E fummo noi

di ellephedre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 1 - All'inizio, insieme ***
Capitolo 2: *** Episodio 2 - Inattesa gelosia ***
Capitolo 3: *** Episodio 3 - Capelli ***
Capitolo 4: *** Episodio 4 - Profumi ***
Capitolo 5: *** Episodio 5 - Mani ***
Capitolo 6: *** Magnifica estate ***



Capitolo 1
*** Episodio 1 - All'inizio, insieme ***


Interludio


 

E fummo noi

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


     

Episodio 1 - All'inizio, insieme.

        

«Ti è successo qualcosa, Rei-san?»

Rei faticò a concentrarsi sulla domanda, impegnata com'era a infilare le scarpe all'uscita dalla scuola. «Cosa intendi?»

Fuyu, la sua compagna di classe, chiuse la porticina dell'armadietto. «Da ieri sorridi tanto. Non ti ho mai vista così felice.»

Dietro di loro, vicino alla fila opposta di armadietti, alcune ragazze avevano iniziato a muoversi al rallentatore.

Le loro mani sfilavano le scarpe scolastiche con grande calma, qualcuna si accarezzava con distrazione i capelli... Scuse per indugiare un momento in più nelle immediate vicinanze.

Rei non ne fu sorpresa: a scuola lei era una celebrità. Talentuosa, rispettata, organizzatrice di un festival scolastico memorabile, capoclasse, spinta più volte a candidarsi per il posto di presidentessa del corpo studentesco. Era nota a tutti, persino alle graziose matricole appena iscritte alle medie, bambine che avevano già cominciato a guardarla con ammirazione nonostante il nuovo anno scolastico fosse iniziato da meno di un mese.

Sarebbero state buone ragioni per restarsene in silenzio, ma il gossip non la spaventava. «Mi sono trovata un ragazzo» disse a Fuyu.

Udì un suono di scarpe che cadevano a terra e quando capì chi le aveva fatte cadere rilasciò un brontolio silente.

«Un ragazzo?» ripeté Mika Suzuki, kohai del secondo anno.

Lungo i corridoi della scuola Mika le lanciava sorrisi timidi tutte le volte che la incrociava. Era così platealmente infatuata di lei che tutto l'istituto sapeva della sua adorazione non ricambiata.

«Oh.» Gli occhi di Mika si riempirono di grosse e adorabili lacrime. «Io... Scusatemi!» Fuggì dalla sala d'ingresso ancora scalza, un'eroina da cartone animato in piena regola. Tutta quella teatralità purtroppo era genuina. Nell'evitare di assecondare l'affetto di Mika, Rei si era sentita spesso una specie di oni brutto e cattivo. Per fortuna aveva potuto usare come barriera una verità molto comoda.

A me piacciono gli uomini.

Alcune tra le sue più ferventi ammiratrici non avevano voluto crederci: lei non si era mai fatta venire a prendere a scuola da un ragazzo.

Il suo era un istituto femminile, ma diverse sue compagne avevano trovato un fidanzato molto prima del terzo anno delle superiori. Il fatto che lei non avesse ancora trovato il partner adatto comunque non era parso strano: a scuola era universalmente percepita come una creatura altezzosa e molto esigente, che pretendeva solo il meglio per sé. Le andava bene così: era orgogliosa di quell'immagine, coltivata con attenzione negli anni.

Fuyu scrollò le spalle. «Mika-san prima o poi doveva scontrarsi con la dura realtà.»

Tra tutte le sue compagne di classe, Fuyu Kitahara era quella a cui Rei aveva permesso di avvicinarsi di più. Fuyu era una ragazza gentile, a posto. Come lei ce n'erano altre, ma Rei ci teneva a non farsi troppe amiche: più persone conosceva intimamente, più erano le spiegazioni che doveva dare su di sé e sulla propria vita. In un futuro ormai prossimo la sua situazione si sarebbe esponenzialmente complicata. Era stata disposta a fare un'eccezione per un possibile fidanzato, ma aveva già tutte le grandi amiche di cui aveva bisogno.

Fuyu le offrì un sorriso complice. «Posso chiederti altre notizie su di lui, Rei-san? Se ti ha conquistata, dev'essere un ragazzo meraviglioso.»

Non in maniera convenzionale, pensò Rei.

Per andare a lavorare Yuichiro indossava una tunica e un hakama. Aveva quasi cinque anni più di lei, ma non possedeva una laurea e nella vita aspirava a diventare il gestore di un tempio.

Mentre esitava a parlare di lui si sentì strana.

Nel suo istituto privato era pratica comune vantarsi dei vari e presunti pregi del proprio fidanzato. Per tanto tempo lei aveva immaginato che, appena si fosse trovata un ragazzo, avrebbe potuto parlare di lui con enorme fierezza in tante conversazioni casuali buttate lì, giusto per darsi qualche aria innocente.

Si sarebbe trovata un fidanzato bellissimo, ovviamente. Se lui non fosse stato molto intelligente - con una serie di risultati accademici brillanti alle spalle - sarebbe stato comunque indirizzato ad avere grande successo nella vita. Come cantante o attore, magari.

Più tradizionalmente, lui avrebbe potuto essere un futuro medico o forse un giovane e già brillante imprenditore. Un uomo destinato ad un lavoro da semplice impiegato le era sembrato così banale. Eppure, alla fine...

«Si tratta del ragazzo che abita al tempio con me» confessò. E si vergognò al pensiero di essersi, anche solo per un momento, vergognata di lui.

Fuyu, che un paio di volte era venuta in visita al tempio, palesò prima incredulità, quindi profonda delusione. «Oh.»

Rei detestò difendere l'immagine di Yuichiro. «Il mio ragazzo è...» Si rifiutò di iniziare ad elencare le sue qualità. Non doveva dimostrare niente a nessuno. «Lui è quello giusto per me.»

Fuyu tentò di assumere un'espressione più allegra. «Certo. Sono contenta per te, Rei-san. Non fraintendermi, non pensavo male.»

Due tipe sfacciate della sezione C erano ancora ferme a due metri da loro, le orecchie tese.

Rei strinse i denti. «Non ne avresti motivo. Lui oggi viene a prendermi a scuola. Accompagnami all'ingresso, te lo presento.» Non si vergognava di Yuichiro, affatto. Che lo vedesse pure tutta la scuola, lei non voleva nasconderlo.

Quando prese per mano Fuyu, trascinandola fuori dall'edificio, fu costretta ad ammettere che stava prendendo troppo a cuore la faccenda. Non significava forse che, in fondo, temeva proprio di vergognarsi? Prendeva di petto la situazione perché si aspettava un brutto colpo.

Che meschina. Non era mai cresciuta? Pensava davvero che il giudizio superficiale di alcune sconosciute avesse la minima importanza? Loro non conoscevano Yuichiro.

«Ehm, Rei-san?»

Smise di strattonare Fuyu. «Scusa.» Erano finite al centro dello spiazzo. «Ecco.» Accennò con la testa al muro chiaro che delimitava l'edificio scolastico. «Mi starà aspettando oltre l'uscita.»

Fuyu lasciò dondolare delicatamente la propria cartella. «Non ti stavo giudicando, sai? Anzi, per me è un grande onore sapere che vuoi presentarmi il tuo ragazzo.»

Davvero?

Fuyu si avvicinò con fare cospiratore. «Penso che la cosa più bella dell'avere un fidanzato sia essere innamorate di lui. Secondo me sei più felice tu, Rei-san, di tante altre ragazze che si vantano di chissà cosa.» Ridacchiò a bassa voce e Rei pensò di averla ingiustamente sottovalutata.

«Guarda» le disse Fuyu. «Credo che le due che ci stavano ascoltando lo abbiano già detto a qualcun altro. C'è gente che sta andando a vedere.»

Rei conobbe un attimo di nervosismo e riuscì a scioglierlo in una risata. «Che lo vedano pure. Lui è...» Cercò le parole giuste per descriverlo e fallì nel trovarle: non c'era un modo per parlare di Yuichiro rendendogli giustizia.

Guardò Fuyu e iniziò a provare un genuino desiderio di presentarglielo. Dovevano esserci altre persone che potessero guardarlo ed essere contente per lei: Yuichiro la rendeva felice e quindi era da mostrare in giro il più possibile, solo con fierezza.

D'altronde, lui l'aveva scelta. Era accaduto anche il contrario, ma in quei due giorni lei si era scoperta a pensare di essere molto fortunata: era stata scelta da una persona di valore, che aveva avuto l'idea pazza di aspettarla per quattro anni, sopportando tutti i comportamenti idioti a cui lei l'aveva sottoposto.

Oltrepassò l'uscita e vagò con lo sguardo. Trovò Yuichiro accanto ad un albero, mentre studiava le studentesse che uscivano, alla ricerca di lei. Lui indossava quello che considerava il suo abito buono, la giacca di jeans chiara in coordinato coi pantaloni dello stesso tessuto e colore.

Rei non seppe cosa le accade, ma le sembrò di vederlo per la prima volta, come se non lo avesse mai incontrato prima. Tutto quello che ebbe negli occhi fu l'immagine di un ragazzo tranquillo con un bel viso pacato, forse anche un poco serio. Lui era abbastanza grande da non essere più un ragazzino e riempiva bene gli abiti semplici, senza pretese, che portava. Aveva anche belle spalle, belle braccia, belle gambe; a lei piacevano molto. Le piaceva molto lui, che era modesto, affettuoso, a modo suo molto perspicace e facile a donare sorrisi.

Yuichiro la vide e alzò il braccio, iniziando ad attraversare la strada.

«Non capisco di cosa ti preoccupavi, Rei-san.» Fuyu era divertita. «Secondo me hai trovato l'esemplare di uomo perfetto: un bravo ragazzo carino e immensamente devoto.»

«Devoto?»

«Si capisce da come ti guarda.»

Già. Come se lei fosse la cosa più importante del suo mondo.

Chissà perché era stata tanto stupida da provare anche solo un minimo di vergogna all'idea di presentarlo ad estranei.

Assieme alla serenità, ritrovò un sano spirito di competizione e non vide ragione di mettervi freno. «A dire la verità... c'è una cosa di Yuichiro che non risulta evidente. Una cosetta da niente.»

Incuriosita, Fuyu rimase in ascolto.

«Ti prego di fare sano pettegolezzo in giro su questa questione. Fa' attenzione a come fa di cognome ora che te lo presento; non è affatto una concidenza.»

«Rei» disse lui, arrivando a pochi passi da loro. Non aveva smesso per un solo attimo di sorridere.

«Yuichiro.» Gli prese la mano. «Sono pronta ad andare. Prima però volevo presentarti questa mia compagna di classe. Qualche volta è venuta al tempio, forse te la ricordi. Si chiama Fuyu Kitahara.»

Lui le offrì un inchino del capo. «Piacere, io sono Yuichiro Kumada.» Le mostrò un sorriso di scuse. «Non ricordo di averti già vista, al tempio passa tanta gente. Perdonami.»

Fuyu annuì pensierosa e Rei identificò l'esatto momento in cui l'indizio che aveva lanciato diede i suoi frutti. Davanti alla bocca leggermente spalancata della sua compagna di classe, si sentì percorrere da un infantilissimo senso di gigantesca soddisfazione.

«Parlane, okay? È vero al cento per cento.»

Fuyu non sembrò dispiacersi del ruolo che le era stato assegnato. «Rei-san.» Scosse piano la testa. «Niente da fare... Vinci sempre tu.»

Esatto, la più fortunata era lei, in tutti i possibili sensi esistenti.

Yuichiro non capì nulla, ma come suo solito si astenne dal domandare.

Rei lo prese a braccetto. «Adesso andiamo. Ciao, Fuyu.»

«A domani Rei-san.»

Condivisero una risata segreta.

     

«Tu non usi il san per lei» osservò Yuichiro, «ma lei lo usa per te.»

Riflettendo sull'osservazione Rei gli passò la cartella, disfacendosi del peso. Si sgranchì le spalle provate da una giornata sui banchi. «Conosco Fuyu e altre ragazze da quando avevamo undici anni. Ad un certo punto con alcune ho smesso di usare l'onirifico. Non si sono lamentate, così...»

«Secondo me loro continuano a usare il san con te perché tu ispiri rispetto.»

Lei concordò, poi colse un riferimento nascosto e lo trovò fastidioso. «Adesso non venirmi a dire che anche tu mi rispetti ancora come quando usavi il san.» Non ci teneva a sapere che lui non aveva ancora smesso di sentirsi, in qualche maniera, inferiore a lei. «Va bene che sono stata io a costringerti a usare solo il mio nome, ma-»

«Quello era il passato.» Yuichiro cercò di proposito una sua mano, stringendola forte. «Da due giorni sono un uomo nuovo! Sto uscendo con te per la prima volta, cosa può rendermi più sicuro di me?» Le mostrò un sorriso gigante che lei non riuscì ad imitare.

Lui le aveva detto era una cosa molto carina, pensata per renderla felice, ma... «Non solo da due giorni, vero?»

Yuichiro comprese la ragione della domanda retorica. «No.»

Bene. Anche solo pensarlo sarebbe stato il primo passo verso un'involuzione a cui lei non teneva ad assistere.

«Qualche anno fa» continuò lui, «ti rispettavo così tanto per come sapevi importi. Per me avevi una sicurezza incredibile per la tua età, una valanga di grazia e calma che sapevi sfoderare nei momenti giusti, capacità organizzative invidiabili-»

«Grazie.» Le lodi meritate le facevano sempre piacere.

«Già. Poi è passato del tempo... e ho cominciato a notare che perdevi spesso la pazienza. Non ti rassegnavi all'idea di non saper fare qualcosa. Di tanto in tanto pretendevi favori che non era tuo diritto chiedere. Ah, e la tua testardaggine non era sempre una cosa piacevole da vedere. A volte, quando sentivi di aver subito un torto, eri deliberatamente crudele. In maniera sottile, niente di che, però... Ecco, sei ancora tutte queste cose.»

Rei era attonita. «Che diavolo stai facendo?»

«Ti dimostro che non sono più quello di qualche anno anno fa?» azzardò lui.

«Bravo, ci sei riuscito!»

Provò ad allontanarsi, ma lui le bloccò il polso. 

«No!» rise. «Non hai capito. A me tutto questo non dà fastidio.»

«Oh, quanto sei generoso

«Col passare del tempo ti ho visto più umana, Rei. Ti ho idealizzato di meno e per me sei diventata più... normale. Anche se non abbastanza avvicinabile da dirti quello che provavo per te.»

«Fortuna che l'altro giorno non hai aggiunto alla tua dichiarazione questo mio elenco di qualità.»

«Ma sono qualità.»

La strinse a sé col braccio libero e Rei bloccò un bacio con la mano. «Cos'è tutta questa confidenza?» Si scostò col viso provando a mantenersi seria e fallendo miseramente. 

«I tuoi sono difetti perfetti.» Yuichiro affondò col naso nella sua guancia - il secondo gesto preferito di Rei. Erano passati solo due giorni e mezzo, perciò la classifica era ancora in formazione e in continua evoluzione, ma c'erano già dimostrazioni d'affetto che nella sua testa si erano guadagnate un posto d'onore nella hit parade.

«Difetti perfetti» ripeté lui, «ma è l'ultima volta che ne parlo, lo prometto. Non ne ho il diritto, io ne ho così tanti che non si possono contare.»

«È vero.» Lei sperimentò il gesto d'affetto numero uno, il migliore. «Sei insicuro.» Unì la bocca alla sua in uno schiocco leggero, sfiorandola appena. «Indeciso. Un po' zerbino.» Evitò che Yuichiro si staccasse da lei cercando un bacio più dolce.

Servì a fargli capire lo scherzo.

«Allora?» Gli disse, riprendendosi la cartella. «Dove andiamo per il nostro primo appuntamento?»

         

Durante il giorno, con l'avvicinarsi del fatidico momento, Yuichiro aveva cominciato a sentirsi nervoso.

Il primo appuntamento.

Era un'esperienza da godersi appieno, ma anche una bella prova.

