenata è quella di dire al suo amato che non appena lo becca da solo gli farà… cosa? Gli farà cosa?!

 

Ok, forse sono un po’ troppo acido. D’altronde il fatto che i gusti miei e di Blaine in fatto di musica divergano così tanto, non dovrebbe stupirmi. Lo avevo immaginato da tempo, dalla prima volta che siamo usciti insieme, da amici ovviamente – basti pensare alle scelte delle canzoni che canticchia anche solo sotto la doccia.

 

Sì, va bene, non sono solo un po’ acido, sono tanto acido. E arrabbiato. E deluso. E triste.

 


All these intrusions just take us too long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin'
So I pray to something she aint bluffin', rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?

 

Già, se da un lato mi sto dando dello stupido da quando Blaine ha detto che avremmo cantato al GAP perché era lì che lavorava il ragazzo di cui è innamorato, dall’altro, vorrei solo mettermi a piangere.

Ancora una volta, le mie aspettative sono state deluse. Avevo sperato davvero che le cose tra me e Blaine si sarebbero sistemate un giorno, che lui si accorgesse di me, ma questo non è avvenuto. Di nuovo.

 

E forse questa volta è ancora peggio, non solo perché, a differenza di Finn e Sam, ha preferito un ragazzo a me, ma anche perché non sono solo cotto di Blaine, ma me ne sono innamorato. Io sono innamorato di Blaine, e vederlo così preso da questo ragazzo mi fa male. Mi fa così male che ho i crampi allo stomaco e mi viene quasi voglia di nascondermi – qualsiasi cosa pur di non vederli.

 


When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oohh...
When I get you alone

 

 

Però non posso farlo: non posso nascondermi, sparire dalla sua vita. Non potrei neanche se lo volessi, siamo compagni di stanza. E soprattutto, non voglio uscire dalla sua vita. Blaine è la cosa migliore che mi sia mai capitata, è il mio migliore amico, e non posso perderlo.

Perciò non mi resta che comportarmi da tale, gioendo con lui se le cose con questo Jeremiah dovessero andare bene, o standogli vicino se dovesse andar male.

 

Anche se così facendo, mi si spezza il cuore.

 

 

 

 

NOTE:

Qui pachelbel! =)

Ok, ammetto che io mi sono odiata per TUTTO il capitolo… Perché davvero, scrivere di Kurt, tutto felice, che si illude così, mi ha spezzato il cuoricino… E scrivere l’ultima parte… Mi sa che l’ho reso troppo depresso. Però ho anche pensato che effettivamente Kurt è triste. *ripensa ai suoi occhi lucidi quando rivela a Blaine i suoi sentimenti* ç___ç

 

Inoltre, io e la mia collega ci tenevamo a ringraziare le fantastiche, meravigliose 12 persone che hanno recensito lo scorso capitolo, e tutte quelle che si sono messe in pari. Un grazie speciale va anche a tutti coloro che seguono, preferiscono e ricordano, e anche a chi legge solamente.

Le vostre opinioni e i vostri giudizi sono oro colato e ci rendono davvero felici, buone o cattive che siano! *__*

 

Love you! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** When I get you alone ~ Blaine ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

12°_When I get you alone ~ Blaine

~ Quando, dopotutto, ci sarai sempre per me ~

 





 

Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no
Mmm, you makin' dogs wanna beg
Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now
Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin'

 

 

Fermo sul posto, mi concedo solo un attimo ancora di esitazione, prima di zittire l’istinto che mi grida di fuggire da lì quanto prima e do il via alla performance con un cenno, cominciando a fare dei passi in avanti con fare sicuro – ottimo attore, non c’è che dire!

 

I ragazzi cominciano la loro introduzione corale ed io prego che le gambe mi reggano fino alla fine, mentre mi avvicino a Jeremiah che, di spalle, non sembra ancora essersi accorto di nulla. Le parole cominciano ad uscire dalle mie labbra con più forza di quella che credevo mentre passo accanto ad alcuni dei ragazzi, pronti a lanciarmi sguardi di sincero incoraggiamento: a prescindere dal modo in cui finirà questa cosa, dovrò ringraziarli tutti per quest’aiuto – soprattutto Kurt. Non credevo sarebbe stato tanto pronto a sostenermi.

 

Finalmente Jeremiah si volta verso di me e nel suo sguardo leggo, ovviamente, sorpresa e quasi shock. Certo, vedere un gruppo di ragazzi in divisa che improvvisamente si mette a cantare tra stampelle e vestiti non deve essergli successo tanto spesso. Meglio: sarò il primo e farò colpo.

Continuo a cantare e lui mi guarda svariate volte, senza però accennare a fermarsi; anzi, continua il suo lavoro come se nulla fosse, quasi scappando, nonostante io gli sia praticamente a pochissimi passi di distanza. Non puoi fuggire ed io sto cantando col cuore in mano.

 

 

Oh, I swear there's something when she's pumpin', askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah


 

Ora sono seguito da quattro o cinque Usignoli, mentre – rotto il ghiaccio – comincio a sciogliermi sempre più, senza perdere di vista il biondo. Mi fermo vicino ad un’esposizione di occhiali da sole e ne provo un paio: non ho idea del perché lo faccia, non sto seguendo la logica o la razionalità; solo l’istinto, la musica e soprattutto quello che provo per Jeremiah mi guidano – il resto, ora, non ha alcun senso. La gente intorno – ignari spettatori della nostra esibizione – sembra gradire particolarmente tutta quest’improvvisata e scorgo persino alcuni che si muovono a tempo e altri commessi che sorridono divertiti. Lui, invece, non accenna a fermarsi e quando si rende davvero conto che, sì, sto cantando per lui, mi guarda con un mezzo sorriso che pare dire «Ma che diavolo…», per poi spostare lo sguardo allibito su tutti gli altri Usignoli che mi seguono o spuntano qua e là. Sì, Jeremiah, guarda che mi sono inventato per dirti quanto tenga a te!

Mentre parte il ritornello, lo vedo indietreggiare sempre con meno vigore mentre si perde nel mio viso – ed io nel suo – e finalmente posso guardarlo bene, analizzare ogni minimo dettaglio di quegli occhi sorpresi e di quelle meravigliose labbra.

 

 

Baby girl you da sh...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgs talkin' fast:
Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did
All these intrusions just take us too long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin

 

 

Lo lascio andare mentre riprendo la coreografia con gli altri ragazzi ed attacco con una nuova strofa, ma posso vedere come, dopo alcuni passi, non resista all’impulso di voltarsi e guardarmi – lo stupore che ormai non l’abbandona. L’ho colpito, ho fatto centro. Punto per Blaine Anderson, signori. Salto su uno dei cuscini bianchi su cui i clienti possono sedersi e i ragazzi lo fanno girare, mentre io sono incapace di staccare gli occhi da lui.

 

Si è messo dietro la cassa e spalanca la bocca, certamente stupito da tanta organizzazione e cura del dettagli. Noto che anche Kurt mi guarda perplesso, ma non riesco a capirne il motivo, mentre la gente è ormai rapita dalla musica, dal movimento degli Usignoli e dalla mia voce. Altro punto per Anderson!

 

Scendo, per poi saltare su uno dei carrellini con le stampelle piene di abiti, i ragazzi che ancora mi spostano ed io così pieno di energie che se volessi potrei anche camminare sul soffitto.

Mi avvicino con tutti gli altri Usignoli – mi pare che non ci sia Kurt, però –, fino a mettermi proprio davanti alla cassa, di nuovo di fronte a lui, mentre loro si dispongono in due file continuando con l’ultima parte della coreografia.

 

 

So I pray to something she aint bluffin', rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe

When I get you alone
When I get you alone
Oohh...
When I get you alone

 

 

Prego davvero che tu abbia capito quanto tenga a te, quanto profondi siano i miei sentimenti: devi capirlo, non saprei come altro dirtelo e mi pare di essere stato chiaro con questa canzone.

I ragazzi danno spettacolo con gli ultimi passi della canzone, facendosi scivolare al di sotto della mensola di esposizione del negozio; poi David fa una delle sue impeccabili capriole e tutti si siedono su di essa, mentre io, da dietro, ci salgo sopra senza mai perdere il contatto visivo con Jeremiah. La gente intorno balla e per un attimo, guardandoli, scorgo Kurt appoggiato ad un manichino, l’aria assente e lo sguardo apparentemente rivolto al biondo. Per un attimo mi chiedo cosa gli stia passando per la testa; poi, torno al pensiero principale e mentre gli altri Usignoli spariscono, io scendo e mi appresto a concludere la canzone. Mi avvicino ad alcune paia di calzini per prenderne uno e presentarmi alla cassa scivolando sulle ginocchia e rialzandomi con uno sguardo ammiccante.

Non so decifrare la sua espressione: il mio cervello, al momento, è fuori servizio. Sorrido. Non puoi dirmi di no, Jeremiah!

 

~∞~

 

Il rientro alla Dalton è il peggiore che ricordi: non so se essere più distrutto per il rifiuto di Jeremiah o più arrabbiato con me stesso per la figuraccia che mi sono permesso di fare.

 

Dio, che cretino che sono stato! Come ho potuto pensare che quel paio di caffè presi insieme e le poche chiacchiere al tavolino potessero aver significato qualcosa per lui?

Ho costruito un’intera storia sulla base di qualche sorriso e qualche sguardo ed ora non sono sicuro di riuscire ad uscire dalle macerie del castello di sabbia che mi è crollato addosso.

 

Sento Kurt camminare al mio fianco, lo sguardo basso, mentre un passo dietro di me Wes e David hanno sostituito la mia ombra. Non posso non apprezzare la loro presenza e tutto l’interessamento nei miei confronti, ma al momento ho solo voglia di stare da solo – magari mi chiuderò in camera mia e mi butterò sul letto… o prenderò a testate il muro per il livello di idiozia che ho raggiunto nelle ultime ore!

 

Dopotutto, sembra che la cattiva sorte che segue gli Usignoli nelle esibizioni fuori dal Campus non si sia smentita neanche stavolta…

 

Appena mettiamo piede nell’edificio, mi volto verso i ragazzi e i loro sguardi dispiaciuti mi colpiscono come un pugno nello stomaco.

«Emh… sentite: non ho ancora avuto modo di ringraziarvi tutti per il sostegno che mi avete dato. Siete stati fantastici, tutti – davvero un’ottima performance, magari la teniamo in considerazione per le Regionali! E… questo è quanto. Grazie»

 

Ancora una volta mi sento perforare da sguardi dispiaciuti e prima di disperdersi, alcuni dei ragazzi si azzardano a darmi pacche sulla spalla in segno di conforto. Io provo ad accennare un sorriso, ma la smorfia che ha assunto il mio volto non deve essere affatto convincente.

 

Alla fine restano solo David, Kurt e Wes, gli occhi fissi su di me, ma senza la solita compassione. Mi avvicino: so che saranno la parte più difficile da affrontare, ma davvero non ce la faccio a stare con loro ora.

«A voi devo più di un grazie… ma non credo che ora sia il momento più adatto per stare insieme, sapete? Non… non mi va molto di parlarne. Salgo in camera mia»

 

Loro annuiscono, ma noto che Kurt fa per sporgersi in avanti come se volesse dirmi qualcosa o forse venire con me… In ogni caso prevengo una sua qualunque intenzione.

«No, Kurt. Ti ho chiesto di lasciarmi in pace almeno per oggi. Per favore» ripeto, forse con troppa durezza nella voce perché lui si blocca sul posto, un’aria triste che gli dipinge il volto chiaro.

 

«Come vuoi» annuisce mesto «Se hai bisogno, chiama» mi ricorda, poi sono io ad andare di sopra, lasciandolo lì con gli altri due.

So che vorrebbe solo confortarmi, ma non è quello di cui ho davvero bisogno al momento: ora vorrei solo gridare al mondo la mia rabbia e il mio dolore, prendere a calci tutto quello che mi capita a tiro… e di certo le sue parole non sarebbero l’ideale.

 

Salito di sopra, sbatto con violenza la porta della stanza e, improvvisamente senza forze, mi getto sul letto stringendo a me il cuscino quasi con disperazione. Chiedo al cellulare un sottofondo di musica classica e mi abbandono ai ricordi.

 

Jeremiah è lì, davanti a me, i suoi occhi chiari e quei capelli… Dio, quanto adoro quei capelli mossi e color del grano maturo! Lo ricordo mentre mi sorride con gentilezza, offrendomi aiuto per il regalo da fare a Kurt: se non fosse stato per lui, avrei vagato per ore, senza trovare nulla di appropriato. Ricordo la prima domanda che mi ha posto, seduti in un bar dopo esserci incontrati per puro caso… e soprattutto, ho ben presente la strana libertà con cui gli ho confermato di essere gay: non che di solito lo nasconda o lo neghi, ma non mi ero mai sentito tanto libero di dirlo, quasi fossi certo che lui avrebbe capito. Non mi era mai successo prima… o almeno, mi era successo solo con Kurt. E poi, le chiacchiere più disparate davanti ai caffè fumanti, le risate, le cose in comune e quelle su cui proprio non potremo andare d’accordo…

 

«E poi mi arresterebbero: sei minorenne!»

 

Quelle parole mi ritornano alla mente in tutta la loro durezza: il tono semplicistico con cui le ha pronunciate, quasi fosse una sciocchezza la mia dedica, il cantare ed esibirsi con gli altri davanti a lui e a tutta la gente che era in negozio.

 

«… è piaciuto a tutti»

«Al mio capo no, Blaine. E a me neanche».

 

In quel momento ho sentito il cuore spezzarsi: non mi sarebbe importato se la gente avesse fischiato, se fossero partiti insulti omofobi o cose simili perché ne sarebbe valsa la pena comunque, solo per lui. Ma sapere che è stato il primo a non gradire, a dirmi che avrei potuto evitare… no, è stato devastante!

 

Tutto sembra cadermi addosso e travolgermi nello stesso istante come se sprofondassi in un abisso di dolore che minaccia di farmi scoppiare in lacrime, nonostante abbia resistito finora: di certo non avrei pianto davanti a Jeremiah come un qualunque ragazzino… eppure ora non sono sicuro di essere abbastanza forte da tenere tutto dentro.

 

Quando si pensa all’amore si mettono in conto solo le cose positive,  le gioie che si possono provare, la felicità che invaderà ogni singolo attimo della giornata, anche i più tristi o inappropriati. Perché nessuno parla del dolore, della delusione e della sofferenza di un rifiuto? Di quando possa fare male? Perché fa male… davvero…

 

La mia non è una semplice cotta, non è qualcosa di stupido e passeggero come ha pensato anche Jeremiah! È qualcosa di profondo; è il fatto che non ho smesso di pensare a lui dal giorno in ci siamo incontrati, che il suo pensiero è stato uno dei pochissimi a rendere sopportabili le settimane di Natale. È il fatto che, per una volta, c’ho creduto davvero; per una volta, sono stato sul serio convinto che fosse il mio turno. Mi sono aggrappato ad ogni minimo indizio, anche al più piccolo cenno per convincermi che non fosse solo nella mia testa… ed ora sento che mi è tutto crollato addosso… e quasi non ho voglia di lottare per uscirne.

 

Il pensiero di Jeremiah non accenna a lasciarmi in pace e mentre mi chiedo cosa abbia sbagliato e se sia stata tutta colpa della fretta o del troppo entusiasmo che forse l’hanno spaventato, mi lascio portare via dal sonno, convinto che almeno lì avrò un po’ di tregua.

 

 

*

 

 

Quando mi risveglio non ho idea di quanto tempo sia passato, ma a giudicare dal buio quasi totale della stanza, deve essersi fatto sera.

A destarmi, una seconda presenza nella stanza che, però, non riconosco subito. Quando gli occhi riescono finalmente a destreggiarsi bene nella penombra, distinguo la figura magra di Kurt che armeggia nello spazio fra i nostri letti e non sembra essersi accorto del fatto che mi sia svegliato.

«Kurt… che stai facendo…?» chiedo un po’ infastidito e con la voce impastata dal sonno, mentre cerco l’interruttore della luce per vederlo bene.

 

Lui sembra sussultare non appena la stanza si illumina, per poi guardarmi con aria vagamente colpevole.

«Ehi! Sei sveglio! Vengo con un’offerta di pace» sorride scherzando e mi mostra un vassoio con un paio di piatti coperti: la mia cena. Mi lascio scappare una smorfia di disgusto mentre mi metto seduto.

 

«Non ho fame» rispondo laconico, senza staccargli gli occhi da dosso e lui ricambia il gesto con sguardo sbalordito.

«Blaine, non puoi farti ridurre così da tutto questo! Tu sei combattivo, non ti deprimi di certo di fronte ad un rifiuto… e poi, credimi, chi ci perde davvero in questa storia è proprio quel biondino lì!»

 

E questo dovrebbe servirmi di conforto, Kurt? Sul serio? In questo momento non so neanch’io cosa vorrei sentirmi dire; forse, il silenzio sarebbe preferibile. Una strana rabbia monta in me in un attimo, insieme a nuovo dolore e delusione.

 

«È più comodo pensarla così, giusto? Che poiché sembro sempre allegro e pieno di energia, non possa avere anch’io i miei momenti brutti, vero? Beh, ti sbagli! Io sono proprio come tutti gli altri e sì, questa cosa mi ha buttato giù parecchio. Cosa vuoi fare, lapidarmi? Non ti avevo detto che volevo restare solo?» faccio in tono stizzito, ma Kurt non sembra scoraggiarsi.

 

«Oh, scusa tanto! Dato che non mangiavi da questa mattina, ho pensato avessi fame!» spiega, posando il vassoio sul comodino.

 

«Ma che premuroso!» mi complimento sarcastico «E dimmi, visto che ti prendi così tanta cura di me, perché non mi hai detto da subito che sarebbe finita così? È stato ridicolo ed imbarazzante, lo era dall’inizio, ma tu hai fatto di tutto per non farmi tirare indietro! Che diavolo ti è saltato in testa?»

 

Ormai grido senza ritegno, scattando in piedi alle ultime frasi, mentre Kurt, di fronte a me, mi guarda sconvolto, colpito in pieno dalle mie accuse. Boccheggia per un po’, prima di trovare un modo per controbattere.

 

«Devi essere completamente impazzito, Blaine! Vuoi vedere che alla fine la colpa di tutto quello che è successo è mia? Certo che ho sostenuto la tua intenzione di dichiararti: tu eri tutto preso da quel tipo, continuavi a dire che a San Valentino si è ispirati per questo tipo di cose, che stavolta era quella giusta! Cosa potevo fare? Ho creduto che in una situazione simile, con i tuoi occhi che luccicavano in quel modo – come mai avevo visto fare prima, la cosa migliore fosse sostenerti. Ho sbagliato, Blaine? Dimmi, ho forse sbagliato?!»

Ora sta gridando anche lui, il volto arrossato per lo sforzo e gli occhi lucidi.

 

«Mi avevi detto che non era esagerato cantare per qualcuno!»

«Ne ero convinto… e ci credo ancora!»

«E alla riunione degli Usignoli sei stato il solo a prendere le mie difese facendo sì che gli altri accettassero di aiutarmi!»

 

«Tutto questo è assurdo, te ne rendi conto?! Io ho solo cercato di aiutarti e tu me lo stai rinfacciando come se avessi fatto tutto già sapendo che sarebbe andata male! Credi che potrei mai volerti male, Blaine? Che potrei mai fare qualcosa – anche il minimo gesto – sapendo che ti ferirebbe? E poi, se proprio vogliamo dirla tutta, questa scenata dovrei farla io!»

 

«Di cosa diavolo stai parlando ora?»

«Io… io… ti ho praticamente raccontato anche i dettagli più stupidi ed insignificanti della mia vita e vengo a sapere di questo Jeremiah solo quando i tuoi sentimenti sono diventati tanto certi e profondi da potergli fare una dichiarazione simile in un luogo pubblico? Avrei dovuto essere il primo a saperlo! Lo conosci da prima di Natale!»

 

E lui come fa a saperlo se non gliene ho parlato? Kurt mi legge questo dubbio nel pensiero.

«Credi che non l’avessi capito? È bastato guardare i tuoi occhi! Non sapevo di cosa si trattasse e tu non me ne hai fatto parola, mai! Perché?»

 

Perché? Perché non gli ho parlato di Jeremiah? Forse… volevo che fosse una cosa solo mia…

«Di cosa ti lamenti? Non crederai di avere l’esclusiva su tutto quello che mi succede!»

 

Ormai stiamo parlando senza più pensare. O almeno, io lo sto facendo: non penso davvero tutto quello che gli ho detto – sarebbe assurdo – e poi, Kurt ha l’esclusiva su tutto quello che mi succede. Mi accorgo di aver superato il limite quando leggo dolore e delusione nei suoi bellissimi occhi. Mai credevo che, proprio io, sarei riuscito a farlo soffrire.

 

«Q-questo… m-mi chiarisce m-molte cose» balbetta lui, voltandomi le spalle ed avvicinandosi alla finestra.

Che ho fatto? Com’è possibile che sia arrivato a questo punto? Ho sfogato tutta la mia frustrazione sull’unica persona che mi abbia dato conforto e coraggio in tutta questa storia! Sono un cretino, un cretino fino al midollo.

In quest’istante sento crollare tutto in me. Tutto.

 

«K-Kurt… scusami…» sussurro senza forze «Kurt, t-ti prego… guardami…»

Lui non accenna a muoversi, fino a che non gli sfioro una spalla. Allora si volta.

«Mi d-dispiace… mi d-dispiace t-tanto»

 

I suoi occhi chiari mi trapassano. Sto piangendo davanti a lui e non m’importa. Nulla ha importanza in questo momento. Lui sembra stupito e in un attimo la rabbia ed il dolore spariscono dal suo volto, mentre i singhiozzi mi scuotono.

«Oddio, Blaine…»

 

La sua voce trema: non deve avermi mai visto tanto sconvolto e fragile prima d’ora. Per un attimo resta così, a fissarmi ed io mi lascio cadere sul letto, senza forze. Singhiozzo e le ultime briciole di orgoglio mi suggeriscono di nasconderli contro il letto, così che non riesco più a vedere Kurt.

Non passano che pochi istanti, poi sento il suo peso sul bordo del letto e la sua mano che tremolante prende la mia spalla.

 

«Resta con me…» lo prego.

«E chi ti ha detto che voglio andarmene?»

 

Prendo la sua mano e lo tiro verso di me, tanto che mi si stende affianco, la mia testa nell’incavo del suo collo e le sue braccia che mi stringono forte.

 

«Andrà bene, Blaine… passa tutto, tranquillo. È tutto a posto»

Non mi aveva mai consolato prima d’ora, ma sento che nessuno potrebbe farlo meglio di lui in questo momento.

 

Riprendo sonno così, il pensiero di Jeremiah che mi dà tregua e la certezza che Kurt, per me, ci sarà sempre. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Ok, ok, prima che vi precipitiate sotto casa mia con forconi e fiaccole.. voglio dire un paio di cose a mia discolpa. Insomma credete davvero che dopo tutto il casino fatto per Jeremiah, Blaine non abbia fatto una piega per il suo rifiuto, se non quella scenetta alla caffetteria in cui, grazie al Cielo, si rende conto di quanto sia stato ridicolo? E Kurt? Ho capito che lo ama e tutto il resto ma.. alla fine uno scoppia, no? E quindi… *Alchimista si rifugia da Pachelbel*

Poi, ci tenevamo a dire che sappiamo che subito dopo che Blaine è stato rifiutato da Jeremiah, va con Kurt al Lima Bean e hanno la famosa discussione (“Herry Met Sally” per intenderci xD), ma noi ci siamo volute prendere la libertà di posticipare di un giorno quel discorso...

Non so cos’altro dire a nostra discolpa… ringraziamo davvero con tutto il cuore le fantastiche 14 persone (14!!) che hanno recensito lo scorso capitolo e chi invece si sta mettendo d’impegno a recuperare quelli passati; inoltre un grazie va anche a coloro che preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine a chi legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!

 

A presto. Baci ♥

Alchimista.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Silly love songs ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

 

13°_ Silly love songs ~ Blaine

~ Quando, dopotutto, ho paura che tu non possa più essere con me ~

 

 

La mattina dopo, quando mi sveglio, mi ritrovo nel mio letto: Kurt però non c’è. Mi tiro a sedere, cercandolo, finché  il ricordo del rifiuto di Jeremiah mi colpisce dritto allo stomaco.

Me l’ero scordato, quasi volessi fosse stato solo un incubo. Ma non è stato così; io gli ho davvero fatto una serenata nel bel mezzo di un negozio, ho coinvolto i miei amici, mi sono coperto di ridicolo e alla fine sono pure stato rifiutato.

Bella mossa Anderson, davvero!

 

Kurt interrompe i miei pessimi pensieri, uscendo dal bagno. Si blocca, esaminandomi attentamente, come se fosse alla ricerca di qualcosa. Lo osservo anche io, notando che sembra parecchio stanco: ha gli occhi un po’ rossi e due cerchi scuri intorno a essi.

 

«Stai bene?» gli chiedo, preoccupato. Forse non ha ancora avuto tempo per la sua sessione di creme mattutina.

«Teoricamente dovrei essere io a farti questa domanda.» Risponde lui, cocciuto, incrociando le braccia, in evidente attesa di una risposta.

 

Abbasso lo sguardo: non so se voglio rispondere a questa domanda, anche perché effettivamente non so come sto. Mi sento umiliato, ferito, ma la situazione mi sembra un po’ migliore rispetto a ieri. Alla fine decido di optare per un generico, «Mi passerà.»

 

Lui si sposta vicino alla finestra, dandomi le spalle. Quel suo gesto mi riporta improvvisamente alla lite avuta ieri sera: che diamine ho combinato? Come ho potuto litigare con Kurt?!

Improvvisamente mi sento male, mi viene quasi da vomitare nel ricordare le parole velenose che gli ho rivolto. Questo fa decisamente più male.

 

«Ehi, Kurt… scusami per ieri sera…» inizio, ma lui mi interrompe subito.

«Non preoccuparti. Hai già detto che ti dispiace e io non vorrei più tornare su quell’argomento.» Non si volta, continua a darmi le spalle. No, non posso davvero rovinare il mio rapporto con Kurt soltanto per delle parole prive di senso che mi sono uscite dalla bocca.

 

«Ok… però sappi che non pensavo tutte quelle cose che ti ho detto.»

Finalmente Kurt si gira, mostrandomi un sorriso che mi rassicura. «Ci credo. Ora vestiti però, fra poco abbiamo lezione.» Detto questo esce dalla stanza.

 

Strano, deve aver già fatto il rituale di creme mattutino.

 

 

*

 

 

Più tardi, nel pomeriggio, ci troviamo al Lima Bean, come sempre. Il mio umore è decisamente peggiorato: non sto reagendo al dolore con il pianto, ma semplicemente con il disgusto verso tutto ciò che mi possa anche solo ricordare San Valentino. Peccato che ci siano ancora in giro tazze con i cuori, pupazzi innamorati e dolci a forma di Cupidi.

 

«Possibile che non ci  sia niente qui che non sia ricoperto di stupidi cuoricini?» domando retoricamente a Kurt. «Mi fa vomitare.» Aggiungo. La verità è che mi fa venire in mente la figuraccia che ho fatto giusto ieri.

 

«Beh, almeno hai cambiato disco.» Dice Kurt, un po’ distaccato. È tutto il giorno che si comporta così: credo sia ancora un po’ arrabbiato per la lite di ieri sera.

Ma io gli ho già detto che mi dispiace!

 

E ora sinceramente la cosa che mi fa innervosire più di ogni altra è il pensiero delle occhiate che ho ricevuto oggi alla Dalton. La notizia deve essersi sparsa in giro per la scuola, perciò ora tutti quanti sanno di quell’idiota di Blaine Anderson che  ha dedicato un’assurda canzone a un ragazzo, davanti a un sacco di clienti, in un negozio ed è stato rifiutato.

 

«Penso di non essermi mai reso più ridicolo in tutta la mia vita. E questo la dice lunga visto che mi sono esibito nei parchi a tema!»

 

E non è solo questo. Non posso credere di essermi inventato tutto, di aver frainteso completamente ogni cosa. Mi guardo con Kurt, che sembra ancora un po’ sulle sue, ma nonostante tutto non mi ha ancora mandato al diavolo – e non capisco perché non lo faccia.

 

«E’ solo che… non posso credere di essermi immaginato tutto nella mia testa.»

Abbasso lo sguardo: sono stato davvero un idiota. Non credo di aver mai esagerato così, né credo di essermi mai sentito peggio.

 

Kurt interrompe il filo dei miei pensieri.

«Ok, posso chiederti una cosa?” fa una piccola pausa e poi riprende, mentre mi volto verso di lui. «Visto che siamo stati completamente sinceri l’uno con l’altro…»

 

Non capisco dove voglia andare a parare, anche se per un momento mi si attorciglia lo stomaco dalla paura: forse vuole mandarmi al diavolo. Dopotutto, farebbe soltanto bene; dopo il suo appoggio per questa storia di Jeremiah, non solo si è dovuto sentir dire quelle cose terribili da me, ma mi ha anche consolato. È ancora qui.

Quasi non mi rendo conto di star tremando mentre continua.

 

«Tu ed io… usciamo insieme, facciamo duetti ammiccanti insieme, sai come prendo il caffè. Avrei dovuto pensare che non significasse niente?»

Mi sta guardando in faccia, e noto appena un certo imbarazzo.

 

Non credo di aver capito sul serio cosa intenda, perciò glielo chiedo, ancora con le ginocchia che tremano dalla paura che possa voltarsi e andarsene, lasciandomi qui da solo.

«Che cosa significa?»

 

Fa una pausa, abbassando lo sguardo, poi riprende a parlare – e questa volta mi sembra davvero imbarazzato, oltre che incerto.

«Ho pensato che il ragazzo al quale volevi chiedere di uscire a San Valentino…» i suoi occhi si legano ai miei, «…fossi io.»

 

Mi paralizzo. Non posso crederci. Cioè… Kurt… e io…? Cosa?

Non è possibile, credevo di non essere mai stato tanto idiota ma… ora è peggio. Adesso mi sento un vero idiota, adesso che mi rendo conto di quanto possa aver fatto del male a Kurt.

 

Me ne esco con un’uscita davvero infelice. «Wow…»

 

Ma ‘wow’ cosa?! Avevo promesso che non l’avrei mai fatto soffrire, che non sarei mai stato io la causa del suo dolore; non sono stato in grado di mantenere la mia promessa. L’ho fatto soffrire.

 

E certamente non posso dargli la colpa per aver pensato che potessi essere interessato a lui. Cioè, se io mi sono illuso che potessi piacere a Jeremiah solo perché abbiamo preso il caffè insieme due volte, Kurt cosa avrebbe dovuto pensare?

D’altronde è vero, il nostro rapporto non è come quello che ho con gli altri miei amici, è vero che cantiamo insieme ammiccandoci da un lato all’altro della stanza, che usciamo insieme, che siamo molto legati.

Ma questo cosa significa? Che cosa provo io realmente per Kurt?

 

«Non avevo capito proprio niente…» mi lascio fuggire di bocca, mentre Kurt al mio fianco continua a stare in silenzio.

 

Forse è questa la cosa che mi spaventa più di tutte ora: il suo silenzio. Perché ho paura che ora possa davvero andarsene, ora che sa che non sono in grado di ricambiare i suoi stessi sentimenti. Che poi, prova davvero qualcosa per me? Qualcosa che vada oltre all’amicizia, si intende. Il fatto che abbia pensato che fosse lui il ragazzo a cui volevo dedicare la canzone non significa che provi qualcosa per me; tuttavia, non mi sembra che se ne sarebbe dispiaciuto.

 

Quindi… credo di piacergli.

 

Merda! Questo complica le cosa, davvero tanto. Io non sono in grado di avere un rapporto con qualcuno, lo so bene. Alle Provinciali l’avevo capito, e, come dicevo ieri sera, quando si parla delle storie d’amore si pensa sempre al bello, ma mai al dolore o alle sofferenze che si possono provare.

Io non voglio, non posso, rovinare le cose con Kurt.

 

«Senti Kurt…» lo guardo negli occhi e decido di essere sincero. Non posso perderlo. «Io non ho idea di come vadano queste cose. Faccio finta di saperlo. E so come esprimerlo durante una canzone… ma la verità è che non sono mai stato il ragazzo di nessuno.»

 

Tremo quasi, in attesa di avere la sua risposta; credo di avere gli occhi lucidi. Non so cosa farei se perdessi Kurt.

Quasi sospiro di sollievo quando lo vedo sorridere – certo, un po’ forzatamente, ma è comunque un sorriso. «Io neanche.»

 

Dio, mi sento un  mostro; non posso credere a quello che gli sto facendo. Vorrei solo che sapesse quanto io tenga a lui, alla nostra amicizia, a ciò che abbiamo – qualsiasi cosa sia. Perché sì, sono confuso riguardo al nostro rapporto; lo ero all’epoca e continuo a esserlo, è inutile negarlo.

Forse sarebbe il caso di dirglielo: dirgli che gli voglio bene. Cercherò di essere il più chiaro possibile.

 

«Fammi chiarire una cosa. Io ci tengo veramente… veramente tanto a te.» Ma non sono pronto. «Ma come tu e un’altra ventina di persone avete visto al negozio, non sono molto bravo con le storie d’amore.»

 

Lo guardo negli occhi, quasi mi ci perdo per un lungo istante. Non posso fare a meno di vedere questi occhi, non posso perderli, perdere Kurt. E soprattutto, non voglio.

«Non voglio rovinare tutto.» Mi esce dalle labbra, sussurrato. Spero davvero che capisca quanto sia serio ora, che abbia capito quanto sono sincero quando gli ho detto di tenere a lui.

 

Mi sembra di avere la testa che scoppia. Ho bisogno di parlare con qualcuno; mi servono Wes e David.

 

 

*

 

 

«E poi?» chiede Wes, mantenendo lo stesso tono serio che ha usato fin da quando abbiamo iniziato questa conversazione.

«E poi se n’è uscito con qualcosa che riguardava il film che abbiamo visto poco tempo fa, Harry ti presento Sally.» Rispondo io, guardando i miei due migliori amici.

 

Loro si fissano per un lungo istante negli occhi, poi, inaspettatamente, urlano. «Tu sei un idiota Blaine Anderson!»

 

Sobbalzo nel sentire quelle parole uscire – per altro contemporaneamente in modo alquanto inquietante – dalle bocche dei miei due amici, di solito pacati e ragionevoli. Gli occhi mi escono quasi dalle orbite quando, prima David e poi Wes, iniziano a urlarmi contro. Le uniche parole che riesco a captare sono “idiota”, “ovvio” e “Kurt”.

 

Fantastico, di questo passo mi verrà il mal di testa – come se non avessi già troppe cose a cui pensare!

 

«Allora, volete cortesemente calmarvi un attimo e dirmi perché diamine state urlando come due pazzi?» quasi strepito, e non mi importa il fatto che forse, e dico forse, dovrei controllarmi, essendo nel bel mezzo della sala studio della Dalton.

 

«Beh Blaine… diciamo che sei un vero deficiente.» Inizia David, ma lo interrompo praticamente subito.

 

«Sì, grazie, questa è l’unica cosa che ho capito. E vi assicuro che non mi servite di certo voi per dirmelo: so bene di esserlo.» Abbasso lo sguardo, mentre mi sento invadere di nuovo dai sensi di colpa. Quasi più non penso a Jeremiah, ormai c’è solo più Kurt nei miei pensieri. Non ho smesso un attimo di farmi scorrere davanti agli occhi tutti i nostri incontri, i nostri sguardi, le nostre chiacchierate, cercando un valido motivo per cui Kurt avrebbe davvero potuto pensare che volessi dichiararmi a lui; e ne ho trovati. Tanti.

 

«Blaine, è chiaro come il sole che Kurt prova qualcosa per te…» dice Wes, assumendo un tono più calmo, quasi comprensivo.

Alzo lo sguardo su di lui, cercando quasi una conferma nel suo viso, per le sue parole.

«Oh, non guardarmi con quegli occhi luccicanti!» continua, lasciandosi sfuggire un sorriso. «Quando parla con te, o di te, ha gli occhi che brillano. E devi ammettere che il vostro rapporto è piuttosto… stretto.»

 

Sospiro, passandomi una mano sul volto. «Sì lo so; e questo mi confonde ancora di più. Non so cosa devo fare, non so cosa provo davvero per lui.» incrocio le braccia sul tavolo e ci ficco la testa in mezzo, mentre mi lascio sfuggire dalle labbra un mugolio sofferente.

 

«Oh invece secondo me lo sai bene cosa provi per lui.» sento David sussurrare, ma non indago oltre. Anche perché Wes afferma, «Certo, ma deve capirlo. Perciò Blaine,» dice ora rivolgendosi direttamente a me – che sbircio verso di lui da uno spiraglio tra le mie braccia – «prenditi tutto il tempo che ti serve per capire. Non fare tutto di fretta.»

 

Rialzo la testa, «No di certo. Non voglio rovinare tutto: Kurt è molto importante per me.»

I due si scambiano di nuovo un’occhiata – sembrano quasi divertiti. «Lo sappiamo.» Dicono infine, di nuovo contemporaneamente.

 

Già, lo sanno; immagino si noti abbastanza. Sposto lo sguardo fuori dalla finestra; Kurt è fuori, da qualche parte: ha detto che aveva un’idea su come festeggiare San Valentino. Un sorriso di cui quasi non mi rendo conto si apre sul mio volto: chissà cos’avrà in mente.

 

«Come l’ha presa Kurt?» chiede Wes mettendomi una mano sulla spalla.

«Sembra piuttosto bene in realtà; anche se credo stia nascondendo ciò che prova.» Non posso fare a meno di riprendermi la testa tra le mani, sentendomi nuovamente un verme.

 

E improvvisamente ripenso alla lite di ieri sera, ma in particolar modo al mio comportamento: ho cercato conforto in lui, l’ho abbracciato, costringendolo in una posizione, letteralmente parlando, che probabilmente avrà fatto fatica a mantenere. Inoltre, se ripenso ai suoi occhi rossi e gonfi di stamattina… deve aver pianto.

 

«Non posso credere che gli sto facendo del male.» Piagnucolo, per poi raccontare a Wes e David della litigata di ieri sera e di come l’ho trovato stamattina, mettendoli a parte di tutti i miei dubbi e i miei pentimenti.

 

«Blaine, non credo che tu debba vederla da questo punto di vista. Tanto per cominciare voi due siete amici.» Dice David, razionale, per poi lasciare la parola a Wes.

«Già, e Kurt è intelligente, lo sa. Credo che comunque gli abbia fatto piacere che tu abbia voluto il suo appoggio.»

 

Non posso fare a meno di suonare terrorizzato – perché lo sono – quando alla fine riesco a dire loro cos’è che mi spaventa più di ogni cosa.

 

«Ho paura che ora cambi tutto, che Kurt non vorrà più parlarmi, né vedermi; che decida che è meglio per lui starmi lontano. Non potrei sopportarlo…» sussurro.

 

Wes e David si scambiano nuovamente uno sguardo, con le sopracciglia alzate, come se avessero appena avuto la dimostrazione di una loro teoria.

 

«Ascolta, non credo che Kurt possa decidere una cosa del genere; inoltre lo vedo un po’ complicato, sai, il decidere di evitarsi, dal momento che condividete la stessa stanza. Però Blaine… le cose cambieranno ora. E’ inevitabile.» Dice Wes, con calma, quasi a voler calibrare le parole per paura della mia reazione.

 

«Ma io non voglio che cambino!» Perché potrebbero cambiare in peggio; e anche se cambiassero in meglio, di certo questo meglio potrebbe poi portare al peggio. Potremmo metterci insieme, litigare e mollarci, rovinando così non solo una storia d’amore, ma anche la nostra amicizia.

Questo però non lo dico ai miei amici.

 

Non lo dico perché il mio sguardo viene attirato da Kurt, che è appena entrato in sala studio, stretto nel suo cappotto e con le guance arrossate. Mi si mozza il respiro in gola, in attesa della sua reazione. Anche i ragazzi al mio fianco sembrano essersi congelati, fissandoci.

 

Kurt si blocca, mi guarda negli occhi, e poi sorride. Di quel suo solito sorriso dolce, lo stesso di sempre, quel sorriso che l’ho sempre visto rivolgere solo a me. Espiro, mentre non posso fare a meno di aprirmi in un sorriso io stesso, che poi si propaga in una risata liberatoria, mentre lo vedo avanzare verso di me.

 

E mentre farfuglia qualcosa su Silly love songs con gli altri due, quasi non lo ascolto, troppo intento a notare quanto sia dannatamente stupendo il suo sorriso quando incrocia i miei occhi.

 

 

~∞~

 

 

I can't explain the feeling's plain to me, now can't you see?
How can I tell you about –Say can’t you see?

-my loved one?

He gave me more – How can I tell

He gave it all to me – you about

Say, can’t you see? – my loved one?

 

 

Kurt è… Kurt è fenomenale – non credo ci siano altre parole per descriverlo. Più passa il tempo, più mi sembra di conoscerlo a fondo, e più lui riesce a sorprendermi. Ha organizzato lui questa serata: è stato lui a parlare col proprietario de Il bel grissino, convincendolo a farci esibire qui stasera, e a invitare tutti i suoi amici delle New Directions.

 

Deve essere successo qualcosa tra loro a proposito: non vedo Finn e la ragazza bionda che ha cantato alle Provinciali, Quinn mi pare si chiami. Da quanto mi ha riferito velocemente Kurt prima di arrivare qui, Finn, che ha da poco rotto con Rachel, ha baciato Quinn, che però è fidanzata con Sam; e ovviamente tutti sono venuti a saperlo, anche perché Santana – non si sa bene perché – ha notato che avevano entrambi la mononucleosi… e qui il filo dei miei ricordi si perde.

Certo che è davvero complicato stare dietro a tutti i tira e molla di quei ragazzi!

 

 

You'd think that people would have had enough of silly love songs.
But I look around me and I see it isn't so.

Oh no
Some people wanna fill the world with silly love songs.

And what's wrong with that?
I'd like to know, 'cause here I go again
I love you
I love you

 

Mentre canto, il mio sguardo non fa che spostarsi su Kurt. Sarò ossessivo, ma la verità è che sono ancora terrorizzato: ho paura che possa scappare via da un momento all’altro, decidendo di essersi stufato di stare dietro a uno come me.

 

Ma no, Kurt, non lo farebbe mai. Ci scambiamo uno sguardo, seguito poi da un sorriso. No, ne sono certo: Kurt non mi abbandonerà mai.

 


Love doesn't come in a minute,
Sometimes it doesn't come at all
I only know that when I'm in it
It isn't silly, love isn't silly, love isn't silly at all.
Not it all

I love you
I love you

 

Prima ha fatto un discorso sui single, sul fatto che questo è il loro anno. All’inizio ho pensato si riferisse a se stesso, e alle sue amiche, Rachel e Mercedes. Poi però mi sono reso conto che forse il discorso era diretto anche a me: anche io sono single, sono stato rifiutato giusto ieri. E il fatto che Kurt non se ne sia dimenticato – e come potrebbe? – ma che voglia comunque in un certo qual senso farmi stare meglio… beh, l’ho apprezzato. Parecchio.

 

Inoltre, è riuscito a convincere i ragazzi a esibirsi di nuovo fuori dalle mura della Dalton Academy. E forse questa volta, le conseguenze non saranno disastrose quanto le due precedenti.

 

 

I can’t explain the feeling’s plain to me – How can I tell you about

Say, can’t you see? – my loved one?

She gave me more – How can I tell

She gave it all to me – you about

Say, can’t you see? – my loved one?

 

 

E infatti, alla fine dell’esibizione, i clienti del locale e i membri delle New Directions ci applaudono a gran voce; siamo stati davvero eccezionali, non c’è che dire.

 

Sorrido, e per un attimo non penso al fatto che ieri ho ricevuto la mia prima batosta sentimentale e che nel giro di poche ora ho litigato con il mio migliore amico – la persona cui tengo di più al mondo – e ho scoperto di averlo ferito. Penso solo a quanto io sia fortunato ad avere Kurt… qualsiasi cosa lui sia per me.

 

 

 

 

 

NOTE:

Qui Pachelbel! =) Tanto per cominciare, non badate alle pare della mia collega… -.- Io sinceramente non so che farei se non ci fosse lei ad aiutarmi con questa storia! Mi è davvero di grandissimo aiuto! E boh… she’s the Kurt to my Blaine! *___*

 

Comunque, so bene che questo capitolo vi sarà risultato strano e “diverso” dal momento che ci eravamo imposte di mettere solamente missing moments… Però, ho ritenuto necessario inserire questa scena presa dal telefilm. Perché? Perché, tanto per cominciare, è la mia preferita… perché secondo me è qui che Blaine si rende conto di quanto la loro amicizia sia “strana”, di quanto tenga effettivamente a Kurt. E’ in quel preciso momento che secondo me, inconsciamente, si rende conto di quanto gli piaccia Kurt (perché diciamocelo, non è che Blaine si è innamorato di Kurt sentendolo cantare Blackbird, ma ha CAPITO di essere innamorato di lui… questo vuol dire che lo era già da prima!)

Spero di non avervi tediato troppo comunque! =)

 

Anyway, grazie mille alle 16 stupende, meravigliose persone che hanno commentato lo scorso capitolo e a tutte le persone che ci seguono! *__* Siete tutti stupendi! (sì, ‘i’, abbiamo dei maschietti tra noi *__*)

 

Baci,

Pachelbel <3

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Silly love song ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

14°_ Silly love songs ~ Kurt

~ Quando ringrazi il buio che ti nasconde ~

 

 





I can't explain the feeling's plain to me, now can't you see?
How can I tell you about –Say can’t you see?

-my loved one?

He gave me more – How can I tell

He gave it all to me – you about

Say, can’t you see? – my loved one?

 

 

Credo che questo sia l’unico modo possibile per concludere il giorno di San Valentino senza ulteriori danni – o almeno, spero sia così. Cantare. Cantare con tutti gli Usignoli davanti ad un pubblico composto in gran parte dai miei ex-compagni del McKinley. Non c’è nulla che possa andare storto, ma meglio che non lo pensi troppo forte.

 

Dopo aver fatto il mio annuncio, mi metto in posizione, mescolandomi agli altri ragazzi in divisa ed unendomi al coro. Nella fretta urto contro Blaine, scusandomi con un gesto della mano – dato che la voce è impegnata a cantare – e lui mi sorride come non faceva da molto tempo.

Mi mancava quel sorriso sincero. Sei felice, Blaine? Ho provato di tutto per cercare di tirarti su di morale… perché l’idea che il sorriso possa sparirti dalle labbra semplicemente mi uccide.

 

“How can I tell you about my loved one?” Ok, forse non è la canzone più adatta a me al momento, ma stasera voglio provare a non pensare a nulla, a far finta che non sia successo nulla.

Voglio solo cantare con Blaine e gli altri Usignoli, come sempre.

 

 

You'd think that people would have had enough of silly love songs.
But I look around me and I see it isn't so.

Oh no
Some people wanna fill the world with silly love songs.
And what's wrong with that?
I'd like to know, 'cause here I go again
I love you
I love you

 

 

Quando comincia a cantare, Blaine sembra di nuovo lo stesso ragazzo di sempre. Tutta la sua gestualità, i suoi movimenti, sono perfetti e soprattutto spontanei. È vero, con la musica riesce ad esprimersi davvero bene! E probabilmente fa trasparire cose che in realtà non pensa, cose che non prova… ed io ci sono semplicemente cascato, come uno stupido, come aveva fatto lui con Jeremiah. Ma non ne avevo forse il diritto? Insomma, non credo di essere tanto in errore ad aver creduto una cosa simile… eppure.

Incrocio i suoi occhi, mentre, spostatosi tra i tavolini, ci guarda continuando a cantare. I suoi occhi. Ora sembrano quelli di sempre, con la stessa energia. Brillano. Almeno loro…

 

No, fermo! Accidenti, non di nuovo! Non ti è bastata un’intera notte di pianto? Hai intenzione di cominciare anche adesso, davanti a tutti, davanti a Blaine?

No. Basta. Stasera – per questa canzone – sarò felice e mi farò trascinare dalla musica. Non deve importarmi di nulla, non adesso!

 

Torna da noi, rimescolandosi col coro e mi lancia degli guardi magnifici. Magnifici perché sinceri, come il sorriso che li accompagna, liberi da tutto il dolore e la delusione di questi ultimi giorni. Magnifici perché sono sempre gli stessi, perché nonostante tutto, nonostante gli abbia chiaramente detto che mi piace, lui sembra non essere affatto cambiato.

Ed io sorrido con lui. Ti prego, Blaine, non cambiare.

 

 

Love doesn't come in a minute,
Sometimes it doesn't come at all
I only know that when I'm in it
It isn't silly, love isn't silly, love isn't silly at all.
Not it all

I love you
I love you

 


Quando gli ho detto che credevo si riferisse a me per la faccenda della serenata, non ho ovviamente pensato alle conseguenze, al fatto che, messo di fronte ad una simile dichiarazione, avrebbe potuto reagire cambiando atteggiamento nei miei confronti ed ora questa prospettiva mi atterrisce.

 

Eppure lui continua a cantare con intensità, a camminare tra i tavolini ammiccando a chi è seduto e sottolineando quanto l’amore sia tutt’altro che stupido.

Io non l’ho mai pensato, Blaine. E neanche tu, lo so. Ma è davvero bello vedere come ormai Jeremiah sembri solo un brutto ricordo, come stai andando avanti! Mi sento quasi preso dalla tua allegria, rapito e contagiato, così, quando mi sei di nuovo accanto, non posso trattenere una risata, abbassando la testa.

Blaine Anderson, sei un miracolo.

 

Gli Usignoli si disperdono cantando nella sala ed io ne approfitto per correre ad abbracciare Rachel e Mercedes: credo che senza di loro sarei perso. Non le ringrazierò mai abbastanza!

Mimo un caloroso “I love you” verso di loro, mentre torno al mio posto nel coro. Vedo Blaine fare altrettanto, ma non voglio darmi tempo di rifletterci.

 

 

I can’t explain the feeling’s plain to me – How can I tell you about

Say, can’t you see? – my loved one?

She gave me more – How can I tell

She gave it all to me – you about

Say, can’t you see? – my loved one?

 

 

Il momento in cui ci riuniamo tutti stretti per la cappella finale mi emoziona sempre, non conta quante volte l’abbiamo già fatto. Credo sia il momento migliore di qualsiasi canzone perché riesco davvero a sentirli tutti con me, come fossimo una voce sola… ed è magico. La voce di Blaine, quasi sussurrata ed armonizzata al massimo da quelle degli altri Usignoli, non mi sembra essere stata mai tanto bella e mi ci perdo, mentre sento riscaldarsi il petto.

Ancora qualche istante, ancora un po’ e il nostro coro si conclude con la tipica posa finale e l’applauso del pubblico.

Credo che l’idea di cantare qui sia stata migliore di quanto mi sarei mai aspettato.

 

 

~∞~

 

 

«È sempre bello sentirti cantare!» esclama Rachel abbracciandomi non appena raggiungo il suo tavolino.

«Non ti sentivamo da tanto!» le fa eco Mercedes e nonostante le luccichino gli occhi, riesco a scorgere qualcosa di triste dietro il suo sguardo fiero.

 

Una volta non passava ricorrenza importante – o semplice giorno – che non cantassimo insieme. Ora invece ho quasi l’impressione di aver dimenticato il suono della sua voce – o di quella degli altri.

«È stato un piacere, ragazze. Ci voleva proprio, sapete? Al diavolo tutte le coppiette: cantare per voi è il miglior San Valentino!»

 

In realtà cerco di non soffermarmi su tutto ciò che è successo in questi giorni e mi concentro solo sulle mie compagne, sforzandomi di trovare una domanda adatta da fare.

Troppo tardi.

Proprio in quel momento, Blaine mi si siede accanto con un dei suoi soliti sorrisi e saluta le altre.

«Grazie di essere venute» fa con eleganza «Come vi siamo sembrati?»

 

«Sai che non possiamo esprimerci, Blaine: siete ancora i nostri rivali numero uno» gli ricorda Rachel con il suo classico atteggiamento di superiorità.

Mercedes invece sorride, zittendola con un movimento rapido della mano.

 

«Siete stati fantastici» conferma raggiante «Era come se foste una cosa sola e nonostante vi conosca ormai, riuscite sempre a lasciarmi a bocca aperta!»

L’altra la guarda contrariata per alcuni istanti, prima di sospirare ed annuire d’accordo.

 

«Era proprio quello che volevo sentire!» si esalta l’Usignolo «Kurt ha avuto proprio un’ottima idea»

A sentirlo, io arrossisco appena e distolgo l’attenzione degli altri da me – o almeno spero – con un sorriso imbarazzato. Non nego mai i complimenti, questo è vero, ma quelli di Blaine mi fanno sempre questo effetto – ora anche più di prima, cavoli!

 

Una vocina nella mia testa mi dice che dovrei parlare con lui, che dovrei chiarire tutta la situazione… eppure ho paura. Ho paura perché non so come l’abbia presa veramente. Se parlarne aggravasse le cose? Lui sembra comportarsi come sempre: magari ha deciso di fare finta che non sia successo nulla. Un chiarimento riaprirebbe la questione e lui potrebbe cambiare idea – e di certo non in meglio.

 

«…Kurt? Kurt… hai sentito quello che ho detto?»

 

La voce di Blaine mi sveglia da tutti quegli interrogativi e per un attimo lo guardo senza sapere cosa dire. Che mi ha chiesto? Lui sorride scuotendo lievemente la testa.

 

«Ancora a fantasticare sugli abbinamenti migliori del tuo guardaroba?» scherza.

 

Stranamente, però, è come se mi avesse appena dato un pugno nello stomaco: non so cosa stia facendo, non so perché si stia comportando come se niente fosse, ma al momento sono sicuro che non abbia capito quanto male mi stia facendo l’incertezza che lui maschera tanto bene.

 

«…mi chiedevo, torniamo alla Dalton? Kurt? Ti abbiamo perso di nuovo?»

Sussulto.

«No!» esclamo con più forza di quella che avrei voluto; Blaine e le ragazze mi guardano con occhi preoccupati ed io cerco di rimediare a quello scatto improvviso con un sorriso ed un respiro profondo.

«Intendo… vi sto ascoltando: niente sogni ad occhi aperti» spiego «E comunque, sì: sarà meglio tornare»

 

Saluto con affetto Rachel e Mercedes e faccio per avviarmi con l’Usignolo, quando quest’ultima mi trattiene per un braccio, facendomi voltare di nuovo verso di lei.

«Kurt… stai bene?» mi chiede con un sussurro, guardandomi.

 

Davanti a quei grandi occhi scuri sento di non poter mentire e mi accorgo che i miei si stanno inumidendo inevitabilmente.

«Non lo so. L’hai visto… per lui è come se non fosse successo nulla e… e non so se... se la cosa mi va bene»

«Oh, tesoro…»

 

Mercedes mi abbraccia ed io mi lascio cullare un po’ da quel gesto: ovvio che lei sia stata la prima – e l’unica con Rachel – a cui abbia raccontato della litigata, della notte in lacrime e della mia stupida confessione. Sento da lontano Blaine che mi chiama e mi stacco a mala voglia da Mercedes, scorgendo anche lo sguardo dell’altra ragazza su di me con fare affettuoso.

 

Ad un tratto l’idea di tornare alla Dalton, lontano da loro, non mi sembra più tanto buona… ma ormai il danno è fatto e probabilmente mi sto facendo più complessi del dovuto.

Le saluto con un sorriso e corro verso l’uscita, davanti alla quale la macchina di Blaine mi aspetta, pronta a partire.

 

Blaine mi accoglie con un sorriso quando salgo aggiustando la giaccia stropicciatasi per la corsa. Io lo guardo e nonostante tutto mi  è impossibile non sorridergli di rimando: assurdo, possibile che quando i nostri sguardi s’incontrano dimentichi tutto quello che mi circonda compresi i sentimenti non propriamente felici di ora?

 

«Vuoi fare qualcosa di particolare nel resto della serata?» mi chiede senza però staccare gli occhi dalla strada, quando ormai siamo a metà del tragitto.

 

«Non saprei…qualche idea?» in realtà ho solo voglia di stendermi sul letto: in un modo o nell’altro, questi giorni sono stati stancanti.

 

«Pensavo ad un film..» propone.

«Qualcosa in particolare? San Valentino?» chiedo con una smorfia: dovrebbe averne abbastanza, no?
«No, non propriamente San Valentino…ma sai, una bella commedia romantica…» fa ammiccante – no, non ne ha avuto abbastanza, accidenti!

«D’accordo, ma ho dei parametri che dovrai rispettare: a lieto fine e con Meg Ryan.» sentenzio: se proprio devo sopportare un film simile, al momento, che almeno ci sia qualcosa di buono.

«Meg Ryan? Ma allora la tua è una fissa!»

Lo fulmino con uno sguardo: che ha da dire su Meg Ryan? Sa che sta rischiando la vita? Sembra intuirlo, in effetti, perché alza una mano dal volante in segno di scuse e sorride.

«Ok, non uccidermi! Ho il film adatto e rispetta anche i tuoi parametri!»

 

«Cioè?» chiedo curioso e –lo ammetto – fiero del fatto che, nonostante tutto, non fosse poi così ignorante in materia.

«Kate e Leopold ti dice niente?»

A questo punto impossibile non sorridere.

 

*

 

«Io adoro questo film, ma non posso non contraddire questa scena!» esclamo mentre scorrono gli ultimi minuti.

«Eh?! Che hai contro questa scena, scusa? È meravigliosa…Insomma, lei decide di seguirlo per amore!» controbatte Blaine quasi risentito dal mio commento.

 

Lo guardo per un attimo, sorpreso – stento a credere che sia lo stesso ragazzo che poche ore prima aveva avuto da ridire proprio riguardo la scelta del film.

 

«È proprio questo che non riesco ancora a capire! Perché l’ha dovuto seguire lei?! Perché è stata lei a dover fare questo sacrificio per amore? Insomma, Leopold avrebbe potuto benissimo rendersi conto prima di amare davvero Kate e restare con lei nel presente!»

 

«Ma così non avrebbe mai inventato gli ascensori! Doveva tornare nel passato, era indispensabile!» mi spiega con lo stesso tono di una maestra delle scuole elementari.

 

«E chi ti dice che anche Kate non avesse qualcosa s’importante da fare nel suo presente? Qualcosa a cui ha inevitabilmente rinunciato seguendo Leopold? E poi, ha dovuto lasciare la sua famiglia: non li rivedrà mai più!» ribatto caparbio, quasi come se fosse una discussione seria, la nostra.

 

Mentre la ragazza cerca, correndo, il suo amato, Blaine ormai non sta prestando più attenzione al film. I suoi meravigliosi occhi mi scrutano nella poca luce della stanza, interdetti. Io sostengo per un po’ il suo sguardo, poi lo abbasso: stiamo litigando di nuovo? Cosa diavolo ci sta succedendo? Possibile che non riusciamo ad avere un dialogo che non degeneri in un litigio?

 

«Direi…direi di goderci il bacio finale.» suggerisce Blaine ed io ringrazio il cielo che non abbia continuato la discussione.

 

Entrambi ci concentriamo di nuovo sullo schermo, ma il silenzio ch’è sceso nella stanza mi sembra completamente diverso dai soliti che pure hanno accompagnato i nostri momenti insieme: riesco a cogliere in esso tensione e soprattutto imbarazzo.

 

Qualcosa in me si spezza. Mai, mai c’è stato imbarazzo fra noi! Anche quando non ci conoscevamo bene, la prima cosa che ho capito di Blaine è stata la sua capacità di mettere chiunque a proprio agio. Ora, invece, si è rotto qualcosa e non riesco più a fare neanche una cosa stupida, come allungare la mano nella ciotola dei pop-corn senza preoccuparmi del fatto che potrei toccare la sua o attirare la sua attenzione…

 

Le prime lacrime scendono silenziose dai miei occhi ed io ringrazio il buio che ancora ci nasconde mentre scorrono i titoli di coda. Al momento sento solo il lampante impulso di scappare via e questo non fa altro che aumentare ancor più le lacrime.

 

«Vai per primo in bagno?» mi chiede Blaine alzandosi. Io annuisco appena e prendo tutto ciò che mi serve per poi sparire il prima possibile e soprattutto prima che accenda una qualsiasi luce.

 

Faccio appena in tempo ad entrare sotto la doccia che i singhiozzi diventano ingestibili: almeno il rumore dell’acqua riesce a coprirli e quando sarò uscito avrò anche una scusa per gli occhi arrossati.

Piango, piango forte come non facevo da tempo, sfogo ogni emozione repressa, ogni certezza sfumata, ogni gesto sfumato, ogni dannata cosa che non so.

 

Quando alla fine resta soltanto il getto della doccia a bagnarmi, spero di non essere rimasto troppo tempo: non so come affronterei le eventuali domande di Blaine. Per questo finisco tutto nel modo più rapido ed esco ancora in accappatoio per lasciare quanto prima il bagno libero.

 

Non faccio in tempo neanche a metter piede fuori dalla stanza che sento qualcosa avvolgermi stretto e il mio viso imporporarsi. Blaine mi sta abbracciando con trasporto, come non faceva da troppo tempo. Per un attimo non sento altro che il suo profumo misto al gel per capelli; lui ha il volto quasi nascosto nel mio accappatoio – sì, sono in accappatoio, dannazione…ma meglio non soffermarsi su questo pensiero, per ora – e resta per un po’ così, senza dire o fare nulla.

 

«Non voglio che tutto questo cambi, Kurt. Ti prego…» sussurra, ed il mio cuore non sa se fermarsi o battere più forte.

 

«Neanch’io lo voglio» riesco a rispondere, mentre lui non accenna ancora a lasciarmi andare.

 

«Tengo troppo a te per perderti. Non posso, capisci?» continua lui, ma stavolta mi guarda dritto negl’occhi e mi accorgo che i suoi sono lucidi quanto i miei.

 

È mentre lo osservo così che capisco, finalmente. Neanch’io posso perderlo: il fatto che sia qui è la cosa più importante al mondo. Un calore che non provavo da molto invade il mio petto e uno strano groppo si forma all’altezza della gola.

Sono innamorato di lui, è certo…eppure, ora come ora, sento che deve restare il mio migliore amico perché in alcun caso possa rischiare di perderlo – ho bisogno di lui tanto quanto lui ha bisogno di me; non c’è niente che valga tanto.

 

Gli sorrido mentre lui mi lascia definitivamente andare, sfiorandomi appena la mano. La prendo e la tengo stretta nella mia: niente più imbarazzo, niente più tensione o ansia.

Prego davvero che tutto sia tornato come sempre e, quando anche lui aumenta la stretta, in cuor mio capisco ch’è così.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Ok, voi non avete idea di come io stia al momento!! Cacchio… non ho ancora visto l’ep! Maledetta scuola, dovrebbero inventare le giustifiche per “visione notturna di telefilms”, sarebbe perfetto!

*Alchimista sbatte con la testa contro il muro*

Allora, da qualche spoiler del mio Blaine so che in ogni caso sarà – o è stato – esplosivo, quindi, ho preferito postare prima così nel caso in cui morissi, avrete almeno questo cap!

Ma.. non è che ora che avete di nuovo i Klaine in “diretta” vi dimenticherete di questa storia?? No, vero?? ç_ç

Ok, sì, sto delirando. Vi lascio e corro a vedere!

A presto. Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Don't you want me ~ Kurt ***


~Klaine Songs~

 

15°_ Don’t you want me ~ Kurt

~ Quando ti trovi a dover assistere a qualcosa che mai avresti voluto vedere ~

 

 

You were workin' as a waitress in a cocktail bar
When I met you
I picked you out, I shook you up and turned you around
Turned you into someone new

 

Ok, se mai qualcuno mi avesse detto che, nel giro di una sola serata, avrei visto Blaine ubriaco, mentre cantava un duetto con Rachel Berry dopo averla baciata… beh, non ci avrei mai creduto.

E avrei fatto male: è proprio quello che sta succedendo.

 

Erano un po’ di giorni che volevo avere una scusa per uscire con Blaine, un’uscita vera, senza divise o altro; volevo mettermi la camicia che mi aveva regalato per Natale – ed effettivamente l’ho poi messa. Così, quando ho scoperto da Finn che Rachel avrebbe dato una festa a casa sua, ho colto la palla al balzo; minacciandolo di rivelare a papà e Carole la sua cronologia del computer – seriamente, quel ragazzo usa internet solo per girare su You porn, che schifo! – ha accettato di portare anche me e Blaine.

 

Quando ho riferito al mio migliore amico – o qualsiasi cosa sia – della festa, mi è sembrato entusiasta. Ero convinto che ci saremmo divertiti, che avremmo scherzato e riso e cantato; volevo fare una buona impressione su di lui, volevo che avesse la possibilità di guardarmi in un ambiente che non fosse il solito della Dalton, o del Lima Bean, o della nostra stanza.

Non avevo messo in programma però che avrebbe potuto notare qualcun altro.

 

 

Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
Don't, don't you want me?
You know I don't believe it
When you say that you don't need me

 

Sospiro, mentre lo guardo cantare. È bellissimo. Perché è sempre così dannatamente bello? E poi questa canzone… chi è che non lo vorrebbe?

Inoltre, i suoi capelli sono ormai liberi dal gel, e questo lo rende ancora più stupendo ai miei occhi.

 

Prima, quando guardavo la bottiglia girare, non ho potuto fare a meno di pensare su chi si sarebbe fermata quando sarebbe arrivato il mio turno; desideravo davvero tanto che fosse Blaine. Certo, non avrei mai voluto che il nostro primo bacio avvenisse così, per merito di una bottiglia, come un semplice gioco; ma il pensiero che probabilmente sarebbe stata la mia unica occasione di poterlo effettivamente baciare, mi ha fatto chiudere in un angolo della mia testa tutti i miei dubbi morali.

 


It's much too late to find
You think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?

 

 

La voce di Rachel si unisce alla sua e mi viene spontaneo rilasciare un sospiro di sorpresa; le loro voci insieme sono spettacolari. Mi piacciono tantissimo, e forse,  dopo la voce di Finn, è quella che si accompagna meglio alle corde di Rachel.

Questo, se possibile, non fa che abbattermi ancora di più: è un’altra cosa che potrebbe unire quei due, che potrebbe farli diventare amici… o qualcosa di più.

 


I was working as a waitress in a cocktail bar
That much is true
But even then I knew I'd find a much better place
Either with or without you

 

Mentre la voce di Rachel continua da sola, cerco di riacquistare un po’ di lucidità. No dai, è impossibile che tra Blaine e Rachel possa accadere qualcosa!

Insomma, stiamo parlando di Blaine! La persona che neanche due settimane fa ha fatto una serenata – se così si può definire – a un altro ragazzo, la stessa persona con cui parlo di Vogue, e altre riviste di moda e sfilate.

E poi su, andiamo! Guardalo! Si sta muovendo attorno a Rachel con movenze che non definirei propriamente etere.

No, è impossibile.

 

 

Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
It's much too late to find
When you think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry

 

 

Però… però non mi piace affatto come si stanno guardando. Così come non mi è piaciuto affatto il modo in cui hanno prolungato il bacio, né tantomeno la mano di Blaine che è corsa a intrecciarsi ai capelli di Rachel. Ripensandoci, mi torna lo stesso morso allo stomaco che mi aveva preso poco fa, il morso della gelosia. Di nuovo.

 

È la seconda volta che, durante una canzone cantata da Blaine, provo gelosia. È la seconda volta che mi sta facendo soffrire, e se la prima volta poteva avere un’attenuante, dal momento che non poteva immaginare quali fossero i miei sentimenti per lui, ora invece sa bene cosa provo.

Purtroppo non posso dire niente al riguardo: è chiaramente ubriaco fradicio, la sua testa sarà persa tra arcobaleni, canzoni di Pink o che so io… Non si rende conto di quello che lo circonda, né tantomeno di Rachel.

 

E, di conseguenza, non si rende nemmeno conto di quanto io stia soffrendo in questo istante. A dirla tutta, nessuno se ne accorge. Provo quasi la tentazione di alzarmi e andarmene, ma non posso; non posso lasciare Blaine qui, anche se lo meriterebbe!

 

 
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?

 

La canzone fortunatamente sta finendo. Non credo che avrei sopportato tutto questo ancora a lungo. Né che mi sarei ritrovato a essere geloso di Rachel Berry, neanche ci stessimo nuovamente litigando un assolo.

 

~∞~

 

 

«Kurt, sei sicuro che sia il caso che dorma nel tuo letto?» mi chiede Finn mentre si ferma sotto casa nostra; è tutto il viaggio che mi assilla, ma non vedo soluzione migliore.

 

Blaine è completamente ubriaco, così tanto che quasi non si regge in piedi: non potevo portarlo alla Dalton così, né tantomeno a casa sua – anche perché non so dove sia. Lasciarlo a casa di Rachel era davvero una cosa che avrei voluto evitare, anche se la mia amica lo aveva proposto. Fortunatamente neanche lei era molto lucida, quindi sono riuscito a portarmi via Blaine in tempo. La considero la mia piccola vittoria personale della serata.

 

«Sì, è l’unica cosa da fare, mi sembra anche di averti già spiegato perché.» Sussurro, lanciando un’occhiata al sedile posteriore, dove si trova Blaine, sdraiato e quasi in trance. Spero solo non si metta a urlare per casa, non vorrei svegliare Carole e papà.

 

«Già, hai ragione. Non era davvero il caso di lasciarlo da Rachel.» Risponde Finn, scendendo dalla macchina. Ha usato un tono strano, forzato quasi; checché ne dica, credo che provi ancora qualcosa per Rachel, anche se ora è completamente perso di Quinn. Tuttavia, penso che anche a lui abbia dato fastidio quel bacio, soprattutto visto quanto si è prolungato.

 

Comunque, ora non è davvero il momento di perdersi in elucubrazioni mentali: devo portare Blaine sano e salvo in camera mia. Al pensiero, non riesco a non farmi sfuggire un sorrisetto.

 

Scendo dall’auto, seguendo Finn, e apro la portiera posteriore; Blaine si tira a sedere di scatto sentendo il rumore, ma poi si afferra subito la testa tra le mani. «Oh, gira tutto! Guarda Kurt, gira tuuutto!»

 

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, «No, a te sembra che giri tutto! Io non sono ubriaco, per me è tutto fermo.» Rispondo piccato. Mi allungo un po’ nella macchina, con l’intento di aiutarlo a scendere, mentre lui mi guarda con gli occhi spalancati, luccicanti e i capelli sparati per aria; rimango imbambolato a fissarlo, da questa distanza così ravvicinata.

Perché? Perché faccio così?

Dovrei odiarlo – e una parte di me lo sta facendo – ma allo stesso qual tempo lo trovo assolutamente adorabile.

 

Fortunatamente i tossicchi di Finn alle mie spalle mi riscuotono; si avvicina a me, mettendomi una mano sulla spalla e facendomi allontanare. «E’ meglio che lo tiri fuori io.»

Mi scosto, lasciandogli spazio e ringraziandolo con gli occhi; effettivamente non so quanto sia una buona idea che Blaine dorma nella mia stanza.

 

Cioè, no, non ho intenzione di fare nulla – non lo farei mai. Il problema è che rischio di bruciare per autocombustione prima di domani se continuo a guardarlo in questo modo, soprattutto se anche lui mi guarda così. E non è nei miei piani futuri morire prima dei vent’anni: ho delle cose da fare – diplomarmi, trasferirmi a New York, diventare una stella di Broadway.

 

Però non posso neanche lasciarlo sul divano – se stesse male, non potrei sentirlo e andare ad aiutarlo – e non credo che Finn condividerebbe il letto con lui volentieri; quindi devo resistere e sopportare, cercando di non incrociare i suoi occhi, o perlomeno non soffermarmici troppo a lungo.

 

«Finn… Finn…” Blaine sta blaterando qualcosa, in piedi fuori dalla macchina, col corpo completamente appoggiato a quello del mio fratellastro. «Tu sei proprio alto, te l’ho già detto, sì?»

 

«Sì, lo hai già detto.» Risponde Finn mentre inizia a fargli fare qualche passo verso casa. Io mi affianco subito a loro, passandomi un braccio di Blaine attorno alle spalle per sostenerlo.

 

«Già… e Kurt è tuo fratello.» Borbotta, corrugando la fronte, come se stesse pensando a qualcosa di difficile, come un teorema di matematica o l’idea di un filosofo che non riesce a comprendere appieno. «Però non vi somigliate per niente…»

 

Non posso fare a meno di ridacchiare, mentre raggiungiamo la porta. «Ora, Blaine,” inizio a dire, «noi entriamo, ma tu devi stare zitto d’accordo?»

 

Blaine mi guarda nuovamente negli occhi e quasi mi si mozza il respiro quando lo vedo inclinarsi leggermente verso di me, avvicinandosi. «Se io sto zitto… tu cosa mi dai in cambio?»

 

Spalanco gli occhi, sorpreso, e vedo Finn irrigidirsi dietro a Blaine. Dal calore improvviso che sento sulle guance, credo di poter asserire con certezza di essere appena arrossito. «Ch- che cosa intendi?» chiedo, balbettando. Non mi ha ancora tolto gli occhi di dosso.

 

Lui sorride e fa finta di pensarci un po’ su, assumendo facce buffe che in un’altra situazione mi avrebbero certamente fatto ridere, ma che ora non riesco a godermi appieno, troppo spaventato dalla sua possibile risposta. Finalmente riporta la sua attenzione su di me, «Io sto zitto se tu… se tu… mi abbracci, come abbiamo fatto a San Valentino! Sai quando tu avevi l’accappatoio e…»

 

Lo zittisco, prima che Finn possa insospettirsi, e anche prima di morire di imbarazzo. Rilascio un sospiro, tranquillizzato – posso farlo, nessun problema. Lo abbiamo già fatto altre volte, niente di particolare.

 

«E devi anche darmi un bacio!» aggiunge Blaine euforico, iniziando a saltellare sul posto, ma fermandosi subito a causa di un improvviso giramento di testa.

 

Io rimango a fissarlo a bocca spalancata, incapace di qualsiasi tipo di pensiero razionale, figuriamoci di parlare. La verità è che sono terrorizzato, ma allo stesso tempo lusingato; non voglio illudermi, Blaine è chiaramente ubriaco. Però…

 

Finn mi riscuote, di nuovo, dai miei pensieri. «Oh senti Kurt, ho sonno, voglio buttarmi nel letto e dormire! Digli di sì ed entriamo!»

 

Sposto lo sguardo su di lui, sconvolto. «Ma non posso! Non posso baciarlo Finn… non così.» sussurro poi alla fine.

 

Lui alza gli occhi al cielo, dicendo, «Senti, è ubriaco, non se lo ricorderà nemmeno. E comunque ne parli come se ti avesse chiesto un bacio vero.» guardo Finn. Stasera si sta dimostrando stranamente intelligente. E mi rendo soprattutto conto che sto facendo un sacco di storie per niente.

 

«D’accordo Blaine, dopo. Prima entriamo: dobbiamo raggiungere camera mia. Ma tu devi stare zitto.» Dico infine, rivolto al mio migliore amico, che si limita a fissarmi e ad assentire con un cenno della testa.

 

Qualche minuto dopo siamo già di sopra, chiusi in camera mia. Blaine, non appena vede il letto, ci si butta sopra; normalmente avrei urlato contro chiunque avesse osato farlo, ma ora non mi sembra proprio il caso.

«Stai qui con lui mentre io mi faccio la doccia: farò in fretta.» Dico a Finn, e senza aspettare la sua riposta, mi fiondo in bagno.

 

Mi svesto completamente, appoggiando i vestiti ben piegati sulla cesta, e mi infilo sotto la doccia; prima di entrare però afferro uno dei miei detergenti per il viso; stasera non avrò il tempo per fare la solita pulizia, ma almeno questo devo metterlo.

 

Tempo dieci minuti e sono fuori dal bagno, pronto per la notte. Trovo Finn seduto sulla sedia della scrivania, mentre osserva Blaine, che è intento ad abbracciare il cuscino e a stringerselo al petto, balbettando frasi sconclusionate. Non posso fare a meno di guardarlo, mentre un sorriso involontario mi sfugge dalle labbra. È strano vederlo così, senza controllo e bisognoso di cure e attenzioni. L’ho visto così solo quando è stato rifiutato da Jeremiah.

 

Mi siedo di fianco a lui e gli accarezzo i capelli, non riuscendo a trattenermi. Ho sempre desiderato farlo, ma l’altra volta non mi ero osato: avrebbe ricordato, questa volta no invece.

 

Blaine sembra accorgersi delle mie carezze, perché sposta lo sguardo su di me e sorride. «Anche se non sei alto quanto Finn… sei mooolto più carino.»

 

Mi casca quasi la mascella a terra; e se le sue parole sono bastate a sorprendermi, ora che si sposta e mi abbraccia all’altezza dei fianchi, posando la testa sulla mia gamba, fa’ sì che il mio cuore perda qualche battito. Arrossisco di nuovo, mentre lo vedo strusciare la guancia lungo la mia gamba, provocandomi uno strano brivido che mi percorre la schiena.

 

«Sai, se non lo avessi visto mentre risucchiava la faccia di Rachel, direi che gli piaci.» Dice Finn, facendo in modo che mi ricordassi della sua presenza in questa stanza. Questo non fa altro che farmi arrossire ancora di più.

 

Non so cosa rispondere, così mi limito a guardarlo, con un sopracciglio alzato, e cerco di cambiare argomento. «Non ti ha dato fastidio?»

 

«Cosa?» chiede subito lui, sulla difensiva. Ridacchio: credo di averci visto giusto. Finn pensa ancora a Rachel.

 

«Vedere lui e Rachel baciarsi.» Sussurro, anche se non credo che Blaine si renda conto di nulla in questo istante: ha chiuso gli occhi e ha un respiro regolare. Tuttavia non sta dormendo; dopo mesi che condivido la stanza con lui, ho imparato a riconoscere il suo respiro di quando dorme.

 

«Assolutamente no!» sbotta Finn alzandosi in piedi; sembra abbastanza colpito da quanto ho detto, anche perché posso notare la sua espressione dubbiosa sul volto. Questo non fa che avvalorare la mia tesi. «Buonanotte Kurt. E non fate… beh… quello… cioè…» assume un tono imbarazzato.

 

Ridacchio, anche se un po’ in imbarazzo io stesso, dicendo, «Finn, devo per caso ricordarti che io e Blaine dormiamo quasi sempre in camera insieme?»

 

«Già… è vero.» dice lui grattandosi la testa. Mi rivolge un’altra occhiata e poi esce dalla stanza, sussurrando qualcosa che mi è sembrato molto «Non è vero… non mi ha dato fastidio…»

 

Non appena la porta si è chiusa alle sue spalle, rilascio un sospiro. Non ho nessun vestito da dare a Blaine, ma tanto lui non sarebbe in grado di vestirsi – e io non ho alcuna intenzione di farlo. Perciò starà così; ma almeno le scarpe e il cappotto devo toglierglieli.

 

Facendogli un’altra carezza tra i capelli, lo chiamo, cercando di farlo alzare. Grazie al cielo lui mi asseconda subito, mettendosi a sedere e fissandomi negli occhi – siamo di nuovo troppo vicini.

Con gesti misurati, gli tolgo la sciarpa, la piego e la poso sul comodino vicino al letto; poi passo ai bottoni del suo cappotto, e quando è sbottonato, glielo sfilo. Mi alzo in piedi, afferrando il cappotto e posandolo ordinatamente sulla sedia della scrivania. Blaine non si perde nessuna mia mossa, continuando a seguirmi con gli occhi che si fanno sempre più appannati dall’alcol e dal sonno.

Mi avvicino a lui e mi chino a togliergli le scarpe, lasciandole poi ai piedi del letto.

 

Quando rialzo lo sguardo, lo trovo inaspettatamente vicino, così vicino che riesco a contare le pagliuzze dorate nei suoi occhi e a sentire il suo respiro sul viso, e anche se sa di alcol, non ce la faccio a tirarmi indietro: sono immobile, smetto quasi di respirare, in attesa della sua prossima mossa.

 

Il cervello mi dice di scostarmi, di mettermi nel letto e non pensare a nulla, ma il cuore pompa troppo veloce e mi attira a Blaine, davanti a me.

 

Il mio migliore amico annulla tutte le distanza che ci separano e mi lascia un bacio sulla guancia, trattenendosi più del dovuto con le labbra in quel punto abbastanza vicino all’angolo della bocca.

 

Poi, velocemente come si è avvicinato, si allontana, sdraiandosi sul letto e tornando ad abbracciare il cuscino, ridendo come un idiota.

 

Io resto imbambolato a guardarlo, con le guance rosse e il respiro affannato. Non posso credere a quello che ha appena fatto, né più che altro allo stato in cui mi ha ridotto un contatto tanto semplice: ho il cuore che batte furiosamente nella cassa toracica, così forte che mi chiedo come facciano le persone in questa casa a non sentirlo.

 

Non appena riacquisto le piene facoltà del mio corpo, circa cinque minuti dopo, mi alzo e lo raggiungo sul letto. Scosto le coperte e lo faccio infilare sotto ad esse senza dire una parola; poi mi ci infilo anche io, stringendomi il lenzuolo addosso.

 

Inaspettatamente, Blaine si accoccola contro di me, posando la testa sul mio petto, proprio all’altezza del mio cuore, che riprende a battere troppo veloce.

 

«Rachel è davvero brava! Ed è anche simpatica… e carina… vero Kurt?» dice lui in maniera confusa. Con queste parole confuse però, è riuscito a farmi tornare in mente tutti i miei dubbi: e se Blaine fosse davvero interessato a Rachel?

 

«Comunque quella camicia rossa... ti stava bene…» sussurra di nuovo, con la voce impastata dal sonno, mentre si stringe un po’ di più a me.

 

Sorrido, lusingato e anche piuttosto felice ora. Non c’è niente di cui debba preoccuparmi: tutta questa situazione mi sta abbastanza confondendo, ma comunque Blaine è ubriaco. Si sta comportando in maniera così affettuosa solo perché ubriaco. E il bacio con Rachel non ha significato nulla; anzi, forse non se lo ricorderà nemmeno!

 

Senza pensare, gli lascio un bacio sui capelli e lo stringo un po’ più a me.

Quando sto per scivolare nel sonno, penso che Blaine non mi è mai sembrato più umano di così; e mi rendo conto che forse l’ho un po’ idolatrato, considerandolo perfetto, sempre composto e ligio alle regole. In realtà non è così… è solo un semplice ragazzo, con tutte le sue paure e i suoi difetti. E questo non fa che farmelo amare ancora di più.

 

 

 

 

NOTE:

Qui Pachelbel! <3

Allora, voi vi siete ripresi dalla scorsa puntata??? Sì? No? Beh, io NO! Sono ancora tutta fusa, e stasera c’è la nuova puntata e io sto morendo dalla voglia di guardarla!!!

 

Uhm… forse non ho da dire granché su questo capitolo, se non… IN VINO VERITAS!

 

Vi adoriamo tutti, leggere le vostre recensioni è come un balsamo contro le ingiustizie della vita (alzarsi presto la mattina, leggere di SPOILER ASSURDI, venire insultati da professori universitari privi di senno, zanzare che ti pungono sulla faccia – sì, ho un morso si zanzara sulla guancia e sto sclerando… non si nota vero???? xD)

 

Anyway, grazie a tutti quanti! <3 Love you <3

Pach

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Don't you want me ~ Blaine ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

16°_ Don’t you want me ~ Blaine

~ Di assurdi ed inappropriati paragoni e silenzio assordante ~

 

 





You were workin' as a waitress in a cocktail bar
When I met you
I picked you out, I shook you up and turned you around
Turned you into someone new
Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me

 

Questa festa è uno sballo! Sul serio, uno sballo! Kurt si sbagliava dicendo che tutto quello che ha a che fare con Rachel sia noioso! Cavoli… i microfoni… sono rosa! Sono rosa e luccicano. Uno sballo!

 

Adoro questa canzone, l’adoro! È troppo forte che piaccia anche a Rachel! Rachel… quando Kurt mi ha parlato di lei… wow, non la immaginavo così!

La indico mentre facciamo il duetto insieme, sul piccolo palco di casa sua… un palco, un palco a casa sua!

 

Kurt è stato fantastico a portarmi qui. È uno sballo! Kurt… forse avrei potuto duettare con lui, invece che con  Rachel… però è casa di Rachel… devo duettare con lei. Kurt non si arrabbierà, lui non si arrabbia mai con me.

 

 

Don't, don't you want me?
You know I don't believe it
When you say that you don't need me
It's much too late to find
You think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry

 

Mi avvicino a lei impugnando il microfono e puntando i miei occhi nei suoi… sono così… profondi! È strano, credevo fossero azzurri. E i suoi capelli.. sinuosi… le sue labbra… non sono come credevo, non sono come volevo che fossero, come quelle di Kurt.

 

Kurt… Kurt! Ha messo la mia camicia! La camicia che gli ho preso a Natale. Cavoli! Gli sta davvero bene: è così… bello. Avevo ragione: il rosso… cavoli… il rosso gli sta troppo bene… Kurt… sa vestirsi, è normale. Rachel, no. Che diavolo ha addosso?

 

Oddio! Le nostre voci! Cavoli… che bello. Non credevo che le nostre voci insieme fossero tanto belle… Ora capisco perché ha scelto me: lei lo sapeva!

 

Il ritornello, il ritornello! Tra un po’ c’è il ritornello! Muovo la testa a destra e sinistra mentre sento ormai la frenesia che mi prende sempre più.

 

 

Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
I was working as a waitress in a cocktail bar
That much is true
But even then I knew I'd find a much better place
Either with or without you

 

Ci scateniamo! Non capisco più nulla, non so più nulla e l’unica cosa che vedo, anche se sfocata – cavoli vorrei ben dire, sto saltando! – è la macchia verde e marrone di Rachel che salta con me, prima di attaccare a cantare la sua strofa. Io le cammino intorno e per un attimo ho la possibilità di vedere Kurt che è seduto accanto al pianoforte. Il pianoforte! Come nel nostro duetto-prova prima di Natale! Che bello che è stato… ma ora non mi sembra così felice, non ride. Kurt! Devi ridere! È una festa! Sei così bello quando ridi! Ridi!

 

Dio, ma quanto fa caldo stanotte? Non sarà mica la canzone? Starò saltando troppo? Ma devo saltare! Come faccio a fermarmi? È tutto troppo forte, stanotte! Notte… sarà notte ormai? Ritorno alla mia posizione e ballo sfiorando il corpo di Rachel con nuova energia.

Cavoli! Rachel sembra un fiume in piena! Nessuno può fermarla! Wow!

 

 

Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
It's much too late to find
When you think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?

 

Accidenti, non credevo che questa canzone sarebbe potuta essere così forte! Non credo di essermi mai divertito tanto! Le nostre voci che si rincorrono sono meravigliose… Rachel è meravigliosa… credo. Devo chiedere a Kurt se vogliamo cantare insieme questa canzone… Oh! Ho già detto che insieme le nostre voci stanno troppo bene? No, non quella di Kurt, quella di Rachel… anche se, quella di Kurt… amo la voce di Kurt…

 

Schiena contro schiena… pronti all’ultimo ritornello… No, la canzone sta finendo? Non possiamo rimetterla da capo?

 

Qui la gente si bacia… e se anch’io baciassi qualcuno? Rachel? Di nuovo? Il suo bacio è stato… wow! Ma… non lo so… e se baciassi Kurt? Insomma non posso sapere se il bacio di Rachel è stato così bello se non ne ho un altro con cui confrontarlo!

 

Si salta! Si salta di nuovo! Amo saltare! Le parole scorrono… Don't you want me, baby? Rachel… la guardo negli occhi cercando di concentrarmi ed il suo sorriso mi illumina: è meraviglioso! Davvero stupendo…

 

Fine. La canzone è finita e Rachel non mi stacca gli occhi di dosso… non che la cosa mi dia fastidio, eh! Cioè… dovrebbe? Sì…? Non lo so… non mi dispiace… E poi, cavoli, Rachel è troppo forte e… meravigliosa! Devo saperne di più.

 

 

~∞~

 

 

Parcheggio la macchina proprio di fronte al cinema Revival e guardo l’orologio. Sette precise, sono in perfetto orario. Non so se restare ancora un po’ seduto o scendere, magari appoggiandomi alla vettura, così da farmi vedere. Opto per la seconda e sto attendo a non sporcarmi mentre aspetto.

 

Speravo di non doverlo fare, di non dover aspettare. Mi sono illuso che almeno per queste poche ore non avrei avuto il tempo per pensare, travolto da Rachel Berry, ma mi sbagliavo.

Il viso sconvolto di Kurt torna in un attimo al centro dei miei pensieri, come uno schiaffo in pieno viso. I suoi occhi lucidi, il volto leggermente più pallido del solito, la voce tremante.

 

Abbiamo litigato. Di nuovo. E se la prima volta è stata colpa mia ed in realtà non avevo motivo per prendermela con lui, stavolta è stato uno scontro in piena regola.

Con tanto di ferite.

 

Sospiro. Non aveva il diritto di parlarmi così! Lui non sa cosa provo, non sa cosa mi è successo! Io… non gliene ho mai parlato. Mi mordo la lingua. Avrei dovuto? So tutto di lui, mi ha raccontato ogni cosa: questo implica che avrei dovuto fare lo stesso anch’io? In ogni caso, non sono io ad aver sbagliato! Sono insicuro, indeciso e lui mi ha elevato su un piedistallo dal quale credo di essere appena caduto.

Sbaglio forse a voler capire, a cercare delle risposte certe? Che c’è di male?

 

Se l’è presa come se stessi facendo del male a lui. È stato troppo – non ho potuto resistere, mi sono allontanato: non ci parliamo da ieri, se escludiamo qualche atono “buongiorno”.

 

«Eccoti qui, Blaine!»

 

Trasalisco non appena sento quella voce ed il bacio che Rachel mi porge sulla guancia con uno slancio affettuoso, mi riscuote completamente dai miei pensieri, riportandomi con i piedi per terra e la testa a quella serata.

 

«Ciao, Rachel!» la saluto con un sorriso e ricambio il gesto.

 

Niente Kurt, stasera! Ho solo bisogno di rilassarmi e di scoprire quanto piacevole potrà essere la serata.

 

«Alla fine, l’hai fatto davvero anche tu!» si esalta la mora e per un istante i suoi occhi brillano come se non potesse credere a quello che vede. I suoi occhi… illuminati in quel modo… In un attimo ogni mio pensiero ritorna a Kurt.

 

Dannazione, Blaine! Smettila! Possibile che non riesca a non pensare a lui neanche per un minuto?

 

«Hai detto che volevi rivedere “Love Story” e che, per l’occasione ti saresti vestita come Ali McGraw. Sarebbe stato poco carino, non accompagnarti con la mia interpretazione di Ryan O’Near e poi, amo l’idea che hai avuto!» confermo con entusiasmo, dando un veloce sguardo ai nostri vestiti.

 

Semplicemente perfetti. Sussulto. Questa frase mi fa uno strano effetto, ma evito di soffermarmici troppo sopra, prendendole la mano con un certo trasporto e dirigermi verso il cinema.

È stata un’ottima idea: unirò l’utile al dilettevole. Niente pensieri negativi, un ottimo e coinvolgente film e Rachel Berry. Nulla può andare storto.

 

 

*

 

 

Niente pensieri negativi, un ottimo e coinvolgente film e Rachel Berry. Nulla può andare storto.

 

No, seriamente, quanto posso essere stupido? Eppure credevo di essere arrivato al massimo, al limite, di aver toccato il fondo.

Credevo, appunto.

 

Nel buio del cinema, con Rachel a fianco che continua a recitare le battute del film e le mie labbra impegnate nella stessa mnemonica operazione, la mia testa non vuole saperne di smetterla di pensare a Kurt, alla nostra litigata, alle guance arrossate sulla pelle chiara, alle sue parole, affilate, sputate con il tono più sorpreso e deluso che io gli abbia mai sentito.

 

«Bisessuale è un termine che i gay usano a liceo quando tengono per mano una ragazza e vogliono sentirsi normali, per una volta!»

 

Quasi mi manca il fiato. È questo che pensa Kurt? E se a me piacesse davvero Rachel, è questo che penserebbe di me? L’incomprensione ed il dubbio mi fanno stare ancora più male. Non me l’aspettavo, non da lui e questo è quello che veramente mi fa male. Essere stato accusato da lui, da una persona che sa cosa voglia dire non sapere chi si è.

 

Fa così male che al momento ho quasi voglia di piangere. E mi prenderei a schiaffi perché mi sto rovinando la serata, quando mi ero detto che non avrei pensato a Kurt o al nostro litigio.

Eppure… è davvero troppo importante per me.

 

Mi riconcentro sulle immagini che mi scorrono davanti. Dopotutto, non credo sia stata una buona idea rivedere un film che conosco a memoria: certo, so già come finirà ed il magone sarà più lieve, ma così la mia testa può permettersi distrazioni del tutto fuori luogo!

 

«Amore significa non dover mai dire mi dispiace» sussurrano le mie labbra in contemporanea alla pellicola e a Rachel.

 

Lei si volta verso di me e mi guarda, dritto negli occhi, mentre i suoi risplendono illuminati dalla luce del grosso schermo e lucidi per quella che rimarrà la più bella frase del film. Per un attimo io resto così, fermo, a guardarli brillare come mai avrei creduto avrebbero fatto ed ho paura. All’improvviso quello sguardo sembra così intenso e forte da poter scavare nella mia anima e sentire quello che provo. E non voglio, per nessuna ragione al mondo voglio che lei sappia quello che sto provando, i miei dubbi, il mio dolore…

Kurt  non deve saperlo.

 

I nostri sguardi si staccano e voltandomi di nuovo verso il film chiudo gli occhi. Kurt. Ho davvero pensato “Kurt” nonostante gli occhi fossero quelli di Rachel. Cosa c’è che non va in me?

Ora non riesco a togliermi davanti quegli occhi chiarissimi e brillanti quando ride o quando è emozionato, lucidi se ha pianto o se la rabbia ha il sopravvento.

 

«Perché ti arrabbi così tanto?»

«Perché per me sei un modello. Ammiro il tuo orgoglio nell’essere ciò che sei; so cosa significa nascondersi e invece eccoti a fare un passo indietro»

 

Un passo indietro. Sto facendo un passo indietro? E se davvero non fossi gay? Sa fosse stata solo una fase e mi trovassi bene con Rachel? Kurt non ha il diritto di giudicarmi e di certo non può sapere meglio di me chi sono o cosa provo. Quindi farò quello che voglio, non penserò a lui e mi godrò la serata.

 

Spostando gli occhi verso la bruna, vedo lacrime silenziose scendere sulle guance bianche della luce che emana la neve proiettata sullo schermo. Oh. Non mi ero accorto di nulla, che stupido.

 

Ormai i titoli di coda stanno per concludersi, quando prendo un fazzoletto dalla tasca e le sorrido: questo film fa sempre lo stesso effetto anche a me, ma stavolta sono stato troppo impegnato anche solo per sentirlo o rendermi conto che Rachel, accanto a me, invece, stesse piangendo.

 

Ci alziamo ed io le prendo la mano con dolcezza, cercando di non soffermarmi a lungo su quanto la sua pelle sia diversa da quella di Kurt.

 

«Che ne dici se, prima di andare, ti offrissi qualcosa?» le propongo, non potendo sopportare che la serata finisca con lacrime di cui neanche mi sono reso conto.

 

Lei annuisce e si stringe lievemente a me, al che io le passo una mano sulle spalle con nonchalance. Già, almeno spero che appaia come nonchalance. In realtà non sono assolutamente sicuro di quello che sto facendo. Poco lontano dalla sala, ci fermiamo ad un bar: nonostante ormai siamo prossimi alla primavere, ora un caffè caldo – e magari un dolce – non ci stanno male e credo siano il modo migliore per concludere la serata.

Dopo aver ordinato, ci sediamo ad un tavolino.

 

«Peccato che la serata stia finendo» fa lei con un sorriso; ormai non c’è più traccia di lacrime sul suo volto e di questo ne sono davvero felice.

«Non è detto che sia l’ultima» ribatto io cercando di mettermi quanto più a mio agio.

 

Nonostante tutto, un silenzio imbarazzante sembra improvvisamente cadere tra di noi.

«Kurt mi ha parlato molto di te» improvvisa lei ed sono io stavolta a ridere.

«Ah, sì? E che ti avrebbe detto?»

 

In che modo avrà parlato di me? E sarà successo prima o dopo la nostra litigata? E l’avrà descritta proprio a Rachel? Quanto sa lei di noi? Noi…? Esiste un noi adesso?

 

Mentre mi faccio prendere dalle più disparate ed assurde domande, Rachel mi sorride di nuovo, con uno strano ed accattivante luccichio negli occhi.

«Mi ha detto che sei un bravo ragazzo, un ottimo cantante; ma di certo non mi serviva lui per capirlo! L’ho intuito dal primo momento che ti ho visto – al tavolino, il giorno delle Provinciali – che eri un professionista! Io ho occhio per queste cose, sappilo!»

Io soffoco uno scoppio di risa: quanti problemi e paranoie mi sono creato in pochi secondi? Kurt mi sta seriamente mandando fuori di testa!

 

Intanto una cameriera ci porta le nostre ordinazioni ed io do uno sguardo al conto prima di mettere mano al portafoglio. Di sottecchi vedo Rachel fare lo stesso, ma la blocco con un cenno sicuro della mano.

«Non provarci neanche» le dico, porgendo una banconota alla ragazza «Non crederai che lasci pagare te!»

 

Lei mi osserva per un attimo, senza sapere che fare, mentre io con un cenno indico alla cameriera di tenere il resto. Quando mi volto di nuovo verso di lei, mi sta sorridendo, mentre sistema di nuovo la borsetta.

«Grazie»

«Non dirlo neanche!»

 

In breve consumiamo tutto, parlando del più e del meno senza più problemi. Rachel è una bella persona, forse solo un po’… egocentrica, ma dolce e simpatica.

Quando terminiamo tutto, ci avviamo verso le rispettive macchine e ci salutiamo con un affettuoso buonanotte e baci sulle guance. Per un attimo mi pare di scorgere disappunto nei suoi occhi, ma è tanto rapida quell’impressione che forse l’ho solo immaginata.

 

Aspetto che lei vada, per poi salire in macchina anch’io. Non appena mi siedo mi rendo conto di ciò che avrebbe potuto significare quello sguardo. Oh. Di nuovo poco attento, Anderson! Avrei… lei credeva che io avrei… e davvero io avrei dovuto baciarla? Mi soffermo qualche istante a rifletterci. Come sarebbe stato? Gradevole, come l’ultima volta?

 

«È stato bello perché eravate ubriachi!»

 

Perfetto! Ora la voce di Kurt risponde anche alle mie domande?

Scuoto la testa e metto in moto, diretto alla Dalton.

 

 

*

 

 

Il lieve venticello che soffia nel parco antecedente la struttura della  Dalton è più freddo di quello che credevo e mi trovo costretto a stringere le braccia al petto per il freddo, dato che ho stupidamente posato il cappotto in camera non appena sono arrivato. Ero stato un po’ titubante, a dire il vero, a mettere piede nella stanza subito dopo l’uscita con Rachel: che Kurt fosse ancora arrabbiato? Non avevo voglia di litigare ancora.

 

Eppure, il fiato mi si è mozzato in gola lo stesso e forse in un modo ancora più doloroso, quando, entrando, non ho trovato nessuno. La stanza era vuota e buia. Per un attimo la folle idea che se ne fosse andato, che avesse cambiato camera o addirittura che fosse tornato al McKinley mi ha lasciato davvero senza fiato, fermo di fronte al suo letto. Solo quando mi sono accorto che la stanza era ancora piena delle sue cose, mi sono dato una seria calmata.

 

Questa è stata ufficialmente la serata più assurda e paranoica di sempre! Spero di aver dato tutt’altra impressione a Rachel.

 

In ogni caso, non ce l’ho fatta a stare da solo, in camera, con mille pensieri per la testa e sono uscito per rilassarmi un po’. O congelarmi, non so che scegliere al momento.

 

L’appuntamento non è andato male. Mi sono divertito – almeno per i momenti in cui non ho pensato a tutto quello che era successo con Kurt – e Rachel è davvero una bella ragazza, simpatica ed incisiva. Eppure… non lo so. Forse non è stato abbastanza. Abbastanza per capire cosa voglio, intendo. Perché certamente non è la prima volta che mi trovo bene una ragazza, ma questo non ha mai inciso sulla mia cieca convinzione di essere gay. E poi è arrivata Rachel. E quel bacio.

 

«È stato bello perché eravate ubriachi!»

 

La voce di Kurt mi rimbomba di nuovo nelle orecchie in risposta. Dannazione! Riesco a riflettere in pace per un attimo senza sentirlo o pensare a lui? Perché, certo, potrebbe essere stato lo stordimento dell’alcohol a farlo sembrare qualcosa di bello. Ma… ma potrebbe anche essermi piaciuto al di là di tutto questo.

 

Stupido. Sono stato uno stupido a non baciarla! Sembrava che se lo aspettasse ed almeno io ora sarei più sicuro di quello che provo!

 

Invece me ne sto qui a gironzolare al freddo e la stanchezza sta prendendo lentamente il sopravvento, tanto che, più che sedermi su una panchina, mi ci affloscio sopra come un pallone bucato. Uno sbadiglio sfugge alle mie labbra. Kurt sarà tornato? Non mi va di stare in camera da solo e magari di addormentarmi così. Non che con Kurt non ci sia silenzio, anzi… ma è un silenzio diverso: non è mai completo, assordante. Anche se non parliamo, c’è sempre il graffiare della sua penna sul quaderno se sta finendo di studiare o la musica che nonostante le cuffie lascia libero il ritmo nella stanza… o semplicemente il suo respiro che scandisce il tempo.

 

Il silenzio con Kurt non è mai assoluto, senza via d’uscita. Ora, invece, so che se andassi in camera, l’assenza di qualsiasi cosa a spezzarlo non farebbe che peggiorare la situazione.

 

Mi alzo traballando. Vale la pena controllare, anche solo per prendere il cappotto.

Mi avvio per i corridoio immersi quasi totalmente nell’oscurità, fino ad arrivare alla mia camera. Apro la porta cercando di fare quanto meno rumore possibile e mentre sono lì per entrare, ancora una volta uno strano panico mi invade: spero che Kurt sia tornato, ma se è così cosa dovrei dirgli? Dovrei fare finta che non sia successo nulla? Che il litigio sia solo un brutto ricordo? L’ultima volta che ho lasciato correre non è stata affatto la mossa migliore. Ma chiarire… chiarire come? Al momento ho solo paura che il silenzio assordante che mi spaventa tanto diventi il nostro.

 

Troppi piani, Anderson. Stasera fai troppi piani e sei poco attento alle cose!

 

Entrando, infatti, mi accorgo immediatamente della abatjour che lascia una lieve e soffusa luce nella stanza e del fagotto coperto dalle coperte che dorme nel suo letto.

Perfetto. Kurt è tornato e, in più, non ho neanche bisogno di chiarire dato che dorme già. Indosso il pigiama e mi intrufolo nel mio letto, senza avere la forza di fare altro. Nonostante la stanchezza mi porti presto a dormire, ho il tempo di accorgermi che anche quel silenzio, il nostro, fa male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

>.< Prima che mi sbraniate, chiedo scusa per l’enorme ritardo con cui abbiamo postato! *Alchimista si nasconde*

Università ed ultimo anno di liceo ci stanno stressando non poco.. ç_ç E in più il mio Blaine ha preso la febbre.. e si scusa per non aver risposto alle 14 meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo – ho provveduto io ^^’

Emh.. boh.. non so che dire (anche io non sono al 100% oggi.. tempaccio..) Che ne dite dell’appuntamento di Blaine e Rachel? Ah, non credevo sarebbe stato tanto divertente scrivere i pensieri dell’Usignolo ubriaco *-*

Ok, con un grazie anche a coloro che seguono, preferiscono o ricordano che continuano ad aumentare.. mi eclisso.

A presto. Baci!

 

-*Alchbel ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Animal ~ Blaine ***


~ Klaine Songs  ~

17°_ Animal ~ Blaine

~ Di orgoglio, potere e cuori difettosi ~

 

 

È passato un giorno – un giorno da quando ho capito che cosa provassi veramente per Rachel, un giorno da quando lei mi ha inaspettatamente baciato al Lima Bean, un giorno da quando ho trovato Kurt ad aspettarmi al posto di Rachel, quando sono tornato indietro.

 

Ho capito di non essere bisessuale, che non mi importa nulla delle ragazze. E dato che era questo il motivo per cui io e Kurt abbiamo litigato, le cose sarebbero dovute migliorare, giusto? Invece non sono migliorate affatto.

Io e Kurt continuiamo a parlarci a malapena.

 

Ci dev’essere seriamente qualcosa che non va in me, o una non poi tanto lieve discordanza tra cuore e cervello. Perché se il cuore mi dice di accantonare tutto questo e risolvere le cose con Kurt, il cervello mi dice che no, non dovrei lasciar correre così.

 

Kurt mi ha ferito, profondamente, in un modo che non ritenevo possibile; lui è il mio migliore amico e per questo avevo sempre pensato che sarebbe stato pronto ad aiutarmi e stare al mio fianco, anche se non fosse stato d’accordo con me. E, proprio nel momento del bisogno, lui mi ha abbandonato; non solo, mi ha anche giudicato apertamente, non tenendo conto di quanto potessi sentirmi confuso.

 

E il peggio è che io so perché lo ha fatto davvero. Non solo perché, come ha detto lui, io sono un esempio da seguire per lui, ma perché era geloso, di nuovo. Il peggio è che questa volta sapevo bene quali fossero i suoi sentimenti per me, e non me ne sono curato.

Ma curarmene, significherebbe che me ne importi qualcosa, ed è così effettivamente: non voglio che soffra. Però nel contempo non voglio neanche che si faccia di nuovo illusioni, perché io ancora non so cosa provo per lui, se i miei sentimenti possano evolversi in qualcosa di più profondo.

 

Forse ho reagito così duramente perché ho scaricato su di lui non solo la confusione che provavo per Rachel, ma anche la stessa che provavo – e continuo a provare – per lui.

 

Kurt potrà anche aver detto che tutto ciò che è successo con Rachel è stato causato solamente dall’alcool ingerito, ma in realtà non è così. Certo, è così che è cominciato tutto, ma poi i dubbi mi sono venuti davvero: e se fossi stato interessato anche alle ragazze?

 

Non sarebbe stato poi così strano, e forse, forse avrebbe reso la mia vita un po’ più facile; sarei potuto andare a casa e mostrarmi per mano a una ragazza, non una imposta da mio padre, ma scelta da me; e lui sarebbe stato felice di vedermi, avrebbe ripreso a parlarmi – e mia madre con lui. Avrei riavuto indietro i miei genitori.

 

È tanto sbagliato voler pretendere un po’ di felicità? E se la mia l’avessi trovata in Rachel?

 

Certo, ora so che non è così, so di essere completamente gay, ma ho ancora lo stesso amaro in bocca che avevo all’appuntamento – lo stesso che ho provato durante il mio litigio con Kurt.

 

E ce l’ho perché il mio dannato orgoglio ha avuto la meglio su di me, imponendosi sul buon senso, che mi direbbe di correre da Kurt e dirgli ciò che ho capito. Ma dargli ragione, significherebbe ammettere che lui ha un potere su di me, perché aveva capito fin da subito che la mia non era altro che confusione.

E io non so se voglio dargli questo potere.

 

Se dai troppo alle persone, esse hanno il potere di portarti sulla vetta più alta, scalando con te pareti di dolore e rabbia, per poi farti raggiungere la felicità; ma allo stesso tempo, queste stesse persone a cui hai aperto il tuo cuore, possono distruggerti con un semplice gesto, quasi senza rendersene conto.

 

Non so se sono pronto a far sì che Kurt abbia questo potere su di me – perché significherebbe mettermi a nudo di fronte a lui, togliermi l’armatura che mi sono diligentemente costruito non tanto per ergermi come un paladino in difesa degli altri, quanto per proteggere me stesso.

 

Per questo, quando sono tornato al Lima Bean e ho trovato Kurt ad aspettarmi, con uno strano sorrisetto sul volto, non gli ho detto quello che avevo appena capito. E lui ovviamente ha perso quel sorriso, i suoi occhi prima luminosi si sono spenti, come se avessero perso la luce che li caratterizza e li rende così particolari, ed è tornato a non parlarmi.

 

E io? Ho anche io le mie colpe, senza dubbio.

Ero così arrabbiato e deluso dal suo comportamento – mi aspettavo veramente che mi aiutasse, avevo bisogno che mi aiutasse – che l’ho paragonato a Karofsky. A Karofsky! Lo stesso ragazzo che lo ha minacciato di morte e l’ha costretto ad abbandonare i suoi amici; e posso capire la sua confusione e paura, ma non da arrivare a fare ciò che ha fatto.

 

Come ho potuto paragonarlo a una persona del genere? Kurt, il ragazzo più dolce e buono che abbia mai incontrato, il ragazzo che mi è stato vicino dopo che io gli avevo urlato contro, consolandomi mentre piangevo per un altro. E lo ha fatto anche se in quel momento, forse, era lui a dover essere consolato, perché stava probabilmente peggio di me.

 

È stata una delle tante volte in cui gli ho fatto, involontariamente, del male. Perché gli sto facendo questo? Avevo promesso che l’avrei aiutato, che l’avrei tenuto al sicuro, e non come se fosse una damigella in pericolo, ma come un amico.

 

Mi affloscio su una panchina del giardino della Dalton, affondando le mani nelle tasche del cappotto e reprimendo a stento un gemito di disperazione. Sono di nuovo dovuto uscire dalla stanza: c’era troppo silenzio, nonostante il grattare della penna di Kurt sul quaderno, o la musica che usciva dalla radio.

Avevo avuto ragione la sera dell’appuntamento: mi fa paura il silenzio, il nostro silenzio. Mi spezza quasi il cuore.

 

Gli sto di nuovo facendo del male, e questa volta volontariamente. Potrei dirgli che ho capito di essere totalmente gay, ponendo fine a questa tensione che ci sta uccidendo, che ci sta cambiando. E io non voglio che il nostro rapporto cambi ancora.

Per far sì che accada però, so che deve toccare a me: sono io che devo andare da lui e scusarmi innanzitutto, e poi dirgli la verità.

 

Stringo i pugni mentre mi alzo in piedi, il mio orgoglio che ancora tenta di fermarmi; ma lo metto a tacere in un angolo della mia testa. Kurt è molto più importante.

Mentre corro per i corridoi della Dalton diretto in camera, non curandomi delle occhiate di rimprovero che ricevo da insegnanti e studenti, capisco che Kurt è la cosa più importante che ho. È la mia famiglia, il mio migliore amico. Non so ancora dire se possa diventare qualcosa di più, ma ora… ora per me è importante lo stesso.

 

Quando arrivo al nostro piano, c’è una musica che aleggia per i corridoi, una musica che conosco bene; e non mi stupisco più di tanto quando capisco che sta provenendo dalla nostra stanza. Mi ci avvicino lentamente, ascoltando le note alte di Defying Gravity – Kurt di solito la ascolta per tirarsi su di morale.

 

Improvvisamente, sento il mio cuore arrestarsi, per poi riprendere il suo ritmo, solo molto più lento del normale, seguito poi da una forte fitta al petto. Poso una mano all’altezza del cuore, spaventato da quella reazione inaspettata. Appoggio una mano allo stipite della porta, inspirando profondamente e cercando di ragionare il più in fretta possibile per capire quella strana reazione del mio cuore.

 

«Sta andando avanti così da ore, ascolta sempre la stessa.»

 

Alzo la testa verso Wes, che ha appena parlato; non mi stupisco più di tanto dal vederlo affiancato da David, Jeff, Nick e Flint. Mi stanno guardando con espressione severa, quasi come se sapessero che è colpa mia se Kurt sta così male.

 

Ed è così, è davvero così, e vorrei non averlo fatto. 

 

«Non so cosa sia successo tra voi due, ma per favore vedete di chiarire.» aggiunge David con il suo solito tono pratico.

 

Non gli rispondo nemmeno; mi limito a distogliere gli occhi  e annuire, mordendomi un labbro. Poi non attendo oltre ed entro nella stanza, chiudendola alle mie spalle.

Spero vivamente che quei cinque là fuori se ne vadano: non sopporterei dover parlare con Kurt avendo gli spettatori fuori dalla porta. E non perché non voglio che sentano me mentre mi scuso, ormai il mio orgoglio è stato sotterrato dalla sofferenza, ma non voglio che ascoltino qualsiasi cosa potrà uscire dalla bocca di Kurt.

Confido che almeno Wes abbia un minimo di buon senso e faccia allontanare gli altri.

 

Non appena metto piede nella stanza, Kurt alza gli occhi verso di me: sono arrossati. Sento di nuovo, distintamente, la stessa fitta al cuore che ho sentito poco fa.

Deglutisco e attraverso la stanza, dirigendomi verso il suo letto; mi tolgo le scarpe e mi ci siedo sopra, di modo da trovarmi di fronte a lui, seduto alla scrivania, un sacco di libri aperti davanti. Lui mi osserva stranito, ma non dice nulla.

 

«Senti Kurt… io… ti devo delle scuse.» dico, sussurrando, ma con tono di voce fermo. Pensavo non sarei riuscito a guardarlo negli occhi, ma mi rendo immediatamente conto che non ce la faccio: ho bisogno di vedere i suoi occhi.

 

«Già, forse dovresti…» risponde lui, incrociando le braccia, mentre Defying Gravity continua a risuonare per la stanza.

 

«Mi sono comportato da idiota, non avrei mai dovuto paragonarti a Karofsky! Sono stato insensibile, oltre che un cretino.» Forse non voglio vedere i suoi occhi, ma voglio che lui veda i miei; voglio che capisca quanto mi dispiace.

 

Kurt non riesce a lasciarsi sfuggire un sorrisetto, soddisfatto forse dall’aver sentito i modi con cui ho appena finito di definirmi; probabilmente li pensava anche lui. Forse li pensa anche adesso.

Vengo assalito dall’improvvisa paura che questa volta non possa perdonarmi – e se così dovesse essere, me lo sarei davvero meritato. Però non riesco a pensare a una vita senza di lui, o peggio, con lui che non mi parla.

 

«Puoi perdonarmi?» chiedo ansioso, sporgendomi senza di lui senza quasi accorgermene.

 

Lo vedo mentre pensa a come rispondere, i suoi occhi mi scrutano, sembra quasi che voglia leggermi dentro; mi sento messo sotto esame, ma sostengo il suo sguardo. Man mano che il tempo passa, vedo di nuovo la luce animare i suoi occhi e le sue labbra si distendono in un dolce sorriso.

 

«Sei perdonato, Anderson. Ma che non si ripeta mai più!» dice infine, lasciandosi sfuggire un sospiro rassegnato.

 

Il sorriso che mi illumina il volto non mi stupisce più di tanto; mi sento improvvisamente meglio, quasi più leggero, come se mi fosse stato tolto un enorme peso dallo stomaco. Sono così felice che mi sento pervadere da un sacco di energia e sono certo che ora sarei in grado di fare qualsiasi cosa.

 

E mentre mi rendo conto di tutto questo, capisco che la mia paura che Kurt potesse avere quel tipo di potere su di me, è del tutto inutile. Kurt ha già quel tipo di potere su di me. Forse l’ha sempre avuto.

 

«Comunque, anche io ti devo delle scuse…» abbassa lo sguardo, che si fissa sul pavimento in legno. «Non avrei dovuto accusarti in quel modo: eri confuso e avevi bisogno di un amico. Io non mi sono comportato come tale.»

 

Gli faccio un cenno con la mano, di modo che si fermi; non voglio sentire altro. Abbiamo sbagliato entrambi, vero, ma ora non voglio più pensarci; anche perché devo ancora dirgli a quale conclusione sono arrivato.

 

«Non importa Kurt, ormai è passata e vorrei non pensarci più. Però, c’è una cosa che devo dirti… su Rachel.» Kurt aggrotta le sopracciglia e mi si fa un po’ più vicino, anche se vedo una strana traccia di divertimento nei suoi occhi che però non riesco ancora a capire.

 

«Ho capito di non essere attratto né da lei, né dalle donne in generale.» Dico, alla fine, questa volta non riuscendo a sostenere il suo sguardo. Tuttavia non mi pento davvero di ciò che è successo: mi ha aiutato a capire. Mi dispiace solo di aver dovuto litigare con Kurt per tutto questo.

 

Lui nel frattempo alza un sopracciglio e mi guarda un po’ dall’alto in basso, sempre con quella scintilla divertita negli occhi. «Sei gay al 100% quindi?”

 

Annuisco, continuando a sorridere. «Sono le stesse parole che ho detto a Rachel,» mi rendo improvvisamente conto.

 

«Oh lo so!» ridacchia Kurt. «Ero lì. Ho visto e sentito tutto.»

 

Io sgrano gli occhi, colto di sorpresa. Effettivamente mi era sembrato strano ritrovarlo al posto di Rachel, però pensavo fosse arrivato da poco. E invece era lì… e ha visto tutto! Più che altro, ha sentito tutto!

Allora perché ha continuato a essere triste? Perché c’era ancora tensione tra noi?

 

«Io… tu…» inizio a balbettare, cercando di capire. Lo vedo mentre se la ride di gusto, divertito dalla mia reazione. Senza pensarci due volte, afferro fulmineo il cuscino alle mie spalle e glielo sbatto sulla faccia – senza fargli troppo male.

 

Kurt rimane immobile per un istante, gli occhi spalancati chiaramente sconvolti, la bocca aperta; poi mi lancia un’occhiata assassina – che, devo ammettere, mi fa rabbrividire per un attimo – e infine corre a prendere il cuscino dal mio letto e me lo lancia contro.

 

Il cuscino lanciato da Kurt mi finisce in piena faccia e non mi trattengo dallo scoppiare a ridere. Senza pensare, ingaggiamo una lotta di cuscini, mentre la stanza si riempie delle nostre risate; Defying Gravity continua a risuonare per la stanza, ma la voce di Elphaba è ormai coperta dalle nostre urla.

 

Vedo le guance di Kurt iniziare a tingersi prima di un rosato tenue, per passare a un rosso più acceso, gli occhi luminosi che scintillano in giro per la stanza; ha i capelli completamente scombinati, vari ciuffi che gli ricadono sulla fronte e un sorriso meraviglioso.

Un cuscino da lui lanciato e diretto alla mia testa mi permette di schiarirmi le idee e smetterla di guardarlo imbambolato.

 

Mentre giochiamo in quel modo, sento distintamente le tensione che ci aveva pervasi negli ultimi giorni, scivolare via dalle nostre spalle. Sorrido – se possibile – ancora di più nel constatare che sta tutto tornando alla normalità, che non sto perdendo Kurt.

 

Mentre corro verso di lui con l’intento di tirargli una pesante cuscinata sulla faccia, inciampo nella mia borsa dei libri, lasciata a terra in mezzo alla stanza; per non cadere, mi afferro a Kurt che è a pochi passi da me. Non avevo considerato però che lui non riuscisse a sostenere tutto il mio peso; infatti inciampa anche lui e – non so come – ci troviamo distesi sul letto, scossi da risate incontrollabili.

 

Quando finalmente riesco a riprendere un po’ d’aria e a smettere di ridere, mi rendo effettivamente conto dell’imbarazzante posizione in cui ci troviamo. Kurt è steso sul letto sulla schiena, mentre io sono un po’ più rannicchiato al suo fianco, una gamba intrecciata alla sua.

Sento la pressione di una mano chiaramente non mia premere sulla schiena, mentre la mia è posata sul suo petto.

 

Mi tiro un po’ su, per poterlo vedere meglio in volto. I nostri occhi si incontrano, e Kurt perde man mano il suo sorriso, con ancora le gote rosse. Improvvisamente, l’aria si fa pesante, il mio respiro si fa più lento – e il suo con il mio – e sento distintamente il cuore perdere, di nuovo, qualche battito.

 

Mi allontano velocemente da lui, distogliendo lo sguardo dal suo, luminoso. Non so cosa mi stia prendendo oggi, ma chiaramente devo andare da un cardiologo!

 

«Scusa,» dico imbarazzato, «sono inciampato.»

 

Fortunatamente lui decide di tirarmi fuori da questo improvviso imbarazzo, ridacchiando e dicendo, «L’ho notato! Per poco non uccidevi anche me!»

 

Sospiro e rialzo gli occhi verso di lui, che ora si è seduto. «Beh, adesso non esagerare! Almeno siamo caduti sul morbido!” Io di sicuro.

 

«Già.»

 

Rimango a fissarlo per un po’, sovrappensiero; lui non distoglie lo sguardo dal mio, ma sembra abbastanza sereno. Mi chiedo di nuovo perché non me l’abbia detto subito.

 

«Perché non mi hai detto subito che avevi visto tutto?» mi lascio scappare.

 

Lui sospira, quasi come se si fosse aspettato questa domanda. «Perché volevo fossi tu a dirmelo; mi dispiace, così facendo ho solo peggiorato le cose.»

 

Inclino la testa, aspettando che continui. «Ho odiato tutta la tensione che c’era tra noi…»

 

Ridacchio e gli poso una mano sulla spalla, stringendola un po’. «Lo so. Anche io.» Kurt mi sorride e non posso fare a meno di sentirmi di nuovo bene. Meravigliosamente bene. «Ora è tutto a posto però!»

 

Lui annuisce, sorridendo. «Sì!»

 

Restiamo ancora qualche secondo a fissarci, poi lui si alza e si risiede alla scrivania, rimettendosi a studiare. Io lo fisso per un po’, cercando di dare una spiegazione alle sensazioni che ho provato prima, quando mi sono ritrovato inaspettatamente troppo vicino a lui.

 

Ho sentito qualcosa. Non so bene cosa, non so se fosse solo il momento, o i miei ormoni da adolescente impazziti, o altro. Non lo so. Però so che se da un lato ho la mia sicurezza – dove so muovermi e so cosa mi aspetta – dall’altro ho il cerchio di fuoco. Oltre quel cerchio di fuoco, c’è Kurt. Però non Kurt il mio amico, bensì Kurt, il mio potenziale ragazzo.

 

Non so se sono pronto ad attraversare quel cerchio. E il non sapere è chiaro indice del fatto che non è ancora giunto il momento di fare quel passo.

 

Ho ancora bisogno di tempo, ma questa volta, spero di non fare troppi casini.

 

 

~∞~

 

 

Na, na, na, na, na...
Na, na, na, na, na...

 

Sono passate un paio di settimane da quando io e Kurt abbiamo finalmente chiarito. Sono felicissimo! Davvero, non potrei esserlo di più; la situazione con Kurt sembra si sia decisamente sistemata. Siamo tornati a essere quelli di sempre: ci alziamo la mattina, io scappo in bagno e mi preparo in fretta, di modo da lasciarglielo libero quanto gli serve; continuiamo a vederci i film insieme la sera, o a chiacchierare del più e del meno, cantando qualche volta. E abbiamo ripreso ad andare al Lima Bean.

 

Quel posto è forse quello che ci caratterizza meglio, è il nostro posto. Ma effettivamente, quale non lo è? Anche la nostra stanza lo è, o il tavolo dove abbiamo parlato la prima volta e a cui continuiamo a sederci durante le pause.

 


Here we are again
I feel the chemicals kickin' in
It's gettin' heavy and I wanna run and hide
I wanna run and hide
 

 

Proprio l’altro giorno, mentre eravamo al Lima Bean, siamo stati interrotti da una signora che non avevo mai visto; quando poi Kurt – finalmente soli – mi ha spiegato chi fosse, ho dovuto dar credito a tutto quello che mi aveva raccontato lui sulla fantomatica Coach Sylvester.

 

Comunque, se ora sono qui, di fronte alle ragazze – abbastanza eccitabili – della Country Crawford School, cantando questa canzone, è proprio perché la Sylvester ci ha avvisati che alle Regionali i giudici vorranno qualcosa di sexy. E i Warblers non si tirano certo indietro.

 

Nonostante la Coach sembri una pazza, basti pensare a come si è fatta il caffè o a come parlava, ho deciso di darle retta e informare i Warblers. Abbiamo quindi preparato questo numero.

Effettivamente non so quanto ci si possa fidare di lei, dati tutti gli avvenimenti che mi ha raccontato Kurt e che la vedono protagonista, tuttavia chiamava Kurt con un nomignolo che ho trovato abbastanza grazioso.

Lo chiama “Porcellana” – in riferimento con ogni probabilità alla sua pelle.

 


I do it every time
You're killin' me now

 

Ed eccolo qui Kurt. La sua voce cristallina echeggia nell’aria, sostituendosi alla mia. Stranamente i Warblers hanno subito appoggiato l’idea che lui mi accompagnasse in questo duetto; ho intravisto un sorrisetto appena trattenuto da parte di Wes, ma non mi ci sono soffermato poi molto.

 


And I won't be denied by you
The animal inside of you

 

Ora le nostre voci stanno cantando insieme, e nel sentire quanto si compenetrino l’una con l’altra, mi torna in mente la prima volta che abbiamo cantato così. A Natale, quando ho cercato di tirarlo su di morale con Baby, it’s cold outside. Per non parlare poi di tutte le altre volte che canticchiamo in giro per la stanza.

 

Sposto lo sguardo su di lui, anche se so che non sarebbe la mossa corretta da fare; d’altronde sono qui per affascinare queste ragazze, dovrei guardare loro.

Comunque, non me ne curo e lo osservo con la coda dell’occhio.

 

 

Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
Say goodbye to my heart tonight
 

 

Che cosa diamine sta facendo? Perché si muove in quel modo e fa tutte quelle smorfie?

Oh… e se stesse male?

 

Oppure sta provando a essere sexy – senza tra l’altro riuscirci. Ma mi sembra davvero strano. Cioè, non vedo perché dovrebbe fare certe facce per essere sexy quando lui lo è normalmente.

Aspetta… cosa? Da quando penso che Kurt sia sexy?!

 


Hush, hush, the world is quiet
Hush, hush, we both can't fight it
It's us that made this mess
Why can't you understand?
Woah, I won't sleep tonight

 

Approfitto del pezzo, previsto dalla coreografia, in cui dobbiamo cantare guardandoci in faccia, per osservarlo. Ora che guarda me, con i suoi luminosi occhi blu, azzurri, o di quel colore cui non sono ancora riuscito a dare un nome, non fa più quelle strane facce. È concentrato su di me, il dito che gli copre le labbra rosse. Forse mi sono soltanto immaginato quelle facce… credo.

 

Io e Kurt raggiungiamo la pedana in alto e azioniamo una ventola, da cui esce un’infinità di schiuma, che invade gli altri Warblers a terra e le ragazze, che lanciano urletti deliziati. Nonostante io ora sia preoccupato per Kurt, non riesco a non sorridere: a giudicare dalla reazione delle ragazze, siamo stati piuttosto sexy!

 


Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
What are you waitin'
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Say goodbye to my heart tonight

 

 

La canzone sta del tutto degenerando in una festa; io però non posso fare a meno di osservare Kurt, che continua a cantare e ballare, ancora con qualche accenno di smorfia strana. Sono davvero preoccupato per lui. E se stesse davvero male?

Però non mi sembra, dato come ride e si diverte – non curandosi per una volta di scombinarsi troppo i capelli. Forse è il caso di indagare.

 

 

 

NOTE:

Qui Pachelbel!

Allora, prima cosa, tenete a mente questo capitolo, soprattutto la questione del “cerchio di fuoco”! =) Inoltre, io credo di essere impazzita per questo capitolo… mentre lo scrivevo stavo sclerando come le peggiori delle fangirl… ed è stata un’idea MIA! O.o Va beh, a parte questo…

 

Siete un po’ diminuiti, ma noi vi amiamo lo stesso! *__* I vostri commenti ci tirano davvero su di morale e ci rendono le giornate un po’ più luminose! =)

 

Love you all! <3

 

Oh già, sì… io AMO Wes! Non si era capito vero??? x’D

E amo anche David…

E amo Wes E David… insieme… possibilmente nudi… xDD *scappa via*

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Animal ~ Kurt ***


 

Avviso pre-lerttura: Salve! Nulla, non voglio tediarvi, ma solo puntualizzare che da questo capitolo il raiting è alzato ad arancione. Mi dileguo ^^ Buona lettura!

 

 

~ KlaineSongs ~

 

 

 

18°_ Animal ~ Kurt

~ Di petti che potrebbero scoppiare e guance rosse ~

 





 

Na, na, na, na, na...
Na, na, na, na, na...
Here we are again
I feel the chemicals kickin' in
It's gettin' heavy and I wanna run and hide
I wanna run and hide

 

 

No, ok… non so se sia stata proprio una buona idea decidere di cantare questa canzone davanti ad un gruppo di ragazze facilmente impressionabili, ma Blaine sembrava così sicuro di sé quando, alla riunione degli Usignoli, raccontava dell’incontro con la Sylvester e della sua illuminazione a proposito, che non ci sarebbe stato modo di distoglierlo dal suo proposito di “sensualità” – non che qualcuno avesse pensato di farlo.

 

Mentre le nostre voci sostengono l’introduzione, saliamo su un impalcatura di ferro, posizionandoci tutti a diverse altezze e scorgo gli altri sistemarsi le cravatte e sorridere in modo certamente poco pudico in direzione delle ragazze che ci guardano dal basso sorridendo. Ed io? Io… non lo so. Io e la sensualità non siamo mai andati d’accordo, ma proverò. Per Blaine.

 

 

I do it every time
You're killin' me now
And I won't be denied by you
The animal inside of you

 

Attacco a cantare: amo i nostri duetti, ogni volta che mi propone di cantare con lui, non posso fare a meno di accettare – non sarei mai capace di dirgli di no. A parte tutto, credo di poter affermare obiettivamente che le nostre voci sono davvero belle insieme, hanno un’armonia unica, che non avevo mai sentito prima… e lui è meraviglio al momento, il suo viso sexy che mi abbaglia, non appena vado verso di lui. No, ok, sto divagando e non sono obbiettivo…

 

Mi concentro sull’essere quanto più sexy possibile: non deve essere una cosa tanto difficile se qui sembra ci riescano tutti senza neanche applicarcisi, no? Scuoto le spalle e lo guardo mentre ci avviciniamo insieme alle ragazze. Lui mi sembra… poco convinto. Che abbia avuto qualche improvviso ripensamento sull’esibizione? Che non si senta più pronto o stia pensando che cantare davanti a ragazze che lanciano urletti alquanto fastidiosi non sia proprio la mossa giusta?

 

 

Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
Say goodbye to my heart tonight

 

 

Ci voltiamo entrambi verso “il nostro pubblico” mentre parte il ritornello, ma sento che gli occhi di Blaine fanno da spola fra me e le ragazze che si stanno scatenando al ritmo della nostra sensualità. Forse non è stata poi una cattiva idea… almeno non per me…

 

Una delle ragazze lancia un grido indicando il riccio: probabilmente lui ha ammiccato o comunque le ha rivolto la sua attenzione. Ragazze, basta così poco per farle esaltare? Anche se… in effetti… io non posso dire di riuscire a restare totalmente calmo ogni volta che lui mi rivolge l’attenzione – il che capita spesso, ormai…

Sento gli altri Usignoli mettersi in posizione dietro di noi e cominciare un passo comune a metà ritornello. Ho paura a chiedermi come stiamo andando, ma l’esaltazione generale mi rassicura e soprattutto sentendo Blaine al mio fianco, riesco a rilassarmi e a muovermi al meglio.

 

 

Hush, hush, the world is quiet
Hush, hush, we both can't fight it
It's us that made this mess
Why can't you understand?
Woah, I won't sleep tonight

 

Rischio seriamente di perdere la concentrazione e di scordare le parole quando, voltandoci l’uno verso l’altro, mettiamo in contemporanea un dito sulle labbra e abbassiamo di un po’ il volume della voce. Potrei restare così a guardarlo per ore senza accorgermi di nulla se non dei suoi bellissimi occhi dal colore assurdo e splendido, dei suoi capelli pieni di gel e dal profumo stupendo e della sua pelle morbida senza bisogno di alcuna crema. Lo guarderei per tutta la vita.

 

Non riesco a staccargli gli occhi di dosso neanche quando ci separiamo correndo ai due lati delle scale e salendole a ritmo di musica. La scioltezza e la leggiadria con cui salta per poi appoggiarsi alle sbarre di ferro, i modi sensuali con cui accompagna ogni mossa non possono che farmi sorridere ed elettrizzarmi più di quanto non abbia già fatto la canzone.

 

Dal basso i ragazzi fanno volare le giacche annullando qualsiasi distanza e mescolandosi alle ospiti che – ovvio – non sembrano dispiaciute della cosa.

 

 

Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
What are you waitin'
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Say goodbye to my heart tonight

 

Siamo di nuovo vicini, in cima all’impalcatura di ferro. In un attimo Blaine sta sparando soffice schiuma su tutti quelli che sono a terra ed io lo aiuto a spostare il getto mentre ancora cantiamo. Se solo sapesse quanto mi sento contento in questo momento! Se solo potesse sentire il mio cuore battere all’impazzata e non per la canzone!

 

Tutto è tornato come sempre, noi  siamo tornati come sempre: niente più biondini del GAP, niente più Rachel Berry e ricerche interiori – solo io e lui e tutto ciò che abbiamo di buono nel nostro rapporto.

Lo amo, è vero. E lui non sembra ricambiarmi allo stesso modo, è vero anche questo – ma non posso farne a meno, non posso fare a meno di essere felice ogni volta che sto con lui a dispetto di ogni convenzione e di tutto quello che ci circonda. Quando poi c’è la musica e le nostre voci… no, non posso proprio farne a meno.

 

Scendiamo entrambi dallo stesso lato e lui pare quasi inseguirmi preso dall’euforia del momento. Si può scoppiare di felicità? È possibile? Perché credo sia quello che mi sta succedendo in questo momento! Nonostante tutto, nonostante il tema “sensualità” della canzone con cui non sono affatto a mio agio, mentre mi dimeno tra la schiuma, gli Usignoli e le ragazze, non posso fare a meno di sentire che il petto potrebbe scoppiarmi da un momento all’altro.

Vorrei non smettere mai di sentirmi così, Blaine.

 

 

~∞~

 

 

Credo di non essere mai stato tanto sollevato nel sentire il rumore della porta che si chiude e di constatare che sono solo nella stanza. Sospiro ed il fiato esce dalle labbra stranamente spezzato; mi sfioro le guance e mi accordo che sono davvero arrossito. Molto, dato che scotto come se avessi la febbre.

Perfetto. Questa va aggiunta alle figure pessime che ho già fatto con Blaine – e che non sono di certo poche!

 

Mi siedo sul letto: avrei dovuto prevedere che la situazione non sarebbe potuta che finire in questo modo, sin dal momento in cui la Sylvester ha pronunciato la parola “Sensualità” e invece mi sono fatto trasportare dall’entusiasmo e ho davvero creduto che tutta quella felicità sarebbe potuta durare a lungo.

Che illuso! Certo, gli altri Usignoli hanno dato grande prova di tutto il  loro sex-appeal – e le ragazze ne sono state la prova – per non parlare di Blaine che, beh…

 

Ispiro violentemente, sgranando gli occhi e arrossendo di nuovo a quel pensiero. No, non credo che al momento ci sia bisogno di soffermarmi su di lui più di quanto non abbia già fatto mentre cantavamo.

 

«Beh, forse dovremmo sederci e parlarne: ti dirò quello che so»

 

Parlarne? Io… con Blaine? Parlare del…sesso? Mi sento di nuovo tremendamente in imbarazzo al solo pensiero che a farmi “quel discorso” potesse essere lui; non che la cosa non mi attiri, sia chiaro… cioè è normale che un po’ mi attiri – succede ad ogni ragazzo della mia età! – ma solitamente l’imbarazzo ha la meglio su tutto e smetto di cercare una qualunque cosa sia collegata… a quello.

 

È così sbagliato non sentirsi ancora pronti? È tanto assurdo non volerne sapere nulla per ora del sesso e di tutto ciò che c’è di fisico in una relazione? Che poi… io non ho una relazione, quindi almeno per ora non ho alcun bisogno di tutte queste nozioni.

 

E Blaine? Il suo pensiero mi chiude lo stomaco e fa tornare a galla la sensazione di inadeguatezza che ho provato poco fa con lui. Quanto ne saprà lui del sesso e di tutti i dettagli sconci che mi sono rifiutato di sentire? A quanto sembra, abbastanza da poterlo spiegare senza alcuna difficoltà! Questo vuol dire che lui ha già… che non è più…

 

Deglutisco a fatica, senza sapere più che pensare. Sono sorpreso della cosa? No… non proprio… in fin dei conti non credo proprio di essere stato il solo o il primo ad essersi accorto di quanto Blaine sia bello e lui di certo non è incapace quanto me a tal riguardo… quindi avrebbe potuto benissimo aver già fatto… esperienza. Eppure aveva detto di non essere mai stato il ragazzo di nessuno!

 

Sbuffo, scuotendo la testa: gli anni passati al McKinley mi avrebbero dovuto insegnare da tempo che non serve necessariamente una relazione per… insomma per fare quel genere di cose.

Ma Blaine? Anche Blaine rientrerà in questa categoria?

 

Ho già perso il conto delle volte in cui sono arrossito da quando sono rimasto solo nella stanza! E pensare che ho cacciato il riccio per avere un attimo di tranquillità e raffreddare la situazione! Bene, ottimo Hummel: il tuo tentativo è miseramente fallito.

 

Con uno scatto improvviso prendo il portatile dalla borsa e lo accendo sistemandomi più comodamente sul letto: forse, dopotutto, Blaine ha ragione, forse dovrei saperne di più a riguardo… ma da dove partire?

Mi alzo e vado a chiudere a chiave la porta della stanza: l’ultima cosa che voglio è che qualcuno entri mentre io sono alle prese con cose… compromettenti, ecco; forse mio padre o Carole busserebbero prima di entrare, ma non sono affatto sicuro che Finn se ne ricorderebbe, soprattutto se avesse bisogno di qualcosa di urgente ed immaginarlo di fronte a me che guardo siti che parlano di quello… oddio, credo che a quel punto l’unica cosa da fare sarebbe comprare una pala e scavare una fossa nel giardino di casa per seppellirmi vivo. Anzi, ora che ci penso, potrei anche andare in quello della Dalton: avrei uno spazio maggiore e più possibilità di scelta!

 

Torno al portatile, ma davanti alla schermata bianca di Google non so più cosa digitare.

L’ultima volta che ci ho provato, ho visto qualche video e… no, oddio, meglio evitare di ripetere una simile esperienza. Stavolta mi darò a qualcosa di più… cioè meno… insomma, credo ci saranno anche dei siti scritti che trattano l’argomento, no?

 

Digito velocemente “come si fa sesso”, quasi non volessi vederlo e in un attimo mi trovo di fronte a diversi siti tutti pieni di informazioni che non so se voglio leggere.

Sospiro e mi faccio coraggio – mica sto ammazzando qualcuno, diamine! – scorrendo lentamente lungo i diversi link senza sapere quale debba cliccare.

 

Supero qualche video ed arrivo quasi a fine pagina quando la mia attenzione è attirata verso un titolo particolare: “come fare l’amore”. Per un attimo lo fisso: in tutti i link precedenti non si è mai parlato di “amore”, ma sempre e solo di “sesso”; forse, potrei partire da questo…

 

Clicco quasi fossi improvvisamente incoraggiato o rassicurato dalla cosa e vedo che il sito spiega passo dopo passo come comportarsi quando si è in una di quelle serate. Certo, è sempre visto da parte di entrambi i sessi, ma basterà non occuparsi di “lei” e vedere di cosa parla quando le attenzioni sono rivolte a “lui”.

Si parla di “come toccare lui” e di “fallatio” e non so quale dei due dovrei leggere – sento solo, di nuovo, uno strano senso di inadeguatezza che sale fino alle guance e le imporporisce.

 

Vado sul secondo e comincio a scorrere sperando di non farmi prendere dall’imbarazzo troppo presto. Gli occhi vanno sulle righe con una certa attenzione, ma forse troppa rapidità.

 

“…Prendetelo in bocca più che potete, fino in fondo, bagnandolo con quanta più saliva avete. Lentamente, e soprattutto facendo molto attenzione ai denti…”

 

C-cosa? Prendetelo in… Oddio.

Oddio. Oddio!

È inevitabile che la mia mente vada a figurarsi un immagine di… oh, mio Dio. No!

 

Non do neanche tempo ai miei occhi di leggere qualche parola di più che chiudo tutto con una certa violenza, spostando il portatile a terra, ai piedi del letto con occhi sgranati.

Cioè, durante…. Io dovrei… e questa cosa… Oddio!

No. No, no, no, no! Non se ne parla. Non ho alcuna intenzione di continuare a leggere queste cose, non se ne parla! Ma che diavolo mi è saltato in testa? Non voglio i dettagli sconci, l’ho già detto troppe volte ed è la seconda volta che cerco di informarmi a riguardo e… cavolo c’era descritto tutto! E c’erano dei commenti e…

 

Sono senza fiato e ho la sensazione di andare a fuoco, mentre sento il mio corpo rispondere ad un mix di emozioni che non so definire.

 

Devo cancellare la cronologia del portatile. Non esiste che Blaine si trovi ad usare il mio pc alla Dalton e magari scopra cosa ho provato a guardare! Sarebbe patetico, oltre che imbarazzante – ancora.

 

Per oggi ho fatto davvero abbastanza. Ora vado a farmi un giro, mi raffreddo e torno a casa: sicuramente sarò al sicuro da cose simili.

 

 

*

 

 

«Questo pomeriggio ho visto un tuo amico della Dalton, Blaine, in officina»

 

Se non avessi già posato il bicchiere che avevo in mano nella credenza, credo che, dopo una frase del genere, avremmo dovuto raccogliere i cocci di vetro rotto sparpagliati per la cucina.

Guardo in direzione del soggiorno, dove mio padre sta trafficando con non so che cosa, convinto che possa quanto meno percepire lo sguardo sbarrato e sorpreso al limite dello shock che gli sto rivolgendo al momento.

Perché Blaine è stato in officina? Ho davvero un pessimo presentimento…

 

«Cosa voleva da te?» chiedo con malcelata nonchalance.

 

«Questo devi dirmelo tu» ribatte lui, entrando in cucina «Si è presentato e ha cominciato a farmi un discorso alquanto strano, diretto e… particolarmente invadente e personale»

 

Di bene in meglio! Blaine… che diavolo hai combinato?

 

Mio padre intanto mi guarda come se si aspettasse davvero che gli spiegassi il motivo di parole che io neanche conosco!

 

«Non so davvero di cosa parli» mi difendo sincero.

 

«Kurt… tu e Blaine state… insieme?»

 

Credo che il mio corpo abbia reagito prima che i neuroni siano riusciti a trasmettere correttamente una simile domanda, perché sento il viso scottare – ancora una volta. Cosa mi ha chiesto? No, ma dico: un po’ di tranquillità proprio no? Che hanno tutti oggi?

 

«No! Cioè.. no, non stiamo insieme, no! P-perché me lo chiedi? Si può sapere che cosa ti ha detto Blaine?» faccio non so se più preoccupato o curioso e con il classico imbarazzo che alza il tono della mia voce di almeno un’ottava.

 

«Oh…» si lascia scappare lui e mi pare abbia l’aria confusa di quando sa di essersi perso qualcosa «È arrivato in officina – te l’ho detto – e mi ha cominciato a dirmi che… beh, in un certo senso… invidia il rapporto che io e te abbiamo come padre e figlio e che… sarebbe stato davvero bello se lo avessimo sfruttato anche per… altro»

 

Non riesco pienamente a concentrarmi sulle parole che escono dalle sue labbra perché gli sguardi che mi sta lanciando mentre parla sono qualcosa di terrificante; senza nulla togliere ai suoi occhi leggermente spalancati e alle sopracciglia alzate al massimo, come se dovessi sapere perfettamente a cosa sta alludendo.

 

«Papà… di cosa stai parlando?» chiedo di nuovo, più lentamente e più preoccupato.

 

«Devo ammettere che all’inizio mi è sembrato un po’ invadente e sfrontato come discorso da fare al padre di un amico con cui, bene o male, non è che ha un rapporto stretto… ma riflettendoci, in un certo senso è stato un bene, quindi ho fatto come mi ha consigliato lui. E poi, in fin dei conti, me lo avevi chiesto anche tu!»

 

Senza che io sia capace di capire a cosa si stia riferendo – o meglio, senza voler capire, dato che ho un presentimento che minaccia di diventare una terribile realtà – lui allunga una mano su una mensola e dopo aver preso delle carte, le lascia cadere davanti a me sul tavolo.

 

«Cosa sono quelli?» chiedo, sgranando gli occhi, il presentimento che si trasforma in realtà ed io che vorrei si aprisse una fossa sotto i miei piedi e la terra mi ingoiasse.

«Degli opuscoli che ho preso in ospedale. Credo che ci potrebbero aiutare in questa cosa, perché è ora che tu ed io affrontiamo “il famoso argomento”»

 

Uccidetemi. Vi prego, uccidetemi! No, non può essere vero. Io e mio padre parleremo di… quello? Blaine Anderson, questa volta l’hai fatta davvero grossa! Tu farò vedere quanto, non appena torno alla Dalton! Se sopravvivo…

 

 

*

 

 

Seduto su una delle piccole panche che sono nei corridoi della Dalton, aspetto che Blaine arrivi per prepararsi prima di andare a lezione. Sono rimasto a casa per tutto il week-end, con i miei cari opuscoli e mio padre che senza dire nulla, mi lanciava sguardi strani e fin troppo chiari ogni tre e quattro. No,  è stato un vero disastro e non vedo l’ora di ringraziarlo per questo.

 

Ma che diavolo! Non credo sia stupido essersela presa! Non esiste che lui abbia detto quelle cose a mio padre! È stato oltremodo imbarazzante e devo dire anche fuori luogo e…

 

Proprio in quel momento Blaine fa il suo ingresso, bello come sempre e mi ci vuole uno strano sforzo per restare concentrato. Lui mi nota subito e mi si avvicina veloce.

 

«Kurt, ciao!» mi saluta «Allora… com’è andato il fine settimana…? Sì, cioè.. non ci siamo proprio sentiti o visti...»

C’è un non so che di diverso nei suoi occhi ambra.

 

«Ho preferito rimanere a casa» rispondo secco.

 

Dovrei chiedergli scusa? In fondo sono praticamente sparito dalla circolazione per tutto il tempo senza dirgli nulla ed avrei potuto almeno mandargli un messaggio.

No, Kurt! Non è il momento di addolcirsi.

 

«Possiamo parlare, prima di andare a lezione?» mi chiede lui con un sorriso.

 

«Sì. Anch’io ho qualcosa da dirti» faccio cercando di sembrare freddo e cominciando a camminare; non perdo di certo lo sguardo stranito e lievemente preoccupato di Blaine che mi segue e che per un attimo mi fa tremare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

… To be continued – come si dice nei migliori telefilm!

*Alchimista fugge seguita da una folla inferocita*

Ok, non ho resistito a questo meraviglioso cliff-hanger e poi nessuno mi ha fermato! (Sì, io e Pachelbel siamo sadiche u.u)

Anyway.. no, boh, non ho molto da dire, se non ringraziare i 14 mitici recensori e tutti coloro che in un modo o nell’altro seguono questa storia!

We love you all!

 

A presto. Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Misery ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

19°_ Misery ~ Kurt

~ Quando perdi il conto dei passi falsi che hai fatto ~

 

 



«Quest’aula è vuota, possiamo parlare qui» mi fa cenno Blaine aprendo una porta alla sua destra che io ho appena superato.

 

Per un attimo rimango fuori la stanza, mentre lui è già sparito all’interno. Solo in quel momento mi rendo conto di avere paura sul serio. Paura, di quelle più terrificanti, che tolgono il fiato e stringono lo stomaco. Anche la rabbia, in questo momento, ha paura.

 

Sono ancora in tempo per fermarmi mi ripeto, i piedi che sembrano pesare come macigni e il tempo che si dilata come se vedessi tutto a rallentatore.

 

In un attimo sento ogni altra sensazione venir meno e l’istinto di correre via, senza pensare alle conseguenze, mi assale tentatore; ma non potrei, sarebbe assurdo dato che gli ho chiesto io di parlare.

 

Sospiro. Con un’alta probabilità stavolta sto sbagliando in pieno: stavolta sarà tutta colpa mia, ma credo di non poter sorvolare sulla cosa. Faccio quei pochi passi che mi separano dall’aula vuota e trovo Blaine pochi passi avanti a me, gli occhi attenti – non dà l’impressione di essersi accorto della mia titubanza, ma sembra più concentrato nel tentare di capire cosa abbia intenzione di fare.

 

«Di cosa mi volevi parlare?» chiede.

Non ho più scampo. Lo guardo negli occhi.

 

«E tu?» ribattono le mie labbra prima che la testa abbia anche solo pensato ad una simile domanda.

Ma che diavolo…? Sarei dovuto partire in quarta e invece ho passato la parola a lui!

 

Blaine mi guarda ancora attento per qualche istante per poi sorridermi – è tanto bello e allo stesso terribile quando si rivolge a me così.

 

«Per quello di cui abbiamo parlato… anzi, non abbiamo parlato… beh, volevo che sapessi che, in ogni caso, sono qui e che posso darti una mano se hai domande o comunque vuoi dei chiarimenti o qualunque altra cosa sia. Non devi sentirti in imbarazzo, sai… è una cosa normale e naturale e sarebbe un bene se tu arrivassi a quel momento quanto più informato possibile. È una questione di sentirsi a posto con se stesso e stare bene, sai. Insomma… questo»

 

Lo guardo perplesso per un istante. Mi sta prendendo in giro? Dopo aver sganciato una bomba così grande a mio padre se ne esce con “puoi chiedermi quello che vuoi”?

 

«Ah! Grazie mille, ma credo tu abbia fatto già abbastanza!» sentenzio risentito con un movimento netto della mano, come se volessi allontanarlo.

 

Lui mi guarda senza aver capito.

«Come, scusa?»

 

Ora è il mio turno.

«Che diavolo ti è saltato in mente di fare quando sei andato in officina da mio padre?! Ma dico, ti rendi conto di quanto la cosa sia stata imbarazzante?! Mio padre… che mi parla di quelle cose… e Dio, è andato in Ospedale a prendere degli opuscoli informativi! Sono stato tutto il week-end con quei… foglietti e lo sguardo di mio padre che non mi mollava, quasi si aspettasse che da un momento all’altro riprendessi il discorso come quando, da bambino, gli facevo sentire la lezione di storia che avevo imparato».

 

Gli occhi ambra di Blaine sembrano illuminarsi sempre più ad ogni parole che aggiungo, tanto che quando mi fermo luccicano come poche altre volte gli ho visto fare ed un sincero sorriso gli allarga le labbra illuminando tutto il viso.

Rinuncio a capire il motivo di una simile reazione ed aspetto che me la spieghi, la mia rabbia che ancora ribolle – forse più di prima.

 

«Aspetta, mi stai dicendo che alla fine tuo padre ti ha parlato del sesso?» mi chiede con tono di allegra sorpresa ed io sono certo che – per quanto possa apparire assurdo – mi stia irritando ancora di più.

 

«Ma mi ascolti quando parlo? Sì, me ne ha parlato! Aveva scelta dopo il tuo bel discorsetto? Non ne era entusiasta, ma ha sentito di… dovermelo»

 

Non credevo che il suo viso, il quel momento, sarebbe stato in grado di esprimere ancora più gioia e sorpresa di quanto non stesse facendo pochi istanti prima, fino a che non vedo il sorriso allargarsi così tanto sul suo volto da quasi mangiare tutto il resto.

 

Ok, qualcuno mi dica che è solo un brutto sogno: non credo di poter accettare come realtà una simile situazione. Possibile che gli sia sfuggito il tono furioso delle mie parole?

 

«Kurt! Questa è una cosa magnifica! Sono così felice che voi…»

 

«Blaine, hai bevuto di nuovo per caso? “Una cosa magnifica”? Vuoi scherzare? Non mi sono mai sentito tanto teso e in imbarazzo come in questi due ultimi giorni. È stato… snervante!»

 

«Capisco che possa essere stato anche tutto questo, Kurt… Ma credimi, è davvero una cosa meravigliosa!»

 

La sua insistenza mi pare assurda.

 

«No, Blaine: al momento tutto questo mi pare solo completamente inappropriato. Il tuo intervento in tutta questa storia è stato completamente inappropriato ed io davvero non posso credere che tu ti sia tanto liberamente intromesso in una questione così personale, che tu abbia fatto tutto questo!»

 

«Fatto cosa, Kurt? Credimi, ti ho solo dato una grossa mano, ti ho permesso di condividere un momento unico con tuo padre nel quale avete potuto parlare di qualcosa di tanto profondo ed importante. Sei fortunato»

 

«Oh, beh, allora ti ringrazio! Ma ti avrei ceduto volentieri il posto mentre mio padre mi guardava in evidente imbarazzo ed io ero certo di prendere fuoco da un momento all’altro sotto i suoi occhi. La prossima volta che gli verrà in mente di parlarne ti chiamerò, così potrai avere tu questa fortuna!»

 

«Tu non hai proprio idea di quanto lo vorrei…»

 

Le sue parole, il tono improvvisamente triste con cui le ha pronunciate e in assurdo contrasto con l’allegria di poco prima, bloccano il resto del mio sfogo in gola, mozzando la rabbia e lasciandomi senza fiato.

 

«Blaine… cosa…?»

 

«Poter parlare di queste cose con mio padre sarebbe un sogno, Kurt. Alle volte ho così tanti dubbi, così tante domande nella testa da stare male e tu non hai idea di quanto senti la mancanza di mio padre in momenti del genere, soprattutto quando so che lui sarebbe il solo a potermi rassicurare. Perciò sì, Kurt, sei fortunato, tu non hai idea quanto: tuo padre è una persona fantastica e il rapporto che c’è tra voi è… stupendo! Non sai che darei per poter avere la stessa cosa – anche solo una volta – e non mi va di vedere che la sprechi in questo modo»

 

Per tutto il tempo non ho staccato i miei occhi dai suoi, assistendo al modo tristissimo in cui questi si sono velati e sono diventati liquidi man mano che il discorso andava avanti.

Quanto posso essere stato insensibile, questa volta? Avrei dovuto capire il perché di un simile interessamento sin dall’inizio!

Eppure… una parte di me non riesce a togliersi dalla testa il fatto che, nonostante tutto, lui abbia sbagliato.

 

«Blaine, io… mi dispiace, mi dispiace davvero tanto per questo: non hai idea di quanto mi faccia star male vederti soffrire… il punto è che mi sono sentito… tradito, invaso, messo con le spalle al muro: conoscevi la reticenza a riguardo, sapevi perfettamente quanto potesse essere imbarazzante per me una cosa del genere e il fatto che tu sia andato da mio padre quando ti avevo fatto chiaramente capire di aver raggiunto il limite è stato… come una pugnalata alle spalle»

 

Non sto più gridando. Non c’è più rabbia nella mia voce. Ora mi sento solo irrimediabilmente triste e stanco; potrei cadere a terra per l’improvvisa stanchezza.

 

Gli occhi di Blaine trattengono ancora parte della lucidità che li ha velati, ma ora sul suo viso c’è un’espressione indecifrabile, mentre mi scruta con attenzione. Sembra valutare le mie parole.

 

«Non credevo avresti reagito così» dice con uno strano tono bianco.

 

«Scusa se, nonostante tutto, non riesco ad esserti grato» mi lascio sfuggire con troppo sarcasmo, perché leggo chiaramente una scintilla di risentimento nei suoi occhi.

Eppure tace, sostenendo solo il mio sguardo.

 

«Sai che non ti farei mai del male, Kurt»

 

Lo hai già fatto, si permette di pensare la mia testa con lucidità, mentre sento di nuovo qualcosa spezzarsi dentro di me, all’altezza dello stomaco… o del petto.

 

«Mai volontariamente»

 

Quell’ultima parola, sussurrata, mi fa chiudere gli occhi ed abbassare la testa.

 

«È meglio andare a lezione ora: siamo già in ritardo»

 

Mantengo gli occhi chiusi, anzi li stringo come a volermi proteggere da qualcosa. È sempre così facile per te separare le cose? Saresti in grado di seguire compiti e spiegazioni, ora, come se nulla fosse successo?

Io non posso.

 

«Scusa, Blaine: non credo sia il caso che venga… Salgo in camera»

 

Non aspetto che faccia o dica altro. La mia è una fuga.

 

 

*

 

 

Le spalle sono ancora scosse da sottili fremiti, quando decido che è il momento di smettere di piangere e di provare ad alzarmi. Mi metto a sedere sul letto, lasciando il cuscino bagnato e poggio la testa contro il muro chiudendo gli occhi umidi.

Sono passate alcune ore da che ho lasciato Blaine, ma è come se avessi appena distolto lo sguardo dai suoi occhi lucidi e le sue parole stessero ancora aleggiando nell’aria.

 

«Sai che non ti farei mai del male, Kurt… Mai volontariamente»

 

Soffoco un nuovo singhiozzo che sta salendo dalla gola, senza dargli possibilità di farsi sentire, ma le lacrime scendono prima che possa bloccare anche quelle.

 

Continuiamo a farci male. Non ricordo neanche più da quanto tempo si è rotto il nostro equilibrio… ma tutto quello che vorrei al momento è tornare indietro e fare la mossa giusta.

Ho perso il conto dei passi falsi che ho fatto, delle volte in cui si è allontanato.

Jeremiah, Rachel ed ora questo… cosa c’è che non va in noi?

Ed ogni volta che sembra si stia sistemando tutto, c’è qualcosa che va storto, qualcosa che scompiglia di nuovo tutto ed io mi sento scivolare ancora più giù.

 

Non voglio perderlo: ora come ora, credo che senza di lui non ce la farei – non mi resterebbe più neanche il dolore. Eppure… mi sento così male, anzi stanco da voler quasi lasciar perdere ogni cosa. Mi sembra che lui non riesca a rendersi conto di nulla, che puntualmente gli sfugga qualcosa, come se mi vedesse, ma senza la messa a fuoco.

Una macchia sfocata davanti ai suoi meravigliosi occhi. Una macchia e nient’altro.

 

Ho l’irrefrenabile voglia di andare via, di mettere quanta più distanza possibile fra me e lui. Non credevo che avrei mai potuto pensare una cosa simile, ma ora è tutto talmente confuso…

 

Odio il suo modo di fare. Odio la sua riservatezza, odio il fatto che da fuori appaia completamente diverso da com’è dentro e che nonostante tutto io sia ancora così lontano dal vero Blaine.

 

Possibile che ogni volta che ci avviciniamo finiamo col farci del male? Un tempo non era così… c’erano giorni in cui tutto mi pareva perfetto, solo perché Blaine era con me; volte in cui anche solo un sorriso rendeva inevitabilmente bella la giornata.

 

Da quanto non sorridiamo così, Blaine?

 

Un’improvvisa solitudine mi assale: come il giorno di San Valentino, sento terribilmente la mancanza delle New Directions e in particolare di Mercedes. Forse lei saprebbe cosa fare in un momento del genere, saprebbe consigliarmi come comportarmi con lui…

 

Ho l’impressione che Blaine dimentichi puntualmente di sapere quello che provo per lui… e questo non fa altro che ferirmi.

 

Prendo il cellulare dal comodino e velocemente compongo il numero della ragazza. Tuttavia, lo lascio squillare solo una volta prima di ricordarmi che lei – ovviamente – ha lezione al momento e stacco la chiamata con un gesto quasi di stizza.

 

Un sospiro mozzato esce dalle mie labbra, mentre chiudo di nuovo gli occhi e giro il cuscino poggiando la testa sulla parte asciutta; vorrei solo dormire e dimenticare…

 

L’improvvisa vibrazione che muove il copriletto, invece, mi scuote e stupidamente il cuore comincia a battere velocemente, la speranza che in qualche modo, per qualche assurda ragione sia Blaine.

 

“Cosa succede, tesoro? M.”

 

Delusione ed amara consapevolezza mi assalgono, minacciando di farmi crollare di nuovo. Mercedes, in ogni caso, è stata carina a rispondere con tanta prontezza a quello che forse lei avrà creduto un semplice squillo.

Non so con quale forza, sospirando, le rispondo.

 

“Nulla, scusa! Avevo dimenticato che fossi a lezione. Ci si aggiorna presto. K.” mento, cercando di apparire il più allegro possibile e pregando che la conversazione – se proprio deve continuare – lo faccia solo tramite messaggi.

 

È vero: avevo – e ho ancora – bisogno di sentirla, ma ora mi rendo conto che se provassi a parlare piangerei di nuovo, sentendomi più stupido di quanto già non sia ora.

 

“Sicuro…? Perché tu, invece, non sei a lezione? M.”

 

La perspicacia di quella ragazza è qualcosa che ho sempre apprezzato – almeno fino ad ora. Solo ora mi rendo conto della sua pericolosità.

 

“Piccola pausa. Tra un po’ scendo a studiare. Comunque sì, tutto ok. K.”

 

Non ho idea del perché le stia continuando a mentire, o meglio lo so perfettamente ma questo non mi fa sentire meglio mentre lo faccio.

 

“Qualunque cosa sia successa con Blaine, è più semplice di quello che pensi. Parlagli senza rancore e vedrai che si sistema tutto. Lui tiene davvero a te. M.”

 

Le lacrime cominciano a rigare il mio viso ancora prima che abbia finito di leggere il messaggio.

Mercedes Jones. Unica nel suo genere. Potrei volere di meglio?

 

I singhiozzi riprendono e non so più se sto piangendo per l’Usignolo o per il modo meraviglioso e perfetto con cui quella ragazza riesce a capire che cosa mi passa per la testa anche solo attraverso degli atoni messaggi.

 

Io e Blaine dobbiamo chiarire quindi? Sta a me fare la prima mossa stavolta? Il mio particolare orgoglio da diva mi dice di aspettare e vedere: in fondo ero io quello offeso, io quello furioso, mentre lui non ha fatto altro che farmi star male.

 

Anche tu però non ci sei andato leggero. Hai spremuto limone su ferite aperte e anche tu sapevi.

 

Quel pensiero mi manda di nuovo nel dubbio più totale. Innanzitutto devo ringraziare ‘Cedes.

 

“Come farei senza di te? K.”

 

Tiro su col naso e mi alzo dal letto con un’improvvisa risoluzione. Basta piangere, basta autocommiserarsi! È ovvio che devo chiarire, ne ho abbastanza di questo silenzio… ma non farò io la prima mossa, non stavolta, almeno non ancora. Voglio vedere lui come sta reagendo, voglio vedere se tiene davvero così tanto a me come dice.

 

Aspetterò: prima o poi dovremmo vederci, al tardi questa sera. Ci siamo scusati già tante volte e questa non sarà diversa, ma spero sia risolutiva una volta per tutte.

 

Vado in bagno e mi sciacquo la faccia per applicarvi una crema idratante. Mentre aspetto che rilasci tutte le sue proprietà sulla mia pelle, sento il cellulare vibrare ancora.

 

“Sono qui ogni volta che vuoi e lo sai. M.”

 

Sorrido in modo stentato, una strana calma che accompagna i miei movimenti, mentre risciacquo il viso e lo asciugo tamponandolo lievemente. Una calma che pare fare da coperchio al miscuglio di sentimenti che mi agita.

 

Quando sono finalmente pronto, raccolgo vari libri ed appunti e preparo la borsa per andare nella stanza di ritrovo – qualunque sia il motivo, saltare un giorno di lezioni alla Dalton non è uno scherzo e devo subito rimettermi alla pari.

 

 

~∞~

 

 

Oh yeah
Oh yeah

 

No, decisamente non è uno scherzo saltare un giorno di lezione! I professori stamattina erano affetti da “parlantina” acuta o fa tutto parte del loro piano “mettiamo-ancora-più-nei-casini-Kurt-Hummel”?

Sbuffo. Fortunatamente qui ognuno è gentile ed educato con chiunque altro e anche se non conosco al meglio i ragazzi a cui ho chiesto gli svariati appunti che sono stati dettati oggi, me li hanno offerti senza fare una piega.

 

Una voce alle mie spalle mi fa sussultare, mentre il mio stupido cuore perde un battito.

Blaine.

Non ho neanche il tempo di essere ridicolamente felice nel vederlo, però, che decine di fogli volano per la stanza e soprattutto sopra la mia testa ed il mio lavoro. Perfetto. Non mi bastava essere in ritardo ed avere tante cose da ricopiare in poche ore, mi ci voleva anche Anderson e la sua coreografia perfettamente preparata ed entusiasmante!

Sento un istantaneo nervosismo prendermi mentre con una smorfia mi libero dai diversi fogli che mi sono volati ovunque.

 

 

So scared of breaking it that you won't let it bend
And I wrote two hundred letters I will never send
Sometimes these cuts are so much deeper then they seem
You'd rather cover up, I'd rather let them be
So let me be, and I'll set you free

 

Ed ecco che lo show può avere inizio. Blaine è magnifico come sempre, mentre i suoi gesti, in perfetta coordinazione con le parole, trasmettono perfettamente il loro significato. Sembra di vedere una scena di teatro e insieme di canto.

 

Mi lascio scappare un sorriso di sufficienza quando lui, con alcuni Usignoli al seguito, comincia la sua performance, lanciando per aria ancora qualche foglio e prendendomi mentre cerco di andarmene di mio, con la borsa già in mano ed il nervosismo che sta salendo.

Sorrido, fingendo interesse, mentre i versi sembrano improvvisamente avere più senso di quello che dovrebbero. “Ferite più profonde di quello che sembrano”? Questo è il tuo modo di alludere alla nostra discussione di questa mattina?

 

No, non credo… lui si sta semplicemente comportando come sempre. Sta cantando con tutta la libertà del cuore e dell’anima, come se fosse la persona più spensierata del mondo, mentre io sono stato a piangere in camera fino a poco fa.

Mi spinge su una delle panchine del corridoio, continuando a cantare. Vuoi che resti a guardare, Blaine?

 

 

I am in misery
There ain't nobody who can comfort me
Why won't you answer me?
The silence is slowly killing me
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna get you back

 

Dopo il suo segnale gli altri ragazzi attaccano in una perfetta coordinazione i passi della coreografia e come sempre, anche se ormai faccio parte degli Usignoli da tanto, vedere da fuori il modo in cui si muovono è qualcosa di meraviglioso.

Stavolta, però, non ho il tempo né l’umore per potermici soffermare. Blaine mi si è seduto accanto e sta cantando con me, la testa che si appoggia sulla mia spalla e i miei finti sorrisi e cenni di partecipazione in rimando.

 

 

Cosa diavolo stai facendo? Sembra che tu abbia dimenticato tutto quello che è successo! O anzi, che te ne ricordi così bene da cantare proprio questa canzone! Ma d’altronde è la tua tattica, no? Lasciar correre e al massimo sfogarsi con la musica!

Io però ho bisogno di un chiarimento degno di questa parola, non di una performance che quasi certamente vorrai portare alla prossima competizione!

Questo silenzio mi sta uccidendo lentamente…

 

 

You say your faith is shaken, and you may be mistaken
You keep me wide awake and waiting for the sun
I'm desperate and confused, so far away from you
I'm getting here, don't care where I have to go

 

Non so per quale motivo fingo di essere più coinvolto di quanto non sia davvero, ma quasi d’istinto – colpa della musica – mi alzo in piedi ed improvviso passi di coreografia anche se con una certa malavoglia. Blaine continua a dare il meglio di sé con gesti e pose magnifiche, per non parlare dei sorrisi che si sta lasciando scappare: se fosse notte, illuminerebbero la stanza.

 

Mi sono sempre chiesto come mai gli altri ragazzi gli abbiano dato tanto spazio in questo gruppo: a confronto, Rachel Berry è un’ombra! Lui stesso mi ha detto che gli Usignoli sono un gruppo in cui ogni membro è allo stesso livello degli altri, eppure alle volte mi pare di avere a che fare con qualcosa del tipo “Blaine e i suoi ragazzi”…

 

Non sono geloso della cosa, sia chiaro… è solo che può essere irritante vederlo tanto al centro della scena, quando poi ci potrebbero essere tanti ottimi elementi che potrebbero risplendere se solo lui, per una volta, si facesse da parte.

 

Ok, sì, forse sono geloso. E anche cattivo. Ma è che non sto più capendo molto del nostro rapporto ultimamente e mi basta poco per scattare.

E Blaine ci sta mettendo tutto il suo per superare quel poco.

 

 

Why do you do what you do to me, yeah
Why won't you answer me, answer me yeah
I am in misery
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna get you back

 

 

Oh, sono impressionato! Usare i tavoli della Dalton come pseudo-tamburi era qualcosa che non avevo ancora visto fare neanche a loro! Mi chiedo… ma tutti i casini che combiniamo durante le prove, li paghiamo noi? Se eventualmente rompessimo qualcosa durante queste folli coreografie?