Gli era venuto in mente solo quella mattina - e mai prima di quel momento - che lui e Rei non avevano interessi in comune.

Era stato un fulmine a ciel sereno che aveva squarciato in due il suo paradiso di felicità.

Forse esagerava, si era detto. Entrambi potevano divertirsi a fare cose normali, come passeggiare per la città o andare al cinema.

La passioni più forti di Rei erano la musica, i fumetti e lo shopping. Le piaceva girare per negozi, in quanto includeva la possibilità di rifornirsi di materiale per le prime due cose.

La passione più forte di lui era... l'escursionismo? Più o meno, non a livelli estremi. Gli piaceva muoversi per luoghi in cui la presenza dell'uomo era minima. Era un passatempo che Rei avrebbe detestato.

Al pensiero si era quasi fatto prendere dal panico.

Nonono! A lui piaceva anche leggere! Gradiva una buona storia come qualunque persona, sia su carta che su pellicola e persino sotto forma di canzone. Poteva condividere qualcosa di quello che piaceva a Rei! La musica di lei, per esempio, gli era sempre parsa fantastica.

Poi...

Abbattuto, si era arreso.

Aveva deciso che avrebbero fatto shopping. Sarebbe equivalso ad andare sul sicuro e per quel primo periodo lui voleva solo cercare di essere il fidanzato che lei aveva sempre sperato di avere. Non voleva che le venisse in mente nemmeno un piccolo motivo di rimpianto.

Pensò di nuovo al contenuto del suo portafogli, proprio come quella mattina.

Per uscire con Rei doveva avere denaro. A lei non sarebbe piaciuto fare economia sui luoghi in cui mangiare, sui posti da visitare o su qualunque altra cosa per cui si dovesse spendere. Ovviamente Rei era capace di regolarsi sulle proprie spese, ma lui era sicuro che l'idea di trovarsi un fidanzato le fosse stata gradita anche per la possibilità di non avere più il pensiero del denaro.

Qualche volta gli era capitato, in passato, di accompagnarla a fare spese. Al supermercato soprattutto - piuttosto frequentemente - ma diversi anni addietro si era unito a lei anche in qualche giro per negozi, come portapacchi umano. L'aveva osservata mentre lei studiava i capi che le interessavano e lasciava a malincuore quelli che le piacevano di più, perché troppo cari. Persino quando riempiva il carrello della spesa a volte lei si attardava a guardare qualche pezzo di carne prelibato e costoso, valutandone il prezzo. Capire di non poter spendere in quel modo i soldi del maestro le causava un piccolo sospiro.

"Il ragazzo che mi troverò io sarà più ricco di Mamoru!" 

Rei aveva scherzato così con Usagi, un giorno di diversi mesi fa. Yuichiro si era ritrovato ad ascoltarla quasi per caso.

Ricco.

Lui... non lo era. Esserlo lo aveva infastidito. Sapeva che una disponibilità illimitata di denaro non dava la felicità: ad avere alcune cose se ne volevano altre e poi altre ancora e poi ci si ritrovava con talmente tanta roba che si finiva col chiedersi perché la si fosse voluta possedere in un primo momento.

Da quando conosceva la necessità di risparmiare aveva anche compreso il bisogno di possedere più soldi, ma era riuscito a soddisfare tutte le sue necessità e i suoi desideri con lo stipendio modesto - e onesto - che gli passava il maestro.

I desideri di Rei però...

Forse avrebbe dovuto cominciare a cercare un altro lavoro? Tra qualche tempo, quando i suoi risparmi si fossero diradati. Avrebbe potuto chiedere al maestro qualche ora libera solo per qualche giorno alla settimana, per un impiego part-time di qualunque tipo. Con un lavoro che non aveva mai fatto poteva vivere nuove esperienze.

«A che stai pensando?»

Tornò alla realtà. «A niente. Avevo la testa per aria.»

Rei scelse di non indagare. «Hai visto qualche posto dove vuoi fermarti? Se passeggiamo senza meta, dovresti almeno contribuire con qualche idea.»

In realtà stava aspettando che lei gli indicasse qualche negozio in cui voleva entrare. Oramai erano vicini alla zona più commerciale di Juuban.

Rei lanciò un'occhiata di lato. «Vuoi un gelato? Fa ancora un po' freschino, ma lì hanno già aperto la stagione...» Indicò dietro le sue spalle con un cenno del mento.

Lui non si disturbò neanche a guardare. «Vuoi una di quelle coppe grandi, un... parfait, si chiama così?»

Rei inclinò la testa, curiosa. «No. Vanno bene due coppette da asporto, così continuiamo a camminare.» Cominciò ad avviarsi. «Per te cioccolato e panna, come a casa? Aspetta, vediamo prima che gusti ci sono.»

Entrarono nella gelateria. Davanti alla vetrina con le diverse scelte, la più veloce a decidere fu Rei. Quasi subito chiese una coppetta con gusto anguria e yogurt. Lui invece si attardò a scegliere. Dopo mesi che non assaggiava del gelato, la prima leccata al cono lo lasciò talmente estasiato che era già fuori dal negozio assieme a Rei quando si accorse di aver saltato un passaggio. Girò la testa e notò che la ragazza al bancone non stava inseguendo nessuno per il pagamento dei gelati.

Evitò di sentirsi troppo idiota e pensò a rimediare. «Quant'era?»

«Duecentocinquanta yen.»

«Per due gelati?» Era un prezzo stracciato.

«No, per uno» ridacchiò Rei. «Me li dai più tardi o paghi per quelli che mangeremo la prossima volta.»

... cosa?

No.

Portò la mano sul retro dei pantaloni e si fermò in tempo. Sarebbe stato ridicolo offrirle in mano del denaro. C'era un'altra soluzione. «Vuoi andare in qualche negozio di vestiti, o di dischi?»

Rei indugiò con la palettina trasparente del gelato, rosa fosforescente, in bocca. La sfilò dalle labbra. «Vuoi comprare qualcosa?»

«No, dicevo per te.»

«Io non ho niente da comprare oggi.»

Sì, ma non aveva capito quello che lui stava cercando di fare.

Rei scrollò le spalle. «Se dopo non sappiamo dove andare, possiamo fare un salto al reparto musica di Yurindo. Magari è arrivato qualcosa di nuovo.»

Ecco. E se era arrivato, lui glielo avrebbe regalato.

Lei affondò la paletta nel proprio gelato e gliela portò alle labbra. «Sentì quant'è buono questo gusto allo yogurt. Ti piace?»

Latte e derivati non erano tra i cibi suoi preferiti, ma trovò il gusto particolare, niente male. Annuì.

«Poi mi fai provare il tuo cioccolato. Come mai lo scegli sempre?»

Lui non fu originale nella risposta. «Mi piace.» E gli piaceva quel momento: come una vera coppia, assaggiavano l'uno il cibo dell'altra. 

Rei riprese a camminare. «Sai che penso di sapere perché lo gradisci tanto?»

Lui la raggiunse.

«È un po' come te» sorrise lei. «Un bel gusto intenso e dolce, di cui si impara a non poter fare a meno.»

Oh, lui era felice. Felice, felice, felice. Col cono la sporcò di cioccolato sulla bocca. Anche sul naso, con divertito disappunto di lei, ma poi pulire e assaggiarsi a vicenda fu un'operazione magnifica per entrambi.

   

I posti con troppa gente quel giorno non le piacevano.

Forse avrebbero dovuto dirigersi fuori da Juuban, verso spazi più tranquilli, ma non si erano attrezzati per una lunga gita. La sua cartella, che di tanto in tanto si passavano di mano, era d'impiccio. Yuichiro continuava a prendergliela, ma lei insisteva puntualmente per riaverla.

Sarebbero dovuti rientrare a casa per sbarazzersene, ma lì c'era suo nonno.

Rei non aveva ancora voglia di rivederlo. La prossima volta che se lo fosse trovato davanti, sarebbe stato il momento delle spiegazioni. Quella mattina, cogliendoli in flagrante durante il bacio di saluto, lui non aveva accennato a grandi discorsi. Anzi, lei lo aveva inseguito in giro per il corridoio e lui era letteralmente sparito nel nulla, probabilmente a giocare sul tetto, come ogni tanto faceva. 

Lei non si illudeva: quella sera stessa si sarebbe ritrovata a tavola con lui e Yuichiro a discutere di cosa poteva o non poteva succedere in quella loro relazione.

Non erano paletti di cui lei avesse ancora bisogno. Per quel giorno, fino a che era possibile, voleva pensare solamente a uscire e a divertirsi con Yu.

Yu?

Bel nomignolo, sorrise tra sé.

Si stava divertendo con lui. Assieme a Yu era bello anche non fare niente, camminare in giro oppure riposarsi su una panchina, come stavano facendo in quel momento.

L'unica cosa che le dava fastidio era indossare ancora la divisa scolastica. Per il loro primo appuntamento avrebbe voluto sentirsi più carina, più... curata. Aveva considerato di chiedergli di entrare in un negozio, per comprare qualcosa da mettersi subito, ma lei impiegava ore a scegliere i vestiti e nell'attesa lui sarebbe morto di noia.

Forse durante il sabato o la domenica sarebbero potuti andare fuori città. L'idea di una scampagnata non la attirava molto, ma si sarebbe portata dietro il lettore musicale e magari un nuovo libro, da sfogliare quando si fossero fermati a riposare. Stare all'aperto non le avrebbe fatto male e Yuichiro si sarebbe divertito. Per fortuna lui non sembrava annoiarsi neppure così, a non far nulla di particolare assieme a lei.

«Tutto bene?»

«Certo» gli sorrise, continuando a giocare senza senso con una sua mano. Qualche minuto prima l'aveva presa e non l'aveva più lasciata andare. La teneva giusto perché era piacevole scoprire meglio la mano che aveva avuto davanti per anni senza mai aver davvero osservato. Per esempio non aveva notato le linee del suo palmo - ben segnate, lunghe - o i punti in cui la pelle si era fatta più ruvida per il troppo stringere lavoro.

Si divertiva a muovergli e tirargli un po' le dita. Lo teneva intrappolato e c'era del piacere in quel concetto.

«Stavo pensando...» 

Lo guardò.

«Mi accompagneresti a prendere qualcosa di nuovo da per me? Non ho molti vestiti.»

Accompagnarlo a fare acquisti? «Come mai? Di solito non pensi al guardaroba» Con l'eccezione di nuove tute o scarpe per correre. Le usava tanto intensamente da usurarle in fretta.

Lui tentò una scrollata di spalle che non gli riuscì a dovere. «Tu sei sempre vestita bene.»

Cercando il bandolo della matassa, lei aggrottò la fronte. «Vorresti adeguarti a me?»

«Per non farti sfigurare.»

Le uscì uno sbuffo. «Non mi dispiace se ti compri qualcosa di nuovo, ma fallo solo se lo ritieni necessario. E scegli tu. I miei gusti non ti piacerebbero.»

Lui studiò le sue parole. «Ma i tuoi sono i gusti di cui mi importa ora.»

«È una cosa carina da dire, ma anche stupida. Non devi annullarti per me, non provarci nemmeno.»

Nella confusione di Yuichiro si fece viva un'ombra di frustrazione. «Non si tratta di annullarmi, solo di coinvolgerti.»

Non era una buona idea comunque. «Ti farei spendere un capitale che non puoi permetterti. E ti pentiresti del risultato finale.» In termini di vestiario maschile lei virava su uno stile elegante. Non era il tipo di capo che avrebbe visto bene addosso a lui, inoltre... Lo osservò bene in faccia e non capì. «Cosa c'è?»

«Non dovresti pensare al denaro.» Lui scosse la testa ancor prima di finire di parlare. «Voglio dire... non dovresti preoccuparti di quello che spendo.»

«Non me ne preoccupo.» A meno che non si trattasse di cifre astronomiche buttate via per cose che lui non avrebbe usato, come i vestiti a cui pensava lei e di cui stavano parlando. E naturalmente non si preoccupava dei suoi soldi a meno che non si trattasse di lei. Non voleva pesare sulle sue finanze solo perché ora stavano insieme; non era necessario. Poteva scherzare e vantarsi della ricchissima famiglia da cui proveniva lui, ma lo conosceva per quello che era: un gran lavoratore che si era sudato ogni centesimo dei propri risparmi.

Dubbioso, Yuichiro cercò di leggere nei suoi pensieri. «Sai che posso offrirti cose come gelati o cibo, vero?»

Certo. «Posso farlo anche io. A volte divideremo e a volte ci faremo qualche regalo a vicenda. Cosa c'entrano i soldi con questo?»

Il sospiro pesante di lui le accese una fiammella di fastidio. «Be'?»

«Non voglio che pensi a me come a un fidanzato di seconda categoria.»

«Come diavolo ti è venuto in mente?» Che cosa aveva fatto lei di sbagliato in quella sua testa bacata per fargli pensare che-

«Posso fare cose semplici come pagare per quello che mangiamo o... O regalarti qualcosa che ti piace.»

Adesso le doveva delle spiegazioni. «Quando avrei detto che non sei capace di farlo?»

«Quando hai detto che potevi farlo tu.»

Le parole le morirono in bocca. Di tutti - di tutti! - i difetti che avrebbe pensato di poter legare a Yuichiro, un tale becero maschilismo era stata l'ultima cosa che le sarebbe venuta in mente. L'ultima!

Con le braccia Yuichiro disegnò una croce obliqua in aria. «No. No no no, non volevo dire che non hai il diritto di offrirmi qualcosa, ma che... non voglio che mi consideri inferiore al ragazzo che cercavi.»

«Quale ragazzo?» Maledizione, voleva tornare a parlare di Yamato proprio ora?

«Non volevi qualcuno che ti regalasse cose che non potevi permetterti?»

Le stava dando della venale? «No

«Qualcuno che potesse evitarti il pensiero di risparmiare per quello che desideravi?»

«No!» Era stato un desiderio finto, stupido e completamente innocente!

L'espressione risoluta di lui la portò a un'illuminazione. «Lo hai sentito dire a una delle ragazze?»

«No. L'ho sentito da te, per caso. Ma non conta: so che a volte ti dà fastidio doverti limitare nel comprare quello che ti piace e quindi-»

Doveva interromperlo. «Stammi a sentire. Mi dava fastidio perché un tempo accettavo i soldi di mio padre. Il nonno non approvava, ma lui me li dava e io compravo tutto quello che mi pareva, senza pensieri. Poi mio padre ha cominciato a intromettersi nelle mie scelte e io ho iniziato a tagliarlo fuori dalla mia vita. I soldi non hanno mai smesso di arrivare, ma mi sono rifiutata di continuare ad usarli, per principio. Se proprio volessi sfruttare qualcuno, sfrutterei lui.»

Yuichiro rimase in silenzio per un attimo. «Io non sto parlando di sfruttamento.»

Lei rilasciò un sospiro. «Di cosa, allora? Di essere capace di farmi regali non facendomi spendere? Potrebbe essere piacevole qualche volta, ma non è necessario per farmi felice.»

Siccome lui non ebbe un commento pronto, trovò lei l'argomentazione giusto per continuare. «Non mi serve andare in ristoranti o a fare spese per divertirmi uscendo insieme a te. Perciò dove saresti una seconda categoria?»

«Okay.» Lui finalmente comprese. «Mi sono spiegato male e non avevo capito. Scusa. Però... non ho nessun problema a pagare per quello che consumiamo quando usciamo. O per qualcosa che potrebbe piacerti un giorno, se vorrai. Insisto perché io non spendo in niente, Rei. Tu sì invece. Se posso farti risparmiare per altre cose.... sarà una distribuzione equa. Di quello che serve a tutti e due rispetto a quello che abbiamo.»

Che abbiamo? In quel discorso a convincerla fu solo l'ultimo ragionamento, il pensare alle finanze di entrambi come ad una cosa sola.

Si ritrovò economicamente intenerita. «Fa' come vuoi, allora. Se senti di non avere nulla in cui spendere... Ma se un giorno avrai bisogno, vieni da me. Non sei l'unico a cui piace fare regali.»

Lui fu soddisfatto.

Lei pure. «Tanto potrò dire per sempre che sono stata io la prima a pagare per tutti e due.»

Gli regalò una risata e, quando lui si sporse repentinamente in avanti, Rei seppe cosa stava per succedere: un paio d'ore di uscita le avevano già insegnato una cosa.

«Aspetta.» Si tirò indietro, staccando la bocca dalla sua. «Meglio di no.»

L'espressione di Yuichiro si perse in modo talmente sincero da farle desiderare di mandare a quel paese il mondo intero.

«Cerchiamo un posto più appartato.»

«Hm?»

Non che baciandosi dessero spettacolo, ma a lei dava fastidio sentirsi osservata mentre era impegnata a godersi la carezza umida delle sue labbra, a ricambiarla, a farsi uscire qualche piccolo suono innocente, sentendosi abbracciare, rabbrividendo un poco e... Per riprendersi, sgranò gli occhi. E lo fece di nuovo, perché in lontananza individuò la soluzione. «Ho trovato, andiamo!» Si tirò su e lo trascinò via per un braccio.

«Dove?»

«Al luna park!»

   

Rei sembrava non avere più remore a spendere i suoi soldi.

Di fronte alla ruota panoramica a cui si erano diretti appena entrati al luna park, gli aveva detto chiaramente di prepararsi a pagare per almeno quattro o cinque giri.

Guardando le cabine rosa che dondolavano alte in aria, Yuichiro continuò a essere stupito. Non avrebbe mai immaginato che le piacessero le giostre o i parchi giochi. Scopriva sempre cose nuove su di lei.

«Ecco, questa è libera.» Il gestore della ruota premette un pulsante e aprì la porta della cabina che si era fermata, invitandoli ad entrare.

Rei non si fece pregare e Yuichiro la seguì.

La cabina si chiuse e lei si sedette sul sedile di fronte al suo.

«Sai che prima mi è venuto in mente un nuovo modo di chiamarti? Yu.»

Yu? Come Yucchan, il nome che usava per lui la sua famiglia. In bocca a Rei era come un assaggio di marmellata.

«Sono contenta, ti piace.»

Sì, sapeva di confidenza e affetto.

La ruota cominciò a muoversi. «È stata una buona idea» commentò lui. Non faceva un giro su una giostra come quella sin da quando era bambino. «Non immaginavo che ti piacesse una cosa simile.»

«Non fraintendere. Non è male, ma non ti ho chiesto di venire qui per guardare la città a trenta metri d'altezza.» Sorrise con una strana piega della labbra, bella e dal significato ignoto. Passò dal sedile opposto al suo, sistemandosi al suo fianco. «Volevo che ci trovassimo qui per stare un po' da soli.»

... ah. Ah, capì lui.

«Forse potevamo usare il cinema, ma non è un luogo abbastanza intimo per i miei gusti. E poi a me piace vedere un film se pago per entrare. Invece...» Vagò con lo sguardo lungo il piccolo spazio di due metri per due, coi sedili comodi e i colori tenui. «Qui è più romantico. È una cosa sciocca da vere coppie, non trovi?»

«Sì.» Lui si abbassò per baciarla come inteso, ma lei si ritrasse.

«Se stamattina avessi tenuto le orecchie più aperte» lo biasimò divertita, «adesso avremo i nostri spazi anche a casa, di nascosto dal nonno.»

Già, sospirò Yuichiro. Col passare delle ore, quella mattina, era arrivato alla stessa conclusione. Ma il maestro era stato più furbo di entrambi. Forse aveva saputo di loro sin dall'inizio.

«Guarda che stavo scherzando, non è colpa tua.»

«Ma dispiace anche a me che lo abbia saputo così presto.»

«Ah, ora sì? Non eri tu quello che insisteva per essere sinceri, per dirgli tutto subito-»

«Ha diritto di sapere e di parlarne con noi, solo che... anche noi avremmo avuto diritto a non sentirci controllati nei primi tempi. Se non abitassimo insieme...» Sarebbero stati più liberi.

«Non posso immaginarlo.» Le braccia di Rei si adagiarono sulle sue spalle. «Sai come risolviamo stasera? Con un bel discorso serio. Tu dovrai essere moolto coraggioso col nonno. Per me.»

Per lei poteva essere tutto quanto. Le tenne la nuca con tutte e due le mani, evitando che scappasse di nuovo.

Presa.

Con la bocca sulla sua si sentì ancora una volta, di nuovo, sul punto di scoppiare di sollievo. Ebbe voglia di ridere e di ringraziare qualcuno - chiunque, Rei per prima. Lei lo stava abbracciando, stringendo. Aveva la necessità fisica di stargli vicino e ogni volta che non lo mandava via gli diceva in cento modi diversi, uno migliore dell'altro, quel 'ti amo' che lui continuava a ripetersi e ripetersi in testa, parole che avevano trasformato la sua vita. Conosceva la voce di lei che le pronunciava da due giorni e voleva sentirle ancora quella dichiarazione tra un mese, tra un anno. Tra tanti anni, per favore.

«Ehi, calma» rise piano Rei, tirando indietro il mento, mordicchiandosi le labbra amorevolmente torturate. «Non scappo.»

Non era ancora diventato uno scherzo che lo faceva ridere.

Il viola degli occhi di lei si tinse di rosso sui contorni, un riflesso, il colore del sole che iniziava a calare. «Non scappo più.» Lei indugiò col respiro sulle sue labbra, le palpebre basse. «Qui sto molto bene.»

In quella cabina, su quella ruota panoramica, lui voleva restare per sempre. Non c'era nessun se in quel luogo.

Le dita di lei, ferme sulla sua guancia, gli diedero un lieve pizzicotto. «Torna qui anche tu, Yu. Con me, hm? Non andare da nessun'altra parte.»

Non nel passato, non nel futuro.

Sì.

Ricevette un bacio. Ricevette Rei.

.

   

«Ragazzi, stasera non mi sono goduto la cena.» Posando le bacchette sul tavolo, suo nonno si pulì la bocca con un fazzoletto di tela. «Qual è la ragione di questa tensione?»

Rei fu sul punto di saltare in piedi e mettersi a urlare. Faceva a loro quella domanda?

«Maestro...» azzardò Yuichiro.

Rei lo bloccò con una mano. «No. A questo punto mi aspetto che sia lui a parlare. Noi non abbiamo niente da spiegare!»

«Infatti.»

«Che vuol dire infatti?» Si bloccò.

«C'è qualcosa da spiegare?» Suo nonno si alzò da tavola. «È successo qualcosa di nuovo oggi?»

Rei si sentì cadere dentro uno scivolo di cui non conosceva la fine. Se per suo nonno quel giorno non era accaduto nulla di nuovo, allora significava che sapeva di lei e Yuichiro sin dal giorno prima. Li stava prendendo in giro?

Lui sfoderò un sorriso furbo. «Quando avrò qualcosa da dirvi, vi parlerò io.» Si diresse tranquillo verso la porta.

Bloccando in gola a Yuichiro il sospiro di sollievo, Rei sbatté una mano sul tavolo. «Che vuol dire?! Torna qui!»

Contrariato, suo nonno si voltò. «Nipote.»

«Nonno! Non ci sto a essere lasciata sulle spine solo perché tu ora non vuoi dire neanche mezza parola! Sai che io e Yuichiro ci siamo messi insieme, ci hai visti stamattina!» Era ora di finirla con quei silenzi enigmatici!

«Stamattina non ho visto niente di strano. Perché mi stai aggredendo?»

... cosa?

Yuichiro la imitò nel tirarsi su. «Rei, credo che... tuo nonno stia solo cercando di dire che non ha niente da rimproverarci o... da chiederci.» Cercò una conferma nello sguardo di lui.

Il nonno si limitò ad una scrollatina di spalle.

«Quindi non ha niente in contrario» si azzardò a terminare Yuichiro.

Lo sguardo di suo nonno rimase neutro e Rei non ci vide più. «Parole, nonno! Non ti hanno mangiato la lingua! Sei contrario o no?»

Lui si indispettì e incrociò le braccia. «No. Yuichiro lo sa già.»

Rei fulminò il suo nuovo ragazzo con lo sguardo. «Cosa?» sibilò.

Lui tremò sul posto. «No no, si riferisce a una conversazione di qualche giorno fa che-» Deglutì. «Sapevo che non disapprovava. Pensavo fosse chiaro, altrimenti stamattina-»

Rei gli fece segno di zittirsi. «Nonno.» Quando tornò a guardarlo non lo trovò più da nessuna parte. Oltrepassò il tavolo con un balzo e si sporse con la testa sul corridoio. «Allora non farai storie?» urlò.

Lui continuò ad avanzare. «Le stai facendo solo tu, nipote.»

Prima che potesse rispondergli di nuovo, Rei ebbe una mano a tapparle la bocca. Morse piano una delle dita di Yu e si ritrovò girata, a guardarlo che sorrideva.

«Rei.» Lui sorrideva divertito. «Approva. Perché lo provochi?»

«Non è vero che non ha niente da dire!» Anche lei cercò di non alzare troppo la voce. «Vuole tenerci sui carboni ardenti!»

«Secondo me è contento.»

«Che cosa ti aveva detto l'altro giorno? A proposito, quando?»

«Quando me ne stavo andando. Mi ha detto che se tu avessi voluto scegliermi, lui sarebbe stato felice di accogliermi in questa famiglia di cui facevo già parte.»

Lei si commosse talmente tanto che per poco non le passò l'arrabbiatura. «E non hai pensato di dirmelo

«Non mi è venuto in mente» fece sereno lui. «E comunque non sapevo se gradiva l'idea di noi due che avevamo una relazione giorno dopo giorno, in questa casa... Una cosa è immaginarlo, un'altra è vederlo.»

Da dentro il salotto, Rei lanciò un'occhiata verso il corridoio vuoto. Suo malgrado, non riuscì a rimanere risentita. «Non importa. Visto che lui non ha niente da dire, noi faremo come ci pare.»

Per sfidare suo nonno e togliere la confusione dal volto di Yuichiro, prese la faccia di lui tra le mani e attaccò la bocca alla sua.

Il nonno non aveva niente da dire? Bene, allora lei si sarebbe presa tutti i tipi di baci che voleva, quando le pareva, in qualunque stanza della casa si trovasse, a qualunque ora del giorno e della notte-

«Ci sono i piatti da lavare!» fu il grido che giunse dall'altra parte della casa.

Lei quasi schizzò in aria.

Yuichiro si irrigidì, poi scoppiò a ridere.

Diavolo, si era sentita gli occhi del nonno addosso!

Yuichiro la prese per le spalle e avvicinò la bocca al suo orecchio. «Quando non è in casa. Passa al tempio metà della sua giornata.»

Lei si riempì di una vena di allegria. «Anche tu.»

«Ma io tornerò indietro per te.»

«Non lavorerai più?»

«Certo, ma mi concederò qualche... distrazione.»

Lei lasciò scorrere la mano sul suo braccio.

Le piaceva toccarlo. Le piaceva guardarlo e amarlo, il suo bravo ragazzo devoto che da lei si meritava una devozione immensa.

«Bravo Yu.»

         

FINE

 


NdA - Bene, avevo in mente questo episodio davvero da tanto tempo. Solo come frammenti di scene, ma mi causavano tanta tenerezza. Volevo parlarne perché queste scene non raccontate mi schizzavano in testa di tanto in tanto. Come per Ami e Alexander in Acqua Viva, ha cominciato a mancarmi sempre di più non poter raccontare la relazione di Rei e Yuichiro nei suoi momenti iniziali, nella sua evoluzione.

Questa raccolta è qui per questo :)

Spero che vi piaccia sinora e di raccontarvi cose interessanti su questi due, che adoro in un modo dedicato tutto a loro. Motivo per cui adoro chiunque me ne parli ;)

Ecco l'ordine delle vicende di Rei e Yuichiro, per come le ho raccontate finora.

1. Ovviamente... impossibile?

2. Red Lemon -- Rei/Yuichiro II

3. L'indole del fuoco

4. Interludio - episodio 2 (Dirlo o no?)

5. E fummo noi - questo episodio ("All'inizio, insieme")

6. E fummo noi - Episodio: inattesa gelosia

Poi vengono, per ora, l'episodio 4 di Interludio e le vicende di Verso l'alba.

Scusate la confusione, il fatto che è sto riempiendo buchi col passare degli anni. 'L'indole del fuoco' andrà a diventare l'ultimo capitolo di 'Ovviamente... impossibile?' (che in questo modo, dopo quattro anni di sofferenze di Yuichiro e incertezze di Rei, si concluderà degnamente coi due che finiscono insieme). Rei/Yuichiro II in Red Lemon rimarrà separata perché è un episodio a rating assai rossino (:D) e non indispensabile per cogliere la storia del rapporto tra i due. L'episodio 4 di Interludio rimarrà anch'esso nella raccolta originaria, visto che coinvolge anche la coppia Ami e Alexander.

E' possibile invece che scelga di includere nell'attuale raccolta l'episodio 2 di Interludio ("Dirlo o no?"), essendo esso riferito principalmente a Rei e Yu (anche se con la presenza delle altre ragazze). Dovrei arricchirlo e scriverlo meglio, perché, come 'L'indole del fuoco', al momento quel testo ha uno stile proprio povero. Sigh.

Beh, tutto questo per dirvi che la numerazione degli episodi di questa raccolta potrebbe cambiare, così come l'ordine dei capitoli.

Alla prossima!

ellephedre

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Capitolo 2
*** Episodio 2 - Inattesa gelosia ***


Interludio


 

E fummo noi

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


     

Episodio 2 - Inattesa gelosia

    

Col passare delle settimane Rei aveva imparato ad apprezzare i molti vantaggi di un fidanzato poco appariscente.

Usagi passava il suo tempo a rodersi il fegato per le ragazze che si gettavano tra le braccia di Mamoru? Lei no.

Ami doveva far finta di non sentire gli apprezzamenti sotto voce lanciati in direzione di Alexander quando i due uscivano insieme? Lei no.

Lei aveva Yuichiro, che quando andava in giro guardava per terra, per aria o nel nulla, perso nei propri pensieri.

Yuichiro, che appena poteva indossava la tunica del tempio e sembrava uscito da un mondo vecchio quarant'anni.

Yuichiro, che del cattivo ragazzo misterioso che piaceva tanto alle (altre) donne non aveva nulla.

Quando stava in silenzio lui aveva un'espressione perennemente serena e, quando qualcuno gli parlava, pareva pronto a gettarsi ai suoi piedi per essergli di aiuto e servizio. 

Il resto del mondo di lui non sapeva nulla ed era perfetto: Yuichiro Kumada era solamente suo e nessuna cercava di rubarglielo.

Se quella non era pace.

Terminò un mercoledì di giugno qualunque, esattamente all'ora di pranzo.

       

«Ed è così che sei finito a lavorare qui» disse squillante una voce sconosciuta di ragazza, non lontano dalla stanza del sacro fuoco.

Rei drizzò le orecchie, lasciando gli occhi fissi sulle fiamme ardenti.

«Il maestro è stato molto gentile con me.»

Yuichiro. Lo sentiva a malapena.

«Come vedi», continuò lui, «questo è un tempio molto grande. Mantenerlo costa, ma Hino-san mi ha preso ugualmente con sé come apprendista. Non sapeva nemmeno chi ero. Sono già passati quattro anni.»

«Quattro anni e sei l'unico aiutante? Davvero non c'è nessun altro?»

Rei separò le mani unite e si diresse alla porta. Le voci che provenivano dalla zona dell'altare divennero più nitide.

«Oltre a me c'è solo Rei, la nipote del maestro, che funge da miko quando ha tempo.»

La nipote del maestro?

Invece di lasciar scorrere l'anta per intero, come aveva inteso fare, Rei aprì solo uno spiraglio. Accanto a Yuichiro, voltata di spalle, stava una ragazza coi capelli neri, corti; portava una canottierina gialla e dei pantaloncini bianchi.