 

Ok, si vede che sto divagando? No, perché non posso concentrarmi di nuovo completamente su Blaine senza provare l’irrefrenabile istinto di urlagli contro non so neanche io cosa.

 

Mi lascio seriamente trasportare dalla canzone che si avvia al finale e ballo alle spalle di Blaine che continua a spostare lo sguardo dall’uno all’altro degli Usignoli con entusiasmo, fino ad incrociare anche me con un sorriso che in alcun modo posso ricambiare. Non è così che si esce da certe situazioni, Blaine… e se non stavi proprio pensando a questo, beh… è ancora peggio!

 

La canzone termina tra grida di approvazione e applausi e scorgo i suoi occhi luccicare per l’entusiasmo.

«Regionali, ecco a voi il nostro numero di apertura!» esclama, seguito da un nuovo boato di approvazione.

Io sorrido all’energia che tutto il gruppo sta mostrando – è la carica che ci vuole per affrontare al meglio la competizione e magari vincere! Eppure… il mio sorriso dura un attimo, il tempo di riavvicinarmi alla borsa e alla gabbietta di Pavarotti.

Avevo ragione: era solo l’ennesimo numero di Blaine. Non aveva nulla a che fare con il nostro litigio… lui neanche ci starà più pensando…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Aaah! Alchimista è di nuovo qui! Vi aspettavate la mia controparte, eh? *risata malefica*

Cliffhanger svelato, visto? Forse era meglio prima..? Mmmh.. La depressione scorre a gogò questo è vero, ma tenere duro, cominciamo a vedere la luce!

Detto questo.. mi sa che mi eclisso, dato che ho anche un mal di testa terribile!

A presto. E buon Halloween a tutti!

 

Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Misery ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

20°_ Misery ~ Blaine

~ Di quando è più facile arrabbiarsi con la persona a cui si tiene di più ~

http://img13.imageshack.us/img13/6270/20miseryblaine.jpg

 

 

Oh yeah
Oh yeah

 

 

Apro le porte e lancio i fogli in aria. So che spesso questi nostri atteggiamenti durante le canzoni possano risultare assurdi, ma sto improvvisando. Certo, tutti i ragazzi sanno la canzone – ne studiamo sempre un paio – ma l’idea di questa esibizione mi è venuta in mente solo poco fa. Spero solo che i ragazzi mi seguano!

Fortunatamente, è proprio quello che fanno; mi seguono, iniziando subito a farmi il coro, mentre io sono un po’ distratto – e lo sono fin da stamani.

 

La verità è che pensavo a Kurt – non ho fatto altro per tutta la mattina. Quando se n’è andato, non ho sentito rabbia per il fatto che avessimo appena finito di litigare per un argomento su cui credo di avere assoluta ragione, bensì ho provato uno strano senso di gelo invadermi.

Ultimamente non riusciamo a farne una giusta, e mi manca; mi manca il rapporto che avevo con lui prima di San Valentino, anche se so che è impossibile tornare indietro.

Alla fine, Wes e David avevano ragione quando mi hanno detto che le cose sarebbero cambiate; ma ho anche paura che io stesso avessi ragione, pensando che sarebbero potute cambiare in peggio.

 

È una cosa che non posso tollerare. Non posso perdere Kurt.

 


So scared of breaking it that you won't let it bend
And I wrote two hundred letters I will never send
Sometimes these cuts are so much deeper then they seem
You'd rather cover up, I'd rather let them be
So let me be, and I'll set you free

 

Senza pensarci due volte, lo afferro e lo faccio alzare, trascinandolo in corridoio. Probabilmente mi odierà per questo mio comportamento – stava ricopiando gli appunti che ha perso stamattina, sarà ancora arrabbiatissimo con me e, soprattutto, credo non sopporti la troppa vicinanza fisica.

 

Scusa Kurt, ma ho bisogno di sentirti vicino, di toccarti, di sapere che sei ancora qui. Non avresti dovuto arrabbiarti così con me, d’altronde io sono andato a parlare con tuo padre per farti un favore. Non sai quanto io invidi il rapporto che hai con lui…

 

Non appena faccio questo pensiero, sento una morsa fredda stringermi lo stomaco, al pensiero di mio padre – che non sento né vedo dalle vacanze di Natale. Benché io possa dire di essere forte, che non mi importa di lui, so bene che sono solo un mucchio di stupidaggini. Sono solo un ragazzo dopotutto e ho bisogno di lui, ma lui non c’è. E io non posso fare altro che arrendermi a questa idea.

 

Ah, non è il momento adatto di pensare a certe cose! Ho deciso di cantare questa canzone per mandare un messaggio a Kurt – anche se forse sono più spaventato dall’idea che possa capire che la canzone è per lui, piuttosto che non lo capisca.

 

Comunque, stai divagando, Anderson! Concentrati su Kurt!

 


I am in misery
There ain't nobody who can comfort me
Why won't you answer me?
The silence is slowly killing me
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna get you back

 

Effettivamente Kurt non mi sembra molto coinvolto dalla canzone. Posso notare il modo in cui mi guarda di sottecchi: so bene che è ancora arrabbiato con me. Ma non mi faccio distrarre da tutto questo, e mi avvicino a lui, sedendomi al suo fianco. Mentre canto, poso di nuovo la testa sulla sua spalla, guardandolo con gli occhi spalancati, quasi imploranti.

 

È il mio modo per chiederti scusa, Kurt. Ti prego, accettalo e perdonami. Perché senza di te non so che fare.

 

A volte sfioro livelli di patetismo assurdi! Meno male che questa canzone dovrebbe essere tosta, ma io sto scivolando nel ridicolo; mi sento un cagnolino che implora il perdono del padrone, con le orecchie abbassate e la coda tra le zampe, per aver rotto l’ennesimo vaso del salotto. 

 


You say your faith is shaken, and you may be mistaken
You keep me wide awake and waiting for the sun
I'm desperate and confused, so far away from you
I'm getting here, don't care where I have to go

 

Sento un moto di ribellione nascermi nel petto. Non dovrei essere io a chiedere scusa, o almeno non dovrei essere il solo a farlo. Forse è stata un’esagerazione andare da Burt; mi sono comportato in maniera inopportuna. D’altronde, chi mi credevo di essere? Andare dal padre del proprio migliore amico, visto solo una volta in precedenza, e pregarlo di parlare al figlio del sesso. Se già era stato inopportuno parlare con Burt, figurarsi poi parlare di un argomento tanto delicato. Probabilmente avrà anche inteso male; forse ora sospetta che io stia con Kurt!

 

Inaspettatamente, la notizia non sembra poi dispiacermi così tanto. O meglio, no, aspetta! Cioè, quello che voglio dire è che… oh, ma cosa sto facendo? Mi sto imbarazzando con me stesso? Per una cosa che ho solo pensato?

Anderson, ormai è certo: oltre a un cardiologo, ti serve uno strizzacervelli. Ma uno bravo.

Concentrati sulla canzone piuttosto, e sui tuoi compagni che grazie al cielo ti salvano sempre da situazioni imbarazzanti! Se non ci fossero loro, ti saresti già perso a fissare Kurt a bocca spalancata, magari in ginocchio davanti a lui, implorando il suo perdono.

 


Why do you do what you do to me, yeah
Why won't you answer me, answer me yeah
I am in misery
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna get you back

 

 

La canzone si avvia lentamente alla fine. Non mi sono concentrato neanche un secondo su questa esibizione, so solo che è venuta bene. Però… però sono distratto. Distratto da Kurt, e dai miei pensieri fastidiosi.

 

No, effettivamente se mai io e Kurt dovessimo metterci insieme, non mi dispiacerebbe affatto; anzi, non vedrei l’ora di dirlo in giro, sapere cosa ne pensano gli altri.

Oh, e mi piacerebbe anche sapere cosa ne penserebbe lui dei miei pensieri! Possibile che io faccia di tutto per ferirlo? Come posso pensare una cosa del genere? Quando so cosa prova lui per me.

 

Ripenso alle parole che gli ho detto prima - «Sai che non ti farei mai del male, Kurt… Mai volontariamente»

Mi sono dovuto correggere, perché effettivamente io gli ho già fatto del male, e anche in più occasioni. E di questo, mi pento amaramente.

 

Tuttavia non posso farne a meno: non posso fare a meno di avvicinarmi a Kurt alla fine dell’esibizione, perché io voglio sapere sempre cosa pensa. E ora, vorrei sapere se ha capito che tutto questo era per lui. Io non sono bravo con le parole, piuttosto, riesco a esprimere i miei sentimenti attraverso le canzoni; e lui lo  sa.

 

Quindi vorrei che capisse e mi perdonasse. Vorrei vederlo sorridermi, ringraziarmi e dirmi che ha capito; non mi interessa neanche che mi chieda scusa. Basta che sorrida.

 

 

~∞~

 

 

Apro la porta della stanza di Wes e David, senza preoccuparmi di bussare per chiedere il permesso di entrare, né di trovarli in situazioni compromettenti – checché ne dicano, io penso che quei due sotto sotto siano seriamente attratti l’uno dall’altro: sono troppo uniti, non riuscirebbero a sopravvivere l’uno senza l’altro, perciò ecco spiegati i miei dubbi.

 

Fortunatamente – o sfortunatamente, dipende dai punti di vista – Wes e David sono semplicemente sdraiati sui loro rispettivi letti, intenti a studiare, mentre una soffusa musica jazz, scelta da David posso immaginare, si sparge per la stanza.

 

I due mi rivolgono uno sguardo attonito quando mi vedono invadere la loro stanza, la fronte aggrottata in un cipiglio arrabbiato e il nervosismo palpabile che mi sta attraversando in questo istante. Sembro una bomba a orologeria, pronta a esplodere da un momento all’altro.

 

Ora che mi trovo qui dovrei parlare, anziché restare a fissarli imbambolato con aria ebete, ma sento come se avessi troppe cose da dire, e non so da che parte cominciare. Così mi limito a emettere un gemito esasperato e iniziare a misurare la stanza, camminando avanti e indietro davanti ai loro letti.

 

Dopo qualche secondo di questa mia scenata, vedo David scambiarsi un’occhiata che pare dire “E’ impazzito definitivamente” con Wes, che poi si rivolge a me usando un tono di voce calmo e pacato, come quello che si potrebbe usare con i pazzi.

 

«Amico, sei sicuro di sentirti bene?» chiede, tentennando un po’.

 

Io sospiro di nuovo, per poi farmi uscire dalle labbra qualche parola irritata. Vedo i miei due amici scambiarsi un’altra occhiata sconcertata, per poi tornare a concentrarsi su di me.

 

«Hai appena detto che odi Kurt?» domanda David alzando un sopracciglio, scettico.

 

«Sì!» sbotto alla fine, arrabbiato. «Ha detto che noi non siamo i Warblers, ma Blaine e i suoi ragazzi! È solo geloso del fatto che gli assoli vengano assegnati a me, ma io non posso farci nulla!»

 

«Ok va bene, forse Kurt può essere geloso dei tuoi assoli – credo che quasi tutti lo siano.» Ribatte Wes razionalmente. «Però credo sia un po’ eccessivo usare un termine come odiare per descrivere ciò che provi per Kurt.»

 

«Già, anche perché sappiamo benissimo tutti quanti in questa stanza che non è assolutamente vero che lo odi. Anzi…» continua David.

 

«No no, invece lo odio proprio!» dico io imperterrito, pronto a non retrocedere di un passo sulla mia posizione. Inizio di nuovo a camminare avanti e indietro per la stanza, sbuffando e torcendomi le mani, a volte borbottando qualcosa, altre volte gettando occhiate irritate tutto intorno a me, come se ci fosse Kurt ovunque.

Sono così impegnato a sembrare un pazzo, che non mi rendo conto del sorriso di improvvisa consapevolezza che ha attraversato i volti dei miei due amici.

 

«Non lo sopporto più! Non sopporto tutta questa situazione con lui, sta diventando ridicola.» Riesco poi a dire una frase con del senso compiuto.

 

Sembra che Wes e David abbiano deciso di assecondarmi, perché si siedono entrambi in maniera composta sul letto e assumono un’aria quasi professionale, intenti a studiarmi come se fossi un caso disperato – ed effettivamente lo sono.

 

«Effettivamente sì Blaine, sta diventando ridicola; anche se non per il motivo che pensi tu.» Dice Wes scuotendo leggermente la testa.

 

«Vuoi dirci con calma che cosa è successo questa volta?» chiede David.

 

Faccio un profondo sospiro, cercando di calmarmi e di scacciare il pensiero di Kurt dalla mia testa; ultimamente è sempre lì, sono ormai quasi due mesi che è lì, e la cosa sta iniziando a darmi sui nervi. Perché non vuole andarsene?

 

«Ok… sì, cercherò di calmarmi. Allora,» faccio un altro profondo sospiro, «Avete presente quando abbiamo cantato Animal?» I due annuiscono, così proseguo. «Beh, ho notato che Kurt ha fatto delle smorfie durante tutta l’esibizione, così mi sono preoccupato e ho deciso di indagare.»

 

Mi blocco improvvisamente. Sto facendo la cosa giusta? È giusto rivelare una cosa tanto privata di Kurt, senza che lui lo sappia? Poi però mi tornano in mente le sue parole di poco prima, alla fine di Misery, e sento montare di nuovo la rabbia, che mi sprona ad andare avanti.

 

«Ho scoperto che Kurt cercava di essere sexy, senza riuscirci ovviamente. Il fatto che lui abbia dovuto provare a essere sexy, quando secondo me non ne ha assolutamente bisogno dato che lo è già di suo, mi è completamente oscuro, ma comunque…» ormai sono un treno in corsa libera; non riesco a fermare il flusso dei miei pensieri.

 

Wes e David si scambiano un altro sorrisetto, su cui non mi concentro più di tanto, troppo preso dal mio monologo. 

 

«A casa sua ho provato a parlargli del sesso, ma lui si è imbarazzato e mi ha cacciato via. Ma lui deve sapere certe cose! Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se a una festa dovesse incontrare qualcuno e dovesse spingersi fino in fondo; non riesco a sopportare il pensiero del suo corpo violato da qualcuno che non possa usare un po’ di gentilezza, e Kurt ha bisogno di sapere a cosa va incontro.»

 

Un altro sorriso da parte dei mie due amici.

Un’altra volta che decido di ignorarli e proseguire.

 

«Così sono andato all’officina di suo padre, e ho parlato con lui.»

 

Vengo improvvisamente interrotto da Wes, che quasi strepita, «Che cosa hai fatto?»

 

Lo guardo in cagnesco, non mi sembra di aver parlato arabo – sì, ok, sono nervoso e arrabbiato, quindi tendo a esagerare. «Sono andato in officina da Burt e gli ho detto di parlare con Kurt di sesso.»

 

David affonda la faccia tra le mani, scuotendo la testa e borbottando qualcosa di molto simile a «Che cosa dobbiamo fare con te?», mentre Wes continua a fissarmi con gli occhi fuori dalle orbite e un’aria shockata.

 

«Perché lo hai fatto? A parte che ora Burt sospetterà che tu e Kurt siate fidanzati – e sfortunatamente per la sanità mentale di tutta la Dalton, non lo siete – ma poi come ti sei permesso di parlare di un argomento tanto delicato con un uomo che hai visto una volta sola? Per di più sapendo che avresti messo Kurt in imbarazzo!» dice Wes, alzandosi dal letto e venendo verso di me, con un dito puntatomi contro.

 

Faccio un passo indietro, deglutendo, ma non mi spavento più di tanto.

 

«Sentite, non mi importa di cosa Burt abbia potuto pensare. L’importante è che lui e Kurt abbiano potuto parlare di quell’argomento; non potete neanche lontanamente immaginare quanto Kurt sia fortunato ad avere un padre come Burt. Cosa pensate? Che io mi sia seduto di fronte a una confortante tazza di cioccolata fumante a parlare di sesso gay con mio padre?» quasi urlo ora, mentre sento il solito magone in gola quando penso a mio padre, un misto di rabbia e nostalgia, un mix esplosivo, che mi fa sempre o urlare contro chiunque o piangere come un bambino.

 

Le espressioni dei miei due amici si fanno tutt’a un tratto serie, quasi compassionevoli, nel sentire la piega presa dal discorso. Decido di scacciare via ogni pensiero che riguardi mio padre, sventolando una mano in aria, come se potessi scacciarlo via fisicamente. Prima di poterci effettivamente riuscire però, Wes  mi mette una mano sulla spalla, guardandomi serio.

 

«Blaine, tu hai… cioè, a te è successo… qualcosa… di brutto? Riguardo al sesso intendo.» Posso sentire l’imbarazzo che prova, nascosto tra le parole, ma anche il suo desiderio di sapere, la sua preoccupazione.

 

«No, no. Io sono… beh,» mi sento in imbarazzo anche io in questo momento. «Sono vergine. Non mi sono mai spinto oltre dei baci con dei ragazzi.» Deglutisco e faccio un passo indietro, sfilandomi dalla presa di Wes.

 

«Comunque qui non si parla di me, si parla di Kurt. Pensavo mi avrebbe ringraziato, e invece se l’è presa; stamattina abbiamo litigato.» La mia voce si incrina sull’ultima parola, il pensiero che corre subito  alla nostra discussione, avvenuta solo qualche ora fa. Mi sento così idiota a starci male! Tanto a lui sembra solo che importi di chi canta più assoli, non della nostra lite e del fatto che ho provato a sistemare le cose.

 

«E’ per questo che non è venuto a lezione stamattina?» chiede David, che ora si è avvicinato a Wes.

 

«Credo di sì, non ne ho idea!» sbotto, irritato dalla piega che stanno prendendo i miei pensieri. «Sì, immagino di sì, comunque. Anche se io ho provato a farmi perdonare, la canzone era per lui… ovviamente non è servito a nulla.» La mia voce si è fatta sempre più bassa verso la fine. Non riesco a credere che Kurt non abbia capito.

 

Poi, improvvisamente, un pensiero mi fa attorcigliare lo stomaco, mentre vengo invaso dalla paura e da uno strano senso di vuoto, che, gelido, scende a raffreddare tutta la mia rabbia. E se Kurt avesse capito che la canzone era per lui, ma non gliene fosse importato nulla? Se avesse capito di non sopportarmi più, di non volermi più vedere? Probabilmente non gli piaccio neanche più. E io sto qui a crogiolarmi inutilmente.

Che vada al diavolo!

 

Sbuffo di nuovo e riprendo a misurare la stanza avanti e indietro, continuando a borbottare qualcosa su quanto odi Kurt, il suo comportamento infantile e il fatto che non capisca che se ho parlato con Burt, l’ho fatto per il suo bene. Wes e David continuano a guardarmi fare su e giù, senza dire nulla; finché iniziano a scambiarsi sorrisetti e sguardi di sottecchi, che non fanno altro se non irritarmi ancora di più.

 

«Si può sapere perché continuate a sorridere?!» sbotto, incrociando le braccia e pestando un piede a terra. Se potessi vedermi da fuori, forse mi vergognerei di me stesso.

 

«Perché sei un idiota!» esclamano contemporaneamente, spalla contro spalla, facendomi quasi fare un salto all’indietro dalla sorpresa.

 

Aggrotto le sopracciglia e dico tutto d’un fiato, «E perché sarei un idiota? Ah sì, perché pensavo che Kurt capisse che quella canzone era il mio modo di farmi perdonare, e invece non ha capito, o peggio, non glien’è importato nulla!»

«No invece, nano maleficamente ingellato,» sbotta Wes, «perché questa rabbia è dettata dalla frustrazione

 

Spalanco gli occhi, sorpreso. «Certo che sono frustrato, sembra che a Kurt non gliene freghi più niente di me, sembra che la nostra amicizia non sia più importante per lui.»

 

«Già, e questo ti fa sentire malissimo vero?» chiede David, interrompendomi. «Ti sembra quasi come se non potessi sopravvivere senza di lui, giusto?»

 

Le sue parole mi colpiscono come un pugno dritto allo stomaco. Abbasso lo sguardo, forse per nascondere i miei occhi che, a quanto pare, sembrano esprimere così bene ciò che provo; possibile allora che solo Kurt non abbia notato il mio dispiacere?

 

«Sì,» sussurro.

 

Sono costretto a rialzare la testa quando sento i miei amici farsi più vicini e posarmi le mani sulle spalle, Wes sulla destra e David sulla sinistra.

 

«Blaine… mi sa che le uniche persone che non hanno capito niente siete proprio tu e Kurt.» Dice Wes con voce improvvisamente dolce.

 

«In che senso?» pendo dalle sue labbra, in attesa di una risposta; ma è David a parlare.

 

«Nel senso che entrambi non avete capito cosa provi tu per lui.»

 

Sgrano gli occhi, confuso. «Cosa?»

 

Wes sbuffa. «E’ chiaro che ti piace! E anche tanto!»

 

«Lo hanno capito tutti, solo tu e Kurt non riuscite a capirlo!» continua David.

 

Io faccio un altro passo indietro, scrollandomi dai miei due migliori amici. No, non è vero! Me ne sarei accorto da solo se mi piacesse Kurt. No? Non sono cose che uno non riesce a capire subito, vero?

 

«Non è vero…» ribatto shockato, la voce scesa di qualche ottava.

 

Wes fa un passo verso di me, alzando le mani. «Senti, lo hai detto tu. Hai detto che trovi Kurt sexy.»

 

«Io… beh, è vero!» Non posso fare a meno di arrossire. «Ma ciò non significa che –»

 

«E poi dai, hai praticamente ammesso che non vuoi che qualcuno lo tocchi!» continua David. «Avrei voluto che ti fossi trovato di fronte a uno specchio quando lo dicevi…»

 

«Beh, è ovvio! Cioè, non voglio che gli venga fatto del male, tutto qui.» ribatto, piccato.

 

«Per non parlare poi del fatto che hai sentito il bisogno di farti perdonare per un comportamento che, a detta tua, non aveva nulla per cui essere biasimato,» dice Wes.

 

«Certo, ma questo solo perché io non riesco a sopportare di –»

 

«Stare senza Kurt, lo sappiamo.» Dicono di nuovo contemporaneamente. Devo ammettere che a volte sono quasi inquietanti.

 

«Sì, ma solo perché è un mio amico.» Marco l’ultima parola; perché è vero, Kurt è un mio amico. Ma è anche vero che io stesso ultimamente non ho fatto altro che pensare a lui. e poi c’è anche quell’episodio della battaglia dei cuscini…

 

«Senti Blaine, forse devi ancora arrivarci – e non stento a crederlo, dal momento che il cricetino nella tua testa deve essere in sciopero dal giorno della tua nascita – però, dai, ammettilo… Kurt ti piace.» Dice David con un sorriso vittorioso sul volto.

 

Io non so cosa rispondere. Perché effettivamente non lo so proprio: non so cosa provo per Kurt.

 

«Credo di parlare anche a nome di David quando dico che penso che tu sia solo frustrato dal fatto che il tuo rapporto con Kurt non sembra progredire di una virgola da San Valentino, anzi, sembra peggiorare.» Dice Wes con tono pacato.

 

«Già, sta succedendo proprio ciò che temevo: ci stiamo allontanando.» Sussurro.

 

«Forse perché tu non riesci a stargli vicino… forse perché pensi troppo a lui e ti sembra di poter pensare meglio quando lui non è con te.»

 

Alzo lo sguardo, sconvolto, verso David. Ha detto precisamente ciò che ho provato negli ultimi due mesi; la mia difficoltà nel stare vicino a Kurt – ma contemporaneamente l’impossibilità di farlo. Non riesco a togliermi Kurt dalla testa; e forse il problema non è che penso a Kurt perché non so cosa fare con lui, ma penso a Kurt e basta.

 

Faccio degli altri passi indietro, scuotendo la testa. Devo uscire da questa stanza, ho bisogno di aria: devo pensare lucidamente, devo capire. Indietreggio fino alla porta, guardando i miei due amici, che ora sembrano un po’ preoccupati. Mi schiarisco la voce mentre poso la mano sulla maniglia.

 

«Io… ragazzi, grazie ma… devo andare.»

 

E senza aspettare che mi rispondano, mi precipito fuori dalla loro stanza, correndo per i corridoi, diretto fuori da queste mura, fuori dalla Dalton, lontano da Wes e David… e lontano da Kurt.

 

 

 

 

NOTE:

Qui Pachelbel =)

Allooooora… che dire? Tanto per cominciare oggi starò tutto il giorno chiusa in casa perché qui ho il fiume sotto casa… ciò significa che non farò l’esame (YAY!) non seguirò lezione (YAY!) non andrò a danza (*inserire bestemmia qui*)… alias NON MI DISTRARRO’!! PENSERO’ SOLO AL KLEX!

Voglio solo che venga domani!! ç__ç

 

Anyway, cerchiamo di fare le persone serie. Ho due cosine da dire: la prima è che io shippo Wes e David in una maniera allucinante, quindi non potevo inserire dei vaghi (neanche poi tanto) riferimenti. E infine… il riferimento al cricetino nel cervello di Blaine… io, Kurt e Cippalippa ne sappiamo qualcosa, nevvero?? xD

 

Inoltre, sakuraelisa ha fatto questo bellissimo video, con una canzone che personalmente amo (i SIGUR ROS!!! *sclera*) e ha inserito alcune frasi tratte dai nostri capitoli. E qui io e la mia Alch ci rivolgiamo direttamente a te… è stato stupendo! *__* Sappi solo che abbiamo pianto come delle bambine per delle ore… Grazie davvero!

 

Grazie mille a voi tutti per le splendide recensioni! *__*

Io torno a cercare di acchiappare una trota dal balcone!

Baci

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Blackbird ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

21°_ Blackbird ~ Blaine

~ Di quando… WOW… ~

 

 

 

 

Deve essere tardi, e anche parecchio. Non so precisamente quante ore siano passate da quando ho lasciato la stanza di Wes e David, meno arrabbiato di come ero entrato, ma certamente molto più confuso; non so da quante ore sto girovagando per il cortile della Dalton, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, il blazer aperto e la camicia disordinata. I miei capelli ormai saranno un completo disastro viste le volte in cui ci ho passato le dita in mezzo; sento dei riccioli ricadere lungo il collo e sulla fronte, chiaro segno del fatto che il mio casco di gel ha ceduto.

 

E io? Io ho ceduto a ciò che tutti, a quanto pare, reputano evidente?

Ho ceduto all’idea che potrebbe piacermi Kurt?

 

No, non ho ancora ceduto. Sono ancora qui che mi crogiolo nell’ignoranza e nella frustrazione, incapace di comprendere i battiti del mio cuore che accelerano tutte le volte che penso a Kurt, alle sue guance rosse durante la nostra lite, ai suoi occhi luminosi. Mi servirebbe un vocabolario, di modo che possa riuscire a tradurre da “cuoresea inglese.

 

Vorrei potermi osservare da fuori, vedere ciò che tutti sembrano aver già capito da tempo. Davvero ad occhi esterni sembra che io provi qualcosa per Kurt? Chissà cos’è che vedono che li porta a pensarlo. Magari i miei occhi mentre lo guardano sono diversi? Non lo so, non posso vedermi da fuori.

Ma com’è possibile che sia così, che io provi davvero qualcosa per il mio migliore amico, se io in primis non riesco a capirlo? Se non riesco a dare un nome ai miei sentimenti per lui?

 

Wes e David hanno detto che io sono geloso di Kurt; chiaramente è questo che hanno capito dal mio volerlo mettere in guardia contro eventuali spasimanti. Ma non è vero, non è per quello che l’ho messo in guardia! Solo, non voglio che gli capiti nulla di male; certo, potrebbe essere fortunato e trovare qualcuno che lo rispetti, ma purtroppo non va quasi mai così.

Mi sono comportato come un qualsiasi amico, preoccupandomi di lui.

 

Ma se a Kurt dovesse davvero piacere qualcun altro? Se dovesse davvero arrivare qualcuno pronto a dargli ciò che io non riesco a dargli, pronto a combattere per averlo? E se alla fine Kurt scegliesse questa terza persona? Io come mi sentirei?

 

Un improvviso, e inaspettato, morso allo stomaco mi fa quasi crollare a terra. Sono costretto a fermare la mia avanzata e a prendere dei respiri profondi; adocchio una panchina poco distante e quasi mi ci trascino, facendomi poi cadere a peso morto su di essa.

 

Se dovesse succedere una cosa del genere… lo perderei. Perderei Kurt.

 

Lui comincerebbe a passare sempre più tempo con questo fantastico ragazzo, togliendo quindi del tempo prezioso che potrebbe trascorrere con me. Potrebbe essere costretto a scegliere – vedere lui o vedere me – e la sua scelta non cadrebbe certamente su di me. Così cominceremmo a parlare sempre di meno, a vederci solamente in classe e in stanza. E poi magari il suo ragazzo, geloso, lo costringerebbe a cambiare stanza, perché non si fiderebbe di me; e di conseguenza io e Kurt ci vedremmo solamente durante le lezioni. Il nostro rapporto si sgretolerebbe senza poter fare nulla per cambiare le cose.

 

Stringo i pugni senza quasi rendermene conto.

No, non potrei sopportarlo.

 

E allora questo che cosa significa? Significa che sono geloso di Kurt?

Ovviamente sì.

 

Però… però non significa che io sia innamorato di lui, o che mi piaccia.

Significa solo che non voglio perderlo come amico.

È corretto il mio ragionamento, vero?

 

Affondo la testa tra le mani, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sospirando profondamente.

Troppi, troppi problemi. E non sono capace di risolverli, affatto.

 

Che cosa devo fare ora? Parlare con Kurt? E per dirgli cosa poi, che sono confuso? No, sarebbe solo peggio; potrei dargli false speranze di qualcosa che potrebbe non succedere mai. E soprattutto, Kurt ora non mi parla: è ancora arrabbiato con me per la questione del sesso e anche perché a quanto pare è geloso dei miei assoli. Quindi credo che la prima mossa da fare sia cercare di chiarire.

 

Ma io ci ho già provato, e ho fatto solo ulteriori danni! E se anche questa volta non dovesse capire? Se dovesse prendersela ancora di più e mandarmi definitivamente al diavolo?

 

E… se fosse già andato via?

 

Mi congelo, smetto persino di respirare mentre uno strano presentimento si fa largo nella mia testa, nel mio cuore e nel mio stomaco. Quasi senza rendermene conto, mi ritrovo di nuovo a correre veloce per il giardino; aumento sempre di più la velocità mentre mi avvicino al portone della Dalton. Lo varco a rotta di collo, non fermandomi neanche a chiedere scusa a studenti e professori che travolgo nella mia corsa.

 

Non riesco nemmeno a pensare ora come ora, mi sembra di avere il cervello totalmente congelato. Sono terrorizzato che Kurt possa non essere in stanza, che se ne possa essere andato via, non sopportando neanche più la mia presenza.

 

E poi, io dovevo essere arrabbiato con lui, vero?

Sono pessimo, e soprattutto, sono un pessimo bugiardo. Non potrei mai essere arrabbiato con lui, né tantomeno odiarlo.

 

Quando vedo la porta della nostra stanza, accelero ancora di più la mia velocità; non mi fermo a riflettere, a dirmi di calmarmi e di non entrare in stanza come se fossi un pazzo. Probabilmente la mia irruzione potrebbe spaventarlo, o magari non se ne accorgerebbe neanche, o farebbe finta di non vedermi, ancora troppo arrabbiato con me. O peggio, potrebbe chiedermi il motivo del mio affanno, e in tal caso, non saprei assolutamente cosa inventarmi; perché dirgli la verità è assolutamente fuori discussione. Non posso farmi una figura tale!

 

Fortunatamente non mi fermo a pensare nulla di tutto questo e mi limito a correre sempre più veloce, il cuore che scoppia nel petto. Non appena sono di fronte alla porta, la spalanco, pregando mentalmente che Kurt sia lì.

 

Quello che mi trovo davanti però, quasi mi fa desiderare di non averlo trovato affatto.

 

Kurt è sdraiato sul suo letto vicino al muro, le ginocchia strette al petto; non riesco a vedere il suo volto, ma solo i suoi capelli, perché ha la testa affondata nelle ginocchia. Le sue spalle sono scosse da tremiti e il suono spezzato dei suoi singhiozzi ferisce le mie orecchie.

 

Kurt sta piangendo.

E probabilmente è tutta colpa mia.

 

Sento un improvviso moto d’odio nei miei confronti, e se potessi mi prenderei molto volentieri a calci. Avevo promesso che lo avrei fatto stare bene alla Dalton, che mi sarei preso cura di lui. E invece ho fallito, miseramente. Non faccio altro che ferirlo, prima con Jeremiah, poi con la ridicola cotta per Rachel, poi con la questione del sesso di cui non dovrebbe importarmi, e alla fine, questo.

 

Non ce la faccio.

 

Quando Kurt alza gli occhi lucidi di pianto su di me, legandoli ai miei, non penso a ciò che sto per fare. Non penso al fatto che con quel gesto potrei solo confonderlo ancora di più, ferirlo ulteriormente; non penso al fatto che con ogni probabilità, metterò me stesso in una condizione scomoda, che di certo non mi aiuterà a capire, ma mi confonderà ancora di più.

 

Non penso a nulla, se non al fatto che voglio che Kurt sappia che gli sono vicino, che sarò sempre al suo fianco, che non lascerò che delle stupide liti si intromettano tra di noi. Perché ciò che abbiamo è troppo forte per essere spezzato, e soprattutto, troppo importante perché io possa permetterlo.

 

Le parole non bastano però, non questa volta.

 

Ed è anche per puro egoismo che mi avvicino lentamente a lui, senza mai distogliere lo sguardo dal suo, mi sdraio al suo fianco sul letto e lo stringo forte tra le mie braccia.

Ho bisogno di sentirlo vicino, non posso farne a meno.

 

Kurt però oppone un po’ di resistenza, facendo il contrario di quanto mi sarei aspettato. «Blaine, lasciami…» Il suo è un sussurro, quasi del tutto impercettibile se non fossi così vicino a lui. Prova a spingermi via facendo una lieve pressione sulle mie spalle, così lieve che mi rendo conto che non sta nemmeno provando a sforzarsi.

 

«Non posso…» sussurro anche io, mentre sento un groppo in gola grande come una casa cominciare a opprimermi, le lacrime che quasi salgono agli occhi. Ma non permetterò che cadano, non adesso. Ora devo occuparmi di Kurt.

 

Lo stringo forte, passando le braccia fin dietro alla sua schiena e tirandomelo contro il più possibile; inizio ad accarezzarlo sulla schiena, le mani che premono sulle ossa appena sporgenti della sua colonna vertebrale, seguendo percorsi immaginari.

 

Dopo qualche istante, lo sento rilassarsi, anche se non scioglie ancora la sua posizione rannicchiata, continuando a stringersi le ginocchia al petto. Però posa la testa all’altezza del mio cuore, le spalle ancora scosse da tremiti.

 

«Scusami» sussurro. E non è un “scusami” per il fatto che l’ho messo in imbarazzo parlando con suo padre di quell’argomento, è un “scusami” se ti rendo la vita difficile, “scusami” per tutte le volte che ti ho fatto soffrire, volontariamente e non, “scusami” se ci metto tanto a capire.

 

Sento improvvisamente tutto il peso di quella giornata cadermi sulle spalle, la levataccia mattutina, la lite con Kurt, le lezioni di cui non ricordo nulla perché ero troppo intento a pensare a Kurt e a come risolvere, la prova di Misery, la nuova lite con Kurt, la fuga in biblioteca per studiare e riflettere, la rabbia, il confronto in camera di Wes e David, la conseguente nuova fuga in giardino e quest’ultima corsa. Sono distrutto.

 

Sento le palpebre farsi pesanti, mentre il dolce calore proveniente da Kurt mi fa scivolare quasi in uno stato di dormiveglia. Regolarizzo il respiro con il suo, che si è fatto più tranquillo, ora che non piange più. Non so se si sia addormentato.

 

Ormai con gli occhi chiusi, affondo la testa tra i capelli profumati di Kurt, stringendomi per un riflesso incondizionato, o forse no, a lui.

 

Sto quasi per addormentarmi sul serio quando un pensiero, chiaro e semplice, si fa strada nella mia mente; sono troppo intontito però per capirlo davvero, così non mi sforzo neanche di trattenerlo.

 

Kurt sa di casa.

Kurt sa di affetto.

Kurt sa di amore.

 

 

*

 

 

Il freddo mi colpisce la schiena; faccio per stringermi ancora di più contro Kurt, ma non trovo altro che aria. Apro gli occhi di scatto, spaventato, e non trovo nessuno tra le mie braccia.

 

Kurt non è qui.

 

Mi giro sulla schiena e mi tiro a sedere, guardandomi attorno confuso. Fuori dalla finestra è ormai buio; non so quante ore siano passate da quando sono arrivato in camera, non so quanto abbia dormito. So però che è la seconda volta che mi addormento abbracciato a Kurt e lui non è presente al mio risveglio.

 

Forse anche questa volta è in bagno, spero solo non stia di nuovo piangendo. Non credo che ce la farei a sopportarlo di nuovo. Dal bagno però non viene nessuna luce. Sporgendomi verso il comodino accanto al letto di Kurt, accendo la luce della lampada, che mi ferisce per un attimo gli occhi.

 

La stanza è vuota, ed è esattamente come l’avevamo lasciata, i libri aperti sulle scrivanie, i miei vestiti ripiegati ordinatamente sulla sedia, proprio come quelli di Kurt. Ora che però ci faccio caso, manca il suo cappotto. Kurt è uscito? A quest’ora?

 

Vengo di colpo assalito dall’ansia, e appoggio una mano sul materasso, per sorreggermi. La mia mano però si scontra con qualcosa che non è certo la stoffa delle coperte, bensì un pezzo di carta. Lo prendo in mano e i miei occhi vagano su quelle poche righe vergate dalla grafia ordinata e sinuosa di Kurt.

 

 

Scusami, ma non riuscivo a stare qui.

Ho deciso di tornare a Lima per stanotte, avevo bisogno di staccare un po’.

Ho portato Pavarotti con me, mi serviva un po’ di compagnia durante il viaggio. Domani lo riporto alla Dalton.

 

Ti voglio bene.

 

 

Sento i battiti del mio cuore diminuire appena, e nonostante la sua ultima dichiarazione di affetto mi abbia scaldato un po’, non riesco a togliermi dalla mente la prima frase.

 

Mi sdraio di nuovo, fissando il soffitto e stringendo al petto il biglietto di Kurt.

Credo proprio che stanotte non riuscirò a dormire.

 

 

~∞~

 

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life, You were only waiting for this moment to arise

 

 

Kurt sta cantando, la sua voce cristallina che si leva alta nell’aria e che colpisce direttamente i nostri timpani, percuotendo le corde più profonde del nostro cuore.

 

Stamattina l’ho aspettato davanti al portone della Dalton. Avevo bisogno di vederlo, di sapere come stava e soprattutto come stavamo noi. Dopo ieri sera però non si era più fatto sentire e sinceramente stavo iniziando a preoccuparmi. E non ho fatto altro che agitarmi ancora di più quando Kurt non ha varcato quel portone, gli occhi luminosi e quell’aria un po’ altezzosa contrastante con le gote arrossate, tipica di lui. Wes e David hanno dovuto trascinarmi in aula a forza.

 

Sono stato agitato per tutta la durata delle lezioni, mentre il timore che avesse deciso di rimanere a Lima per non vedermi si faceva strada nella mia testa, corrodendola di dubbi e paure. Ma perché sono così spaventato?

Cos’è questo dolore che sento all’altezza del petto?

 

Lo provo anche ora, mentre lo vedo fermo in mezzo alla stanza, gli occhi lucidi di commozione e le mani giunte. So perché ci sia rimasto così male per Pavarotti, e per questo non mi verrebbe mai e poi mai di giudicarlo per la sua reazione ad occhi esterni un po’ eccessiva.

 

Quell’uccellino gli è stato davvero vicino, ne ho avuto dimostrazione giusto poche ore fa dopotutto. Pavarotti gli faceva compagnia, e so anche che Kurt si paragonava a lui. D’altronde, ero stato io il primo a fare il paragone tra Pavarotti e Kurt, e credo che il mio amico abbia cominciato davvero ad affezionarsi a quell’usignolo.

 

Non so cosa fare per far stare meglio Kurt. E non mi importa se lui è ancora arrabbiato con me – ha persino fatto la battuta sul fatto che secondo lui siamo “Blaine e i suoi ragazzi”. Ogni mia mossa si rivela sempre sbagliata – ieri sera credo di aver davvero esagerato, ma non ho potuto farne a meno – perciò ora sono un po’ restio nel fare qualcosa.

 

Effettivamente però c’è una cosa che potrei fare. Tenendo lo sguardo basso, inizio a fargli da sottofondo, e vengo seguito quasi subito dal resto dei Warblers.

Un usignolo non canta mai da solo: ha sempre bisogno del supporto dei suoi compagni.

 

E io… io voglio essere di supporto a Kurt. Voglio aiutarlo, sostenerlo, fargli capire che non è solo. Proprio come ieri sera, sento l’impulso di avvicinarmi a lui, abbracciarlo, toccarlo. Voglio che ogni centimetro del nostro corpo sia in contatto, di modo da poter quasi penetrare dentro di lui, per poterlo così accompagnare sempre. Ovunque lui vada, sarò anche io con lui.

 

E so che non è possibile ma… Aspetta! Forse è possible…

 

 

Blackbird singing in the dead of night

Take these sunken eyes and learn to see
All your life, you were only waiting for this moment to be free
Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night

 

 

Aggrotto le sopracciglia, un po’ confuso – più di quanto sia possibile. Sto raggiungendo picchi di confusione degni di una qualsiasi persona che abbia perso la memoria e si ritrovi per caso catapultato nella propria casa, con le persone che ama vicino.

 

Ah, Anderson, per la miseria, la smetti di fare lo scemo e guardi il tuo amico esibirsi?

 

Fisso Kurt negli occhi, e per un momento, un fugace, pallido momento, provo l’improvviso desiderio – così forte da farmi attorcigliare lo stomaco – che anche lui mi guardi. E in quel momento, non posso fare a meno di notare i suoi occhi, di quel colore indefinibile, tra l’azzurro, il verde e il grigio; ora stanno luccicando, sono quasi abbaglianti per quanto brillano. Brillano di quella luce che ho visto tante volte, per molti motivi diversi.

 

Ho visto i suoi occhi brillare in quel modo per lo stupore, la prima volta che è venuto alla Dalton mentre io cantavo Teenage Dream; li ho visti brillare così per la tristezza, la prima volta che ho sentito Kurt cantare, in questa stessa sala; li ho visti brillare per la felicità, la prima volta che le nostre voci si sono unite insieme, creando quel mix perfetto che adoro; li ho visti brillare per la rabbia, la sera in cui non ho fatto che ferirlo sempre di più, prima per la questione di Jeremiah, poi perché ho scaricato tutto su di lui; e infine li ho visti brillare per l’allegria, durante la battaglia dei cuscini, quando non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e quando ci siamo trovati improvvisamente troppo vicini.

 

Anche ora i suoi occhi stanno brillando, di quella stessa luce che ho imparato, dopo tutto questo tempo, ad… amare.

 

 

Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
You were only waiting for this moment to arise

You were only waiting for this moment to arise

 

 

Improvvisamente, tutto si fa più chiaro, nonostante ora il cuore mi stia battendo così forte da far male – e non capisco come gli altri intorno a me non riescano a sentirlo – e nonostante la miriade di immagini che mi stanno passando per la testa – ricordi, sensazioni, profumi. E sono tutte Kurt.

 

E il pensare a lui non mi confonde, affatto. Anzi, mi fa sentire improvvisamente vivo, pieno di forze e di energia; e devo quasi trattenermi dall’alzarmi e andare dritto da lui, abbracciarlo e baciarlo.

 

Sì, voglio baciare Kurt.

E non sono per niente spaventato da questo mio ultimo pensiero.

 

Come ho fatto a non capire prima?! I segnali erano chiari, cristallini.

 

Non pensavo a Kurt per decidere come comportarmi con lui, ma pensavo a Kurt e basta. Ora però non lo penso soltanto, lo so.

 

Ero, e sono, effettivamente geloso, non perché semplicemente ho paura che qualcuno possa mettersi tra di noi, tra la nostra amicizia, ma perché non posso sopportare di vedere qualcun altro vicino a lui che non sia io.

 

Avevo, e ho, paura che lui possa andarsene, perché ormai Kurt è così parte di me che è impossibile pensare a una vita lontano da lui.

 

Quando, dopo la battaglia dei cuscini, avevo fatto la scelta tra la mia sicurezza e il provare a saltare nel cerchio di fuoco – e avevo scelto la sicurezza – non mi ero reso conto di aver in realtà già scelto di attraversare il cerchio di fuoco; effettivamente mi ci sono buttato a capofitto già dal primo giorno, sin dal primo momento in cui l’ho visto, quando i miei occhi hanno incrociato i suoi sulle scale della Dalton.

 

Già in quel momento avevo elevato la mia amicizia con Kurt a un livello superiore a qualsiasi altra amicizia che avessi mai avuto. E le cose con lui sono sempre state diverse, particolari, speciali, perché lui è speciale per me. Lo è sempre stato.

 

Il cuore continua a battere affannoso nel petto, e nonostante tutto solo ora riesco a capirne davvero il motivo.

 

Non ho mai avuto bisogno di un cardiologo, non avevo un problema al cuore – o per lo meno non al cuore inteso come organo. Ma era qualcosa di molto più profondo.

 

Non ho mai avuto bisogno di un vocabolario per tradurre i battiti del mio cuore, perché già solo essi significavano qualcosa. Significavano tutto.

Kurt significa tutto.

 

E il pensiero che solo ieri sera non ero riuscito ad afferrare, torna a invadere tutto me stesso, non solo la mia mente. Kurt sa di amore. E io non lo so cosa significa amore, ma so che è quello che sento per Kurt, questo dirompente desiderio di muovermi verso di lui, di gravitargli attorno come se io fossi un suo satellite.

 

E mentre la canzone si avvia alla fine, non posso fare a meno di lasciare che il mio viso si apra in un sorriso, probabilmente ebete, perché ho appena avuto la mia rivelazione divina, ho dimostrato il mio problema. E non posso che esserne felice.

 

Kurt… credo di essere innamorato di te.

 

 

 

 

 

NOTE:

Allora, tanto per cominciare, vi informo che io sono morta. Vi scrivo dall’oltretomba *Moony saluta, vicino a me* perché… beh… è il caso di dirlo?? *__* Quanto è stata bella la 3x05?? QUANTO?! Il ritardo nel postare è colpa del fatto che io e il mio Kurt eravamo troppo fuori di testa per pensare a qualsiasi cosa che non fosse loro! *__*

 

Poi credo sia dovuta una grande “ola” o un applauso o ciò che più vi aggrada per il fatto che Blaine ha capito! Non so voi, ma sinceramente quando ho guardato la 2x16, durante Blackbird urlavo mentalmente improperi contro Blaine e il suo essere tardo… xD

 

Ora passiamo alle note “dolenti”… sinceramente questo capitolo mi spaventava a morte. Perché questo è IL capitolo e avevo paura di scriverlo male, o di non mettere tutto, o di deludere voi lettori… Ho perso il conto delle modifiche che ho apportato e anche se il risultato finale è quello che ho giudicato il più adatto, di certo non mi ha soddisfatta del tutto… Spero però che a voi piaccia almeno un minimo… *ed è qui che vennero fuori le paranoie di Pachelbel*

 

Poi, Medea00, probabilmente ricorderai che avevamo parlato di un riferimento, non voluto, alla meraviglia che è il tuo Blame it on Blaine probabilmente lo hai riconosciuto! =)

 

Grazie mille alle 13 fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo =) Vi amiamo! ♥♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Blackbird ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

 

22°_ Blackbird ~ Kurt

~ Quando gli aiuti giungono inaspettati e il latte caldo è la migliore cura a tutti i mali ~

 





 

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life, You were only waiting for this moment to arise

 

Sento le lacrime bagnare di nuovo il mio viso pallido non appena le prime parole lasciano le mie labbra. Non avevo intenzione di piangere, ma in realtà credo che al momento sia la cosa migliore da fare e in ogni caso non ho la forza per tentare di fermarmi.

E allora lascio che il mio viso, i miei occhi mostrino ciò che provo senza pudore e me ne sto qui, al centro della sala, a cantare per Pavarotti, il dolore che mi spezza il cuore e gli sguardi pieni di triste cordoglio degli altri Usignoli – e di Blaine – che mi accarezzano con comprensione.

 

Non so se sia stupido o meno sentirsi tanto coinvolto: forse sarebbero in molti a prendermi per idiota o a giudicarmi infantile, eppure non m’importa. Non sanno quanto fossi legato a Pavarotti, quanto mi fossi confidato con lui ultimamente.

Sì, confidato: ho parlato con lui e ho cantato, mi sono sfogato quando le cose non andavano affatto bene ed ho gioito quando sembravano sistemarsi.

È stato un grande amico, sempre pronto a tirarmi su di morale con un fischio… Molti dicono che gli animali sono solo animali, ma sbagliano: alle volte si crea davvero un legame, una sorta di particolare empatia per cui avvertono, capiscono quando le cose non vanno.

 

Pavarotti era così: non so come facesse, ma sapeva perfettamente quanto il suo canto cristallino avrebbe potuto fare la differenza e tirarmi su di morale almeno un po’ – cosa di cui ultimamente ho avuto bisogno fin troppe volte.

Ed ora se n’è andato.

 

 

Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life, you were only waiting for this moment to be free

 

Gli altri Usignoli cominciano ad accompagnare il mio canto con un sottofondo lieve e ritmato. Adoro davvero tanto la loro, la nostra capacità di mettere su un coro davvero emozionante in pochi istanti e senza preavviso.

È stato Blaine il primo ad attaccare, suggerendo l’idea al resto del gruppo.

 

Non mi è di certo sfuggito il suo sguardo, al limite dello spaventato, che mi ha rivolto quando sono entrato in modo quasi teatrale nella sala di ritrovo, col mio completo nero e l’aria sconvolta.

Per un attimo, lo confesso, ho provato l’istinto quasi irrefrenabile di gettarmi fra le sue braccia e piangere. Piangere per la morte del canarino, piangere per la nostra litigata, per tutte le nostre litigate, piangere per il freddo che ho sentito stanotte, lontano da lui…

 

Poi, fortunatamente, quel briciolo di orgoglio e reputazione da difendere che mi sono rimasti hanno avuto la meglio su tutto e sono rimasto lì a dare la triste notizia, prendendomi anche il lusso di lanciargli una frecciatina abbastanza fredda sul fatto che siamo sempre più “Blaine e suoi ragazzi” e meno “Gli Usignoli”.

Lui, però, non mi è sembrato aver accusato il colpo…

 

I suoi occhi non mi hanno lasciato per un attimo mentre ho pregato tutti di poter cantare questa canzone e c’era qualcosa in essi che mi ha turbato nel profondo, per quanto non ami ammetterlo. Era come spaventato. Come se si aspettasse qualcosa di brutto da un momento all’altro. Il modo in cui mi ha chiesto cosa fosse successo… mi ha tolto il fiato. C’era un’allarmata preoccupazione in quelle parole e di certo non per la triste sorte di Pavarotti – cosa per cui, tra l’altro, non aveva modo di farsi problemi, a meno che non nasconda poteri di preveggenza.

 

 

Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night

 

Che fosse preoccupato per me?

Eppure non ne aveva motivo. Sono stato fin troppo gentile a lasciargli un messaggio, ieri, per fargli sapere che stavo bene e che ero solo tornato a casa dal momento che si era addormentato praticamente abbracciato a me.

È stato troppo. Lui non pensa mai alle conseguenze dei suoi gesti! O almeno, sembra che negli ultimi tempi non riesca a farlo con me.

 

Piangevo per lui, ieri. Ho pianto per lui così tante volte che ormai mi sembra difficile anche stargli accanto – ho paura di fare pace solo perché potrei essere di nuovo deluso. E quando ieri lui si è offerto di consolarmi, io mi sono stupidamente arreso all’idea di averlo accanto – anche se mai come vorrei davvero.

Ho già ringraziato il cielo un milione di volte per il fatto che non mi abbia chiesto il motivo di quelle lacrime: non avrei – e non ho tuttora – la forza e soprattutto la voglia di spiegargli che piangevo per lui. Insomma, possibile che non se ne sia accorto? Sa di piacermi, ma pare non si sia fatto più problemi di tanto e all’inizio la cosa mi andava anche bene – avevo troppa paura di perderlo – ma ora è insostenibile.

 

E ieri vederlo così, accanto a me, bellissimo e allo stesso tempo mai così distante, mi ha costretto a scappare. Ho preso il cappotto e Pavarotti e sono tornato a casa senza neanche pensarci, perché se lo avessi fatto, forse non mi sarei mosso ed avrei sofferto in silenzio.

Sono stufo di soffrire.

 

 

Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise

 

 

Mi sposto con lentezza superando il divano ed avvicinandomi al tavolo. Sento gli sguardi dei miei compagni seguirmi con supporto mentre le loro voci corali coprono il silenzio della mia pausa. Quando riprendo a cantare, nuove lacrime bagnano il mio viso.

 

Un pensiero tremendo mi scuote: che sia stata colpa mia? No, non parlo di Blaine, ma di Pavarotti. L’ho portato con me ieri: non ce la facevo a guidare da solo fino a Lima e la sua voce cristallina ha dato tregua al silenzio pieno di pensieri confusi che opprimeva la macchina. Eppure… pensandoci, i canarini sono animali molto sensibili… il cambiamento di ambiente, lo sbattimento per il viaggio o qualche altra cosa che probabilmente mi sfugge potrebbero avergli provocato un malessere e quindi la morte! L’ictus è solo una probabile spiegazione, plausibile perché spiegherebbe la sua improvvisa dipartita, ma nulla di più!

D’improvviso mi sento più male di quanto non stia già e non so neanche se questo sia possibile.

 

Resta il fatto che la canzone sta per finire e che speravo alleviasse almeno di un po’ la mia sofferenza, mentre, invece, pare solo averla aumentata.  

Quando il coro dipende le ultime note nella stanza non posso che pensare alle parole che ho cantato.

Vola, Pavarotti… io ora sono solo.

 

 

~∞~

 

 

 

Chiudo il libro di storia con un gesto secco e stizzito e vi poggio la testa sopra, distrutto. Non sono riuscito a studiare nulla e credo che ormai non abbia più senso provarci. La mia testa è altrove, certamente non focalizzata su date e battaglie memorabili.

 

Non ci stavo pensando, ad essere sincero – non particolarmente. È più che altro l’intero stato emotivo e non essersi spostato da lì, come se anche non pensandoci, anche cercando di distarmi, inconsciamente fossi sempre fermo lì. E questo, ovviamente, non mi permette di concludere molto.

 

Blaine. Possibile che non riesca a stare un attimo senza pensare – consciamente o meno – a lui? E più ci penso più sprofondo.

 

Sono patetico: ottima conclusione. Che poi, è assurdo! Se, come ormai mi sto convincendo sempre più, lui non ricambia ciò che provo, non potrò stare in questo stato per sempre! Insomma devo pur riprendermi dalla cosa e andare avanti, come ho sempre fatto.

 

Ma non ho mai provato quello che sento per Blaine…

 

Mi maledico. Perché non mi dice subito quello che pensa e chiudiamo la questione una volta per tutte? Il dubbio, l’attesa mi stanno logorando.

 

Forse se non lo stessi palesemente evitando, ritirandomi a studiare in un angolino nascosto della biblioteca, lui mi avrebbe già parlato…

 

Ma chi voglio prendere in giro? Non mi sta cercando, è chiaro. Non ha nulla da dirmi, come sempre. Ed io sono l’unico che si sta facendo miliardi di problemi a riguardo.

 

Sbuffo, la stanchezza che mi irrita particolarmente e il pensiero di salire in camera che mi chiude lo stomaco: dovrei essere superiore, dovrei fregarmene ed andare avanti, ma non ci riesco, non ora… Non credo che salirò…

 

Neanche un attimo dopo, sto già attraversando il corridoio principale con una risoluzione che maschera la paura e i dubbi che ho in realtà e che rischia di crollare da un momento all’altro. Se solo provassi a pensare ancora un attimo, forse mi fermerei. Se incontrassi Blaine mentre scappo di nuovo

 

Rabbrividisco e accelero il passo, quasi fossi inseguito da qualcosa fino a che non incrocio la porta principale dell’edificio. Mi fermo. Mi sembra di essere davanti ad un bivio cruciale: se fuggo da lui ora, che cosa farò domani? E il giorno dopo? E tutti quelli che verranno fino al nostro chiarimento? Fuggirò ancora? Fuggirò da Blaine? Eppure la sola idea di restare, stanotte, mi toglie il fiato quasi più di tutte queste domande.

 

Azzero il cervello. Zittisco le voci nella mia testa e varco la sogna, l’aria fresca della sera che nonostante il tempo sia addolcito, mi punge il viso più di quando credessi. Metto le mani in tasca e mi stringo nelle spalle cercando di sembrare quanto più tranquillo e disinvolto possibile e sperando di non incontrare nessuno degli amici più stretti di Blaine – Wes e David in primis: sono certo che li avrà messi al corrente di tutto e l’ultima cosa di cui ho bisogno al momento è parlare dei nostri fatti privati con qualcun altro.

 

A quel pensiero mi blocco. Illuso io che penso ad un “nostro”! Illuso…? In fondo, tolto tutto il casino dovuto al fatto che provo qualcosa per lui, resta pur sempre la nostra amicizia: quella è sacra e non ha nulla a che fare con… no aspetta! La nostra amicizia non ha nulla a che fare con il rapporto che c’è tra noi? Ma mi rendo conto delle assurdità che sto dicendo?!

 

Sospiro. La confusione e la pazzia mi stanno ufficialmente prendendo. “Signor Hummel, la mia è una diagnosi definitiva ed irreversibile ed il colpevole è solo uno: Blaine Anderson”

 

È quasi istintivo per me ora voltare la testa verso la finestra della nostra camera che dà proprio sul cortile esterno della scuola. Ero certo, però, di averla chiuda prima di uscire: come mai ora invece è mezza spalancata? Non mi sembra il caso di…

Oh. I miei occhi improvvisamente incontrano quelli di Blaine, che si è appena sporto aprendone anche l’altra metà, e anche se distanti allargano la loro vista a tutto il viso cogliendone ogni dettaglio con estrema precisione. Il volto mi sembra spento, scuro nel suo innaturale ma lieve pallore e teso come non l’avevo mai visto prima.

 

Per un attimo l’istinto mi dice di nascondermi, di non farmi vedere da lui mentre vado via, ma sarebbe stupido e in ogni caso non da me fuggire in questo modo – Blaine, non mi hai cambiato fino a questo punto. O forse sì…? In fondo, sto comunque fuggendo…

 

Mi rendo perfettamente conto del momento in cui anche i suoi occhi, vacui e persi nell’orizzonte, mettono a fuoco la mia figura: colgo chiaramente la sorpresa allargarli e una strana, consapevole tristezza attraversarli, letale. Resta fermo li, il suo sguardo che non mi abbandona, ma non fa altro.

 

Io sento chiaramente il mio cuore spezzarsi; abbasso la testa e chiudo gli occhi per un attimo, le prime lacrime che si intrecciano alle mie ciglia, pezzi di ciò che sono che cadono nel nulla, rumore di cocci infranti sul pavimento.

 

Volto le spalle all’edificio e continuo a camminare quasi per inerzia fino a che non mi accorgo di essere arrivato alla mia macchina. In realtà vorrei essere già a casa, sul mio letto, lontano da tutto, libero di potermi sfogare e forse anche di poter ragionare con una lucidità che ora mi pare irraggiungibile.

 

 

*

 

 

Il viaggio verso Lima non mi è mai parso tanto apatico – non sento nulla, non provo nulla, come se fossi in stand by, in attesa di poter lasciare che tutto mi cada addosso una volta che sarò al sicuro tra le mura di casa. Una bomba ad orologeria il cui conto alla rovescia, però, non si è ancora concluso. Non voglio neanche pensare a quando succederà.

 

Non voglio pensare.

 

Il rumore della radio mi giunge in lontananza, come se fosse in un’altra stanza e neanche riesco a fare attenzione a quello che sta trasmettendo: l’ho accesa solo per zittire il silenzio della macchina. Ieri c’era Pavarotti, stasera sono solo e mi è parso impossibile anche solo immaginare un simile viaggio senza nulla che impedisse al silenzio di opprimermi.

 

Dopo un tempo che non sono riuscito a concepire e che non potrei in alcun modo calcolare – che ore erano quando ho lasciato la Dalton? Ed ora? – riconosco la strada in cui sono cresciuto e, quasi come un’oasi nel deserto, scorgo casa mia, le luci della cucina accese. Sarà ora di cena?

 

Sospiro, parcheggiando la macchina davanti al vialetto e resto per un attimo ancora seduto, le mani che non hanno lasciato il volante e il rumore della radio che sovrasta ogni cosa. 

 

E se mi facessero delle domande? E’ la seconda sera consecutiva che passo fuori dalla Dalton, mio padre me ne chiederà sicuramente il motivo!

 

“Non riesco a stare in stanza con Blaine senza sapere cosa pensa realmente di noi

 

Gli risponderei questo? Ma certo! E poi potrei benissimo scavarmi la fossa! Senza pala, troppo comodo: a mani nude, appena uscite da una delle manicure più precise che io abbia mai visto – e questo è tutto dire.

 

Mi lascio scappare un sorriso, non so se di stanchezza o altro ed esco dalla macchina con lentezza: non credo che risponderò alle loro domande, quindi è inutile farsi problemi su come rispondere.

 

Busso e aspetto con le mani in tasca e la testa bassa; quando mi aprono, il volto sorpreso di mio padre mi accoglie sulla porta.

 

«Kurt…»

 

Io lo guardo senza sapere cosa fare. L’attimo dopo sono tra le sue braccia, il volto nascosto nell’incavo del suo collo e l’odore familiare del suo dopobarba che mi invade le narici quasi con gioia. Trattengo le lacrime a stento.

 

«Ciao, papà» dico contro la sua maglietta, stringendolo più forte.

 

Forse lo farò preoccupare, ma improvvisamente, solo vedendolo, mi sento meglio. Almeno per un po’.

 

«Kurt…? È successo qualcosa…? Che hai?» mi chiede prevedibilmente, al che scuoto la testa.

 

«Va tutto bene» mento «Sono solo felice di vederti. Posso… posso restare qui anche stanotte?»

 

Lui mi prende per le spalle e mi costringe ad allontanarmi così che possa guardarlo in volto.

 

«Mi pare di avertelo detto dal giorno in cui sei andato alla Dalton: questa è sempre casa tua! Non devi mai più azzardarti a chiedere se puoi restare qui!»

 

Lo sguardo serio che mi rivolge per un attimo mi lascia interdetto; poi mio padre con un sorriso si fa da parte e mi lascia entrare. Non vedo casa solo da ieri, ma mi pare sia una vita. In cucina Carole e Finn mi accolgono con un sorrisone ed io sento di voler fare così tante cose insieme – ridere, piangere, abbracciarli, sfogarmi per tutto quello che sta succedendo – ma semplicemente non ne ho la forza.

 

«Tesoro, cosa vuoi che ti prepari per cena?» mi chiede Carole amorevole.

 

«Oh, no, non ho fame… sono solo un po’ stanco… Andrò in camera mia, grazie» le sorrido, prima di salire le scale ed entrare in camera.

 

Ogni cosa è come l’ho lasciata ieri e sul letto la trapunta blu crea una strana atmosfera di tranquillità a tutta la stanza. Amo il blu, amo l’effetto che ha su di me, riesce a mettermi di buon umore o almeno a placare il mio tormento.

 

Trascinando i piedi, riesco a  gettarmi sul morbido materasso quasi fossi un perso morto. Metto con difficoltà le cuffie dell’i-pod e seleziono una playlist lenta e rilassante: voglio solo riposare con calma e senza pensieri negativi almeno per una notte.

 

Chiudo gli occhi e sento lentamente la stanchezza e il sonno prendere il sopravvento su tutto – o quasi. Il pensiero di Blaine, i suoi occhi distrutti, il dolore al petto che ho provato nel vederlo così non sembrano essersi affievoliti, ma anzi, ora hanno maggiori possibilità di ossessionarmi, nonostante la musica. Non vorrei pensarci.. ci stavo riuscendo… Almeno una notte, solo una notte senza tutti quei dubbi ad incasinarmi i pensieri, solo…

 

Qualcosa mi prende la spalla, strappandomi con spavento alla nuova spirale di dolore che mi stava avvolgendo. Spalanco gli occhi con allarme e mi volto fino ad incontrare il viso di Finn, il suo accattivante mezzo sorrisetto che lo illumina.

 

«Non volevo spaventarti» si scusa sedendosi sul letto.

 

Anche io mi metto seduto e noto sul comodino due tazze di latte fumante. Oh, Finn…

 

«Mi chiedevo… insomma di solito eri tu a portarmi il latte caldo quando volevi parlarmi – me l’ha detto Rachel – e allora ho pensato che stavolta potevamo fare a cambio…»

 

Bene. Vuole parlarmi. Ed io che mi ero illuso che non ci sarebbero state domande!

 

«Di cosa vuoi parlare?» chiedo – psicologia inversa: se sembro sicuro di me e disinvolto magari non scaverà a fondo e uscirò da questa spiacevole situazione con meno problemi di quelli che prevedo al momento.

 

«Dimmelo tu! Che hai?»

 

Spero di non essere impallidito. Da quando Finn è tanto perspicace?

 

«Nulla» provo a mentire «Sono solo stanco, ve l’ho detto»

 

Mio fratello mi guarda con occhi taglienti e gelidi: ha capito che lo sto prendendo in giro! Non so se essere più spaventato dalla sua perspicacia da picchi storici o per il fatto che non si arrenderà facilmente.

 

«Sono sbalordito» sussurro cercando di sviare il discorso su altro, ma lui non molla.

 

«Non attacca, Kurt. Ieri non mi sono accorto che eri tornato a casa fino a che non ti ho trovato in cucina, di notte, a prendere dell’acqua e per poco non crepavo per lo spavento! Ora sei di nuovo qui per la notte. Deve esserci qualcosa che non va»

 

«Non posso sentire semplicemente la mancanza della mia famiglia?» ribatto offeso.

 

«No. Cioè, certo che puoi… Ma.. Quello che intendevo è che non è per questo che sei qui. Mi dici che problemi hai?»

 

Sospiro abbassando lo sguardo. Non so neanche da dove partire per spiegargli i miei problemi con Blaine. E poi… non è che sia a mio agio al cento per cento nel parlare di ragazzi con Finn.

 

«Kurt!»

 

La sua mano si poggia con una forte stretta sulla mia spalla ed io sussulto per quel contatto improvviso. Ritrovando i suoi occhi vi leggo spavento.

 

«Non ti staranno dando fastidio anche alla Dalton! Tutti mi hanno detto che lì c’è tolleranza zero contro il bullismo, ma magari si sbagliano… magari, invece, ti stanno infastidendo anche lì e tu ti senti più al sicuro a dormire a casa! Chi è, Kurt? Voglio sapere subito il suo nome! Non ho fatto nulla contro Karofsky, ma stavolta non la passa liscia, chiunque sia!»

 

Guardo gli occhi scuri di Finn che brillano in un modo che ho visto pochissime volte. La mano libera si è stretta attorno ad un lembo della trapunta e lo sta stringendo forte. Io sento di arrossire, ma sorrido sincero all’affetto che traspare limpido da quei gesti.

 

«No, no, Finn! Tranquillo: non c’è nessuno che mi infastidisce a scuola! E’ tutto a posto lì: è davvero a tolleranza zero!» lo rassicuro e vedo i suoi lineamenti rilassarsi di colpo ed un sospiro lasciare le sue labbra.

 

«Allora qual è il problema, Kurt…? Avanti, con me puoi parlare!» mi incita con una dolcezza che mostra spesso in realtà e che adoro.

 

Credo sia questo che mi spinge a far cadere ogni barriera e a lasciare che la verità scivoli fuori con semplicità.

 

 

 

«Blaine» sussurro distogliendo lo sguardo e sento i suoi occhi trafiggermi: ovvio che aspetti che vada avanti «È da un po’ che non facciamo altro che litigare e chiederci scusa… Ma stavolta non abbiamo fatto ancora pace ed io non so come affrontarlo»

 

«Oh…»

 

Quel monosillabo conferma il fatto che né io né lui siamo proprio a nostro agio a parlare di un simile argomento, ma con sorpresa Finn non demorde.

 

«Ha fatto qualcosa di tanto grave da non meritare il perdono?» chiede discreto.

 

«No! Cioè… non è così grave…»

 

«E allora perché non avete ancora chiarito?»

 

Io lo guardo con un gesto di scatto. Ha colto nel segno. Di nuovo. Finn.

 

«È… complicato…» comincio e il suo sguardo è un imperativo ad andare avanti «Non è neanche questa litigata in particolare il problema. Il punto è che… io… si è rotto qualcosa, Finn… Chiamalo feeling, chiamalo “essere sulla stessa lunghezza d’onda” o come vuoi tu… Ma non c’è più.. e mi sembra che ad ogni parola ci allontaniamo sempre di più… Lo sto perdendo»

 

Ormai non provo più neanche a nascondere quello che sento…

 

«Gli vuoi bene…» constata lui, con uno dei suoi mezzi sorrisi «C’è da capire se gli vuoi così bene»

 

Stavolta sono io a guardarlo interrogativo.

 

«Ma sì…» riprende un po’ imbarazzato «Insomma, cosa senti per lui? E non parlo delle solite cose stupide come il cuore che pare fermarsi o il fatto che non riesci a staccare occhi e testa da lui. Parlo di quando vorresti fare un milione di cose insieme e allo stesso tempo nulla, perché lui riesce a metterti in subbuglio completo; parlo di quando con lui il mondo è migliore e senza di lui un inferno completo; quando ti rendi conto che sul serio non potresti farne a meno»

 

Io non stacco gli occhi da quelli di mio fratello. Parla per esperienza, lo so. E sono quasi certo di sapere anche a chi si riferisce. Ma io… io provo questo per Blaine?

Non ho bisogno di domandarmelo neanche una volta.

 

«Finn, mi stai chiedendo se sono innamorato di Blaine?» sussurro con voce tremante.

 

«Lo sei?»

 

Lo sento di nuovo, in questo preciso momento: come prima, alla vista dell’Usignolo alla finestra della nostra stanza, sento il cuori spezzarsi – la verità è troppo forte. Non sono più in grado di trattenerla, non sono più in grado di trattenere le lacrime o la voglia di sentire il calore di un corpo che mi abbraccia – il suo mi manca terribilmente. Mi lancio tra le braccia di Finn quasi con disperazione e lui mi stringe a sé con un trasporto in cui non osavo sperare.

 

«Sì» gemo tra i singhiozzi «Lo amo. Sento di non aver mai provato un simile sentimento prima e mi chiedo cosa sarò quando tutto questo verrà strozzato da un suo “no”. Non ce la faccio, Finn»

 

Sento la grande mano di mio fratello accarezzarmi la schiena con inaspettata delicatezza mentre le mie lacrime bagnano la sua felpa scura. Lascia che mi sfoghi, che lasci passare tutto il dolore e la voglia di gridare al mondo tutto quello che non va. Io farfuglio frasi sconnesse ed impastate dal tremore delle labbra e continuo a fare la stessa domanda.

 

Cosa prova per me Blaine?

 

Quando sono relativamente calmo e le mie spalle non sono più in preda agli scatti dei singhiozzi, Finn mi lascia andare, guardandomi negli occhi.

 

«Ascolta, Kurt: so quanto possa essere difficile, ma l’unica cosa che puoi fare al momento e parlargli. Chiarisci tutto, sii diretto, chiedigli cosa prova»

 

Io scuoto la testa: non ne ho la forza.

 

«So che non sopporterei un rifiuto» spiego.

 

«E invece hai la forza di resistere in questo stato ancora per molto? Guardati, Kurt! È la seconda volta che scappi dalla Dalton! E poi.. credo che il chiarimento farà bene ad entrambi in ogni caso»

 

«Come potrà farmi bene un rifiuto, Finn?» piagnucolo, stendendomi a metà sul letto e poggiando la testa sul cuscino.

 

«Perché se succederà, smetterai di stare male ed andrai avanti! Non puoi farti ridurre così, da nessuno»

 

In effetti, non è la prima volta che mi spaventa il potere, la capacità di farmi stare bene o male che Blaine ha su di me. Sospiro. Gli parlerò. Appena troverò il momento adatto, gli parlerò… per quanto ora non ne sembri del tutto convinto, credo che Finn abbia ragione.

 

«E fino a che non avrò chiarito…?»

 

«A parte che devi farlo quanto prima» quasi sembra minacciarmi «Fino a quel momento… sii semplicemente te stesso. Non portargli inutile rancore, non essere acido e non aggravare il tutto. Ma ti ripeto, prima è meglio è»

 

Da quando Finn è un pozzo di saggezza e ottimi consigli…? Lo guardo con affetto.

 

«Stasera mi sembri un vecchio filosofo» mi complimento «Sai anche dirmi quando credi sia di preciso il momento migliore per parlare con Blaine?»

 

Lui sfoggia un nuovo sorrisetto ed io già so cosa sta per rispondere.

 

«Te ne accorgerai solo quando arriverà» fa sibillino ed io alzo gli occhi al cielo.

 

«In tutto questo» riprende lui, lanciando uno sguardo al mio comodino «Abbiamo completamente dimenticato il latte! Ormai sarà freddo!» si rammarica.

 

«Tranquillo» sorrido io – troppe volte nella stessa serata «Il latte caldo ha svolto alla perfezione il suo compito»

 

Finn mi stringe un’ultima volta la spalla con affetto e poi mi lascia, salutandomi con un sorriso.

 

«Emh… Kurt, se hai bisogno, sai dov’è la mia camera: non esitare a svegliarmi» mi raccomanda.

 

«Grazie, Finn. Di tutto»

 

Lui strizza un occhio e lascia la stanza. Io ancora sorrido: sarei perso senza di lui e mi rendo conto che non è la prima volta. Finn è il fratello migliore che possa avere. L’unico che vorrei.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Ok, prima che qualcuno di voi mi/ci uccida per l’enorme, imperdonabile ritardo con cui postiamo, ci scusiamo infinitamente! Impegni vari (alcuni piacevoli, altri meno) hanno sottratto tempo alla storia, ma ci stiamo rimettendo in gareggiata!  *Alchimista alza un pugno in segno di coraggio*

Ehm… se poi volete ammazzare me per l’altissima dose di angst che ho riservato a Kurt, nonostante quello scorso sia stato IL capitolo e tutti voi vi aspettavate un bacio… *Alchimista non sa come proseguire e tenta di nascondersi dietro Pachelbel* abbiate ancora un po’ di pazienza: garantisco che sarà pienamente ripagata u.u

Ci teniamo poi a ringraziare le stupende 17 persone che hanno recensito lo scorso capitolo *-* e tutte quelle che ancora mettono la storia tra preferite/seguite/ricordate: siete la nostra forza e in nostro orgoglio!!!

A presto (promesso)

 

-*Alchbel ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Candles ~ Kurt ***


~ Klaine Songs ~

 

23°_ Candles ~ Kurt

~ Di quando guadagni un fidanzato e non perdi il tuo migliore amico ~

 

 

Sono seduto, solo, nella sala studio della Dalton, cercando di concentrarmi su qualsiasi cosa che non riguardi troppo Blaine, o ciò che provo per lui – un mix di rabbia, tristezza e troppo, troppo amore che mi rende una miscela esplosiva. Per questo ho deciso di decorare la piccola bara in cui metteremo poi Pavarotti.

 

Non che questa attività mi faccia stare meglio, però almeno mi rilasso, facendo qualcosa che mi piace fare. Tuttavia, il pensiero non fa che scivolare sulla riunione dei Warbler avvenuta giusto ieri: canterò un duetto alle Regionali. Io.

 

Non riesco  a smettere di pensarci, di immaginare quale canzone dovremo cantare, quali emozioni dovrò trasmettere al pubblico, cosa proverò nello stare su un palco, con l’attenzione di tutti concentrata praticamente quasi solo su di me. E sto provando a non pensare al mio compagno di duetto ma… beh, credo sia inevitabile.

 

Ah, cavolo, avevo detto che avrei fatto di tutto per non pensare a Blaine! E invece eccomi qui, a crogiolarmi nel pensiero di quale canzone dovremo cantare insieme, di come mi sentirò a cantare con lui, di cosa proverò.

 

Forse non è stata una buona idea. Forse cantare con Blaine peggiorerà i miei sentimenti per lui – e mi chiedo se sia possibile che peggiorino – però, d’altro lato, non posso fare a meno di essere felice per un sogno che si avvera: cantare come solista in una competizione canora. E inoltre, potrei approfittare delle prove in cui io e Blaine saremmo costretti a stare soli per seguire il consiglio di Finn e parlare con lui. Anche perché sono ormai tre giorni che Blaine mi evita. C’è anche da dire tuttavia che sono io il primo a evitare lui.

 

Proprio in quel momento, sento chiedere, da una voce che conosco benissimo e che mi colpisce, come sempre, «Che cos’è?»

 

Alzo lo sguardo su Blaine, che è appena entrato nella sala, bello come al solito. Provo a risultare distaccato mentre gli rispondo, anche se sono molto felice di vederlo, nonostante tutto. «Sto decorando la bara di Pavarotti.»

 

Mentre Blaine si avvicina, io distolgo lo sguardo, troppo imbarazzato a sostenere per troppo tempo il suo. Con la coda dell’occhio noto Blaine appoggiarsi con le mani sul bordo della sedia di fianco a quella su cui sono seduto io.

 

«Beh fai in fretta. Ho la canzone perfetta per il nostro numero. Dobbiamo fare le prove.»

 

Questo attira certamente la mia attenzione, scacciando l’imbarazzo, che lascia il posto alla curiosità. Così decido di guardarlo – sarebbe da veri maleducati non farlo – e gli dico, «Spara.»

 

Lui sospira un po’ e distoglie lo sguardo, parendomi un po’ in imbarazzo. Non capisco perché debba essere in imbarazzo, ed effettivamente sarà durato solo mezza frazione di secondo, quindi è possibile che me lo sia immaginato. Ma, appunto, è solo un momento, perché poi riporta lo sguardo su di me e risponde, «Candles, degli Hey Monday.»

 

Ora capisco il suo imbarazzo. La canzone effettivamente non è una scelta che mi sarei aspettato da lui, e infatti glielo dico.

 

«Sono colpito. Di solito scegli le prime in classifica.»

 

Blaine mi guarda per un attimo e poi decide di sedersi accanto a me – cerco di non dare a vedere che dentro di me sto esultando: stiamo facendo la prima discussione pseudo normale da quando abbiamo litigato, lunedì. Quasi non mi sembra vero.

 

«Beh, cercavo qualcosa di un po’ più… sentimentale.»

 

Questo mi lascia spiazzato per un attimo. Per quale motivo Blaine vorrebbe cantare un duetto, che sia sentimentale, con me? Per un momento sento montare dentro di me la rabbia e inizio a dirmi mentalmente di non cominciare a farmi illusioni, che questo non significa niente, che Blaine non prova qualcosa per me che vada oltre all’amicizia.

 

Poi però mi viene in mente ciò che mi ha detto Finn, di scoprire cosa prova Blaine per me, di chiederglielo direttamente. Purtroppo, questa è una cosa che non riesco a fare, non con Blaine. Perciò decido di fargli una domanda che non è proprio diretta, ma che, in qualche modo, potrebbe portarci a parlare anche del nostro problema – ancora Kurt? Non c’è nessun noi, mettitelo bene in testa!

 

«Perché hai scelto me come compagno di duetto?»

 

Lo guardo, in attesa di una risposta, e lo fisso abbastanza insistentemente. Voglio che capisca che mi preme saperlo, e che voglio che sia sincero con me. Blaine sembra pensarci un bel po’ su e segue un lungo momento di silenzio imbarazzato. Sembra quasi che stia decidendo qualcosa e sembra che qualsiasi cosa voglia dirmi, sia anche piuttosto difficile, vista la sua aria concentrata.

 

«Kurt, c’è un momento…» fa una pausa, come se stesse cercando le parole adatte per continuare. «Quando dici a te stesso, “Oh, eccoti,”» Fa un’altra pausa, guardandomi negli occhi. I suoi sono di un colore indefinito. Inaspettatamente, sento il cuore cominciare a pompare un po’ più velocemente del normale. «“E’ tutta la vita che ti cerco”»

 

Io resto in silenzio, aspettando che vada avanti, cercando di capire cosa voglia dire. Blaine mi sembra in difficoltà però, finché deglutisce e si avvicina a me, spostando la sedia, mentre allunga una mano. E la posa sulla mia. Improvvisamente, mi torna in mente un’altra volta in cui Blaine mi ha preso per mano, la prima volta che ci siamo visti sulle scale della Dalton. Quella volta mi ero stupito di come l’avesse afferrata senza alcun tipo di pregiudizio o problema, ora invece mi stupisco di come una così semplice mossa mi faccia sentire. Ci stiamo solo toccando le mani – o meglio, lui sta toccando la mia – e il cuore quasi non lo sento più per quanto corre. Quando inizia anche ad accarezzarmi il dorso della mano con il pollice, non riesco nemmeno più a respirare.

 

«Guardarti cantare Blackbird questa settimana,» continua Blaine, alternando lo sguardo dai miei occhi al tavolo «per me ha rappresentato quel momento, e riguardava te…»

 

Fa una pausa ora, probabilmente per pensare a cos’altro dire. E per quanto io stia letteralmente morendo dalla voglia di sentire cos’ha da dire ancora, di avere la certezza di aver capito bene quello che intende, non riesco a odiare questa pausa perché mi permette di guardarlo. Mai finora Blaine è stato più bello, con gli occhi luminosi che dimostrano imbarazzo, ma anche qualcos’altro che forse so come definire. Perché è ciò che si vede nei miei occhi quando parlo di lui o con lui.

 

«Tu mi emozioni, Kurt.»

 

Vorrei deglutire ora, o scappare via, o avvicinarmi a lui e zittirlo in qualche modo ma… sono bloccato, immobile. Non riesco a muovermi. Non riesco nemmeno a sbattere le palpebre. Credo di essere in stato catatonico. E ancora, spero con tutto me stesso di aver capito bene, perché se così non fosse, potrei morirne.

 

«E questo duetto è solo una scusa per passare più tempo con te…»

 

Sorrido appena, il cuore ormai mi si è fermato, non lo sento. Ma non mi preoccupo nemmeno più, perché so di non sentirlo per un valido motivo. Ce l’ha Blaine.

Blaine, perfetto, stupendo, imbarazzato Blaine, il mio migliore amico, il ragazzo senza il quale non potrei vivere, il ragazzo che amo persino più di me stesso, il ragazzo che mi sta fissando le labbra ora, e che si è alzato dalla sedia per avvicinarsi lentamente a me.

 

Oh. Cavolo.

 

Il tempo di un battito di ciglia che sento le sue labbra premere sulle mie, dolci e delicate, ma anche decise; una sua mano preme sulla mia guancia, quasi come se avesse paura che io scappi via. Blaine, come puoi anche solo pensare minimamente che io possa fuggire? Mi stai baciando, finalmente.

 

Blaine emette un sospiro, muovendo la bocca sulla mia, e la mia mano trova il suo posto sulla sua guancia. Senza pensare, apro la bocca, desideroso di avere di più. E penso che fortunatamente sono  seduto, perché a quest’ora sarei probabilmente già crollato sul pavimento: le mie gambe non avrebbero retto. Sento la sua lingua sfiorare lievemente la mia ed è tutto così dolce e giusto da farmi girare la testa.

 

Quando ci stacchiamo, con uno schiocco anche piuttosto rumoroso, non posso fare a meno di guardargli le labbra; questo mi fa immediatamente vergognare di me, però poi noto che Blaine sembra avere il mio stesso problema.

 

Lo fisso imbambolato mentre si risiede. E se nella mia testa sembra stia passando un cricetino urlante L’ha fatto! L’ha fatto! nella sua sembra ce ne sia un altro che stia dicendo L’ho fatto! L’ho fatto!

 

«Credo… credo dovremmo provare,» dice Blaine, al massimo dell’imbarazzo. E io non penso affatto a ciò che sto dicendo ora, le mie labbra si sono aperte da sole e la voce è uscita senza che io le abbia dato il permesso di farlo.

 

E così sento me stesso dire, «Pensavo lo stessimo facendo…» Ed effettivamente non so bene cosa sto aspettando, ma quando lo vedo inclinare la testa di lato con un’espressione desiderosa in volto, alzarsi velocemente e letteralmente fiondarsi sulle mie labbra, so che è questo che stavo aspettando.