Era quasi estate, ma la primavera era ancora mite e non c'era ragione di andare in giro tanto svestite.

«Allora pensi che abbia una possibilità qui?»

Nella domanda dell'estranea vi fu una risata sommessa e una lieve inclinazione del capo. Flirt.

Prima di sbattere l'anta dall'altro lato, Rei volle udire la risposta.

«Dipende dal maestro. Gliene parlerò.»

«Grazie! È un peccato che non possa restare oggi, ma passerò domani per conoscerlo. Oh, spero che vada bene! Mi piacerebbe moltissimo lavorare in questo tempio. Qui ci sei anche tu.»

COSA??

«Ah... sì.» L'esitazione di Yuichiro prese la piega di una risata. «Non preoccuparti, piacerai al maestro.»

«Speriamo. Devo correre adesso.» La tipa allungò una mano e la posò sul braccio di Yuichiro.

«Grazie di tutto, a domani.»

«... a domani.»

Dallo spiraglio Rei riuscì a vedere la testa di lui voltata verso lo spiazzo del tempio. La ragazza stava correndo via, con i suoi pantaloncini a mutanda e il suo vitino da vespa. Rei attese tre secondi - contati tra sibili di rabbia - prima di sbattere la porta di lato. Il tempio tremò sino alle fondamenta.

Yuichiro sussultò, voltandosi. Appena la vide, si aprì in un sorriso enorme. «Ciao!»

Rei si bloccò dopo un passo. «Ciao.» Si leccò le labbra, pronta a gustare sangue non suo. «Con chi parlavi?»

Tranquillo, lui indicò le scale del tempio con un cenno della testa. «Era una ragazza che mi ha fermato per strada. È interessata a lavorare in un tempio.»

«Noi non assumiamo.»

Lui studiò il suo tono e, stupido che non era altro, non lo comprese. «Tuo nonno ieri mi diceva che non gli sarebbe dispiaciuto avere qualche ragazza nuova ad aiutarlo.»

«Quelle erano le sue solite chiacchiere da maniaco. Non dobbiamo dargli retta, ancora non lo sai?»

Yuichiro contemplò la corda della preghiera che dondolava dal soffitto e sospirò. «Il fatto è che... è molto annoiato negli ultimi tempi. Quella ragazza» guardò di nuovo le scale, «sembra fatta di pasta dura. Saprà gestire le sue battute. E poi ha bisogno di un lavoro.»

«Mio nonno paga una miseria.»

Yuichiro scrollò le spalle. «Per lei sarebbe solo un lavoro part-time. Vuole guadagnare qualcosa durante l'ultimo anno delle superiori, per risparmiare. Adesso lavora in una gelateria.»

Ma quanto avevano parlato? «Ti ha raccontato tante cose.»

«Be' sì, sembrava simpatica.»

Un apprezzamento che le lasciava solo il gusto del punto da cui cominciare. «Ti trovava simpatico anche lei.»

Lui trovò l'appunto divertente. «Vuole un lavoro, per questo era gentile.»

Già, come no. Infatti anche lei flirtava con le persone che la dovevano raccomandare, cercando tocchi casuali. Naturale. «Perché mi hai presentato come 'la nipote del maestro'?»

«Hm?»

«La nipote del maestro» ripeté Rei, rifiutandosi di spiegarsi oltre.

Yuichiro comprese che aveva ascoltato quasi tutta la conversazione, ma impiegò un altro attimo a cogliere la silenziosa domanda. «Ah. Be', il nostro rapporto non c'entrava col discorso.»

Oh, già. Non era un'informazione da dare a una sconosciuta che sorrideva e alludeva un po' troppo. Non sia mai.

Rei si impose di calmarsi. Era cresciuta, era maturata: poteva imporsi senza gridare e minacciare violenza. «La prossima volta di' chi sono per te. Sempre che tu ce l'abbia in mente.»

«Eh?»

I monosillabi non risolvevano nulla! «Quella ci stava provando! Il minimo che potevi fare tu era dirle che eri impegnato!» Invece lui aveva esitato e si era messo persino a fissarla mentre andava via, manco fosse interessato all'offerta.

Per la sua incolumità, Rei non considerò l'ipotesi per più di mezzo secondo.

Yuichiro scoppiò a ridere. «Ma non era interessata a me! Figurarsi, una come quella mi avrebbe voluto solo nei sogni che avevo-»

Lei lo mandò a rotolare giù per i cinque scalini di pietra dell'altare. «Sogni d'oro allora! Senza di me!»

Per la rabbia cominciò a correre e per determinazione corse più veloce di lui, giù per la scalinata che portava in strada e fuori dal tempo. Lo distanziò fino a perderlo di vista.

L'allenamento Sailor una volta tanto era servito a qualcosa.

 

Gli stritolo il collo.

Se prova a parlarmi lo faccio fuori con la scopa!

Se osa menzionare di nuovo quella specie di parassita, giuro che lo mando a dormire fuori di casa!

Idiozie, doveva lasciarlo, ecco cosa doveva fare! Almeno per qualche giorno doveva farlo piangere e disperare fino allo sfinimento! Così lui non avrebbe MAI più osato darla per scontata.

Nei sogni che aveva, eh?

Bello dirle che in tutti quei sogni c'era stata solo lei e poi coltivarne di nascosto altri. 

Rei non aveva pensato che lui fosse come tutti gli altri uomini, sempre pronto a credere che in giro ci fossero ragazze migliori di quelle che avevano accanto e che - per loro sfortuna - non li degnavano di uno sguardo.

Oh, se quella tipa gli piaceva tanto che ci andasse pure! Lo avrebbe impacchettato lei stessa per la sfacciata, con un fiocco tanto stretto da bloccargli la circolazione.

Qualcosa le adombrò la visuale.

«Rei?»

«CHE C'È?!?!»

Usagi spiccò un balzo all'indietro. «Perché URLI? Ti ho solo salutato!!»

Rei tornò a vedere i propri dintorni. Era finita al parco. Usagi le stava davanti, una smorfia piagnucolante stampata in faccia. «Cosa ci fai qui?» le domandò.

Usagi finse di tirare su col naso. «Cos'è questo brutto carattere? Sto andando a trovare Mamo-chan. Gli faccio una sorpresa.»

«Potrebbe farne lui a te.»

«Eh?»

Rei strinse i denti. «Niente. Oggi sono di cattivo umore, lasciami perdere. Va' pure, parliamo al telefono più tardi.» Avrebbe avuto bisogno di sfogarsi. Chi meglio di Usagi per quello?

«Hm, no. Non si abbandonano le amiche in difficoltà. Che cos'hai?»

Sul punto di aprire di bocca, Rei comprese che raccontare di quel problema l'avrebbe fatta sentire ridicola e misera. Yuichiro era davvero ancora interessato ad altre ragazze? «Niente.»

Usagi si sedette accanto a lei, sulla panchina. «Andiamo, voglio sapere cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto. È un'ingiustizia vederti tanto giù.»

Oh, esatto, non era giusto! Cos'aveva fatto lei per meritarsi una simile mancanza di rispetto? «È stato Yuichiro.» Appena tirò fuori il nome di lui si sentì già meglio. Doveva pestare almeno quello! «Sai che oggi una tizia ha cercato di abbordarlo? E lui le ha dato pure corda! Non le ha nemmeno detto che io ero la sua-... Be'?»

A Usagi tremava il petto per le risate.

«Lo trovi divertente?»

«No. Sì. No, però... una tipa ha cercato di 'abbordarlo'? Andiamo Rei, non è possibile. Ti sarai immaginata tutto.»

Come?

«Sei troppa gelosa.» Usagi scosse condiscendente la testa. «Nessuna ragazza cercherebbe mai di rubarti Yuichiro. Va bene, in fondo è carino, ma ha sempre quell'aria così... svagata. Non può aver attirato in quel senso una ragazza che non lo conosce. Ti starai sbagliando, dDi sicuro.»

Rei artigliò con le dita le assi di legno della panchina. «Ti parlo di un'estranea che ha cercato di rubarmi il ragazzo e tu mi rispondi dicendo che non è possibile perché tanto... non lo vuole nessuna

Usagi fece vagare le pupille in tondo. «Detto così è brutto. Intendo che Yuichiro non è un ragazzo... insomma, molto affascinante. Perciò tu non devi preoccuparti di cose come questa.»

Rei non credette alle proprie orecchie. Non si doveva preoccupare perché si era scelta un ragazzo che non era affascinante? «Solo tu puoi essere afflitta dalla gelosia?»

«No, però-»

«Con tutte le volte che sono stata costretta ad ascoltarti mentre piagnucolavi per sciocchezze!» Saltò in piedi. «Forse ne avevi motivo! Anche io mi sarei preoccupata ad avere accanto un ragazzo poco affettuoso come Mamoru!»

Usagi spalancò la bocca. «Mamo-chan non è poco affettuoso! È solo- solo-»

«È solo che se vuoi un abbraccio da lui tu lo devi chiedere! Io non ho mai avuto questi problemi!»

Usagi scattò come una molla. «Mamo-chan non è come dici!»

«Infatti la colpa sarà tua! Gli stai sempre così appiccata che lui non vedrà l'ora di stare da solo!»

Usagi divenne un tale concentrato d'ira che i suoi codini si sollevarono in aria. «Perché sono affettuosa! Povero Yuichiro, è sempre lui quello che deve venire a cercarti! Devi essere un fidanzata impossibile!»

«Tra noi due sei tu più insopportabile!»

«Mamo-chan non mi deve sopportare!»

«Vallo a dire a lui!»

«Sei un'insensibile! Yuichiro no, mi chiedo come faccia a reggerti!»

Si fiondarono in avanti nello stesso momento.

         

«Mamma...?»

«Non guardare tesoro, sono due che litigano.»

«Ma ci sono tante braccia, tante gambe... Quella è una testa!»

«Lo so, andiamo via. Nemmeno al parco c'è più pace...»

             

La lotta ebbe fine quando Usagi colpì un palo con uno stinco.

«UAHHHHHHHHHH!»

Il salto fu così potente che Rei la trovò attaccata al lampione. Lassù Usagi pareva un koala con le code.

«Scendi» le ordinò, inspirando alla ricerca d'aria.

«Ahiaaahhh...» Usagi scivolò lungo il palo senza smettere di piangere.

«Ti sei fatta male?» Rei le scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Stava sudando.

«Sìììì!» Usagi provò ad appoggiare la gamba dolorante a terra e produsse una smorfia di sofferenza. Prese a saltare in tondo, come se muoversi potesse aiutarla a guarire.

«Ferma.» Rei riuscì ad afferrarla e, con cautela, la aiutò a camminare fino alla panchina. «Sei un disastro.»

«Eri tu che mi picchiavi!»

«Be', se tu non mi hai lasciato i segni dei graffi è solo perché avevo la tunica. Come hai fatto a non vedere il palo?» Si abbassò ad esaminarle la gamba.

«Mi stavi tirando i capelli.»

«Tu tiravi i miei, altrimenti ti avrei avvertita.»

«Basta, non litighiamo piùùù!»

Rei emise un sospiro. «Non stavo più litigando, mi sto preoccupando per te. Riesci a poggiare la gamba ora?» Se non ce l'avesse fatta sarebbero dovute andare in ospedale. Nel gesso di Usagi lei avrebbe scritto: 'Questa mini-frattura è opera mia. Ero stupida e gelosa.'

Provò a toccarle la gamba dove vedeva una specie di livido che iniziava a formarsi.

Usagi sussultò. «Mi dispiace, Rei.»

«Sei tu quella azzoppata.»

«Sono stata insensibile. È vero, tu mi hai sempre ascoltato quando mi lamentavo per quanto ero gelosa di Mamo-chan.»

Rei scrollò le spalle. Non le interessavano più le recriminazioni. «Sai che niente di quello che ho detto è vero.» Tornò in piedi e osservò lo stato disastrato della sua amica, le guance rosse dove l'aveva pizzicata - forte ma senza unghie - e gli occhi gonfi dal pianto. Usagi aveva la capacità di far sembrare un piagnucolio di pochi secondi un pianto disperato durato ore e ore. Anche così, aveva sempre l'aspetto di un coniglietto paffuto che attendeva solo di essere consolato.

Rei un tempo si era convinta che Mamoru avesse avuto un cuore di ferro per il numero di volte che era stato capace di resistere ai capricci che Usagi aveva corredato di lacrime. Dentro di sé, però, l'aveva segretamente lodato: se Mamoru avesse ceduto a tutte le piccole e infantili pretese della sua fidanzata, non si sarebbe dimostrato degno di lei.

«Mamoru non ti trova insopportabile, Usagi. Adesso dovresti chiedergli di venire a prenderti, vedrai che arriverà correndo. Anche se non gli dici che ti sei fatta male.»

Usagi si massaggiò distrattamente il ginocchio. «Lui non arriva sempre correndo. A volte è impegnato, ma... mi ama.» Sollevò lo sguardo sotto la frangia disordinata. «E Yuichiro ama te, Rei.»

Dentro di sé Rei non lo aveva mai messo in dubbio, ma non bastava. Solo perché lui le aveva detto 'ti amo' poteva permettersi di indugiare sull'idea di altre ragazze, anche solo per fantasia?

No, e lei non sarebbe rimasta zitta a subire.

Usagi la stava osservando. «Mi dispiace per quello che ho detto su di lui, però... anche se un'estranea ha cercato di intromettersi tra voi, non puoi preoccuparti. Non riesco - e voglio dire che non riesco, nemmeno se mi pagassero in pasticcini - a immaginare che lui guardi un'altra ragazza.»

Bene, Usagi avrebbe potuto aprire una sua pasticceria.

Non volle lasciarsi vincere di nuovo dall'amarezza. «Torno a casa.»

«Provi a parlargli?»

Quel giorno, neppure morta. Yuichiro si sarebbe beccato ore di sdegnoso silenzio da lei. «Ti chiamo più tardi, per dirti com'è andata.» Solo quando stava per prendere il piccolo sentiero che conduceva alla strada si rese conto di cosa aveva dimenticato. «Oh. Vuoi che chiami Mamoru per te dalla cabina telefonica?»

Da lontano, Usagi scrollò le spalle. «Ma no! Guarda!» Saltò in piedi.

Rei sussultò e cercò di tornare indietro, ma si fermò quando vide Usagi in equilibrio sulla gamba ferita.

«Ma non stavi male?!»

«Sì che stavo male! Ma è passato qualche secondo e quindi riesco a rimettermi di nuovo in piedi. Vado verso la cabina da sola, ma sarò guarita tra qualche minuto.»

Se avessero fatto un fumetto su Usagi, l'avrebbero chiamato Regeneration Girl, l'Indistruttibile.

«Rimango con te finché non sei guarita.»

«Manco per sogno, va' da Yuichiro! Tu cercherai di non parlargli ma lui parlerà con te. E voilà, tutto si risolverà per magia. Su, vai! È la penitenza che devi scontare per avermi picchiata!»

Rei lasciò ad Usagi la soddisfazione di darle un'ordine e anche la speranza di avere ragione.

Se anche avesse parlato con Yuichiro, lei non aveva intenzione di perdonarlo subito. Per una volta, era la cosa giusta da fare.

               

«Rei.»

Ebbe il dispiacere di ascoltare la voce di lui proprio dopo pranzo. Come lo stupido che era, Yu aveva continuato a cercarla in giro per il quartiere.

Chissà come, non si erano incrociati. Che fortuna.

«Avevo chiuso la porta.» Rei sollevò il braccio in direzione della cucina. «Il tuo pranzo ti aspetta in frigo.»

Come se non gli avesse detto una sola parola, lui entrò nella stanza e si mise a sedere accanto al tavolino largo dove lei stava facendo i compiti.

Rei non lo degnò di uno sguardo, ma le fu impossibile ignorarlo quando una sua mano la toccò sul collo.

«E questo?»

Si scostò. «Conseguenza di un match con Usagi. Niente di che.» Il piccolo graffio, che non aveva nemmeno sentito sul momento, si era mostrato a lei solo davanti allo specchio del bagno.

Cercò di concentrarsi di nuovo sul problema di matematica. Pensò di chiedere a Yuichiro di uscire, ma preferì astenersi: essere ignorato lo feriva. Che provasse un po' di quel che aveva provato lei sentendosi dimenticata di fronte alla prima arrivata.

Lui emise un forte sospiro e si sporse in avanti sul tavolo. «Una ragazza come quella mi avrebbe voluto solo nei sogni che avevo da ragazzino, e fortuna che non me ne importa più niente. Era questo che stavo finendo di dire.»

Buon per te. Fu uno sforzo trattenersi e rimanere zitta.

«Pensavo che ne avresti riso anche tu. Credevo che potessimo parlare di queste cose, del passato e anche di... di quello che pensavamo di volere.»

Le pareva che lei lo avesse trovato divertente?

In silenzio lui non si arrese, piuttosto studiò la sua mancanza di reazioni. «Mi sbagliavo. E... Va bene, forse avevo pensato che quella ragazza fosse... interessata a me. Ma mi sembrava ridicolo o, se fosse stato vero, divertente, perché non mi era mai capitata una cosa simile. È per questo che sono quasi sicuro che le importasse solo del lavoro al tempio.»

Rei era stufa di rivivere la scena. «Sto cercando di studiare.» Comunque quella sfacciata in pantaloncini se lo poteva scordare di lavorare lì. O, se ci teneva tanto a lavorare nel loro tempio e a stare vicino a Yuichiro, poteva farlo dentro una tomba. Liberare il sottosuolo dai vermi sarebbe stata un'occupazione consona per una del suo calibro.

Yuichiro non accennò ad andarsene. «Ti ha fatto arrabbiare che non le abbia detto chi sei?»

Quello e il fatto che, combinando tutti gli indizi, le risultava ancora difficile credergli. Yuichiro aveva fatto eccome un pensiero su quella ragazza, per quanto la versione che le stava raccontando fosse plausibile.

Lei non avrebbe avuto remore a fidarsi delle sue parole se lo avesse sentito rendere pubblica la loro relazione con la stessa devozione che le mostrava quando erano soli. Evidentemente, però, per lui la loro storia era una cosa da nascondere.

«Un mese e dodici giorni.»

Il conteggio attirò la sua attenzione. Non fu facile mantenere gli occhi sul foglio a quadretti.

«Noi due stiamo insieme da un mese e dodici giorni. Non riesco ancora a dichiarare con facilità che sei la mia... che ho qualcosa di te, qualunque cosa. Noi ci amiamo, ma non siamo ancora arrivati al... possesso. Per me è così; non la trovo una cosa negativa.»

Ma che diavolo-? «Che vuol dire?»

Yuichiro si riempì di un cenno di speranza e lei si rese conto di avergli appena risposto.

«Per ora tu mi permetti di amarti e per questo anche di... ferirti. Non ci capiamo spesso anche se poi facciamo pace e quindi... Penso di dover ancora lavorare per renderti davvero felice.»

Lei iniziò a capire. «Solo allora sentirai che è giusto dire che sono la tua ragazza?»

Lui rifletté sulla risposta, ma soprattutto sul tono della domanda. «Sì?»

«È stupido

Yu si rabbuiò.. «Forse.»

«Dire 'mio ragazzo' o 'mia ragazza' è solo un modo per stabilire che c'è una coppia tra due persone. Siamo una coppia, no?»

«Sì.»

«Questa tua strana idea di possesso è più adatta ad uno di quegli impegni per cui si firma un documento. Non ci arriveremo nemmeno vicino se continui così.»

Yuichiro incassò il colpo come un pugno che era abituato a subire. «Sei ancora arrabbiata.»

Rei si sentì dannatamente in colpa. In colpa, lei! «Tu l'hai lasciata fare. E, mentre andava via, hai passato interi momenti a guardarla.»

Per un attimo lui non parve capire di cosa stesse parlando. Quando comprese, aggrottò la fronte. «Te l'ho già detto: me la stavo ridendo tra me. Pensavo a quanto sarei stato contento dell'occasione tanti anni fa e che non me ne importava più niente. Pensavo» schioccò un dito, «Capita così a tutti? Uno trova una ragazza e all'improvviso piove l'occasione per cui avrebbe pagato-»

«Quella era una sfrontata priva di pudore! Come faceva a piacerti?!»

«Tanti anni fa! Prima di conoscerti! Stavo solo facendo ragionamenti stupidi perché sono stupido, è questo che vuoi sentire? Giocavo con l'idea di essere uno di quelli che veniva abbordato, ma non ci credevo nemmeno io!»

Nel suo tono percepì lo stesso risentimento che lei aveva provato udendo le parole di Usagi.

Posò la penna e deglutì. «Non è vero. Anche se non ci sono ragazze che ti seguono per strada» - cosa di cui lei era immensamente grata - «non significa che...»

«Rei.» Yuichiro scuoteva la testa. «Non m'importa. Io piaccio a te. Tu stai sopra tutti i sogni che ho mai fatto. Questo» sorrise, «mi ha fatto pensare molto bene anche di me stesso, ma... non ha importanza. Stavo bene anche prima, io mi faccio notare col tempo. La maggioranza delle persone è come me, non è una sfortuna.» Allungò una mano e le trovò la tempia. Le accarezzò i capelli e Rei si chiese come avesse capito che ora poteva farlo.

Il suo Yu comprendeva molte cose di lei. Forse, un po' meno di se stesso.

Cercò di spiegargli. «Nella vita di tutti i giorni ti manca fascino.» Fu brutale con lui proprio per essere il più dolce possibile. «Ma non fai nulla per costruirlo, non ci provi nemmeno. Sembra quasi che tu voglia affossarlo completamente. Io credo... no, so che potrebbe essere diverso. Tu hai fascino quando sei con me.»

Forse avrebbe potuto essere più dolce, ma lui la ripagò proprio con la serenità che lei aveva voluto vedere. Perciò, dopo aver avuto tutto, volle averne ancora.

«A me piace la tua voce, quando la tieni tranquilla. Le tue espressioni, di più quando non le nascondi sotto la frangia che insisti per tenere lunga.» Gliela scostò dalla fronte. «Mi piace anche come stai in taluni vestiti.» Quei pochissimi buoni che aveva. «Non sottovalutarti, o è come se calpestassi i miei gusti. Ti assicuro che sono sempre di qualità, non mi sono mai accontentata di nulla di meno.»

Yuichiro girò l'angolo del tavolo e la strinse per la vita, forte. «Con me ti sei accontentata, ma diventerò degno di te. Tutto quello che vuoi, Rei.»

«Per ora sei già tutto quello che voglio» Lo circondò con le braccia sulle spalle; le piacque il modo in cui le sue mani si toccarono tra loro dietro la schiena di lui, a racchiuderlo perfettamente. «Il mio ragazzo» mormorò.

Quel ragazzo che, alla fine, non si era mai interessato ad un'altra, e che - per fortuna di lei e cecità di loro - non interessava tanto ad altre donne, almeno per il momento. «Non può essere una cosa a senso unico, perciò io sono la tua...?»

«La mia Rei?»

Le strappò una risata bassa.

«Suona meglio di 'la mia ragazza', ma dirò anche questo.» Lui assaporò il termine. «La mia ragazza.»

Lei gli dimostrò che poteva fidarsi a chiamarla così sollevandosi sulle ginocchia e prendendogli la bocca con la propria.

Oh, quello, era quello che nessun'altra donna doveva mai scoprire: lui aveva la bocca più soffice e al contempo ferma che potesse esistere. Con quella era capace di dare i baci più saporiti ed eccitanti dell'intero pianeta. No, dell'intero universo.

Lentamente, si sdraiarono insieme sui tatami del pavimento.

«Yuichiro!!»

Staccandosi di colpo, Rei si morse scocciata le labbra. Avrebbe ucciso suo nonno.

«Il tuo pranzo si è raffreddato» continuò a urlare lui in corridoio. «Hai mangiato fuori?»

Districandosi piano, Yuichiro si pulì la bocca con la tunica e tornò a sedere. «No, maestro! Devo ancora mangiare.»

I passi fuori dalla porta si avvicinarono sempre di più e Rei si ravviò i capelli.

Dopo poco suo nonno entrò nella stanza «Mangia in fretta, ragazzo. Abbiamo cose da fare più tardi.»

Ah sì? pensò Rei. Sicuramente dovevano riparare qualcosa che lui aveva distrutto in uno dei suoi tanti allenamenti anti-età. Stava cercando di nuovo di sviluppare un'assurda disciplina da insegnare nella sua palestra, questa volta rivolgendosi a donne sui trenta o quarant'anni. Sempre troppo giovani per lui. «Nonno?»

Lui le lanciò un'occhiata. «Non dovresti permettergli di disturbarti mentre fai i compiti.»

«Domani verrà una ragazza a chiederti un lavoro.»

«Una ragazza?» si illuminò lui.

«Sì, Yu l'ha incontrata oggi. Ha la mia età, le piace portare calzoncini e magliettine corte. Se ti lasci convincere ad assumerla, giuro che me ne andrò da questa casa.»

Suo nonno chiuse la bocca aperta.

«Sono seria. E Yuichiro si licenzierà, perché se non lo fa tra noi è finita.» Senza alcuna vergogna, rivolse a lui una linguaccia allegra, proprio lì.

Suo nonno buttò le braccia al cielo. «Ragazzo! Ma non potevi startene buono?»

«Ha capito male maestro-»

«Sì, certo.» Mogio, lui uscì in corridoio. «Lasciami solo col mio lutto.»

Rei liberò una risata. «Va' a mangiare.» Diede al suo ragazzo un bacio sulla guancia. «Cii vediamo più tardi.»

Yuichiro si alzò e uscì dalla stanza con un sorriso largo, bello.

Sì, anche quando ridi mi piaci.

Di più, da quando so che sei innamorato di me.

     

   

FINE EPISODIO

 


NdA - Questo episodio, come struttura, mi è stato suggerito da Maryusa, che voleva una storia in cui Rei fosse gelosa e in cui ci fosse un litigio tra Usagi e Rei vecchio stile (la nuvoletta di battaglia ad accompagnare la rissa, così ho inteso io :D). Avrebbe dovuto essere una one shot della raccolta Imagining, ma l'ho trasformata in un episodio di questa raccolta che ho in mente da un po'. Il primo periodo del rapporto tra Rei e Yuichiro l'ho studiato soprattutto a livello di ricordi nell'altra mia fanfic, 'Verso l'alba', ma era da tempo che volevo scrivere ad esempio del primo appuntamento tra loro, quello avvenuto dopo l'episodio 2 di Interludio (ambientato il giorno dopo l'inizio della loro relazione, che descrivo ne 'L'indole del fuoco' e che si colloca intorno alla fine di Aprile del 96).

Se cerco di andare in ordine non la finisco più, quindi il prossimo episodio dovrebbe essere proprio quello del primo appuntamento.

Cambierò l'ordine dei capitoli in seguito.

Ricordate, una recensione è il mio più grande premio, qualunque cosa abbiate da dire sulla storia :)

ellephedre

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Capitolo 3
*** Episodio 3 - Capelli ***


efummonoi3
"E fummo noi"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 3 - Capelli


«Sono diventati un po' lunghi.»
Offrendo la schiena alla folata di vento fresco, un sollievo insperato, Yuichiro si voltò.

Camminava verso di lui il suo sogno, la folta chioma nera legata in una coda posata sulla spalla sinistra e un sorriso vestito d'estate.
Rei era fantastica e in quel luglio, da quasi tre mesi, era anche sua. Con i suoi abbracci, con la sua voglia di stargli vicino, con le sue carezze improvvise - una migliore dell'altra. Con i suoi tutti i baci, che lo avevano definitivamente convinto della presenza di un elemento divino su quella Terra.
Ah, e naturalmente lui esultava anche per le magliettine estive. I top, come li chiamava Rei, ma per quanto lo riguardava erano semplicemente pezzi di stoffa leggeri, aderenti e molto generosi nel far vedere o intravedere quello che (s)coprivano. E lui poteva toccare; fosse ringraziato il cielo e qualunque dio esistente, poteva finalmente toccare! Non tutto, ma era felice anche solo di poterle sfiorare un fianco.
Rei si accorse dell'occhiata che lui lanciò al suo seno e non disse niente. Quando gli fu accanto si limitò a inclinare la testa di lato, senza coprirsi il petto. Non lo gonfiò né fece alcun'altra mossa inconscia che potesse essere interpretata come un rifiuto o, al contrario, come un invito troppo esplicito. Si comportava così da alcune settimane e lui lo aveva preso come un permesso non scritto: guardare va bene.
Senza essere troppo sfacciato comunque si stava già sfinendo dal rimirarla, ancora di più rispetto agli anni passati. Rei era un'opera d'arte femminile fattasi viva, con ciglia così folte, occhi così belli, labbra così saporite. Sensuali.
«Ogni tanto ti perdi in un tuo mondo» sorrise lei. «Questa volta c'entravo io?»
Lui fu felice di annuire.
Rei accennò ad arrossire piacevolmente. Tossicchiò in tempio. «Stavo dicendo... i tuoi capelli sono diventati un po' troppo lunghi.»
«Come?» Lui li cercò d'istinto con gli occhi, lasciando scivolare lo sguardo verso destra. Li intravide accanto al viso, come non gli capitava da qualche tempo. «Già.»
Rei annuì. «Hai deciso... di farli ricrescere?»
Nella sua domanda ci fu un'esitazione che sapeva di opinione negativa. A lui non diede fastidio, dal momento che... «No. Mi trovo comodo così, adesso finirei col sentirli come un ingombro.» Da quando aveva iniziato a fare caldo poi, avere il collo scoperto si era rivelata una manna. Non si era sentito così fresco da anni.
«Allora devi andare da un parrucchiere» gli suggerì Rei.
Al massimo da un barbiere. Considerò brevemente l'idea. «No.» Si afferrò una ciocca dietro l'orecchio, tirandola piano. «Non mi serve un taglio preciso, li spunterò da solo.»
Rei congelò l'espressione in una mezza smorfia. «No, dai.» Cercò un tocco sul suo braccio. «Se sbagli poi sarai costretto a tagliarli corti come l'altra volta.»
Forse, ma la volta precedente lui aveva fatto fuori i propri capelli con un intento simile alla vendetta, senza alcuna cura. Aveva eliminato la massa che si era trovato in testa appositamente per non sentirsi più la persona di prima, uno stupido illuso che aveva appena perso la ragazza che amava da sempre.
Ora era una persona nuova. «Basterà che faccia attenzione.»
«Verranno fuori male.»
Che pessimismo. «Starò attento» ripeté. «Piuttosto... stavi uscendo?»
Rei piegò le labbra su un angolo. «Con le ragazze, a fare compere. Torno per cena.» Sospirò. «Per favore, non tagliarli da solo.»
La richiesta gentile lo portò a considerare ulteriormente la possibilità. «Il fatto è che... All'inizio, dopo che me li sono fatti tagliare, mi sentivo troppo...» Non trovò un aggettivo che gli andasse bene. «Troppo... in ordine.»
Rei sollevò un sopracciglio.
«Troppo...»
«Normale?» completò lei, con una punta di ironia.
Lui non la apprezzò. «Non mi sentivo me stesso.» Si passò una mano veloce sulla nuca. «Mi piace rimanere semplice, non bisogna per forza andare da qualcuno per sistemarsi i capelli. Sono solo... capelli.»
«Presentarsi bene è importante.»
Sospirando, lui cercò di non sbuffare. «Io non devo presentarmi a nessuno.»
«Magari a me.»
Cosa?
«Non fare quella faccia. È un modo di dire, conta il concetto. A me piacevi 'in ordine', come dici tu.»
L'argomentazione quasi lo convinse, ma dentro di lui protestò una punta di fastidio, che prese a battere nello studiare la frase di lei. «Quindi, se cambio pettinatura... non ti piaccio più?»
Rei si fece severa. «Questa è un'idiozia. Scusa, perché fai tante storie? È come con la barba, no?» Gli toccò la guancia con una forza che andò oltre la semplice carezza. «Mi dava fastidio vederti in disordine e tu hai iniziato raderti più spesso. Fossi rimasto come prima staremo ancora insieme ugualmente, ma così mi piaci di più. Capisci ora?»
Sì, anche se lui aveva preso a tenere le guance lisce soprattutto per non dare fastidio a quelle di lei. Magari lo avrebbe fatto comunque e forse era solo una questione di gradimento per Rei, ma non gli era piaciuto il colpetto sulla guancia. Per lei era stato un modo di punirlo, di imporsi su una sciocchezza che alla fine riguardava solo lui.
«Preferisco farlo da solo qui in casa.
» Per un momento si stupì lui stesso della propria determinazione.
Rei alzò in coppia le sopracciglia. «Non hai intenzione di andare da qualcuno che lo sa fare? Nemmeno da un barbiere?»
«No.»
Lei aprì la bocca, pronta a far uscire un ricatto. «Se li tagli da solo e ti vengono male...» Sbuffò e diede uno schiaffo rovesciato all'aria.
Se ne andò così, senza una sola altra parola, marciando impettita verso la scalinata.
Lui non provò rimorso per averle causato quell'arrabbiatura: Rei se l'era cercata da sola.
Quando scoprì di provare un briciolo di soddisfazione, arricciò le labbra, riprese in mano la scopa e tornò a lavorare.