 

Mi rendo conto che io stesso mi sono alzato dalle sedia quando sento le mani di Blaine vagare sulla mia schiena, in una carezza che mi regala nient’altro che brividi di piacere. Le nostre lingue continuano ad intrecciarsi, la mia un po’ più incerta; con la lingua, disegna il contorno delle mie labbra, tirandosi un po’ indietro e permettendomi di respirare. Afferro i suoi capelli e li stringo forte, premendo di nuovo le labbra sulle sue e facendomi sfuggire un piccolo gemito di felicità.

 

Nel sentire la mia reazione, Blaine inizia a spingermi lentamente indietro, mentre le sue mani che vagano lente e delicate sulle mie guance, tra i miei capelli, sulle mie spalle e sul collo mi distraggono da dove mi sta portando. Sono totalmente perso in lui.

 

Quando però i miei polpacci si scontrano con il divano, apro gli occhi e mi scosto un po’ da Blaine, che mi  rivolge uno sguardo a metà tra il voglioso e lo spaventato. E improvvisamente, vengo assalito da una paura incontrollabile, seguita a ruota dall’imbarazzo. Abbasso gli occhi e faccio qualche passo di lato, mettendo una distanza di sicurezza tra me e Blaine.

 

Non so cosa mi stia succedendo, perché mi sono allontanato?

 

«Kurt…?»

 

La voce di Blaine giunge alle mie orecchie quasi ovattata, come se provenisse da centinaia di metri lontano da me, e non da un metro scarso.

 

So che lo sto facendo preoccupare ma ora sono spaventato da morire. Non posso stare  qui. Ho bisogno di parlare con qualcuno, ho bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto bene, che mi abbracci e che mi dica cosa fare. Ho bisogno di mio fratello.

 

Alzo gli occhi su Blaine, che mi guarda ancora più spaventato di prima. Fa un passo verso di me, allungando una mano, ma io mi allontano, mentre sento le lacrime premere di uscire e il desiderio profondo di parlare con il mio migliore amico. Ma non posso. Non potrò più, forse.

 

«Scusa, io…» mi sento balbettare appena, prima di girarmi e scappare via, lasciando sul tavolo tutto quello che prima vi avevo posato su, lasciando la mia borsa ai piedi del tavolo, lo stomaco pieno di farfalle vicino al divano, il cuore nelle mani di Blaine e il cervello… non lo so. Credo di averlo perso.

 

Perché diamine sto scappando via? Perché mi ritrovo in macchina, le lacrime che scivolano lungo le guance, la paura che mi attanaglia dove prima avevo lo stomaco? Perché sto guidando fino alla mia vecchia scuola? Perché sento di avere il bisogno dei consigli di Finn, Mercedes, Rachel e Tina?

Perché sono così spaventato?

 

Neanche un’ora dopo sono davanti al McKinley. Scendo dalla macchina quasi correndo, senza preoccuparmi del fatto che potrei incontrare qualche giocatore di football rimasto a scuola nel pomeriggio per gli allenamenti. Se mi vedessero qui, non so che cosa potrebbero farmi, ma ora come ora non mi interessa. Procedo per i corridoi vuoti verso una meta precisa, l’unica aula dentro la quale mi sembrava andasse tutto bene, nonostante tutto.

 

Ed eccola lì, la porta dell’aula coro. Accelero l’andatura, e quando mi ci trovo di fronte, mi scosto all’indietro giusto in tempo per evitare di venire colpito in piena faccia dalla porta, aperta da Puck. Il ragazzone mi guarda dall’alto, alzando un sopracciglio.

 

«Cosa ci fai qui?» chiede sorpreso. 

 

Io sono così sconvolto che quasi non riesco a parlare. «Io… Finn. Devo parlare con Finn.»

 

Fortunatamente vedo Finn spuntare da dietro la spalla di Puck; i suoi occhi incontrano i miei e vorrei che capisse, anche solo guardandomi, di quanto sono sconvolto al momento. Ma non dovrei dimenticarmi che sto parlando di Finn, che ovviamente mi fissa grattandosi il mento e chiedendomi, «Ti serve qualcosa?»

 

Sospiro, esausto, ed entro dentro, cercando Mercedes con lo sguardo. In aula non c’è quasi più nessuno, se non per Lauren – che si affretta subito a trascinare via Puck – e la mia amica. Non appena mi vede, capisce subito che qualcosa non va, perché molla gli spartiti che aveva in mano e mi si avvicina, stringendomi in un forte abbraccio.

 

Io la stringo forte e scoppio di nuovo a piangere. Sento il rumore di una porta chiudersi e dei passi pesanti avvicinarsi, segno del fatto che Finn ha chiuso la porta e poi si è avvicinato a me e Mercedes, in piedi nel bel mezzo dell’aula coro. La mia amica mi accarezza piano la schiena, cercando di calmarmi. E io mi sento improvvisamente un idiota, perché li sto facendo preoccupare e non ce n’è nessun motivo. Perché diamine, Blaine mi ha baciato! Però la cosa mi spaventa a morte.

 

Dopo quelli che paiono secoli, mi stacco da Mercedes e mi accascio su una sedia, vicino a mio fratello che mi guarda come se fossi uno strano animale scappato dallo zoo, ovviamente senza capire, né immaginare probabilmente, cosa è appena successo.

 

E invece, anche questa volta, Finn mi sorprende.

 

«Hai parlato con Blaine?» mi chiede, e lo vedo stringere i pugni sulle cosce.

 

Annuisco, lasciando stare la reazione confusa di Mercedes, che si deve essere certamente persa qualche passaggio. Non le avevo detto della morte di Pavarotti, né di ciò che era successo dopo l’ultima lite tra me e Blaine; e non credo immaginasse nemmeno che ne avrei parlato con Finn.

 

«Ha detto che non gli piaci?» dice Finn, posandomi una mano sulla spalla.

 

Io guardo le due persone presenti nella stanza, poi abbasso lo sguardo, vergognandomi di ciò che sto per dire loro.

 

«No. In realtà lui mi ha… Blaine mi ha baciato.»

 

E mentre lo dico ad alta voce, mi sento sul punto più alto del paradiso, ma allo stesso tempo all’inferno. Perché è vero, è reale, Blaine mi ha baciato; ma come è vero questo, anche la mia paura è vera. La paura che questo cambi tutto.

 

«E poi… beh… sono scappato qui.»

 

Finn e Mercedes si fissano per un attimo sconvolti – ma anche con un largo sorriso in volto, quello di Finn forse un po’ meno largo – poi spostano lo sguardo su di me e iniziano a urlarmi improperi addosso. Io li fisso senza alterarmi più di tanto; era proprio questa la reazione che mi aspettavo da loro, dirmi che sono un cretino. Io stesso me lo sto dicendo.

 

Li lascio sfogarsi per un po’, soprattutto per darmi l’occasione di sentirmi insultato per bene una buona volta per quello che ho combinato, e infine li zittisco, quando sembra che non abbiano più aria nei polmoni.

 

«Va bene ragazzi, so che sono un idiota, un deficiente, un cretino e una regina del dramma, grazie. Ma…» sento di nuovo salire le lacrime, pronto a tirare fuori ciò che mi spaventa più di ogni altra cosa, «… ora tutto cambierà. Il rapporto mio e di Blaine.»

 

«E non era ciò che volevi?» chiede Finn.

 

«Sì, ma…» mi asciugo la lacrima che mi è caduta sulla guancia. «Non voglio perderlo come amico… Lui è il mio migliore amico, e voglio poter parlare con lui di qualsiasi cosa. E ora lui prova qualcosa per me, e questo ci renderebbe tecnicamente una coppia… Oddio che poi lui non ha detto nulla su quello che siamo effettivamente ora –»

 

«Certo che non l’ha fatto, sei scappato via!» mi interrompe Mercedes.

 

«-So che cambierà tutto, e se un giorno dovessimo lasciarci e non rivolgerci più la parola? Non solo lo perderei come fidanzato, possibile o meno, non lo so… ma lo perderei anche come amico e –»

 

Mi fermo, incapace di continuare a causa del magone che mi blocca la gola. Come ho fatto a essere così stupido? Ho aspettato per mesi che Blaine ricambiasse i sentimenti che provavo per lui, e ora che l’ha fatto, sono scappato, spaventato dal cambiamento. In tutti questi mesi di attesa, come ho fatto a non pensare che le cose, se fossero andate per il meglio, sarebbero per forza cambiate? Avrei potuto prepararmi mentalmente. E invece la paura è arrivata tutta insieme.

 

E… e se fosse tutto un sogno? Se stessi solo sognando?

 

Finn si china su di me e mi mette una mano sulla spalla. «Senti Kurt, posso capire la tua paura ma…» Cerca con lo sguardo Mercedes, forse alla ricerca di un aiuto.

 

«Ma è ovvio che le cose cambieranno, tesoro,» continua la mia amica. «Blaine ora prova qualcosa per te, quindi il vostro rapporto cambierà. Ma se ci pensi, era già cambiato quando tu gli avevi detto dei tuoi sentimenti per lui; così com’era cambiato quando tu ti sei trasferito alla Dalton, quando credevi che Blaine provasse qualcosa per Rachel, quando avete litigato per la questione sul sesso.»

 

Vedo Finn fare una faccia a metà tra il preoccupato e lo sconvolto, ma fortunatamente Mercedes continua a parlare.

 

«I rapporti cambiano continuamente, tesoro, si evolvono. Non si può dire se si evolvano in meglio o in peggio, ma per scoprirlo non ti resta che viverlo.»

Resto in silenzio per qualche secondo, pensando alle parole dette dalla mia amica. Ha ragione. Ha assolutamente ragione. Ora devo solo decidere se voglio viverlo…

 

Tempo mezza frazione di secondo che sono in piedi. Non c’è nemmeno bisogno di pensare: certo che voglio viverlo! Voglio vivere tutto con Blaine. E anche se sono ancora spaventato da morire, so che probabilmente Blaine stesso lo sarà… e anche per gli stessi motivi.

 

«Grazie ragazzi. Avete ragione io… devo andare.» Li guardo negli occhi, sorridendo come non mai e stringendo entrambi in un abbraccio, per poi precipitarmi fuori dall’aula, senza guardarmi indietro e notare l’espressione confusa di Finn e quella radiosa di Cedes.

 

 

*

 

 

Busso leggermente alla porta, facendo un sospiro profondo. Non so perché sto bussando alla porta di quella che è anche la mia stanza, ma sento quasi come se dovessi chiedere il permesso di entrare, dopo aver abbandonato Blaine senza alcuna spiegazione. L’improvvisa ansia che non ci sia nessuno ad aspettarmi, che Blaine, vista la mia reazione, abbia cambiato idea, mi prende per un momento, ma poi sento la sua voce invitarmi a entrare.

 

Apro la porta lentamente ed entro nella stanza. Blaine è seduto sul mio letto, la schiena appoggiata al muro, i piedi puntati sul letto e le mani che pendono dalle ginocchia. Quando incrocio il suo sguardo, posso notare le piccole venature rosse nei suoi occhi. Sembra quasi che abbia pianto. La sua espressione è un misto di preoccupazione e tristezza, a cui si aggiunge un pizzico di felicità quando mi vede.

 

Senza pensarci due volte, chiudo la porta alle mie spalle e mi precipito verso di lui, sedendomi sul letto e stringendolo in un abbraccio. Inutile dire che arrossisco non appena sento stringermi con la stessa forza con la quale io sto stringendo lui.

 

«Scusami scusami scusami scusami…» inizio a sussurrare contro il suo collo, il cuore che torna finalmente a farsi sentire. Blaine dovrebbe essere arrabbiato con me, ne avrebbe tutte le ragioni, ma sono felice del fatto che reagisca stringendomi un po’ più forte e scuotendo leggermente la testa.

 

«No, non preoccuparti… Non c’è bisogno che ti spieghi. Ho capito perché sei scappato via…» sussurra anche lui.

 

«No invece, io…» comincio, scostandomi da lui per guardarlo in volto. «Non sarei dovuto scappare così, senza alcuna spiegazione. È che mi sono spaventato da morire. Avevo paura di aver perso il mio migliore amico…»

 

Faccio una pausa e lo guardo negli occhi; e questo mi basta per capire che è vero, anche lui ha avuto la mia stessa paura. Questo non fa che sentirmi ancora di più in colpa, perché lui non ha reagito così, ma è rimasto; sarebbe rimasto, lo so, e ne avremmo parlato con calma. Io invece mi sono dovuto comportare da drama queen e scappare via.

 

Blaine però non sembra assolutamente arrabbiato con me, anzi sembra che l’aria triste che aveva quando sono entrato in stanza sia completamente scomparsa. Inclina un po’ la testa, guardandomi negli occhi con un’intensità tale da farmi quasi sospirare di felicità. Ho sempre desiderato che lui mi guardasse così.

 

È questo che mi da la forza di dirgli anche un’altra cosa, una cosa che mi spaventa tantissimo, sebbene sia un’emerita scemenza.

 

«E anche… è che ci ho sperato così tanto che tu finalmente provassi qualcosa per me, che ora che è successo… ho paura che sia tutto un sogno.» Distolgo lo sguardo dal suo, arrossendo e incominciando a gesticolare. «So che è una cavolata ma –»

 

Ma vengo interrotto dalle sue labbra, che si sono posate di nuovo sulle mie, delicate come non mai, in un semplice contatto che non viene approfondito. Blaine apre la bocca per parlare, senza però staccarsi da me.

 

«Non è un sogno, Kurt. È tutto vero.»

 

Io sorrido, sempre contro le sue labbra, incapace di dire qualsiasi cosa. Al momento ho il cervello totalmente in pappa, perso tra le iridi dorate e le venature verdi dei suoi occhi. Anche Blaine mi sta guardando dritto negli occhi, e sembra anche lui perso in un mondo a parte.

 

Dopo qualche secondo però Blaine si tira indietro; inaspettatamente emetto un verso di protesta, cosa che lo fa sorridere radioso. Arrossisco, ma non posso fare a meno di sorridere nel vedere la sua espressione. Blaine si alza e mi prende per mano, trascinandomi con lui davanti alla finestra, dietro alla quale gli alberi della Dalton illuminati dalla luce del tramonto si muovono appena, mossi dal vento. Se fossi in condizioni normali farei una battutina sull’incredibile cliché della dichiarazione al tramonto, ma non sono in condizioni normali, affatto. 

 

Non appena ci ritroviamo davanti alla finestra, Blaine guarda per un attimo fuori, sorride, e infine si volta verso di me, afferrandomi anche l’altra mano. Si schiarisce la gola, sembrando di nuovo imbarazzato come prima.

 

«In realtà prima è stata un’improvvisata; volevo fare le cose per bene, ma non ho resistito.» Faccio per interromperlo e dirgli che il modo in cui si è dichiarato è stato il migliore del mondo, anche solo per il fatto che era lui a dichiararsi a me, ma vengo interrotto. «Perciò, ora vorrei rimediare.» 

 

Blaine fa un passo verso di me, avvicinandosi tanto che riesco a sentire il calore che emana. O forse sono io che sto bruciando per autocombustione.

 

«Tu sarai sempre il mio migliore amico. Sei la persona migliore che conosco, la persona che mi capisce meglio di tutti, quella da cui voglio ricevere consigli e parlare di qualsiasi cosa. Ma sarebbe un onore per me se tu diventassi anche il mio ragazzo.»

 

Blaine… sempre così distinto e formale. È anche per questo che sono innamorato di lui. Improvvisamente sento il desiderio di dirglielo, di rispondere alla sua dichiarazione dicendogli che non deve nemmeno chiedere, che è ovvio che voglio diventare il suo ragazzo, e che sarebbe un onore per me non per lui. Ma non gli dico nulla, non perché lo reputo troppo presto, ma perché reputo che la cosa migliore da fare ora sia chinarsi in avanti e baciarlo.

 

Ed è quello che faccio. Gli accarezzo una guancia con la mano, affondando le dita nei suoi ricci alla base del collo, e poso le labbra sulle sue. E questa volta sono io a baciarlo per primo, stringendolo a me e forzandolo dolcemente ad aprire la bocca, per far toccare le nostre lingue che, come tutto ciò che ci riguarda, come le nostre voci, i nostro cuori e le nostre mani, unite sono perfette.

 

 

~ ∞ ~

 

 

The power lines went out
And I am all alone
But I don't really care at all
Not answering my phone

 

Non posso crederci. Ce l’ho fatta! Sono sul palco delle Regionali e sto cantando, da solo. La paura che all’inizio avevo, quella che la voce non potesse uscirmi affatto o che potesse uscire tremante e poco certa, mi ha ormai abbandonato del tutto, perché sta andando tutto bene.

Parlare con Blaine all’inizio mi ha fatto bene; mi ha fatto rilassare a sufficienza per salire sul palco con il cuore che batteva a una velocità certamente superiore al normale, ma neanche come se mi stesse per uscire dal petto.

 

La luce dei riflettori illumina solo me, mentre cammino in avanti, dritto verso il pubblico e spaziando con lo sguardo la platea, passando dai nostri avversari ai miei vecchi compagni di coro a semplici sconosciuti. E ora che mi ritrovo sotto questa luce, quasi non mi sembra vero.

 

Questo è un sogno che si realizza, un sogno che ho continuato a perseguire in tutti questi anni e che molto spesso credevo non si sarebbe avverato mai; invece, fortunatamente, non è stato così, il mio sogno si è finalmente realizzato.

 

E ora che mi ritrovo qui a cantare da solo di fronte a un pubblico, l’unica cosa che voglio è sentire un’altra voce, quella voce che mi ha catturato fin dal primissimo momento, unirsi alla mia e darmi forza. Come sempre ha fatto.

 


All the games you played
The promises you made
Couldn't finish what you started
Only darkness still remains

 

E il mio desiderio viene immediatamente esaudito, la voce di Blaine si leva alta e sicura alle mie spalle; e io non posso fare a meno di distogliere lo sguardo dalla platea e portarlo su di lui, che avanza verso di me. E i nostri occhi si incontrano e l’unica cosa che mi resta in mente è che questo ragazzo è mio.

 

Abbasso la testa, compiaciuto, mentre Blaine mi passa dietro per poi ritrovarsi all’altro mio fianco; io lo seguo con lo sguardo, incapace di fissare altro. Ora come ora non mi importa se ci giudicheranno poco professionali, ma non posso trattenermi. Voglio guardare Blaine.

Spero che lo prendano come uno sguardo previsto dalla coreografia.

 


Lost sight
Couldn't see
When it was you and me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
But I think I'll be alright

 

Riparto appena in tempo sulla musica, indietreggiando e cercando di ricordare i passi della coreografia; ma passi in realtà non ce ne sono, questo pezzo è sempre stato tutto giocato su di noi, su me e Blaine, e non su un vero e proprio balletto. È un gioco di sguardi ciò che movimenta questo pezzo, nient’altro.

 

E difatti gli occhi di Blaine non si staccano neanche per un attimo dai miei; mi segue, le labbra stirate in un piccolo sorriso che è tutto per me, aspettando il suo turno per cantare. Il cuore mi batte appena più veloce, ma non per paura; batte veloce per la felicità.

 

Quando finalmente le nostre voci si uniscono, vengo di colpo investito da un chiaro ricordo: la prima volta che abbiamo cantato assieme, la prima volta che ho notato quanto le nostre voci si compenetrassero l’una all’altra, senza una che prevalesse per forza sull’altra. Mi torna in mente il viso di Blaine circondato dalle stelle di natale, sullo sfondo la finestra della sala studio della Dalton e la neve che cadeva al di fuori.

Non solo le nostre voci sono belle da sentire insieme, ma per me rappresenta qualcosa di più. Per molto tempo è stato l’unico modo che avevo per sentirlo davvero vicino; ma soprattutto, è importante il modo in cui mi sento quando canto con Blaine. Mi sembra di essere nel posto giusto al momento giusto; mi sembra che niente possa farmi star male, che niente possa abbattermi; mi sento incredibilmente me stesso.

 


One day
You will wake up
With nothing but your sorries
And someday
You will get back
Everything you gave me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light

 

Non faccio quasi più caso a nulla che non sia Blaine; non mi rendo conto degli altri Warblers che si muovono alle nostre spalle, né del fatto che alcune persone tra il pubblico abbiano acceso degli accendini per rendere l’atmosfera romantica; bado solo a quanto sia bello Blaine in questo momento e al cercare di comunicare al pubblico le mie emozioni.

 

Voglio che le persone che ci stanno guardando in questo momento capiscano che ciò che lega me e Blaine va al di là della semplice amicizia, che si rendano conto della gioia e della speranza che sto provando.

 

Perché ora, in questo preciso istante, mi sento il ragazzo più felice sulla faccia della Terra. Perché non solo sto cantando in un ruolo primario durante una competizione ufficiale, non solo sto cantando con una seconda persona, del mio stesso identico sesso, di fronte a un pubblico che potrebbe non apprezzare, ma sto cantando anche insieme al ragazzo di cui sono innamorato e, ironia della sorte, vengo persino ricambiato.

 


Blow the candles out  (candles out)
Looks like a solo tonight (Solo tonight)
But I think I'll be alright

 

 

E mentre la canzone si avvia alla sua conclusione, mi rendo conto che è tutto merito di Blaine. È grazie a lui se ho avuto la possibilità di cantare in una competizione ufficiale – avessi dovuto aspettare Mr Schue, avrei fatto prima a invecchiare – ma soprattutto, è grazie a lui se il sogno di avere qualcuno al mio fianco si è finalmente realizzato.

 

Durante tutti questi mesi, ci sono stati dei momenti in cui credevo di non farcela, con Blaine; momenti in cui pensavo che lui sarebbe stato un altro da aggiungere ai ricordi di persone per cui avevo provato interesse e dai quali non ero stato ricambiato.

 

Durante tutti questi mesi, ci sono stati momenti in cui ho sofferto.

 

Ma col senno di poi, non c’è niente che cambierei. Perché tutti i nostri errori, tutte le nostre liti, ci hanno portato dove siamo ora. Mi hanno portato dritto tra le sue braccia. Mi hanno portato a vivere un sogno, il mio sogno che porta il nome di Blaine.

 

Ora non ho più paura. Non ho paura di perdere il mio migliore amico, perché Blaine lo sarà per sempre. Non ho paura di perdere il mio ragazzo, perché so che Blaine non ha alcuna intenzione di andarsene. In questo istante credo davvero in ciò che sto cantando: andrà tutto bene.

 

 

 

NOTE:

Qui pachelbel! =)

Allora, tanto per cominciare, volevo scusarmi per il fatto che tutte quante vi aspettavate tutt’altro nel capitolo 22… E forse vi aspettavate altro anche da questo capitolo! xD Però diciamo che ci tenevo a sottolineare una cosa che per me è molto importante: Kurt e Blaine, oltre a essere fidanzati da ora in avanti *coriandoli esplodono per aria e unicorni volteggiano cercando di prenderne il più possibile* sono anche migliori amici. Per questo ho fatto reagire Kurt in quella maniera – facendolo scappare. Perché lui si era così perso nel suo ideale romantico su Blaine e così via, che non aveva pensato al fatto che avrebbe potuto perdere il suo migliore amico nel processo… Fortunatamente poi torna in sé (farei una statua a Mercedes e Finn *__*)

 

Un’ultima cosa e poi vi saluto. Questo capitolo è importante perché segna il primo incontro tra Cippalippa e Asdrubale, i due cricetini nella testa di Blaine e Kurt rispettivamente, i cui diritti appartengono tutti a Clara! ♥

 

Detto questo, io scappo! =)

Baci a tutti *sparge amore*

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Candles ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

 

 

 

24°_ Candles ~ Blaine

~ Di piccole paure e voglia di gridare al mondo intero ~

 

 





 

«…But I don’t really care at allNo, aspetta io non sono molto sicuro di questa cosa»

 

Per l’ennesima volta Kurt interrompe le prove del duetto che a breve avremmo cantato insieme per le Ragionali e sospira quasi stressato. Lo guardo con un leggero sorriso e mi avvicino a lui.

 

«Qual è il problema stavolta?» chiedo più divertito che esasperato dalle continue interruzioni – e in ogni caso ho l’impressione che nulla potrebbe infastidirmi, nulla di ciò che ha a che fare con Kurt…

 

«Non sono sicuro che sia il caso che a cominciare sia io, ecco» sussurra lui con volto preoccupato.

 

Quanto può essere adorabile? Quanto posso essere stato cieco io a non essermi accorto di nulla? Doveva cantare in quel modo, con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato, per farmi rendere conto di quanto, in realtà, lo ami? Sì… lo amo. E l’ho amato dal primo momento in cui l’ho visto. Avevo solo bisogno di capirlo, di rendermene davvero conto…

 

«Blaine…?»

 

La sua voce mi riporta concretamente nell’aula di canto. I suoi occhi nei miei racchiudono una velata preoccupazione sotto l’evidente eloquenza di chi si chiede cosa ci sia che non vada. Mi riscuoto completamente e sorrido per scusarmi.

 

«Mi.. mi ero… incantato. Pensavo» farfuglio. Con lui mi mancano le parole.

 

Lui per un attimo mi sorride, gli occhi che si illuminano come quando è improvvisamente felice; poi scorgo di nuovo insicurezza sul suo viso e ricordo il suo dubbio.

 

«A mio parere il fatto che cominci tu è perfetto» dico sicuro.

 

In ogni caso, poi, il duetto, se canti tu, non potrebbe che essere perfetto, mi concedo di pensare senza distrarmi troppo – impresa titanica con Kurt così vicino e i suoi occhi nei miei.

 

Il tempo che sto passando con lui, il fatto che cantiamo insieme senza stancarci da ore ed ore… credo che sia la cosa più bella che potesse capitarmi. Soprattutto ora che lui sa. Non potrei essere più felice di così, mi manca il fiato al solo pensiero. E non posso credere di non essermene reso conto prima, di aver sprecato così tanto tempo solo a fare ordine nella testa, come se non fosse chiaro dall’inizio quanto Kurt fosse speciale.

 

I suoi occhi azzurri ora mi guardano ancora una volta con lieve disappunto e mi rendo conto di averlo fatto di nuovo.

 

«Scusa» sussurro col po’ di fiato che mi è rimasto nei polmoni – non mi ero accorto di aver cominciato a trattenerlo come se non fossi più capace di respirare e pensare a lui nello stesso tempo.

 

«Dicevo…» riprende lui fintamente piccato «Il tuo giudizio non è obbiettivo, quindi non vale»

 

Stavolta è il mio turno di fingermi offeso. Aggrotto la fronte e incrocio le braccia al petto – certo, potrà togliermi il fiato e potrò essere innamorato di lui come non credevo possibile si potesse amare qualcuno, ma questo non mi toglie la lucidità e la capacità di giudizio. Vero…?

 

«So essere obbiettivo» soffio rapido – e non ne sono poi così sicuro ora che materializzo con la voce quel pensiero.

 

Non lo è neanche lo sguardo che mi lancia Kurt; a smontarmi poi ci pensa il suo sorrisetto saccente.

 

«In ogni caso» provo a riprendermi «E’ stato il consiglio a decidere, con l’approvazione di tutti gli Usignoli, quindi, obbiettivo o meno, io non c’entro molto»

 

Lui pare pensarci un attimo, come a voler trovare qualcosa da ribattere, ma poi rinuncia con un sospiro serio, allontanandosi di qualche passo e voltandomi le spalle.

 

«Qual è il problema?» chiedo, davvero serio a mia volta.

 

«Forse è… che sono semplicemente insicuro… riguardo tutto questo»

 

Riguardo tutto questo…? In un attimo un non so che di spiacevole mi prende allo stomaco. Tremo.

 

Tremai. Fu un brivido che mi prese dalle spalle e corse lungo la schiena con una forza tale da causarmi un lieve spasmo. Ero certo che avrei trovato Kurt in camera, dal momento che non era in biblioteca né con qualcuno degli Usignoli. Il vuoto della stanza però mi smentiva con una crudeltà disarmante. Restai per alcuni istanti semplicemente fermo, come se il fissare ogni singolo oggetto cadesse sotto il mio sguardo potesse cambiare il fatto che ero da solo. Speravo di trovarlo qui, magari seduto sul letto, con le cuffie che portavano il sottofondo dei minuti che passavano; speravo di poterlo vedere, ora che tutto mi era chiaro e invece non c’era.

 

Di nuovo.

 

Nella mia testa, la sua voce straziata che cantava “Blackbird” tornò a tormentarmi, ma non le concessi tempo per smorzare in quel modo lo spirito che, nonostante tutto, continuava a muovermi da quella mattina. La fiamma che sembrava bruciarmi in petto sarebbe stata più forte anche di un temporale, lo sentivo.

 

Mi avvicinai alla finestra, aprendone una metà per far entrare un po’ d’aria fresca, quasi potesse portare ordine nella mia testa e nel mio petto e lasciai perdere il mio sguardo sulla vista che mi si presentava, col tramonto che colorava tutto di una sfumatura rosata, donando una strana calma ad ogni cosa toccasse.

 

Eppure quando aprii anche l’altra parte della finestra, anziché essere invaso dal vento frizzantino che mi aspettavo, fu una folata fredda a togliermi il fiato.

E non c’era vento.

 

I miei occhi, fino ad un attimo prima persi nel nulla, ora non si staccavano da lui, non ne avevano possibilità alcuna. E più si perdevano in quel colore chiaro appena visibile, più sentivo qualcosa morirmi dentro, come una fiamma che divampa in un attimo, in preda al vigore di un’improvvisa forza, e poi, con la stessa velocità, è spenta dal primo soffio di vento.

 

In fondo non era stato così anche per me? Illuso a dar tanta forza a quel fuoco: avevo capito tutto, mi era chiara ogni cosa… Ed ora lo vedevo lì fuori, distante, così distante. Sentii qualcosa spezzarsi nel momento in cui Kurt abbassò la testa chiudendo gli occhi e mi voltò le spalle incamminandosi con lentezza verso la sua macchina. Non riuscii ad abbandonarlo fino a che, messa in moto, la vettura non svoltò sparendo dal mio campo visivo; solo allora mi concessi di chiudere anch’io gli occhi e reggendomi con forza a quel po’ di marmo che sporgeva dal davanzale della finestra repressi un grido.

 

Che diavolo stava succedendo? Quando eravamo arrivati a quel punto noi?

 

Mi mancava il fiato. Non sarei riuscito a sopportare l’idea di un’altra notte da solo, senza la sua presenza così vicina, ancora meno ora che ero certo di amarlo e di averlo saputo, nel mio cuore, da sempre.

 

Non lasciarmi, non ora Kurt… Non lo sopporterei, gridai nella mia testa.

 

Eppure sapevo che la colpa di tutto era solo mia, Mia e della stupidità, della cecità, della paura che mi aveva assalito dal momento in cui le cose erano state tanto evidenti per Kurt quanto oscure per me. Avrei dovuto saperlo da subito che lo amavo allo stesso modo in cui lui aveva capito di amare me… ed invece ero solo stato capace di far finta di nulla, di lasciar correre la cosa come se semplicemente non fosse successa.

Anzi, il mio egoismo è arrivato anche oltre.

 

“Non voglio che tutto questo cambi, Kurt. Ti prego…”

 

Ero davvero stato capace di pronunciare quelle parole? Di dirgli che – qualunque cosa fosse successa – avrei solo voluto che nulla cambiasse? Perché non mi ero reso conto, fino ad ora, che in quel modo avevo praticamente calpestato ogni suo sentimento, chiudendo la questione con un niente di fatto.

Allontanandolo.

 

Respirai profondamente serrando gli occhi con forza per cacciare indietro le lacrime. Piangere o stare qui a riflettere sulle cose fatte non sarebbe servito a nulla e soprattutto non avrebbe chiarito le cose con Kurt. Non era qui, non ci sarebbe stato almeno per tutta la notte e ciò significava che avrei avuto tutto il tempo per trovare una soluzione alla nostra – Sua? mia? – reticenza a chiarire la situazione.

 

Mi stesi sul letto con le braccia incrociate dietro la testa e la fronte corrugata, mentre cercavo un modo per rimediare a tutto. Esisteva? Poteva esistere una sola mossa con cui avrei messo le cose a posto?

 

Sì, ovvio! Una macchina del tempo! Facile, comodo e indolore. E impossibile, certo... in tutto ciò bisognava dare così tanto peso a questo minuscolo particolare?

 

Ok. Stavo impazzendo, era ufficiale. Ed era sicuramente colpa di Kurt… il cui comportamento era colpa mia. Quindi in definitiva stavo impazzendo per colpa mia. Bene. Ottimo. Ne sarei uscito mai?

 

Scattai improvvisamente dal letto come se fossi stato fulminato e mi diressi rapido in bagno per gettare la testa sotto l’acqua fredda: dovevo fermare i pensieri che andavano a mille con meno senso del normale e concentrarmi su un modo seriamente valido per sistemare le cose.

 

Mi sarebbe bastato anche solo trovare il modo di parlargli, in realtà… Da lì avrei potuto improvvisare al momento senza pensarci più di tanto: ero disperato.

 

Kurt, sono innamorato di te.

 

Beh, ottimo spunto per attirare la sua attenzione. Ma sarebbe crudele in un certo senso dirglielo con tanta estemporaneità. Se lui avesse cambiato idea? Se non sapesse più cosa prova per me? Potrebbe semplicemente mandarmi a diavolo.

 

Non lo avrei sopportato.

 

O potrebbe ancora provare qualcosa per me, ma non più come prima e sentirsi in qualche modo in dovere di stare con me perché si è esposto per primo.

 

Mi avrebbe fatto ancora più male.

 

No, dovevo andare per gradi. Trovare il modo di parlargli e cercare di capire quello che ancora provava, prima di mettere la parola fine a tutto.

 

Quello mi avrebbe definitivamente ucciso.

 

Mentre mi passavo un asciugamano tra i capelli, cercando di asciugarli quanto prima – in fondo non è stata proprio una buona idea usare l’acqua fredda –, sentii come se i miei pensieri si fossero davvero improvvisamente rischiarati. Un’idea mi balzò alla mente.

 

Cantare.

 

Era il modo migliore e più semplice per avvicinarmi a lui, soprattutto ora che le “Regionali” erano alle porte e avremmo comunque dovuto provare la scaletta. E se avessi cantato con lui? Se avessi trasformato il solito assolo in un duetto? Sarebbe stato perfetto. Avrei potuto avere tempo e luogo per parlagli con calma, per chiarire… per dirgli che ora sapevo cosa volesse dire essere innamorato di lui, che il mio cuore lo aveva capito da subito e solo la mia testa aveva fatto fatica ad accettarlo…

 

Corsi fuori dalla stanza senza neanche rendermi conto di avere ancora l’asciugamano che ondeggiava precario sui miei capelli, pronto a cadere alla prima svolta.

 

Eppure quando incontrai proprio chi stavo cercando, era ancora lì:  facile deduzione dallo sguardo allucinato – e divertito – che Wes mi rivolse.

 

«Cercavo proprio te!» gli gridai col fiato che mi mancava «E ho bisogno anche di David e Thad: riguarda gli Usignoli»

 

«Li ho visti in biblioteca, ma sta’ calmo: che succede?»

 

Senza rispondergli, lo presi per il polso e lo trascinai con foga verso la stanza che mi aveva indicato, ignorando bellamente le sue proteste e i tentativi verbali di farmi calmare. C’era troppo in gioco perché potessi fermarmi anche solo un attimo, non ora.

 

Non ora che il solo pensiero di poterlo perdere mi avrebbe distrutto dall’interno.

 

«David! Thad!» gridai, poggiando quasi con violenza la mano libera sul tavolo e lasciando finalmente andare l’asiatico «Devo parlarvi» feci con meno fiato di prima, ignorando gli sguardi allibiti ed infastiditi di tutti i presenti.

 

«Ti senti bene, Blaine?» mi chiese con cautela Thad, senza staccare gli occhi dall’asciugamano che ora stava scivolando dalla mia testa seguendo la curva della mia schiena; la presi al volo, poggiandola sul tavolo da studio come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre gli altri tre Usignoli si scambiarono uno sguardo di stranito terrore.

 

Da lontano qualcuno si schiarì la voce per ricordarmi che ero comunque in una biblioteca.

 

«Sì, sto bene. Anzi, no, non sto bene affatto: ho bisogno di voi» farfugliai, il cuore che batteva ancora all’impazzata.

 

«Se magari provassi a spiegarci tutto dando parvenza di una sanità mentale che sono sempre più certo tu non abbia mai avuto, magari potremmo anche aiutarti» mi rispose autoritario Wes ed ero più che certo che a tutti e tre prudessero le mani, volenterose di colpirmi per farmi rinsavire.

 

Presi un respiro profondo e decisi di calmarmi – come se fosse facile!

 

«Ho fatto un casino con Kurt – sì, un altro» mi corressi ai loro sguardo tra il furioso e il “è-routine-ormai” «E.. in un certo senso, ho bisogno degli Usignoli per rimediare, o almeno provarci»

 

«Se magari si decide ad arrivare al dunque, Anderson!» si finse scocciato David, ma io mi ammutolii: come avrei dovuto dirlo? “Voglio che mi facciate cantare in coppia con Kurt alle Regionali”? Sarebbe stato pazzesco… ed ingiusto. Sorvolando lo smisurato egocentrismo che avrei mostrato nel credere che – a votazioni ancora non fatte – sarei stato io a cantare durante la competizione, non sarebbe stato neanche giusto, nel momento in cui si prendeva in considerazione l’idea di un duetto, togliere la possibilità a chiunque altro degli Usignoli di cantare puntando l’attenzione direttamente su Kurt.  

 

Quando mi riscossi dal mio contorto ragionamento, i tre paia di occhi che mi scrutavano con forza inaudita quasi mi fecero sobbalzare. Si aspettavano che spiegassi loro quella follia, ma io non avevo alcuna intenzione di condizionare a tal punto la nostra esibizione, solo per un mio tornaconto personale.

«Emh… io… Avrei da proporre una cosa. Non qui, alla prossima riunione in programma per gli Usignoli e solo se le cose andranno in un certo senso. Volevo solo… ecco, mi sarebbe di grandissimo aiuto se voi approvaste ciò che, in quel caso, chiederò… Cioè, a meno che non sia una cosa completamente assurda e controproducente…» e non mi sfuggì lo sguardo che i tre si lanciarono, quasi a chiedersi se in quello stato la proposta che avevo in mente sarebbe potuta essere altrimenti.

 

Attesi un assenso che forse loro non ritenevano necessario, fino a che scorgendo i miei occhi – che dovevano aver raggiunto sfumature di pateticità mai viste – non li convinsero del contrario.

 

«Va… va bene… credo» esitò Thad «Come vuoi» sembrò assecondarmi, come si fa con i pazzi.

 

«Se non sarà “completamente assurda e controproducente”, ti appoggeremo» tentò di rassicurarmi David, sostenuto da un cenno del capo di Wes.

 

Nessuno dei tre, però, era pienamente convinto di ciò che stava dicendo e del resto, io per primo non sapevo che fare.

 

Mi alzai di scatto e corsi via con la stessa velocità con cui avevo fatto irruzione, dimenticando l’asciugamano sul tavolo e con un solo pensiero in testa: se tutto fosse filato liscio, quale sarebbe stata la canzone adatta al duetto? Ad un nostro duetto?

 

Ovviamente qualcosa che a Kurt sarebbe potuto piacere, qualcosa che era nelle sue corde, qualcosa che lo rappresentava… Ora come ora sarei stato capace di trovare Kurt in qualsiasi cosa.

 

Ok, bicchiere mezzo vuoto: la mia testa non era in grado di pensare lucidamente senza essere invasa da lui.

 

Bicchiere mezzo pieno: senza di lui sarebbe stata una notte tremendamente vuota ed almeno ora sapevo come riempirla.

 

Kurt è davanti a me, le sue spalle che cozzano con i miei occhi, in silenzio. Io trattengo il fiato da quando le sue ultime parole si sono disperse nella stanza – non ho idea di quanti istanti siano passati, ma non devono essere molti, considerato che lui non si è mosso né si è accorto del mio mutismo.

 

“Essere insicuro riguardo tutto questo”. È quello il suo problema. Ed io ho un’improvvisa paura, come se cercassi improvvisamente di proteggere dai cavalloni del mare un castello di sabbia che fino ad ora avevo creduto di cemento.

 

Sento un nuovo sospiro uscire dalle labbra di Kurt, mentre io sono ancora immobile, come se avessi quasi il timore di cadere al primo movimento. Poi lui si volta, un’espressione ancora lievemente seria ed incrocia i miei occhi: colgo immediatamente un turbamento nelle sue iridi chiare.

 

«Blaine… che succede?»

 

Il mio viso deve esprimere tutto il tormento che in un attimo e inspiegabilmente sto provando, perché ora lui mi si avvicina, sfiorandomi il braccio.

 

«Hai… hai… tu… hai detto di… non esserne sicuro…»

 

Lui mi osserva per qualche istante senza capire.

 

«È la prima volta che canto un assolo in una competizione ufficiale, forse ci vorrebbe qualcuno di più esperto…» spiega con un po’ di incertezza nella voce.

 

In un attimo, la sua vicinanza, le sue parole tanto chiare fanno tornare un po’ di ragione nella mia testa. Si riferiva alla canzone, al fatto che non aveva mai cantato un assolo – duetto in pubblico. Si era sempre riferito alla canzone. Ed io… io in un attimo mi sono fatto crollare tutto addosso.

 

Lo stringo improvvisamente a me con foga, come se fosse la mia ancora, senza la quale sprofonderei in un abisso oscuro. Possibile che non avessi fatto davvero caso a quanto Kurt fosse già parte della mia vita, come fosse una delle mie poche certezze? Come farei senza di lui?

 

«Blaine… Blaine, si può sapere che succede? Che hai?»

 

La sua voce è sinceramente preoccupata mentre ricambia il mio abbraccio, cercando allo stesso tempo di farmi parlare, ma ora che mi rendo conto di come stanno le cose, quasi mi vergogno ad aver pensato che lui avrebbe potuto tagliare, uccidere tutto questo. Non Kurt.

Ed io ne sono certo.

 

«Nulla, è tutto a posto… Ho solo… non lo so, non credo sia importante» sussurro sulla sua spalla, senza staccarmi dal suo abbraccio tanto caldo, respirando a pieni polmoni il suo profumo, l’unica cosa che al momento possa calmarmi.

 

Kurt lascia che stiamo così fino a che non sono completamente calmo – assurdo quanto bene mi conosca e quanto in profondità. Quando ci separiamo, noto con un sottile sorriso il rossore che, nonostante tutto, gli colora il viso – adoro quando si mostra tanto semplice e allo stesso tempo così meraviglioso: è anche per questo che lo amo.

 

«Anche a te capita… di… avere paura?» chiedo con lo sguardo basso – gli devo tutta la sincerità del mondo.

 

«Ti ricordo che sono scappato pochi istanti dopo che mi hai baciato» sottolinea lui con un tono leggermente più alto del normale ed io sorrido.

 

«Ho frainteso le tue parole prima: credevo avessi improvvisi dubbi su di noi…» confesso infine.

 

Per un attimo, Kurt rimane a fissarmi in silenzio, poi è lui a cercare il mio abbraccio con una spontaneità ed una libertà che quasi non mi aspetto. Dura pochissimo, quasi rinsavisse facendo subito un passo indietro, ma senza perdere il contatto con i miei occhi.

I suoi luccicano come poche altre volte hanno fatto.

 

«Non potrei avere dubbi su di noi, non più… Sei.. sei la persona migliore che conosca, Blaine; la sola che voglio… e… non potrei mai perderti, non lo sopporterei» mi dice con voce lievemente incrinata.

 

Come sia possibile che al mondo esistano due persone diverse eppure così simili nel profondo e per quale miracolo riescano alla fine a trovarsi con tanta semplicità e perfezione per me rimane un mistero… eppure io ho trovato Kurt e per me questo è un miracolo, il solo che abbia mai voluto davvero.

 

Sorrido di nuovo e lo vedo avvicinarsi al divano per poi sedersi e rivolgermi un rapido sguardo tra il voglioso e l’esitante. Lo affianco, poggiando la mia mano sulla sua e cercando i suoi occhi chiari. Lui li fugge, stavolta abbassando la testa e colorando un po’ le guance.

 

«Che cosa c’è ora? Ti ho detto che il duetto è perfetto, la tua voce è da togliere il fiato e poco importa che sia la prima volta: sei uno di quelli a cui le cose vengono bene da subito»

 

Starei a guardare i suoi occhi luccicare come stanno facendo adesso per tutto il tempo del mondo, potrei vivere solo di questo.

 

«Non… non mi riferivo a questo, Blaine. Tu… tu credi che lo sappiano? Intendo, gli Usignoli… sanno di noi?»

 

È titubante, la sua voce esita, eppure non posso fare a meno di fermarmi un istante su quel noi che suona tanto bene. Poi sorrido ancora – quasi non fossi in grado di rivolgergli altro cenno che quello – e gli stringo la mano con decisione.

«Kurt, io voglio che lo sappiano tutti!» esclamo con decisione, ma colgo ancora indecisione nei suoi occhi «Tu…tu no?»

 

«Oh, Blaine: non ci sarebbe cosa più bella! Tu… tu non hai idea di quanto io…»

 

Si ferma, la voce gli trema tanto ed ora il colorito acceso delle guance cambia, come l’espressione stessa, assumendo un non so che di triste. Quando finalmente alza gli occhi incontrando i miei, le lacrime pronte a rigargli il volto quasi mi spaventano; con una mano gli sfioro la pelle tanto morbida raccogliendo la prima goccia che cade dalle sue ciglia. Perché stai soffrendo tanto, Kurt? Cosa mi sfugge, cosa non so che ha il potere di farti stare ancora tanto male?

 

Lui sembra leggere le mie mute domande: poggia una mano sulla mia che ancora gli sfiora il viso e tenta un sorriso che gli riesce solo a metà.

 

«Pensandoci, non è passato così tanto tempo da quando chiedevo a mio padre perché non potessi camminare nei corridoi mano nella mano con qualcuno che mi piaceva… ed ora, Blaine, sei tu a dirmi che possono saperlo tutti… Se me lo avessero detto allora che avrei vissuto questo momento, nonostante le mie mille fantasie da inguaribile romantico, lo avrei considerato semplicemente un crudele scherzo, alla stregua degli insulti e degli spintoni»

 

Resto a guardarlo senza sapere più come articolare parola. La tristezza di quelle parole, il dolore che Kurt porta inevitabilmente dentro di sé e che si apre a spiragli davanti a me, quando meno me lo aspetto e in tutta la profondità, mi lascia dentro puntualmente il bisogno di fare qualcosa e allo stesso tempo un’impotenza tale da spezzarmi. Sento nascere un nodo alla gola tremendo.

 

«Qui possiamo fare tutto, Kurt… Qui possiamo tenerci per mano e baciarci senza temere nulla, lo sai. E un giorno, te lo prometto, cammineremo mano nella mano nei corridoi del McKinley a testa alta ed io mostrerò a tutti quanto è magnifico il mio ragazzo e a quanto hanno rinunciato, costringendoti ad andare via»

 

La mia voce è tremula sulle ultime parole, ma non per questo meno sicura di quello che pronuncia. Farei  di tutto per guarire il dolore che ha provato, per rassicurarlo.

 

In questo momento, col cuore che batte all’impazzata e le lacrime che sfidano anche me, sento di voler fare così tante cose senza riuscire a definirne una in particolare: sento solo una tensione fortissima che mi consuma dall’interno, un’energia potenziale pronta a scoppiare tale che potrei perfino essere in grado di volare.

 

E mentre il petto è ormai in fiamme, l’unica cosa che riesco veramente a fare e stringere a mia volta Kurt che si è di nuovo lanciato tra le mie braccia con bisogno, per poi baciarlo, mentre il suo sapore si mischia a quello delle lacrime ed il salato invade le nostre sensazioni, quasi potesse amplificarle.

 

Non so quanto dura, non mi importa; mentre ancora ci baciamo, mi accorgo che le lacrime che in un primo momento avevano bagnato le sue guance, ora sono completamente scomparse e lui sorride sulle mie labbra, la felicità che gli fa ridere anche gli occhi di una bellezza mozzafiato. Quando siamo costretti a riprendere fiato, poggio la mia fronte sulla sua, beandomi di tutto quello che ho, mentre non posso fare a meno di tenere le mie mani sulla sua schiena.

 

Ancora una volta sento di voler fare un miliardo di cose nello stesso tempo, una gioia infinita che martella nel petto e sembra quasi stancarmi. Non mi ero mai sentito così e tutto quello che sto provando si chiama semplicemente Kurt.

 

E poi, come nelle migliori scene, l’atmosfera meravigliosa che si era creata, i nostri respiri tanto armoniosi, i miei occhi nei suoi, il nostro amore, tutto viene interrotto.

 

Un fischio. Un lungo fischio di… approvazione?

 

Io e Kurt ci voltiamo in contemporanea verso la porta, dove praticamente tutti gli Usignoli ci stanno guardando con sorrisetti inebetiti ed occhi spalancati. A fare quel fischio doveva essere stato David che ora ci osserva come tutti gli altri. Per alcuni istanti rimaniamo semplicemente così, l’imbarazzo che paralizza noi e loro fermati da… da cosa?

 

«Finalmente!»

 

Il grido che si alza e gli applausi dopo di essi mettono fine alla questione “forse non ci hanno visto mentre ci baciavamo”. Con la coda dell’occhio, vedo Kurt avvampare e diventare più rosso dei bordi della giacca che indossa. Sorrido. È meraviglioso quando è imbarazzato.

 

Io, da parte mia, fingo una disinvoltura che in realtà non possiedo con così tanta fermezza, mentre la marmaglia di Usignoli ci si avvicina con l’entusiasmo dei bambini che arrivano al parco giochi. In un attimo arrivano pacche sulle spalle, abbracci e parole sconnesse che non riesco a cogliere. Questi ragazzi sono davvero magnifici.

 

«Credimi, Blaine: era ora che te ne accorgessi anche tu!» mi prende in giro Thad «Io e gli altri avevamo quasi intenzione di mettere i manifesti, data l’evidenza mostruosa della cosa!»

 

Per un attimo il mio sorriso si affievolisce. Ha ragione, ci ho davvero messo un secolo per capire tutto…

 

Guardo ancora Kurt, ora stretto in un forte abbraccio da Jeff. Sono stato fortunato, me ne accorgo sempre più ogni attimo che passa: mi è stato accanto, mi ha aiutato, ha sofferto quando la mia attenzione non era rivolta a lui… eppure mai, mai ha perso completamente le speranze, mai si è allontanato.

 

La mano di Thad sulla mia spalla mi riporta con i piedi per terra, gli sorrido e lui mi abbraccia.

 

«Congratulazioni» mi dice con allegria e quando mi lascia, prendo la mano di Kurt che davvero non mi è mai parso tanto felice da quando lo conosco.

 

 

 

~ ∞ ~

 

 

The power lines went out
And I am all alone
But I don't really care at all
Not answering my phone

 

Dopo la cappella introduttiva di tutti gli Usignoli, la sua voce chiara si alza al di sopra del coro che contribuisco a formare in armonia con gli altri ragazzi. Far cominciare Kurt è stata un’ottima idea, definitivamente. Non so se lui sia ancora preoccupato: di solito la musica annulla ogni cosa nel momento in cui le note lasciano le labbra con tutta la spontaneità di cui sono capaci; guardandolo di spalle, riesco a scorgere dal leggero movimento del corpo che, in ogni caso, è certamente più calmo di quando, dietro le quinte, mi ha confessato il suo nervosismo e gli incubi che lo avevano scosso.

 

Sorrido, mentre sono attirato inevitabilmente dalla sua figura snella sotto i riflettori e di fronte al silenzio del pubblico. Non posso fare a meno di pensare a lui e un certo calore invade il mio petto senza un motivo apparente – non che ce ne sia bisogno, poi…

 

Oh Kurt… tanto speciale nella sua semplicità e spontaneità da togliermi il fiato anche con le minime cose.

Non finirò mai di ripetere a me stesso quanto sia stato cieco e sciocco. Ho così tanto tempo da recuperare con lui

 

 

All the games you played
The promises you made
Couldn't finish what you started
Only darkness still remains

 

Ora le luci colpiscono anche me che attacco a cantare in risposta, scendendo il gradino su cui ero fermo e puntando – adesso con una certa libertà – gli occhi su di lui, il sorriso che si allarga ancora di più sul mio volto ed il cuore che batte all’impazzata.

 

Non sono nervoso, non più del solito. È che cantare con lui fa sembrare ogni cosa talmente diversa… nuova, che l’inesperienza mi trasforma in un bambino, un bambino che osserva qualcosa di troppo bello per poter essere concepito tutto in una sola volta.

 

Mi avvicino sempre di più, con lentezza e forse anche un pizzico di intima complicità a cui lui risponde seguendo ogni mio gesto con lo sguardo, anche quando gli passo alle spalle per affiancarlo poi dall’altro lato ed il sorriso che mi rivolge, così dolce, mi fa perdere un battito. Sembra che nei momenti migliori, quelli in cui siamo più stretti, non siamo in grado di fare altro che sorridere, come se non ci fosse altro modo per esprimere tutto ciò che sentiamo se non con questo semplice gesto.

 

E a me non spiace. Amo il sorriso di Kurt.

 

 

Lost sight
Couldn't see
When it was you and me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
But I think I'll be alright
 

 

Ora è lui a fare qualche passo indietro, con scioltezza, quasi leggiadria e senza staccare gli occhi dai miei: i nostri sguardi sono un filo conduttore che non credo siamo in grado di interrompere. Troviamo sicurezza e forza l’uno nell’altro così, come del resto abbiamo sempre fatto, anche prima di essere noi.

 

Ed io lo seguo, facendo qualche passo verso di lui, quasi imbambolato, incapace di sopportare una distanza troppo grande. L’ho sempre fatto: da quando ho conosciuto Kurt non sono mai stato in grado di separarmi completamente da lui e se non era con me fisicamente, allora lo era nei miei pensieri, costante, e nel mio cuore, da sempre.

 

 

 

Quando le nostre voci si incontrano, in un connubio perfetto, ci stiamo ancora guardando, come se per un attimo non stessimo più ad una competizione ufficiale, davanti ad un pubblico e con il resto del gruppo, ma solo noi, Kurt e Blaine e tutto quello che si può comunicare senza parlare.

 

E poi ci voltiamo verso chi ci osserva, non perché l’incantesimo si sia rotto, ma per una forse folle speranza che anche gli altri colgano in noi ciò che cogliamo noi, che vedano la nostra felicità ed il nostro amore.

 

 

One day
You will wake up
With nothing but your sorries
And someday
You will get back
Everything you gave me
  

 

Pur guardando avanti, pur cercando di concentrarci sulle parole, sul dare il meglio di noi stessi, non riusciamo a fare a meno di guardarci, anche solo per poco, ed io cedo per primo, mentre le nostre voci sono ancora fuse in una sola.

 

Un assolo, il nostro assolo, perché sento di essere ormai una cosa sola con Kurt.

 

È questo che intendevo con la mia dichiarazione improvvisata, con quel “è una vita che ti cerco”. In un attimo, capisco che Kurt è sempre stato tutto quello di cui ho avuto bisogno, l’unica cosa che abbia davvero cercato, la sola che possa rendermi completo e di nuovo mi do dello stupido per non aver accettato prima, per aver avuto paura, per quel folle istinto che ti porta a cercare ciò che vuoi ovunque tranne che nel luogo in cui si trova, sotto il proprio sguardo.

 

Lui è sempre stato lì: lo conosco da così poco, eppure è come se fosse con me da una vita e la sola idea di perderlo è troppo grande anche solo da ipotizzare.

 

Quando per un attimo è la mia voce ad andare da sola, tocca a lui guardarmi e nonostante io sia inizialmente rivolto a chi ci osserva sento i suoi occhi accarezzarmi, prima di tornare a guardarlo fino a che le nostre voci non tornano a correre insieme.

 

 

Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out  (candles out)
Looks like a solo tonight (Solo tonight)
But I think I'll be alright

 

 

Siamo rivolti l’uno verso l’altro, mentre il ritornello ci segnala che la canzone si sta avviando verso la fine. Non voglio che finisca, non voglio che passi, perché non mi sono mai sentito meglio di come sto adesso, con Kurt.

 

Nelle ultime frasi la corsa delle nostre voci diviene altalenante, fatta di lasciate e riavvicinamenti che significano tanto per me e credo anche per lui. Alla fine si ritrovano nell’ultima frase.

 

“Credo che starò bene”… Sì, Kurt, con te sempre. Non ne ho dubbi.

 

Il pubblico sembra estasiato: le candele creano scie luminose nel buio della platea e appena il nostro assolo termina si alzano gli applausi, forti ed entusiasmanti, che fanno battere ancora più il mio già folle cuore.

I riflettori sono puntati su di me, mentre con Kurt faccio un inchino di ringraziamento.

 

No. Non è me che devono illuminare, non sono io che ho il merito di questo. È Kurt, è lui che tutti devono applaudire! Senza pensarci più di tanto con gesto improvviso, lo prendo per le spalle e lo sposto al centro del fascio luminoso, mentre il pubblico ancora applaude.

 

Colgo l’imbarazzo e la sorpresa sul suo volto che con una smorfia tenerissima tenta di sorridere, troppo confuso per avere un movimento sicuro nell’inchino eppure felice, felice nel profondo. Io, dal mio canto, non potrei esserlo di più.

 

Sì, gente, guardate! È il mio Kurt!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_____________________

^^’ ok, forse ultimamente ci stiamo rilassando un po’ e gli aggiornamenti si fanno aspettare… ce ne scusiamo, ma non dipende solo da noi…

Anyway, eccovi il “Candles” di Blaine! Spero non sia stata una completa delusione, considerato il capitolo precedente di Pachelbel **

Ci tenevo solo a precisare (perché temo non sia facilmente comprensibile sin da subito) che il momento del flashback di Blaine fa riferimento alla stessa sera in cui Kurt torna a casa e parla con Finn… una parte del flashback (la scena alla finestra) è infatti stata prima descritta dal punto di vista di Kurt ed ora da quello di Blaine ^^ Non ho idea del perché abbia fatto questa precisazione *crazy* quindi mi eclisso, ringraziando i fantastici 12 recensori e coloro che in un modo o nell’altro seguono la storia e che sono in continuo aumento.

We love you all

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Raise your glass ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

 

 

25°_ Raise your glass ~ Blaine

~ Quando temi che il padre del tuo fidanzato possa staccarti la testa a morsi ~

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Right right, turn off the lights
We gonna lose our minds tonight
What's the dealio?
I love when it's all too much
5 AM turn the radio up
Where's the rock and roll?

 

Riprendo subito a cantare la nostra prossima canzone – Pink, come potevo non proporre una delle sue creazioni? – cercando di metterci quanto più impegno possibile e soprattutto tentando di concentrarmi al massimo su quello che sto facendo in questo momento.

 

Peccato che sia ancora tutto preso da Kurt, dal duetto che abbiamo appena finito di cantare, da Kurt, dal modo in cui mi guardava, da Kurt, dal suo sorriso, da Kurt, dal calore che sono riuscito a sentire quando mi sono avvicinato a lui per portarlo sotto i riflettori, da Kurt, dal suo profumo e… ho già detto da Kurt?

 

Lo so, lo so… sono pessimo. Ma non è colpa mia se non riesco a fare a meno di pensare a Kurt.

 


Party crasher, panty snatcher
Call me up if you are gangsta
Don't be fancy, just get dancey
Why so serious?

 

Già, pensare a Kurt… ed essere serio. Ci credo che lo sono! Prima in pullman, mentre venivamo qui, mi ha del tutto spiazzato invitandomi a casa sua per la prossima domenica. È stata davvero una sorpresa, non me lo aspettavo proprio. Non so in che veste mi presenterà a suo padre e a Carole, soprattutto dal momento che sospetto che Finn sappia già tutto…

 

Anderson, questo non è il momento di preoccuparsi! Te ne occuperai in seguito. Piuttosto, pensa a cantare e a impegnarti al massimo per portare a casa quel trofeo!

 


So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Won't you come on, and come on, and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise Your Glass!

 

Continuo a cantare, facendo uscire quanta più voce possibile. Volteggio intorno ai miei compagni, seguendo i passi previsti dalla coreografia, cercando il più possibile di pensare solo a poche cose: i passi, le parole e basta. E pian piano, l’idea che quel trofeo possa davvero essere nostro, che potremmo andare alle Nazionali, mi fa stringere lo stomaco in una morsa.

 

Non ci ho mai pensato veramente in quest’ultimo periodo, le mie attenzioni erano tutte focalizzate su Kurt. Certo, sapevo che avremmo dovuto esercitarci per vincere alle Regionali, e difatti è quello che abbiamo fatto. Ma il mio pensiero di base è sempre stato Kurt.

 


So if you're too school for cool
And you're treated like a fool (like a fool)
You could choose to let it go
We can always, we can always
Party on our own...

 

Ora che però mi ritrovo qui, a un passo dal poter effettivamente vincere… sento un brivido di eccitazione scorrermi lungo la schiena. Vincere ci farebbe estremamente bene, sia a livello emotivo sia da un punto di vista scolastico. Alla Dalton tengono in gran considerazione il nostro gruppo e l’arrivare alle Nazionali certamente ci permetterebbe di ottenere dei punteggi in più quando poi ci troveremo a dover fare domanda per il college – momento che, per quanto mi riguarda, è davvero remoto.

 

E infine, le Nazionali quest’anno si terranno a New York e io smanio all’idea di andarci. Sarebbe davvero spettacolare trascorrere dei giorni lì con tutto il gruppo – in particolar modo con Kurt.

 

Un sorriso mi si dipinge sul volto mentre continuo a cantare con quanto fiato ho in corpo, mentre varie immagini cominciano a formarmisi in testa.

 

Io e Kurt per mano, in giro per le strade di New York. Il suo sorriso e i suoi occhi luminosi che spiccano a Times Square. Il suo sguardo, un misto di stupore e commozione, a Broadway. E infine, il sorriso che rivolgerebbe a me, e a me soltanto.

 


So raise your
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks

 

Quell’immagine resta fissa nella mia mente, mi si imprime quasi sulla retina – non riesco a scacciarla via. E improvvisamente, lo sfondo che faceva di contorno al suo viso – le insegne luminose delle strade di New York – si trasformano e diventano i contorni della sala studio della Dalton, per poi cedere il posto al bianco dei cuscini dei nostri letti e diventare infine i contorni sbiaditi di una cucina che non conosco.

 

Capisco che non importa di dove saremo, l’unica costante è il sorriso che Kurt mi rivolge. Ed è solo questo l’importante: Kurt.

 


Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise your glass
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
For me

 

Non importa se vinceremo o meno. Certo, ci tengo davvero tanto a vincere le Regionali, ma anche se non dovesse succedere, non mi dispererò. Perché vincere le Regionali significherebbe solo vincere un mero e freddo trofeo, di cui magari non conserverò alcun ricordo quando sarò vecchio.

 

Sento di aver vinto qualcosa di molto più importante, ne ho la certezza. Ho vinto Kurt.

 

E nel momento in cui vedo Kurt sorridermi dall’altro lato del palco, correre verso di me e abbracciarmi davanti a tutti, sento che è questa la vittoria più grande che potessi ottenere.

 

 

~ ∞ ~

 

Le mani quasi tremano per l’agitazione nel momento in cui mi ritrovo davanti allo specchio della mia camera della Dalton a sistemare al meglio il mio papillon. Perché diamine ho deciso di metterne uno? Perché ho deciso di dover essere ben vestito per questo pranzo? E se andasse a finire che sarò l’unico vestito elegante? No, dai, di questo non devo preoccuparmi. Kurt sarà vestito di tutto punto, come è solito fare.

 

Ed ecco un’altra cosa che mi piace di Kurt: notare quante migliaia di capi di abbigliamento possiede, ognuno più bello dell’altro. O meglio, qualsiasi cosa lui indossi, per me sarebbe sempre stupendo, però ogni volta riesce a sorprendermi con outfit sempre nuovi e diversi. Sto cominciando a non sopportare quella divisa che lo nasconde fin troppo, quel blazer che non gli si appiccica addosso come invece fanno i suoi soliti maglioni lunghi, o quei pantaloni che certamente non sono stretti quanto quelli che è abituato a indossare. Io amo i suoi pantaloni stretti, lo fanno sembrare un essere etereo e bellissimo, slanciandogli le gambe e mettendogli in mostra il…

 

Blaine Anderson, fermati immediatamente! A cosa diamine stavi pensando, si può sapere?!

 

Fortunatamente vengo salvato in extremis dall’imbarazzo in cui mi ero cacciato da solo da Wes e David, che fanno capolino nella stanza che divido con Kurt. Devo trovare un modo per evitare che chiunque possa entrare nella nostra stanza senza avvisare – non vorrei che trovassero me e Kurt in situazioni poco…

 

Ancora, Anderson?! La vuoi smettere di pensare al tuo fidanzato in quei termini? Sai benissimo che Kurt non approverebbe e d’altronde neanche a te sembra il caso di affrettare le cose, giusto? Non vuoi rovinare tutto e soprattutto, benché tu ti spacci per uomo vissuto, non lo sei affatto. Chissà se poi saresti in grado di fare il primo passo, se ti trovassi davvero nella possibilità di farlo.

 

L’immagine sfocata di un Kurt con uno sguardo penetrante a me indirizzato mentre mi si avvicina carponi sul letto fa improvvisamente capolino nella mia mente. Un sorriso malizioso mi si dipinge sulle labbra, finché…

 

«Blaine, sei sicuro di star bene?»

 

Sobbalzo nel sentire la voce di Wes che mi richiama, mentre metto bene a fuoco prima una mano che sventola a pochi centimetri dal mio naso, e poi lo sguardo stranito dei miei due amici, qualche passo più in là. Mi guardano come se si stessero chiedendo cosa c’è di sbagliato in me. Effettivamente me lo sto chiedendo anche io.

 

«Sì, sì, sto bene» mi affretto a rispondere prima che Wes e David decidano di portarmi direttamente in un centro di cura per malattie mentali. Devo avere davvero un’espressione da idiota.

 

«A giudicare dalla tua espressione non sembra» risponde David facendo un passo avanti ed esaminandomi con fare medico. «Sei passato dal rosso imbarazzato a un sorriso ebete nel giro di qualche secondo.»

 

Io abbasso lo sguardo e torno a concentrarmi sul mio riflesso allo specchio, finendo di sistemarmi il farfallino. Non dico nulla – non ci sarebbe nulla da dire che potrebbe giustificare il mio strano comportamento – e passo poi a dedicarmi ai capelli, costretti come al solito sotto quintali di gel. I miei due amici continuano a rimanere in piedi dietro di me, a fissarmi con uno strano sorriso sulle labbra.

 

Quando alla fine mi reputo conciato abbastanza decentemente per andare a conoscere i genitori del ragazzo di cui sono innamorato – che poi li conosco già, ma questa volta sarà completamente diverso – mi volto verso Wes e David, squadrandoli da capo a piedi. Hanno due espressioni che non mi convincono affatto.

 

«Si può sapere che avete da guardare con quei sorrisetti inquietanti?» dico incrociando le braccia al petto.

 

I due si guardano per un attimo, sospirando, finché poi David mi rivolge due occhioni lucidi e dice, «Sono così fiero di te!»

 

«Già, stai diventando grande…» aggiunge Wes con un dolce sorriso sul volto.

 

«Il nostro Blaine sta crescendo…» dicono infine in coro.

 

A quell’uscita, non posso fare a meno di alzare le sopracciglia e lasciare che la mia mascella cada a terra, continuando a fissarli imbambolato. Non so se prendermela per il fatto che mi considerino alla stregua di un bambino, o se gongolare del fatto che mi considerino il loro figlio. Il primo di una lunga serie… Non mi stupisco neanche poi tanto quando si afferrano entrambe le mani, stringendosi l’uno all’altro con degli sguardi commossi.

 

Alzo gli occhi al cielo e tiro un sospiro. «Sì, va bene. Io sono vostro figlio e voi due i miei genitori. Qualche consiglio utile?»

 

Non mi faccio nemmeno assalire dalla tristezza che dire questa frase mi ha messo in corpo. O meglio, non le permetto di prendere possesso delle mie intere sensazioni. Non permetterò che mi rovinino questa giornata, né loro né il pensiero che ho di loro. Ho sempre saputo che i miei genitori non sarebbero stati al mio fianco quando un giorno come questo sarebbe arrivato; perciò mi accontento di quello che ho. E, fissando i miei due migliori amici – che hanno entrambi inclinato la testa con uno sguardo preoccupato sul volto dal momento che, lo so, hanno capito che cosa mi sta passando per la testa in questo istante – posso anche affermare di essere fortunato.

 

Tutti e tre restiamo a fissarci per un interminabile periodo di tempo finché, proprio come mi aspettavo, Wes dice, «Non farti prendere dal panico e soprattutto evita di guardare negli occhi il padre di Kurt. Potrebbe approfittarne e incuterti ancora più paura, costringendoti ad issare bandiera bianca e allontanarti da Kurt.»

 

Stringo i pugni anche solo a sentire quella frase. Non permetterò a nessuno di allontanarmi da Kurt, di mettersi in mezzo a noi. A nessuno.

 

Non faccio in tempo a replicare che David, con la sua solita calma che tanto lo contraddistingue, dice, «Tu comportati naturalmente e cerca di stare rilassato. Agitarsi peggiora sempre le cose.»

 

«Già, è vero. Alla fine l’importante per quelle persone è che tu non voglia prendere in giro Kurt; vorranno avere le prove che ci tieni davvero.» Si intromette Wes.

 

«E non è complicato da capire. Basta osservare i tuoi occhi quando lo guardi.» Conclude David.

 

Io non posso fare a meno di sorridere, mentre sento una strana sensazione in gola, un groppo, come se stessi per piangere. A volte mi domando che cosa io abbia fatto di buono per meritare degli amici come loro, che mi stanno vicino senza giudicarmi e senza chiedere nulla in cambio. Sono fantastici.

 

Senza pensarci due volte, faccio una cosa che non sono abituato a fare. Mi sporgo verso di loro e li stringo in un abbraccio. E quando anche loro mi ricambiano, mi sento proprio un bambino che viene abbracciato dai suoi genitori, non solo per un mero fatto di altezza, ma perché con loro mi sento protetto. In questi anni, sono diventati la mia famiglia.

 

Quando ci separiamo, Wes combatte l’imbarazzo in cui siamo caduti sdrammatizzando, come sempre, e dice, «Ah, anche un’altra cosa, nano maleficamente ingellato: non guardare troppo Kurt e non fare pensieri strani su di lui. I genitori, in particolar modo i padri, hanno una specie di radar quando si tratta di sesso.»

 

Arrossisco immediatamente alle sue parole, ripensando alle immagini ben poco caste che mi erano venute in mente giusto qualche minuto fa. Dovrò cercare di controllarmi se non voglio che Burt mi stacchi la testa a morsi.

 

Senza dilungarmi oltre in chiacchiere che hanno il solo scopo di mettermi in imbarazzo e farmi preoccupare più di quanto credessi possibile, li saluto con una pacca sulla spalla ciascuno ed esco dalla stanza, afferrando le chiavi della macchina al volo. Mi precipito giù per le scale, cercando di non pensare a cosa dovesse succedere se arrivassi in ritardo a casa di Kurt. Nel mio percorso fino alla macchina mi imbatto in parecchi Warblers, che mi fanno tutti gli auguri per il pranzo da Kurt; inutile, c’è poco da fare: i maschi, etero e non, sono più pettegoli delle ragazze, se si trovano in certe situazioni.

 

Arrivato finalmente alla macchina, cerco di rilassarmi e perciò inserisco l’ultimo cd di Katy Perry. Fortunatamente la sua voce ha l’effetto sperato: tempo pochi minuti che mi sono già tranquillizzato un po’, tanto che mi metto persino a cantare a squarciagola, tamburellando anche un po’ con le dita sul volante seguendo il ritmo della canzone.

 

Quasi non mi rendo conto quando arrivo a casa di Kurt. Freno bruscamente davanti al giardino di casa sua e guardo verso quella che so essere la finestra della sua stanza; mi è persino sembrato di vedere la tenda muoversi di scatto, ma non vorrei sbagliarmi.

 

Quando spengo la musica e infine il motore, vengo di nuovo assalito dall’ansia. E se dovessi stare antipatico al padre di Kurt? D’altronde, la prima volta che mi ha visto, alla partita del McKinley, non abbiamo poi parlato tanto; la seconda volta mi ha trovato nel letto di Kurt, e io non ero in grado nemmeno di mettere in fila una frase con un senso compiuto. E la terza volta gli ho praticamente ordinato di parlare al figlio di sesso. No. No, non credo di stargli affatto simpatico.

 

Reprimo un gemito, dandomi dello stupido per come mi sono comportato in precedenza con Burt. Come mi sono permesso di rivolgermi a lui con un tono così… superiore? Come ho anche solo osato venire a parlare con lui di un argomento tanto delicato?

 

Però, ripensandoci, se non fossero successe tutte quelle cose, io non sarei dove sono ora. Io non avrei capito di essere innamorato di Kurt e noi non saremmo mai stati insieme. Nonostante tutte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, siamo riusciti a trovarci e stare insieme. Perciò, affronteremo anche questa, e ne usciremo a testa alta, come abbiamo sempre fatto.

 

Stringo i pugni ed esco dalla macchina, chiudendola, per poi avviarmi per il loro vialetto, dritto verso lo spesso portone. Tempo pochi attimi che me lo ritrovo davanti. Alzo una mano tremante per suonare il campanello, poi chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro.

 

Courage, Anderson!

 

Suono. E subito dopo sento dei passi pesanti avvicinarsi oltre la porta, che viene poi spalancata con forza. Di fronte a me c’è Finn, infagottato in una camicia bianca che non è affatto nel suo stile; sono certo che in qualche modo c’entri lo zampino di Kurt.

 

Sorridiamo entrambi imbarazzati mentre lui mi fa cenno di entrare, indietreggiando. Io entro con fare titubante in casa, salutandolo. Non è la prima volta che vengo qui, ma ora sembra tutto diverso.

 

«Ehi amico, dammi pure la giacca!» mi fa Finn, cercando di mettermi a mio agio con un largo sorriso.

 

Lo ringrazio con gli occhi, togliendomi la giacca e porgendogliela. Dalla cucina sento provenire dei rumori di posate e pentole – immagino che Carole stia cucinando. Il mio sguardo però viene attirato dalle foto appese lungo tutte le pareti. Mi avvicino un po’ per osservarle meglio.

 

In una si vede Finn bambino, con indosso un elmetto da militare, mentre è seduto alla batteria; sta sorridendo verso l’obiettivo. Mi nasce spontaneo un sorriso, mentre mi giro a osservare Finn dietro di me, che non ha smesso un attimo di seguire i miei movimenti.

 

«Le vecchie abitudini sono dure a morire, vero?» gli chiedo per spezzare un po’ il ghiaccio. Ma il ragazzone mi fissa con un’espressione stranita, inclinando la testa di lato e dicendo, «Eh?”

 

Scuoto la testa, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. Kurt mi aveva avvertito del fatto che Finn non avesse tutto questo acume, o almeno per la maggior parte del tempo. Così mi limito a spiegare.

 

«Kurt mi ha detto che suoni la batteria. A quanto vedo la suonavi fin da piccolo.»

 

Devo aver fatto centro, perché il ragazzo di fronte a me si apre in un sorrisone. «Sì, mi è sempre piaciuta tanto! Mi rilassa suonare la batteria, scarico tutto ciò che provo.»

 

«Immagino,» commento mentre passo poi alla foto successiva, che raffigura Carole e Burt il giorno del matrimonio.

 

Quando il mio sguardo si posa su quella affianco, non posso fare a meno di allargare ancora di più il mio sorriso; sento gli occhi farsi lucidi mentre osservo con attenzione le due persone nella foto, i loro sorrisi simili, i capelli dello stesso identico colore e gli occhi che sembrano due gocce d’acqua completamente identiche. Non ci metto molto a capire che i due soggetti della foto sono Kurt e quella che deve essere sicuramente sua madre. Sinceramente, non so chi guardare: se la stupenda donna che ha messo al mondo una creatura perfetta come Kurt o se Kurt bambino, felice come l’ho visto solo poche volte.

 

E lo stomaco fa una piccola capriola, seguito subito dopo dal cuore, quando mi rendo conto che effettivamente l’ho visto così tanto felice solo quando gli ho chiesto di diventare il mio fidanzato, davanti alla finestra della nostra stanza della Dalton, al tramonto.

 

Senza rendermene conto sollevo una mano per sfiorare la cornice della foto, la parte vicino al volto di Kurt. Sono completamente perso a osservare la foto, tanto che mi dimentico di Finn al mio fianco, che si premura subito di riportarmi con i piedi per terra, invadendo il mio spazio personale.

 

Sollevo lo sguardo su di lui, aspettandomi di trovare i suoi occhi che cercano i miei; e invece vengo smentito. Non sta guardando me, ma la foto. Vedo i suoi occhi seguire i contorni del viso della mamma di Kurt, per poi passare a quelli del suo fratellastro. Rimango immobile e in silenzio, aspettando che dica qualcosa.

 

«Spero per te che tu ci tenga davvero a lui…» sussurra, in netto contrasto col tono di voce duro che ha usato per rivolgersi a me.

 

Non mi stupisco più di tanto, immaginavo che avrei dovuto ricevere la paternale dal fratello maggiore – che poi maggiore non è, ma questi sono solo semplici dettagli. Comunque, sapevo che Finn avrebbe voluto parlarmi, d’altronde il mio intuito mi dice che Kurt debba avergli detto qualcosa su di noi. Dopotutto, era presente anche lui la sera del party a casa di Rachel…

 

«Ha già sofferto tanto, e non si merita di soffrire ancora.»

 

Non mi guarda negli occhi: il suo sguardo non si è ancora distolto dalla fotografia. Io non posso fare a meno che rimanere spiazzato da questo suo comportamento; non mi aspettavo che tenesse così tanto a Kurt. Ciò non fa che rendermi orgoglioso del mio fidanzato: riesce a farsi voler bene da tutti e non è una cosa da poco. Mi affretto quindi a rispondere immediatamente a Finn, anche io senza guardarlo in volto.

 

«Non ho alcuna intenzione di farlo soffrire…» sussurro anche io, imitando il suo tono di voce di poco prima.

 

Questa volta sento uno sguardo penetrante che mi fissa. «Lo hai già fatto.»

 

Alzo lo sguardo anche io, e non faccio fatica a sostenere quello di Finn, per quanto le sue parole mi abbiano ferito. So di avergli fatto del male, ma da ora in avanti farò di tutto per fare in modo che non capiti più.

 

«Non era mia intenzione farlo. E giuro su ciò che ho di più caro che farò  qualsiasi cosa per far sì che non succeda. Mai più.»

 

Le mie parole devono avere avuto un qualche effetto su di lui, oppure è stato il mio tono serio, perché abbassa lo sguardo a terra. E, senza che io avessi comandato a quelle parole di uscirmi dalle labbra, dico, «Sono innamorato di Kurt.»

 

Lui rialza immediatamente lo sguardo su di me e mi osserva per qualche secondo; io sostengo quello che non è altro che un esame, senza abbassare mai gli occhi a terra. Alla fine, dopo quelle che paiono ore, fa un passo verso di me e stende una mano nella mia direzione, mano che è però chiusa a pugno. Sorrido e colpisco il suo pugno con il mio.

 

«Ottimo, è un piacere averti qui Blaine.» Dice con tono di voce allegro.

 

Sto per replicare quando una voce ci interrompe, una voce cristallina e acuta, una voce che riconoscerei tra mille, una voce che mi manda letteralmente il cuore in gola.

 

«Blaine

 

Mi volto verso le scale, al fondo delle quali c’è Kurt, stretto in un paio di pantaloni neri, la mano che poggia su un fianco. Sposto lo sguardo verso l’alto, seguendo il profilo del suo busto coperto da un maglioncino grigio aderente e a collo alto, finché non incrocio i suoi occhi. Sento lo stomaco fare una capriola alla vista del mio stupendo, bellissimo, straordinario fidanzato.

 

Deglutisco, sentendo il cuore mancare qualche battito e le mani iniziare a sudare, mentre il mio corpo praticamente mi urla di correre verso di lui e baciarlo lì, nel bel mezzo dell’ingresso di casa sua, davanti a Finn. Invece mi limito a restare immobile a fissarlo imbambolato. Prima o poi la smetterà di avere questo potere su di me, questo potere che mi riduce sempre a un pesce lesso. Non che mi dispiaccia, certo!

 

«Ciao!» dico infine, quando finalmente la salivazione torna ad agire normalmente.

 

Lui, dannato, mi fa un altro dei suoi sorrisi che sono in grado di portarmi dritto in paradiso, e io non posso fare a meno di avvicinarmi a lui, quasi come se fossi attratto da una calamita. E il piacere che provo quando vedo anche lui avvicinarsi a me, con un dolce sorriso sulle labbra e gli occhi che brillano, è indescrivibile.

 

Ci ritroviamo vicini nel bel mezzo dell’ingresso e le nostre mani si trovano a metà strada, le dita che si intrecciano e una sensazione di calore che mi invade, improvvisa, il petto. Mi rendo conto che ora che c’è lui, l’ansia mi ha del tutto abbandonato. Con lui vicino, so di poter affrontare qualsiasi cosa.

 

«Finn ti ha già assalito?» mi chiede con un mezzo sorriso, lasciando per un attimo i miei occhi per fissare il suo fratellastro alle mie spalle, da cui sento provenire un flebile gemito di protesta, seguito poi dal rumore di passi che si allontanano.

 

«Uhm… no.» Gli rispondo, iniziando a fissare le sue labbra con insistenza. «Siamo soli ora?» chiedo subito dopo, vergognandomi un po’ di me stesso. Non so cosa mi stia succedendo, forse è colpa di tutti i pensieri che mi sono presi prima, quando ero alla Dalton, ma provo l’inarrestabile impulso di baciare Kurt.

 

Lui ovviamente non sembra aver capito il motivo per cui gli ho posto quella domanda, perché inclina la testa da un lato e mi dice, «Si, perché -?»

 

Non attendo oltre. Sto per fiondarmi sulle sue labbra – sento già il suo respiro che mi accarezza la bocca, le sue mani che si stringono attorno alla mia vita, i suoi occhi sorpresi – quando veniamo, o meglio, vengo interrotto da una voce che ho sentito solo una volta, qualche mese fa.

 

«Ragazzi, scusate l’interruzione!»

 

Kurt fa un salto di parecchi centimetri, mettendo le dovute distanze tra i nostri due corpi e si volta verso Carole, arrossendo. Anche a me viene quasi un infarto per lo spavento, ma non posso fare a meno di notare quanto sia adorabile Kurt in questo momento, le gote rosse per l’imbarazzo e la voce stridula mentre saluta la sua matrigna. Cerco di darmi un controllo e vengo in aiuto a Kurt, avvicinandomi a Carole e offrendole la mano.

 

«Piacere, Blaine. Non so se si ricorda di me.» Ora che sono arrivati i momenti delle presentazioni, mi sta tornando l’ansia. Meglio da un certo lato; almeno metterà a sopire la voglia che ho di avvicinarmi a Kurt e baciarlo finché non saremo costretti a fermarci per mancanza d’aria.

 

Carole mi rivolge un sorriso affettuoso, che ha un impatto abbastanza potente su di me, facendomi scordare quasi del tutto dei miei istinti da adolescente con gli ormoni impazziti. Il sorriso della matrigna di Kurt è un sorriso che non potrei definire in altro modo se non con materno. Era tantissimo che non vedevo un sorriso del genere, soprattutto era tantissimo che qualcuno non mi rivolgeva un sorriso del genere. Sento quasi tremare le ginocchia mentre un morso strano mi prende alla bocca dello stomaco.

 

Scaccio subito quella brutta sensazione. Ho promesso che non permetterò ai miei genitori di rovinare questa giornata; non mi permetterò di fare paragoni.

 

«Certo che mi ricordo di te, caro.» Dice stringendomi la mano. «Anche perché sarebbe un po’ difficile dimenticarsi di te, visto che Kurt pronuncia il tuo nome ogni volta che gli è possibile.» Aggiunge con un sorriso e un occhiolino.

 

Getto un’occhiata a Kurt giusto solo per gustarmi la sua reazione; come prevedevo, è di nuovo arrossito e ha aperto la bocca per dire qualcosa di pungente, ma evidentemente non ha trovato nulla di abbastanza acuto da dire, perché tace. Sorrido e riporto lo sguardo su Carole.

 

«Spero dica cose belle.»

 

«Stupende, tesoro. E ti prego, dammi del tu.» Aggiunge lei rivolgendomi di nuovo uno di quei sorrisi materni.

 

Annuisco, mentre lei ci fa strada in cucina, dove troviamo Finn seduto al tavolo, mentre occhieggia con sguardo affamato il tacchino posato sulla tavola. Io invece rimango a fissare e cercare di recepire il calore che è presente in quella stanza; e non sto parlando di questione di temperatura, quanto di sentimento. Sembra ci sia un’aria così… familiare.

 

Mentre Carole si dedica a sistemare qualcosa che ha tutta l’aria di essere della verdura, canticchiando ad alta voce una vecchia canzone che non ricordo dove ho già sentito, Kurt mi trascina un attimo in salotto con una scusa.

 

Lontano da orecchie indiscrete, mi avvicino a Kurt e gli sussurro all’orecchio, «Ma i tuoi sanno di me, oppure glielo vogliamo dire proprio in pompa magna?”

 

Kurt mi fissa con un’espressione shockata, ancora leggermente rosso in viso, e scuote la testa. «No, non lo sanno. Però non voglio dirglielo in pompa magna. Pensavo di prenderli uno per volta.»

 

Per me qualsiasi cosa preferisca Kurt, in questo caso, mi sta bene. D’altronde qui si tratta dei suoi genitori, della sua famiglia, e tocca a lui decidere come agire. E devo dire che mi rende più tranquillo sapere che non dovremo fare un grande annuncio a tavola, come se stessimo per sposarci. Almeno così potrò affrontarne uno per volta.

 

«Finn lo sa.» Sussurro all’orecchio di Kurt. Lo vedo rabbrividire e chiudere gli occhi a causa del mio fiato così vicino alla sua pelle, e devo dire che la sensazione di vederlo in questo stato per colpa mia mi piace.

 

Quando riapre gli occhi mi rivolge uno sguardo a metà tra l’ironico e il mortificato. «Sì, lo ha saputo subito. È da lui che sono andato quando mi hai baciato e poi sono… scappato.» Alzo un sopracciglio e lo fisso: a quanto pare ci avevo visto giusto. «E’ che mi è stato parecchio vicino quando ero… triste.»

 

Il tono con cui lo ha detto mi fa improvvisamente sentire di nuovo in colpa. L’ho davvero fatto soffrire, sebbene non fosse mia intenzione. Ora come non mai, sento davvero che quello che ho detto poco fa a Finn è la pura verità, e mi impegnerò per rispettare quel giuramento.

 

Perciò lo prendo per mano e incastro alla perfezione le dita tra le sue. Lui stringe la mia mano e mi rivolge un sorriso luminoso. Restiamo a fissarci per quelle che sembrano ore, finché cominciamo ad avvicinarci sempre di più l’uno all’altro. Questa volta non c’è nessuna fretta nel desiderare l’uno le labbra dell’altro, è più un godersi quell’attimo di straziante attesa prima del bacio, che a volte è quasi meglio del bacio stesso.

 

Purtroppo, anche questa volta veniamo interrotti dal rumore della porta di casa che si apre e da una voce profonda che dice, «Sono arrivato!»

 

Io e Kurt sciogliamo subito le mani e sento di nuovo il cuore iniziare a correre troppo veloce per i miei gusti, ma ora sono di nuovo nervoso: Burt è appena arrivato a casa. Ciò significa che tra poco verrò ucciso.

 

E infatti, quando il padre di Kurt fa il suo ingresso in salotto e inizia a osservare quanto io e suo figlio siamo vicini – troppo per i suoi gusti a quanto pare – inizio mentalmente a pregare e a darmi dell’idiota per non aver fatto testamento. Sembra quasi che voglia strapparmi la testa a morsi.

 

Deglutisco e mi allontano un po’ da Kurt, in imbarazzo. Poi faccio qualche passo verso Burt, allungando una mano per stringere la sua.

 

«Non so se si ricorda, io sono –»

 

«Blaine, sì. Mi ricordo di te.» Dice lui con tono burbero, inclinando la testa e guardandomi con la stessa espressione che ho visto fare un sacco di altre volte a Kurt.

 

Kurt che decide di salvarmi, facendosi avanti e iniziando a spingerci verso la cucina. «Forza, su! Carole ha preparato un pranzo coi fiocchi, quindi spero che tu, papà, abbia scelto il vino adatto!»

 

Vedo Burt alzare gli occhi al cielo e rilassarsi all’istante, mentre gli sfugge un sorrisetto a causa della manie di perfezione del figlio. Sorrido anche io, mentre mi appresto a seguirli in cucina.

 

Sono ancora un bel po’ in ansia. Temo il momento in cui dovremo metterci a parlare con Burt e Carole, ho paura che non ne uscirò vivo. Quando però entro in cucina e trovo praticamente tutti seduti al loro posto, tranne Kurt che è in piedi ad aspettarmi e Carole che è vicina ai fornelli, mi rendo conto che prima di qualsiasi cosa, dovrò affrontare un pranzo.

 

Sarà imbarazzante. Non so proprio di cosa parlerò.

 

 

*

 

 

Ok, se prima avevo pensato che il pranzo sarebbe stato imbarazzante, ho dovuto ricredermi. Credo sia tutto merito di Finn però. Infatti, per mia fortuna, ha iniziato a parlare di football, una conversazione che è riuscita a catturare l’attenzione sia mia sia di Burt. Ed  è stato davvero un bene, sia perché mi ha dato la possibilità di sciogliermi un po’ e di dire qualcosa, sia perché almeno Burt ha smesso di squadrarmi con fare inquisitorio e forse anche un po’ preoccupato, quasi temesse che potessi alzarmi e iniziare a parlare di sesso gay e di come parlarne al figlio.

 

Certo la conversazione sul football non ha interessato Kurt e Carole, ma non sembra che se le siano presa, soprattutto Kurt. Anzi, sembra quasi felice che io stia parlando con suo padre mantenendo dei toni normali e civili. Non so cosa si aspettasse, ma devo dire che sta andando tutto meglio di quanto avevo immaginato.

 

A volte tuttavia non posso fare a meno di distrarmi un attimo e lanciare qualche occhiata fugace a Kurt, al modo in cui si porta la forchetta alle labbra, o al modo in cui una o due volte la sua lingua è guizzata fuori dal suo rifugio per leccarsi il labbro inferiore. Oppure è lui stesso a distrarmi, sorridendomi o guardandomi soltanto; oppure sfiorandomi il ginocchio con il suo, come in questo momento.

 

Alzo lo sguardo su di lui e incrocio subito i suoi occhi imbarazzati; però non si affretta ad allontanare il ginocchio, come invece avevo pensato facesse. Questo semplice contatto mi fa rabbrividire e provo di nuovo il terribile impulso di sporgermi verso di lui e catturare tra le mie quelle labbra rosse. Mi trattengo, nemmeno io so come.

 

Quando però sentiamo qualcuno – Finn – schiarirsi la gola, capiamo che forse siamo stati un po’ troppo a fissarci questa volta. Sposto lo sguardo su tutte le altre persone presenti al tavolo: Finn sembra imbarazzato, Carole ci sta osservando con un dolce sorriso sul volto e Burt…

 

Diamine, credo proprio che Wes avesse ragione sul radar dei padri a proposito del sesso! Sembra proprio che Burt abbia capito verso quali binari siano deviati i miei pensieri e temo di nuovo che voglia staccarmi la testa a morsi. Abbasso lo sguardo e sposto la gamba che prima era ancora in contatto con quella di Kurt. Almeno così riuscirò a pensare lucidamente.

 

Fortunatamente quel momento di imbarazzante silenzio viene spezzato, da Carole questa volta, che ci invita ad andare via dal tavolo e svagarci per un’oretta, mentre finisce di preparare il dolce.

 

«Kurt, perché non fai vedere a Blaine la tua stanza?» propone la donna, lanciando una veloce occhiata di ammonimento al marito, per poi spostare lo sguardo su me e Kurt.

 

«Certo!» risponde lui, tralasciando il fatto che io in realtà ho già visto la sua stanza. Ma non credo che questo loro lo sappiano.

 

Contemporaneamente, io, Kurt e Finn ci alziamo dal tavolo e ci precipitiamo su per le scale. Uscire dalla cucina mi permette di rilassarmi un attimo, anche se comincio ad avvertire la tensione di quello che dovremo fare tra poco io e Kurt.

 

Finn ci lascia davanti alla camera di Kurt e si dirige nella sua con un fugace sorriso a Kurt e una pacca sulla spalla a me. Io lo ringrazio con un sorriso; se non ci fosse stato lui, credo che il pranzo sarebbe stato molto più difficile da sostenere.

 

«Dai, vieni! Entra.» Dice Kurt afferrandomi per mano e trascinandomi in camera sua. E io resto a bocca aperta, perché è totalmente cambiata dall’ultima volta che l’ho vista, mesi fa. Il colore delle pareti è diverso, il letto è stato cambiato – ora è molto più grande – ed è stato messo in un’altra posizione. Appesi ai muri, ci sono poster che non ricordavo di aver visto l’altra volta ma, cosa più importante di tutte, il muro vicino al suo letto ospita una piccola bacheca, su cui vedo troneggiare una mia fotografia.

 

Mi avvicino, curioso. Vicino alla mia fotografia, presa sicuramente dall’annuario della Dalton, visto che indosso la divisa, è appeso un collage con la scritta Couragé, seguita poi da un foglietto chiaramente strappato da una pagina di una quaderno; sul foglietto c’è scritto, dentro un cuore rosso, Kurt+Blaine. A coronare il tutto, ci sono appesi degli scontrini che, quando mi avvicino a controllare meglio, si rivelano essere degli scontrini del Lima Bean.

 

Rimango imbambolato a fissarla per non so quanto tempo, mentre provo un sacco di sensazioni diverse, tra cui felicità, imbarazzo, sorpresa e qualcosa di molto più profondo, qualcosa che mi fa battere forte il cuore e diventare gli occhi lucidi.

 

Mi volto a cercare gli occhi di Kurt, ho bisogno del suo sguardo in questo istante, e inaspettatamente lo trovo a testa bassa, a parecchi passi di distanza da me; è ancora vicino alla porta, precisamente dove l’ho lasciato non appena siamo entrati nella stanza. Rimango sconvolto quando capisco che è imbarazzato.

 

Mi avvicino a lui, gli prendo il mento tra due dita e gli faccio alzare la testa, di modo da poterlo guardare negli occhi. Sento così tante cose in questo momento, e mi viene quasi voglia di dirgli quanto lo amo. Ma è solo una settimana che stiamo insieme e sento che il mio sentimento per lui è già aumentato; mi chiedo di questo passo che cosa diventerà fra qualche mese. Decido quindi di aspettare, perché sono curioso di scoprire quanto cambierà. Inoltre ora come ora, ho un groppo in gola e non sono sicuro che la mia voce uscirebbe forte e chiara. Diavolo, non so neanche se uscirebbe!

 

Così mi limito a comunicargli con gli occhi tutto l’affetto che provo nei suoi confronti. E magicamente, Kurt sembra capire. Siamo tornati a essere quei due ragazzi che si capivano solo con uno sguardo, finalmente, proprio come eravamo all’inizio; solo che ora siamo qualcosa di più.

 

Non so nemmeno se sono io a stringerlo tra le braccia o se è lui a stingere me. So che ci ritroviamo stretti in un abbraccio, il suo volto nascosto nell’incavo del mio collo e la mia mano che vaga sui suoi capelli.

 

«Credo di sentirmi… lusingato…» gli dico per spezzare un po’ la tensione.

 

La sua reazione non è però quella che mi aspettavo, perché si stringe di più a me e sussurra qualcosa che dapprima non riesco a capire. Ma dopo un po’, sforzandomi, riesco a sentire ciò che sta dicendo. E non ne sono affatto felice.

 

«E’ che ho paura che io non  ti piaccia quanto tu piaci a me.»

 

Sciolgo l’abbraccio, tenendolo però sempre vicino a me e lo fisso negli occhi con sguardo severo. Non so come fare a fargli capire che piuttosto qui sono io quello che è stato completamente stregato da lui; sono io che non riesco a smettere di pensare a lui neanche per un attimo. Farei di tutto per lui, qualsiasi cosa. È il mio cuore che sta battendo forsennatamente nel petto in questo istante a mostrarmi le prove di quanto Kurt sia importante per me e di quanto mi piaccia.

 

E forse, se il mio cuore è in grado di dimostrare a me cosa provo, allora potrà fare lo stesso con Kurt.

 

Così afferro una sua mano e me la metto sul cuore. Lui arrossisce per il mio gesto, ma rimane immobile e in silenzio, ad ascoltare i battiti frenetici del mio cuore, che aumenta ancora di più i battiti quando, anche attraverso lo spesso strato del maglione, riesco a sentire il calore della sua mano che mi sfiora il petto per la prima volta.

 

«Lo senti?» gli chiedo, guardandolo dritto negli occhi. «E’ molto più veloce di come dovrebbe essere.» Kurt annuisce, gli occhi lucidi fissi nei miei. «Fa sempre così quando ci sei tu.»

 

Il sorriso che mi rivolge è certamente il migliore che mi sia mai stato rivolto – quasi illumina la stanza. Si getta di nuovo tra le mie braccia, che lo accolgono subito, pronte. E quando, dopo un tempo infinito trascorso a dondolarci semplicemente sul posto cercando di respirare in sincrono, ci stacchiamo e ci guardiamo dritto negli occhi, credo sia finalmente giunto il momento che bramo da quando l’ho visto vicino alle scale.

 

Ma anche questa volta, veniamo interrotti.

 

Qualcuno bussa alla porta. Io non posso evitare di alzare gli occhi al cielo e non riesco a reprimere un gemito di esasperazione; a quanto pare però la mia reazione diverte Kurt, che scoppia in una breve risata prima di allontanarsi da me e andare ad aprire la porta.

 

Sull’uscio c’è Carole, che ci guarda con un sorriso dispiaciuto.

 

«Scusate se vi disturbo sempre ma… il dolce mi è esploso nel forno. Quindi niente dolce.» Abbassa lo sguardo e a me viene da ridere quando mi rendo conto che forse teme una delle sfuriate alla “tutto-deve-essere-perfetto” di Kurt.

 

E infatti, Kurt fa tempo ad aprire la bocca per lamentarsi, ma io lo interrompo subito, facendo un passo avanti e posando una mano sul braccio di Kurt. «Non preoccuparti, magari c’è qualcosa che può essere salvato.» Dico con fare esperto. «Scendiamo a vedere.»

 

Vedo Kurt rivolgermi un’occhiata stranita, ma segue me e Carole in cucina, che è ora vuota. Dal salotto sento venire i rumori di una partita di baseball, quindi immagino che Burt sia lì a guardare la televisione.

 

Effettivamente, dopo un’attenta analisi del dolce nel forno, mi rendo conto che non c’è nulla che possa essere salvato. Nel vedere l’espressione dispiaciuta di Kurt, mi intenerisco e decido di mettermi all’opera. Dopotutto, non potrei mai sprecare un’occasione del genere: riportare il sorriso sul viso di Kurt, rendendo di nuovo tutto perfetto come vorrebbe lui, e soprattutto mettermi in buona luce con Carole.

 

Perciò mi tiro su le maniche e mi rivolgo a Carole. «Hai quattro uova, del mascarpone, del caffè e dei biscotti?»

 

La donna mi fissa stranita per un attimo, ma poi si appresta a prendermi tutto ciò che mi occorre per preparare un tiramisù. E, senza guardare nessuno negli occhi, inizio a darmi da fare. Sto sbattendo le uova quando tuttavia sono costretto a rialzare lo sguardo, sentendomi osservato: sia Kurt sia Carole mi stanno fissando.

 

«Sai cucinare?» mi chiede Kurt, sconvolto.

 

Ridacchio, mentre sento un lieve rossore salirmi sul collo e diffondersi sulle guance. «Non proprio. So cucinare alcune cose, tra cui il tiramisù; è quello che sto preparando adesso.»

 

Lui si limita a fissarmi con un’espressione estatica sul volto. E rimane così per buona parte della preparazione, finché la voce di Finn non lo richiama al piano di sopra; da quanto ho capito, deve essere successo qualcosa con un vestito di Kurt e un lavaggio sbagliato nella lavatrice. Lo sguardo terrorizzato di Kurt spinge me e Carole a scoppiare a ridere, e a continuare imperterriti quando Kurt, con una scusa, si precipita correndo fuori dalla cucina.

 

Rimasti soli, io riprendo il lavoro dove mi ero interrotto, sotto lo sguardo attento di Carole. Ora che siamo solo noi due, mi riprende l’ansia; forse è il caso che io le parli adesso. Ma sarebbe giusto farlo senza Kurt presente?

 

«Mi sa che Kurt si è trovato un ottimo fidanzato… Sai addirittura cucinare!»

 

Alzo di scatto lo sguardo, cercando di trattenere la mia mascella, che stava di nuovo calando a terra. Ottimo, a quanto pare non devo preoccuparmi di cosa, o se, dire qualcosa a Carole; ha fatto tutto da sola.

 

«Cosa… come lo hai capito?» chiedo, sconvolto.

 

Lei mi rivolge di nuovo lo stesso materno sorriso che mi aveva rivolto prima di pranzo e fa il giro del tavolo, venendo a posizionarsi accanto a me e aiutandomi a inzuppare i biscotti nel caffè e a sistemarli lungo la teglia. Resta in silenzio per un po’ – e nel frattempo io pendo dalle sue labbra per avere una risposta – finché, senza guardarmi negli occhi, riprende a parlare.

 

«Si vede da come lo guardi.» La osservo, mentre mi tornano in mente le parole di David. «Hai gli occhi che brillano, segui ogni suo spostamento, pendi dalle sue labbra quando parla e cerchi ogni possibile contatto con lui, seppur piccolo.»

 

Arrossisco nel sentire le sue parole. Non pensavo di essere così palese.

 

«Lui, d’altronde, fa lo stesso con te. E dopotutto,» e questa volta alza lo sguardo su di me e mi rivolge un occhiolino, «vi ho quasi sorpresi a baciarvi.»

 

Ok, adesso credo di essere passato da un semplice rosso a uno scarlatto. Sono estremamente imbarazzato, ma allo stesso tempo sono felice che l’abbia presa così bene. Pensavo di dovermi impegnare molto di più, ma alla fine sembra stia facendo tutto da sola; perciò, senza sapere perché, mi ritrovo a parlare anche io.

 

«Stiamo insieme da una settimana.» Mi trovo a specificare. «Kurt…» faccio una pausa, alzando la testa e guardando il soffitto, «Lui è sempre stato molto importante per me, fin da subito ho sentito che il nostro legame era più forte di qualsiasi altro avessi mai sperimentato in vita mia. Mi spiace solo di averci messo troppo a capire che quello che provavo non era solo una semplice amicizia, forte certo, ma pur sempre un’amicizia.» Abbasso lo sguardo, mentre un sorriso mi si dipinge sulle labbra. «Non posso fare a meno di lui, né voglio. Non so se lo ha capito, ma lui mi da tanta forza. E io… sono felice quando sto con lui.»

 

«E lui lo è con te.» Mi interrompe Carole, continuando a sistemare i biscotti. «Non l’ho mai visto così felice e spensierato. E il merito mi sa che è tutto tuo.»

 

Arrossisco di nuovo quando lei mi rivolge un altro dei suoi sorrisi. Credo mi sia inevitabile, ormai; e sentirsi dire quelle parole da qualcuno di esterno, mi ha totalmente destabilizzato. La felicità di Kurt dipende anche da me, perciò mi impegnerò per fare in modo che lo sia, il più possibile.

 

Finiamo di preparare il dolce in silenzio, e quando è pronto lo cospargo di cioccolato in polvere, prima di metterlo in frigo. Saluto Carole e, su suo suggerimento, raggiungo Kurt nella sua stanza.

 

Mentre salgo le scale, ripenso alle parole di Carole; è stata davvero gentile, e il fatto che abbia capito di me e Kurt semplicemente osservandoci mi fa chiedere se per caso lo stesso valga con Burt. Sento di nuovo tornare l’ansia. Anche se mi resta solo più un membro della famiglia con cui parlare, mi resta certo la persona più difficile.

 

Ma ora che so quanto si veda il mio amore per Kurt, niente può fermarmi. Ora che so che la sua felicità dipende da me, niente mi distoglierà dai miei obiettivi.

 

Quando apro la porta della sua stanza, lo trovo seduto per terra, circondato da una miriade di vestiti dai mille colori diversi, probabilmente intento a sistemare tutto o a cercare qualcos’altro da abbinare al capo che, con ogni probabilità, è andato rovinato. Non appena mi vede, Kurt si alza in piedi e mi raggiunge.

 

E io non so di nuovo cosa mi prenda. Non so se siano i suoi capelli un po’ in disordine a dargli un’aria diversa da quella cui sono abituato, un’aria più sbarazzina; o se è colpa delle labbra, rosse a causa del suo continuo mordersele; o se siano le sue guance arrossate dal caldo; o se siano i miei ormoni impazziti e il desiderio che ho di premere il mio corpo contro il suo, di toccarlo; o se sia un semplice modo per spezzare la tensione che mi attanaglia le viscere per ciò che mi attende tra poco con Burt; o se sia un modo per dimostrare l’euforia che mi ha preso a causa delle parole di Carole. Forse è un insieme di tutte queste cose.

 

Mi fiondo sulle sue labbra e non mi sforzo nemmeno di reprimere il verso di vittoria che mi esce dalla gola quando finalmente incontro le sue, pronte ad accogliermi. A quanto pare, anche lui aveva il mio stesso bisogno. Infatti, in meno di un attimo, le mie mani hanno iniziato a vagare sul suo collo e le sue si sono intrecciate nei miei capelli, premendomi ancora di più contro la sua bocca.

 

Un gemito gli sfugge quando, gentilmente nonostante la passione che entrambi stiamo mettendo nel bacio, gli faccio dischiudere le labbra, lasciandomi libero accesso alla sua bocca e permettendo alle nostre lingue di intrecciarsi e giocare tra loro.

 

Io faccio un passo in avanti, avvicinandomi ancora di più a lui e nel frattempo spingendolo verso la scrivania alle sue spalle; continuo ad avanzare, finché non lo sento sbattere contro la scrivania. Ora non può più spostarsi, non può più indietreggiare. Sono riuscito a chiuderlo in un angolo, dove non può sfuggirmi; e la cosa mi rende estremamente euforico, soprattutto quando poi mi rendo conto che a lui non dispiace affatto.

 

Le mie mani continuano a vagare sul suo collo e sulle sue spalle, finché non ci stacchiamo, entrambi in cerca d’aria. Abbiamo tutti e due il respiro affannato mentre ci guardiamo negli occhi, sconvolti da quanto abbiamo appena fatto: non ci siamo mai baciati con tutta questa enfasi e di certo a nessuno dei due è dispiaciuto.

 

E poi, sento una sua mano accarezzarmi il collo e scendere fino a fermarsi all’altezza del cuore, proprio dove l’avevo messa io neanche un’oretta fa. Il respiro mi si mozza in gola, mentre vengo di nuovo percorso dai brividi che mi causa il calore della sua mano sul mio petto; e so di essere prossimo all’infarto quando lo vedo avvicinarsi a me. Mi sta fissando le labbra insistentemente, quasi come se me le volesse mangiare.

 

È lui a catturare le mie labbra con voracità questa volta, e io lo lascio fare, fiero della sua presa di posizione, ma soprattutto, succube. Man mano che il bacio si approfondisce, le mani sul mio petto diventano due, e io non posso fare a meno di scendere a stringergli un fianco, succhiandogli il labbro inferiore con i denti.

 

Ed è in quel momento, quando sento nascere un gemito roco in fondo alla gola e quando mi rendo conto che, con ogni probabilità, mi sto eccitando, che la porta della camera di Kurt si apre e fa il suo ingresso l’ultima persona che avrei voluto ci vedesse così: io che schiaccio Kurt contro la scrivania, le mani sui suoi fianchi, mentre ci divoriamo la bocca a vicenda.

 

I nostri sguardi si spostano su Burt i cui occhi, potrei giurarlo, stanno mandando scintille.

 

Fantastico, sono morto…

 

«Papà!» urla Kurt con un tono di voce talmente acuto che quasi fa male. Mi allontano da lui come se scottasse – o come se le saette che partono dagli occhi di Burt avessero raggiunto la mia mano che fino a pochi secondi prima era posata sul fianco del figlio.

 

Burt non considera l’urlo di Kurt e il suo sguardo rimane fisso nel mio; sto cominciando ad avere le gambe che tremano per la paura e l’agitazione.

 

«Ho bisogno di parlare con Blaine.» Dice, gelido. «Da solo.» Aggiunge poi, come se non fosse stato abbastanza chiaro. Poi mi fa cenno di seguirlo.

 

Faccio qualche passo in avanti, lanciando un’ultima occhiata a Kurt che sembra non volermi lasciare andare; almeno, se fra poco dovrò morire, avrò avuto un ultimo, entusiasmante bacio con Kurt.

 

«Non ti preoccupare figliolo, non ho intenzione di ucciderlo.» Continua Burt, cercando di usare un tono sarcastico. Kurt si ferma e mi lascia andare col padre, che mi conduce giù per le scale per arrivare infine al salotto, dove ora la televisione è spenta. Si chiude la porta alle spalle e si volta a fronteggiarmi.

 

Io sono spaventato a morte e non capisco perché. So bene che Burt non mi ucciderà, non è mica un pazzo; però allora non so spiegarmi il motivo per cui desidero così ardentemente che lui approvi la mia relazione con Kurt. Ed è questo il fatto. Non solo desidero che lui approvi la relazione di Kurt con me, ma anche il viceversa; e sono due cose ben diverse.

 

«Ascolti, mi dispiace per quello che –» inizio a dire.

 

Ma lui alza una mano, interrompendomi. «Non preoccuparti Blaine. Quello a cui ho assistito, non è altro che una semplice dimostrazione di affetto tipica delle relazioni in generale e dei ragazzi della vostra età in particolare.» Io resto muto a fissarlo, in attesa che continui. «Finché cercherete di frenare certi impulsi, per me andrà bene.»

 

Annuisco, capendo perfettamente cosa vuole dire. Sapevo che il discorso sul sesso sarebbe uscito, soprattutto visto l’ultimo – nonché primo – discorso che ho avuto da solo con quest’uomo; e ora che sono diventato il ragazzo di suo figlio, è più che normale che lui voglia indagare. Tuttavia non mi aspettavo che sarebbe venuto fuori in questo modo, e soprattutto in quest’ordine.

 

Mi rendo conto che ora Burt mi sta fissando, aspettandosi che sia io a parlare.

 

«Io e Kurt stiamo insieme.» Esordisco, constatando l’ovvio.

 

Burt solleva un sopracciglio e mi rivolge un sorrisetto sarcastico. «Non l’avevo capito!»

 

«Ehm… sì, io… noi…» sono imbarazzato da morire e soprattutto ho paura. Davvero tanta. Così tanta che non riesco neanche a parlare, facendo una pessima figura col padre del mio fidanzato.

 

E poi, succede una cosa che non mi sarei mai e poi mai aspettato. Burt si avvicina a me, mi posa una mano sulla spalle e mi guarda con un’espressione che sembra… preoccupata? Possibile che sia davvero preoccupato? E per chi poi? Per Kurt o per me?

 

«So quanto tieni a Kurt, anche un cieco lo vedrebbe.» Deglutisco e continuo a fissarlo, incapace di distogliere lo sguardo. «E so che, dato che tieni a Kurt, non vorrai affrettare le cose.»

 

Questo, più che una constatazione, sembrava un avvertimento. Ma io non ho nessunissima intenzione di correre con Kurt, nonostante mi piacerebbe molto. Tuttavia non è questo il momento né il luogo in cui pensare a una cosa del genere.

 

«Però io vorrei sapere… tu stai bene, Blaine

 

Rimango totalmente spiazzato da quella domanda. Perché Burt mi sta chiedendo una cosa del genere? Certo che sto bene, non sono mai stato più felice in tutta la mia vita! Ora ho Kurt, ed è la cosa migliore che potesse capitarmi. Però a quanto pare non è questo a cui si riferiva Burt, perché aggiunge un’altra domanda che ha il potere di spezzarmi dentro e di far uscire tutti i brutti pensieri che avevo cercato di contenere per quella giornata, o per tutte le altre.

 

«Come va con i tuoi genitori? Loro non ti… aiutano, vero?»

 

Io mi limito a un cenno di diniego con la testa. Ho abbassato gli occhi adesso, incapace di sostenere il suo sguardo e soprattutto di mostrarmi così debole ai suoi occhi. Miseria, dovrei essere io a difendere Kurt, e invece sto dimostrando una debolezza che so di avere, ma che consideravo nascosta dietro la mia armatura.

 

«No, fin da quando lo hanno scoperto, non sono più stati gli stessi.» Alzo le spalle, per sminuire la cosa. «Ho imparato a cavarmela da solo.»

 

Burt fa una smorfia adesso, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, mi chiede, «Hai avuto una brutta esperienza con il sesso?»

 

Spalanco gli occhi, sconvolto, arrossendo all’istante. Anche Wes mi aveva fatto la stessa domanda quando gliene avevo parlato e, proprio come avevo fatto in precedenza, anche ora mi impegno a spiegare la cosa.

 

«No, no! Solamente ho dovuto cercare da solo tutte le informazioni, per non arrivare impreparato a qualsiasi cosa fosse potuta accadere, bella o brutta.» Mi fermo un attimo, per poi riprendere. «Comunque no, non mi è successo nulla. Volevo solo avere qualcuno con cui poterne parlare, ed è per questo che ho insistito tanto con lei a proposito di Kurt.»

 

Rimaniamo in silenzio a osservarci per qualche minuto; mi sembra di avere la testa che scoppia a causa di tutti i miei pensieri confusi. Ma tra tutti, ce n’è uno che spicca più di altri. E glielo dico.

 

«Kurt è fortunato ad avere un padre come lei.» Sussurro, quasi come se non volessi farmi sentire. Ma in questa stanza ci siamo solo noi due, c’è assoluto silenzio e quindi Burt sente che cosa ho appena detto. Peccato che poi sia costretto a sgranare gli occhi quando la risposta dell’uomo arriva alle mie orecchie.

 

«Kurt è anche fortunato ad avere te.» Sorride nel vedere la mia espressione. «Sei molto importante per lui, e lui lo è per te. Sono certo che le cose tra voi andranno bene, me lo sento. Sono felice che vi siate trovati.»

 

Ed è solo in questo momento, quando sento le sue parole, che sento andarsene non solo la tensione che mi ha attanagliato lo stomaco per tutto il giorno, ma anche la tristezza per il fatto che io non ho un padre come Burt. E capisco anche che era per questo motivo che per me l’opinione di Burt era importante, perché in realtà, una piccola parte di me, lo considera come una sottospecie di mentore, di padre adottivo, di qualcuno cui guardare in cerca di consigli. Sarà la sua figura paterna, non lo so; ma so che volevo sentire la sua approvazione.

 

«Bene, ora andiamo a mangiare il dolce che hai preparato!» dice, perdendo il tono burbero e serio con cui finora si è rivolto a me. Ma prima di lasciare la stanza, lui certamente più tranquillo e io col cuore infinitamente più leggero, mi ferma di nuovo, e mi dice una cosa che non mi aspettavo di sentirmi dire, ma che speravo dicesse, con tutto me stesso.

 

«In caso ti servisse qualcosa, qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. In caso avessi bisogno di parlare, o di sfogarti, la mia porta è sempre aperta.»

 

Gli sorrido, riconoscente. «Grazie, signor Hummel.» Dico con enfasi.

 

«Chiamami Burt e dammi pure del tu.» Dice lui aprendomi la porta – dietro la quale troviamo Kurt e Carole che camminano avanti e indietro per il corridoio, fingendosi indaffarati a fare qualcosa.

 

Burt alza gli occhi al cielo e si dirige in cucina, seguito da Carole, mentre Kurt si avvicina a me. Quando passa vicino al padre però, gli rivolge un’occhiata felice e un sorriso in grado di sciogliere i ghiacci. Ed è con lo stesso sorriso che poi si rivolge a me, prendendomi per mano e rimanendo semplicemente a fissarmi.

 

«E’ andata bene,» dico infine, facendolo ridere.

 

«Oh sì, più che bene!» risponde lui avvicinandosi a me e rubandomi un bacio a fior di labbra, prima di dirigersi in cucina, trascinandomi con sé.

 

Quando entriamo in cucina, mano nella mano, tutti e tre – Carole, Finn e Burt – si fermano a fissarci e sorridono alla vista delle nostre mani giunte. Io non posso fare a meno di gongolare nel vedere le loro espressioni, limitandomi a stringere un po’ più forte la mano di Kurt, che ricambia la mia stretta.

 

E mentre mangiamo il mio dolce, con Finn e Carole che si complimentano con me per le mie doti in cucina e Burt e Kurt che si limitano a dei sorrisi stratosferici, mi sento quasi come se fossi in famiglia. La mia famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Qui è Pachelbel che vi parla… Innanzitutto dovrei scusarmi per la lunghezza di questo capitolo, è venuto esageratamente lungo. E sinceramente non so nemmeno spiegarne il motivo!

Inoltre, altre scuse sono d’obbligo: l’immenso ritardo con cui ci stiamo trovando a postare ultimamente. Davvero, ci spiace tanto! È che tra la scuola (della Alch) l’università (mia) e gli esami, qui si sclera…

 

Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Credo che nonostante tutto, sia uno dei miei preferiti! =) Mi piacerebbe molto sapere che tipo di rapporto hanno Burt e Blaine – e l’assaggio che ci è stato dato nella 3x11 (Who’s gonna tell Blaine? You gotta let me do it! ADORABLE!) mi ha letteralmente fatto AWWare... *__*

 

Prima di passare ai ringraziamenti, volevo solo dire che io e la Alch abbiamo partecipato a un contest indetto da Somochu e MissBlackspots con due storie intitolate Oblio di mie pene e di me stesso (mia) e Someone like you (della Alch), classificatesi rispettivamente prima e quarta… Magari vi va di darci un’occhiata? *__* Ci piacerebbe conoscere i vostri pareri.

 

Infine, ci tengo davvero a ringraziare tutti i lettori affezionati che continuano a recensire ogni capitolo: non lo sapete neanche quanto ciò ci renda felici. E un sentito grazie anche a tutte le persone che leggono, seguono, ricordano e preferiscono ♥

 

Alla prossima! E cercheremo di aggiornare un po’ più velocemente! =)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Raise your glass ~ Kurt ***


~ Klaine Songs ~

 

 

 

 

26°_ Raise your glass ~ Kurt

~Quando ti senti terribilmente stupido… ma uno stupido felice ~

 




Image and video hosting by TinyPic



Right right, turn off the lights
We gonna lose our minds tonight
What's the dealio?
I love when it's all too much
5 AM turn the radio up
Where's the rock and roll?

 

La voce di Blaine mi riporta immediatamente con i piedi per terra e la testa all’esibizione che, ora me ne ricordo, è solo a metà.

 

Sono tornato indietro, con gli altri Usignoli, alle spalle di Blaine e solo adesso riesco davvero ad apprezzarle. Non che non mi sia piaciuto stare davanti a tutti, cantare con lo sguardo del pubblico fisso addosso e tutta l’attenzione concentrata su di me, ma fare parte del coro ha indubbiamente i suoi vantaggi e per quello che sento al momento, forse è meglio che non si concentrino solo su di me, perché la mia lucidità è solo un ricordo.

 

Ho appena cantato un assolo, un assolo ad una gara ufficiale. Con Blaine, il mio ragazzo. Accidenti! Non c’è una cosa che non sia nuova e che non mi mandi letteralmente fuori di testa nella frase che ho appena pensato!

 

Lui si allontana da me seguendo la coreografia e cammina lungo tutto il palco con fare sicuro e carismatico, insomma da Blaine, mentre la voce incisiva porta avanti la seconda canzone del numero che abbiamo preparato.

 

Io mi muovo sul posto come gli altri, cercando di sciogliermi e di godermi la canzone che abbiamo scelto, che innanzitutto piace moltissimo a noi.

 

Party crasher, panty snatcher
Call me up if you are gangsta
Don't be fancy, just get dancey
Why so serious? 

 

L’atmosfera comincia a scaldarsi, mentre noi ci muoviamo sempre più e la canzone aumenta di ritmo. Quelli che sono dietro Blaine si spostano verso di noi ed anche noi andiamo verso di loro, in una sequenza semplice, ma che davvero sono sorpreso di ricordare per bene, senza correre il rischio di urtare nessuno dei ragazzi.

 

Sarebbe imbarazzante: sbagliare passi o cadere davanti a tutti, nel bel mezzo del pezzo, sarebbe la cosa peggiore che possa capitarmi. La fine di un bel sogno. Non avrei neanche più il coraggio di guardarmi in faccia, credo. Perché tengo molto a questa esibizione, tengo molto a vincere e ad andare a New York. Sarebbe il massimo poter disputare le Nazionali lì, con tutti gli Usignoli.

Con Blaine.

 

Il suo pensiero – che mi aveva dato tregua per quanto, venti secondi? – di nuovo si affaccia alla sommità dei miei pensieri e mi è semplicemente impossibile non prestargli attenzione.

 

Io e Blaine che prendiamo l’aereo per New York – sarebbe la prima volta per me – e visitiamo la città e tutti i posti che si vedono nei film e tolgono il fiato, con una graziosa musica in sottofondo ed una cena solo noi due in un magnifico ristorante illuminato dalle candele dei tavolini…

 

Mi riprendo giusto in tempo da quel sogno ad occhi aperti per seguire la coreografia – sì, stavolta ce n’è una, non posso improvvisare come nel duetto – e trovarmi davanti a tutti, accanto a Blaine, nel momento di calma e compostezza che precede il ritornello.

 

So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Won't you come on, and come on, and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise Your Glass!

 

Tutto in un attimo esplode, seguendo la voce di Blaine che ha attaccato di nuovo a cantare dopo un istante di pausa. Vedo alcuni tra il pubblico, alzarsi in piedi e cominciare a ballare al nostro ritmo – riconosco Rachel che sembra entusiasta della canzone che abbiamo scelto.

 

La coreografia mi porta momentaneamente in fondo al gruppo e allora la mia testa riprende i pensieri da dove li aveva lasciati, forse gasata ancora di più dall’esplosione del pubblico e della musica, quasi fossimo più vicini a New York solo grazie a questo.

 

Mentre ci muoviamo apparentemente senza ordine sul palco, elettrizzati dalla nostra stessa musica, penso che a New York io e Blaine saremmo effettivamente soli. Senza lezioni, senza studio, senza famiglie che chiamano e ti portano via intere ore. Pochi giorni di musica… e noi due. Magari con una camera nostra in cui poter stare senza che Wes, David o praticamente tutti gli altri sbuchino ogni istante, quasi facessero la spia alla nostra privacy, ai nostri momenti di intimità…

 

Ma a che diavolo sto pensando? Siamo nel bel mezzo di una competizione ufficiale ed io mi metto a fantasticare su quanto possa essere allettante l’idea di avere una camera con Blaine a New York?

Davvero Hummel? No, perché, nel caso tu non te ne fossi accorto, se non darai il cento per cento in questa esibizione, New York continuerai a vederla solo sulle cartoline!

 

So if you're too school for cool
And you're treated like a fool (like a fool)
You could choose to let it go
We can always, we can always
Party on our own...

 

Il ritmo scende di nuovo, mentre ci disponiamo a ventaglio, io nella parte centrale; Blaine, davanti a me, canta con delle movenze così carismatiche che credo sia letteralmente impossibile non farsi coinvolgere. Il tono di voce basso ammalia l’intera sala e non si può non prestargli ascolto.

 

Mi rendo conto che è per questo che gli Usignoli si sono così tante volte affidati a lui: non si tratta di bravura – hanno tutti stoffa da vendere –, si tratta di carisma, di trascinare il gruppo. E in questo Blaine credo sia il numero uno.

 

In fondo, non ha trascinato anche me in tutto questo? Sia materialmente che, soprattutto, emotivamente, coinvolgendomi col la sua voce e le sue parole in un modo che mi ha abbagliato. Non credo ci siano dubbi a riguardo: devono essere davvero poche – se esistono, poi – le persone che rimangono indifferenti a Blaine Anderson.

 

Lui, che cantando era rimasto da solo al centro del palco, ora si muove per rientrare nelle fila, spostatesi da un lato. Per un attimo mi distraggo a guardarlo, poi torno ai miei pensieri – come se invece non dovessi fare il contrario e distrarmi da quelli per tornare con la testa all’esibizione!

Spero che mio padre non sia una di quelle rare persone a lui indifferenti!

 

So raise your
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks

Il silenzio quasi completo in sala e solo la sua voce per due brevi frasi, dopo le quali di nuovo il boato. Lui esce dal gruppo e con un gesto naturale e terribilmente appropriato, ci invita a tornare al centro del palco e scatenarci, quasi si fosse dimenticato dell’esibizione e stesse semplicemente parlando con noi, come durante le prove.

 

Mi manca il fiato, quasi stessi osservando la scena dall’esterno anziché viverla come coprotagonista. Colpa sua, di nuovo colpa di Blaine. Perché è eccezionale ed io non riesco a fare a meno di incantarmi, puntualmente.

 

Incanterà anche mio padre? Anzi, no: non voglio che lo incanti, voglio solo che mio padre riesca a vedere quanto sia fantastico. Per questo l’ho invitato a pranzo: perché conosca la mia famiglia e… sappiano come stanno le cose tra noi. Anche se tecnicamente Finn già lo sa…

 

Hummel, divaghi! La cosa fondamentale è che lo hai invitato a pranzo e lui stava per rimanerci secco quando glielo hai chiesto. Devo averlo colto leggermente di sorpresa prima, in pullman, quando ho messo in mezzo l’argomento tirandolo fuori dal nulla, ma il fatto che lui, dopo una lieve titubanza, abbia accettato di venire, è un buon segno, no?

Lo spero.                                                        

 

Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise your glass
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
For me

Mentre le ultime parole della canzone si librano nella sala e noi ci muoviamo senza più controllo sul palco, mi rendo che non è questo il momento di farmi mille paranoie su come andrà il pranzo. Ora sono sul palco, con i ragazzi, è questo ciò che conta.

 

L’esibizione è stata spettacolare, il pubblico è una folla che balla e canta accompagnando Blaine e tutti noi verso la fine della canzone. Siamo stati pazzeschi e soprattutto ci siamo divertiti, che è la cosa più importante, al di là di ogni trofeo.

Che poi, noi abbiamo questo trofeo! Ce lo siamo appena meritati!

 

La canzone si conclude con la nostra classica posa composta ed il pubblico scoppia in un fragore di applausi e grida: vedo anche il professor Shue e i ragazzi delle Nuove Direzioni esultare e sorridere verso di noi che dopo l’inchino ci scambiamo pacche sulle spalle e abbracci. Poi vedo Blaine, circondato dagli altri e non posso fare a meno di corrergli in contro e abbracciarlo con trasporto, quasi con bisogno. Lui ricambia la mia stretta e non mi lascia del tutto andare neanche quando mi rivolgo al pubblico per godermi un po’ dei loro applausi e salutarli con un bacio.

 

È davvero una bellissima sensazione.

 

~ ∞ ~

 

Lo osservo mentre arrossisce lievemente ai continui complimenti di Carole sul suo tiramisù che, devo ammetterlo, è davvero venuto bene. Sa sorprendermi ogni volta con qualcosa di inaspettato: non avrei mai creduto che sapesse cucinare e invece eccomi qui a gustare ciò che ha preparato. Ne porto un altro boccone fresco alla bocca, incrociando gli occhi di Blaine che luccicano felici e mi lasciano senza fiato.

Come la prima volta.

 

Gli sorrido come se la sua allegria si riflettesse sulle mie labbra e restiamo così per alcuni istanti, come se il tempo ancora una volta sparisse, evaporasse a confronto di qualcosa di così grande come ciò che proviamo, ciò che stiamo comunicando in questo momento, con i nostri occhi.

 

Quando il dolce e tutte le successive chiacchiere di cui non mi è rimasto granché considerando che Blaine non ha fatto altro che distrarmi per tutto il tempo, sono concluse, io e lui ci alziamo e so che ormai la sua visita sta volgendo al termine.

 

Mi sento uno stupido a rattristirmi per una cosa simile, considerato che lo vedrò domani a scuola, ma la verità è che mi sembra non sia mai abbastanza il tempo che passiamo assieme. Ho sempre la tremenda paura di sprecare attimi preziosi, che il tempo che ho a disposizione con lui potrebbe essere speso in modo migliore, che ciò che faccio non sia mai abbastanza per fargli capire quanto realmente sia importante per me.

 

Il suo tocco lieve sulla mia guancia blocca dei pensieri che stavano prendendo una piega eccessivamente paranoica e per nulla adeguata. Siamo seduti sui pochi gradini che precedono l’ingresso, il sole del primo pomeriggio che ci riscalda.

 

Il mio silenzio deve aver incuriosito Blaine, che ora mi guarda con fare interrogativo. Io scuoto la testa e quasi rido di me stesso e della facilità con cui la sua presenza annulli i miei dubbi. Quanto mi fai bene, Blaine?

 

«Pare… che sia andata alla grande, no?» mi chiede con un filo di tensione nella voce.

 

Che pensi, Blaine? Che i miei pensieri fossero legati al pranzo?

 

«Accidenti, se è andata alla grande! Quando mio padre ci ha beccati in camera, credevo ti avrebbe ucciso!» dico con la voce alterata dalla risata che mi è impossibile trattenere al recente ricordo.

 

Anche lui scoppia a ridere. «Ho creduto lo stesso» conferma «Ma alla fine è successo il contrario di ciò che mi aspettavo. Tuo padre è stato… fantastico»

 

Il volto gli si illumina di una particolare luce e per un attimo ne resto sorpreso. Ho origliato con Carole mentre parlava con mio padre, giusto per assicurarmi che non lo stesse uccidendo in qualche modo silenzioso, ma deve essermi sfuggito qualcosa, perché davvero l’espressione che ha in viso ha una certa sfumatura che non riesco a cogliere del tutto. C’è quasi pace, eppure tristezza… sicurezza e allo stesso tempo un po’ di nostalgica malinconia.

 

Non voglio chiedergli cosa sia, non voglio rovinare questo momento. Mi appoggio con delicatezza sulla sua spalla e lui mi stringe le spalle col braccio avvicinandomi ancora un po’ a sé.

 

«In fondo, non poteva che andare bene, ti pare?» sussurro con calma.

 

«Una volta che tutti si sono accertati delle mie buone intenzioni, sì»

 

Mi sposto in modo da poterlo guardare in faccia. Che altro mi sono perso? Lui però sembra quasi divertito dalla mia curiosità.

 

«Sai quando sei sceso? Ero con Finn e mi hai chiesto se mi avesse già assalito. Non l’ha fatto… ma ha voluto in ogni caso ricordarmi che non devo in alcun modo farti soffrire ancora» mi spiega e per un attimo le mie labbra si piegano verso l’alto al pensiero di mio fratello che fa raccomandazioni a Blaine su quell’argomento.

«… come se… come se fosse concepibile per me fare altrimenti…»

 

Quelle parole, anzi il tono con cui lo dice, così diverso rispetto a quello con cui stavamo parlando fino ad ora, mi sembrano un pugno allo stomaco. Blaine, sempre con i suoi sensi di colpa, sempre con i suoi rimorsi. Possibile che non riesca a perdonarsi nulla, nonostante ormai sia tutto passato?

 

Annullo la distanza che ci separa, bloccando qualsiasi suo eventuale pensiero con un soffice bacio sulle labbra.

Sono qui, Blaine. Siamo qui.

 

«Non pensarci più. Entrambi sappiamo come stanno le cose e questo è ciò che conta. Solo questo» gli sussurro a fior di labbra e lui mi tira a sé in un forte abbraccio. Poso la testa nell’incavo del suo collo e respiro il suo odore. Credo sia una delle costanti della mia vita ormai. Il suo odore.

 

Quando ci lasciamo, ancora una volta il tempo ha perso significato. Mi accorgo, dall’aria lievemente triste che ora ha anche Blaine, che è ora per lui di andare.

 

Lo saluto con un altro bacio e con la promessa di chiamarlo in serata e rincaso solo quando la sua macchina ha svoltato l’angolo sparendo dal mio campo visivo.

 

«È andato via?»

 

La voce di Carole mi accoglie non appena mi chiudo la porta alle spalle. Le sorrido annuendo e lei con mia sorpresa annulla la distanza che ci separa abbracciandomi con trasporto e tenendomi stretto a sé per alcuni istanti. Il suo calore è piacevole e nostalgicamente familiare e per un po’ mi lascio semplicemente avvolgere da una sensazione che non provavo da tanto tempo.

 

«È bello vederti così felice, Kurt» sussurra «Quando ti ho conosciuto… sei cambiato molto da allora. I tuoi occhi, Kurt, brillano in un modo meraviglioso quando sei con lui. Sembravi spento prima di incontrarlo e guardati ora, in tutto il tuo splendore!»

 

Io sono senza fiato. Si vede, allora? Si vede quanto debba a Blaine? Pensandoci, ne sono felice. È una delle sue doti migliori: coinvolgerti nell’entusiasmo che porta inevitabilmente con sé, metterti a tuo agio, farti star bene.

 

«Grazie, Carole»

 

Lei mi lascia andare con dolcezza ed ancora un sorriso sulle labbra. I nostri occhi, gli uni negli altri, non mi sono mai sembrati più simili: leggermente lucidi e lucenti, condividono una gioia intima ed immensa. Lei può capire quello che provo, forse perché ha trovato mio padre…

 

Le do un nuovo veloce abbraccio, poi mi avvio in cucina per vedere in che condizioni è – o meglio, in che condizioni l’ha ridotta mio padre, che vi è rimasto pericolosamente nei paraggi.

 

Lo trovo seduto a tavola, lo sguardo lontano che non coglie subito il mio sedersi accanto a lui.

 

«Papà…?» lo chiamo sfiorandogli la spalla.

 

Lui sussulta e per qualche istante mi guarda come se non mi riconoscesse davvero, tentando di non perdere il filo dei pensieri in cui è impegnato, ma che inevitabilmente sfugge. Allora sospira senza smettere di guardarmi e tuttavia non esprime i suoi dubbi; improvvisamente quasi mi pento di essere entrato in cucina, di essermi seduto accanto a lui: sarei potuto salirmene in camera a sistemare l’infinita marea di vestiti che ho cacciato dal guardaroba per riprogrammare tutti gli abbinamenti e invece sono entrato in cucina, senza pensarci troppo, solo perché mi andava di parlare con mio padre, di vederlo di nuovo col sorriso che mi ha regalato quanto eravamo tutti a tavola.

 

Mi sono illuso che la giornata fosse perfetta e cavolo, lo era. Allora che significano quegli occhi così velati? È andato tutto bene, era entusiasta di tutto – salvo l’averci beccati così… vicini – ma anche quello mi pareva una questione risolta!

 

«A che pensi…?» mi faccio avanti per non lasciar vincere il suo silenzio e le mie paranoie.

 

«Blaine sembra davvero un bravo ragazzo…» esordisce e mi sembra di nuovo perso in qualche pensiero lontano.

 

Io annuisco con convinzione eppure a quelle parole l’inquietudine non mi lascia ma si rafforza. Arriverà un “ma” che stroncherà quell’inizio in teoria promettente!

 

«… Mi hai detto che siete in camera insieme…» continua a scatti, quasi avesse bisogno di pensarci bene prima di parlare o facesse molta difficoltà a mettere così poche parole l’una dopo l’altra.

 

Di nuovo muovo il capo in senso affermativo, ma stavolta non lascio che il silenzio continui ad agitarmi.

 

«Papà, qual è il problema? Mi sembrava fosse andato tutto bene con Blaine»

 

«Sì, è andato tutto bene, infatti; considerate le premesse è andato bene!» e solo per un istante sorride, poi mi guarda come se fosse evidente a cosa si ferisca.

 

Non lo è, invece e le sue parole mi confondono solo di più.

 

«E allora…?»

 

«Adesso state insieme. E siete in camera insieme…»

 

Oh. Cavolo.

 

Mi sento avvampare ancora prima di capire davvero cosa voglia intendere. Ecco svelato l’arcano, ecco dove voleva arrivare. Mi sembra di vivere un dejà vu: non avevamo già affrontato la cosa? Non era un argomento chiuso?

 

«Papà, ascoltami: non ho intenzione di parlarne di nuovo, una volta è sufficiente per un bel po’ di tempo, credimi! Sì, io e Blaine stiamo insieme ora e sì, siamo in camera insieme, ma questo non vuol dire che dobbiamo per forza… farlo! Tralasciando il fatto che sarebbe inopportuno dato che siamo insieme da pochissimo… io davvero non ci… penso  a quelle cose, non ora»

 

«Ed io ti credo Kurt, davvero… Alle volte ho paura che… Dio, Kurt è solo che mi sembri tanto fragile alle volte…»

 

Lo guardo e un improvviso groppo alla gola mi impedisce di rispondere subito. Credo che mio padre sia la cosa più bella che potessero darmi. Non so che farei senza di lui.. davvero non lo so. Dopo qualche istante trovo la forza di sorridergli senza più essere bloccato.

 

«Io e Blaine non ne abbiamo neanche mai veramente parlato. Sul serio, papà, non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti al momento».

 

Mi pare come se fosse immediatamente sceso dai carboni ardenti su cui stava correndo: sospira quasi con pesantezza e distende il viso in un’espressione pacata. Era sul serio teso per questa ragione?

 

«Cerca di capirmi, figliolo: non che non mi fidi di quel ragazzo, anzi, la chiacchierata di poco fa mi ha fatto capire delle cose… e poi sembra a modo, è educato e si vede che tiene molto a te. Voglio solo che siate attenti, che pensiate a ciò che fate: siete ragazzi e so come si ragiona alla vostra età!»

Ah, le prediche impareggiabili di mio padre!

 

Mentre ancora mi guarda, quasi le sue raccomandazioni continuassero attraverso i nostri occhi, mi tornano in menti i pensieri che mi hanno preso durante le regionali. Io e Blaine, soli, a New York… in una camera nostra, che non sia perennemente invasa da Usignoli più impiccioni di vecchie comari ed altre distrazioni. Mi rendo conto che, anche se sono sfumate quelle possibilità, immaginarmi così con Blaine non mi spaventa più come poteva farlo tempo fa: non dico di voler stare da subito con lui in quel senso o che la cosa non mi imbarazzerebbe, anzi credo che potrei morire d’imbarazzo… eppure l’idea non mi spiace del tutto! Sentire la sua pelle sotto il mio tocco leggero e lui così vicino a me e le sue mani tra i miei capelli e…

 

Oh. Cavolo. Di nuovo. L’ho pensato di nuovo. E davanti a mio padre! In un attimo torno con i piedi per terra e la testa a quella discussione, incrociando il suo sguardo e sperando che non abbia letto nulla di quei pochi secondi – perché sono stati pochi, no? – in cui mi sono allontanato.

 

«Ad ogni modo…» riprendo parola senza riflettere «Se mai… sentissi di essere pronto per… quel genere di cose… so che andrà bene, perché ci sarà Blaine e mi fido di lui al centro per cento. Non hai da preoccuparti in ogni caso»

 

Il modo in cui riprende ad osservarmi ora mi fa capire che forse non è stata la mossa più intelligente del mondo continuare a perseverare nell’argomento soprattutto perché ora mi sembra stia peggio di prima.

 

«Io… bene. So che abbiamo già affrontato l’argomento – sempre grazie a Blaine, tra l’altro – ma ora mi sento di ribadire certi concetti…»

 

«Prima che ricominci, lo so. So che devo farlo solo se me la sento, solo se lo voglio. Che ci sono in ballo cose importanti e prima di tutto me stesso. Ricordo queste cose papà e credimi sarà come mi hai detto»

 

«Ti sembrerò paranoico o pazzo, ma credimi sono più in imbarazzo di te… è solo che ti voglio bene e hai sofferto molto, più di quanto avrei dovuto concedere che accadesse… non voglio che succeda di nuovo. Kurt, finché sarai felice, allora andrà tutto bene. Ho parlato con Blaine e ho capito delle cose: lui tiene a te in un modo che, francamente, non mi aspettavo. Sono felice che vi siate conosciuti, sono felice che lui faccia parte della tua vita…»

 

Prende una pausa in cui non stacca gli occhi da me ed io sento il cuore gonfiarsi e la voglia di abbracciarlo forte, ma so che riprenderà a parlare da un momento all’altro e mi costringo a stare fermo.

 

«Forse con tutte le mie parole ti starò spaventando e non voglio che tu prenda… questa cosa nel modo sbagliato. Quando sarai pronto lo sentirai, te lo assicuro e sarà con la persona giusta. Stare assieme alla persona giusta in quel senso è la cosa più bella che ci sia e se sarà Blaine, per quello che provate, andrà bene»

 

Da quando è passato da paranoico a darmi sicurezza?

Non resisto più e scattando dalla sedia lo abbraccio con un largo sorriso che mi scoppia sul volto.

 

«Grazie, papà. Grazie davvero. Tu… tu non sai quanto sei importante per me»

 

Lui non aggiunge nulla – dice di non essere bravo con le parole, ma non si rende conto che anche se con alcune difficoltà, sa sempre dire la cosa giusta.

 

Quando mi stacco da lui, mi accorgo che ha gli occhi lucidi ed un sorriso leggero ma sincero sulle labbra, proprio come me. È bello vederlo sorridere, un sorriso solo per me.

 

Evito di creare altro imbarazzo e lo lascio in cucina, proprio mentre sta entrando Carole che, lo leggo dai suoi occhi, ha ascoltato tutto quello che ci siamo detti. Si avvicina a mio padre e prima di uscire colgo il soffice bacio che si scambiano; con ancora il sorriso sulle labbra salgo in camera mia ed aprendo la porta, ho un impatto terribile con il disordine che sembra esplodere ad ogni angolo.

 

Ma che cavolo…? In un attimo ricordo dell’incidente con il lavaggio della mia polo crema, ora diventata di un blu chiaro a chiazze e la mia crisi isterica nel trovare qualcos’altro da abbinare al completo di cui faceva parte.

 

Sospiro. Tutto quello che è successo in queste poche ore mi ha completamente fatto dimenticare ciò che mi circonda ed è una bella sensazione nonostante tutto. Mi siedo sul letto, cominciando distrattamente a piegare tutti i vestiti gettati alla rinfusa praticamente ovunque e mi ritrovo senza accorgermene a canticchiare “Teenage Dream”.

 

*

 

«Perché dopo che mio padre parla con te, viene a farmi un discorso sul… sesso?»

 

«Ciao anche a te, Kurt»

 

Percepisco la risata che soffoca tra le parole e posso immaginarlo a casa, sul suo letto, a gambe incrociate ed un sorriso meraviglioso che lo illumina.

 

«No, sul serio. Cos’è che vi dite ogni volta che mio padre crede puntualmente che non abbiamo altri pensieri se non quello?»

 

Lo sento ridere e probabilmente si è steso sul letto.

 

«Mmmh… Non so se voglio dirtelo»

 

La sua voce, la malizia che si cela all’interno mi fanno rabbrividire. Oh Blaine…

 

«Dai, sputa il rospo! Almeno saprò come prevenire la cosa quando capiterà la prossima volta! Perché, cavolo, continua ad essere imbarazzante!»

 

«Davvero…?» finge indecisione ancora con un po’ di malizia; poi rinsavisce «No, scherzi a parte: sai che la prima volta sono stato io a chiederglielo…»

 

Non lo dimentico, Blaine. Quello è stata una delle nostre peggiori liti…

 

«… ma stavolta davvero non ne ho fatto neanche accenno… o meglio…»

 

Si ferma, come se gli fosse improvvisamente venuto in mente qualcosa e resta in silenzio per un po’ prima di continuare.

 

«Tuo padre mi ha detto che sa che non affretteremo le cose, ma mi è quasi sembrato un avvertimento…»

 

«Sì, lo ha detto anche a me e ha aggiunto che si fida di te…»

 

«Oh, bene. Devo aver passato l’esame quando abbiamo parlato… anche se poi ne ha comunque parlato con te…»

 

«Avrà voluto aver un’ulteriore conferma» scherzo «Alle volte sa essere un po’ paranoico»

 

«Da che pulpito!»

 

«Da qualcuno avrò pur dovuto prendere!» tento di difendermi, ma lo sento inevitabilmente ridere di gusto di fronte alla mia esitazione.

 

Per qualche istante cala di nuovo il silenzio nella telefonata.

 

«Mi ha chiesto se avessi avuto problemi… col sesso» sussurra poi all’improvviso e con una certa fretta, come se sapesse che se si fosse fermato non lo avrebbe detto.

 

Io resto in silenzio, sorpreso dalla cosa. Ora capisco perché mio padre fosse così sovrappensiero: si stava preoccupando per me, ma anche per lui. Origliando mi sono accertato che non stesse avvenendo un omicidio, ma non sono stato così bravo da ascoltare tutto.

Un dubbio mi assale.

 

«Non ne hai avuti, giusto?» chiedo con un filo di incertezza.

 

«No, no!»  si affretta a rassicurarmi lui «No, è tutto a posto… e l’ho detto anche a lui, ma forse non mi ha creduto fino in fondo: devo essergli sembrato un po’ insicuro. In ogni caso… mi ha detto che avrei potuto rivolgermi a lui… per qualunque cosa»

 

Sorrido di nuovo al pensiero di che padre fantastico abbia con me.

 

«Sai, me lo aspettavo!» rispondo con tono allegro, ma lo sento sospirare ed il sorriso si ridimensiona.

 

«Sei… sei stato fortunato ad avere un padre così, Kurt. Io…» e la voce trema.

 

Non posso permetterlo.

 

«Blaine? Ehi, Blaine? Non pensarci, non ne vale la pena! E poi… vuoi rovinare un così bel giorno? Insomma è ufficiale! Stiamo… ufficialmente insieme. A te non fa effetto?»

 

Lo sento sospirare e immagino stia sorridendo con leggerezza, i brutti pensieri già lontani – o almeno lo spero.

 

«Credo di aver capito che vuol dire “avere le farfalle nello stomaco”» mi conferma.

 

«Già… e anche “toccare il cielo con un dito”» aggiungo io.

 

Ride e a me sembra che il petto si gonfi fino ad un passo dallo scoppiare. Semplicemente per una sua risata. Quanto potere hai su di me, Blaine?

 

Rido anch’io, quasi non potessi fare altrimenti, e mi metto seduto sul letto.

 

«Sono felice» gli sussurro e lo sento fermarsi, come se stesse pensando o ciò che ho detto meriti silenzio per riflettere.

 

«È davvero tanto tempo che aspetto di sentirtelo dire… in questo modo» confessa.

 

Io assumo un’aria vagamente confusa, dimenticando che non può vedermi perché stiamo parlando a telefono. Di che parla, adesso?

 

«Davvero?» chiedo anche se forse non è la migliore delle domande al momento.

 

Lui per un attimo sta in silenzio.

 

«Sai…» riprende poi «è da quando sei arrivato alla Dalton che non desidero altro che farti sorridere davvero. Alle volte ci sono riuscito anche, ma durava sempre troppo poco… avrei voluto capire prima che bastava questo per essere felice davvero»

 

«Lo fai sembrare roba da poco»

 

Non hai idea di quanto valga per me.

 

«Non è poco. È solo che… è così semplice stare con te, Kurt… come respirare. E non posso farne a meno».

 

Mi manca il fiato. Lui mi toglie il fiato senza neanche rendersene conto. E non so che cosa dire o che cosa fare, perché tutto mi sembra infinitamente poco rispetto a quello che sento. Sorrido, come se lui potesse vedermi. E forse lo fa, mi vede, così come sembra a me di vederlo, con lo stesso sorriso meraviglioso e gli occhi dal colore indefinibile che brillano nella penombra notturna della stanza.

 

«Ci vediamo domani?» chiedo per quanto starei a parlare con lui non so fino a quando.

 

«Sì… a domani. Buonanotte, Kurt»

 

Sono certo che lo sarà.

 

«Buonanotte, Blaine»

 

Chiudo la chiamata con il cuore che batte ancora più veloce del normale. Se continuo così, mi verrà un infarto – se continua così, mi farà venire un infarto. Resto a guardare fuori dalla finestra, seduto sul letto, senza fissare veramente il cielo scuro, la mente che segue il pensiero di Blaine senza fermarsi su qualcosa di preciso. Solo Blaine, in tutta la sua bellezza, in tutta la sua importanza.

 

Sono così distratto da tutto questo, che sussulto lievemente quando qualcuno mi sfiora la spalla con un tocco lieve. Mi volto con lentezza per trovarmi di fronte Finn, un pigiama scuro che lo copre e i piedi nudi. Gli sorrido.

 

«Che succede?»

 

Osservandola, la sua espressione mi pare triste, anzi preoccupata. Che abbia di nuovo problemi con Quinn? O forse c’entra Rachel? Potrà dire quel che vuole, ma non ha chiuso con lei, lo so.

 

«Dimmelo tu?» risponde, la voce leggermente alterata, come se si stesse trattenendo.

 

È arrabbiato? Con me? Devo forse ricordargli che mi deve una polo crema praticamente da buttare e che l’unico motivo per cui non gli ho ancora urlato contro è perché è una giornata troppo bella per arrabbiarmi?

Lui continua a fissarmi in attesa, incrociando le braccia.

 

«So di non esserci stato spesso, ma con me puoi parlare» mi incoraggia, ma davvero non ho idea di dove voglia arrivare.

 

«Finn, ma che diavolo–»

 

Qualcosa mi bagna la gamba, bloccando le mie parole. Abbasso lo sguardo e vedo una macchia leggermente più scura rispetto al tessuto nero del pantalone. Una lacrima. Istintivamente mi tocco la guancia, scoprendola ovviamente bagnata. Sto piangendo senza rendermene conto.

Riguardo Finn, che ora più che arrabbiato, mi pare confuso.

 

«È colpa di Blaine, vero?» chiede con ancora un tono trattenuto.

 

Io annuisco. Sì, credo sia per Blaine che sto piangendo.

 

«Bene. Perfetto!» alza di un po’ la voce «Credevo fosse chiaro, ma a quanto pare non ha capito bene come funzionano le cose qui. Tu sei innanzitutto mio fratello, e poi il suo ragazzo e se ti fa soffrire se la dovrà vedere innanzitutto con me!»

 

Dire che ora sono io ad essere sorpreso sarebbe un eufemismo. Avrò assunto un’espressione praticamente sconvolta, ma davvero non mi aspettavo una reazione così forte, un’esposizione così grande da parte sua e nonostante abbia completamente frainteso le mie lacrime, non posso fare a meno di sorridergli nel trovarlo così… affezionato a me. Ricordo che ci sono stati giorni in cui avrei fatto di tutto per avere simili attenzioni da parte sua.

 

«Kurt… ne vuoi parlare?» insiste lui e leggo sul suo volto maggiore preoccupazione, con molta probabilità dovuta alla mia reazione, completamente assurda rispetto alle sue deduzioni.

 

«Finn, è tutto ok, davvero. Sì… credo che stessi piangendo per Blaine, ma… lui non ha fatto nulla di sbagliato. Io… non so come definirlo, non riesco a spiegarti il perché… So solo che sono così felice quando penso a Blaine che alle volte…»

 

«…Non riesci a fare altro che piangere?»

 

«Sento di dover portar fuori quello che provo, quasi fossi ad un passo dall’esplodere» mi difendo, ma lui sorride: non mi stava contraddicendo, stava solo…  completando quello che dicevo.

 

Mi si avvicina e con lo sguardo mi chiede se può sedersi accanto a me sul letto. Io annuisco.

 

«Ne sei… spaventato?» mi chiede poggiando la testa sul cuscino e guardandomi negli occhi.

 

Io arrossisco e spero che nella penombra della stanza non si veda così tanto. Lui non dà segno di accorgersene in ogni caso.

 

«No… non ne sono spaventato. È solo… nuovo: non avevo mai provato qualcosa di così forte per qualcuno. Ma… ne sono felice, Finn. Sono davvero felice».

 

Nel parlare ho evitato di guardarlo: mi sento terribilmente vulnerabile quando parlo di quel che provo per Blaine, senza barriere e anche se è Finn e ormai è mio fratello, non ce la faccio a parlargli così. Non di Blaine. È qualcosa di ancora troppo mio.

 

Quando rincontro il suo sguardo, mi manca il fiato. L’intensità con cui i suoi occhi sono fissi su di me mi sorprende e mi chiedo scioccamente come abbia fatto a non sentirlo addosso come una ago sottile e penetrante.

 

«Sai, posso capire perfettamente come ti senti. È stato così anche per me, in un certo senso. Sentirsi bene con se stessi e allo stesso in continua ansia. Sentirsi con la voglia di fare così tante cose e niente e quando ti chiama, quanto ti guarda o ti parla ti senti improvvisamente fuori dal mondo e terribilmente… stupido»

 

«Ma felice. Uno stupido felice»

 

Scoppiamo a ridere insieme immediatamente, per quanto in un certo senso il modo in cui mi sento non è così diverso dallo… stupido. Stupido nel senso che quando sono con Blaine mi pare di non capire nient’altro: lui attira tutta la mia attenzione.

 

Guardo di nuovo mio fratello, trattenendomi però dal chiedergli se lui si riferisse a Quinn o Rachel nel dirmi il modo in cui si sentiva quando stava con lei. Forse resto a guardarlo per più del dovuto, perché lui smette di ridere e ricambia il mio sguardo con fare interrogativo.

 

«Meglio? Non che prima andasse male…» mi chiede, precisando poi con un moto di imbarazzo.

 

«Sì… in ogni caso, meglio»

 

Lui mi sorride e si alza, per andare via.

 

«Ah, Kurt» si volta prima di uscire «È bello vederti così. Quel Blaine, sono felice che tu stia con lui, se ti fa quest’effetto» poi sorride ed esce.

 

 

 

 

 

_________________________________

Ehilà! Come va? *stapeggiodelsolito*

Mh, che ve ne pare di questo post-pranzo? Spero sia stata una degna prosecuzione del cap della mia controparte! Anyway… se vi state chiedendo se apprezziamo la brotherhood Furt… la risposta è sì, ed ormai è chiaro come il sole!

Per il resto… Non riesco a ragionare lucidamente perché “Cough Sypup” e la performance di “Glade you came” (MIODIOGRANTCHECOSASEI) non sono molti (leggasi “nessuno”) i neuroni che ancora funzionano…

Quindi, mi sa che mi eclisso, ringraziando le splendide persona che continuano a recensire ** o che, in un modo o nell’altro, presta attenzione alla storia – i numeri continuano a salire e noi non vi ringrazieremo mai abbastanza!

Ultima cosa, poi giuro che vado davvero: una piccola Shot, che tenta di essere divertente (leggero spoiler 3x15 – sapete a che mi riferisco **) "How I met your brother" ^^

A presto!

 

-*Alchbel  

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Somewhere only we know ~ Kurt ***


~ KlaineSongs ~

 

 

 

27°_ Somewhere only we know ~ Kurt

~ Quando… non ti dirò mai addio ~

 



Image and video hosting by TinyPic


Il viaggio di ritorno verso la Dalton è più silenzioso di quanto mi aspettassi: ovvio, non mi aspetto di certo un’eloquenza pari a quella di Rachel Berry – parliamo comunque di mio padre – ma la totale assenza di un qualsiasi suono da quasi un’ora non rende il clima neanche lontanamente sopportabile.

 

Mi muovo con impazienza nel sedile accanto a mio padre, che guida senza staccare gli occhi dalla strada e gli lancio un rapido sguardo. La sua espressione è ermetica a tal punto da innervosirmi e con stizza allargo la cintura che mi tiene stretto quasi mi stesse soffocando.

 

Lui non dà segno di aver notato la mia irrequietezza, o forse mi sta semplicemente ignorando – ipotesi molto più plausibile.

 

Qual è il problema, accidenti? Il mio ritorno al McKinley, ovvio. Ma non mi pare ci sia bisogno di farne un tale dramma dato che Karofsky ci ha assicurato che non mi avrebbe fatto più del male e che anzi si sarebbe impegnato affinché nessun bullo fosse più attivo a scuola. Insomma, sono tranquillo io che devo tornare lì dentro, le paranoie se le crea lui?

 

«Papà, ne parliamo?» chiedo al limite della sopportazione.

 

Sono abituato a litigare con lui – come un qualsiasi figlio col proprio padre –, ma questa situazione è ridicola: non c’è nulla di sbagliato, non ho fatto nulla di male e lui non ha alcun motivo di tenermi il broncio o ignorarmi.

 

«Parlare di…?» mi chiede senza guardarmi e sento il nervosismo salirmi alla testa.

 

«Lo chiedi anche? È da quando siamo saliti in macchina che non mi rivolgi la parola!»

 

«E non potrei semplicemente non aver nulla da dire?»

 

«No!» insisto «So perfettamente perché stai facendo tutto questo! È il trasferimento, giusto?»

 

Solo in questo momento mi lancia uno sguardo veloce ed io ne resto folgorato: c’era troppo in quegli occhi, la mia rabbia ne resta scottata come un cucciolo che si è avvicinato troppo alla fiamma del camino.

 

«Allora se lo sai, perché lo chiedi?» domanda stizzito ed io sono zittito dall’improvviso tono serio.

 

Boccheggio per qualche istante, senza sapere da dove cominciare. Capisco che sia preoccupato per me e che creda che io abbia preso tutto alla leggera solo per tornare con i miei amici, ma non è così!

 

«Starò bene, papà… non devi preoccuparti. Nessuno mi darà più fastidio» provo con tono addolcito.

 

«E ne sei certo solo perché quel Karofsky ti ha promesso che non lo avrebbe più fatto? Kurt, come puoi fidarti di lui?»

 

«Ma che motivo avrebbe di mettere in mezzo una simile scenata?»

 

Lui mi rivolge un altro beve sguardo, anche stavolta indecifrabile.

 

«Alle volte mi pare che dimentichi quanto il mondo possa essere crudele, figliolo» e per quanto la sua ennesima paternale dovrebbe seccarmi almeno un po’, resto in silenzio, ancora una volta spiazzato.

 

Ci sono troppe cose nel tono che ha usato, così come ce n’erano troppe nei suoi occhi ed io mi sento improvvisamente turbato, come se stessi facendo qualcosa di completamente sbagliato. Quasi mi manca il fiato e per un attimo il dubbio si insinua nei miei pensieri: e se David non mi avesse detto tutto? Il subdolo piano che mi ha spiegato è nello stile di Santana al cento per cento… ma se lui ci guadagnasse qualcosa da tutto ciò, qualcosa di cui non mi ha parlato? Insomma, è possibile che abbia accettato tutto convinto solo dalle minacce di Santana? Quella donna sa essere maligna quando vuole, ma...

 

Prendo un respiro profondo, senza preoccuparmi di essere ancora in macchina con mio padre e mi costringo a ragionare con lucidità.

 

In un attimo, lo sguardo di Dave mi ritorna in mente come il fermo immagine di un filmato. No, non stava mentendo mentre mi spiegava il perché di quell’improvviso cambiamento e il piano di Santana. Non mentiva ed anzi mi era sembrato quasi… pentito? Possibile?

 

Lo odio. Lo odio per quello che mi ha fatto, lo odio per avermi costretto a lasciare la scuola ed i miei amici, per aver messo in subbuglio la mia famiglia… eppure… sapere il perché di quello sguardo – che mi sembra strano e allo stesso tempo appropriato definire spaurito – per un attimo mi porta a trasformare il puro odio in cambio di qualcosa di simile alla compassione e alla comprensione.

 

La verità è che so come si sente e questo mi porta inevitabilmente a vederlo con occhi diversi.

 

«Dave è cambiato» dico ad alta voce, senza neanche ricordare come avessimo lasciato il discorso «so che è cambiato. Mi fido di quello che ha detto, papà. Starò bene»

 

Intanto siamo arrivati davanti al grosso cancello della Dalton e sono felice che si fermi: questa è una discussione che non può essere fatta in macchina, ma necessita di calma e concentrazione… e di guardarsi negli occhi.

 

Sento mio padre sospirare mentre spegne la vettura e slacciandosi la cintura, si sposta per essere in grado di guardarmi per bene. Io sostengo il suo sguardo per quanto le sue emozioni mi travolgano con la loro profondità. Restiamo così per alcuni istanti che sanno di surreale, poi un nuovo sospiro sembra permettere al tempo di continuare a scorrere e la sua mano si poggia sulla mia spalla.

 

«Non so perché ti fidi improvvisamente di lui, quando pochi mesi fa l’idea di essere nella sua stessa scuola ti terrorizzava, ma ho capito che deve essere necessariamente cambiato qualcosa. Mi fido di te, Kurt… mi sembri sicuro di quello che dici e se non mi spieghi nient’altro è perché non vuoi e non ti forzerò a farlo»

 

Resto in silenzio, il calore di quella mano che si irradia in tutto il corpo e una strana sensazione alla bocca dello stomaco, di quelle che puntualmente mi prendono quando mio padre mi parla così a cuore aperto. Ma non parlo – non ancora.

 

«Voglio solo che mi prometti una cosa» riprende subito «Se… se mai dovessi avere un qualsiasi problema, Kurt… non devi esitare a parlarmene da subito. Anche solo un insulto, anche solo una spinta nei corridoio… non passarci su, parlamene. Io…»

 

«Lo farò, papà. Promesso»

 

Con un leggero slancio lo abbraccio veloce, felice che abbia capito e non mi abbia fatto domande: nonostante tutto ho promesso a me stesso che non avrei detto a nessuno dell’omosessualità di Dave e non ho intenzione di infrangere questa promessa neanche con lui.

 

«Umh… e Blaine sa già della novità?»

 

Sgrano gli occhi. Non ci avevo ancora pensato. O meglio, ovvio che ci avevo pensato, ma ora che sono a pochi passi da lui tutto mi sembra dannatamente difficile da spiegare.

 

«Io… no, devo dirglielo ora» faccio con aria assente, già proiettato alle parole che dovrò usare, al modo in cui dovrò dirgli che mi trasferisco.

Il pensiero improvvisamente mi toglie il fiato. Non lo vedrò più. Non come ora, non con la stessa frequenza. Praticamente adesso siamo poco lontani dal vivere insieme ed improvvisamente mi ritroverò a vederlo solo nel week-end e magari di pomeriggio se non siamo impegnati con i rispettivi Glee o con i compiti.

 

Più i pensieri si concentrano su questi aspetti, più la respirazione si velocizza e si affanna. Voglio tornare al McKinley… ma stare lontano da Blaine…

 

«Se ti vuole davvero bene, capirà senza fare scenate. È quello che vuoi davvero e lui non ti chiederebbe mai di rinunciarci»

 

Osservo mio padre e annuisco lentamente.

 

«Io gli ho detto che a me starebbe bene…»

«Sto solo dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»

 

Le parole pronunciate da Blaine alla caffetteria mi riportano immediatamente con i piedi per terra, placando l’ansia che mi stava chiudendo lo stomaco. Andrà tutto bene, questo non cambierà nulla.

 

Scendo dalla macchina ancora leggermente sovrappensiero e dopo aver salutato, varco i cancelli della Dalton con passo veloce: la prima cosa da fare è parlare con Blaine… e poi con gli altri. Domani sistemerò le cose burocratiche con la segreteria e… il resto si vedrà.

 

Mentre ormai cammino per i corridoi, diretto alle scale, non mi accorgo di Wes che, fermo a parlare con alcuni ragazzi del secondo anno, mi scorge e mi sfiora la spalla quando gli passo distrattamente accanto.

 

«Ehi, Kurt!»

 

Io mi scuoto dai miei pensieri e per un attimo resto a guardarlo senza dire nulla.

 

«Va tutto bene, amico? Blaine ci ha detto che stamattina sei andato alla tua vecchia scuola: è successo qualcosa?»

 

Gli sorrido per quella lieve preoccupazione che sento nel tono della sua voce: mi mancheranno, mi mancheranno terribilmente tutti questi pazzi scatenati che mi hanno fatto da famiglia anche se solo per pochi mesi.

 

«Mh, tutto a posto, tranquillo. Sai dov’è Blaine?»

 

Lui mi fissa per qualche istante, quasi dubitasse della mia risposta.

 

«È in camera vostra che si gasa per le prossime esibizioni» dice poi con tono falsamente esasperato, come una madre che con bonaria superiorità critica la sciocca esaltazione del suo bambino.

 

Lo ringrazio e mi avvio per le scale, il suo sguardo che mi segue finché possibile. Prima che entri, la musica a tutto volume che proviene dalla camera mi fa capire immediatamente che Blaine è ancora lì e infatti, entrando, lo trovo mentre, di spalle verso la porta da cui sono entrato, si muove a ritmo della musica, senza accorgersi della mia presenza.

 

Trattengo a stento una risata per la scena e avvicinandomi attiro la sua attenzione sfiorandogli un braccio. Lui sussulta, davvero ignaro della mia presenza; poi, voltandosi e riconoscendomi, mi sorride con una dolcezza a cui credo non mi abituerò mai e mi spiazza con un dolce bacio a fior di labbra che non mi aspetto, ma che davvero non mi spiace: mi accorgo che mi sono davvero mancate le sue labbra sulle mie… e la sua presenza.

 

In un attimo ritornano le paranoie ed il timore che le cose non vadano come credo. Lui pare leggere il cambiamento nei miei occhi, perché mi guarda interrogativo e mi prende la mano.

«È tutto ok?» chiede con voce sottile, mentre si allunga a spegnere la musica, senza però lasciarmi.

 

Improvvisamente sento venir meno le parole per dirgli la mia scelta, ma so che deve essere la prima cosa da fare.

 

«Kurt, è successo qualcosa? Che volevano alla tua vecchia scuola?»

 

È il momento.

 

«Ho parlato con David Karofsky… lui… ha detto di essere pentito e che posso tornare a scuola perché non farà più del male a nessuno. Anzi, ha creato un club di protezione per le vittime di bullismo»

 

I suoi occhi mi fissano, indecifrabili come quelli di mio padre, mentre la stretta aumenta non appena sente il nome di Dave.

 

«Blaine, ritorno al McKinley»

 

Sento che queste parole non mi sono mai pesate tanto. E il loro peso aumenta non appena lo sguardo del mio ragazzo diventa terribilmente chiaro: sorpresa, timore, delusione, forse rabbia si alternano in quelle meravigliose iridi ed io sono paralizzato.

 

Aspetto che dica qualcosa, che faccia qualcosa, ma tutto resta fermo, quasi il tempo si fosse bloccato in uno stato surreale che non fa altro che ferirmi.

Dì qualcosa, Blaine. Qualsiasi cosa.

 

«Te ne vai…»

 

Il suo sussurro, se possibile, fa ancora più male. C’è una tale… tristezza in esso che non so in che modo io riesca a non crollare.

 

«Io… non…Blaine, sono i miei amici… sai quanto mi mancano…» mi giustifico, ma lui lascia andare la mia mano, allontanandosi di un passo. Mai più piccola distanza ha fatto tanto male.

 

«E riesci a fidarti di quel Karofsky, dopo tutto quello che ti ha fatto?»

La sua voce è seria, quasi accusatoria.

 

«Blaine, non hai visto i suoi occhi! Per un attimo mi è sembrato davvero… pentito. Non posso definitivamente perdonarlo, non dopo tutto quello che mi ha fatto… Ma… gli credo. Gli credo perché so cosa sta passando»

 

Lui mi guarda e la speranza di essere compreso sfuma quando quegli occhi non fanno che peggiorare, colpendomi sempre più in profondità.

 

«E… e noi…?»

 

Trattengo il fiato. Noi? Siamo in discussione noi?

 

«Questo non cambierà noi! Blaine, saremo sempre io e te, non conta dove siamo!»

 

Non ne è convinto. Ha paura. Glielo leggo in volto e mi sento improvvisamente venir meno, le ginocchia che quasi non reggono il peso del mio corpo e la paura che prende il sopravvento su tutto. Che ha intenzione di fare? Vuole… lasciarmi? Lasciarmi per paura che lo faremo in seguito?

 

Resta in silenzio, invece. Mi guarda solo, come se stesse tentando di fare ordine nella sua testa ed io darei chissà che per sapere a cosa sta pensando.

Pago la facilità con cui gli ho confessato la mia decisione, la leggerezza con cui ho creduto che non ci sarebbero stati problemi, che avrebbe capito ed anzi sarebbe stato lui a rassicurarmi.

 

«Io gli ho detto che a me starebbe bene…»

«Sto solo dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»

 

«Credevo…. Credevo saresti stato felice… per me. Hai detto che se fossi riuscito in qualche modo a tornare in completa sicurezza, la cosa a te sarebbe andata bene» confesso con una punta di delusione che, egoista, non riesco a celare del tutto.