Se aveva tagliato i capelli da solo, pensò Rei tornando a casa, gli erano venuti male di sicuro. Dato che non era stupido, Yuichiro doveva aver già pensato a farli sistemare - come lei gli aveva detto di fare sin dall'inizio. Sarebbe stato semplicissimo accertarsene: avrebbe dato un'occhiata a come erano tagliati i capelli sul retro della nuca, dove lui non poteva arrivare da solo con le mani.
La soddisfazione di aver avuto ragione l'avrebbe resa vittoriosa in quel loro piccolo scontro, ma non sarebbe servita da sola a farglielo perdonare. Lui non era stupido ma ogni tanto si comportava da tale. Doveva essere chiaro che lei aveva smesso di sopportare quelle uscite.
«Sono a casa!» gridò, una volta che ebbe chiuso la porta d'ingresso dietro di sé. Appoggiò alla parete il sacchetto col suo acquisto.
«Bentornata!» rispose ad alta voce suo nonno, da lontano.
Lei terminò di togliersi le scarpe e si apprestò a cenare. Per lavarsi le mani fece affidamento sul lavabo della cucina.
Entrando in salotto ebbe la piccola sorpresa di trovare la stessa pettinatura del pomeriggio su Yuichiro.
Lanciandole un'occhiata, lui le offrì un saluto semplice, incolore. Riprese a mangiare quasi subito e solo perché continuò a seguirla con lo sguardo lei evitò di infuriarsi.
E così Yuichiro ce l'aveva con lei? Per quale motivo, per principio? Dargli un suggerimento sensato era per caso diventato un crimine?
In cucina si lavò strofinò con violenza i palmi sotto l'acqua.
Stupido.

Non si era tagliato i capelli durante il pomeriggio per un motivo molto semplice: mancanza di tempo.
Aveva passato un paio d'ore a raccontarsi quella bugia, poi aveva deciso di smettere di essere risentito con se stesso. Solo perché si era sentito soddisfatto nel non aver dato ragione a Rei - quando lei non l'aveva - non significava che lui fosse nel torto.
Non voleva punirsi rimandando il taglio, ma a prescindere da qualunque motivazione, non voleva che Rei rimanesse arrabbiata: nelle proteste di lei c'era un valido fondamento. Non c'era niente di male nel modificare un po' il proprio aspetto per far piacere alla propria ragazza. Lui non aveva avuto problemi con quel concetto, solo col sentirselo in un qualche modo... imposto.
Man mano che si avvicinava la sera aveva anche iniziato a chiedersi come si sarebbe sentito se Rei avesse deciso, di punto in bianco, di tagliarsi i capelli fin sotto le orecchie. L'avrebbe amata ancora - ovviamente - ma avrebbe sofferto nel non vedere più la chioma fluente e ricca che gli era piaciuta tanto.
Era un esempio un po' azzardato, ma utile.
Restava il fatto che lui non sarebbe andato nemmeno morto da un parrucchiere e al momento l'idea di un barbiere non gli piaceva. Certo, anche per una questione di principio; forse sciocco, ma pur sempre suo.
Però... però non voleva far arrabbiare troppo Rei. Lei se la sarebbe presa da morire, non per il mancato taglio, ma per la sfida che lui le aveva lanciato. Perciò aveva trovato una soluzione di compromesso che sperava potesse andare bene per entrambi.
Con quel proposito in mente, si presentò alla porta della camera di lei. «Posso entrare?»
Il silenzio dall'altra parte non fu molto promettente.
«Sì» udì infine.
Scostò la porta di shogi di lato. Per vedere Rei dovette avanzare dentro la stanza: lei era seduta sull'angolo, alla propria scrivania, intenta a fare i compiti.
Nell'osservarlo, sembrò un serpente a sonagli pronto a balzare in avanti. «Cosa c'è?»
«Volevo chiederti se ti andava di darmi una mano.» Le mostrò le forbici da capelli.
L'offerta la sorprese.
«Vuoi che ti aiuti a...»
Esatto. «È meglio se lo fa un'altra persona.»
Rei si adombrò. «Perché non un barbiere
Trattenersi dal sospirare non fu facile per lui. «Sono i miei capelli. Puoi aiutarmi?»
Nell'osservare le forbici, la protesta di lei acquisì una sfumatura diversa. «Non l'ho mai fatto. Potrei essere io a rovinarteli.»
«Ma è semplice.» Lui prese una ciocca tra due dita e la tirò di lato. «Tieni conto della lunghezza grazie alle dita. E poi non stai partendo daccapo. In testa ho la base del taglio precedente.»
Lo sbuffo di lei contenne una traccia di disperazione. «Se non ti aiuto lo farai da solo?»
Per tranquillizzarla, lui fu sul punto di dirle di no. «Sì» dichiarò invece. Era più importante rassicurarla sul fatto che si fidava di lei, anche per un compito come quello.
Rei lo fissò negli occhi, quindi, esitando, si alzò in piedi. «Allora andiamo.»

Avrebbe avuto la sua testa tra le mani, capì Rei. Era una grossa responsabilità che la rendeva così nervosa da farle considerare l'ipotesi di decapitarlo di proposito: l'aveva messa lui in quella posizione! Strofinò tra loro i denti. E se sbagliava?
No, non avrebbe tagliato troppo e sarebbe andato tutto bene. Anzi, poteva considerare l'idea di tagliare male: qualche ciocca tranciata via con violenza e poca cura l'avrebbe convinto a rivolgersi a un professionista.
... sarebbe stato meschino.
Lo fulminò con lo sguardo lungo la schiena, sperando di fargli un po' male.
Entrarono in bagno. Yuichiro non si sedette sulla sedia preparata davanti allo specchio, andò invece in fondo, verso la vasca.
«Cosa fai?»
«Mi lavo rapidamente la testa. È più facile tagliare i capelli quando sono umidi.»
«Ma così saranno fradici.»
«Userò il phon dopo.»
Giusto.
Lasciando da parte la forbice, lei lo seguì fino a sistemarsi a bordo vasca. Lui aprì il rubinetto, controllando la temperatura dell'acqua. «Com'è andata oggi con le ragazze?»
«Bene. Ho comprato delle scarpe.» Evitò di descrivergliele: aveva già notato che lo perdeva quando cercava di fare con lui discorsi su abbigliamento o calzature. Veniva sempre ascoltata con attenzione, ma l'interesse non si manteneva genuino a lungo.
Inginocchiandosi e sporgendosi in avanti con la testa, Yuichiro si mise sotto il getto del rubinetto. Rabbrividì da capo a piedi.
«Ehi!» Lei digrignò i denti, immaginando la sensazione come se fosse su di sé. «Sei pazzo? Se è finita l'acqua calda, potevi sempre riscaldarne ancora prima di -»
«Nono!» lo sentì gridare oltre il rumore. Batteva i denti. «Va bene così!» Si strofinò rapidamente la nuca. «Siamo in estate!»
Come no. Lei scosse la testa e andò a prendere un asciugamano. Non appena lo mise sulle spalle di lui, Yuichiro si tirò indietro con uno scatto. «Brr!»
La travolse una risata. «Che stupido!» Andò a recuperare il phon. «Chi te l'ha fatto fare?»
Lui si stava già strofinando i capelli.
«Non metti lo shampoo?»
Lo fece immobilizzare. L'occhiata terrorizzata che lanciò all'acqua gelata la impietosì.
«Vado a scaldarla io?»
«No, ci si mette tanto.» Lui afferrò un prodotto a caso e ne rovesciò il contenuto su una mano. «Forza e coraggio.»
«Lo sai che quello è un balsamo?»
«Cosa?»
«Non è uno shampoo.» Aveva letto le scritte sulla confezione qualche giorno prima, mentre si rilassava con un bel bagno caldo e giocherellava con i vari prodotti presenti sui ripiani in plastica a bordo vasca.
Le venne un grosso dubbio. «Non dirmi che l'hai comprato pensando che fosse uno shampoo.» Non aveva visto altro prodotto per capelli da uomo nei ripiani. Naturalmente l'unico a comprarne era Yuichiro, dato che a suo nonno bastava il sapone per pulire la pelata.
Con la testa gocciolante, lui osservò riluttante il balsamo. «Funzionava in modo un po' strano.» Scrollò le spalle e fece per continuare.
«Ti do uno dei miei.»
«Va bene questo.» Yuichiro spalmò il prodotto sulla testa e nascose un sorriso. «Tanto so che vuoi prendermi in giro. Preferisco non avere in testa un profumo che te lo farà ricordare anche domani.»
Lei sospirò. «Sì, sei maldestro.» Per non dire di peggio. «Tutto questo non sarebbe successo se fossi andato da un barbiere.»
Lui ignorò il commento con tanta determinazione da farle alzare gli occhi al cielo.
«Non riesco a capirti. Io mi sono dovuta conquistare il parrucchiere. Non è certo un posto orribile.»
«Come?»
Il racconto non sarebbe stato breve. «Risciacquati prima la testa.»
Quando lo vide di nuovo rabbrividire sotto il getto dell'acqua, lei non resistette e gli massaggiò le spalle con entrambe le mani. Terminando, lui si tirò indietro con uno scatto e finì col bagnarla con una miriade di goccioline.
Peggio di un bambino.
Gli schiacciò le spalle con un ginocchio prima di procedere ad asciugargli lei stessa la testa. Rese energiche le passate. «Il nonno faceva così.»
«Hm?»
«Non era brusco apposta, pensava che per asciugare i capelli ci volesse energia.» Lo lasciò andare. «Mi faceva tenere la testa sulla vasca e mi lavava lui i capelli quando ero una bambina. Mi sono cresciuti tanto proprio perché non si ricordava mai di tagliarmeli.» Si era affezionata in quel modo a tenere una chioma folta e lunga.
Yuichiro era rimasto in silenzio. «Quindi non... non ti ha portato lui dal parrucchiere.»
«No, me li tagliava in casa. Col tempo ha imparato a farlo meglio, ma io...» Le era mancato qualcosa. Una guida femminile, per la precisione. «Quando sono entrata alle medie le mie compagne di classe si vantavano in continuazione delle loro nuove pettinature. Perciò un giorno mi sono decisa e sono andata anche io dal parrucchiere. Da sola.» Gli passò l'asciugamano e si sedette di nuovo a bordo vasca. «È stata una conquista, lavorano davvero bene. Ti fanno sentire... come una principessa. Ti massaggiano la testa, ti coccolano i capelli...»
«Io non devo essere una principessa» sorrise Yuichiro. Alzandosi, si diresse al phon.
«Non hai capito.»
«Certo. Tu fai bene ad andare dal parrucchiere. Non solo perché sei una ragazza, ma perché... lo senti come un premio.» Prese in mano il phon ma tardò ad accenderlo e si osservò per qualche momento allo specchio. Guardare la propria immagine sembrò confonderlo in modo sottile.
«Per me è diverso, io sono stato tantissime volte in saloni simili, quando non potevo ancora decidere. Ci andavo con mia madre e le mie sorelle. Lo trovavo un posto... femminile, da cui uscivo cambiato in una maniera che non mi piaceva.»
«Si tratta solo di dire al parrucchiere che pettinatura vuoi.»
«Ma io voglio questa» sorrise lui. «Solo un po' più corta.» Accese il phon.
Si rendeva conto che quella pettinatura era saltata fuori proprio dall'incontro con un parrucchiere? O un barbiere, non glielo aveva mai chiesto.
Mentre si asciugava i capelli lui non si guardava allo specchio, notò Rei. Teneva gli occhi chiusi, felice solo di sentire l'aria calda sulla testa.
... forse tra loro due quella nel torto era lei. Non era meglio sentirsi tanto a posto con se stessi da riuscire ad amarsi con qualunque pettinatura si avesse in testa? Per lui era così.
Yuichiro spense il phon, lasciando i capelli umidi. «Comunque a te sta molto bene.»
«Che cosa?»
«La pettinatura che fai dal parrucchiere.»
«Beh» sorrise lei. «Non è proprio una pettinatura. Chiedo solo di spuntarmeli e lasciare la forma naturale. Lavorano più sulla frangia.»
Yuichiro annuì. «Penso lo stesso che non ti manchi niente.»
Ancora una volta, lei non capì.
«Ecco... Mio padre non stava spesso a casa e ho passato anni a vivere soprattutto con tre donne. Ho l'esperienza giusta per dirti che tu sei femminile proprio come loro.»
Anche senza aver avuto una guida, comprese lei. Anche senza aver avuto una madre.
Naturalmente, era stata proprio una mamma a mancarle. Una donna che la portasse dal parrucchiere, che la aiutasse a scegliere i vestiti... Una persona a cui rivolgersi senza imbarazzo per problemi femminili strettamente fisici. Si era vergognata fino alla soglia della mortificazione quando era stata costretta ad andare dal nonno per chiedergli di uscire di casa a comprare dei... Era stato lui a lavare le lenzuola sporche, senza sapere se farle le congratulazioni o condividere il suo malumore. Non aveva saputo come reagire.
Lei gli aveva perdonato tutte quelle piccole incertezze. Col passare degli anni le era dispiaciuto scoprire che, solo occasionalmente, sentiva più la mancanza di una donna che le stesse accanto piuttosto che della propria madre.
Di lei ricordava qualcosa. Poco. Nessuno si era premurato di rinfrescarle la memoria con le sue parole, coi suoi atteggiamenti. Suo padre non ne parlava e suo nonno... forse all'inizio aveva pensato che fosse meglio non ricordarle sua madre. In fondo, lei aveva detestato chiunque la menzionasse.
Ma anche se suo nonno avesse voluto parlarne di più, lui conservava ben magri ricordi di lei, quei pochi che aveva vissuto.
A volte Rei si chiedeva che razza di persona fosse una ragazza che non sentiva la mancanza della propria madre. Era davvero possibile che dentro di lei non ci fosse un vuoto, nascosto da qualche parte?
Seduto, Yuichiro le stava porgendo le forbici.
Lei le prese in mano e si sentì prendere il polso con delicatezza.
Per qualche momento, lui si limitò a guardarla, incerto su cosa dire. Infine, sospirò. «Mi dispiace se ti ho fatto pensare a... cose che preferivi non...»
«Non ti preoccupare.» Le diede più fastidio sentire che anche lui trattava la faccenda coi guanti. Non era necessario. «Non è un argomento tabù. Sono una ragazza che ha perso la mamma da piccola. Non la ricordo molto, non soffro.»
Yuichiro non si era girato.
«È un bene» dichiarò lei, finendo con l'usare quasi un tono di domanda.
Lui scrollò le spalle. «L'importante è che tu stia bene. Sono sicuro che lo vorrebbe anche tua madre.»
Chissà. «Forse era più gentile di mio padre, ma anche lei non doveva essere molto affettuosa se aveva sposato uno come lui.»
Yuichiro scosse la testa. «Doveva essere generosa. Di buon carattere. Facile ad amare le persone, anche uno come tuo padre. Altrimenti tu come potresti essere come sei?»
Le uscì un sorriso. Quando lo sentì commosso sulle proprie labbra, capì di aver amato quelle parole.
Aveva avuto una buona mamma. Suo nonno lo aveva detto, ma non abbastanza spesso.
Si sentì abbracciare piano e lasciò perdere le proteste. Era o non era femminile godersi le effusioni del proprio ragazzo?
Gli posò un bacio sulla fronte.
Come ricompensa, avrebbe cercato di tagliargli bene i capelli.
Rei parrucchiera provetta, prova numero uno.