 

«Non pensavo… non pensavo avrest–»

 

Si blocca, prima di finire la frase, nonostante il significato sia terribilmente chiaro. Non credeva lo avrei fatto per davvero. Questo vuol dire che lo ha detto solo per circostanza? Per illudermi, mostrando che mi avrebbe sostenuto in ogni caso, perché pensava che in realtà la situazione non sarebbe mai migliorata?

 

Deglutisco con difficoltà e in un attimo sento delle lacrime premere agli angoli degli occhi. Ma non piangerò, non davanti a Blaine. Egoistico orgoglio che prende il sopravvento.

 

«Blaine, che succede?» chiedo, facendo uno sforzo immane per mantenere la voce ferma.

Temo una sua risposta alla quale non saprei come reagire. Non dirlo, Blaine non–

 

«Scusa, Kurt, ho bisogno di pensare con calma» sussurra lui e poi mi lascia solo nella stanza.

 

Che diavolo è successo? Abbiamo appena litigato? Qualcosa mi opprime il petto e mi sento come se non fossi in grado di respirare per bene. Mi siedo sul letto e stringo con forza gli occhi, ancora nella ferma volontà di non dover piangere.

Non so che fare.

 

*

 

Non riconosco subito il rumore che spezza il silenzio senza tempo della stanza, strappandomi dallo stato di dormiveglia nel quale sono sprofondato dopo aver alla fine ceduto alle poche lacrime di rabbia e confusione.

 

Alzo lentamente la testa dal cuscino e attendo qualche istante per mettere a fuoco la situazione. Il rumore si ripete. È il bussare di qualcuno alla porta.

Blaine!

 

Al solo pensiero di quel nome tutto si mette perfettamente a fuoco ed io scatto istintivamente dal letto, ritrovandomi in un sol passo davanti all’entrata.

 

«Ascolta, credo ne dovremmo pa–»

 

La voce mi si blocca in gola quando, nell’aprire, non mi ritrovo davanti l’Usignolo ingellato, bensì David. Per un istante lo fisso come si fisserebbe un alieno e anche lui mi guarda un po’ confuso.

 

«Scusa Kurt, avrei bisogno di sapere se per caso tu o Blaine aveste visto la cravat–»

 

È il suo turno di rimanere basito: devo avere un aspetto orrendo a giudicare dalla faccia che il moro ha appena fatto.

 

«Kurt, che succede? È tutto a posto?» mi chiede con la stessa lieve preoccupazione che aveva mostrato Wes al mio arrivo.

 

Io non so in che modo evitare l’argomento, né se voglia davvero farlo; semplicemente mi allontano dall’ingresso, andandomi a sedere di nuovo con pesantezza sul mio letto. David deve rimanere per qualche istante indeciso sulla sua prossima mossa – forse ha paura di risultare invadente o più semplicemente non sa come comportarsi – perché passa più di qualche istante prima che senta il rumore della porta che si chiude, dei passi leggeri che col mio stesso percorso raggiungono il letto e infine il piegarsi di quest’ultimo sotto il suo pur leggero peso.

 

Non faccio nulla, non lo guardo neanche – non potrei sostenere un simile sguardo – ed attendo che il silenzio sia rotto da un suo intervento provvidenziale.

 

«Vuoi… non so, parlarne? Che cosa è successo?» tenta con tono incerto ed anch’io non so che fare, se confidarmi con lui: in fondo questa è una cosa mia e di Blaine… eppure forse al momento ciò che mi serve è proprio un punto di vista esterno…

 

«Si tratta della convocazione alla tua vecchia scuola? Kurt…?»

Il tono stavolta è più serio, più preoccupato e sento di dover rispondere, almeno per rassicurarlo.

 

«Sì, si tratta di quella convocazione, ma sto bene. Il bullo che mi aveva costretto ad andare via, dice di essersi pentito e che… posso tornare a McKinley perché ha smesso di essere quel tipo di persona e anzi, con degli altri ragazzi ha creato un club per tutelare tutta la scuola da questo punto di vista…» spiego tutto d’un fiato.

 

«Oh, ma questo è…» il suo entusiasmo si blocca in un attimo «Oh»

 

Ha compreso il punto con una velocità che quasi mi spaventa. Non vedo il suo volto – il mio è sepolto ancora tra le ginocchia – ma posso immaginare la sua espressione.

 

Sento la sua mano calda poggiarsi con sicurezza sulla mia spalla e stringerla leggermente. Non credevo che un simile contatto mi avrebbe fatto tanto bene, eppure sento improvvisamente la possibilità vera di parlare a David a cuore aperto. In fondo è quello di cui ho bisogno, forse anche di più che parlare con lo stesso Blaine.

 

«Ho detto di sì: voglio tornare con i miei vecchi amici…» spiego alzando la testa e fissando il volto serio del moro accanto a me.

 

«E… l’hai detto a Blaine, giusto?»

 

«Ovvio. È stato il primo a saperlo!»

 

«E non l’ha presa bene?»

 

Lo guardo. È così… scontato che dovesse prenderla male? Non avrebbe semplicemente potuto essere felice per me e per il fatto che tornavo dai quegli amici che – lui stesso se n’è accorto – mi mancano così tanto, nonostante gli Usignoli ormai mi siano diventati allo stesso modo cari?

 

Ma chi voglio prendere in giro? È normale che abbia reagito così, anzi è il minimo! Insomma, in un certo senso lo sto lasciando: io avrei probabilmente reagito anche in modo peggiore! Che cosa ho fatto…? Che cosa–

 

«Alt, alt! Fermati subito!»

 

La voce di David mi strappa ai miei pensieri e lo guardo confuso.

 

«Sono certo che la tua testa stava correndo ben oltre i limiti di velocità della sanità mentale. Prendi un bel respiro e cominciamo da capo»

 

Non mi scompongo per quella che potrebbe essere ritenuta un offesa e faccio come dice. L’aria nei polmoni però non sembra calmarmi.

 

«Cosa ti ha detto Blaine?»

 

«Umh… non che sia stato di molte parole… noi… è stato un litigio strano… David, se lo perdessi? Andandomene, intendo»

 

L’Usignolo mi guarda pensieroso.

«È quello che ti ha detto?»

 

«Lui… no, non l’ha detto… ma i suoi occhi… non lasciavano molti dubbi su ciò che stava pensando. Aveva paura»

 

«Tu no, invece?» mi chiede e non so se ho solo immaginato l’accusa velata in quella domanda.

 

«Ovvio che sì! Ma credevo… cioè pensavo che lui…»

 

Mi blocco. David mi guarda in un muto incitamento ad andare avanti, ma io non so se voglio continuare: esprimere ad alta voce i miei pensieri e le mie supposizioni ha cambiato la prospettiva con cui li stavo osservando e giudicando e lentamente mi rendo conto dell’egoismo delle mie azioni.

 

«Aveva detto che per lui sarebbe andato bene se fossi tornato al McKinley in tutta sicurezza»

 

«Pensa davvero queste cose, Kurt: vuole solo il meglio per te – e tu lo sai»

 

Annuisco. Certo, certo che lo so – è lo stesso che voglio io per lui.

 

«Proprio per questo ho creduto… Sono il primo ad avere paura, il primo che non vuole passare neanche un istante senza di lui, ma…»

 

Sento di nuovo le lacrime premere per rigare le guance; un sospiro tremulo esce dalle labbra ed abbasso di nuovo lo sguardo senza essere in grado di continuare.

 

«Speravi che fosse lui a dirti che sarebbe andata bene in ogni caso e che anche se in due scuole diverse le cose non sarebbero cambiate, giusto?»

 

Annuisco e credo di vergognarmi: detta da lui, questa cosa sembra egoistica ancora più di quanto non mi fossi reso conto da solo. Che diavolo ho combinato?

 

«È solo che… non lo so. Lui mi è sembrato spaventato e le mie paranoie invece di placarsi sono aumentate e poi lui è andato via… Mi aspettavo la sua solita calma e magari un incoraggiamento, ma è ovvio che l’abbia presa in quel modo: gli ho detto che me ne andavo! Non avrebbe potuto reagire diversamente. Sono stato un egoista: ho creduto che automaticamente avrebbe dovuto mettere da parte ogni suo sentimento e fare forza a me… Come ho potuto aspettarmi questo? Come ho potuto pretenderlo?»

 

La stretta di David sulla mia spalla – che non mi ha abbandonato per tutto il mio sfogo – si fa più forte ora che mi sento davvero smarrito ed in colpa.

 

«Perché non lo cerchi e gli parli? Spiegagli tutto, a cuore aperto: se c’è una cosa di cui non hai da temere con Blaine è che ti giudichi, no? Non lo conoscevi e ti sei confidato con lui come fosse un tuo vecchio amico, non credo sia tanto difficile farlo adesso. Dialogo, Kurt. Verbale o no, credo sia la cosa più bella che abbiate: la facilità con cui riuscite a comprendervi è una cosa stupenda, secondo me. Non fatevela mancare proprio adesso!»

 

Lo guardo con occhi lucidi: David sa essere un pozzo di saggezza e adesso ha completamente ragione. Le poche volte che abbiamo litigato è stato semplicemente perché non abbiamo parlato abbastanza.

 

«Grazie, davvero».

Mi alzo di scatto, senza pensare ad altro che non sia cercare Blaine e chiarire, chiedendogli innanzitutto scusa. Apro la porta e sto per correre fuori, quando qualcosa mi blocca sul posto.

Anzi, qualcuno.

 

Blaine. Blaine è qui, di fronte a me, in viso un’espressione che mi toglie il fiato, gli occhi lucidi e le scie di due lacrime che gli bagnano le guance. Perché piange? È colpa mia, giusto? Da quanto tempo è qui? Quanto di quello che ho detto a David è arrivato alle sue orecchie?

 

Improvvisamente il tempo pare essersi congelato, mentre probabilmente entrambi aspettiamo che sia l’altro a fare la prima mossa. Ma nessuno fa nulla, restiamo solo a guardarci, i suoi occhi lucidi nei miei che probabilmente li imiteranno presto, se non lo stanno già facendo.

 

Poi non reggo più. Quella vista, i miei sensi di colpa, l’aver sbagliato ogni cosa… tutto, insomma, mi travolge nello stesso tempo e non posso fare altro che spingermi tra le sue braccia e tenerlo stretto a me, come se qualcuno potesse portarmelo via.

 

«Sono uno stupido, Blaine, uno stupido!» gli dico stringendolo ancora più a me «Sono stato un egoista e ti chiedo scusa. Mi aspettavo che tu–»

 

«Sssh, non dire nulla. L’ho sentito, ho sentito quello che stavi dicendo a David…e anche quello che ha detto lui… Dovremmo davvero parlare»

 

Solo allora mi stacco da lui e lo guardo negli occhi: hanno una scintilla che li fa brillare e da forza alla sua decisione. Mi accorgo appena che il moro ci ha affiancato con un sorriso e si è avviato lungo il corridoio. Lo guardiamo per un istante, poi entriamo.

 

Mi risiedo sul letto, lui di fronte a me; il silenzio ritorna nella stanza e con esso il lieve imbarazzo di non sapere cosa dire o come cominciare.

 

«Sai che voglio che tu sia felice» esordisce lui.

 

«Certo, certo che lo so!»                                 

 

«Ed io so che le Nuove Direzioni ti mancano. Quindi, se puoi, torna da loro»

 

«Ma… tu? Insomma, tu sei felice?»

 

Mi guarda e per un istante i suoi occhi si offuscano, solo per un attimo, ma sufficiente a farmi capire che no, non sarebbe completamente felice, come è ovvio che sia.

 

«Certo, non ci vedremo con la stessa frequenza di ora – sarebbe impossibile, considerato che adesso viviamo praticamente sotto lo stesso tetto e dormiamo nelle stessa stanza – ma questo non cambia molto»

 

Non è quello che pensava poco fa. Sta mentendo – no, sta minimizzando, in modo che io vada lo stesso, anche se lui non sarà felice.

 

«Non mentirmi, ti prego»

 

La mia voce trema più del voluto e Blaine mi prende immediatamente la mano. Odio mostrarmi continuamente così davanti a lui, perché la mia fragilità lo porterà sempre a fare qualcosa per me e non per lui. Stiamo avendo la conversazione che mi aspettavo quando sono sceso dalla macchina di mio padre, quella conversazione che non voglio più avere.

 

«Kurt, io–»

 

«Blaine, io voglio tornare nella mia vecchia scuola, ma non voglio che tu sacrifichi te stesso per questo»

 

«Non lo sto facendo, credimi»

 

«Dimmi ciò che pensi, davvero. Ciò che vuoi»

 

«Sarebbe da stupido dirti che non mi mancheresti o anche non sarei un po’ triste, soprattutto i primi giorni… Ma questo non significa che ci perderemo o cose del genere! Insomma, non tutte le coppie passano insieme l’intera giornata o si vedono sempre, eppure stanno bene insieme. Basterà abituarci e chiamarci spesso...»

 

«E i tuoi dubbi?»

 

Lui abbassa lo sguardo come a volermi nascondere ciò che sta provando.

 

«Io… non me l’aspettavo. Ho reagito in quel modo perché mi hai preso in contropiede… e allora ho esitato. Niente è in dubbio, Kurt. Dico sul serio. Sono felice che torni da loro, ti mancano. E… noi staremo bene. Non cambierà nulla»

 

Sospiro. Pronunciando quest’ultima frase, ha di nuovo incatenato il mio sguardo al suo. E i suoi occhi brillano, brillano di quell’ambra liquido, incandescente che ho visto poche altre volte e che davvero non lascia scampo.

Mi sento… non so come mi sento. Avremmo dovuto parlare da subito così, senza complicare nulla.

 

«Solo… solo un’ultima cosa… posso?» mi chiede.

 

«E lo chiedi? Non ti ho appena detto che devi dirmi tutto?»

 

Sorride in un modo bellissimo e dolce, prima di continuare.

«Tu… tu sarai davvero al sicuro lì, vero?»

 

«Sì, Blaine. Sono al sicuro. Mi erano mancati gli intrighi del McKinley: Santana – l’ispanica di cui qualche volta ti ho parlato – ha fatto in modo che Karofsky non solo smettesse di fare il bullo, ma addirittura creasse un club anti-bullismo!»

 

«Cioè, lo ha costretto?»

Ora mi pare meno convinto di prima.

 

«Mh, ufficialmente, per quel che mi ha detto, sì: è tutta opera di Santana e lui è solo… un braccio… ma sai… c’era qualcosa… Non lo so, credeva in quello che diceva, gliel’ho letto negli occhi. Non farà nulla, sono al sicuro, Blaine»

 

L’Usignolo annuisce, stavolta più convinto e si apre in un sorriso.

 

Poi si alza e annulla quel po’ di distanza che ci separa prendendo le mie labbra con le sue e baciandomi con dolcezza e desiderio, in un modo che mi fa girare la testa e chiedere nient’altro che questo. Sento la sua lingua sfiorare le mie labbra, quasi bussasse alla porta con educazione e non ci metto molto a dischiuderle e a permettere alle nostre lingue di incontrarsi. Si studiano, sfiorandosi con ritmi improvvisati eppure terribilmente sincronizzati e continuano un gioco fatto di puro istinto. Sento la sua mano posarsi sul mio collo nel cercare un appiglio e non so con che forza ho anche l’impressione che un suo ginocchio si sia poggiato sul letto per non perdere equilibrio. Il cuore mi batte senza alcun ritegno, ma non mi preoccupo che lui lo senta – non ho la lucidità per farlo, né alcun motivo per nascondere gli effetti che ha su di me.

 

Con movimenti lenti e non del tutto coordinati, Blaine fa in modo che indietreggi, fino a che la schiena non tocchi contro il muro e lui poggi con entrambe le ginocchia sul letto. La mano mi tiene ancora il collo e le nostre labbra si muovono ancora l’una sull’altra anche se la mancanza d’ossigeno comincia a farsi sentire, costringendoci in breve a staccarci.

 

«Kurt–»

 

Non gli do tempo di parlare, né di pensare razionalmente a quello che sto facendo: so solo che sono di nuovo sulle sue labbra, alla ricerca della sua lingua e questo basta. Dovrei essere imbarazzato? Dovrei fermarmi? Non capisco più nulla.

 

Poi un brivido mi scuote e davvero potrei impazzire. Senza che me ne sia accorto, Blaine ha sfilato la camicia dai miei pantaloni e ha lasciato che una mano scivolasse sulla mia pelle nuda: il contatto con le sue dita leggermente fredde mi da brividi che non so descrivere. Un mugolio di piacere sfugge incontrollato dalle mie labbra ed è come un incitamento ad andare avanti. Non lo avevo mai sentito così vicino, non mi aveva mai sfiorato così e sento ogni cosa sfumare: resta solo il suo tocco leggero che giunge al mio petto.

 

Voglio provare, voglio sentirlo come lui sente me. Con difficoltà – le lingue che ancora danzano nelle nostre bocche – sfilo la sua camicia dai pantaloni e porto una mano sulla sua pelle, calda più di quanto mi aspettassi. Forse proprio per questo gli provoco sottili brividi e sentirlo tremare sotto il mio tocco distrugge quei pochi neuroni che ancora si erano finora inspiegabilmente salvati.

 

Dio, Blaine, cosa mi stai facendo?

 

Non esiste più nulla, il mio mondo si è ridotto a pochissimo spazio, al suo corpo contro il mio e alle nostre bocche che non vogliono sapere di staccarsi, nonostante mi accorga che il fiato comincia di nuovo a mancare.

 

Un rumore. Qualcosa di lontano che non riesco a percepire davvero e non distinguo. Non so se sia istinto o altro quello che mi porta ad aprire comunque gli occhi: in ogni caso, quello che vedo spezza ogni cosa.

 

Mi stacco da Blaine che per poco non mi cade addosso data la… passione con cui mi stava baciando e a cui scappa un sottile mugugno di risentimento, come se si stesse chiedendo perché abbia interrotto così bruscamente un tanto piacevole contatto.

Cavolo, Blaine, come se a me non piacesse!

 

Ma ora i miei occhi sono praticamente incollati a ciò che ci ha interrotto, mentre l’istinto omicida fa a cazzotti con l’imbarazzo e mi blocca sul posto, senza permettermi alcuna reazione. Sento Blaine voltarsi e credo abbia assunto la mia stessa espressione.

 

La situazione potrebbe essere comica se fosse vista dall’esterno. Ma noi ci siamo dentro, quindi è tutt’altro che questo.

 

Wes, David, Nick, Jeff, Thad e Dominic. Non manca proprio nessuno all’appello!

 

«Voi!»

 

La mia voce, più acuta del normale per l’imbarazzo, ma minacciosa per una simile interruzione ha un effetto gratificante per la reazione che provoca ad ognuno di loro. Sussultano come se li stessi minacciando di morte – e in effetti non ci sono poi così lontano.

 

«Per quale motivo secondo voi esistono le porte chiuse? Possibile che a nessuno di voi sia stato insegnato come bussare? Eppure siete in sei, sei cavolo! A nessuno è venuto in mente di fare un gesto tanto semplice

 

Qualcuno – Nick e Jeff che sono tra quelli più in avanti – boccheggiano per qualche istante, senza sapere che rispondere ed io con la coda dell’occhio, scorgo Blaine sorridere per la mia furia. Ma non è la prima volta che lo fanno, maledizione!

 

«Scusate, scusate, scusate!»

 

Come facciano ad essere un perfetto coro anche quando non cantano, o meglio improvvisano nel panico più totale, è qualcosa di sorprendente! Io li guardo ancora in cagnesco e li vedo leggermente arrossire a disagio.

 

«Da-David ci ha detto che hai la possibilità di tornare alla vecchia scuola e allora… stavamo pensando di fare una bella festa di addio, o meglio arrivederci, perché che ti piaccia o meno, un volta Usignolo, Usignolo per sempre!» spiega Wes.

 

Io sgrano gli occhi, sorpreso dalle loro intenzioni e soprattutto da quell’ultima frase. Qualcosa mi si agita dentro: questi ragazzi sono stati la mia famiglia, almeno un po’, devo loro molto…

Di nuovo una sorta di tristezza velata mi prende ed abbasso lo sguardo, incapace di continuare a guardarli.

 

«Ehi, no! Non azzardarti a farlo!»

 

La voce di David mi porta istintivamente ad incrociare con curiosità i suoi occhi scuri.

 

«Sembra che tu sia riuscito a… chiarire con Blaine, non rovinare tutto ora! Va bene, Kurt: siamo felici che torni a casa. Nonostante sia stato bene qui – lo spero – è quello il tuo posto. Siamo felici di averti avuto con noi, solo questo»

 

Lo guardo, gli occhi di nuovo lucidi per l’emozione e la mano di Blaine sulla mia spalla. Non so che dire e forse non ce n’è davvero bisogno.

 

«Grazie. Davvero, grazie a tutti. Io…»

Sono in difficoltà: non so mai che dire in momenti come questi.

 

«Ok, ok, adesso basta con le parole! Scendiamo, che dite? Rendiamo la Dalton e gli Usignoli indimenticabili per Kurt!»

 

Nick! Il suo entusiasmo travolgente porta tutti i ragazzi a correre via dalla stanza in un istante, lasciando me e Blaine dietro.

 

Lo guardo sorridendogli e lui ricambia il mio gesto.

 

«L’unica cosa che non mi mancherà di tutto questo credo sarà la totale mancanza di privacy» dico, alludendo all’incursione che come al solito ci ha colti in un bel momento, interrompendolo.

 

L’Usignolo scoppia a ridere, annuendo. Poi mi lascia un soffice bacio sulle labbra e mi prende per mano, come la prima volta, trascinandomi lungo il corridoio.

 

~ ∞ ~

 

I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete

 

È qui, di fronte a me, davanti a tutti i ragazzi del McKinley e comincia a cantare come se fossimo da soli, come se non potessi sentirlo che io. Dietro di lui, gli altri Usignoli compaiono scendendo le scale e facendo da coro, in un suono unico ed emozionante come sempre.

 

Ci sono tutti, pronti a mostrarmi quanto mancherò loro. Le parole che mi ha rivolto Blaine prima di cominciare a cantare mi hanno colpito molto: davvero non credevo di essere stato così importante per loro… ma la festa che mi hanno dedicato prima che me ne andassi ed ora questo mi fanno capire che forse non esagerano a dirlo…

 

Mi si gonfia il cuore di gioia e forse – ok, sicuramente, anche di orgoglio: solo adesso mi rendo conto di quanto mi mancherà ogni singolo folle ragazzo che fa parte di quel gruppo.

 

Sono qui che li guardo, con le braccia conserte, tentando di rimanere quanto più possibile composto e fermo e di trattenermi dall’abbracciare ognuno di loro e particolarmente Blaine, che sta cantando senza curarsi di niente e di nessuno se non di me che lo guardo.

 

Quanto sono stato fortunato ad incontrarti? Quanto sono stato fortunato ad averti con me?

 

Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin

 

Si muovono ora, disponendosi su tutta la larghezza delle scale, i loro occhi puntati su di me e Blaine che non riesco a non guardare. Canta con voce ferma, ma si vede quanto sia emozionato, quanto tenga a quello che sta facendo. L’ambra del suo sguardo è quasi invisibile perché lo sforzo nel cantare e l’emozione che lo travolge fanno sì che non si veda che una fessura dei suoi occhi e a me manca il fiato: non lo avevo mai visto così durante un’esibizione e il mio cuore irrimediabilmente romantico mi fa credere che sia perché sta cantando per me.

Per me.

 

È la prima volta che qualcuno mi dedica qualcosa… e mi sento come se improvvisamente mi mancasse la terra da sotto i piedi.

 

Gli Usignoli scendono alcuni gradini con la classica coordinazione e mi accordo che tutti sono attratti inevitabilmente dalla loro performance.

 

Poi ad un tratto, nel crescendo della canzone, Blaine scatta e perdendo il mio sguardo, scende con velocità i gradini per correre verso il pianoforte.

 

And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know

Ritrovo immediatamente il contatto con i suoi occhi – brillano e riesco a distinguerlo bene nonostante lo spazio che ci separa. Continua a cantare, accompagnandosi col suono del piano come fosse la cosa più naturale del modo ed io mi accorgo appena di aver preso a muovere il corpo al ritmo di quella poesia.

 

Non ho parole, non riesco a descrivere il modo in cui mi sento, quello che sto provando. Mi sento completamente smarrito, senza via di scampo se non continuare a guardare Blaine ed il cuore mi batte talmente forte che potrebbe uscirmi dal petto da un momento all’altro.

 

Pazzo, innamorato Blaine. Cantare per me davanti a tutti, al McKinley… è una cosa talmente da te che non so in che modo non mi sia passato per la testa che avresti potuto farlo. E folli i tuoi compagni che – al diavolo le esibizioni al di fuori del campus! – hanno accettato di seguirti per salutarmi.

 

Lo raggiungono dietro di lui, di nuovo con lo sguardo fisso su di me ed un’espressione sorridente eppure un po’ affranta sui visi. Mi mancheranno, uno per uno.

 

Non so per quanto ancora resisterò contro la commozione che minaccia di rigare il mio viso e di interrompere la performance per correre tra le braccia di Blaine e dirgli tutto quello che sento – e so che non uscirebbe una sola parola dalle mie labbra e che andrebbe bene così, perché non ne abbiamo bisogno. Resisto, solo perché non ho il diritto di interrompere qualcosa di così bello.

Si allontana dal piano e mi si avvicina ancora cantando; poi lascia che sia il coro a portare avanti la melodia e con un sorriso tremendamente bello su cui si riflette già la sua di emozione, mi prende le mani e mi fa scendere quei pochi gradini che mi separano dal piano e dal resto degli Usignoli.

 

And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know

Somewhere only we know

 

Mi si avvicinano, uno per uno, e mi salutano. Mi sento venir meno e non sono più capace di trattenere le lacrime che ora mi bagnano il viso. Non è un addio, me lo hanno ripetuto tante volte durante le ultime ore che ho passato alla Dalton. Una volta Usignolo, Usignolo per sempre – altro motto del loro saluto, eppure una parte di me non può non essere triste per questo arrivederci.

 

Mi mancheranno, ora lo so per certo: mentre mi abbracciano o mi danno pacche amichevoli sulle spalle, so che ognuno di loro, nella sua ordinaria follia, nel suo piccolo essere unico e speciale, mi mancherà, in modo diverso ed unico.

 

Wes, David, Nick, Jeff, Thad e tutti gli altri, che mi hanno accolto come un uccellino spaurito appena caduto dal nido. C’è voluto tempo, mi hanno avvicinato con calma, lasciandomi lo spazio e la tranquillità per ambientarmi e poi sono diventati indispensabili, nei momenti seri tanto quanto in quelli divertenti. Ho capito che cosa significhi essere un solo corpo e una sola voce e ho imparato un’unità che forse neanche nelle Nuove Direzioni avevo compreso appieno. Mi sono stati accanto e mi hanno fatto crescere e maturare fino a che da passerotto infreddolito e lontano dal nido, non sono stato in grado di imparare a volare e tornare a casa.

 

Significano tanto per me e no, non li dimenticherò.

 

Il groppo che mi si è formato alla gola mi impedisce anche solo di deglutire, mentre, dopo aver salutato tutti gli Usignoli, mi ritrovo davanti mio fratello, con un grosso sorriso e gli occhi che luccicano. Sospiro per cercare di riprendermi e lui allarga le braccia tirandomi a sé. Il suo calore mi conforta e forse, dopotutto, mi calma anche un po’ dal turbinio di emozioni che mi sta facendo girare la testa. Dopo di lui, anche Mercedes mi stringe a sé con affetto.

 

Poi torno a guardare Blaine che intanto ha continuato a cantare con forza. Trovo i suoi occhi e la commozione che ha avuto già la meglio su di me, sta per sconfiggere anche lui che si avvia alle note finali. Mi avvicino ancora un po’ e sospiro di nuovo abbassando per un attimo la testa: ci sono tante cosa che vorrei dirti adesso, Blaine, ma semplicemente dovrebbero inventare parole nuove, perché quelle che conosco non bastano, non sfiorano neanche ciò che provo in questo momento.

 

Conclude la canzone mentre io ritrovo il suo sguardo e quando la melodia sfuma dolcemente non resisto più e mi lancio tra le sue braccia quasi con bisogno, come se fosse indispensabile alla mia sopravvivenza. Mi stringe forte a sé come non aveva mai fatto prima, come se potessero strapparmi via da lui e non ci rivedessimo mai più.

 

La necessità che colgo in quest’abbraccio fa quasi male ed anche io ricambio la stretta per fargli sentire che sono qui con lui. So cosa dirgli ora.

 

«Non ti dirò mai addio» sussurro con voce tremula.

 

Lui capisce, so che capisce che cosa intendo e mi lascia andare con un sorriso pieno di lacrime.

Sospiro di nuovo e sorrido anch’io, per quanto mi sembri difficile. Lo vedo andare via e so con certezza che non è un addio. È un nuovo inizio e lui sta percorrendo questa nuova strada con me: non ci stiamo separando, non lo faremo mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

____________________________

Rieccoci! Perdonate l’abissale ritardo, ma tra gli esami di Pachelbel e le mille idee che mi hanno presa, non siamo riuscite ad aggiornare prima.

Anyway, siamo qui ^^ Questo capitolo… non lo so, lo reputo il migliore tra quelli che ho scritto finora… forse perché c’è Somewhere only we know e rivedere quella performance prestando attenzione ad ogni dettaglio è stato devastante – alla fine avevo le lacrime agli occhi.

Boh, spero piaccia anche a voi… e ricordo che anche le critiche sono bene accette!

Ringraziamo tutti coloro che sono arrivati fin qui: we love you ♥

A presto, baci ♥

 

Ps: ho detto delle mille idee che mi hanno presa, beh, magari avete voglia di prestare attenzione almeno ad una di esse? Una nuovo long, scritta con la benedizione di Pachelbel ♥ My universe will never be the same.  

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Somewhere only we know ~ Blaine ***


~ Klaine Songs ~

 

 

 

28°_ Somewhere only we know ~ Blaine

~ Quando davvero non riesci ad allontanarti dalla persona che ami ~

Image and video hosting by TinyPic

 

 

Rimango fermo, immobile, quasi senza respirare, osservando Kurt da lontano mentre abbraccia i suoi amici, felice di essersi di nuovo unito a loro. Non posso fare a meno di aprirmi in un sorriso io stesso, vedendolo così allegro, e cerco in tutti i modi di non farmi prendere dal dispiacere che provo ogni volta che penso a quanto mi mancherà ora che non sarà più con me.

 

Così come concordato con Mercedes – che è stata fondamentale per la riuscita del nostro piano – inizio a scendere le scale, seguito da Wes e David, non appena la vedo parlare con Kurt, costringendolo a girarsi e a fargli notare tutti noi, stretti nella nostra divisa di Warblers.

L’espressione sorpresa sul volto di Kurt è il meglio che potessi ottenere; sorride poi, guardandomi, e io cerco di non farmi distrarre dai suoi occhi, dalle sue labbra e da lui in generale, cercando di ricordare il discorso che avevo preparato.

 

Ma ora come ora c’è il vuoto nella mia testa, o meglio, c’è solo un nome che la attraversa. Kurt.

Ed è quindi così che inizio un discorso che, ho deciso, improvviserò.

 

«Kurt, ci mancherai alla Dalton.» Faccio una pausa, sorpreso del mio tono di voce rotto, che mi fa rendere conto di essere quasi sul punto delle lacrime. E il bello è che non ho nemmeno ancora cominciato a cantare! Non so come mi ritroverò alla fine, se continuo di questo passo.

 

«Il tuo contributo ai Warblers è stato molto prezioso.» Abbassa lo sguardo, quasi non credesse alle mie parole. Sbagli, Kurt. Sei stato davvero importante per noi, non solo per me. «Hai fatto di noi una squadra migliore.»

 

Rialza lo sguardo su di me, mentre continuo. «Mi rattrista vederti andare via,» ed è solo una piccola parte per descrivere l’entità del mio dispiacere, «ma sappiamo tutti che è questo ciò che volevi.» Lo so che è questo ciò che vuoi, e anche i ragazzi. Non possiamo trattenerti.

 

«Io ti vedrò ancora dopo la scuola e nei weekend, ma questi ragazzi no, perciò sono venuti a salutarti.» La voce mi si spezza. Perché queste ultime parole sanno tanto di un addio?

 

Ringrazio Wes e David, i miei due angeli custodi, i miei migliori amici, che sono vicini a me; e soprattutto ringrazio Wes, che prende la parola quando si rende conto che non so più che altro dire, troppo impegnato a non scoppiare a piangere nel cortile del liceo McKinley.

 

«E grazie, Kurt.»

 

Vedo Kurt sospirare dopo le nostre parole, ma decido per un attimo di non concentrarmi su di lui; anche se, in realtà, è più una necessità dettata dal fatto che, se continuassi a guardarlo, non farei altro per ore e ore, e non farei mai ciò che mi sono prefissato di fare. Così chiudo gli occhi e inizio a cantare, pensando solo al testo della canzone, e al motivo per cui ho scelto di dedicare proprio questa canzone a Kurt.

 

 

I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete

 

Lascio che la mia voce risuoni alta nel cortile del McKinley, cercando di non pensare a quanto azzardato sia dedicare una canzone al mio ragazzo proprio in questo liceo. Ma ora come ora, non mi importa di niente; mi rendo conto che è da quando Kurt mi ha dato la notizia del suo trasferimento che non vedevo loro di cantare per lui.

 

So che i miei compagni Warblers stanno uscendo dal loro nascondiglio e stanno per scendere le scale dietro di me, così come era stato concordato. Non ho bisogno di girarmi per sentire la loro presenza; so che ci sono e questo è l’importante. Perché, come sempre, mi sono stati vicino e lo faranno anche dopo, quando dovremo andare via di qui e sono certo che crollerò.

 


Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin

 

E già adesso sto per crollare, mentre continuo a cantare e mi avvicino a lui, seguito dagli altri. Non so come farò a resistere senza Kurt. Nonostante l’affetto degli altri ragazzi, la loro pazzia e il loro essermi stati vicino nei momenti più bui – quando Kurt non era ancora entrato nella mia vita – da quando Kurt si era trasferito alla Dalton, vivere lì mi era sembrato ancora più bello.

La Dalton è cambiata da quel momento. O meglio, sono cambiato io.

 

Con semplicità, Kurt si è letteralmente fiondato nella mia vita, come una meteora luminosa che ha attraversato il cielo buio di una notte priva di stelle. Mi ha regalato il suo calore, e io non ho potuto fare a meno che abituarmi a tutto questo. E ora che se ne andrà, tornerà il buio.

 

Non riesco a pensare, non so come io stia riuscendo a cantare dato il magone che mi opprime la gola. Vorrei avvicinarmi a lui, corrergli incontro e abbracciarlo e baciarlo fino quasi a svenire. Un pensiero egoista mi attraversa la mente: vorrei poterlo prendere e racchiudere in una gabbia, facendo sì che stia sempre con me, senza abbandonarmi mai.

 

L’istinto mi porta verso di lui, vorrei quasi afferrarlo e trascinarlo via, ma mi riprendo appena in tempo. Gli passo vicino senza quasi guardarlo, attirato dal pianoforte nel bel mezzo del cortile, e mi ci avvicino, cominciando a suonare.

 


And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know

 

Mi sento un idiota; non posso davvero aver pensato una cosa del genere. Kurt non è certo un uccellino da tenere rinchiuso in una gabbia, e mi sembrava di aver già fatto i conti con questa mia possessività ieri, dopo la nostra lite.

 

Ne abbiamo già discusso, non dovrei essere così spaventato. Triste sì, ma non spaventato. Ho detto a Kurt che non sarebbe cambiato niente tra di noi, e lui ha detto lo stesso. Ma allora perché sono così terrorizzato? Perché ho come la brutta, orrenda sensazione che questa sia l’ultima volta che lo vedrò? Perché ho paura che questa sia la fine di tutto, di noi?

 

I miei amici notanto la mia espressione e, senza che me lo aspettassi, mi si avvicinano, mettendosi a semicerchio intorno a me, quasi volessero comunicarmi il loro appoggio. Vorrei riuscire a voltarmi verso di loro, ringraziarli, ma ci sarà tempo per questo, dopo.

 

Ora devo concentrarmi solo su Kurt, e sento di nuovo il desiderio opprimente di avere un qualsiasi tipo di contatto con lui, che mi faccia rendere conto che è tutto vero, è reale, che Kurt non mi sta scivolando via dalle dita.

 

Così lascio il pianoforte e mi avvicino di nuovo a lui, questa volta camminando lentamente. E non mi importa niente degli sguardi dei presenti, di quello che potrebbero pensare o fare; salgo un gradino, ritrovandomi su quello più in basso rispetto a quello di Kurt, e gli porgo le mani, in attesa che lui le afferri. E per un attimo, temo che non lo farà.

 

Ma vengo smentito. Kurt mi stringe le mani e io lo trascino con me, giù dalle scale, senza staccare gli occhi dai suoi. Nel momento in cui le nostre mani si uniscono, mi sento di nuovo, incredibilmente bene.

 


And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know

Somewhere only we know

 

 

Ci stacchiamo, mentre gli altri Warblers cominciano ad avvicinarsi man mano a Kurt per salutarlo, chi con un abbraccio, chi con una pacca sulla spalla. Mi gira le spalle, salutando tutti che gli rivolgono sorrisi e sguardi pieni di ringraziamento e affetto. Ed è in questo momento che mi rendo conto di essere davvero un idiota. 

 

Perché io ho fiducia in Kurt. So che quello che c’è tra noi non cambierà, e di certo non per una mera questione di lontananza. Riusciremo a vederci e ad andare avanti, riusciremo a stare insieme e amarci.

 

Ma mi mancherà da morire. Perché dovrò tornare alla Dalton, entrare in quella stanza che ha visto tutto di noi, le cose belle e le brutte, e mettermi a osservare un letto vuoto e freddo. Sarò costretto ad ascoltare il silenzio, lo stesso silenzio opprimente di quella stanza fredda che non ero riuscito a sopportare dopo il mio appuntamento con Rachel. Dovrò riabituarmi a stare senza di lui, per lo meno alla Dalton, a non poter ascoltare il suono del suo respiro mentre si addormenta, a non potergli stringere la mano quando studiamo, a non fare i turni nel bagno, lementandomi del suo monopolio su di esso, a non svegliarmi con quell’oceano che ha al posto degli occhi davanti a me.

 

Perciò non posso fare a meno di urlare, sfogandomi attraverso la canzone. Perché la verità è che sono distrutto. Perché la verità è che anche se questo non è un addio, ha lo stesso, identico, amaro sapore.

 

Dopo aver abbracciato Finn e Mercedes, Kurt si volta verso di me; ed è come tornare a respirare. Mi rendo conto di quanto mi fosse mancato il suo sguardo nel mio in questi pochi secondi che siamo stati separati. Non possiamo trattenerci dall’avvicinarci l’uno all’altro, mentre io abbasso il tono di voce, quasi sussurrando le ultime parole del testo, sperando che lui comprenda, che capisca a cosa mi stia riferendo, che capisca le mie paure e possa fare ciò che fa meglio: aiutarmi, farmi stare bene.

 

Perché lui potrà anche pensare che sono stato io a salvare lui, ma la verità è che è stato lui a salvare me.

 

Finisco di cantare, senza distogliere lo sguardo dal suo, senza muovermi, respirando profondamente e cercando di contenere le lacrime che premono di uscire, di riacquisire il fiato che ho perso.

 

Ma è Kurt a togliermi definitivamente il respiro quando, facendo un passo verso di me, mi stringe in un abbraccio che è più una morsa. E io lo stringo tra le braccia, forse troppo forte, provando di nuovo lo stesso desiderio di poter penetrare in lui per poterlo così accompagnare sempre. Chiudo gli occhi, beandomi del calore di questo abbraccio, che mi scioglie il cuore nel petto, del profumo di Kurt che mi invade le narici e della moribidezza della sua guancia a contatto con la mia.

 

E poi, Kurt dice cinque parole, quelle parole che stavo aspettando. Non mi stupisco neanche di quelle parole, perché sapevo che Kurt avrebbe capito, non avevo dubitato neanche per un secondo. Ci conosciamo troppo bene, c’è qualcosa tra di noi, qualcosa che ci lega e che non riesco a comprendere appieno, ma mai come in questo momento mi rendo conto che siamo fatti l’uno per l’altro.

 

«Non ti dirò mai addio.»

 

Questo dice, e ha la facoltà di farmi tornare a respirare di nuovo, molto più sereno di quanto non fossi prima. Ho accettato l’idea del dedicargli una canzone, anche per dargli la certezza che ci sarei sempre stato, ma alla fine, è stato lui a rassicurare me.

 

Ci stacchiamo contemporaneamente, di tacito accordo, come se avessimo entrambi capito che è il momento di lasciarci andare. Io lo guardo velocemente negli occhi, e poi quasi scappo via, non del tutto certo di riuscire a trattenermi dallo scoppiargli a piangere davanti. Noto però il sorriso che mi rivolge e sento i suoi occhi seguirmi.

 

Mi impegno, cercando di non voltarmi e di non guardarlo, perché sento che ora sarebbe troppo. Ma alla fine non resisto e mi giro, osservando i suoi amici coccolarlo e confortarlo, asciugandogli le lacrime che aveva versato poco prima. E mentre lo guardo lì, con i suoi amici, mi rendo effettivamente conto che è questo il posto a cui appartiene; e vederlo felice, rende felice anche me, nonostante la tristezza e le lacrime che ormai sono lì per uscire – un battito di ciglia e cadranno.

 

«Grazie,» sussurro.

Grazie di tutto.

 

 

~ ∞ ~

 

 

Non so perché io mi trovi qui davanti. Non avevamo in progetto di vederci, inoltre sapevo che Kurt avrebbe avuto il Glee dopo le ultime lezioni del pomeriggio; immagino che poi vorrà passare del tempo con i suoi amici, organizzare qualcosa con loro per festeggiare il suo ritorno al McKinley. Per un attimo sono quasi tentato di andarmene e lasciarlo in pace con i suoi amici, e quasi lo faccio, ma una voce mi ferma.

 

Mi volto, per ritrovare Finn poco distante da me, accompagnato alla biondina che, se non ricordo male, dovrebbe essere Quinn. Non appena mi notano, mi vengono incontro con due sorrisi enormi sul volto; Quinn non fa altro che guardarmi con due occhi luccicanti, neanche fossi diventato improvvisamente un cucciolo abbandonato nel bel mezzo dell’autostrada. Io le rivolgo uno sguardo stranito, ma poi sposto la mia attenzione su Finn, che mi sta porgendo la mano, chiusa a pugno.

 

«Ehi, amico!» sorrido e colpisco piano il pugno con il mio, proprio come avevamo fatto a casa sua poche settimane fa. «Come stai?»

 

«Tutto bene,» dice lui mettendo un braccio intorno alle spalle della sua fidanzata e rivolgendole un sorriso – che però non viene ricambiato, dal momento che la ragazza è ancora impegnata a guardarmi con la stessa identica espressione di prima.

 

Finn, seguendo il mio sguardo, si rende conto del motivo per cui sto fissando Quinn e si fa scappare una risata. «Amico, hai davvero fatto colpo nel cuore di ogni ragazza presente in cortile poche ore fa!»

 

Io mi limito a sorridere, imbarazzato. In effetti posso immaginare sia stata una scena abbastanza romantica a occhi esterni, sebbene io non l’avessi preventivato. Volevo semplicemente fare una sorpresa a Kurt, ringraziarlo per il suo contributo e regalargli il miglior saluto che potesse avere.

 

«E’ stata davvero una bella sorpresa, Kurt l’ha davvero apprezzato molto,» continua a dire Finn, guardandomi dritto negli occhi.

 

«Cosa ho apprezzato molto?» sento dire da una voce dietro la schiena di Finn, una voce che conosco bene, che amo e che non vedevo l’ora di risentire.

 

Finn si volta, togliendosi dalla mia visuale e mostrandomi un Kurt in tutto il suo splendore. E non dovrebbe sembrarmi così bello, d’altronde l’ho già visto prima, ma non posso fare a meno di pensare a quanto sia dannatamente splendido e a quanto mi sia mancato. Non riesco a trattenere un sorrisone, seguito probabilmente da un’espressione inebetita.

 

Anche Kurt riesce finalmente a vedermi – prima ero nascosto da Finn – e i suoi occhi si illuminano, brillando di una luce propria come le più luminose delle stelle. Si avvicina a me, neanche facendo caso alla presenza della sua compagna di Glee Club e al fratellastro, e, non appena mi è di fronte, mi afferra una mano, stringendola tra le sue.

 

Rilascio un sosprio, ampliando il mio sorriso e iniziando ad accarezzargli il dorso della mano con un pollice. «Ciao,» dico, sperando che la voce non mi esca troppo sospirante o simili.

 

«Ciao,» mi risponde lui, senza distogliere gli occhi dai miei.

 

Finn, notando il fatto che ci siamo persi nel nostro mondo, ci saluta, trascinandosi dietro Quinn. «Ciao ragazzi, ci vediamo presto!»

 

Io e Kurt a malapena li salutiamo, ancora troppo intenti a scambiarci sorrisi e sguardi dolci. Non posso credere di essere di nuovo con lui, sento il cuore battere all’impazzata e quasi scappare via dal petto, per fiondarsi dritto tra le braccia di Kurt. Non voglio lasciarlo.

 

«Ehm,» mi schiarisco la voce, «forse sarebbe il caso di salire in macchina e… beh, andare da qualche parte. Ti va?» gli chiedo, speranzoso.

 

«Sì, va benissimo. Fortunatamente per oggi mi hanno risparmiato da compiti vari e interrogazioni; e comunque, con il programma svolto alla Dalton, credo dovrò studiare cose già viste,» mi risponde lui, prima di iniziare a incamminarsi giù dalle scale del McKinley.

 

Gli faccio strada verso la macchina, continuando a tenere la sua mano, senza preoccuparmi che qualcuno possa vederci. È tardi, gli altri ragazzi, giocatori di football compresi, devono essersene già andati. A volte ci scambiamo un’occhiata, sorridendo come due ragazzini; non diciamo nulla, godendo semplicemente della presenza l’uno dell’altro – non abbiamo bisogno di altro se non di questo.

 

Arrivati alla macchina, gli apro la portiera, guadagnandomi un sorriso stratosferico da parte di Kurt, e poi mi siedo al posto del guidatore. Credo che entrambi non abbiamo alcuna intenzione di separarci; voglio stare ancora un po’ con lui, e se non vado errato, penso che anche Kurt abbia lo stesso desiderio. Lo vedo da come mi guarda, da come mi abbia ripreso la mano e da come si stia, inconsciamente o no, sporgendo verso di me.

 

«Allora, ti va di andare al cinema?»

 

«Hai qualcosa di interessante da propormi?» mi chiede lui con un sorrisetto malizioso.

 

«In realtà no,» dico ricambiando con lo stesso tipo di sorriso. Credo che entrambi siamo a conoscenza del fatto che non presteremo poi così tanta attenzione al film, approfittando del buio della sala e del fatto che effettivamente, di mercoledì pomeriggio, quasi nessuno va al cinema.

 

Metto in moto, lanciandogli un’altra occhiata. Lui invece mette la musica, del tutto a suo agio nel muoversi nella mia macchina; non so perché, ma questo pensiero mi fa sorridere. Non so se sia un caso o se Kurt lo abbia fatto apposta, ma la prima canzone che parte è Teenage dream.

 

Io non posso evitare di ripensare a quando l’ho conosciuto, alla nostra corsa in mezzo ai corridoi della Dalton, ai suoi occhi mentre osservava noi Usignoli esibirci. Quella volta stavo cantando per lui, quasi senza accorgermene; tuttavia, qualcosa nel profondo, lo aveva già riconosciuto – forse la mia anima: aveva riconosciuto uno spirito affine.

 

Ringrazio il semaforo che è appena diventato rosso, così riesco a voltarmi verso Kurt e a guardarlo. Lui sfugge il mio sguardo, arrossendo, un mezzo sorriso sul volto; so che sta pensando anche lui al nostro primo incontro. Cavolo, devo essergli sembrato davvero un pazzo. Un perfetto estraneo che ti prende per mano e ti trascina con sé in mezzo a un corridoio vuoto di una scuola sconosciuta, non è una cosa normale da fare. Mi chiedo come abbia fatto a fidarsi di me.

 

Kurt sta tamburellando con le dita sul bracciolo alla sua destra ed effettivamente, ora che lo osservo bene, mi sembra un po’ nervoso. O meglio, non nervoso, quanto… agitato. Lui deve aver intuito i miei pensieri perché, con un altro sorriso, mi dice, «Blaine, è verde. E per favore, parla! Dimmi qualcosa…»

 

Arrossisce dopo queste parole, e non ne capisco il motivo. Decido comunque di esaudire il suo desiderio e, partendo, gli dico la prima cosa che mi passa per la testa: «Quando ci siamo conosciuti… che impressione hai avuto di me? Devo esserti sembrato un pazzo!» ridacchio, imbarazzato. Ora che ho posto la domanda, quasi temo la sua risposta.

 

Kurt però non si fa attendere e risponde, con uno strano scintillio negli occhi che sono riuscito a cogliere grazie a un altro semaforo rosso, «Ho pensato che fossi un nano maleficamente ingellato

 

«Wes ha contagiato anche te?» sbuffo spazientito, provocando una risata cristallina in Kurt che ha il potere di farmi sorridere.

 

«No, seriamente. Non so cosa ho pensato… forse perché in realtà non pensavo a nient’altro che non fossi tu.» Dice mentre riparto – ancora pochi metri e siamo arrivati.

 

Mi arrischio a gettargli un’occhiata veloce, notando il rossore sulle sue guance. Io invece non so se sentirmi lusingato o in imbarazzo per non aver capito subito tutto, ma anzi, per aver sospettato di non interessargli minimamente. Non so cosa dire, così opto per non dire nulla e afferrare invece la sua mano per un breve momento, stringendola forte.

 

Quando siamo costretti a staccarci, noto di nuovo l’agitazione di Kurt: continua a tamburellare con le dita sul croscotto ora, mordendosi le labbra e gettando fugaci occhiate in giro. Inizio a pensare che forse sia tanto agitato all’idea di noi due da soli, al buio, in un cinema.

 

Dopo aver posteggiato, mi volto verso di lui, slacciando la cintura e mettendogli una mano su un ginocchio. «Kurt, perché sei così agitato? Prometto che non ti salterò addosso.» Gli regalo un caldo sorriso, cercando di tranquillizzarlo.

 

Non che non mi dispiacerebbe saltargli addosso, ma ho promesso a me stesso che avremmo fatto tutto con calma, senza alcuna fretta. Ho promesso a me stesso che non avrei fatto nulla per mettere Kurt in imbarazzo, né per spingerlo a fare cose che non vorrebbe fare. Forse mi sono solo immaginato lo scintillio malizioso che ho visto prima nei suoi occhi, perciò possiamo anche solo entrare nel cinema, sederci e guardarci tranquillamente il film.

 

«No, io… non è quello. Anzi,» lo sento rispondere in un sussurro.

 

Avvampo a sentire quell’anzi. Ho capito bene?

 

«Kurt, non ti seguo,» dico, una mano che corre ad accarezzargli una guancia arrossata, gli occhi fissi nei suoi. Non riesco a non toccarlo, e non è normale.

 

Kurt prende un profondo respiro, sfuggendo il mio sguardo e posandolo fuori dal finestrino, verso il parcheggio buio e semivuoto del cinema. E alla fine, inizia a parlare, talmente veloce che devo concentrarmi per cogliere ogni singola parola che esce dalle sue labbra.

 

«Tu sei assolutamente stupendo, Blaine. Mi hai dedicato quella canzone prima, hai cantato per me, davanti a un sacco di estranei che avrebbero potuto reagire male, e non te n’è importato della paura di quello che sarebbe potuto succedere. È stato bellissimo, emozionante e dannatamente frustrante non poterti baciare alla fine dell’esibizione, dico davvero. Mi sono dovuto trattenere per non saltarti al collo lì, nel cortile del mio liceo; e te lo giuro, darti quell’abbraccio è stato sinceramente troppo poco. E ora siamo qui, e l’unica cosa che vorrei fare, citandoti, sarebbe saltarti addosso. Ma non riesco a farlo per… per… quel problema.»

 

Rimango basito, ascoltando le sue parole e sentendo il cuore battere affannosamente nel petto. Cerco di non concentrarmi sul fatto che, diavolo, Kurt vuole saltarmi addosso – Kurtvuolesaltarmiaddosso Kurtvuolesaltarmiaddosso Kurtvuolesaltarmiaddosso – ma sul fatto che evidentemente ha un problema, che io però non riesco ad afferrare.

 

Credo che il mio sguardo, a metà tra l’eccitato e il confuso, sia sufficientemente chiaro a Kurt per fargli capire che deve spiegarsi meglio. Ancora con lo sguardo basso, sussurra qualcosa così a bassa voce che devo fare uno sforzo enorme per sentirlo.

 

«Tu non mi reputi sexy… E… e come posso fare quello che voglio fare, se tu mi consideri ridicolo sotto quel punto di vista? Io già mi vergogno e –»

 

Ok, ora come ora, l’unica cosa che mi trattiene dal baciare il meraviglioso ragazzo che ho di fronte, è il fatto che non mi stia guardando negli occhi – e odio baciare qualcuno che non mi sta guardando – e anche il fatto che vorrei prenderlo a sberle.

 

Come può pensare una cosa del genere?

Beh Anderson, è anche colpa tua…

 

Lo fermo, spostando la mano ancora ferma sulla sua guancia e facendogliela scivolare sulle labbra. Kurt fissa lo sguardo nel mio, i suoi occhi sono un misto di paura, desiderio e vergogna, un mix unico che mi fa desiderare ancora di più di baciarlo fino a farci mancare il respiro. Ma mi trattengo, perché non è la cosa giusta da fare in questo momento.

 

Kurt vuole essere tranquillizzato, deve essere tranquillizzato; ed è colpa mia se ci ritroviamo qui. E’ colpa mia e della mia boccaccia. Sono stato io a dirgli che non sembrava affatto sexy dopo la nostra esibizione di Animal, ma forse avrei dovuto spiegargli meglio allora che cosa intendevo dire.

 

«Kurt,» inizio, cercando di trasmettergli con la voce la più totale sincerità delle mie parole, «so che posso averti confuso con quella storia di Animal ma la verità è un’altra. Tu non sei un cucciolo di pinguino.»

 

Con una mano, faccio sì che sollevi il mento, di modo da riportare il suo sguardo, che si era prontamente abbassato non appena avevo cominciato a parlare, nel mio.

 

«Tu non hai bisogno di cercare di essere sexy: lo sei già di tuo. Ti viene naturale, lo fai senza pensarci e senza alcun tipo di forzatura; e questo ti rende assolutamente perfetto,» concludo. Spero davvero che capisca quanto mi piace, perché non so in che altro modo farglielo capire.

 

Una voce, probabilmente quella del cricetino che abita nella mia testa, mi dice che forse potrei provare a dimostrarglielo baciandolo, ma so che sta sbagliando. Kurt ha bisogno di sentirsi desiderato, vero, ma soprattutto ha bisogno di provare a farsi desiderare. Spero che colga l’occasione, perché non credo di essere mai stato così desideroso di baciarlo, nemmeno durante quel pomeriggio a casa sua, dopo il pranzo con i suoi. Decido comunque di spornarlo in un’altra maniera.

 

«Non hai bisogno di mostrarti sexy, tu sei sexy. E riesci a farmi impazzire…» Ecco, ora sono io quello in imbarazzo.

 

Tuttavia, l’imbarazzo vale decisamente il sorriso lusingato e assolutamente meraviglioso che a quel punto mi regala Kurt. Sorrido anche io, sperando che si sia calmato riguardo questo argomento; è assolutamente ridicolo il fatto che pensi che io non possa trovarlo sexy quando invece non posso fare a meno di pensare al mio costante desiderio di toccarlo, fisicamente e non.

 

Credo che i miei occhi in questo istante stiano urlando il desiderio che ho di lui, di avere le sue labbra sulle mie, le sue mani su di me; e fortunatamente Kurt sembra capirlo, perché inizia ad avvicinarsi a me. Ma lo fa lentamente, come a volermi mettere alla prova, come a voler testare quanto effettivamente sia il mio bisogno di lui. E non mi vergogno affatto nel farmi uscire un mugolio di protesta quando, con le labbra ormai a pochi centimetri dalle mie, si tira indietro.

 

Lo sguardo che mi lancia è pura malizia e davvero, non so come faccia a non vederlo; vorrei che si potesse vedere anche solo per un minuto con i miei occhi.

 

Mi chino verso di lui, alla ricerca delle sue labbra, ma lui si tira di nuovo indietro all’ultimo momento. Lo guardo alzare una mano e poggiarla sulla mia guancia, ripassando con un dito il contorno del mio naso, salire su per la fronte e poi accarezzarmi le labbra con l’indice.

 

Dischiudo le labbra, lasciandomi sfuggire un sospiro e chiudendo gli occhi, concentrandomi solo sul suo tocco. Con la mano inizia a scendere lungo il profilo della guancia e scivola sul collo; deglutisco e apro gli occhi. E subito incontro i suoi, dritti nei miei, con le pupille leggermente dilatate; e il bello è che non abbiamo ancora fatto niente!

 

Con un solo dito ora, percorre piano il mio pomo d’Adamo, dedicandosi poi a piccoli cerchi, sempre senza distogliere lo sguardo dal mio. Dei brividi mi scorrono lungo la schiena, mentre un’improvvisa sensazione di calore mi coglie alla bocca dello stomaco; sono sensazioni così nuove che per un attimo mi spavento.

 

Inizio a guardare insistentemente le sue labbra, provando lo strano desiderio di mordergliele, fino a farle diventare rosse. Si ferma notando la direzione del mio sguardo; io alzo gli occhi su di lui e riesco a vedere la mia espressione, specchiandomi nelle sue pozze blu. Sono completamente perso in lui. Potrebbe farmi qualsiasi cosa ora, non sono più responsabile delle mie azioni. Sto soltanto aspettando di potermi sciogliere come creta a causa delle sue mani, delle sue labbra, di lui.

 

Non so che cosa lo convinca alla fine, ma si avventa improvvisamente su di me, azzerando lo spazio tra di noi – per quanto possibile a causa del cambio e del freno a mano.

 

Una sua mano rimane ferma sul mio collo, l’altra affonda le dita tra i miei capelli. Sussulto a quel suo gesto – di solito non sopporta tanto mettermi le mani tra i capelli quando ho il gel – e rispondo al bacio, prendendogli il viso tra le mani. La sua lingua invade subito la mia bocca, provocandomi altri brividi che scorrono lungo la schiena, inviando un’altra scarica di calore al mio stomaco.

 

Continuiamo a baciarci così per non so quanto tempo, finché l’urgenza di qualcosa di più non si fa sentire. Con le mani scivolo sulle sue spalle e sulla sua schiena, cominciando ad accarezzarlo; Kurt sospira tra le mie labbra, emettendo un verso che non posso fare a meno che definire voglioso. Mi chiedo se se ne sia reso conto.

 

Stupendomi non poco, anche le sue mani iniziano a scivolare lungo le mie spalle; mi tira ancora più contro di sé, ma siamo davvero scomodi. Mi stacco da lui, anche se controvoglia, e gli dico soltanto una parola, con la bocca vicina alla sua, «Dietro.»

 

Kurt annuisce e fa per infilarsi nello spazio tra i due sedili davanti, cercando di non staccarsi dalle mie labbra che, dopo aver parlato, si erano subito riunite alle sue. Io lo seguo, facendo attenzione a dove farlo andare, di modo che non si faccia male sbattendo la testa da qualche parte.

 

Tempo pochi secondi, che ci ritroviamo sul sedile posteriore, in una posizione così equivoca, nuova ed eccitante che inizio a respirare molto più profondamente; cerco di inspirare quanta più aria possibile, di modo da far ossigenare il cervello, che mi eviti quindi di lasciarmi andare a qualcosa di molto più… spinto.

 

Fortunatamente Kurt non sembra notare il fatto che sono seduto a cavalcioni su di lui, le ginocchia che premono ai lati del suo corpo, i corpi schiacciati l’uno contro l’altro. O forse non gli da alcun tipo di fastidio.

 

Il bacio si fa sempre più profondo e intimo, le mani che vagano ovunque. Provo di nuovo il desiderio di toccare altra pelle, come ieri nella nostra camera della Dalton; perciò, con una mano tremante, inizio a tirare giù la lampo del suo giubbotto bianco. Temo che possa fermarmi, ma non capita; così, un po’ più sicuro, inizio a sfilargli la camicia dai pantaloni, con una delicatezza in netto contrasto con la passione che stiamo mettendo entrambi nel bacio.

 

E poi, una mano di Kurt mi blocca, proprio qualche secondo prima che potessi finalmente toccargli la pelle del fianco. Apro gli occhi, staccandomi dal bacio, già pronto a chiedergli scusa in ginocchio se necessario; ma Kurt mi sorride, accarezzandomi una guancia e sfilandomi poi il blazer.

 

Trattengo il respiro sentendo le sue mani scorrere delicate sulle mie spalle e poi sulle braccia; e anche se c’è la camicia a impedire un diretto contatto tra le nostre pelli, un sospiro soddisfatto mi esce dalle labbra – anche perché stava cominciando a fare fin troppo caldo in questa macchina.

 

Quando il blazer cade dimenticato sui tappetini della macchina, c’è un momento di stasi; io e Kurt ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati che si infrangono l’uno sulla bocca dell’altro. Ora come ora non so che cosa diamine pensare, se non al fatto che vorrei tenerlo sempre con me; non voglio assolutamente lasciarlo andare, e il pensiero che stasera dovrò riportarlo a casa sua e tornare alla Dalton, mi spezza il cuore. E so che non dovrei fare pensieri così tristi in un momento come questo, ma averlo vicino, così tanto come in questo momento, mi porta a desiderare di poter essere sempre con lui.

 

È Kurt a spezzare l’immobilità in cui eravamo caduti, sfilandomi la camicia dai pantaloni, le mani che tremano appena. Subito infila le mani al di sotto di essa, andando a toccare i miei addominali appena accennati.

 

Quello che non mi aspettavo minimamente, era la reazione che avrei avuto. Capisco di quanto fossi veramente preso dalla situazione quando tiro la testa all’indietro, lasciandomi sfuggire un gemito e chiudendo gli occhi. La poca porzione di pelle, a diretto contatto con le sue dita fredde, sembra incendiarsi, spandendo poi le sue fiamme lungo tutto il mio corpo, fino a raggiungere persino le zone più periferiche.

 

Con uno scatto, ritorno subito sulle sue labbra, schiacciandolo sempre di più contro i sedili. Kurt ora lascia andare la mano che prima aveva bloccato, permettendomi così di infilare anche la mia mano sotto la sua camicia e andare a stringergli e accarezzargli il fianco.

 

Kurt emette un sospiro, staccandosi dalle mie labbra e affondando il viso nel mio collo; il suo respiro fresco sulla pelle accaldata del collo mi fa rabbrividire. Avvicino la bocca al suo orecchio, il respiro ancora affannato, e gli dico, «Visto come mi riduci?»

 

Un gemito indistinto gli esce dalle labbra e poi inizia a baciarmi il collo, scostando il colletto della mia camicia e lasciandomi, di nuovo, piacevolmente sorpreso. Le mani sui miei addominali diventano due, e mi accarezza lo stomaco, facendo sì che io respiri ancora più affannosamente nel suo orecchio.

 

Ci stiamo addentrando in un territorio nuovo e sconosciuto, e nonostante la paura, so che non potrà succedere nulla di male, perché sono con lui.

 

Gli accarezzo la pelle del fianco, per passare poi alla pancia, girando con un dito intorno all’ombelico; dopo quest’azione, Kurt si ferma un attimo, rabbrividendo, per poi alzare il viso verso il mio e baciarmi, famelico. Ormai nessuno dei due sta più facendo caso a ciò che stiamo facendo; siamo totalmente presi dalla situazione, dalle nostre mani e dai nostri respiri.

 

Ed è in questo momento che mi rendo conto di essermi eccitato e di avere una prepotente erezione che preme contro la cerniera dei pantaloni della divisa della Dalton. Purtroppo per me, anche Kurt se ne accorge dal momento che sono premuto contro la sua coscia; e soprattutto, io mi rendo conto di non essere il solo in quella situazione, lanciando uno sguardo veloce in basso, verso il cavallo dei suoi pantaloni.

 

Entrambi alziamo contemporaneamente lo sguardo, guardandoci negli occhi. Lo sguardo sorpreso e un po’ spaventato che leggo nei suoi occhi, mi suggerisce che probabilmente è il momento giusto di fermarci. Con un ultimo veloce bacio sulle sue labbra, scendo da sopra di lui e mi siedo al suo fianco.

 

Per quanto mi dispiaccia, non so assolutamente cosa avrei potuto fare. Nonostante sia decisamente Kurt il più spaventato di noi, non è che io lo sia di meno; perché non sarebbe solo la prima volta per me, ma qui si parla anche di Kurt. E io voglio che sia tutto perfetto.

 

Strano comunque che Kurt non sia scappato via dalla macchina urlando; mi sarei aspettato precisamente quella reazione. Invece, mi ha stupito ancora una volta: oggi sembra essere la giornata delle sorprese. E continua a farlo, dal momento che mi stringe una mano, senza tuttavia guardarmi negli occhi. Io lo stringo di rimando, appoggiando la testa contro lo schienale e cercando di riportare il mio respiro a un ritmo normale, e soprattutto a farmi sparire l’evidente erezione che mi trovo in mezzo alle gambe.

 

Non so per quanto tempo stiamo fermi lì, in silenzio, ciascuno cercando di respirare con più tranquillità, tentando di calmarci – per quanto possibile. Dopo quelle che paiono ore, Kurt si volta verso di me, guardandomi dritto in viso. Io sposto lo sguardo su di lui e gli sorrido, una muta domanda per sapere se è tutto ok, se sta bene e se non si è spaventato. Come al solito, a Kurt basta una semplice occhiata per capire cosa mi stia passando per la testa, perché annuisce e appoggia poi la testa sulla mia spalla, rilasciando un sospiro.

 

«Kurt?» lo chiamo dopo un po’.

 

«Sì?» risponde lui. Entrambi stiamo sussurrando, quasi come se non volessimo spezzare l’atmosfera ora tranquilla presente in macchina.

 

«Scendiamo?» chiedo, anche se l’idea di lasciarlo tanto presto non mi rende certo felice. Però non possiamo neanche stare qui per tutto il tempo. Ormai il cinema è da escludere, abbiamo perso lo spettacolo e non ce n’è un altro oggi pomeriggio; dovremmo aspettare lo spettacolo delle otto.

 

«Ancora no,» sussurra Kurt accucciandosi contro di me, cingendomi la vita con un braccio. Lo abbraccio anche io, posando la testa sulla sua e respirando il profumo dei suoi capelli.

 

Chiudo gli occhi, e sento di poter stare qui per sempre; stare semplicemente con lui.

 

 

*

 

 

Alla fine siamo stati costretti a scendere dalla macchina. Ammetto che sia stata colpa mia, o meglio, del mio stomaco; ha iniziato a brontolare, riportandoci con i piedi per terra e costringendoci a staccarci. Dopo una risata e una battutina di Kurt sul fatto che non riesco a stare tre ore di fila senza mangiare – vero, ma non posso farci niente! – siamo scesi dalla macchina.

 

Dapprima Kurt ha chiamato suo padre, dicendogli che avrebbe mangiato fuori con me e che poi ci saremmo fermati al cinema per vedere un film. Burt non si è lamentato e non ha avuto da dire niente in contrario; anzi, a entrambi ha dato l’impressione che abbia capito bene che per noi due non è facile sperarci.

 

Oggi è una giornata un po’ speciale. Io e Kurt dobbiamo abituarci a stare di nuovo lontani, e dobbiamo farlo gradualmente, non possiamo farlo di colpo.

 

Dopodiché, siamo andati a mangiare in uno dei ristoranti della multisala. Kurt non ha voluto sentire ragioni quando ho cercato di pagare io per entrambi, e si è intestardito almeno a pagare da bere. Ho fatto che accettare, soprattutto per farlo smettere di lamentarsi e poterlo trascinare in bagno e, dopo aver fatto attenzione che non ci fosse nessuno, baciarlo, stringendomelo contro. Inutile dire che siamo usciti da lì con due enormi sorrisi sulle labbra.

 

In coda alla cassa del cinema, le mani che fremono per poterci per lo meno sfiorare, Kurt si volta verso di me e mi chiede, «Allora, come mai quella canzone?»

 

Lo guardo alzando un sopracciglio e sorridendo. «In realtà è stata un’idea di Wes…»

 

 

Guardai Kurt, felice e spensierato, mentre rideva e scherzava con Nick poco più in là. Nonostante tutto, vederlo felice rendeva felice anche me; mi sarebbe mancato, sarebbe stato difficile abituarsi alla sua assenza, ma comunque era questo che Kurt voleva. Nonostante la mia presenza, nonostante l’amicizia degli altri Warblers, Kurt non si era mai sentito a casa. Aveva sempre sentito la mancanza dei suoi compagni delle Nuove Direzioni, e me ne ero già accorto quando eravamo andati al suo liceo per vedere le esibizioni dei suoi compagni, qualche sera fa.

 

Mi rattristai, inevitabilmente, al pensiero che da domani in avanti non avrei più potuto condividere ogni momento di ogni singola giornata insieme a lui.

 

Proprio in quel momento, mentre osservavo pensieroso il fondo del mio bicchiere riempito con della semplice Coca Cola, Wes e Thad si avvicinarono a me con fare misterioso. Li guardai stranito, finché Wes non fu così vicino da invadere ogni concetto di spazio personale.

 

«Nano maleficamente ingellato, io e Thad abbiamo una proposta da farti...» disse.

 

Io alzai un sopracciglio, infastidito dal nomignolo. «È per questo che David è arrabbiato? È geloso del fatto che lo stai sostituendo con Thad

 

Wes alzò le sopracciglia al cielo, mentre Thad arrossì e provò a giustificarsi. Aggrottai le sopracciglia per un attimo, osservando la sua reazione, ma poi spostai l’attenzione su Wes, che aveva iniziato a parlare.

 

«… e quindi avevamo pensato di dedicargli una canzone, domani.»

 

«Come scusa?» chiesi. Non avendo sentito l’inizio della frase, non capii a cosa si stesse riferendo.

 

«Pensavamo di cantare una canzone a Kurt, domani. Dovremmo metterci d’accordo con qualcuno delle Nuove Direzioni, ma credo sia un’idea carina. Che ne dici?» chiarì Thad, evitando così a Wes di ripetere.

 

«Già, e ovviamente dovresti essere tu a cantare; e dovresti anche scegliere la canzone,» aggiunse Wes con un sorriso.

 

Io sobbalzai a sentire quella proposta. Come diamine avevo fatto a non pensarci io?! Kurt lo avrebbe certamente apprezzato. Inoltre sapevo benissimo a chi chiedere una mano – Mercedes sarebbe stata felice di aiutarci. E da quando aveva saputo che io e Kurt stavamo insieme, sembrava essere più amichevole che mai nei miei confronti.

 

Con un sorriso rivolto ai miei due amici dissi, «Ho in mente la canzone perfetta.»

 

Mi avvicinai il più possibile all’orecchio di Thad, sussurrandogli il nome della canzone, e vidi i suoi occhi brillare quando capì. Lasciai a Wes e Thad il compito di far girare la voce, e io mi dedicai invece a continuare a osservare Kurt, uno scintillio negli occhi, immaginandomi la sua reazione quando, l’indomani, si sarebbe trovato tutti noi Usignoli in divisa al McKinley.

 

 

«E così è stata un’idea di Wes?» mi chiede Kurt, con un sopracciglio sollevato.

 

«Beh, effettivamente sì,» rispondo io, incassando la testa nelle spalle e sentendomi un po’ in colpa. «Diciamo che avevo altri pensieri per la testa.» Alzo lo sguardo per incontrare il suo; un’espressione triste passa nei suoi occhi, ferendomi; non voglio che sia triste per me – perché so bene che io sono la sola ragione per cui gli è dispiaciuto tornare al McKinley. Così cerco di tirarlo su di morale dicendogli, «Comunque mi è subito venuta in mente la canzone adatta.»

 

Kurt mi sorride riconoscente, capendo che con quelle parole volevo cercare di farlo tornare sereno. «Ottima scelta, signor Anderson,» mi risponde con un sorrisetto.

 

Io mi limito a rispondere al sorriso e avvicinarmi un po’ di più a lui, approfittando della ressa presente alla cassa per stringermi al suo fianco, le spalle a contatto. Kurt mi punta gli occhi addosso e sorride, e per un attimo mi sembra voglia parlare di qualcos’altro, qualcosa che molto probabilmente ha a che vedere con quello che è successo in macchina qualche ora fa, ma poi sembra ripensarci su.

 

Entrati nel cinema, ci accomodiamo su due posti in fondo, di modo da non avere nessuno dietro; sappiamo bene che non potremmo baciarci o abbracciarci – c’è troppa gente – ma avremo almeno la possibilità di tenerci per mano. In questo momento sono così felice di stare con lui, che non mi pesa affatto il doverci nascondere; e sembra che lo stesso valga per lui.

 

Durante la durata di un film di cui non ricordo il nome né la trama, Kurt mi prende per mano e dopo un po’ appoggia la testa sulla mia spalla, incurante degli altri e certamente aiutato dal buio. Io mi limito a stringergli forte la mano, accarezzandogli il dorso con il pollice, inspirando il suo odore e godendo della sensazione di averlo contro di me.

 

Ore dopo, quando il film è ormai finito, scopro che Kurt si è addormentato sulla mia spalla. Grazie al cielo nessuno si accorge della posizione in cui ci troviamo, così aspetto che tutti siano usciti dal cinema prima di voltarmi e svegliare Kurt.

 

Dopo averlo scosso e chiamato un paio di volte, Kurt apre gli occhi, sobbalzando. «Scusami, mi sono addormentato!»

 

Ridacchio, divertito dalla sua espressione imbarazzata. «Non preoccuparti. È stata una giornata lunga e… intensa,» dico ripensando a ciò che è successo in macchina.

 

Kurt arrossisce, abbassando lo sguardo. «Già.»

 

Sempre tenendolo per mano, lo faccio alzare e mi avvio fuori dalla sala, con lui che mi segue lentamente, a volte inciampando nei suoi stessi piedi per la stanchezza. Gli lancio un’occhiata, non riuscendo a non pensare a quanto sia adorabile così, mezzo addormentato.

 

Appena arriviamo in pubblico, ci lasciamo subito la mano, ma cerco di stargli il più vicino possibile. Con qualche difficoltà, dovuta per lo più alla lentezza con cui Kurt si sta letteralmente trascinando in giro, arriviamo finalmente alla macchina, nel posteggio ormai vuoto.

 

Arrossisco nel guardare la macchina, ripensando a oggi pomeriggio. So bene che non parleremo molto presto di ciò che è successo; immagino che Kurt nella sua testa abbia già deciso di cercare di non pensarci per il momento, e io non voglio forzarlo a parlarne se non vuole. Aspetterò che sia lui a farlo, tanto so che prima o poi lo farà. Tuttavia sono un essere umano e, come tutti, anche io ho delle… pulsioni. E si sta facendo sempre più difficile controllarle quando sono con Kurt.

 

Sono così perso nei miei pensieri che non mi accorgo del fatto che Kurt sia rimasto un po’ indietro; perciò mi stupisco quando sento qualcuno abbracciarmi da dietro. Sobbalzo, tranquillizzandomi subito però quando vengo investito dall’odore di Kurt e dal suo respiro sul mio collo. Copro le sue mani, posizionate sul mio stomaco, con le mie e sospiro.

 

«Blaine…» dice lui con la voce impastata dal sonno, che la rende un po’ roca.

 

Rabbrividisco impercettibilmente, deglutendo. «Sì…

 

«Andiamo nel nostro posto?»

 

Volto la testa verso di lui, senza riuscire però a incrociare i suoi occhi dal momento che ha il viso affondato nel mio collo. Il cuore inizia a battermi sempre più veloce nel petto quando finalmente mi rendo effettivamente conto che non sono solo io a non riuscire ad allontanarmi da lui, ma che anche Kurt ha il mio stesso problema. Questo mi fa innamorare di lui un pochino di più.

 

Vorrei tanto rispondergli di sì, ma non posso. Kurt deve tornare a casa e domani mattina deve andare a scuola; non credo che Burt, per quanto comprensivo, possa accettare.

 

«Tuo padre…» dico io con voce contrita, a fatica, perché davvero non voglio portare Kurt a casa sua.

 

«Ora lo chiamo… capirà…» dice lui staccandosi da me, che provo subito una sensazione di freddo che non ha niente a che vedere con l’aria fresca della sera, ed estraendo il cellulare dalla sua tracolla.

 

Tempo pochi squilli, che qualcuno dall’altro lato risponde.

 

«Sì, ciao papà. Mi chiedevo se… potessi stare con Blaine…» lo sento chiedere con tono speranzoso.

 

«Lo so, ma posso svegliarmi presto e andare a scuola e…» Una pausa. «So che non ho un cambio ma…»

 

Un piccolo sorriso fa capolino sul volto di Kurt. «Sì, ci tengo così tanto da rinunciare ai miei rituali di idratazione.» Sorrido anche io, immaginandomi perfettamente ogni risposta del padre di Kurt.

 

E poi, «Cosa sta dicendo Carole?» Un’altra pausa, più lunga della precedente. «Oh davvero lo farebbe? Ringraziala tanto!» Kurt sposta lo sguardo su di me, rivolgendomi un sorriso enorme e vittorioso.

 

Torna infine a concentrarsi sulla conversazione e immediatamente lo vedo arrossire; aggrotto le sopracciglia, chiedendomi il motivo per quella reazione inaspettata. Kurt mi da le spalle e sussurra, forse sperando di non farsi sentire da me – ma è impossibile che io non lo senta dal momento che il parcheggio è vuoto e rimbomba tutto.

 

«No papà, non mi pare proprio il caso… Devi fidarti di me, ok? Non è ancora il… momento giusto.»

 

Ok, ora mi è tutto chiaro. Ovviamente era inevitabile che Burt ponesse a Kurt quella domanda e soprattutto volesse verificare; dopotutto, stiamo per separarci. E tutti e tre sappiamo bene che questa sarà l’ultima volta che io e Kurt potremmo dormire insieme nella stessa stanza, o che per lo meno passerà tantissimo tempo prima che potremmo rifarlo.

 

«Grazie, papà. Ti voglio bene…» dice Kurt infine prima di riattaccare.

 

Poi si volta verso di me, sorridendo imbarazzato. Io ricambio il sorriso, raggiungendolo e afferrandogli la mano. Non diciamo niente perché non ce n’è alcun bisogno; mi limito semplicemente a trascinarlo fino alla macchina e farlo accomodare sul sedile del passeggero, prima di sedermi dal lato del guidatore, mettere in moto e partire dirigendomi verso la Dalton.

 

Il viaggio in macchina e poi per i corridoi deserti della Dalton passa nel più completo e totale silenzio; domani mattina dovremmo fare attenzione a che nessuno scopra che Kurt ha dormito qui, ma da quanto ho capito, Carole verrà a prenderlo prestissimo.

 

Entrati in quella che, fino a ieri sera, era la nostra stanza, Kurt si guarda intorno; le sue cose sono sparite, conferendo alla camera un aspetto molto più desolato.

 

«Domani mattina passa Carole per le sette meno un quarto con un cambio di vestiti per me e mi porterà a scuola,» dice lui per spezzare il silenzio che è calato sulla stanza.

 

«Ok,» dico io prima di voltarmi e cercare nel mio cassetto un paio di pantaloni e una maglietta da prestargli per la notte. «Vai prima tu in bagno.» Gli passo i vestiti, che lui afferra rivolgendomi un piccolo sorriso di ringraziamento.

 

Quando Kurt sta per aprire la porta, un pensiero mi coglie al volo. «Aspetta! Lo spazzolino?» gli chiedo.

 

Non mi aspettavo però che le sue guance si tingessero di rosso e che poi mi facesse cenno di seguirlo in bagno. Entrati, apre il mobiletto sopra il lavandino e, alzandosi sulla mezzapunta per raggiungere il ripiano più alto, tira giù il suo spazzolino, coperto dal cappuccio.

 

«Io… l’ho lasciato qui. Non si sa mai…» sussurra lui.

 

Stranamente, sento gli occhi inumidirsi di lacrime. Abbasso lo sguardo – non voglio che mi veda, di nuovo, così – ma lui mi fa rialzare il viso verso di lui, e poi si getta letteralmente tra le mie braccia, proprio come ha fatto stamattina nel cortile del McKinley. Lo stringo a me, permettendo a due sole, singole lacrime di scivolarmi sulle guance.

 

Quando mi stacco da lui, ogni traccia del mio piccolo pianto è già sparita dal mio viso – o almeno spero. Un altro sorriso, e poi esco dal bagno, lasciandolo solo. Io nel frattempo mi tolgo la divisa e mi infilo nel pigiama; mi laverò domattina, ora voglio solo dormire.

 

Quando Kurt esce dal bagno, mi fa una carezza sul viso prima che io entri. Finalmente in bagno, mi lavo velocemente i denti ed esco di tutta fretta, assalito dall’improvvisa e irrazionale paura che Kurt possa sparire da un momento all’altro. Devo davvero darmi una controllata.

 

Non mi stupisco di trovare Kurt seduto sul mio letto, le coperte già tirate indietro, mentre mi aspetta con un sorriso sul volto. Sorrido anche io avvicinandomi a lui e sedendomi infine al suo fianco. Continuando a guardarci negli occhi e senza dire alcuna parola, mi sdraio e lui mi segue.

 

 

Mi svegliai di soprassalto, sentendo qualcuno scostare le coperte facendo sì che l’aria penetrasse nello spazio lasciato aperto e arrivasse fino a me.

 

«Ma che -?» dissi con voce impastata dal sonno, intontito.

 

«Blaine…» sentii la voce di Kurt rispondere, mentre si infilava nel mio letto.

 

Rimasi del tutto sorpreso da quel suo gesto così… intimo. Non mi sarei mai aspettato che Kurt si infilasse nel mio letto, nonostante quella fantasia mi avesse perseguitato per tutta la settimana.

 

I miei occhi si abituarono al buio e finalmente riuscii a riconoscere i contorni del viso di Kurt, che puntò subito gli occhi su di me. Riuscii a sentire l’imbarazzo che provava per quel gesto, ma non dissi nulla, il cuore che batteva furioso nel petto.

 

«Abbiamo perso…» disse con voce triste.

 

«Lo so…» risposi io cercando una sua mano e stringendola, incastrando perfettamente le dita tra le sue.

 

«Non riuscivo a dormire… posso stare qui?» chiese con voce piccola piccola, abbassando lo sguardo.

 

Sorrisi, avvicinandomi a lui con cautela; non volevo che scappasse via. «Assolutamente sì.»

 

Kurt non rispose. Si limitò a sorridermi e ad avvicinarsi a me, appoggiando la fronte sulla mia e chiudendo gli occhi, sospirando. Io non feci nulla, stetti immobile a guardarlo nel buio, finché non si addormentò. Solo allora mi decisi a chiudere anch’io gli occhi e a provare a dormire, con ancora impresso sulla retina l’immagine del suo viso. Inutile dire che quella notte lo sognai.

 

 

Dalla sera dopo le Regionali, io e Kurt abbiamo dormito quasi sempre insieme. Non c’è niente di sessuale in questo gesto, né nei nostri pensieri; è un semplice starsi vicino e ricercare calore l’uno nell’altro. È un semplice desiderio di addormentarsi con il viso dell’altro davanti e risvegliarsi insieme, abbracciati e vicini. È il posto dove possiamo essere noi stessi, il nostro rifugio sicuro, pieno di calore e affetto. Il nostro posto.

 

Anche questa volta appoggiamo le fronti l’una contro l’altra. Kurt si china in avanti, lasciandomi un casto bacio sulla bocca, prima di ritornare nella posizione di partenza. Stiamo semplicemente lì a fissarci, lottando contro le palpebre pesanti che calano, tentando di guardarci il più possibile. E nonostante la consapevolezza che questa sia l’ultima volta che possiamo concederci una cosa del genere, non ci rattristiamo: cerchiamo semplicemente di goderci il momento, il più serenamente possibile.

 

Perché, come ha detto Kurt oggi sulle scale del McKinley, questo non è un addio.

 

 

 

 

 

NOTE:

Buongiorno! No, non è un miraggio, stiamo postando davvero. E sì, sto per scusarmi, a nome mio e della Alch, per il nostro immenso ritardo; ma tra la gita della Alch e le vacanze, non siamo riuscite a fare di meglio. Anyway, spero ci perdonerete… abbiamo cercato addirittura di rabbonirvi un po’ con la scena della macchina – scena che, tra l’altro, è venuta del tutto spontanea, come il capitolo. Ora come ora mi stanno venendo le paranoie in realtà… temo che Kurt risulti un po’ OOC.

 

Lo “spazio personale” è un ovvio riferimento al Destiel, che sta riempiendo i miei giorni di angst e amore impossibile. Il Thad che arrossisce è un riferimento piuttosto blando a tutte le fic Thadastian che sto leggendo ultimamente – colpa della Alch! E ovviamente le mie continue battutine sul Wevid non possono mancare! =)

 

Per il resto… OGGI RITORNA GLEE! *___* Non vedo l’ora di vedere Cooper, anche se un po’ mi preoccupa… Ho il timore che no sopravvivrò alla puntata! Perciò… buon Glee e buona morte per chi, come me, non resisterà!

 

Un bacio,

bel.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Blaine ***


~ KlaineSongs ~

 

 

29°_ I’m not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Blaine

~ Quando un kilt fa la differenza~

 

 



Image and video hosting by TinyPic


 

«Ah, Blaine: mi rendo conto che dopo quello che hai passato, hai paura; ma il ballo è allegria, non paura, ok? Metterò questo completo: ci ho lavorato tanto ed è venuto alla grande. Se non vuoi più venire con me, io lo capirò, Blaine».

 

Abbandona la stanza con aria sostenuta e mi lascia senza parole. Ma che diavolo…? Non so davvero come reagire alla sua scenata e per quanto si ritenga offeso dalle nostre parole, non sono pentito di aver appoggiato suo padre nel non essere d’accordo con la sua decisione di indossare quel vestito.

 

Chiariamo, gli sta in maniera magnifica ed è venuto davvero bene – non che mi aspettassi altro da lui: ha un fisico da paura e credo che nulla potrebbe stargli male; se a questo aggiungi il suo gusto impeccabile e la sua abilità nel creare abiti, non poteva non venir fuori qualcosa di meno bello.

 

Eppure… non credo davvero ci serva altra luce per attirare l’attenzione degli altri su di noi: già il fatto che staremo insieme, come una coppia, per tutta la sera, sarà abbastanza…

 

«Ehm… che intendeva dire?».

 

Ci metto qualche istante a capire che la domanda di Finn è rivolta a me e vado immediatamente nel panico più totale: che dovrei rispondere? Mentigli e dire che non ne ho idea sarebbe stupido e poco credibile; ma non ho davvero alcuna intenzione di parlargli di quella brutta serata: solo il pensiero mi fa star male, figurarsi raccontarlo!

 

Guardo prima il fratello di Kurt, senza proferire parole, poi Burt, accorgendomi che forse anche lui si aspetta qualcosa. Non me lo chieda, la prego non me lo chi–

 

«Sapevo se la sarebbe presa», sospira invece, sporgendosi in avanti e lasciando che le braccia si poggino con pesantezza sulle gambe.

 

Finn sembra fortunatamente essere attirato da quella nuova frase, perché si volta verso Burt con uno dei suoi mezzi sorrisi e gli dà una leggera pacca sulla spalla.

 

«È stato da Kurt, in effetti», concorda con leggerezza, forse per allentare la tensione che pure si è creata nell’aria durante questa breve discussione.

 

«Vorrei capisse che ho detto quelle cose solo perché mi preoccupo per lui».

 

«Lo sa di certo», lo rassicura ancora Finn e Burt sorride veloce.

 

Io invece non sono completamente certo del fatto che Kurt sappia perché io abbia reagito così. Ha creduto avessi solo paura di andare al ballo con lui per quello che mi è successo e che per questo volessi essere quanto più invisibile. Ma si sbaglia: ho paura, certo, ma non ne ha compreso la ragione profonda.

 

Devo chiarirmi subito: ho imparato quali potrebbero essere le conseguenze di un qualsiasi temporeggiare da parte mia.

 

«Io vado a parlargli», li informo, prima di alzarmi e salire le scale che portano in camera sua.

 

Resto fermo davanti alla porta chiusa, come se mi servissero pochi istanti per organizzare i pensieri che mi vorticano in testa. Poi busso con educazione.

 

«È aperto», lo sento rispendere, il tono ancora un po’ stizzito.

 

Entro senza farmi scoraggiare e lo trovo mentre, già cambiatosi, sta sistemando la giacca del suo vestito su una gruccia per poi riporla con cura nel suo armadio. È di spalle e non si volta neanche quando, chiudendo la porta, faccio abbastanza rumore da fargli capire che sono entrato.

 

«Kurt…», lo chiamo, avvicinandomi.

 

Lui non interrompe ciò che sta facendo, ignorandomi, consapevole del fatto che io sappia che in realtà mi ha sentito. Un mesto sorriso nonostante tutto mi sfugge rapido, mentre penso a quanto sia adorabile anche quando fa il testardo offeso.

 

«Kurt, ascoltami: so che sei arrabbiato, ma credimi, sia io sia tuo padre non abbiamo di certo detto quelle cose perché ci andava o perché volessimo ferirti! Capisci che cosa intendevamo, vero?».

 

Lui, che intanto ha chiuso con lentezza l’anta dell’armadio, si volta di scatto, il viso serio e mi colpisce con uno sguardo che non avevo mai visto.

 

«Io capisco solo che non mi sono mai vergognato di quello che sono e che di certo non comincerò adesso!», dice con tono leggermente più alto del normale.

 

«Ma non si tratta di certo di vergognarsi di quello che si è! Ci preoccupa solo la possibile reazione del McKinley… sappiamo che è ben lontano dall’essere tollerante verso di noi, anche con il club anti-bullismo di Karofsky».

 

«Non ho di certo intenzione di nascondermi per questo», continua lui, imperterrito «Ma ti ripeto che se non te la senti più, non c’è alcun problema: non me la prenderò».

 

Improvvisamente sento una rabbia istintiva montarmi dentro. Non fa altro che dire che se non ne ho più voglia, posso benissimo non accompagnarlo, senza capire a cosa si riferisca il mio disagio o la mia paura!

 

«La smetti di ripeterlo?! Se non me la fossi sentita di accompagnarti, te lo avrei detto dall’inizio! Sì, non mi sento completamente a mio agio in una situazione come questa e credo che nessuno al mio posto starebbe meglio… ma non è per questo che insisto tanto!».

 

Mi fermo. Non so se voglio espormi tanto. Non ho paura di Kurt – credo, anzi, sia l’unica persona con cui parlerei davvero di tutto – ma forse le mie non sono che stupide paranoie e non voglio fare la figura dell’esagerato.

 

Lo osservo e mi accorgo con sorpresa che sul suo volto non c’è più traccia della rabbia e del risentimento di pochi istanti fa, ma un’espressione mista di leggera tristezza e curiosità, qualcosa che non riesco a descrivere per bene, che finora ho visto solo sul suo volto.

 

Mi si avvicina, senza dire nulla e mi prende le mani senza interrompere il contatto visivo. Rischio di annegare nella profondità del suo sguardo, di perdermi inevitabilmente, quindi abbasso il mio, osservando le nostre mani intrecciate.

 

Lui sta aspettando che io prosegua, che gli spieghi.

 

«Blaine… che succede?», mi chiede con voce sottile e tremula.

 

Ha ragione, lo sto spaventando e non dovrei...

 

«Kurt, io... Adoro il tuo modo di essere, amo la tua forza: nulla riesce a buttarti giù davvero... Ma... c'è una cosa di cui ho paura, una cosa il cui pensiero mi terrorizza...».

 

Non piangere, non farlo, non davanti a lui, non rovinare tutto...

 

«Se mai dovesse succedere quello che è accaduto a me nell'ultimo ballo... Se dovessero ferirti, se dovessero metterti le mani addosso con la violenza che ho subito io e che non dimenticherò mai... Kurt, sarebbe semplicemente troppo da sopportare».

 

Mi osserva, gli occhi liquidi appena velati da un sottile strato di lacrime e il volto serio. Le sue mani stringono con più forza le mie e ci sono tante cose che sembra volermi dire, ma è come se nessuna di quelle trovasse modo di uscire dalle sue labbra.

 

«Blaine... io...».

 

«Lo so che sono paranoico e che quello che mi è successo altera i miei parametri di giudizio... ma la sola idea che possa succedere mi paralizza. Per questo insistevo prima, per questo ero d'accordo con tuo padre nel non dar loro altri pretesti per farci notare: non voglio che tu stia nell'ombra, ti conosco troppo bene, ma magari...».

 

Sospiro. Quello che ti sto chiedendo è tanto, Kurt, lo so... ma l'ultima cosa che potrei reggere sarebbe vedere quell'incubo nei tuoi occhi...

 

«Faremo così allora. Cercherò anch'io uno smoking dalla persona che mio padre stava consigliando a te e Finn. Saremo discreti e ci divertiremo senza attirare troppo l'attenzione su noi. Andrà bene, Blaine».

 

Lo guardo. È stato comprensivo con le mie paure ed ha rinunciato al meraviglioso vestito che aveva preparato con impegno.  Gli sorrido con poca convinzione: parlarne non mi fa mai bene e per quanto non vorrei rovinare anche l'umore di Kurt, so che non riuscirò ad essere allegro – o quanto meno tranquillo – per il resto della serata. Magari sarebbe meglio se tornassi alla Dalton e mi buttassi a letto senza più pensare a nulla.

 

«Forse... è meglio che vada adesso: domani ho un paio di verifiche e anche se non credo toccherò più libro, magari mi farebbe bene almeno una bella dormita».

 

Kurt mi guarda un po' titubante: sa perfettamente che la mia è in gran parte solo una scusa e che sento il bisogno di stare un po' solo adesso. Mi sorride abbracciandomi e annuisce.

 

Scendiamo insieme e saluto con educazione la sua famiglia, prima di uscire. Quando Kurt socchiude la porta alle sue spalle e mi accompagna fino alla macchina, sento come se dovessi dirgli qualcosa,  forse dargli una spiegazione o non so... odio quando succede così, quando qualcosa mi incupisce e finisco per allontanare Kurt per paura di ferirlo. Ma lui lo sa, vero? Sa che lo faccio solo per non ferirlo, giusto?

 

Quando siamo davanti alla mia macchina, lui mi sorride con semplicità e mi bacia leggero, come se non fosse per nulla turbato dal mio comportamento. Sorrido anche io, non so con quanta convinzione: per quanto non faccia più così male, mi rendo conto del potere che tutto quello ha ancora su di me. Per un attimo, mi sembra di scorgere qualcosa nei suoi occhi, ma scompare veloce come è arrivato ed io non ho la prontezza o forse la forza di chiedergli a cosa stia pensando – non era nulla di positivo, questa è l'unica cosa che ho colto e quella che mi blocca.

 

«A domani», mi saluta «E in bocca al lupo per le verifiche».

 

«Crepi. Buonanotte, Kurt», gli lascio un veloce bacio e salgo in macchina.

 

«Notte, Blaine», lo sento sussurrare prima di accompagnare la portiera con la mano chiudendomela.

 

Sorride ancora quando gli lancio un ultimo sguardo prima di mettere in moto e partire, quasi con lentezza, accendendo la radio e lasciando che l'ultimo cd di Katy Perry mi impedisca di pensare troppo – non sono pochi minuti di viaggio e sarebbe davvero una strage se lasciassi campo libero a tutto quello che mi passa per la testa.

 

*

 

Tornare alla Dalton e sprofondare in un sonno profondo mi sembrava davvero un’ottima idea. Ma qualcuno non deve essere stato d’accordo, perché l'orologio segnala 02:44 ed io sono ancora sveglio, lo sguardo perso in un punto imprecisato del soffitto e la testa prevedibilmente incasinata.

 

La serata trascorsa con Kurt non mi lascia ancora in pace e nonostante mi sia detto che è tutto risolto e che magari lui ora neanche ci starà più pensando, non posso fare a meno di stare male – o meglio di avere quel qualcosa all’altezza dello stomaco che mi impedisce di tranquillizzarmi.

 

In fondo non ci vuole un indovino per capire che ci teneva a quel vestito… ma allo stesso  tempo ha ceduto subito quando gli ho spiegato il motivo delle mie paure.

 

E questo dovrebbe rassicurarti? Che altro ti aspettavi che facesse?

 

È vero. Non avrebbe mai fatto nient’altro se non rinunciare al suo lavoro pur di vedermi almeno un po’ più tranquillo. E del resto io avrei fatto lo stesso per lui – questo non significa, però, che non ci sia rimasto male.

Ci è sicuramente rimasto male.

 

Mi giro su di un lato, stringendomi le braccia al petto e sospirando. Non so che fare. Egoisticamente mi sarebbe andato bene un suo sfogo più sostenuto, una rabbia maggiore, magari anche un piccolo litigio… sarebbe stato più facile reagire adesso. E invece sono paralizzato, perché Kurt ha accettato le mie paranoie senza dire nulla.

 

Avrei potuto tenere per me le mia paure ed incoraggiarlo... Sì, forse sarebbe stata la mossa migliore. Eppure non ce l'ho fatta, non sono stato abbastanza forte da non farmi paralizzare ancora da quella sera.

 

Maledizione, ma che altro avrei potuto fare? Kurt è la cosa più importante che ho: credo sia normale avere paura che gli possa succedere qualcosa, considerati i precedenti, e provare ad evitare ciò che può essere prevenuto, no?

 

Sospiro. Il mio ragionamento non sembra fare una piega eppure non mi convince. Ottimo. Sarà una lunga notte in bianco a pensare a cosa avrei potuto fare o meno... e non servirà a nulla, perché di certo non posso tornare indietro e rimangiarmi quello che ho detto!

 

«Io capisco solo che non mi sono mai vergognato di quello che sono e che di certo non comincerò adesso!».

 

L'improvviso ricordo di quella frase mi blocca il fiato. Il modo in cui l’ha pronunciata, lo sguardo che mi ha rivolto: nulla può fermare Kurt Hummel, soprattutto quando si tratta di essere fieri di sé. Ed io che ho fatto? Gli ho chiesto di rinunciare a tutto questo.

 

Scatto con un gesto rapido dal letto e mi vesto nel modo più veloce possibile. Devo parlare con Kurt, ora! Prendo le chiavi della macchina e sto per lasciare la stanza, quando una consapevolezza mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso. Come faccio a lasciare il dormitorio? Potrei scavalcare, ma sarei a piedi e per prendere la macchina dovrei aprire il portone della Dalton, cosa praticamente impossibile.

 

Accidenti a stasera, accidenti alle mie parole e accidenti alle scuole private!

 

Cerco di calmarmi e di trovare una soluzione. Aprire da solo il cancello è praticamente impossibile: per farlo c'è bisogno del custode. Il custode! Potrei fingere un'emergenza familiare: non avrebbe cuore per negarmi di uscire....

 

Senza pensarci oltre, corro silenziosamente per i corridoi, esco nel giardino e mi avvicino alla casa in cui vive: considerato che lo sveglierò ad un orario tanto indecente, devo fare di tutto per sembrare quanto più mortificato e allo stesso tempo preoccupato possibile.

 

Quando sono davanti alla porta, mi lascio sfuggire l'ennesimo sospiro della nottata e busso una prima volta senza essere eccessivamente insistente; con mia sorpresa, basta questa volta perché un uomo sulla sessantina, in pigiama, mi apra con aria assonnata e confusa.

 

«Problemi, ragazzo?», chiede con voce roca – spero per il sonno e non per la rabbia.

 

«Io... emh... mi spiace di averla disturbata, signore.... ma ecco...», tento, senza più essere certo che la scusa dell'emergenza di famiglia sia plausibile.

 

L'uomo mi guarda perplesso, in attesa di una spiegazione, ma io sembro andare nel panico più totale.

 

«Non girarci troppo intorno, non amo chi esita», mi sprona con tono burbero «dimmi che ti serve a  quest'ora».

 

E che mai potrebbe servirvi? Possibile che non lo immagina?

 

Lo guardo negli occhi e colgo subito ciò a cui sta pensando: sa perfettamente cosa voglio chiedergli, ma aspetta sia io a parlare, forse solo per vedere che scusa mi inventerò.

 

Sono fregato: non mi crederà in alcun caso.

 

«Io... avrei bisogno che mi aprisse il cancello, signore. Vede.... ho un'emergenza... in famiglia e devo assolutamente andare da loro».

 

Ok, è fatta. Mi crederà?

 

Sorride. Forse mi sta credendo? Forse la mia aria confusa e in qualche modo colpevole sta facendo effetto?

 

«Se è davvero una faccenda così grave, forse sarebbe il caso di parlarne prima con il Preside, non credi, ragazzo? Insomma, è nel tuo interesse: non sarebbe prudente farti guidare in un tale stato di agitazione».

 

Sono spiazzato. Mi ha fregato. Mi ha fregato alla grande ed il sorrisetto che mi sta rivolgendo al momento mi fa capire che di certo questa non è la prima volta che qualcuno cerca di raggirarlo con una scusa simile. Non so che dire, come ribattere: forse arrivati a questo punto di solito gli altri desistono e vanno via scusandosi... ma io non posso permetterlo. Devo vedere Kurt: chiamarlo a telefono non sarebbe la stessa cosa, non potrei guardarlo negli occhi o stringerlo a me... o baciarlo.

 

Per questo rialzo lo sguardo pronto a ribattere.

 

«Signore... in realtà non c'è alcuna emergenza di famiglia».

 

L'uomo ora mi sta guardando vittorioso, ma non ha capito che sono ben lungi dall'arrendermi.

 

«Nonostante questo... devo allo stesso modo uscire da qui, in macchina. Ho davvero una cosa da fare, nonostante l'ora tarda. Ho un errore a cui devo rimediare e davvero non posso aspettare oltre».

 

Non so perché gli sto confessando tutto: forse con la sincerità otterrò qualcosa in più?

 

Il custode sorride di nuovo. Che sia pronto a farmi filare in camera senza discutere?

 

«Sentiamo, che le hai fatto di tanto cattivo da tormentarti così?».

 

Un piccolo sorriso stavolta sfugge a me.

 

«Gli ho fatto, signore», lo correggo «Io... gli ho impedito di essere se stesso».

 

Due occhi ora mi scrutano con intensità: sta riflettendo sulle mie parole o su cosa fare? E che diavolo è saltato in mente a me di espormi in questo modo? Vero che qui tutti sanno di me e Kurt... ma magari...

 

«Prendo la giacca. Tu porta la macchina davanti al cancello. Lo apriamo a mano, così non farà rumore. Ti rivoglio davanti a quel cancello alle 6:00 – non un minuto più tardi, sono stato chiaro?».

 

Il mio sorriso si allarga fino a che la bocca mi fa male. Sono così felice che mi viene da abbracciarlo, ma probabilmente sarebbe fuori luogo, quindi corro alla vettura come mi ha detto.

 

Quando sono davanti alla casa di Kurt, mi rendo conto di quanto tutta questa cosa non sia altro che un improvviso colpo di testa. Mi è andata bene con il custode, ma adesso? Qui dormono tutti, che diavolo faccio? Non posso assolutamente bussare: la scena del signor Hummel che apre la porta assonnato e mi manda a diavolo per averlo svegliato alle 4:00 del mattino – magari lanciandomi dietro anche una pantofola – mi fa rabbrividire. Dovrò prima chiamare Kurt e avvertirlo che sono sotto casa sua.

 

Trovo il numero e avvio la chiamata, trovandomi per la seconda volta a sperare che il malcapitato di  turno non voglia uccidermi per l'orario indecente in cui lo sto svegliando. Mi è andata bene la prima  volta....

 

«....nto...?».

 

La voce impastata di Kurt mi fa sorridere.

 

«Tesoro, sono Blaine».

 

Il suo debole mugolio di assenso mi fa andare avanti incerto del fatto che mi stia sentendo o che capisca quello che sto per dirgli.

 

«Emh... sono sotto casa tua. Potresti... venire giù?», chiedo con un po' di imbarazzo – per cosa poi?

 

Dall'altro lato della chiamata, risponde un silenzio tombale, tanto che credo sia caduta la linea, ma  quando sto per staccare la chiamata e ritentare, sento uno scatto metallico e vedo Kurt affacciato alla finestra della camera, con aria shoccata ed il cellulare ancora in mano. Gli sorrido, salutandolo con la mano. Lui se possibile sgrana ancora di più gli occhi.

 

«Blaine, che diavolo ci fai qui? È successo qualcosa?», chiede continuando a conversare con il cellulare nonostante potremmo benissimo parlare di persona.

 

«Sono il tuo Romeo, non è ovvio?», scherzo e lo vedo arrossire leggermente e guardarmi con occhi luccicanti «dovrei parlarti, ma se avessi bussato avrei rischiato di svegliare tutti, quindi ti ho chiamato. Scendi?».

 

Lo vedo annuire e staccare la chiamata. Poso anche io il cellulare e mi avvicino alla porta, in attesa. Che cosa gli dirò? Ho passato quasi un'ora in macchina e non sono stato capace di preparare un discorso di scuse decente. Sarò costretto ad improvvisare.

 

Kurt mi appare davanti in tutta la sua bellezza: dice che appena sveglio è un disastro e che gli serve almeno un’ora di prodotti per il viso e trattamenti vari per avere un aspetto decente. Non si rende conto di quanto sia bello anche così, con la luce della notte che gli accarezza il viso. Rimango come sempre un attimo imbambolato: non farò mai l'abitudine a quanto mi prenda.

 

«Che succede?», mi chiede.

 

Ci metto un secondo a riorganizzare le idee – o meglio a fare uscire dalla bocca la prima cosa che penso.

 

«Sono uno stupido. Continuo ad esserlo», sussurro e il mio ragazzo mi si avvicina sorpreso.

 

«Ma che stai dicendo? Quest'ultima novità a cosa la devo?».

 

Distolgo lo sguardo, senza essere capace di guardarlo mentre mi spiego.

 

«Ti ho fatto rinunciare al lavoro di mesi, solo per mie paranoie – non avrei dovuto condizionarti a tal punto, negarti di mostrare quello–».

 

«Blaine, ma sei impazzito? Neanche ci stavo più pensando a quello...», tenta di rassicurarmi, ma non sono disposto a farlo continuare – non prima di aver concluso.

 

E poi so che ci stava pensando, o almeno lo avrebbe fatto non appena affittato lo smoking.

 

«Fammi concludere, ti prego. Io... ho paura, è vero. Rivedere quelle scene nella mia testa... sono una cosa che non dimenticherò mai. E non lo auguro a nessuno, nessuno. Eppure... non avrei mai dovuto metterti nella posizione di rinunciare ad essere te stesso per me. Niente deve avere questo potere su di te, Kurt, neanche io. Mi piaci, mi piace ogni cosa di te. Andremo al ballo e tu indosserai il vestito che ti sei fatto, perché è stupendo e ti rispecchia ed io.... avrei dovuto capirlo da subito, invece di dire tutte quelle cose e–».

 

Non riesco più a parlare: le labbra di Kurt sono sulle mie, pronte a zittire ogni altra parola che sto per rovesciare fuori senza alcun senso. Sentirlo così vicino a me azzera tutto: mi sento completamente in balia delle emozioni che puntualmente mi investono come se fosse la prima volta. Provo ad approfondire il bacio e lui me lo permette con un piccolo mugolio contro le mie labbra. Dio, Kurt... che ho fatto di tanto bello nella mia vita per meritarmi uno come te?

 

Quando ci stacchiamo, lui mi stringe forte e per qualche attimo restiamo semplicemente così, beandoci uno della presenza dell'altro.

 

«Blaine Anderson. Solo tu saresti potuto venire sotto casa mia alle 4:00 di notte per chiedermi scusa di qualcosa per cui in realtà non c'era alcun bisogno di scusarsi!», sussurra con voce tremante.

 

Lo allontano quel tanto che basta per vederlo negli occhi. Sono lucidi e luminosi.

 

«Ma dovevo!», sostengo «Sono stato davvero uno stupido ed avrei dovuto–».

 

«Devo baciarti di nuovo per zittire le tue parole senza senso?» e non capisco se sia una minaccia o altro.

 

Faccio finta di pensarci per un attimo.

 

«Credo sia decisamente il solo modo per zittirmi, sì», faccio poi con un po' di malizia a cui Kurt risponde con un nuovo bacio.

 

*

 

Perché esiste “Storia” come materia da studiare? Perché?! Sul serio, non credo ci sia qualcosa di più noioso e meno facile da memorizzare. Per carità, sarà importante e non nego che ci sia gente che la trovi davvero interessante, ma davvero in questo momento non riesco a fare altro che sbuffare ogni secondo, le righe sottili delle pagine che continuano svilire la mia già quasi nulla voglia di andare avanti nello studio.

 

Ad un tratto, il cellulare comincia a vibrare, facendo un rumore rilevante nel silenzio tombale della biblioteca. Lo tolgo subito dal tavolo ed esco dalla stanza quanto più velocemente possibile per non ricevere sguardi furiosi dai presenti.

 

Solo quando sono fuori, mi concedo di guardare il display e sorrido istintivamente leggendo il nome di Kurt.

 

«Ciao», sussurro, improvvisamente felice.

 

«Ehi...», mi saluta lui ed ho l'impressione di cogliere una breve esitazione nella sua voce.

 

«Che succede?», gli chiedo senza farmi condizionare.

 

«Io... avrei bisogno di parlarti, di persona. Perciò mi chiedevo se potessimo vederci... quanto prima», mi spiega esitante ed io mi sento gelare.

 

È successo sicuramente qualcosa e deve essere qualcosa di grave, dato che non vuole parlarmene a telefono. Attacco senza perdere altro tempo e mi fiondo fuori alla Dalton, urtando tra l'altro Wes che stava camminando nella direzione opposta. Mi grida qualcosa che non colgo – non ho il tempo di fermarmi a parlare – e salgo in macchina uscendo dal parcheggio come un folle. L'ansia sta cominciando a divorarmi e mi rendo conto che avrei potuto chiedere a Kurt di essere più dettagliato – almeno avrei evitato tutta quell'ansia, magari immotivata.

 

Il cellulare sul cruscotto comincia di nuovo a vibrare e rispondo senza staccare le mani dal volante – ho avuto la prontezza di mettere gli auricolari non appena sono salito.

 

«Kurt!»

 

«No, sono Wes, mi spiace», fa il mio amico con un tono scherzoso.

 

Peccato che al momento non sia del suo stesso umore.

 

«Scusami Wes, ma ora non ho tempo: Kurt potrebbe richiamarmi e devo tenere la linea libera», spiego, sperando che capisca e attacchi senza trattenermi oltre.

 

«Che cosa è successo a Kurt?», chiede invece l'asiatico e non c'è più alcuna traccia di divertimento nella sua voce.

 

Sospiro: non mi permetterà di liquidarlo senza ottenere una risposta, quindi cerco di essere quanto più rapido ed esaustivo.

 

«Non lo so. Mi ha chiamato dicendomi di aver bisogno di vedermi al più presto. Non mi ha spiegato altro... non so».

 

«Credi–»

 

«Non lo so, Wes, non lo so», lo liquido alzando la voce, prima che possa dire altro «ora scusami, ma potrebbe richiamarmi».

 

«Fa’ attenzione», mi ammonisce lui, prima di attaccare.

 

Io ripiombo nella paranoia: so quello a cui voleva alludere l'asiatico e solo il pensiero che qualcuno possa aver fatto del male a Kurt, che quel Karofsky non sia riuscito a tenere a bada i bulli o che, peggio, sia stato lui stesso ad aggredirlo... mi si gela in sangue nelle vene.

 

Un terribile dolore allo stomaco mi tiene compagnia per tutto il viaggio e quando finalmente sono davanti casa del mio ragazzo, busso con insistenza e quasi maleducazione.

 

Vederlo dietro quella porta, apparentemente sano e salvo sembra togliermi da dosso venti chili. Dio, Kurt che spavento che mi hai fatto prendere! Non mi azzardo ancora a tirare un definitivo sospiro di sollievo – in fondo potrebbe avere graffi e lividi che ora sono coperti dai vestiti che ha addosso.

 

«Si può sapere che è successo?», chiedo e mi accorgo che la mia voce è forzata, come se fossi arrivato a Lima a piedi.

 

Lui mi guarda un po' perplesso. Poi sussulta e mi pare di vederlo impallidire. In un secondo mi ha stretto tra le sue braccia con una forza che non fa altro che preoccuparmi ancora di più.

 

«Kurt, maledizione: mi dici che diavolo succede!», ripeto con tono più arrabbiato.

 

«Scusamiscusamiscusami», dice lui, così veloce che colgo a malapena la parola che ripete «non credevo che avresti inteso così la mia richiesta! Mi-mi dispiace così tanto, Blaine, non avrei dovuto... avrei dovuto spiegarti tutto per telefono e non farti preoccupare in questo modo! Ti prego, scusami!», ripete più volte ed io finalmente capisco: sta bene, non mi ha chiamato per qualcosa che c'entra col bullismo.

 

Sono io ora a stringerlo con forza, la paura che mi lascia definitivamente.

 

«Non farlo mai più», sussurro nella sua maglietta.

 

«Scusami», ripete di nuovo lui «sto bene, davvero. Non è di me che volevo parlarti».

 

Lo lascio andare ed entriamo in casa. Io mi sento ancora come se stessi levitando mezzo metro da terra per la paura che mi ha appena abbandonato, ma non posso fare a meno di notate che Kurt è preoccupato, quindi torno con i piedi per terra e – seduti sul divano, in soggiorno – lo esorto di nuovo a raccontarmi tutto.

 

«Si tratta di Dave», confessa lui ed io per un attimo sono di nuovo in allarme: quindi c'entra comunque.

 

«Sai che sta facendo il servizio di anti-bullismo da quando sono tornato al McKinley. Io... ho avuto modo di osservarlo in questo giorni... e sta male, Blaine. Soffre. Così stamattina gliel'ho detto, che sta soffrendo, che si vede e che... non deve continuarsi a tormentare per il fatto di essere gay, che presto arriverà il momento anche per lui di fare coming out».

 

«E lui?», chiedo senza neanche pensarci.

 

«È scoppiato a piangermi davanti, chiedendomi scusa per tutto quello che mi ha fatto e dicendo che si sente terribilmente in colpa. Io ho provato a rassicurarlo, ma lui ha subito cambiato argomento ed è andato via».

 

Prende una pausa in cui mi osserva, come se si aspettasse un mio intervento. Io non so che pensare. Sono fiero di Kurt: non so se avrei avuto parole di conforto per chi fino a pochi mesi prima ha reso la mia vita un inferno... Eppure una parte di me è improvvisamente gelosa delle attenzioni che sta rivolgendo alla persona che forse se le merita di meno, almeno da parte sua.

 

«Voglio aiutarlo. Non metto da parte quello che mi ha fatto – non lo dimenticherò mai... Ma so cosa sta provando e capisco come si sente. Per questo voglio aiutarlo».

 

Mi aspettavo una simile presa di posizione da parte sua: è nel suo carattere. Tuttavia la gelosia iniziale non smette di stringermi lo stomaco in una morsa poco gradevole.

 

«Sono fiero di te», sussurro, tirandolo a me e stringendolo con un bisogno che probabilmente lui non riesce a comprendere del tutto.

 

Mi sento quasi ingrato a provare una simile emozione.... anche perché ho completa fiducia in Kurt. Tuttavia... è istintivo, non posso fare a meno di essere geloso di Karofsky.

 

~ ∞ ~

 

 

You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl

 

 

Il ballo mi sta dando ansie da quando è cominciato e nonostante non voglia dar segno a Kurt di essere così nervoso a riguardo, mi trattengo a stento dal guardarmi alla spalle per ogni rumore – cosa assurda considerata la quantità di decibel che stanno esplodendo nella palestra del McKinley stasera.

 

Eppure la presenza di Kurt costantemente al mio fianco ed ora questa canzone mi stanno facendo lentamente rilassare. È stata un'ottima idea quella di chiedere di poter cantare: mi sento a mio agio sul palco, come se fossi alla Dalton, protetto.

 

Guardo Kurt che quasi di fronte a me si muove al ritmo della mia canzone. Dio, è stata una fortuna che abbia messo il suo vestito alla fine: non riesco a descriverlo... è... meraviglioso! Irradia una luce spettacolare, come se i riflettori fossero puntati solo su di lui dall'inizio della serata: è felice, felice come non lo avevo mai visto e pensare che parte di questa felicità sia probabilmente dovuta a me non può che farmi sorridere a mia volta.

 

Canto con un entusiasmo che non ho spesso e che credevo di non poter provare più ad un evento simile, ma ecco le novità: quando sono con Kurt posso tutto. Tutto!

 

 

One!
I'm biting my tongue
Two!
He's kissing on you
Three!
Oh, why can't you see?
One! Two! Three! Four!

 

 

Impugno il microfono di lato, quasi avessi in mano uno spazzolino e vedo che l'intera sala si sta scatenando al ritmo di quello che canto. Kurt si muove senza staccare gli occhi dai miei e spero che noti l'entusiasmo con cui  mi sto esibendo, perché per quel che mi riguarda è tutto merito suo.

 

Sposto lo sguardo sugli altri partecipanti al ballo, scorgendo facce che mi sono familiari – gli altri componenti delle New Direction. Poi, quasi senza volerlo, gli occhi mi cadono su Karofsky. È lì che balla con l'ispanica - ...Santana – e sembra essere un ragazzo come gli altri, venuto per divertirsi con la sua ragazza.

 

Ma come ha detto Kurt, alcuni stanno solo fingendo a questo ballo. E loro sono tra questi. Mi ha spiegato che in realtà Santana aveva bisogno di Karofsky per potersi candidare a reginetta del ballo e che anche il club anti-bullismo è nato così.

 

In realtà Karofsky è gay. E Kurt è preoccupato per lui.

 

Ottimo, Anderson. Hai fatto un'associazione di pensieri davvero carina, i miei complimenti!

 

La gelosia che già ho provato per quel gorilla ora torna a farsi sentire e non c'è pensiero che possa scacciarla. Perché lui è qui al McKinley con Kurt, gli fa da protettore anti-bulli e Kurt vuole aiutarlo. Mentre io sono alla Dalton, ad un'ora di macchina dalla persona che amo, terribilmente lontano.

 

Ma che diavolo sto pensando? Possibile che non mi fidi di Kurt?

 

No, io di Kurt mi fido.... è quel Karofsky che mi innervosisce. È una cosa istantanea.

 

 

Word's on the streets and it's on the news:
I'm not gonna teach him how to dance with you
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!
The second I do, I know we're gonna be through
I'm not gonna teach him how to dance with you
He don't suspect a thing, I wish he'd get a clue
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!

 


Al momento la canzone non mi è mai parsa tanto appropriata. So che Kurt tiene a me e sta con me, ma cosa impedirebbe a Karosky di innamorarsi di lui? Se il mio ragazzo è disposto ad aiutarlo a venir fuori da tutta questa storia dell'omosessualità, vorrà dire che staranno in contatto, che Kurt sarà adorabile con lui, perché lo diventa senza neanche accorgersene, soprattutto quando tiene particolarmente a qualcosa o qualcuno.

 

E poi? Che farò? Se dovesse succedere che farò?

 

Ad un tratto mi rendo conto che sto costruendo castelli sul nulla. Che diavolo vado pensando? Perché per una volta, una, non cerco di restare concentrato su quello che sto cantando, senza fare associazioni mentali e voli assurdi da un argomento all'altro come se fossi impazzito?

 

Non c'è nulla tra quei due, che miseria! Solo perché sono entrambi gay non vuol dire che debbano innamorarsi! E poi... Kurt sta con me, è innamorato di me ed io dovrei sentirmi un verme per tutti questi pensieri, perché non li merita e non ho motivo di farli.

 

Riguardo il mio ragazzo, che credo non mi abbia staccato gli occhi di dosso e torno a concentrarmi solo sulla canzone, mentre il corpo si lascia trasportare da tutta la frenesia del momento in un ballo improvvisato.

 

Devo stare tranquillo.... e magari...

 

Un'idea mi balza alla testa senza che possa trattenerla. E se andassi a scuola con Kurt?

 

 

Dance!

One!

Two!

Three!

One two three four!
Word's on the streets and it's on the news:
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!
Dance, dance, dance, dance, dance!

 

 

Se fossi a scuola con Kurt, pensandoci, sarebbe tutto più semplice! Non sussulterei praticamente ogni volta che sento qualcosa di diverso nella sua voce a telefono e potrei vederlo con la stessa frequenza della Dalton! Perché, certo, ci vediamo anche adesso, ma sento terribilmente la mancanza delle nostre serate, dell'addormentarmi accanto a lui o svegliarmi col suo respiro sul viso. Per non parlare di come monopolizzava il bagno ogni mattina, dando di matto per il suo aspetto. Certo, a pensarci, non avrei comunque questi precisi momenti, ma vederlo a scuola, aspettarlo all'armadietto, camminare nei corridoi... sarebbe fantastico.

 

Sorrido. Sto correndo di nuovo troppo con la testa e sto perdendo di vista la serata. Mi costringo sul serio a non pensare più a nulla e quando riporto l'attenzione a quello che mi sta intorno, mi accorgo che si sta muovendo qualcosa in sala.

 

Senza smettere di cantare, osservo Finn che spintona ed è spintonato da un altro ragazzo, il cavaliere di Rachel... Jessie. Non capisco in tutta la confusione se si stanno dicendo qualcosa, ma la situazione sembra degenerare rapidamente, tanto che potrebbero arrivare alle mani da un momento all'altro.

 

Un classico del ballo di fine anno: la litigata tra ragazzi. Ci sarà di mezzo sicuramente una lei e a giudicare da quello che so, credo sia proprio Rachel. Spero che nessuno dei due si faccia male, sopratutto Finn.

 

La canzone termina ed io concludo scivolando con le ginocchia sul palco, con l'adrenalina che ancora mi scorre nelle vene e i pensieri che vanno a mille.

 

Con la coda dell'occhio, vedo una donna – sì, mi pare di conoscere anche lei – portare fuori dalla sala entrambi, prima di scendere dal palco e raggiungere Kurt.

 

 

 

 

____________________

Ehilà! Qualcuno è ancora vivo dopo la puntata di stanotte? Noi non sappiamo con quale forza stiamo aggiornando, perché siamo ben lontane dal riprenderci – chissà se succederà mai…

Ad ogni modo, piaciuta l’involontaria analogia tra la gelosia di Blaine in questo capitolo e nella puntata? Certo, qui  Kurt non ha fatto nulla per scatenare quel sentimento ed erano solo paranoie… xD

Boh, non so che dirvi – ringrazio chi ancora recensisce e i nuovi arrivi che hanno dato attenzione a questa storia inserendola nelle preferite/seguite **

A presto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt ***


30°_ I’m not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt

~ Quando giunge il momento di essere coraggiosi ~

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl

Guardo Blaine sul palco, muovendomi a ritmo di musica; sono felice di vederlo così, abbastanza rilassato da dare il meglio di sé in questa esibizione. In realtà è stato un bene che Finn si tirasse indietro e decidesse di non cantare più questa canzone, portandoci quindi a dover cercare un sostituto: Blaine non era tranquillo e per lo meno gli è stato dato qualcosa con cui distrarsi.

 

Non mi capacito di tutta questa sua preoccupazione; o meglio, la capisco per quanto riguarda ciò che gli è capitato in passato, ma gli ho detto più volte che ora è diverso qui al McKinley. Alle altre persone non importa di me, di come sono vestito o del mio accompagnatore per il ballo. A nessuno importa nulla. E questo mi fa sentire bene, protetto.

 


One!
I'm biting my tongue
Two!
He's kissing on you
Three!
Oh, why can't you see?
One! Two! Three! Four!

 

Non posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso, guardando Blaine esibirsi; si muove, facendo scorrere le mani lungo l’asta del microfono e causandomi una scarica di brividi lungo la spina dorsale di cui non conosco la natura. È proprio un animale da palcoscenico, c’è poco da fare; quando è su un palco, è come se diventasse un’altra persona: mette da parte qualsiasi sua preoccupazione o dubbio e tira fuori il meglio di sé. Tutto ciò è davvero fenomenale.

 

Tuttavia, guardarlo così mi fa anche pensare che, soltanto un anno prima, un ballo scolastico probabilmente simile a questo si era concluso in maniera del tutto diversa per lui. Quando mi ha rivelato ciò che gli era successo, non so neanche dire come mi sono sentito. Credo che la definizione più giusta per definire la mia reazione in quel momento sia rabbia. Ero, e sono, arrabbiato per quello che gli hanno fatto, perché non riesco a capacitarmi di come qualcuno possa fare del male a una persona così buona come lo è Blaine.

 

Non posso fare a meno di stringere i pugni, mentre immagini di Blaine steso sul letto di un ospedale mi passano davanti agli occhi; e poi, il viso di Blaine cambia, trasformandosi in quello di mio padre e poi di mia madre. Chiudo gli occhi e scuoto la testa, cercando di focalizzarmi sulla voce di Blaine, di modo che mi riporti alla realtà.

 


Word's on the streets and it's on the news:
I'm not gonna teach him how to dance with you
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!
The second I do, I know we're gonna be through
I'm not gonna teach him how to dance with you
He don't suspect a thing, I wish he'd get a clue
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!

 

Apro gli occhi non appena il mio respiro ritorna alla normalità, e la mia attenzione viene attirata da dei movimenti un po’ bruschi sulla destra; mi volto giusto in tempo per vedere Finn che fronteggia quel guastafeste di Jesse St. James. Rachel e Quinn sono ciascuna dietro il proprio accompagnatore per il ballo e sembrano entrambe sconvolte e piuttosto arrabbiate. Sembra proprio che alla fine Finn sia sbottato.

 

Scuoto la testa, iniziando a dirigermi a passo svelto verso il gruppetto. Sapevo che Finn avrebbe combinato un casino prima o poi; non ha mai smesso di amare Rachel e la sua storia con Quinn è davvero priva di significato. Avrebbe dovuto capirlo prima però, non ora che qualcuno vuole portargli via Rachel. Cosa credeva? Che lei sarebbe sempre stata lì ad aspettarlo?

 

Prima ancora che riesca a raggiungerli però, i due ragazzi vengono bloccati dalla coach Sylvester, che li prende per la collottola e li scorta fuori dalla palestra. Mi fermo, chiedendomi se magari debba andare da Rachel, ma la ragazza scappa subito al seguito del trio che se n’è appena andato, seguita da Quinn. Decido di non seguirla: qualsiasi cosa sia, sono certo che riusciranno a risolverla. Inoltre, non voglio lasciare Blaine da solo.

 

 

Dance!

One!

Two!

Three!

One two three four!

 

 

Quasi come se l’avessi chiamato, mi volto giusto in tempo per vedere lo sguardo di Blaine fisso su di me. Gli sorrido, un po’ per tranquillizzarlo, un po’ perché non ne posso fare a meno.

 

Mentre lo osservo mi trovo a pensare che la gelosia sia davvero terribile; ci rende incapaci di pensare lucidamente, di razionalizzare. Finn è stato colto da gelosia, e guarda un po’ che cosa è successo! Si è ritrovato a prendersi a pugni con Jesse St. James. Spero non si sia fatto troppo male… non mio fratello, quanto l’ex membro dei Vocal Adrenaline: Finn è il doppio dell’altro ragazzo.

 

Ringrazio il cielo che io e Blaine non abbiamo di questi problemi: non abbiamo motivo di essere gelosi l’uno dell’altro. O almeno credo.

 


Word's on the streets and it's on the news:
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance, dance!
Dance, dance, dance, dance, dance!

 

 

Noto che Blaine ha appena spostato lo sguardo su qualcun altro. Seguendo il suo sguardo, mi ritrovo stranamente a fissare David Karofsky, che in questo momento sta ballando divertito con Santana. Scuoto la testa, mentre un sorrisino per vederlo così allegro, nonostante la falsità dietro quel sorriso, fa capolino sul mio volto; vederlo piangere pochi giorni fa mi ha sconvolto. Sono felice che mi abbia chiesto scusa, che si penta di quello che mi ha fatto; sotto sotto, credo sia davvero un bravo ragazzo.

 

Tuttavia mi chiedo: come mai Blaine lo stava fissando? Forse c’è qualcosa di cui dobbiamo discutere. Dopotutto, quando l’altro giorno gli ho rivelato il mio dispiacere per David, mi è sembrato strano…

 

 

~ ∞ ~

 

Non appena Blaine finisce di cantare, la sua esibizione viene accolta con un applauso scrosciante; sorrido, pensando che se hanno rivolto a Blaine, che è il mio cavaliere per il ballo, un applauso del genere, allora forse non c’è alcun motivo per cui mi preoccupi. Forse hanno davvero l’intenzione di lasciarci in pace e godersi semplicemente il ballo, senza mettersi di mezzo tra me e la felicità.

 

Ed è in quel momento che il mio piccolo sprazzo di felicità personale mi si para davanti, con un enorme sorriso sul volto tutto per me; sorrido anche io e quasi mi tendo verso di lui, spinto dal desiderio di baciarlo, o per lo meno accarezzarlo. Ma so bene che Blaine si tirerebbe indietro, così come neanche io voglio sfidare troppo la sorte: mi sembra di aver già fatto abbastanza venendo qui con Blaine e indossando un kilt. Va bene l’indifferenza che ci stanno dimostrando, ma non vorrei andare a stuzzicare il leone che dorme. Così mi limito ad avvicinarmi un po’ di più a Blaine e ad ampliare il mio sorriso.

 

«Sei stato bravissimo!» gli dico, entusiasta della sua esibizione. «Come al solito…»

 

Lui arrossisce e abbassa un po’ lo sguardo, mentre un sorriso compiaciuto gli si dipinge sul volto. E poi sarei io quello adorabile?

 

«Grazie!» risponde Blaine, facendo un altro passo verso di me. «Andiamo a prendere da bere?» mi chiede subito dopo, facendomi strada verso il buffet.

 

Lo seguo, sorridendo da un orecchio all’altro; sono davvero felice di essere qui con lui. All’inizio dell’anno, prima di conoscere Blaine, non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovato al ballo studentesco con un ragazzo, e non solo con un semplice amico, ma con il mio fidanzato. Certo, so benissimo che non potremo permetterci di ballare, ma per ora mi accontento semplicemente di averlo qui.

 

Arrivati al buffet, Blaine mi versa da bere un bicchiere di ponch alla frutta; non ha avuto nemmeno bisogno di chiedere che cosa volessi. Dopotutto, sa come prendo il caffè; e anche io non rimango stupito quando lo vedo versarsi un grosso bicchiere di Coca Cola. Mentre sorseggiamo le nostre bevande, un po’ guardandoci negli occhi, un po’ spaziando con lo sguardo per tutta la palestra, noto che il suo sguardo si posa di nuovo su Karofsky, che non è poi tanto distante da noi. Mi viene subito in mente che ho qualcosa da chiedergli.

 

«Hai notato prima?» gli chiedo, decidendo di partire da un argomento che non ci riguarda. Anche perché forse sono mie semplici paranoie: probabilmente non è vero che Blaine è geloso di David.

 

«Se intendi la scazzottata in stile western tra tuo fratello e l’accompagnatore di Rachel, sì, l’ho notata.» Risponde lui perdendo subito il sorriso. «E’ tipico del ballo di fine anno.»

 

«Già, come in tutti i film che si rispettino,» rispondo io.

 

«Come mai? Cioè, immagino che c’entri Rachel… tuo fratello non è fidanzato con Quinn?» mi domanda Blaine, incuriosito.

 

Alzo gli occhi al cielo, esasperato. «Già. A Finn ci è voluto un secolo per capire che è ancora cotto di Rachel; non appena ha avuto l’impressione che qualcuno gliela potesse portare via, si è arrabbiato e ha dato di matto, combinando un casino. Non oso immaginare quanto sia arrabbiata Quinn in questo istante.»

 

Blaine abbassa lo sguardo, per poi rialzarlo su di me; ma, prima che i suoi occhi incontrino nuovamente i miei, lancia uno sguardo veloce a David. Sì, questa volta non me lo sono immaginato, e non possono essere solo mie paranoie. Credo che Blaine sia geloso di David, per quanto la cosa mi sembri del tutto assurda.

 

Il mio fidanzato conferma del tutto i miei sospetti quando dice: «Beh, non puoi biasimarlo. Finn tiene molto a Rachel, e non vuole che qualcuno gliela porti via. Anche io reagirei così se scoprissi che qualcuno ti… volesse.»

 

Inclino la testa e sorrido, intenerito dal suo comportamento. «Non credo che nessuno mi voglia, Blaine. Non preoccuparti.»

 

«Io non ne sarei così sicuro,» sussurra.

 

Il suo sguardo si fissa nel mio e sembra che l’oro fuso nei suoi occhi si faccia improvvisamente duro; ha uno sguardo quasi cattivo e ora credo davvero alle parole degli Warblers che mi dicevano quanto Blaine potesse arrabbiarsi: in quei momenti, si rilassava solo con il sacco della boxe. Ricordo che quando Thad mi spiegò della loro sottospecie di Fight Club alla Dalton non ci credetti, ma devo dire che ora come ora ce lo vedrei bene Blaine a prendere a pugni qualcosa… o qualcuno. Ed effettivamente mi rendo conto che le mani addosso a David le ha già messe: durante la serata dei negletti, quando Karofsky ci ha trovati in corridoio.

 

«Stiamo parlando di David, vero?» Anche io abbasso il tono di voce, imitandolo. Non so perché, ma non sono preoccupato dal suo sguardo duro; e infatti, non appena una frazione di secondo dopo, l’oro dei suoi occhi si scioglie di nuovo.

 

«No, no… che dici? No-non è Karofsky… E’ che…» inizia a balbettare, insicuro.

 

Mi arrischio a fare un passo avanti e stringergli la mano con la mia, infilando le dita tra le sue. Quel gesto sembra allarmarlo parecchio, perché lancia delle occhiate preoccupate tutto intorno, controllando che nessuno ci stia guardando. Purtroppo per noi, non è così: ci sono un paio di ragazze e i loro accompagnatori che ci stanno fissando. Tuttavia distolgono subito lo sguardo, come se fossero stati colti di sorpresa a ritrovarsi spettatori di qualcosa di intimo. Tiro un sospiro di sollievo quando vedo che distolgono lo sguardo e tornano a chiacchierare tra loro, incuranti di noi. Nonostante tutto, lascio andare la mano di Blaine.

 

«Ehi Blaine, rilassati. Non… non è un problema che tu sia geloso; anzi, in realtà è piuttosto gratificante. Almeno sai che cosa ho provato io a vederti fare la serenata a un biondino insulso…» ridacchio, cercando di sdrammatizzare.

 

Blaine ride, imbarazzato nel sentire il riferimento a Jeremiah; sta per aprire bocca, per parlare di nuovo, ma io lo anticipo.

 

«Non hai alcun motivo per esserlo, però. Stiamo parlando di David Karofsky; a me non piace lui e certamente io non piaccio a lui!» gli dico per tranquillizzarlo. E dopotutto, è la verità.

 

«Lui ti ha baciato…» sussurra Blaine, forse perché, nonostante tutto, non vuole che si sappia che David Karofsky in realtà non è poi così etero come dice di essere. «E questa cosa mi… manda in bestia.»

 

«Perché?» gli chiedo. «Lui ha baciato me, ma io non ho mai baciato lui. Sei tu l’unico che io abbia mai baciato… escludendo Brittany ovviamente, ma lì era tutt’altra storia.» aggiungo velocemente.

 

«Perché lui ti ha portato via il tuo primo bacio, o per lo meno uno che contasse,» risponde Blaine, ripetendo le stesse parole che avevo pronunciato io mesi prima sulle scale del McKinley.

 

«Io non lo considero. Sei stato tu il mio primo bacio, Blaine… e così lo ricorderò per sempre. Gli altri non hanno, né mai hanno avuto, alcun valore. Sono state delle violenze contro me stesso. Il tuo bacio, il nostro, è stato quello perfetto… perché solo in quel momento mi sono sentito giusto.»

 

Gli occhi di Blaine si fanno luminosi, mentre mi guarda con un sorriso che mai gli ho visto fare; e ora come ora, sono certo che potrei sciogliermi qui, in questo preciso istante.

 

«Sono pazzo di te…» mi dice Blaine, facendomi battere il cuore nel petto proprio come la prima volta che me lo ha detto.

 

E io ti amo Vorrei tanto dirglielo, ma qualcosa mi blocca: sento che non è ancora il momento giusto; vorrei che fosse spontaneo, ma ora sembrerebbe quasi forzato, un modo per rispondere alla sua dichiarazione. Così mi limito a dirgli: «Me lo hai già detto,» e sorrido, aggiungendo poi, «Ma continua a dirmelo, per favore.»

 

«Certo,» risponde lui.

 

Blaine guarda di nuovo lo stesso gruppetto di ragazzi che prima ci stava fissando, e lo vedo fremere un po’, tendendosi verso di me: capisco benissimo che vorrebbe prendermi per mano, o toccarmi, ma non osa farlo. E lo so, perché in realtà anche io fremo dal desiderio di toccarlo: è da quando l’ho visto esibirsi sul palco, catalizzando l’attenzione sulle sue mani sull’asta del microfono, che voglio avere quelle mani stringermi e farmi sentire protetto.

 

Ma non lo fa, Blaine non mi tocca, probabilmente perché è troppo spaventato. Gli sorrido, rassicurante, mentre un pensiero mi passa per la testa: non lascerò che gli facciano del male. Questa volta, sarò io la sua ancora. Non permetterò che niente vada storto, e ho la sensazione, la stessa sensazione positiva che mi ha accompagnato per tutta la settimana, che forse, questa volta, io possa essere accontentato.

 

Non so che in realtà mi sbaglio di grosso.

 

 

*

 

 

Io e Blaine siamo seminascosti in un angolo, guardando gli altri ballare, quando improvvisamente la musica viene stoppata e vediamo il preside Figgins salire sul palco e avvicinarsi al microfono, cercando di richiamare l’attenzione degli studenti.

 

“I candidati a re e reginetta del ballo dovrebbero cortesemente salire sul palco,» dice, mentre alle sue spalle i ragazzi candidati iniziano a salire; tra loro riesco a intravvedere Quinn, Santana, Lauren, Puck e Karofksy. «I voti sono stati conteggiati,» continua il preside.

 

Io mi faccio più avanti, incuriosito: chissà chi vincerà! Blaine mi segue, mettendosi al mio fianco; non appena mi è vicino, gli sussurro: «Se dovesse vincere Finn come re, credo che Quinn lo ucciderà: già così gli urlerà contro per essere stato cacciato dal ballo.»

 

Blaine si limita a stringersi nelle spalle e a riportare l’attenzione sul preside, che ha di nuovo preso a parlare.

 

«E’ il momento che voi tutti stavate aspettando, il momento di annunciare il re e la reginetta del ballo studentesco.» Fa una pausa di sospensione, per caricare ancora un po’ la tensione che, sono certo, starà prendendo le ragazze in questo istante. «Rullo di tamburi per favore.» Il batterista fa come gli è stato ordinato, dal pubblico non si leva un fiato.

 

«E il re del ballo di quest’anno è…» Figgins fa un’altra pausa, mentre legge il nome sulla busta. «David Karofsky

 

Un applauso parte dal pubblico, e io quasi non lo sento. Non mi stupisce più di tanto questa votazione: gli altri ragazzi non sono così tanto popolari, e gli unici due che potevano competere con David, cioè Finn e Puck, fanno parte del Glee Club; questo è sufficiente per far sì che non vengano votati. Non so come mi sento; forse sono felice per lui, ma sono anche un bel po’ spiacevolmente sconvolto che molte persone in questa scuola abbiano votato una persona che, fino a qualche settimana prima, si comportava da bullo con chiunque. Neanche mi volto a fissare la reazione di Blaine al mio fianco, perché so bene che starà pensando la stessa cosa che sto pensando io.

 

Ora c’è solo più da chiedersi chi diventerà reginetta; la candidata più ovvia a questo punto sarebbe Santana, essendo lei l’accompagnatrice di David, ma in realtà non sempre re e regina sono i membri della stessa coppia.

 

Quasi come se l’avessi chiamato, Figgins riprende a parlare mentre l’applauso per David inizia a spegnersi. «E adesso, la reginetta del ballo studentesco della McKinley High…» estrae il foglio dalla busta, poi continua, «… con uno schiacciante numero di voti anche se non si era candidata è…»

 

Il preside fa un’altra pausa. E questa volta, non sembra buona: sta fissando il foglio con un’espressione stupita, quasi sconvolta. Quando alza lo sguardo e lo rivolge a noi studenti, leggo quasi del dispiacere nei suoi occhi. E non faccio neanche in tempo a chiedermi per quale motivo si stia comportando così, che sento il mio nome.

 

«Kurt Hummel.»

 

Kurt Hummel. Kurt Hummel.

Kurt Hummel sono io.

 

Sono soltanto dieci semplici lettere, le mie dieci semplici lettere, ma mai come in questo momento vorrei che non fossero mie; mai come adesso vorrei non rispondere a questo nome. Mai come adesso vorrei tanto non essere me stesso.

 

Sembra quasi che mi abbiano appena scaricato addosso un secchio di acqua gelata, mentre la luce viene puntata su di me; dovrebbe abbagliarmi, ma non ci faccio nemmeno caso. Sulla palestra è sceso un silenzio di tomba, che sembra quasi assordante per quanto preme contro le orecchie; oppure è il sangue che mi sta martellando prepotentemente nelle orecchie a darmi fastidio. Ma la verità è che non sento niente, neanche l’urlo strafottente che si leva in lontanza; né mi accorgo di Blaine che si volta verso di me, incapace di dire qualsiasi cosa.

 

Rimango fermo immobile, incapace addirittura di sbattere le palpebre, perché so che se lo facessi ora, niente impedirebbe alle lacrime di cadere; mi bruciano gli occhi, ma soprattutto è il mio orgoglio che brucia, sconfitto. Perché non ce la faccio più: di nuovo non ce la faccio a lottare. Sono stanco di farlo. Così me ne vado, semplicemente, mentre sento il mio cuore battere così forte che sono certo che gli altri lo sentiranno, la paura e la vergogna che mi assalgono, ma soprattutto una rabbia cieca. È con me stesso che sono arrabbiato.

 

Cammino via, lasciandomi alle spalle il suono spezzato di un applauso solitario e la voce di Blaine che mi chiama. Non mi fermo, continuo a camminare senza neanche voltarmi, né ho alcuna intenzione di farlo. Voglio mettere quanta più distanza possibile tra me e la palestra, voglio poter piangere senza che quelle persone meschine e disoneste che mi hanno votato, possano vedermi.

 

Non appena mi chiudo la porta della palestra alle spalle, inizio a correre, scoppiando a piangere, completamente distrutto. Sento che Blaine mi insegue, correndomi dietro e chiamandomi, ma non mi fermo; non voglio voltarmi adesso e trovarmelo di fronte, perché non so cosa farei: non so come affrontarlo, perché è una settimana ormai che gli dico che tutto andrà per il meglio, che non succederà niente, ma non è vero. Aveva ragione lui, non saremmo dovuti venire.

 

In questo momento non riesco a ragionare; rivedo tutti quei volti astiosi rivolti contro di me in palestra e ripenso a quello che ha detto mio padre, quello che ha detto Blaine. Persino David aveva cercato di dirmelo che la scuola non era indifferente, che era solo una mia illusione, un bellissimo sogno ad occhi aperti. Certe persone non sono capaci di ignorare semplicemente ciò che non va bene loro, hanno bisogno di dimostrarlo, gettando fango addosso chi incarna ciò di cui hanno tanta paura.

 

Ma a questo punto, quasi preferivo le parole velenose sibilate alle mie spalle, gli spintoni contro gli armadietti e i lanci nel cassonetto dei rifiuti piuttosto che questa umiliazione pubblica. Già, l’umiliazione… è l’unica cosa cui riesco a pensare in questo momento. E credo sia proprio una frase attinente a essa che mi sfugge dalle labbra, bagnate ormai di lacrime salate.

 

«Non sono mai stato umiliato così…»

 

Blaine è dietro di me, e questo, in una certa maniera, mi conforta parecchio; non mi ha lasciato da solo, mi è corso dietro, senza preoccuparsi che così facendo, avrebbe potuto dar adito ad altri commenti maligni. Lo sento chiamarmi ancora, pregare di fermarmi. Ed è quello che faccio, sentendo la sua preghiera, il suo tono di voce estremamente preoccupato e sconfitto.

 

Quando finalmente raggiungo un’ala della scuola che sembra deserta, mi volto verso Blaine, fronteggiandolo. Mi giro verso di lui perché in realtà ne ho bisogno: per ora, mi basta solo avere i suoi occhi, che mi tengano ancorato a terra, per non permettermi di volare via.

 

È una domanda retorica quella che mi esce dalle labbra non appena incrocio il suo sguardo.

 

«Non capisci quanto siamo stati stupidi?»

 

Certo che lo capisce; era stato lui il primo a mostrare più di una sola reticenza a venire a questo ballo. Sa bene cosa si prova a essere umiliati e feriti. Sa bene che siamo stati due stupidi nel presentarci qui, nel credere che alla gente non sarebbe importato nulla, che ci avrebbero lasciati in pace. E quel che è peggio, è che non abbiamo fatto niente per provocarli: non ci siamo abbracciati, né baciati. E non abbiamo nemmeno ballato insieme.

 

Ed è solo in questo momento che mi rendo conto che nonostante tutto, nonostante la mia forza di volontà e il mio desiderio di mostrarmi per ciò che sono, i giudizi di certe persone erano comunque riuscite a non farmi godere appieno il ballo. Ballare con il mio cavaliere al ballo scolastico è sempre stato il mio sogno: e me lo ero precluso senza neanche pensarci, per la troppa paura.

 

Certa gente è riuscita a uccidere il mio sogno, è riuscita a uccidere me. Come ho potuto credere che soltanto perché nessuno sembrava più spintonarmi o prendermi in giro, durante le lezioni, questo potesse significare che forse avevano deciso che non ne valeva la pena? Come ho potuto credere che sarebbero stati indifferenti a due ragazzi venuti insieme al ballo? Quelle stesse persone che, mentre mi trovavo seduto semiscomposto a terra, dolorante dopo uno degli ennesimi spintoni, non osavano neanche aiutarmi a mettermi in piedi, ma peggio, mi deridevano ancora di più?

 

Sono stato uno stupido.

 

Ho così tanti pensieri per la testa in questo momento, che gridano per prevalere l’uno sull’altro, creando un casino assurdo nella mia testa: devo liberarmene, e l’unico modo che mi viene in mente per farlo è parlare, fare uscire da dentro di me tutte quelle parole che cercano di assalirmi.

 

«Siccome nessuno ci prendeva in giro o ci picchiava, pensavamo che non interessasse a nessuno! Come…» faccio una pausa, dandomi ancora dello stupido per aver pensato che la gente magari fosse cambiata, «come se fossero stati fatti dei progressi.»

 

Ma no, come posso pensare una cosa simile? Certa gente non è in grado di cambiare, e sono stato uno stupido a crederlo possibile. E tuttavia, una piccola parte di me spera che effettivamente quelle persone possano cambiare.

 

«Ma è tutto uguale a prima…»

 

Io e Blaine ci guardiamo dritto negli occhi. Questa è la terza volta che mi vede piangere, e quasi vorrei che facesse come ha fatto le altre due volte: che mi prendesse stretto fra le sue braccia e mi facesse sentire al sicuro, protetto dalla malvagità del mondo. Ma allo stesso tempo non riesco a star fermo un attimo, sono troppo agitato. E Blaine sembra intuire i miei pensieri, perché non fa alcun passo verso di me, lasciandomi tutto lo spazio necessario.

 

Forse, la verità è che abbiamo paura che qualcuno possa averci seguito e che, vedendoci abbracciati, possa farci del male.

 

Ripenso a quei ragazzi che prima ci stavano fissando, e mi rendo conto che effettivamente ci hanno tenuti d’occhio tutta la sera; e non solo loro, ma tutti quanti. Noto dallo sguardo di Blaine, che anche lui sta pensando allo stesso sorriso strafottente che ci aveva rivolto il ragazzo all’entrata della palestra, quando siamo arrivati al ballo e gli abbiamo dovuto dire i nostri nomi. Lì per lì non ci avevamo dato tanto peso, ma invece avremmo dovuto: era tutto organizzato.

 

«È stato solo uno stupido scherzo,» dice Blaine con tono grave, facendo un passo verso di me. Mi sembra quasi di sentire i suoi pensieri: Tu sei forte Kurt, non lasciarti abbattere da degli scherzi.

 

Oh Blaine, vorrei tanto che fosse solo così. Ma sappiamo entrambi che non si è trattato solo di uno scherzo.

 

«No, invece. Tutto quell’odio… avevano semplicemente paura di esprimerlo con le parole, e così sono ricorsi al voto segreto.»

 

Ed è questo che mi fa davvero male: le risate che devono essersi fatti alle mie spalle per tutta la settimana, mentre qualcuno organizzava questa… umiliazione alla pubblica gogna.

 

«Sono un’enorme, burla anonima…»

 

La mia voce continua a essere spezzata dalle lacrime, che continuano a bagnarmi le guance, scivolando giù fino sul mento. Mi hanno annientato, letteralmente. Questa volta non so come uscirne, ma soprattutto, non so se ho la forza di farlo.

 

Ero tornato qui convinto che non mi sarebbe successo nulla di male; l’ho fatto perché mi mancavano i miei amici, mi mancava cantare con loro. Blaine non è mai stato tanto d’accordo al mio ritorno qui, aveva paura che mi sarebbe successo qualcosa; e aveva ragione lui.

 

Non riesco a star fermo, così mi giro e continuo a camminare fino a una fila di armadietti, davanti ai quali comincio poi a far su e giù. Sento la presenza di Blaine alle mie spalle, e questo ha a facoltà non di farmi rilassare, ma di farmi sentire meno solo. Voltandomi verso di lui, noto che si è seduto a terra, con la schiena appoggiata agli armadietti; mi sta semplicemente guardando, senza fare nulla. Mi rendo conto che effettivamente Blaine mi conosce davvero bene: solo lui saprebbe che in questo momento non ho bisogno di parole di conforto o abbracci: ho soltanto bisogno di qualcuno vicino, che mi stia accanto mentre decido che cosa fare.

 

Perché io non so cosa fare. Cosa devo fare? Come devo comportarmi? Dovrei andarmene ora, tornare a casa e sfogare tutte le mie lacrime. Sarebbe una buona idea, un’idea allettante, che mi impedirebbe di certo di tornare in quella palestra, ritrovandomi tutti gli occhi di quella gente meschina rivolti, ancora una volta, verso di me.

 

Non so se voglio farlo, non ce la posso fare.

 

«Non ci torno là dentro,» dico, più a me stesso che a Blaine. «Assolutamente no.»

 

Cammino un altro po’ avanti e indietro, cercando di calmarmi; ma più penso al fatto che non voglio tornare in palestra, più il mio respiro si fa affannato. E non me ne capacito, perché cavolo, questo pensiero dovrebbe farmi stare meglio, anziché terrorizzarmi ancora di più! Tornare a casa significherebbe la salvezza, sarebbe il mio porto sicuro in mezzo alla tempesta; voltarmi indietro, verso quel covo di vipere, significherebbe buttarmi a capofitto in mezzo a quella stessa tempesta da cui sono voluto fuggire.

 

E allora perché non ho ancora afferrato Blaine per la manica della giacca, l’ho tirato in piedi e me lo sono trascinato via, fino alla macchina? Perché sono ancora qui?

 

Perché forse so che scappare adesso, non mi terrà al sicuro per molto. Lunedì mattina sarò costretto a tornare a scuola, e mi dovrò nascondere dalle occhiatacce e dalle parole delle persone che mi indicheranno come la “loro” reginetta che non ha avuto nemmeno il coraggio di ritirare la sua corona.

Coraggio.

 

La voce di Blaine mi riscuote dai miei pensieri.

 

«Vorresti almeno sederti?» fa una pausa, e mi rendo conto che mi sta guardando fare su e giù davanti a lui da chissà quanto tempo. «Oppure vuoi andare a casa? Non dobbiamo per forza tornare là dentro.»

 

Non lo so, Blaine. Non so cosa voglio fare, perché altrimenti a quest’ora l’avrei fatto. Ed è voltandomi verso Blaine che mi rendo conto che, effettivamente, tornare a casa non è quello che voglio fare; o per lo meno, lo vorrei, ma non senza la parte di me che ho lasciato in palestra. E per andare a recuperarla, per andare a recuperare il mio orgoglio, devo tornare in mezzo ai flutti in tempesta, per quanto possa essere pericoloso.

 

Non posso andarmene. Se fossi da solo, lo farei; ma c’è Blaine qui con me. Voglio che lui abbia il suo ballo da favola, perché se lo merita; e in realtà, me lo merito anche io.

 

«Lo scopo di questo ballo non doveva essere la redenzione?» gli chiedo, mentre le giuste parole da dire mi si formano in mente. Ora so come affrontarlo. «Non dovevamo sbarazzarci del magone che hai in gola per il fatto che sei fuggito dal tuo primo liceo?»

 

Blaine chiude gli occhi e volta appena la testa. Cosa credevi, Blaine? Che non avessi fatto due più due? Che non avessi capito che il motivo per cui ti sei trasferito alla Dalton era perché quei ragazzi, quelle bestie, ti avevano picchiato al ballo scolastico?

 

Quando ci siamo conosciuti, una delle prime cose che mi ha detto Blaine è stata il rimpianto che provava per l’aver permesso ai bulli della sua vecchia scuola di vincere su di lui, di averlo fatto letteralmente scappare via. Anche con me lo hanno già fatto una volta: non ce ne sarà una seconda. Perché sono stufo di provare rimpianto, e soprattutto, non voglio ritrovarmi quando sarò vecchio a rimpiangere di non essere rimasto.

 

«Se ce ne andiamo, anch’io mi ritroverò con il magone in gola,» dico a Blaine, mentre lui riporta il suo sguardo su di me.

 

E quando mi chiede, «Allora cosa vuoi fare?» sono i suoi occhi a darmi la forza di dire quello che sto per dire. Perché è stato Blaine a insegnarmi ad avere coraggio, a lottare contro i pregiudizi degli altri, cercando di insegnar loro quanto si sbagliano.

 

Se io me ne andassi ora, vincerebbero loro; ed è una cosa che non posso permettere. Non posso permettere a certa gente di vincere, di vincermi, di annientarmi così.

 

Prendo un profondo respiro prima di parlare, e mi rendo conto che questo momento è decisivo: non solo per un futuro prossimo, quanto più che altro per tutta la mia vita. Non posso continuare a scappare, e non voglio che lo faccia anche Blaine. Avevo promesso, prima, che sarei stato forte per lui, che sarei stato la sua ancora; ed è quello che ho intenzione di fare. Inoltre io stesso non voglio scappare: dimostrerò loro quello di cui sono capace. Dimostrerò a quelle persone disoneste che non mi hanno sconfitto.

 

«Tornerò là dentro e mi farò incoronare,» decreto, fissando Blaine negli occhi.

 

Ed è il sorriso fiero che mi rivolge il mio ragazzo, i suoi occhi in cui posso leggere amore e ammirazione, che mi danno la forza di continuare a parlare.

 

«Farò vedere loro che anche se mi urlano addosso, o bisbigliano alle mie spalle, non possono scalfirmi,» dico ancora.

 

Non permetterò loro di toccarmi; mi farò scivolare addosso qualsiasi cosa vorranno gettarmi contro, non mi importa. Ed è guardando Blaine che mi rendo conto che non permetterò loro di toccare anche noi, me e lui. Ci siamo già fatti fin troppi problemi, non godendoci il ballo fino in fondo: e chiunque merita di godersi il proprio ballo scolastico, noi ce lo meritiamo. Così mi inginocchio vicino a Blaine e gli dico:

 

«Non possono scalfire noiBlaine si stacca dagli armadietti, tendendosi verso di me, un sorrisetto soddisfatto e ammirato sul volto, e riprendo a parlare, «O quello che abbiamo.»

 

Gli afferro la mano, stringendola con forza, mentre lui fa scivolare le dita tra le mie; rimaniamo a fissarci in attesa della prossima mossa, senza sapere davvero che cosa dire. Non so cosa stia passando per la testa di Blaine in questo momento, ma forse lo immagino: spero stia pensando alle mie parole, al fatto che non è solo il mio momento di ergermi di fronte ai pregiudizi e combatterli, ma forse, se vorrà, è anche il suo momento. E invece mi spiazza.

 

Blaine mi tira verso di sé e mi bacia, l’altra mano che corre subito a intrecciarsi nei miei capelli. Data la forza con cui mi ha tirato verso di lui, e soprattutto visto che non me lo aspettavo, mi ritrovo sbilanciato: così appoggio una mano sulla sua spalla per sostenermi.

 

Rilascio un sospiro quando mi rendo conto che aspettavo questo momento da tutta la serata, fin da quando l’ho visto scendere dall’auto per venirmi incontro sul vialetto di casa e aprirmi la portiera della macchina con fare elegante. Ritrovato l’equilibrio, faccio scivolare la mano che tenevo sulla sua spalla, fino alla sua guancia. Quando Blaine inizia a leccarmi il labbro inferiore, apro la bocca, permettendo alla sua lingua di entrare e spaziare nella mia bocca, giocando con la mia lingua e stuzzicandomi il palato. È un bacio lento, dolce e mi accorgo che ora come ora, nulla sarebbe in grado di farmi staccare da questo bacio: potrebbero arrivare anche tutti i giocatori del McKinley a farci fuori ma, prima di permettere loro di farlo, finirei di baciare Blaine.

 

È baciando in questo modo così pieno di amore il mio ragazzo, che tutte le mie paure, tutta la tristezza, l’indecisione, la paura e la rabbia scivolano via da dentro di me, quasi come se fosse una specie di medicina per i brutti pensieri.

 

Sospiro nel bacio, mentre Blaine si stacca da me. Mi guarda negli occhi e mi regala uno dei suoi sorrisi, quelli che ha sempre rivolto solo a me e che sono in grado di farmi sciogliere come neve al sole. Blaine mi accarezza una guancia e l’unica cosa che mi dice è una sola, semplicissima parola: “Coraggio.”

 

Poi, prima che io possa alzarmi, si mette le mani in tasca ed estrae un pacchetto di fazzolettini. Gli lancio un’occhiata interrogativa, e lui mi risponde con un’alzata di spalle, quasi a dirmi che se lo aspettava che sarebbe successo qualcosa. Gli sorrido, grato, e ne prendo uno. In questo istante sono davvero un disastro: ho gli occhi rossi e umidi di pianto, il naso bordeaux, e il respiro un po’ affaticato – anche se quello sia colpa del bacio.

 

Mentre mi asciugo gli occhi e mi soffio il naso, Blaine si alza in piedi, spazzolandosi i pantaloni e guardandosi intorno: siamo soli, nessuno ci ha seguiti. Poi sposta lo sguardo su di me e mi sorride appena, tendendomi la mano.

 

«Sei pronto?» mi chiede.

 

Io gli sorrido, gli afferro con forza la mano e Blaine mi tira in piedi. Non appena ci troviamo l’uno di fronte all’altro, lo abbraccio di slancio; le sue braccia mi stringono subito, pronte, mentre il suo mento trova posto sulla mia spalla. Rilascio un profondo sospiro, sentendomi finalmente al sicuro.

 

È con molta fatica che mi stacco da lui, lo prendo per mano e mi dirigo verso la palestra, Blaine che cammina al mio fianco. So bene che anche lui è spaventato, ma non lo siamo abbastanza da permettere a quella gente di toccarci. Inoltre, in palestra ci sono tutti i nostri amici; vorrei tanto ci fosse anche Finn, ma confido in tutti gli altri ragazzi. Per di più ci sono i professori: nessuno ci farà del male. Devo solo resistere.

 

Arrivati davanti alla porta della palestra, ci fermiamo. Blaine si volta verso di me e si limita a guardarmi; io gli stringo forte la mano prima di decidermi a lasciarla andare. Distolgo lo sguardo dal suo e lo fisso sulla porta che Blaine, molto elegantemente, mi tiene aperta. Faccio un altro profondo sospiro prima di scrollare le spalle ed entrare in palestra, a testa alta.

 

All’inizio gli studenti non sembrano nemmeno far caso a me; tuttavia, il chiacchiericcio presente nella sala si spegne quando salgo sul palco e mi notano. Senza degnarli di uno sguardo, mi dirigo verso il preside Figgins; dietro di lui, vedo David seduto sul suo trono, con indosso la corona.

 

Il preside mi si avvicina con espressione contrita, dalla quale però non mi faccio condizionare: qui non sono io a dovermi vergognare, ma tutte le persone presenti in questa sala che mi hanno votato. Non appena mi ritrovo davanti a Figgins, il mio sguardo si sposta, totalmente indifferente, o almeno spero sia così, sugli studenti di fronte a me, alla ricerca di Blaine, che però non vedo.

 

«Signore e signori,» inizia il preside, «la reginetta del ballo studentesco del 2011… Kurt Hummel

 

La sala non esplode in applausi come era successo prima con David, ma la cosa mi lascia del tutto indifferente. Aspetto che Figgins mi metta sulla testa la corona, e abbasso appena la testa quando essa si posa su di me; attendo poi che il preside mi porga lo scettro e gli regalo un piccolo, minuscolo sorriso di ringraziamento.

 

So che è giunto il momento che io dica qualcosa, ma in questo momento non ho niente in mente se non degli insulti da rivolgere alle persone che mi vedo di fronte. Spazio con lo sguardo tra la folla, alla ricerca di un volto amico, soprattutto quello di Blaine, ma non è lui che vedo. Vedo Rachel: la sua espressione è un misto di tristezza e tenerezza. È su di lei che mi concentro quando inizio a parlare, senza sapere, in realtà, che cosa dire.

 

E poi, penso a quanto non mi sarei mai aspettato che il mio ballo andasse così, a quanto io abbia sperato di poter vivere un’esperienza normale dell’adolescenza di qualsiasi ragazzo, senza che essa venisse rovinata. Ripenso a quanto mi sia impegnato, a quanto abbia fatto le cose con tutta la dovuta cura, proprio come avevo detto a mio padre per quanto riguardava il mio vestito… già, il mio vestito.

 

«Roditi il fegato, Kate Middleton,» mi esce dalle labbra. E non riesco a fermare il sorrisetto strafottente che mi spunta sulle labbra, ben consapevole che poche persone in questa stanza possano capire il riferimento ad Alexander McQueen e le nozze reali.

 

Tuttavia qualcuno sembra capirlo, perché vedo alcune persone sorridere; i miei occhi sono ancora concentrati su Rachel, che mi rivolge un sorriso enorme e inizia a battere le mani, saltellando su e giù. Parte un applauso e qualche urlo, e io non posso fare a meno di chiedermi chi delle persone che ora mi trovo davanti, hanno partecipato alla votazione segreta che mi ha incoronato reginetta.

 

Il preside mi da qualche colpetto sulla spalla, forse per rassicurarmi un po’ e mi rivolge un sorrisetto, che ricambio; poi si riavvicina al microfono.

 

«E adesso, come da tradizione, il re e la reginetta di quest’anno apriranno le danze.»

 

Questa frase mi lascia del tutto spiazzato. Come ho potuto non pensare a questa eventualità? Era logico che avrei dovuto ballare con David, ma non ci ho minimamente pensato. Mi chiedo se invece lo abbia fatto Blaine, se possa dargli fastidio vedermi mentre ballo con Karofsky.

 

E soprattutto lui, che cosa ne pensa? Sarà in grado di farlo?

 

Lo osservo mentre si alza dal suo trono, l’espressione totalmente spaventata, che mi ricorda tanto quando mi ha parlato di fronte alla porta della mia aula, solo pochi giorni fa. So bene che lui non c’entra niente con la mia votazione, non sarebbe stato così stupido da ritrovarsi poi in questa posizione compromettente. David non può semplicemente ballare con me, perché sa bene che poi la sua vita sarebbe rovinata; già da quando ha fondato con Santana i “Frustabulli”, la sua posizione all’interno della squadra si è fatta un bel po’ precaria e instabile. Però, forse, può prendere questa occasione come il momento giusto per farsi avanti; dopotutto, sia io sia Blaine abbiamo capito che questo era il momento giusto per ergersi in lotta contro i pregiudizi: può essere lo stesso anche per David.

 

Mentre scendiamo dal palco, gli studenti che si aprono in due ali per lasciarci lo spazio necessario, gli sussurro, in modo che solo lui possa sentirmi: «E’ il tuo momento.»

 

«Che cosa?» mi chiede lui con un tono di voce davvero spaventato e confuso.

 

«Di fare coming out,» gli rispondo io. «Di fare la differenza.»

 

La musica inizia a suonare, ma io quasi non la sento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Buon pomeriggio a tutti! Questa volta mi sa che le note saranno più lunghe del previsto… ma a me piace sclerare con voi, perciò in realtà sono felice! *__*

 

Allora, innanzitutto, volevo scusarmi per l’enorme ritardo; questa volta è colpa del mio modem di casa che ha deciso di dare allegramente forfait e non sapevo come fare a passare il capitolo alla collega. Però per lo meno mi sono portata avanti con il prossimo capitolo che, purtroppo, sarà il mio ultimo capitolo.

 

Eh sì, questa storia sta giungendo al suo termine, mancano ormai soltanto due capitoli! Tuttavia, rullo di tamburi (*Finn esegue*), diciamo qui ufficialmente che ci sarà un Klaine Songs 2 di cui abbiamo già plottato la maggior parte dei capitoli =)

 

Infine, spero che il capitolo vi sia piaciuto; ammetto di essere stata un bel po’ spaventata all’idea di scrivere questo capitolo perché avevo paura di deludervi, ma soprattutto di non riuscire a rendere bene i pensieri che travolgono Kurt in quel momento. Spero di esserci riuscita in maniera abbastanza decente. Inoltre, scrivere questo capitolo mi ha leggermente tirata su di morale soprattutto dopo l’episodio del prom di quest’anno che mi ha un po’ delusa… stupida FOX, lei e i suoi tagli! -.-

 

Detto questo, mi dileguo, ma non prima di ringraziare tutti i lettori silenziosi e non *__* Love you, guys!  

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Dancing Queen ~ Kurt ***


NOTE: Eh sì, questa volta vi rompo le scatole anche qui! =) Allora, questo è il penultimo capitolo di Klaine Songs 1, soprattutto è l’ultimo capitolo scritto da me… In questi giorni mi sta davvero piangendo il cuore, e ho un’ansia addosso per la fine di Glee che davvero scoppio a piangere ogni due per tre! Forse è per questo che non è stato facile scrivere questo capitolo… Ma comunque, per quanto riguarda il capitolo vi rimando alle NdA in fondo – giuro che saranno brevi!

Qui però volevo in qualche modo giustificare la scelta di questa canzone. Questa storia si basava sul principio di: usiamo solo le canzoni che cantano o Kurt o Blaine e alle quali l’altro è presente. Diciamo che questo principio si è un po’… elasticizzato (e lo si vedrà soprattutto in Klaine Songs 2, ma di questo ne parleremo più avanti xD). Anyway, per quanto riguarda questa scelta… beh, ci è sembrata la più adatta. L’idea di finire con questa canzone ci è piaciuta e abbiamo deciso di sfruttarla! =)

Perciò… enjoy!

 

 

 

 

 

31°_ Dancing Queen ~ Kurt

~ Quando puoi solo lasciarti andare ~

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Aahhh

Aahhh

Ohhh yeeah

 

 

Le voci di Mercedes e Santana si levano alte e cristalline, mentre le note di Dancing Queen degli ABBA cominciano a risuonare. Vorrei soffermarmi a pensare a quanto questa canzone sia assolutamente perfetta per una situazione del genere, ma in questo contesto non fa che essere ancora più umiliante.

 

Tuttavia ora non ho tempo per considerare l’idea di nascondermi da qualche parte, o urlare parole velenose alle persone che ci circondano; e lo farei anche, ma non voglio mostrarmi debole ai loro occhi. Voglio che assistano alla mia più completa e totale indifferenza.

 

In realtà ringrazio di non essere solo. Vero, forse avrei preferito avesse vinto qualcun altro, come Puck o Finn; certo, ballare con loro sarebbe stato imbarazzante, ma almeno sono degli amici e mi avrebbero protetto. Tuttavia, meglio David che qualsiasi altro giocatore di football; per lo meno David mi capisce, anche se non so ancora cosa voglia fare. E l’assurdità di questo pensiero mi colpisce come un pugno: è come se io ora mi fidassi di lui e questo mi lascia assolutamente basito.