«Di solito sono abile con le mani» si sentì dire Yuichiro il giorno dopo.
«Lo so.»
«Non l'ho fatto apposta.»
Il pentimento sincero, dimostrato per l'ennessima volta, lo fece sorridere. «Lo so. Non lo pensavo.»
«Sì, però mi dispiace che...»
«Non ha importanza. Sei stata fortunata, ora mi hai di nuovo in ordine come volevi tu. E non l'hai fatto apposta.»
«Sei ironico?» indagò sospettosa Rei.
«No.» Aveva solo preso una decisione: la prossima volta sarebbe andato da un barbiere e avrebbe chiesto esplicitamente un taglio disordinato, una minuscola spuntata senza la minima arte.
Rei era ancora dubbiosa, perciò lui la prese per la vita e procedette ad usarla come ricevibaci umana, un giocattolo per bambini troppo affettuosi quale era stato lui. Infatti aveva avuto uno di quei cosi, un... pupazzo? Non ricordava, ma ora aveva Rei.
Tra le risate lei tentò una fuga priva di convinzione.
Lui la riprese in tempo e lei non cercò più di scappare.
Sì, ora aveva Rei.



NdA: Sto pubblicando da casa di un parente, perciò non ho molto tempo per dire altro. A casa mi è partita la connessione internet, posso accedere solo da un cellulare da cui non posso fare molto ç_ç Vedere le recensioni sì :P
Spero che questo nuovo episodio della raccolta vi sia piaciuto :)

ellephedre

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Capitolo 4
*** Episodio 4 - Profumi ***


efummonoi4
"E fummo noi"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 4 - Profumi

    «Lei per caso ha un ragazzo?»
    È proprietaria di una casa? Di un auto di lusso? Di un lavoro prestigioso? Tutte domande con lo stesso valore per Rei. Quella della commessa della profumeria le aveva provocato un piccolo sorriso. «Sì» aveva risposto, fiera. Avere finalmente un fidanzato la faceva sentire ricca. Un uomo era il miglior accessorio che una ragazza potesse esibire. Non era necessaria la presenza fisica di lui, bastava che nei discorsi si percepisse che non era un individuo frutto di immaginazione. A cosa serviva essere belle, ben vestite, e ben truccate, se non si poteva dimostrare di essere desiderate? Non funzionava dichiarare, con estrema nonchalance, 'No, io non ho ancora scelto un uomo'. Le conoscenti più maligne - ergo, le compagne di classe - iniziavano a deriderti prontamente con lo sguardo.
    La verità è che non ti vuole nessuno, invece io...
    A Rei era sembrato di poter sentire la risatina di soddisfazione che seguiva quelle comunicazioni silenziose tra bulbi oculari.
    Da quando lei aveva un vero ragazzo, tuttavia, non si doveva più inventare pretendenti. Sentiva di essere salita su un gradino più in alto, da dove guardava serena tutta l'invidia che la circondava. Era un bel trono. Inoltre aveva anche il vantaggio di poter informare perfetti sconosciuti del suo nuovo stato di grazia.
    Dopo le sue parole, nello sguardo della commessa nacque una luce di interesse. «Sa, è appena arrivato in negozio questo nuovo profumo maschile. Favoloso. Glielo faccio sentire.»
    «No, non importa. Il mio ragazzo non è tipo da profumi.»
    Provò a immaginarsi Yuichiro che accostava il naso ad una di quelle raffinate bottigliette: la smorfia sarebbe stata automatica.
    La commessa la incuriosì con una risata. «Oh, ma non è per lui.» Le fece segno di seguirla. «I profumi da uomo sono nati per noi donne. Un uomo impegnato ne indossa uno per far contenta la sua compagna. Da parte nostra è quasi un segno di... possesso.»
    Fu come ascoltare il suono di un liuto magico. Si ritrovò alle spalle della donna senza quasi accorgersene, cercando di fingere disinteresse. Non era entrata in profumeria per comprare qualcosa. A volte le piaceva viziarsi col profumo occasionale di fragranze che non avrebbe mai potuto permettersi, senza altri fini.
    «Ecco.» La commessa spruzzò il contenuto di una boccetta nera, sfumata, su una piccola striscia di cartone. Gliela porse.
    Accostare il naso non poteva far male, pensò Rei. Annusò e...
    La commessa annuì complice. «Fantastico, vero?»
    Fu incapace di risponderle: il suo olfatto era andato in estasi. Ormai drogato, il senso traditore chiese di essere inebriato con un'altra dose di profumo.
    Rei attaccò il cartoncino profumato alle narici.
    «Questi profumi sono nati per attirare noi donne. Il suo ragazzo lo indosserà solo per l'effetto che avrà su di lei.»
    Hm, no. Sarebbe stato pericoloso. «Capisco...» disse.
    Doveva andarsene. Prima di elaborare una strategia per scappare con classe, inspirò altro profumo.
    «È costoso» ammise la commessa. «Ma qui non si compra solamente una boccetta di aroma pregiato - prodotto all'estero, le ricordo. Stiamo parlando della possibilità di accedere ad un'esperienza diversa. Nuova.»
    Ahh, godette il suo olfatto,.
    Rei deglutì. «Certo, purtroppo...»
    La commessa allontanò crudelmente la boccetta. «Tenga il cartoncino. Il profumo è qui ad aspettarla per occasioni speciali. O per farsi un regalo. Ogni tanto noi ragazze ne meritiamo uno, no? Mi creda, ne vale la pena.»
    Quelle parole la tormentarono lungo tutta la strada verso casa.

    I profumi, ragionò quella sera nella sua camera, erano prodotti da adulti.
    Le piacevano moltissimo, e perciò conservava diversi aromi senza pretese, piccole boccette che si era comprata quando un'aroma le era garbato particolarmente. Alcuni erano profumi regalati da suo nonno, che sapeva della sua piccola passione. Anche Yuichiro l'aveva intuita e le aveva donato un profumo floreale molto carino per i suoi diciassette anni, con un tappo a forma di rosa. Quello di Yuichiro era un regalo che risaliva ad un anno addietro, perciò non era stato un dono dal significato particolare: lui non glielo aveva dato sognando di sentirlo su di lei, quanto come regalo di circostanza, probabilmente scelto per la bellezza della confezione.
    Da quando l'aveva, lei la metteva in bella mostra nel suo comodino, davanti allo specchio, semplicemente perché le piaceva. Questo bastava a rendere Yuichiro soddisfatto della propria perspicacia: sorrideva sempre quando vedeva quella boccetta. Non le chiedeva mai se metteva il profumo, né tentava di annusarla; purtroppo, non sembrava avere un naso molto sensibile agli odori, al contrario di lei.
    Il cartoncino col logo della profumeria non aveva ancora perso il proprio aroma, pensò, odorandolo ancora una volta. Portarlo al naso le dava alla testa esattamente come durante il pomeriggio.
    Era davvero un profumo da persone adulte. Sofisticato. Sensuale, persino.
    Yuichiro scelte di entrare in camera sua proprio mentre lei stava arrossendo.
    «Rei!»
    Sobbalzando sul letto, lei nascose il cartoncino sotto il sedere. «Yu.»
    Lui cercò di capire se era successo qualcosa, poi lasciò perdere. «Ho avuto un'idea grandiosa!»
    «Ah sì?» Per caso aveva scelto di non andare in vacanza dai suoi? Quella sì che sarebbe stata una novità.
    Lui si sedette sul materasso. «Quando tornerò a casa, avrò ancora dei weekend liberi. Ho chiesto al maestro.»
    «Ah-ha.»
    «Potremmo andare da qualche parte, insieme.»
    Ad esempio? «In piscina?»
    Lui era ancora entusiasta. «No, pensavo...» Si calmò. «In montagna. Al mare? Dove vogliamo.»
    Una gita fuori porta? Insieme?
    «Ho tanti posti da farti vedere» continuò a sorridere lui felice. Innocente, a dirla tutta. Non aveva forse in mente di pernottare fuori? Loro due, da soli... che passavano la notte lontano da casa?
    Non seppe che espressione mostrargli. «Hai chiesto... E il nonno ti ha detto di sì?»
    «Hm?»
    Ad un nostro viaggio da soli? Capì che non voleva porre sul serio quella domanda. «Ci penseremo.»
    Non vederla entusiasta della proposta lo deluse.
    Lei non seppe come dirgli che ce l'aveva soprattutto con se stessa: non era in grado di decidersi su come agire - o come sentirsi - in merito a una questione fondamentale. «Com'è andata la tua giornata?» gli chiese invece.
    Yuichiro smise di studiarla e si rilassò. «Un bambino oggi ha rovesciato un cono gelato sui gradini del tempio. Non sapevo come spiegare alla madre che non era grave, lo ha sgridato troppo.»
    «È stata colpa di lei. Non doveva lasciargli portare il cono nel santuario.»
    Yuichiro annuì. «Gli ho dato di nascosto un omamori per la fortuna negli studi. Gli ho detto che, se prenderà buoni voti, sua madre si dimenticherà presto di oggi.»
    Rei sorrise. «Un buon consiglio.»
    Yuichiro era già saltato ad un altro pensiero. «L'estate sta facendo crescere troppo l'erba. Tuo nonno ha detto che ce la siamo cavata per tanti anni senza un nostro strumento per tosare. Anche questa volta chiamerà qualcuno per sistemare tutto.»
    «Sai com'è fatto... Crede che ci sia poca spiritualità nel sistemare meccanicamente questi problemi. Lo lascia fare a terzi, se proprio deve.»
    «A me piacerebbe tosare l'erba» rifletté Yuichiro. «L'ho visto fare ad un giardiniere una volta. Era divertente.»
    Il suo pareva più un desiderio di giocare che di lavorare. «Se vuoi divertirti con quella macchina, forse è più adatta in una pista di go-kart.» 
    «O al luna-park dove fanno gli autoscontri» si illuminò lui.
    Era un bambino cresciuto. Le venne in mente una domanda improvvisa. «Non hai mai voluto un auto?» Yuichiro appiedato era un'immagine che si era stampata talmente bene nella sua testa che non si era mai azzardata a chiedergli perché non avesse una macchina. Per qualche tempo aveva semplicemente creduto che lui non se la potesse permettere. Di certo al momento non poteva, ma in una vita passata...
    Yuichiro scrollò le spalle. «Le macchine non fanno per me.»
    «In che senso?»
    «Una volta ho provato a prendere la patente, ma mi distraevo.»
    All'esame, con le domande?
    Lui mimò la guida al volante con le mani. «È bello guidare una scatola che si muove, ma io volevo essere... libero. Guidando bisogna rispettare la segnalatica, stare attenti ai semafori, alle altre macchine... a non mettere sotto qualcuno.» Rise. «Preferisco camminare. Mi guardo intorno senza preoccupazioni, e non rimango bloccato negli ingorghi.»
    Incrociando le gambe, lei si sporse in avanti. «Sei strano.» Ma appoggiò le mani e il mento sulla sua spalla.
    «Un giorno guiderai tu per tutti e due.»
    Sentirlo parlare di futuro la addolcì. «Ti porterò dove pare e piace a me.»
    Yuichiro le baciò il naso, provocandole una risata.
    «Ascolta...» iniziò lei.
    Lui stava muovendo le narici. «Hai messo su un profumo?» Si avvicinò allo spazio tra il suo naso e la bocca, per odorarla meglio.
    Lei si sentì ridere. «È solo un campioncino che ho annusato prima.»
    Lui soppesò l'odore nella propria mente. «È... buono. Ha qualcosa di strano.»
    Preferì non fargli capire cosa. «Volevo parlarti proprio di questo. A te... piacciono gli odori?» Chiedere direttamente era il metodo migliore.
    La domanda lo confuse.
    «Sì, insomma... Se un odore ti attira, ti viene voglia di annusarlo meglio?» Solo su una cosa non aveva dubbi: Yuichiro amava l'odore dei cibi.
    «Certo che mi piacciono i profumi. Del cibo. Degli shampoo. Di te.»
    Ah sì? «Ma non mi annusi molto.»
    «Eh?»
    Non faceva come lei. «Se a me piace un odore, posso stare a sentirlo per ore.» Infatti a volta faceva fatica a staccarsi da lui.
    «Se io facessi la stessa cosa, credo che sarebbe...» Yuichiro concluse con un sorriso incerto. «Con te mi trattengo. Sento bene il tuo odore, Rei. Me lo ricordo anche quando non ci sei, tanto è buono.»
    Così la faceva sentire una torta deliziosa. «Hm. Annusa a volontà, allora.» Gli offrì il collo e un brivido le corse lungo la schiena. Il tremito sapeva di audacia e anticipazione. «Se sono buona, mangiami pure un pochino.»
    «Non c'è un 'se'» disse piano lui, sorridendo appena. Affondò il naso sotto il suo orecchio, solleticandola col respiro.
    Le venne voglia di ridere e mordersi la bocca, per non lasciarsi scappare nemmeno un piccolo ansito. La sensazione che le provocava il suo alito sulla pelle era...
    Lui la abbracciò per la vita. «Mi piace molto.» La strinse forte.
    Morsi o baci l'avrebbero fatta capitolare, ma l'abbraccio la fece cedere completamente. Era giusto provare quelle sensazioni, no? Sentire il corpo che si scioglieva, anche se vivevano tutti e due a casa di suo nonno e forse non avrebbero dovuto. Un giorno non avrebbero resistito, era inevitabile.
    Lei voleva che succedesse in quella casa. In quella stanza, forse. In quella situazione, mentre erano innamorati e a lui non davano ancora fastidio i suoi difetti, mentre i loro litigi erano ancora leggeri, mentre sentiva di potersi fidare in tutti i modi di lui e che perdere la testa insieme non le avrebbe mai fatto male, neppure un giorno lontano.
    Erano incertezze possibili solo quando non lo guardava negli occhi.
    Scostò la testa e la abbassò, cercandolo. Si prese il bacio leggero che Yuichiro chiese prima di lei.
    «Sarei stato capace di non muovermi più.»
    Credeva a ogni sua parola, pensava solo che fosse... troppo. Si fidava di lui, ma stava ancora imparando a... ad affidarglisi. Ad affidarsi n generale. Aveva fiducia in anime pure come quella di Usagi e delle sue amiche; persino nel fatto che Yuichiro avesse un cuore più luminoso di quanto potesse credere qualunque mostro. Ma non per questo lui non era dotato di un cervello: Yu poteva scegliere di farle del male quando voleva, anche involontariamente. Sarebbe stato molto più efficiente delle ragazze se ci avesse provato e già con loro.... Con ogni giorno che passava, Rei lo dotava sempre più di quel potere. Se l'amore avessero cominciato a farlo, invece che provarlo solamente, il potere che Yuichiro avrebbe avuto su di lei sarebbe diventato enorme. Sarebbe bastata una mezz'oretta passata a sentire il suo odore, mentre lui la toccava dappertutto, e per lei sarebbe letteralmente finita: non sarebbe mai più stata una persona unica da sola, non avrebbe mai più respirato un'aria che non gli avesse ricordato quell'esperienza, il bisogno di lui.
    Aveva paura, riconobbe, accettando di aprire la bocca per un bacio più lungo. Ma desiderava il suo Yuichiro, voleva sentirsi abbracciata e toccarlo, mettere la mano dentro i suoi vestiti e... tutto quanto, voleva tutto. Fammi smettere di pensare. Continua.
    Respirando forte, Yuichiro allontanò la testa. Rimase a guardarla. «... più tardi vuoi uscire?»
    Una parte di lei lo ringraziò per l'interruzione, ma un'altra parte - più grande o più piccola? - volle ucciderlo. Ne sorrise. «Dove?»
    «Voglio un gelato. Ormai è estate fonda, è bello uscire di sera. Voglio farlo con te.»
    Era stata molto intelligente a scegliersi un ragazzo dolce e mite: l'affetto le faceva un mondo di bene. «Certo. Senti... Se ti compro un regalo solo perché sì, tu lo metti?»
    «Qualcosa che si mette?» sorrise lui. «Lo voglio. Se tu me lo vuoi addosso, lo voglio.»
    Diavolo, era troppo facile.
    «Allora domani lo compro.» Si staccò dall'abbraccio, per non essere tentata già in quel momento.
    Doveva andare a contare i suoi risparmi.
    Yuichiro si alzò in piedi, felice. «Sono curioso. Che cos'è?»
    «È una sorpresa» gli rispose lei. Una sorpresa per lui e una sfida per lei. Non sapeva se avrebbe potuto resistere alla combinazione di due cose che già separatamente adorava, ma voleva la tentazione. Voleva la sfida e l'eccitazione. «Ti do questo regalo domani.»
    Per poter contare i soldi in pace, lo mandò fuori dalla stanza.