 

Mi volto verso di lui e alzo il mento, aspettando che lui faccia qualcosa. Io e David ci guardiamo negli occhi, e io prendo un grosso sospiro, alzando e abbassando le spalle, quasi come se mi stessi tuffando in un oceano oscuro che non conosco; e difatti è così: è un salto a occhi chiusi quello che stiamo per fare. E guardando l’espressione di David, mi rendo conto che forse sarò il solo a farlo.

 

Il ragazzo davanti a me non ha più nulla del giocatore di football che mi spingeva contro gli armadietti solamente l’anno prima; l’ho visto strafottente, arrabbiato, confuso e triste, ma mai spaventato. O almeno non come adesso. David è completamente terrorizzato.

 

«Non posso» mi dice con un’espressione dispiaciuta in volto prima di passarmi vicino e andarsene via velocemente.

 

Io non posso trattenermi dal girarmi verso di lui, quasi come se lo volessi chiamare e farlo tornare indietro. In questo momento c’è solo un pensiero nella mia testa: Non abbandonarmi, non lasciarmi qui da solo.

 

Non so se ce la faccio a continuare con la sceneggiata del “sono forte e perciò me ne infischio di voi e dei vostri pregiudizi”, non da solo. Per lo meno prima c’era David con me. E non sarò solo sfottuto a vita per essere stato eletto reginetta, ma anche per essere stato abbandonato dal suo re. Quasi come a voler dimostrare che sono io quello sbagliato, che un ragazzo non può ballare con un altro ragazzo, perché è contro natura.

 

Rimango girato, senza sapere cosa fare. Mi sembra che questa sia stata davvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso; non riesco a respirare e sento un improvviso freddo glaciale avvolgermi. Non capisco come sia possibile dal momento che in questa palestra si muore di caldo, ma poi mi rendo conto che è un freddo interiore: sono da solo, sono più vulnerabile che mai.

 

Dio, ho un disperato bisogno di Blaine in questo momento.

 

Ed è proprio in quell’istante, proprio nel momento in cui l’immagine di Blaine e di tutte le nostre occhiate, conversazioni, litigate, riappacificazioni e baci mi riempiono la mente, proprio nello stesso istante in cui mi chiedo se quel ragazzo tanto coraggioso avrebbe la forza di volontà di venire da me adesso, a sostenermi, è qui che sento una voce alle mie spalle.

 

«Scusami,» dice la voce, ed è la voce più bella e dolce che io abbia mai sentito in vita mia. Io amo quella voce, me ne sono innamorato non appena l’ho sentita per la prima volta, e mai smetterò di farlo.

 

Mi volto e vedo Blaine dritto di fronte a me. Riesco a leggere benissimo la sua espressione: c’è paura nei suoi occhi, i lineamenti sono tirati e quasi sull’attenti; ma non c’è solo questo. La paura è nascosta da qualcos’altro, qualcosa che non riesco a capire bene ma che allo stesso tempo mi sembra dannatamente familiare. Blaine mi sorride appena e mi rendo conto che lui, ora, è me. Le rughe del suo viso si distendono; è spaventato ma pronto ad affrontare tutto quanto, qualsiasi cosa pur di stare al mio fianco. E io sono uguale a lui, perché solo ora che lui è qui sono certo di potercela fare.

 

Blaine mi tende la mano dopo aver detto, «Posso avere l’onore di questo ballo?»

 

 

You can dance, you can jive 
Having the time of your life
 
Ooh see that girl, watch that scene
 
Dig in the dancing queen
 

 

 

Blaine, il mio cavaliere per il ballo, il mio ragazzo è qui davanti a delle persone omofobe, perfide e cattive che mi hanno appena umiliato, che ci hanno appena umiliato, e mi sta chiedendo di ballare. E ora come ora non mi importa più di niente, perché tutto questo sembra così dannatamente giusto, proprio come ho sempre desiderato che fosse il mio ballo scolastico, proprio come nei miei sogni, che non esito neanche un attimo nel rispondergli, «Sì. Sì, puoi.»

 

Blaine mi prende tra le sue braccia, mettendomi una mano dietro la schiena e afferrando l’altra mia mano, in una stretta salda e decisa, di certo rassicurante. Io stringo le dita tra le sue e gli poso l’altra mano sulla spalla, avvicinandomi a lui quanto più possibile.

 

Non posso fare a meno di guardarmi attorno, di osservare i volti delle persone che ci circondano, alla ricerca di un qualche segno di disgusto alla vista di due ragazzi che ballano insieme. Al contrario invece, Blaine non guarda nessun altro a parte me, e inizia a muoversi a ritmo di musica, sorridendo, probabilmente cercando di scacciare via la tensione e la paura.

 

Mi chiedo come faccia, vorrei essere in grado di lasciarmi andare anch’io. Lo guardo attentamente in viso, come se il segreto fosse nascosto lì, da qualche parte, e del tutto inaspettatamente lo trovo.

 

Blaine mi sta guardando, mi sta semplicemente guardando. Guarda me e non le altre persone, si limita a sorridere felice per il semplice fatto di poter ballare con me. Io non posso fare a meno di lasciarmi andare, seguendo il suo esempio e perdendomi del tutto nei suoi occhi caramellati, che mi catturano come una calamita. Brillano come non mai quando si rende conto che ormai sono totalmente preso da lui, incurante di ciò che ci circonda.

 

Ed è in quel momento, quando chiudo tutti i problemi fuori, che tutti quanti spariscono. Siamo solo noi, semplicemente io e Blaine, che mi tiene stretto fra le sue braccia, spingendomi appena contro di sé con la mano che ha dietro la mia schiena. Ora mi sento protetto, al sicuro, solo ora che sono tra le sue braccia.

 

Blaine è riuscito a rendere un momento umiliante e imbarazzante, assolutamente perfetto. Sembra mi stia dicendo Lasciati andare, Kurt!  

 


Friday night and the lights are low
 
Looking out for a place to go
 
Where they play the right music, getting in the swing
 
You come in to look for a king
 

 

Quasi non faccio caso agli altri studenti che si uniscono a noi, Rachel per prima; sono troppo impegnato a chiedermi quanto sia stata dura per Blaine affrontare tutto questo. Le esperienze dei suoi balli scolastici sono certamente pessime, però ha deciso di avere coraggio e affiancarmi, prendermi per mano e non lasciarla andare mai, tenendomi al sicuro.

 

Non che mi aspettassi altro dal ragazzo che, senza conoscermi, mi aveva stretto la mano tra la sua per condurmi a vedere l’esibizione del suo Glee Club. Anche allora aveva dimostrato coraggio; certo, sapeva che nessuno dei ragazzi attorno a lui lo avrebbe sbattuto contro il muro per fargli del male o lo avrebbe insultato, ma ha lo stesso avuto coraggio. E in realtà lo ha dimostrato tante altre volte. Come quando mi ha difeso con David la sera dei negletti, o quando ha cantato per me Somewhere only we know.

 

Sono così fiero di lui. Aveva tutti i diritti di questo mondo per essere spaventato, ma è lo stesso qui, con me. Non mi ha ancora abbandonato; e da come mi sta stringendo, non credo che lo farà tanto presto.

 

Mi sorride e mi allontana; io seguo i suoi suggerimenti e mi ritrovo a girare e ridere di cuore, dimentico di chi ci sta intorno. Dopo avermi fatto fare un paio di giravolte, Blaine mi riavvicina a sé, e io lo stringo forte, guardandolo negli occhi. Non gli dico nulla, so che lui riuscirà a leggere il Grazie sulla superficie di essi.

 

La luce improvvisa di un flash fa strizzare gli occhi a entrambi; giriamo la testa, senza tuttavia staccarci, e vediamo Sam e Rachel salutarci con la mano, mentre il ragazzo ripone nella tasca della giacca una macchina fotografica.

 


And when you get the chance
 
You are the dancing queen
 
Young and sweet, only seventeen
 
Dancing queen, feel the beat
 
From the tambourine, oh yeah
 

 

Io e Blaine ci guardiamo, sorridendo, e decidiamo di lasciarci completamente andare alla musica e alla gioia del momento, godendo semplicemente della presenza l’uno dell’altro e del fatto che, anche se in uno strano contesto, stiamo vivendo una semplice esperienza da ballo scolastico. Balliamo vicini, a volte sfiorandoci le mani e altre volte abbracciandoci proprio, non curanti di chi ci circonda; e questa volta, sembra che anche a loro non importi nulla di noi. Si stanno tutti divertendo, danzando in giro per la palestra.

 

Non avrei mai immaginato che il mio ballo potesse essere così; certo, è stato umiliante, e così lo ricorderò. Però ricorderò anche che il mio ragazzo ha avuto il coraggio di non abbandonarmi e mi è stato vicino. Sorrido al pensiero che solo pochi mesi prima, solo poche settimane prima di conoscere Blaine, mi lamentavo con mio padre del fatto che io non potessi avere la vita di un adolescente normale, la storia d’amore di un adolescente normale: non avrei mai potuto stringere la sua mano nel corridoio della scuola, né avrei potuto danzare con lui al ballo. E invece eccomi qui, a ballare con Blaine, privo di qualsiasi turbamento: basta non pensare al peso della corona sulla mia testa.

 

In un anno, le cose sono davvero cambiate per me. Solo un anno prima pensavo che non avrei mai avuto nessun ballo, che non sarei mai stato in grado di essere coraggioso, che non avrei mai avuto qualcuno che mi stringesse come mi sta stringendo Blaine in questo istante, negli occhi un scintillio che riesco a riconoscere. È lo stesso che sento di avere nei miei occhi quando parlo di Blaine, lo sguardo innamorato che ho rivolto sempre e solo a lui. Non sono mai stato innamorato prima di Blaine – le cotte per Finn e Sam non sono neanche da prendere in considerazione.

 

Durante tutto quest’anno, sono cresciuto e maturato, e tutto questo è accaduto con Blaine. Ci sono stati dei momenti in cui davvero non credevo ce l’avrei fatta, dei momenti in cui quasi non volevo più trovarmi qui. Poi però penso a tutte le belle esperienze avute quest’anno e a quelle che ancora ci saranno – le Nazionali sono sempre più vicine, New York ci sta aspettando – e in tutte queste esperienze riesco a vedere Blaine. Devo ammettere che gran parte delle cose belle successe finora sono soprattutto merito suo.

 

Mi ritornano di nuovo alla mente tutto ciò che abbiamo dovuto passare per trovarci a questo punto. È come se riavvolgessi il nastro, così che le cose scorrano in senso inverso. E quindi passo dalla morte di Pavarotti, alla lite sul sesso – e oh, ora che ci penso forse l’idea di per sé non mi fa più così schifo, ma solo spavento per qualcosa che non conosco – e poi arrivo alla stupida cotta di Blaine per Rachel e Jeremiah, giungo infine al Natale e alla figuraccia dei regali, e per ultimo, mi torna in mente la voce di Puck che praticamente mi ordinava di andare a spiare i Warblers. Credo dovrò fare un regalo a Puck, prima o poi.

 

Io e Blaine ne abbiamo davvero passate tante, troppe. A volte ho pensato che non ce l’avremmo fatta, ma alla fine ciò che proviamo l’uno per l’altro ha avuto il sopravvento; guarda caso, riesce sempre ad avere il sopravvento, qualunque difficoltà ci si pari davanti. E credo di poter dare un nome a ciò che proviamo io e Blaine: amore. Dobbiamo solo avere il coraggio di dircelo. E so che ci arriveremo, pian piano e nel momento giusto.

 


You can dance, you can jive
 
Having the time of your life
 
Ooh see that girl, watch that scene
 
Dig in the dancing queen
 
Dancing dancing queen
 
Dig in the dancing queen

 

Blaine attira la mia attenzione, staccandosi da me e facendo finta di cantare a squarciagola la canzone; io mi riprendo dai miei pensieri e lo imito, muovendomi a ritmo di musica. In quel momento, dall’aria piovono un centinaio di palloncini colorati, che cadono sulle nostre teste. Cominciamo tutti a fare a gara a chi ne colpisce di più, facendo sì che continuino a volare.

 

Sono così preso da un palloncino giallo che mi vola davanti al viso e che colpisco con attenzione, che non mi accorgo di un altro che arriva dritto sulla mia faccia, spuntato da chissà dove. Non riesco a fermarlo, ormai è troppo tardi, e sono già pronto a farmelo arrivare addosso, quando però la mano di Blaine compare davanti alla mia visuale e colpisce il palloncino. Poi mi sorride e continua a ballare, saltellando su e giù e facendo l’idiota; quando si comporta in maniera così infantile, mi ricordo che è più piccolo di me di un anno.

 

Tuttavia ora non ci penso; penso all’emerita sciocchezza che mi è appena venuta in mente. So che è una cavolata, perché davvero, quel palloncino non mi avrebbe certamente fatto male se mi fosse arrivato in faccia, però mi trovo a chiedermi se Blaine non mi avrebbe “salvato” anche se fosse stata un’altra cosa. Mi basta guardarlo negli occhi per rendermi conto che sì, lo farebbe.

 

Mi avvicino a lui, con l’improvviso bisogno di sentirlo vicino, il più possibile. Blaine mi mette le mani intorno alla vita e inizia a farci girare in tondo; io stringo forte la sua spalla e con l’altra tengo la corona che rischia di scivolare. I miei occhi si legano a quelli di Blaine mentre continuiamo a girare, e li lasciano soltanto quando siamo costretti a fermarci, e solo per scivolare dai suoi occhi alle sue labbra.

 

Improvvisamente mi sembra quasi che le sue mani siano pesanti sui miei fianchi e dietro la mia schiena; riesco quasi a sentirne il calore attraverso la stoffa. I miei occhi si soffermano ad analizzare ogni piega delle sue labbra e scivolano giù, fino alla curva della sua mascella, fino a che non risalgono ai suoi riccioli catturati dal gel. Deglutisco, stringendomi di più a lui senza neanche rendermene conto.

 

Dancing Queen è appena finita, Santana e Mercedes scendono dal palco dopo aver posato i microfoni, e Blaine cerca di attirare la mia attenzione, con un’espressione incuriosita sul volto: non capisce perché io sia diventato serio all’improvviso. Quando incrocio i suoi occhi non posso evitare di arrossire, mentre il pensiero delle sue mani, che prima scorrevano sull’asta del microfono e che ora sono appoggiate sulla mia schiena, mi fa stringere lo stomaco in una morsa.

 

Mi allontano velocemente da lui e gli sorrido, deglutendo di nuovo e cercando di non fissare con insistenza le sue mani. Ma Blaine ha davvero delle mani bellissime, grandi e calde; sono lisce e le vorrei così tanto su di me che…

 

Aspetta! Cosa?

 

Se possibile, arrossisco ancora di più dopo quest’ultimo pensiero. Che cosa credo di fare? Io ho una paura tremenda, ma questa sera non mi pare proprio il caso di mettere altra carne al fuoco. Però ho davvero bisogno di un po’ di coccole da Blaine, ho bisogno di stare da solo con lui, lasciando che mi curi le ferite. Non mi rendo conto di essere diventato di nuovo serio, così, soprattutto per non far preoccupare Blaine, sorrido e gli dico, «Prima di andarcene dobbiamo fare la foto.»

 

Lui annuisce e mi sorride, prendendomi la mano e trascinandomi via. E io ne approfitto per stringere forte le sue dita e perdermi nella morbidezza del suo tocco e nel calore che mi avvolge la mano.

 

 

~ ∞ ~

 

 

Sono solo le undici e un quarto quando Blaine posteggia la macchina sotto casa mia. Si volta a guardarmi, prendendomi la mano che avevo tenuta stretta ai pantaloni; la sua espressione è chiaramente interrogativa. Si starà domandando che cosa diamine mi prenda.

 

Il problema è che non lo so neanche io. Da dopo quel nostro “avvicinamento” proprio in questa macchina qualche settimana fa, non è più successo niente tra di noi; non c’è stato tempo, e soprattutto io non sapevo che cosa avrei voluto fare. Quello che è successo in macchina, nel posteggio buio del cinema, è stato un momento di pura follia; non avevo intenzione di fare quello che ho fatto. So solo che avevo sentito il desiderio di sentirlo vicino, tanto vicino, e che poi il mio cervello si era letteralmente spento, facendo sì che non fosse la mia parte razionale ad agire.

 

Tutto questo mi ha spaventato. Il non poter avere il totale controllo sul proprio cervello, la difficoltà nel riuscire a fermarsi e rimanere concentrati, senza lasciarsi portare via dalle sensazioni, dal calore e dalla bellezza del momento. Perché sì, è stato dannatamente bello. Solo che ora non so cosa fare; senza contare che ho anche paura che venga fuori una cosa programmata e scontata.

 

Non so come affrontare tutto questo, sono spaventato a morte. Però, se c’è una cosa che so, è che ora come ora l’idea di separarmi da Blaine mi terrorizza terribilmente; ho quasi paura di non riuscire a respirare se si allontanasse troppo da me. Ho ancora bisogno di lui, probabilmente ne avrò sempre, ma in questo momento non voglio assolutamente separarmi da lui. Voglio stare con Blaine, anche solo tenerlo abbracciato e addormentarci così, semplicemente. Lo vorrei davvero tanto.

 

Cosa c’era scritto sugli opuscoli che mi aveva dato mio padre? Procedere a piccoli passi. Perfetto, allora credo che comincerò a chiedergli di salire su a casa.

 

Mi volto verso Blaine, che mi sta guardando con la stessa espressione interrogativa di prima. Gli sorrido e gli accarezzo il viso, mentre lui si protende verso di me, puntando direttamente alle mie labbra; io però mi scanso e lo abbraccio.

 

Lo sento irrigidirsi, spiazzato dalla mia reazione, ma non gli lascio nemmeno il tempo di interrogarsi sul mio comportamento e farsi un sacco di paranoie che, ormai ho imparato, si fa, che dico: «Ti va di salire su da me?»

 

Non appena le parole mi escono di bocca, mi rendo conto che la mia domanda può essere altamente fraintendibile. Mi allontano di scatto dall’abbraccio e inizio a balbettare parole senza senso, sentendomi arrossire.

 

«N-no, non è come… come credi! Cioè, i-io… io e te… noi… no! Però…»

 

Fortunatamente Blaine mi zittisce, posandomi un dito sulle labbra; non posso evitare di lasciarmi sfuggire un sospiro sentendo la pressione del suo dito sulla mia bocca. Che cosa diamine mi sta prendendo?!

 

«Kurt, stai tranquillo! Non c’è bisogno di agitarsi, davvero.» Mi sorride e mi posa un bacio sulla guancia, lasciandomi poi andare.

 

Io mi sento un emerito idiota, così, totalmente impacciato, scendo dalla macchina, lasciandomi alle spalle quell’imbarazzo che si era venuto a creare. Blaine mi segue e mi affianca subito mentre percorriamo il vialetto di casa mia, e forse per spezzare un po’ la tensione mi dice, «Sono curioso di vedere come sta Finn…»

 

Io ne approfitto al volo e rispondo, «Già, anche io.»

 

Blaine mi sorride e mi prende per mano, di nuovo; sembra proprio che stasera non faccia altro. Non che me ne lamenti, anzi. Ma forse in fondo il mio desiderio non è poi tanto diverso dal suo.

 

Arrivati davanti alla porta di casa, mi permetto di suonare; ci sono ancora un po’ di luci accese, segno che Carole e papà non sono ancora andati a dormire. Non appena la porta si apre, ci troviamo davanti tutti e tre i membri della mia famiglia; non faccio in tempo a chiedermi il motivo per quel comitato di accoglienza, che mio padre mi abbraccia, costringendomi a lasciare la mano di Blaine.

 

«Papà?» chiedo, basito. Vero che ho ancora la corona in testa, quindi non è difficile capire che la sua reazione è collegata a quello, ma mi sembrava che sapesse qualcosa fin da prima.

 

«Oh Kurt, sono così felice che tu sia tornato!» dice mio padre, per poi lasciarmi andare, tossendo leggermente e cercando di ridarsi un contegno quando si rende conto del suo gesto.

 

«Papà, tranquillo. Sto bene.»

 

Dico solo questo; non gli spiego la rabbia verso me stesso, la delusione, l’umiliazione che ho dovuto patire questa sera. Non gli rivelo che sono di nuovo scappato, né che poi ho deciso di tornare indietro. Non gli dico che se non ci fosse stato Blaine non avrei saputo che fare, che la sua sola presenza mi ha dato il coraggio necessario per reagire a quell’ingiustizia. Non gli dico niente, perché intanto so benissimo che mio padre capirà; non voglio parlarne adesso, ci sarà tempo domani per farlo. Ora voglio solo rilassarmi un po’ e lasciarmi coccolare dal mio ragazzo, senza alcun intoppo e senza aver paura di spingermi troppo oltre e poter essere visto.

 

Ed è proprio in quanto mio padre mi capisce che non fa obiezioni quando gli chiedo, «Blaine può entrare un attimo? Io…» non so se continuare, se ammettere questa debolezza davanti a lui, a tutti gli altri e soprattutto a Blaine, ma lo faccio, «… ho bisogno di stare un po’ da solo con Blaine

 

E guardo dritto negli occhi di mio padre, perché così come lui è capace di interpretare i miei pensieri, io sono in grado di interpretare i suoi. Perciò so benissimo cosa starà pensando in questo istante, ma io voglio che capisca che può fidarsi di me. Gli ho chiesto il permesso di portare Blaine in camera mia, solo per un po’; avrei potuto fare tutto di nascosto, o peggio, avremmo potuto fermarci in macchina, e lui lo sa bene. Forse è per questo che ci lascia passare, facendo un piccolo segno di assenso con la testa.

 

«Grazie,» dico soltanto, prendendo di nuovo la mano di Blaine e tirandomelo dentro casa. Non oso alzare lo sguardo su di lui per vedere come ha reagito alla mia affermazione di prima.

 

Prima di salire le scale, mi volto verso Finn, che ha uno sguardo dispiaciuto sul volto; ricambia il mio sguardo e fa un passo verso di me, sospirando e abbassando poi gli occhi.

 

«Mi dispiace, Kurt. Sarei dovuto essere presente, non avrei dovuto farmi cacciare dal ballo; dovevo cercare di restare lì e proteggerti,» rivela con un tono di voce particolarmente basso.

 

Rimango colpito dalle sue parole e quasi non riesco a deglutire a causa del magone che mi si è formato in gola; ma non voglio piangere, mi sembra di aver già sprecato fin troppe lacrime questa sera.

 

«Non preoccuparti. Piuttosto, vedi di chiamare Quinn e chiedile scusa; e forse dovresti fare lo stesso con Rachel,» gli dico.

 

Poi rivolgo l’attenzione a Carole e papà. «Non staremo su tanto; Blaine deve tornare alla Dalton, quindi non preoccupatevi per l’orario.» Blaine non dice niente, si limita a stringermi un po’ di più la mano.

 

Carole a quel punto, stupendo un po’ tutti quanti, commenta: «Non credo sia il caso che Blaine guidi a quest’ora di notte. È venerdì sera… magari può dormire qui. Intanto domani mattina non ha lezione, giusto Blaine

 

Blaine mi guarda un attimo, stupito, e poi sposta lo sguardo su Carole. «Sì, non ho lezione domattina. Ma davvero, non vorrei disturbare e…» Ma non fa in tempo a finire la frase che è mio padre a prendere la parola.

 

«Nessun disturbo; abbiamo la stanza degli ospiti che non vede l’ora di essere utilizzata da qualcuno.»

 

Un sorriso spontaneo mi esce sulle labbra: Blaine dormirà qui. Tutti quanti mi stanno fissando ora, guardano il mio sorriso e li sento rilasciare un basso sospiro di sollievo; forse avevano paura che dessi di matto o simili. O, molto più probabilmente, sono solo felici di vedermi sorridere.

 

Vorrei tanto ringraziarli, ma non riesco a dire niente. Così è Blaine a prendere la parola, ringraziando tutti quanti per la disponibilità, ma dicendo che non ha niente con sé. Finn si offre subito di prestargli una maglia, Carole corre a prendergli un nuovo spazzolino da denti che avevamo di riserva e io gli dico che gli impresterò un paio di pantaloni.

 

Quando Blaine ha in mano lo spazzolino da denti e la maglietta di Finn, faccio per voltarmi e trascinarmelo in camera, ma mio padre ci ferma.

 

«Ragazzi… A mezzanotte vi voglio ciascuno nella propria stanza. Chiaro?» Ha un sopracciglio sollevato, quasi come se ci stesse mettendo alla prova; ed effettivamente, credo proprio sia così: se rispettiamo le sue regole, Blaine potrà stare qui quanto vuole. Perciò ho intenzione di rispettarle.

 

«Certo,» dice Blaine che, forse molto più di me, non vuole deludere la fiducia di Burt.

 

Poi, finalmente, siamo liberi di salire le scale, varcare la soglia di camera mia e chiuderci la porta alle spalle. E non appena sentiamo il “click” dietro di noi, non esitiamo un attimo: ci fiondiamo l’uno tra le braccia dell’altro, stringendoci forte come se fosse l’ultima volta che potessimo farlo. Lascio cadere a terra lo scettro che tenevo ancora in mano e strappo via la corona dalla mia testa, mentre Blaine lancia letteralmente la maglia di Finn e lo spazzolino sulla poltrona vicina al mio letto.

 

Io affondo la testa nel collo di Blaine, incastrando una mano alla base del suo collo e aggrappandomi quasi con disperazione ai suoi capelli. Il mio ragazzo mi afferra forte i fianchi, appoggiando la bocca sulla mia clavicola e inspirando forte. Quasi senza pensarci inizio a strusciare il naso sul suo collo, respirando piano e facendo rabbrividire Blaine, che mi stringe un po’ più forte; ho davvero bisogno di sentirlo vicino e allo stesso tempo vorrei smetterla di pensare, anche se non farlo mi spaventa.

 

Non so se ho il coraggio di lasciarmi andare con Blaine. Sono terrorizzato, ma allo stesso tempo vorrei davvero sentirlo vicino, proprio come è successo in macchina qualche settimana fa; e come possono coesistere questi due pensieri nella mia testa? Uno mi dice di baciare il fantastico ragazzo che mi trovo tra le braccia, spegnere ogni remora o dubbio persistenti nel mio cervello e lasciarmi completamente andare a ciò che mi dice il cuore, mentre l’altro pensiero mi trattiene, spaventato dall’idea di non riuscire a fermarmi in tempo, paura dell’incognito, di qualcosa per cui non mi sento ancora pronto e che mi dice di staccarmi subito e mandare Blaine a dormire.

 

Nell’indecisione, decido di stare fermo. Resto immobile a respirare nel collo di Blaine, facendomi stringere e accarezzare appena dalle sue mani gentili, senza reagire, senza osare muovermi. I miei respiri si fanno tuttavia più profondi, mentre inspiro a pieni polmoni il profumo di Blaine, un insieme di gel per capelli, Dior Homme e, se non sbaglio, pino selvatico; è un odore così maschio, così in contrasto con il mio, e mi piace da impazzire. Continuo a prendere dei respiri profondi, come se ne andasse della mia sopravvivenza, e continuo a disegnare piccoli ghirigori con la punta del naso sul suo collo, sempre senza pensare affatto. 

 

«Kurt…» sussurra Blaine. La sua voce è roca, sembra quasi affaticata.

 

Mi stacco da lui, preoccupato che sia sull’orlo delle lacrime, troppo sconvolto per ciò che è successo, mentre probabilmente brutti ricordi stanno affiorando. E invece, quello che mi trovo davanti mi lascia del tutto a bocca aperta: gli occhi dorati di Blaine non sono pieni di lacrime, come avevo immaginato. Probabilmente i suoi occhi non sono nemmeno più dorati, perché la pupilla si è così dilatata, da mangiare quasi tutta l’iride, che si è ridotta a una piccola strisciolina di contorno.

 

Non faccio in tempo a realizzare che forse le mie attenzioni non potevano sembrare del tutto innocenti e a chiedermi come diavolo dovrei reagire, che la bocca di Blaine è sulla mia, la sua lingua è nella mia bocca e le sue mani sono salite a incorniciarmi il viso.

 

Sobbalzo, sorpreso dalla sua reazione, ma rispondo al bacio. Che altro potrei fare? E poi non posso mentire: non vedevo l’ora di baciarlo da quando eravamo al ballo. Così, solo per un attimo, zittisco le mie paure e affogo dentro il bacio di Blaine, dentro il calore delle sue mani sul mio viso e del suo corpo premuto contro il mio.

 

Sono così preso da tutto ciò che è Blaine, i suoi denti, la sua lingua, i suoi capelli tra le dita, il suo naso, le sue ciglia che solleticano il mio viso, che mi accorgo che siamo finiti sul letto solo quando la mia schiena si scontra con il materasso, accompagnata da un dolce movimento da parte di Blaine, che mi si stende accanto.

 

Ed è in questo momento, quando mi rendo conto che la mia parte razionale mi aveva di nuovo abbandonato e che sento il sangue affluire verso il basso che, non so come, riprendo completa coscienza di me e totale controllo sulle mie azioni. E, insieme ad essi, torna anche la paura.

 

Mi stacco da Blaine, scivolando via dalla sua stretta e andando ad accucciarmi quasi dall’altro lato del letto, il più lontano possibile da Blaine. Lui rimane basito a fissarmi, e nei suoi occhi così chiari e limpidi per me, riesco a leggerci dentro tutte le emozioni che lo attraversano: sorpresa, un pizzico di delusione, consapevolezza e infine, pentimento.

 

«Oddio Kurt, scusami!» inizia lui, scusandosi e coprendosi la bocca con le mani. «E’ che tu eri… così… Sei così bello che io non ho potuto…» Ora si copre tutto il viso con le mani, e mi accorgo del suo rossore solo dalle sue orecchie bordeaux lasciate scoperte.

 

Io vorrei tanto dire qualcosa, tranquillizzarlo, dirgli che lo capisco, ma mi ritrovo improvvisamente impossibilitato a parlare. Rimango soltanto a fissarlo, senza muovermi e quasi senza respirare. Spero solo che nessuno sia fuori dalla porta a origliare; anche se non credo, altrimenti a questo punto la mia stanza sarebbe già stata invasa da agenti della CIA armati ingaggiati da mio padre.

 

Forse è questo pensiero a scuotermi, o forse sono gli occhi di Blaine che mi osservano da in mezzo alle sue dita. Comunque, sciolgo la mia posizione e mi avvicino lentamente a Blaine, allungando una mano che lui subito stringe con delicatezza e dita tremanti.

 

«N-non scusarti,» dico guardando Blaine dritto negli occhi. Lui non ha nessuna colpa; anzi in realtà è piuttosto confortante notare quanto il mio ragazzo mi desideri. Il problema sono io. «E’ colpa mia.»

 

«No, non dire così, non è –» inizia a dire Blaine, ma io lo interrompo subito.

 

«Sì invece; è più che chiaro che tu sia pronto a fare… qualcosa di più. Mentre io invece sono ancora terrorizzato a morte, proprio come ti ho detto mesi fa proprio in questa stanza. Tu sei quello preparato dei due, ma soprattutto sei pronto; io invece no. E non è solo la paura del sesso che mi paralizza, ma anche quella di non essere all’altezza delle persone che possono avermi preceduto; e questo comporterebbe una perdita di interesse nei miei confronti da parte tua. Ma allo stesso tempo, anche se noi non… facciamo niente, tu potresti stufarti di aspettarmi e lasciarmi. Perciò mi ritrovo in una fase di stallo da cui non so come uscire. E non dovrei fare certi pensieri proprio questa sera, perché diavolo, dovrei essere disperato per l’umiliazione che ho subito a scuola; ma l’unica cosa a cui riesco a pensare sono le tue mani che scorrono sull’asta del microfono e su di me e i tuoi occhi, le tue labbra e tutto ciò che sei tu. Riesco solo a pensare a te e non so cosa fare!»

 

Le parole che mi escono dalla bocca lasciano spiazzato me altrettanto quanto lasciano spiazzato Blaine. Non sapevo di pensare tutte queste cose finché non sono diventate reali, lasciando il mio cervello e scivolando sulla mia lingua, fino ad arrivare a Blaine. Ora sì che mi sento in imbarazzo.

 

Blaine deglutisce e lascia la mia mano, per passarsela poi sul viso, senza che l’espressione sconvolta lasci il suo volto. Aggrotta le sopracciglia, senza smetterla un attimo di guardarmi; sembra quasi che stia pensando a cosa dire, e forse è proprio così. Devo averlo davvero sorpreso con tutte quelle parole.

 

«Kurt,» inizia lui e il solo sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce, pronunciato in quel modo dalla sua voce, come se fosse il più bel suono che potesse pronunciare, fa sì che inizi a respirare un po’ più tranquillamente.

 

«Io non potrei mai stancarmi di te, capito? Sei la persona più coraggiosa, buona e stupefacente che abbia mai avuto il privilegio di incontrare. Tu mi incanti, Kurt. E non ti libererai di me tanto facilmente, soprattutto non per una cosa del genere.»

 

Blaine si china verso di me e riprende la mia mano, limitandosi a posare la sua sulla mia, mentre con l’altra mi sfiora il viso in una carezza delicata.

 

«Inoltre, non devi preoccuparti per quanto riguarda il sesso.» Mi sorride, facendomi l’occhiolino, tentando forse di tranquillizzarmi. «Io non ho mai… beh, sono vergine. Che cosa nelle mie parole “non sono mai stato il fidanzato di nessuno” non ti era chiaro?» chiede, riferendosi alla nostra vecchia conversazione avvenuta al Lima Bean dopo San Valentino, quando gli rivelai dei miei sentimenti per lui.

 

Arrossisco, vergognandomi per ciò che ho pensato. «Io… hai ragione, scusami. Però ne parlavi come se te ne intendessi dell’argomento, ecco tutto.»

 

Abbasso lo sguardo, ma la sua mano scivola subito dalla mia guancia al mio mento, costringendomi a rialzare il viso e fissarlo negli occhi, che mi catturano subito, impedendomi di lasciarli. Capisco che quello che sta per dire è importante.

 

«Non sei l’unico qui ad avere paura e a non sapere cosa fare. Sarei un bugiardo se dicessi che non sento il desiderio di baciarti, di stringerti e di… scoprirti. Ma vorrei farlo con tutta la calma dovuta, certamente non stasera, di fretta e con i tuoi genitori nell’altra stanza.» Si ferma e mi sorride, arrossendo. «Però sì, mi piacerebbe fare l’amore con te. Un giorno, quando saremo entrambi pronti. Sempre se vorrai concedermi quest’onore.»

 

Le sue parole riescono del tutto a calmarmi, il modo in cui ha detto di voler fare l’amore – non sesso – con me, i suoi occhi, il suo parlare come se avermi sarebbe la cosa più bella che potesse capitargli. Tutto questo mi fa letteralmente sciogliere, le farfalle nel mio stomaco si moltiplicano, sfarfallando veloci e facendomi rabbrividire. Non so cosa dire. Potrei dirgli che anche io un giorno vorrei non essere così spaventato dal consentirmi di fare l’amore con lui, che sono innamorato di lui, che vorrei passare tutto il resto della mia vita con lui, che mi ha regalato l’anno più magico della mia vita, ma non dico nulla. Mi limito a gettarmi tra le sue braccia, lasciandomi avvolgere stretto e riprendendo a baciarlo.

 

Sempre senza staccarci l’uno dall’altro, scivoliamo in centro al letto, i corpi vicini come quando dormivamo stretti nello stesso letto della Dalton. Quasi non ci sembra vero di ritrovarci stesi, l’uno vicino all’altro, con la possibilità di guardarci negli occhi senza nessun altro intorno e con la testa appoggiata sui cuscini. Amo questa nostra posizione, perché siamo così vicini che riesco a specchiarmi nei suoi occhi; e so che lui la ama per il mio stesso motivo.

 

Ci stacchiamo, i nasi vicini, le mani strette in una morsa tra i nostri petti; i nostri occhi non si lasciano un secondo. Respiriamo l’uno sulla bocca dell’altro, dicendoci tutto e niente con i nostri soli sguardi. Poi, dopo quelle che paiono ore, Blaine parla.

 

«Mi chiedevo… posso aiutarti a metterti la maglia del pigiama?»

 

So cosa significa tutto questo. Significa che mi dovrò spogliare davanti a lui; o meglio, che lui dovrà spogliare me. Sento di nuovo tornare la paura, che mi assale violenta: non sono pronto, mi vergogno! Lui ha un corpo perfetto, o almeno così sembra con addosso i vestiti; per non parlare dei suoi addominali appena scolpiti che ho avuto l’onore di poter toccare. Io non ho niente di tutto questo: sono pallido e piatto.

 

Blaine sembra capire precisamente che cosa mi sta passando per la testa in questo momento, perché mi accarezza i capelli e mi guarda con sguardo sicuro, quasi come se mi stesse dicendo che non devo preoccuparmi. E io non posso fare a meno di fidarmi dei suoi occhi, di fidarmi di Blaine, mettendomi totalmente nelle sue mani.

 

Quando la sua mano scende a slacciare i bottoni della mia giacca nera, non penso al fatto che dovremmo farci una doccia prima di metterci il pigiama, né che dovremmo fermarci. Ma anzi, proprio per quanto detto prima, so che non devo avere paura. E il pensiero che avevo avuto prima alla festa, che quando sono con Blaine non devo avere paura di nulla, torna a farsi prepotente nella mia testa.

 

Così lascio che Blaine mi sfili la giacca e inizi a sbottonarmi i bottoni della camicia, scoprendo man mano sempre più pelle. I suoi occhi lasciano i miei per poter osservare con attenzione ogni lembo di pelle che si svela sotto la camicia; mi sembra di essere sotto esame, ma non mi muovo. Quando anche l’ultimo bottone della camicia è sbottonato, Blaine mi guarda di nuovo in viso e mi prende per mano; si mette seduto, facendo sì che io sia costretto a seguirlo.

 

Ci ritroviamo seduti l’uno di fronte all’altro, e ci prendiamo tutto il tempo per osservarci. Le sue pupille sono dilatate, ma il suo respiro è calmo, quasi come se si stesse trattenendo; i suoi capelli stanno lentamente lottando contro il gel per essere lasciati liberi di arricciarsi come preferiscono, le sue guance sono rosse e sembra che i suoi occhi brillino. È bellissimo, bello da togliermi il fiato.

 

Quando le sue mani scorrono piano sulla camicia, sfilandomela, rilascio un piccolo sospiro. E rimango a petto nudo di fronte a Blaine i suoi occhi che mi scrutano, mi scannerizzano, come se volesse imprimersi sulla retina ogni parte di me che riesce a vedere.

 

«Sei bellissimo,» sussurra. Io vorrei contestare, dire che è lui a essere bellissimo, ma non riesco a parlare.

 

Blaine deglutisce e alza una mano tremante, avvicinandola a me; l’altra stringe forte la coperta. Non so se sono più spaventato di avere le sue dita su di me, proprio come desidero da tutta la sera, senza alcuna stoffa tra di noi a nascondere il tutto e rendere meno reale ciò che sta succedendo, o se elettrizzato e impaziente.

 

Mi sfiora il collo con un dito, che scende lentamente giù verso il mio petto, facendomi rabbrividire; la sua corsa continua, risalendo e seguendo il profilo sporgente della mia clavicola, scivolando giù fino all’ombelico, che aggira, e risalendo di nuovo, finché mi accarezza piano un capezzolo.

 

Questa volta sospiro più profondamente e chiudo gli occhi, lasciandomi completamente andare alle carezze di Blaine. Pian piano, le dita diventano due e disegnano sul mio petto intrecci immaginari; io devo solo ricordarmi di respirare e mantenere la calma. Riapro gli occhi solo quando sento la sua mano premere sul mio petto, all’altezza del mio cuore che sta battendo furiosamente. Blaine mi guarda e fa un po’ di pressione con la sua mano, invitandomi a sdraiarmi, ma io oppongo resistenza.

 

Afferro delicatamente il suo polso e lo allontano dal mio petto. Poi, senza soffermarmi sulla sua espressione interrogativa, avvicino una mano alla sua giacca e sbottono velocemente i bottoni. Voglio vederlo. È questo l’unico desiderio che ho al momento. Voglio vederlo come lui fa con me, anche perché mi sento un po’ a disagio ad averlo così vestito di fronte a me; e poi sono un egoista: muoio dalla voglia di vederlo.

 

Le mie dita scivolano precise su ogni asola, finendo per sbottonargli e togliergli la camicia molto più velocemente di quanto lui abbia fatto con me; almeno non ho avuto il tempo di ripensarci. E vengo ripagato con la visione del corpo di Blaine. Non so come descriverlo: bellissimo sembra riduttivo. Perfetto forse ci si avvicina.

 

Il petto di Blaine è ricoperto da una leggera peluria, non troppa, solo poca che lo rende ancora più attraente ai miei occhi; i suoi addominali sono ben definiti, anche se non troppo pompati. E infine, ha due lunghi solchi a formare una V che sparisce nei pantaloni.

 

Mi sento mancare l’aria e sono costretto ad aprire la bocca per riuscire a respirare decentemente. Allungo una mano per andare a saggiare i suoi addominali, ma scivola subito sui due solchi, un’altra parte di Blaine di cui innamorarsi. Lui non chiude gli occhi, ma osserva ogni mia reazione. Quando premo con un pollice su uno suo capezzolo, rabbrividisce e mi afferra la mano.

 

Dovrei dire qualcosa, fare qualcosa, ma rimango immobile, totalmente ancorato al suo sguardo, dentro i quali sprofondo. Blaine si fa sempre più vicino, finché riesco a contare le pagliuzze verdi nei suoi occhi; a quel punto, chiudiamo contemporaneamente gli occhi e ci sfioriamo lentamente le labbra, quasi come se fosse la prima volta che ci baciamo.

 

Le nostre labbra sono delicate le une sulle altre, e Blaine aspetta che sia io a fare la prossima mossa, forse per lasciarmi la libertà di fermarmi. Ma non è quello che voglio. Ciò che voglio ora, è sentirlo vicino, sempre più vicino.

 

«Voglio sentirti vicino,» dico staccandomi dalle sue labbra. Ed è un desiderio così illogico dal momento che siamo già vicini, che quasi me ne vergogno. Ma a Blaine non sembra importare, perché esaudisce il mio desiderio.

 

Mi abbraccia. E wow, questa è una cosa del tutto nuova, stupenda e così… totalizzante. Le nostre pelli sono a contatto ora, e non capisco quale sia fredda e quale sia calda: è come se fossimo una cosa sola ora. Mi aggrappo a Blaine e lo tiro giù con me, sdraiandomi sui cuscini, senza lasciarlo andare.

 

Sento Blaine irrigidirsi tra le mie braccia, probabilmente sorpreso dalla mia intraprendenza, ma non dice niente; si gode il momento, proprio come sto facendo io. Le sue mani si staccano dalle mie spalle per tornare a posarsi sul mio cuore, e solo allora io mi sento in dovere di scivolare con una mano sulle sue ossa sporgenti che spariscono oltre il bordo dei pantaloni. Le accarezzo in su e in giù, mentre Blaine mi respira sul collo.

 

Quasi non mi accorgo di quando la bocca di Blaine inizia a baciarmi sul collo, nel punto di incontro tra collo e clavicola; i suoi baci sono prima delicati, poi sempre più umidi e famelici. Blaine sta letteralmente succhiando la mia pelle, regalandomi il mio primo succhiotto, credo.

 

Abbandono la testa all’indietro, lasciandogli tutto lo spazio necessario, mentre con una mano mi stringo ai suoi fianchi e con l’altra continuo ad accarezzargli gli addominali e la sua piccola V. Non riesco più a controllare i miei respiri, che si fanno sempre più profondi, finché non sento nascere un piccolo gemito in fondo alla gola, che non riesco a trattenere.

 

Blaine si ferma, staccando la sua lingua dalla mia pelle. «Shh,» dice, soffiando sopra la mia pelle bagnata e facendomi rabbrividire. Ringrazio il fatto che Blaine non sia a cavalcioni su di me, perché credo si renderebbe conto che ho un qualche problema alle parti basse; e dai suoi respiri credo abbia il mio stesso problema.

 

Poi Blaine torna a succhiare di nuovo il mio collo, mentre io mi mordo le labbra a sangue e mi stringo a lui con entrambe le mani, per avere un’ancora a cui aggrapparmi. Solo pochi minuti dopo Blaine sembra soddisfatto del suo lavoro e lascia il mio collo, risalendo con il viso fino a trovarsi all’altezza del mio. Ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati e le pupille dilatate. Infine, delicate come una farfalla, le sue labbra si posano sulla mia fronte, mentre con la mano cerca a tentoni sotto il mio cuscino la maglia del mio pigiama. Già, la maglia. È per questo che è cominciato tutto.

 

Mi siedo per aiutarlo a mettermela; è una maglia con i bottoni, ma Blaine si limita a sbottonare i primi due per poi farmela passare dalla testa. Io alzo le braccia, docile, permettendogli di vestirmi. Prima di chiudere i due bottoni che aveva aperto, passa un dito sul punto che prima stava leccando e mordendo; il suo dito a contatto con la pelle sensibile in quel punto mi fa emettere un piccolo gemito. Chiudo gli occhi e cerco di respirare profondamente, mentre una piccola parte di me prega che nessuno abbia sentito niente.

 

Mi costringo a riaprire gli occhi e a cercare la maglietta di Finn da mettere a Blaine; e mentre gliela infilo, mi rendo conto della difficoltà con cui sto coprendo questo spettacolo. Perciò, prima che la maglietta possa coprire del tutto il suo corpo, mi chino in avanti e gli lascio un bacio sul petto, all’altezza del suo cuore, accarezzandogli gli addominali un’ultima volta.

 

Quando rialzo lo sguardo, Blaine ha gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta, come se stesse cercando di respirare. Non resisto e mi tuffo sulla sua bocca, infilando la lingua nelle sue labbra aperte. Blaine risponde subito al bacio e mi stringe a sé; e io mi lascio di nuovo andare, mentre una fame insolita mi prende alla bocca dello stomaco. Sembra quasi che Blaine voglia spingermi di nuovo a stendermi quando si stacca dalle mie labbra, senza però allontanarsi da me; con le fronti premute l’una contro l’altra, i suoi occhi nei miei, e il suo respiro sulle mie labbra, quasi non mi rendo conto delle parole che gli escono dalla gola.

 

«Devo andare,» dice prima di baciarmi un’altra volta.

 

Lentamente, lo lascio andare. Mezzanotte è arrivata, e Blaine deve andare nella stanza degli ospiti; non so se dispiacermene o esserne felice, perché al momento mi ritrovo con un bel po’ di problemi da risolvere. Non riesco a pensare con lui così vicino.

 

Blaine si alza in piedi e lascia la mia mano, avvicinandosi alla porta della mia stanza. Quando la sua mano afferra la maniglia, mi alzo in piedi e corro verso di lui, stringendolo in un abbraccio mozzafiato. Non so perché mi sto comportando così, d’altronde lo vedrò domani mattina; ma forse è perché non ne ho ancora avuto abbastanza di lui. E forse mai ne avrò.

 

A spezzare l’atmosfera onirica in cui sembravamo essere caduti, ci pensa il lieve bussare alla porta e la voce di mio padre al di là di essa che invita Blaine ad andare a dormire.

 

Blaine si separa da me, accarezzandomi una guancia e regalandomi un sorriso luminoso. Io gli sorrido di rimando, provando di nuovo il desiderio di dirgli che lo amo. Ma prima ancora che possa aprire bocca, è lui a parlare.

 

«Buonanotte.»

 

Non posso dirglielo adesso, non è ancora il momento giusto; e poi non voglio che pensi che lo faccio per quanto accaduto poco prima. Così mi limito ad augurargli la buonanotte anch’io. Mi avvicino all’armadio e afferro il primo paio di pantaloni di un pigiama che trovo e glieli do. Poi apro la porta, dietro la quale c’è mio padre che osserva Blaine finché non sparisce nella stanza degli ospiti; prima di chiudersi la porta alle spalle però, mi guarda ancora una volta e mi sorride.

 

Io sospiro davanti alla porta chiusa di fronte alla mia. Gli occhi indagatori di mio padre fissi su di me mi ricordano che non sono solo. Lo guardo e lascio che mi esamini; poi apre la bocca per parlare e quasi penso abbia capito che è successo qualcosa di nuovo poco prima, tra me e Blaine, e che voglia sgridarmi o chiedermi qualcosa. Per fortuna non capita niente di tutto ciò.

 

«Lo ami, vero?» mi chiede con un luccichio strano negli occhi.

 

«Sì,» dico assolutamente convinto.

 

Mio padre sta in silenzio per un altro po’, poi fa una domanda totalmente sconnessa da quella di prima: «Sai che prima o poi dovrai spiegarmi cosa è successo stasera al ballo, vero? Anche perché non ci credo che stai bene.»

 

Sospiro e alzo gli occhi al cielo, sovrappensiero. Effettivamente non lo so come mi sento; l’umiliazione subita è ancora lì a premere, nel profondo, ma è coperta da un sentimento molto più potente: l’amore che provo per Blaine.

 

«Hai ragione papà, non è stato bello. Ma per fortuna avevo Blaine; e ho avuto il mio ballo,» dico a mio padre, sapendo che lui capirà. E difatti lo fa, lo capisco da come mi sorride.

 

«Sai, credo proprio che quest’anno non sia stato un totale disastro,» mi dice lui facendomi l’occhiolino, prima di dirigersi verso la porta poco più in là rispetto a quella di Blaine e chiudercisi dentro.

 

No, non è stato un anno affatto male, penso prima di chiudere la porta.

 

 

 

 

 

NdA:

Gh ç____ç Allora, questo capitolo è stato un parto! Giuro, ero terrorizzata, manco fossi io Kurt! Avevo troppa paura di rendere il personaggio OOC, soprattutto dopo l’ultima volta. Ho fatto del mio meglio per renderlo il più simile al Kurt che noi conosciamo.

Infine ho “approfittato” del capitolo per inserire qua e là dei vari riferimenti alla Season 3… vediamo se riuscite a indovinarli tutti!! =)


Detto questo, io volevo ringraziarvi… Poi lo faremo per bene io e la collega nell’ultimo capitolo, ma ora sono io a voler ringraziare voi lettori. Mi avete davvero dato tanto, e io vi adoro tutti! ♥ Grazie mille per aver letto e commentato e fatto sapere la vostra opinione!

 

Baci,

pachelbel90

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Dancing Queen ~ Blaine ***


Ebbene, eccoci qui per quest’ultimo capitolo di Klaine Songs. Per ora è Alchimista che vi parla… ed è giusto un tantino in ansia per quel che ha scritto.

Spero davvero che sia un finale degno di questa storia, che sono stata davvero felice di scrivere in compagnia della cara Pachelbel.

Ma via, vi lascio alla lettura e vi aspettiamo entrambe nelle note finali.

 

 

 

 

~ KlaineSongs ~

 

32°_ Dancing Queen ~ Blaine

~  Quando è tutto perfetto ~

 



Image and video hosting by TinyPic


 

Aahhh

Aahhh

Ohhh yeeah

 

 

La musica dell'ultima canzone del ballo comincia a risuonare nella palestra e vedo Kurt e Karofsky arrivare al centro della sala, pronti per ballare come Re e Reginetta del ballo.

 

Il solo pensiero di questa cosa è un pugno dritto allo stomaco. E no, non perché Kurt è lì con Karofsky, ma perché non sarebbe proprio dovuto arrivare a questo momento, perché nessuno avrebbe dovuto fargli una cosa simile, umiliarlo in quel modo, davanti a tutta la scuola.

 

Sono colpevoli delle sue lacrime, di aver rovinato una serata che non stava andando poi così male... e nonostante prima, in corridoio, io abbia cercato di sembrare forte per lui, la verità è che tutto questo, l'ansia che colgo negli occhi di Kurt, la tensione che emana questa sala – e che solo in parte è stata sciolta dal modo perfetto con cui lui ha accettato la corona – destabilizzano per primo me, fanno in modo che la mia testa torni a quella maledetta sera e che io abbia paura.

 

E non devo avere paura. Non questa sera, non qui con Kurt.

 

 

«Cosa ci facevate qui, signorine? Speravate di essere elette come reginette del ballo?»

 

 

Sussulto al ricordo di quella frase. Fa male, soprattutto perché vedo in Kurt quello che altri idioti avevamo detto a me quella sera.

 

No. Non adesso, Blaine. Non farti fermare adesso.

 

Con un sospiro tremulo torno alla scena che mi si sta svolgendo di fronte, proprio in tempo per vedere che Karofsky balbetta qualcosa e lascia il cerchio di persone pronte a ballare non appena loro avessero aperto le danze. Kurt resta lì, lo sguardo sulla schiena del giocatore di football, come se sperasse in un suo immediato ritorno. Ma quello lascia definitivamente la sala, mentre la musica in sottofondo ricorda ancora che siamo tutti ad un ballo scolastico.

 

Mi basta un attimo per capire che cosa fare. Mi basta un attimo per racimolare tutto il mio coraggio e rendermi conto che se Kurt ha fatto la prima mossa, ora tocca a me agire. E non mi serve altro che questo – sapere che Kurt a bisogno di me al momento – per fare in modo che nulla abbia più valore se non la persona che ho davanti. In un attimo ogni mia paura è messa a tacere, i brutti ricordi sono rilegati in un angolo e mi sento come un supereroe alla ribalta, di quelli che nelle sciagure peggiori che possono capitare alla Terra, quando non sembra esserci ormai più speranza e ha intorno solo amici dagli animi atterriti ed arresi, si alza e a discapito di tutto decide di lottare. Per quelli che ama. Per Kurt. E so che lui farebbe lo stesso – l'ha già fatto questa sera.

 

Mi separo dalla massa di ragazzi ed entro nel cerchio lasciato vuoto per permettere alla coppia designata di ballare, mentre Kurt mi rivolge ancora le spalle, come se non avesse altra possibilità che guardare il punto da cui, ormai da più di qualche istante, è uscito il Re del ballo. Gli sorrido, anche se non mi sta guardando e prendo fiato.

 

«Scusami», comincio, la voce che lascia le mie labbra con più sicurezza e tranquillità di quella che ho o che credo di dimostrare «Posso avere l'onore di questo ballo?», chiedo con eleganza.

 

 

You can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen

 

 

So perfettamente che gli occhi di tutta la sala sono puntati su di noi – su di me, ma al momento non mi importa: i miei sono in quelli di Kurt e non potrebbe esserci posto più sicuro. Lui mi guarda, la sorpresa iniziale che si mescola alla gioia e che illumina l'azzurro delle iridi in modo sensazionale. Non si aspettava una simile mossa da parte mia? Non sa che per lui sarei disposto a tutto? Credeva davvero che, nonostante le mie paure, lo avrei lasciato solo in un momento del genere?

 

Sorride e non avrebbe potuto essere più bello il movimento con cui le labbra si dispiegano con tanta leggerezza all'insù, quasi rilassandosi.

 

«Sì. Sì puoi», sussurra, con voce rotta dall'emozione del momento e con una tale confusione nella testa che credo non sappia bene cosa fare.

 

Per questo gli prendo una mano, poggiando l'altra sulla sua schiena ed avvicinandolo a me, quasi con un istintivo fare protettivo, come se con quel gesto potessi chiudere me e lui all'interno di quella stretta e dimenticare che in realtà ci sono decine e decine di ragazzi le cui menti, al momento, staranno sparando a zero su noi due che balliamo insieme.

 

Averlo tra le mie braccia sembra quasi rilassarmi ed è facile abbandonarsi alla musica e al pensiero che, in un modo o nell'altro, stiamo avendo il nostro ballo di fine anno, insieme.

 

Sorrido. Sorrido perché sono così fiero di Kurt e di come, nonostante sia fragile, riesca sempre a rialzarsi e a far vedere che non potranno mai fermarlo, che è invincibile. E più questo pensiero diventa forte nella mia testa più il mio entusiasmo aumenta, come quando un bambino è all'entrata del luna park e più il suo sguardo spazia tra le mille giostre, sommandole una dopo l'altra, più la sua gioia cresce, perché sono tutte lì per lui.

 

Lo muovo con più convinzione, cercando di coinvolgerlo nel ballo, mentre lui – perdendo a tratti il mio sguardo – osserva tra le mie braccia il resto dei ragazzi. Forse vorrebbe gridar loro quanto siano stati cattivi, crudeli in uno scherzo così stupido da fare tanto male; eppure... ti prego, lascia che invece vedano come dalla loro cattiveria possa nascere qualcosa di stupendo, Kurt! Che vedano quanto ci possiamo divertire, quanto ci amiamo. Perché ti amo, Kurt... credo di averti amato da sempre e vorrei dirtelo ora, qui, davanti a tutti, ma non credo sia il momento giusto. Basta colpi di scena per questa serata.

 


Friday night and the lights are low
Looking out for a place to go
Where they play the right music, getting in the swing
You come in to look for a king

 

 

Kurt incrocia il mio sguardo e sorride, ma stavolta c'è qualcosa di diverso sul suo viso. Quel gesto... intende qualcosa di più. Leggo un “grazie” lasciato lì, in bella mostra per chi sa davvero osservarlo e capirlo. Lasciato lì per me.

 

Grazie di cosa Kurt? Sei la sola persona di cui mi interessi davvero al momento, come avrei potuto fare qualcosa di diverso da ciò che ho fatto? Come avrei anche solo potuto pensare di non prenderti tra le mie braccia e farti ballare, fregandomene di tutto e di tutti, di ciò che avrebbero pensato e forse, anche se magari solo per un momento, anche della paura che nonostante tutto non caccerò mai del tutto? Siamo venuti anche per togliermi quel groppo alla gola, per provarci, per addolcirlo almeno e ci sei riuscito, ci siamo riusciti, insieme.

Non commettere l'errore di pensare che per te potrei esitare, o non esserci. Se c'è una cosa di cui sono certo è questa: al di là di tutto, di come andremo a finire e di quello che accadrà, ci sarò.

 

Per un attimo distolgo lo sguardo dal mio ragazzo ed intravedo Rachel che fa una graziosa giravolta ed apre le danze anche per gli altri. Oh, perché ci sono anche gli altri! Davvero me ne ero dimenticato per un attimo. Intravedo, poi, Sam e Mercedes ballare poco lontano da lei – tra quei due sta nascendo qualcosa o è solo il ballare così vicino a Kurt che mi fa vedere cose assurde?

 

Non ho tempo di pensare a quell'ipotesi che la luce improvvisa di un flash investe i miei occhi, costringendomi a chiuderli per qualche istante. Quando li riapro vedo chiaramente che Kurt ha avuto la mia stessa reazione e che Sam ha appena posato una macchinetta digitale nella tasca del suo abito. Dovrò ricordarmi di farmi passare quella foto: voglio tenerla con me e ricordare questa serata che, nonostante tutto, sarà indimenticabile e non solo per le brutte cose che comunque sono successe – anzi, per come sta andando adesso e per quello che leggo negli occhi di Kurt, quelle saranno relegate lontano da noi molto presto.

 

 

 And when you get the chance
You are the dancing queen
Young and sweet, only seventeen
Dancing queen, feel the beat
From the tambourine, oh yeah

 

 

Continuiamo a ballare, ormai entrambi sciolti e abbastanza a nostro agio nonostante i ragazzi che ci sono intorno. Scorgo Santana e Mercedes scendere dal palco e mescolarsi agli altri mentre continuano a cantare – chissà quanto male ci sarà rimasta l'ispanica, considerato che pur avendo vinto il suo cavaliere non è stata scelta lei come reginetta. Credo sarebbe stato meglio per tutti se fosse stato così, anche se io e Kurt non avremmo potuto avere questo bellissimo ballo.

 

Lo prendo per le mani e lo avvicino per poi fargli fare una giravolta. Lo vedo ridere di gusto mentre fa attenzione a che non gli cada la preziosa corona. Poi mi stringe con entrambe le braccia, poggiandole con dolcezza sul mio collo e muovendosi lento: è meraviglioso... non so quante volte l'ho pensato stasera, o da quando lo conosco – nessuno avrebbe potuto tenere il conto e per me è un pensiero fisso: non ha un inizio o una fine, è un dato di fatto, sempre presente.

 

L'ho pensato dal primo giorno in cui l'ho visto, sulle scale della Dalton, che era stupendo e in tutto questo tempo, per quante cose possono esserci successe, non ho mai cambiato idea, né lui mi ha mai dato motivo per pensare di farlo.

 

È semplicemente fantastico, in ogni cosa che fa. Ed è sorprendente: quando credo che non possa farcela, che abbia bisogno di qualcuno che lo tiri su, ecco che si rialza e guarda avanti, mostrando una fierezza che non ti aspetteresti. È più forte di me, anche se forse non sembra. Lo è stato stasera.

 

Mi concentro sui suoi occhi, che mi stanno guardando senza perdere il contatto e li vedo brillare, in quel particolare modo che mi fa battere il cuore più forte, perché sono indescrivibili.

 

Se non me ne fossi già follemente innamorato, basterebbe questo ballo per far nascere tutto. E me ne sto rendendo conto adesso: non esisterebbe un modo in cui non potrei innamorarmi di lui – anche se ci fossimo incontrati in modi o circostanze diverse, lo avrei notato e ci saremmo avvicinati.

 

Ci saremmo trovati.

 

 

You can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen
Dancing dancing queen

 

 

Ormai siamo in mezzo alla folla di ragazzi che ballano ed io mi sono letteralmente fatto coinvolgere dalla canzone – probabilmente non riuscirei mai a non farmi coinvolgere – tanto che ora sto cantando la canzone di fronte ad un Kurt che ride felice, l'elezione e i pianti quasi fossero solo un brutto ricordo.

 

Sono felice che stia andando così. Sono felice di vederlo ridere per le mie idiozie e il modo infantile con cui mi sto muovendo nella sala. Guardami, Kurt, guardami! Non voglio fare altro che farti sorride, anche se per farlo mi dovrò rendere ridicolo: se non lo sono per te, non lo sono per nessun altro, nessuno che conti.

 

Si tiene ancora stretto la coroncina, mentre una cascata di palloncini ci investe, quasi arrivassero da ogni dove. Portano colore nella sala e tutti sembrano tornare bambini mentre li scacciano colpendoli o se li lanciano l'un l'altro improvvisando una lotta. Inutile dire che io mi faccio prendere dalla cosa in maniera quasi sproporzionata, lanciandone ovunque e ridendo come un idiota.

 

Kurt, ancora una mano alla testa, ne scaccia un paio che gli si avvicinano e sembra divertirsi molto, dato il modo felino con cui pare far la posta ad un palloncino giallo che gli si sta avvicinando leggero, pronto per lanciarlo lontano. Per questo non si accorge di un altro che sta praticamente per colpirlo in viso se non fosse per i miei pronti riflessi che lo allontanano con precisione, mentre gli sorrido.

 

Lui resta a guardarmi per qualche istante, sorpreso, rendendosi conto di quello che stava succedendo e il sorriso che si lascia scappare di rimando è distratto da qualche pensiero che lo allontana dal ballo. Era un semplice palloncino colorato, non c'è molto a cui pensare!

 

Anche se... l'avrei fatto a prescindere da cosa fosse, perché dopo stasera sono deciso a fare in modo che nient'altro lo sfiori, facendogli del male. So che è forte e che probabilmente non esiste cosa al mondo in grado di fermarlo... ma in ogni caso, farò in modo che tale forza non sia messa di nuovo alla prova.

 

Mi si avvicina di nuovo, quasi fosse attratto in modo magnetico, ed è naturale poggiargli una mano sul fianco e l'altra dietro la schiena. Mi fa sentire tranquillo averlo tra le braccia e non perché sia geloso o protettivo... solo perché mi pare di non poter più stare senza averlo così vicino, come se mi mancasse l'aria.

 

Intanto sento le ultime note della canzone che si disperdono nella confusione generale e scorgo le ragazze scendere dal palco e venire verso quelli del Glee che sono accanto a noi.

 

Quando torno ad osservare Kurt, vedo i suoi occhi improvvisamente seri che mi fissano, come se stessero cercando di cogliere ogni singolo dettaglio del mio viso. Che ti prende? Improvvisamente non mi sento più così tranquillo – impressionante il potere che ha su di me – ed il suo farsi serio mi incuriosisce, anche se cerco di trattenere la lieve preoccupazione che mi prende, giusto per non fare la figura del paranoico folle.

 

Dura solo pochi istanti, dopo i quali, resosi conto che mi stava fissando in quel modo, fa un mezzo passo indietro arrossendo leggermente – non sa quanto sia bello e mi faccia perdere la testa ogni volta che lo fa.

 

«Prima di andare, dobbiamo fare la foto», mi ricorda, ma ho come l'impressione che sia solo la prima cosa che gli è venuta in mente per impedirmi di fare domande.

 

Ad ogni modo lo assecondo, prendendolo per mano e avvicinandomi con lui al fotografo. Questo ballo è stato memorabile, la foto di certo non può mancare!

 

 

~ ∞ ~

 

 

«Ti amo».

Lo pronuncio in modo così spontaneo da non rendermene quasi conto e per un attimo credo di averlo detto semplicemente nella mia testa. È dal ballo che ci penso, da quella sera che vorrei dirglielo, ma nessun momento mi sembrava quello adatto.

 

Fino ad ora. Ora è perfetto. Perché non ci ho davvero pensato, perché è semplicemente stato la sola cosa che avrei potuto dire, osservandolo in tutta la sua bellezza e semplicità.

 

Lui pare sorpreso – ovvio che non se l'aspettasse. Il sorso di liquido caldo che aveva appena preso resta nella sua bocca per un po' di tempo, come se pensare a ciò che gli ho appena detto non gli permetta di fare altro, neanche qualcosa di semplice come deglutire.

 

Quando lo fa, lentamente, io non mi rendo davvero conto di essere giusto un po' in tensione.

 

«Ti amo anch'io», risponde e colgo nella sua voce la stessa semplicità che ho provato io.

 

Sentirlo pronunciare dalle sue labbra per la prima volta mi dà sensazioni contrastanti: ha il suono migliore del mondo e mi pare che il petto si sia gonfiato di gioia così tanto da non poter respirare; ma allo stesso tempo è come se ce lo fossimo già detto così tante volte da aver acquistato la semplicità di una cosa abituale, senza perderne la preziosità – lo sapevamo entrambi e i nostri occhi, i nostri gesti lo avevano detto tante volte.

 

Queste parole non sono altro che un sigillo e al momento vorrei dimenticare della gente che ci circonda seduta ai tavolini e baciarlo qui, adesso. Prendere il suo viso tra le mano ed assaporarlo lentamente, poi poggiare la fronte sulla sua e specchiarmi nel suo sguardo e sussurrare ancora una volta sue labbra quanto lo ami, quanto lo abbia amato da sempre.

 

«Sai, se mi fermo a pensarci, Kurt Hummel ha avuto un anno niente male», afferma Kurt mentre ancora penso al sapore del suo bacio.

 

Ha parlato in modo dolce ed io non posso fare altro che continuare a guardarlo con quella che deve essere un'espressione da pesce lesso o comunque estremamente imbambolata, perché per Blaine Anderson è stato il miglior anno di sempre.

 

 

*

 

 

Il metallo contro cui mi appoggio, una volta sceso dalla macchina, scotta del sole che lo ha riscaldato durante l'ora di viaggio ed il tempo di attesa. Incrocio le braccia al petto ed il suono della campanella dà segno della fine dell'ultima giornata di scuola al McKinley. Vero i primi ragazzi che escono con entusiasmo dalla scuola e cerco immediatamente con lo sguardo Kurt o almeno quelli del Glee ai quali di solito si accompagna.

 

Lo scorgo mentre, al braccio di Mercedes, ride ad una qualche battuta di Puckerman che, accanto a lui, gli dà un'amichevole pacca sulla spalla. Sembra così felice e spensierato che non me la sento di farmi notare ed interrompere una così bella scena.

 

«Blaine?!», lo sento, però, immediatamente gridare, come se mi stesse cercando, come se sapesse da prima che ero lì.

 

Gli sorrido e me lo ritrovo tra le braccia. Nessuno starà pensando a noi l'ultimo giorno di scuola, quindi abbandono ogni stupido timore e lo stringo forte a me.

 

«Che ci fai qui? Dovresti essere alla Dalton!», mi rimprovera, ma son che in realtà è felice di vedermi.

 

«É l'ultimo giorno di scuola, Kurt: ho fatto una corsa per arrivare qui in tempo!».

 

Si stringe di nuovo a me con dolcezza.

 

«Sei perfetto», sussurra leggero ed io gli bacio velocemente la guancia.

 

«Ehi, piccioncini, che fate? Vi unite a noi?», chiede Mercedes – avevo dimenticato che fosse qui con noi – ed un grosso sorriso le colora il volto scuro.

 

Kurt si volta verso di lei, senza però staccarsi da me.

 

«Dove si va?», chiedo.

 

«Da Breadstick: si festeggia la fine di un altro anno!», dice, come se fosse ovvio, Puckerman, senza trattenere l'entusiasmo per un simile evento e soprattutto per i mesi di vacanza che ci aspettano.

Io annuisco e salgo in macchina con Kurt.

 

 

*

 

 

«...E allora ho cominciato a parlarle dei diversi tipi di cloro per piscina che conosco, di dove li si può trovare e quando ci sono gli sconti migliori! Avreste dovuto vedere la faccia che ha fatto la prof!», conclude Puck tra le risate generali per tanta sfrontatezza.

 

«Da dove diavolo ti vengono simili cose?», gli chiede Mike, asciugandosi gli occhi.

 

«Sono automatiche, amico! Lei mi ha chiesto di parlare di un argomento su cui ero certo di essere ferrato ed io l'ho fatto!».

 

Nuove risate invadono la tavola.

 

«L'anno prossimo dovrai stare attento: c'è il diploma, non potrai permetterti simili svaghi!», lo rimprovera Artie guadagnandosi un'amichevole occhiataccia da parte dell'altro.

 

Kurt appoggia la testa sulla mia spalla con disinvoltura e sospira lieve.

 

«Il prossimo anno sarà l'ultimo per me», mi ricorda «E saremo in due scuole diverse per tutto il tempo... Ora è stato facile, il tempo è volato... ma l'anno prossimo...».

 

Gli sfioro la mano per far sì che mi guardi.

 

«Ci vedremo ancora di pomeriggio e nei weekend, ricordi? Non cambierà nulla, Kurt!», lo rassicuro, senza capire del tutto perché abbia improvvisamente un simile pensiero.

 

Lui mi guarda con occhi che diventano d'un tratto seri.

 

«Ma potresti... potresti trasferirti qui. Intendo, al McKinley. Così potremmo vederci sempre», propone spiazzandomi completamente.

 

Trasferirmi? Da loro? E lasciare la Dalton, lasciare i Warblers?

 

Mi ha preso così in contropiede che non so proprio che dire. Insomma non sarebbe male: l'idea di vederlo sempre, come quando eravamo alla Dalton, è una cosa che mi piacerebbe tantissimo – non posso negare quanto, nonostante tutto, mi sia mancato. Eppure... i ragazzi lì sono come una seconda famiglia... non posso di certo lasciarli così!

 

Non è una decisione che posso prendere ora, su due piedi. Kurt mi sta ancora fissando. Che voglia una risposta certa adesso?

 

«Era solo una cosa a cui pensavo, Blaine», specifica, non appena si rende conto di come la mia mente stia già viaggiando «Abbiamo un'intera estate per parlarne».

 

Mi rassicuro e lo stringo a me, avvolgendogli le spalle con il braccio. Non è il momento per pensare a cose del genere. Adesso tutto quello su cui riesco a concentrarmi è il tempo che avremo per noi.

 

«Sai...», gli dico avvicinandomi al suo collo «Non credo ci sia poi tutto questo tempo: l'ho già occupato tutto. Per noi» e gli lascio un veloce bacio sul collo.

 

 

*

 

 

«Sai che se c'è una cosa che necessito di sapere quando usciamo è dove stiamo andando».

 

«Ma dirtelo avrebbe svelato la sorpresa!».

 

«Sì... ma sono stato per delle ore davanti all'armadio, senza sapere da dove cominciare per poi scegliere... questo» e fa una smorfia indicando il jeans scuro e la camicia leggera che sta indossando.

 

Sorrido: credo che le sue scenate per l'abbigliamento siano una cosa che non mi stancherò mai di ascoltare. Lui mi guarda incuriosito dal gesto ed incrocia le braccia.

 

«Ti diverti?», mi chiede, facendo finta di offendersi.

 

«No, affatto! Sai che starei qui ad ascoltarti per ore. Ma davvero, come ti ho detto a telefono, non c'è bisogno di sapere dove andiamo: saremo solo noi, nessuno potrà vedere come sei vestito», lo rassicuro, senza rendermi conto che magari Kurt avrebbe potuto fraintendere la mia frase.

 

Non sembra farlo, ad ogni modo, o meglio se succede non me lo fa notare, ma sorride e si sporge quanto basta per sfiorare le mie labbra con semplicità. Io vorrei approfondire quel bacio, ma mi impongo di resistere e non rovinare tutto; metto in modo e comincio a guidare.

 

«Quindi... non posso avere neanche un indizio?».

 

Scoppio a ridere. Chi sarebbe il bambino tra noi due, adesso? Lo guardo con la coda dell'occhio e mi pare di osservare un bimbo curioso di sapere che sorpresa gli hanno preparato i genitori.

 

«Sembri me», sussurro «Non ci vorrà ancora molto, non riesci ad aspettare?», faccio con tono genitoriale e lo vedo mettere un broncio infantile che mi scopro ad adorare immediatamente.

 

«Va bene, papà», sussurra, ma non riesce a restare serio e scoppia a ridere con suono cristallino.

 

Intanto, siamo ormai usciti da Lima e la strada, libera da costruzioni, ci lascia vedere il paesaggio naturale che il tramonto appena cominciato colora di sfumature rosa ed arancioni. Basta un altro quarto d'ora per arrivare alla meta che ho scelto e quando mi fermo, osservo Kurt guardarsi intorno come se cercasse qualcosa che non riesce a vedere. Siamo fermi praticamente nel bel mezzo di nulla: un campo di erba fresca ci circonda ed il tramonto si dispiega all'orizzonte, davanti a noi. È uno di quei posti che non credi possano ancora esistere e che tolgono il fiato.

 

Quando anche lui se ne rende davvero conto, vedo i suoi occhi allargarsi, come se volessero cogliere tutta la bellezza che lo circonda in un solo sguardo. Un sorriso sincero gli si allarga sul viso senza che neanche se ne accorda davvero e l'azzurro delle iridi luccica.

 

«Blaine... è bellissimo!» sussurra, come se non avesse improvvisamente fiato.

 

Stavolta è il mio turno di allargare le labbra: sapevo perfettamente che la vista di questo paesaggio avrebbe avuto un simile effetto su di lui.

 

«Vedi quell'albero alla nostra destra?», gli chiedo e solo allora gli occhi di Kurt riescono a concentrarsi su un punto preciso di ciò che ci circonda: un albero, appunto, punto culminante di una breve salita alla nostra destra «Chi lo raggiunge per primo, ha vinto», propongo entusiasta.

 

Lui mi guarda per qualche istante, stupito e leggo qualcosa del tipo “menomale che il bambino lo stavo facendo io”, prima che scatti inaspettatamente fuori dalla macchina correndo verso l'albero.

 

Resto sbigottito dal gesto tanto rapido e reagisco con evitabile ritardo, così che, per quanto possa correre, non riesco a raggiungerlo e lo osservo esultare per la vittoria.

 

Sbuffo lasciandomi cadere sull'erba ed evito di guardarlo, mettendo un broncio di cui spero si accorga.

 

«Non te la sarai presa!», mi punzecchia infatti «La gara l'hai proposta tu. Io ho solo accettato», fa superiore.

 

«Sì, ma eri più vicino di me all'albero. Non vale», borbotto sulle mie, incrociando le gambe e le braccia e abbassando lo sguardo.

 

Non riesco a vedere la reazione di Kurt, ma lo sento avvicinarsi e poi piegarsi sulle ginocchia davanti a me, fino ad arrivare alla mia altezza. Allora mi è impossibile non cercare il suo sguardo. Lo vedo osservarmi con un misto di attenzione e divertimento negli occhi.

 

«Dovrò tenere a mente che è questa la tua reazione quando sono io a vincere», sussurra amorevole, sfiorandomi i capelli che più liberi del solito mi lambiscono la fronte.

 

Io cerco di reggere l'espressione offesa ancora per un po', ma averlo così vicino annulla tutto: non sono capace di reggere una vera litigata quando si tratta di Kurt, figurarsi far finta di essere arrabbiato. Con un sorriso che spero non abbia nulla di rassicurante, lo tiro a me, facendogli perdere il precario equilibrio che lo teneva in piedi e rotoliamo di poco lontano dall'albero.

 

Quando ci fermiamo, si ritrova ad essere sopra di me e colgo al volo il suo leggero smarrimento per baciarlo in modo intenso, come volevo già fare in macchina. Lui asseconda immediatamente il mio gesto, sostenendosi con un braccio sull'erba, mentre l'altra mano si stringe a coppa sul mio volto.

 

Non mi abituerò mai al suo sapore e ai nostri baci che, nonostante tutto, riescono ancora a strapparmi inaspettati mugolii di piacere. Le mie mani fanno a sostenere i suoi fianchi e solo quando abbiamo entrambi bisogno di prendere fiato ci stacchiamo; lo guardo negli occhi, la voglia di lui che mi annebbia la mente, ma so trattenermi. Kurt, con mia sorpresa, si appoggia con la testa sul mio petto e mi si stinge contro.

 

«Ehi, è tutto a posto?», gli chiedo, avvicinandolo se possibile ancora di più a me.

 

«Ti amo», mi sussurra lui.

 

«Anche io, Kurt», ed è imbarazzante il modo in cui senta le famosissime farfalle nello stomaco al momento e il mio cuore batta terribilmente forte.

 

«Potrebbe scoppiare», dico consapevole del fatto che lui lo senta, poggiato com'è proprio all'altezza di quel muscolo.

 

Si muove lievemente, in un goffo tentativo di annuire senza staccarsi da me e mi prende la mano, stringendola.

 

«Qui è davvero bello», dice poi ed io gli accarezzo la guancia con la mano libera.

 

«Io...», esito: non so quanto mi vada di mettere in mezzo un simile argomento «Da piccolo mi ci hanno portato i miei genitori, un paio di volte», spiego poi, mentre mi rendo conto di quanto siano lontani quei ricordi.

 

Kurt si alza, cercando il mio sguardo. Mi osserva per un attimo e poi sorride, poggiando con delicatezza le sue labbra sulle mie: ancora riesco a sorprendermi di quanto bene mi conosca e riesca a capire tutto ciò che mi passa per la testa. Io gli sorrido di rimando e gli sfioro una guancia leggero, scuotendo la testa per fargli capire che va tutto bene.

 

«Ora questo posto mi ricorda te. Mi dà pace», sussurro e lo scorgo arrossire lievemente in un modo che anche dopo tempo trovo tremendamente semplice e delizioso.

 

Si posa di nuovo sul mio petto, stavolta in modo da poter guardare il cielo striato di arancio del tramonto. Gli poggio una mano sul petto e sospiro, lasciandomi contagiare dalla pacatezza del posto e dalla dolcezza di Kurt.

 

«Sai...», parla, mentre il vento serale si alza fresco «Tutto questo è così nuovo che mi pare una meravigliosa fantasia, un bel sogno da cui non vorrei mai svegliarmi».

 

«Ma sono qui. Siamo entrambi qui. Non c'è bisogno di svegliarsi».

 

«Se ripenso a tutto quello che abbiamo avuto... al modo in cui ci siamo conosciuti...», continua e mi perdo in ricordi lontani.

 

«Nostalgico?», chiedo per alleggerire la situazione che, non so bene in che modo, sta prendendo un verso quasi triste.

 

Lo sento sorridere, come se potessi vederlo, mentre mi stringe la mano per rassicurarmi.

 

«Se non fossi mai venuto a spiarvi, se Puck non mi avesse mai mandato alla Dalton... o semplicemente se avessi incontrato traffico o magari fermato un ragazzo prima o dopo di te...»

 

«Dovrei essere geloso?», chiedo interrompendolo.

 

Lui si alza per potermi guardare negli occhi e colgo un'espressione confusa ed interrogativa marcargli i lineamenti.

 

«Di chi?», mi chiede senza capire.

 

«Del ragazzo che avresti potuto fermare al mio posto! Insomma, e se fosse stato David? O Wes? Magari Nick, Jeff o Thad! Non credevo di dover essere attento anche a loro!».

 

La faccia che ha al momento Kurt è qualcosa di impagabile – rimpiango il non avere una macchina fotografica con me, perché è da immortalare.

 

«Ma che diavolo...? Blaine, era solo una cosa ipotetica! E poi hai citato tutti ragazzi etero – o presunti tali!», esclama ed io non riesco più a trattenermi e scoppio in una sonora risata.

 

Lui mi guarda ancora qualche istante prima di capire che stavo scherzando e lasciarsi scappare un sorriso scuotendo la testa.

 

«Ero serio», si difende «è stato davvero il caso a farci incontrare, nella maniera più assoluta!».

 

«Ed è un problema?», chiedo mettendomi seduto e tirandolo a me.

 

«Ovvio che no...».

 

«Sai, credo che in un modo o nell'altro, anche se non fossi mai venuto alla Dalton per spiarci, noi ci saremmo incontrati. Non so come, ma ce l'avremmo fatta. Mi piace credere che fosse destino più che caso».

 

«E poi l'inguaribile romantico sarei io», mi prende in giro.

 

«Mai detto di non esserlo, anzi!».

 

Lui sporge indietro la testa, fino ad appoggiarla sull'incavo del mio collo e chiude gli occhi. Io faccio lo stesso godendomi quella pace. Non vorrei niente altro al momento.

 

È tutto perfetto.

 

 

 

 

 

_______________________________

"I finali sono difficili, qualunque idiota può mettere giù uno stralcio di inizio, ma i finali sono davvero complicati..."

Chuck – conoscete Supernatural, sì? - ha sempre avuto ragione e alla fine di questa storia, anche noi ci stiamo rendendo conto di quanto sia difficile mettere la parola fine come si deve.

Speriamo di esserci riuscite in un modo quanto meno dignitoso... *no, non abbiamo ansia, no no*

E a questo punto non sappiamo davvero come salutare.

Ovviamente non sarà una cosa definitiva - a breve vi torneremo a tormentare con Klaine Songs 2 - eppure è sempre un misto tra orgoglio e malinconia quello che lascia la parola "fine"

Ma prima dei finali, tuttavia, c'è sempre un inizio.

L'inizio della storia è... non sappiamo definirla effettivamente. Questa storia era presente nelle nostre teste senza che neanche lo sapessimo. E' stato un caso il fatto che entrambe ci trovassimo a casa quella sera - Barbara priva di sonno, come al solito, e Chiara aspettando il fratello che era uscito per andare a una festa - , è stato un caso che cominciassimo a parlare di Glee, è stato un caso l'aver tirato fuori le nostre idee. E così è iniziato tutto, e non è stato poi così complicato - nonostante all'inizio ci siamo un po' scontrate (oh sì, è successo!).

Ma perché uno parla sempre dell'inizio e della fine? E quello che c'è nel mezzo? Che fine fa, quello che c'è nel mezzo? E' tanto importante quanto l'inzio e la fine, se non di più. E nel mezzo di questa storia... c'eravate voi. C'erano le persone fantastiche che abbiamo incontrato mentre la scrivevamo, commuovendoci e ridendo e sclerando e schifandoci con voi. Ma soprattutto, nel mezzo di questa storia c'è un'amicizia, la /nostra/ amicizia (e definirla tale ci sembra davvero riduttivo), che ha portato avanti tutto, costruendo mattone dopo mattone e raggiungendo quindi una conclusione. Senza quest'amicizia, non ci sarebbe stato poi molto. Questa storia non esisterebbe se non ci fossimo state entrambe. Barbara avrebbe fatto metà del lavoro, senza Chiara. E viceversa. Ci siamo date forza a vicenda.

Ma anche voi lettori avete avuto questa parte, siete stati parte della nostra forza. Ci teniamo, quindi particolarmente a ringraziare chiunque abbia letto la storia e soprattutto quelli che si sono fatti notare tra i 39 preferite, 10 ricordate e 93 seguite... Senza di voi la storia non ci sarebbe stata o non sarebbe stata tanto bella.

Giuriamo che stiamo cercando in tutti i modi di non commuoverci, ma è davvero dura...

Quindi non so... magari salutiamo qui, invitando a tenere la nostra pagina sotto controllo, perché il seguito arriverà davvero presto (abbiamo persino fissato una data! E sì, siamo maniacali fino a questo punto!)

Grazie. Grazie davvero ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=765193