    Il pomeriggio seguente, uscì dal negozio con le tasche più leggere, un profumo avvolto nella sua raffinata scatoletta e un'importante decisione.
    Quello sarebbe stato un regalo a se stessa.
    A Yuichiro avrebbe comprato una camicia carina; il profumo non era adatto a lui. Okay, sia Yuichiro che il profumo mandavano in estasi i suoi sensi, ma in due modi completamente diversi. Il profumo... beh, aveva quel profumo. Mentre Yuichiro... Lui aveva un suo odore che sapeva di ragazzo semplice, lavoratore, affettuoso... intenso, a suo modo. Mischiare quegli aromi sarebbe stato come mettere insieme cioccolato e marmellata. Qualcuno praticava pazzie simili, ma due cose buone andavano gustate nella loro genuinità, senza cercare di affossare quello che erano con un'unione scriteriata.

    Distruggere? Quant'era drammatica. Le era solo venuto un brutto dubbio, mentre si beava ancora una volta dell'odore del Profumo. A Yuichiro poteva non piacere rendersi conto che quell'odore le era gradito.     Non c'entrava nulla con lui, Yu poteva pensare che lei lo volesse diverso da com'era in realtà: più grande, più misterioso, più sicuro, con ambizioni importanti, con un lavoro diverso. Quel profumo rappresentava un tipo di uomo che lui non sarebbe mai stato. Per lei non aveva alcuna importanza: non voleva una persona così accanto. Voleva solo il suo ragazzo e, occasionalmente, desiderava bearsi di un'aroma che le provocava piccoli brividi di estasi olfattiva.
    Era solo un profumo - IL Profumo.
    Fermamente convinta di quella separazione di piaceri, a Yuichiro regalò infine una camicia azzurra e bianca dalle maniche corte, pulita nelle linee senza essere troppo seria.
    A lui piacque molto.
    E furono tutti felici e contenti.

    ... ma lei, no.
    Annusava il profumo la mattina, prima di andare a scuola. Poi andava da Yuichiro; salutandolo con un bacio, indugiava col naso anche su di lui. A Yuichiro piaceva molto quando finiva col baciarlo di nuovo, si stampava in faccia un sorriso largo da ebete.
    Di pomeriggio lei continuava a non saper resistere. Erano soprattutto i compiti di matematica a metterla in difficoltà: le tormentavano la testa, portandola alla ricerca di un rapido sollievo. Il profumo era sulla scrivania, accanto al portapenne. Lo inspirava forte, fino a farselo arrivare dritto nel cervello. Inebriarsi in quel modo divino le impediva di rimanere ferma a lungo: si alzava dalla sedia, usciva dalla stanza e andava a cercare Yuichiro. Al pomeriggio non si azzardava ad abbracciarlo senza una ragione, si sentiva stupida. Se ne stava lì a parlargli del più e del meno, finché lui non si decideva a ignorare i piccoli passi con cui lei indietreggiava inconsciamente, e trovava il modo per stringerla, pure per un attimo solamente. Quel momento era la sua salvezza: si ricordava dell'odore di lui e tutto tornava a posto.
    Fino alla sera, almeno. Quando il sole calava, la boccetta di profumo malefica la tentava di nuovo col suo fascino irresistibile.
    Non saperle resistere la faceva sentire in colpa. Accadeva sempre dopo che Yuichiro si era già ritirato in camera sua e lei certo non poteva andare da lui a quell'ora. Non di notte. Non nella sua stanza.
    Potresti, sembrava ricordarle il profumo.
    Dopo tre giorni di quelle stupidaggini, Rei si decise a mettere in pratica l'unica soluzione possibile.
    «Chiudi gli occhi» disse a Yuichiro, all'inizio di uno dei loro piccoli appuntamenti serali, nel corridoio aperto che dava sul giardino, fuori dalla sua stanza. La serata era fresca e deliziosa.
    Lui obbedì. «Perché?»
    «Perché sì. Ti metto una cosa.»
    Lui si limitò a piegare la testa, curioso.
    Lei gli strofinò addosso il polso intriso di profumo, sotto la mascella e dietro l'orecchio.
    La sensazione di bagnato lo fece sorridere. «Acqua?»
    «No, è... una cosa che mi hanno fatto provare.»
    «Un profumo» aprì gli occhi lui.
    Ignorandolo, lei cercò di accostare il naso, ma per una volta Yuichiro si negò. Si ritrasse e piegò il capo, cercando di annusarsi da solo. «Ma non è...? Te l'ho sentito addosso in questi giorni.»
    Lei si sentì puntata da mille riflettori, piccola e indifesa. «Ah...»
    «Te lo sentivo sul naso, pensavo... Invece è un profumo da uomo.» Una constatazione nuova, non una domanda.
    «Sì» deglutì lei. «Il fatto è che... Mi piace. Voglio regalartelo.»
    «Un altro regalo?»
    Il suo sorriso fu incoraggiante.
    «Mi piace davvero tanto.» Confessare la debolezza la fece sentire nuda, ma stranamente a suo agio. «Quindi pensavo...» Cercò di scrollare le spalle.
    Yuichiro aveva ripreso ad arricciare il naso contro la propria spalla. «È un profumo... da te» concluse.
    «Ma non è che io-»
    «Mi fa sentire diverso.» La mezza risata la confuse. «Grazie.» La mano che Yuichiro aprì nella sua direzione fu molto chiara nella richiesta.
    Rei si alzò e si diresse in camera. Ne uscì fuori col rivale di lui, finendo col cederglielo senza rimpianti. Vederlo tra le sue dita fu una liberazione.
    «Io ti avevo comprato questo.» Yuichiro rovistò nella tasca dell'hakama azzurro. «Per ringraziarti della camicia e perché per il tuo ultimo compleanno... Volevo rifarmi» sorrise.
    Le porse una piccola scatola bianca dai bordi neri. Il logo impresso sulla confezione le fece spalancare la bocca.
    «!!!» esclamò.
    A Yuichiro bastò come ringraziamento.
    «È- è- è-...» Distrusse la plastica che proteggeva la scatola e la aprì velocemente, attenta a non rovinarla nemmeno su un lembo. La boccetta di profumo ambrato era il suo desiderio proibito da secoli!
    «Mi hanno detto che è uno dei migliori. A me è piaciuto.»
    Senza ascoltarlo, lei se lo spruzzò su una mano e se lo portò al naso. Morì di un piacere assoluto.
    Yuichiro annuiva soddisfatto. «Sapevo che eri come me. Anche io non resisto agli odori.»
    «Non è vero.»
    Lo lasciò interdetto. «Invece sì.»
    «Io sono molto più sensibile ai profumi rispetto a te.» La miglior fragranza da donna che esisteva al mondo la stava facendo straparlare. «Quando ne scopro uno che mi piace, sono capace di continuare a sentirlo, e risentirlo, e sentirlo ancora...»
    «Ti ho già detto che è quello che faccio io con te» sorrise lui, scuotendo la testa. «Ed era quello che stavi facendo tu con questo profumo, vero?» Si indicò il collo.
    Il silenzio era una risposta d'oro, pensò Rei.
    Yuichiro appoggiò la propria boccetta scura a mezzo metro da loro. Senza incontrare proteste, fece lo stesso con la bottiglietta squadrata e ambrata di lei.
    «Bastiamo da soli.»
    Questo era vero. «Grazie.» Lo abbracciò per il fantastico regalo. Doveva essersi finanziariamente dissanguato.
    Stringendola per la vita, lui le premette le labbra sul mento. «Non metterlo troppo spesso. Senza niente addosso, tu sei già così...» Con un secondo bacio, creò una minuscola scia. Proseguì, pianissimo, senza fretta, verso il suo orecchio.
    Lei divenne un fascio di sensazioni rigide e troppo delicate, pronte ad esplodere.
    Fece l'errore di abbassare repentinamente la testa. Si ritrovò a contatto con il Profumo mischiato al suo vero odore preferito, quello che - aspirato troppo a lungo - le spegneva la testa.
    Gli cedette con bandiera bianca.
    Baciò il suo Yu sul collo e lo sentì farsi rigido. Si ritrovò a poter baciare solo la sua bocca, ma diavolo se fu sufficiente. Meraviglioso. Assoluto, completo. A parte quella fastidiosa insistenza ad allontanarsi col corpo... Accennò a protestare, ma Yuichiro le prese la testa tra le mani. Le aprì la bocca con la sua e lei cercò al tempo stesso di arrendersi e conquistarlo. Soprattutto di conquistarlo, decise alla fine. Voleva mangiarsi il suo sapore, divorarlo. Oltre ad un olfatto sensibile, però, aveva anche un senso del tatto particolarmente sviluppato, soprattutto sulla bocca. Si impose di accontentarsi dello strofinio leggero contro la labbra; cominciò a terminare il contatto con baci brevi, di durata perfetta, poi fu avida: volle dei baci veri, che erano troppo...
    Lui riuscì ad allontanare il viso senza interruzioni brusche. «Devo dirti una cosa.»
    Hm?
    «Parto dopodomani, con un paio di giorni di anticipo.»
    ... cosa?
    «Così torno prima» cercò di spiegarle Yuichiro.
    La smorfia colpevole fu l'unica cosa che non la fece esplodere. «Stavi cercando di farti... perdonare?» Per questo le aveva comprato il profumo?!
    «No! Non c'entra niente! Parto due giorni prima perché voglio bene alla mia famiglia, ma voglio passare del tempo anche con te.» Alzò due dita. «Se prendo il primo weekend, poi riesco a guadagnarne uno alla fine. Per allora tu non avrai più la scuola, mentre adesso...»
    Era un ragionamento troppo sensato per farla arrabbiare. Proprio perciò, se la prese con lui e voltò la testa, guardando lontano.
    «Mi mancherai, Rei.»
    Si trattava solo di un paio di settimane. Inoltre, lui l'avrebbe chiamata tutti i giorni, era inevitabile. Yuichiro non riusciva a resistere standole lontano, mentre lei... Lei era più indipendente.
    Ripensare agli ultimi secondi le fece decidere che un periodo di casuale separazione poteva essere una buona idea: aveva bisogno di riflettere e perciò non poteva esserci lui di mezzo. Le annebbiava la testa.
    «Sei arrabbiata?»
    «No. Capisco che devi andare dalla tua famiglia.» Una parte stupida e davvero piccola della sua mente si risentiva nel sapere che sarebbe partito, preferendo loro a lei. Ma in fondo era felice per lui: aveva tutta una famiglia di persone che lo amavano. Non era come lei, che aveva solo il nonno come consanguineo che le voleva bene. Naturalmente, sorrise, aveva anche le sue amiche.
    «Non mi sentirò sola.» Poteva sopravvivere senza di lui, doveva dimostrarselo. «Ci sono le ragazze, andrò da qualche parte con loro.»
    «Non ti mancherò?»
    Nella domanda di lui vi fu una dose di minuscola sicurezza che le diede fastidio.
    Tanto, torna presto.
    «Abbiamo passato tutti gli anni le vacanze separati» gli disse invece. «Anche per più di due settimane» Riuscì persino a scrollare le spalle; la nonchalance la faceva sentire stabile. «Quest'anno sarà più piacevole rivederci al tuo ritorno.»
    Lui annuì, esitante.
    Lei si sentì d'improvviso crudele. «Abbiamo un rapporto sicuro.» Cercò di essere più romantica. «Teniamo troppo l'uno all'altra perché la lontananza possa essere un problema, no?»
    «Non volevo dire questo.»
    Infatti lei stava facendo confusione. «Quando tornerai, sarà bello.» Veramente bello, ma non lo aggiunse. Era verbalmente impedita coi propri sentimenti.
    Yuichiro tentò di leggere il suo silenzio. Forse ci riuscì, comunque le prese una mano. «Dimmi dove vuoi andare quando tornerò. Ci hai pensato?»
    Un po'. Al mare, in montagna. «Non ho idee.» Dove saremo insieme. «Il nonno ci lascerà andare?»
    «Gite andata e ritorno di un giorno, perché non dovrebbe?»
    Ah. Niente pernottamenti. Non permise alla delusione di sconfiggerla. Appoggiò la testa contro la spalla di lui, dal lato in cui non c'era alcun altro profumo che non fosse il suo. «Al lago?»
    E si sarebbero potuti inventare un temporale estivo all'occorrenza, se avessero voluto, per rientrare solo il giorno dopo. Se fossero stati pronti. Se lei... avesse imparato a non essere stupida. 
    Nella brezza fresca della sera estiva, il braccio di lui attorno alle spalle fu solamente piacevole.
    «Conosco un bel posto. Si può anche fare il bagno.»
    «Ha la sabbia?» Un asciugamano sulla spiaggia. Sdraiati insieme.
    «No, le pietre. Ma sono lisce e la spiaggia ha la sabbia. È un po' dura, non come quella del mare.»
    «Mh.»
    Yuichiro le strofinò indolente il braccio.
    Non parlarono per un po'.
    «Il tuo profumo mi piace tanto, Yu» disse infine lei.
    «Più di quello che hai comprato?»
    Risero piano.
    «Hm-mh. Quindi non è vero che non sei sensibile agli odori?»
    «Il tuo posso sognarmelo. L'ho fatto per tanto tempo.»
    ... per anni.
    Che cos'erano pochi giorni di lontananza in confronto? Che cos'erano timori infimamente codardi di fronte al loro bisogno? Lei non lo avrebbe lasciato andare via, nemmeno se lui avesse cercato di farlo.
Avrebbe alimentato il loro amore finché avesse potuto, anche se - magari - non ne era capace.
    Ma lui lo voleva, l'avrebbe aiutata.
    Sei mio.
    Respirare l'aroma della sua tunica non la inebriò, la convinse.
    Sarò tua anche io.
    Con quel salto nel vuoto rimase in piedi, seduta accanto a lui, stretta in un abbraccio tranquillo.
    Le decisioni che sembravano più difficili, sorrise, erano sempre fin troppo facili.




NdA: Buon anno!
Questo episodio è ambientato poco prima dell'episodio 4 di Interludio, quando Yuichiro va a trovare la sua famiglia. Non rileggetelo, devo revisionarlo, è scritto malissimo ç_ç Lasciando da parte le lagne, sarei contentissima di sapere cosa pensate di questo scritto del primo dell'anno.
In arrivo tante altre cose in questi giorni :)
Alla prossima!
ellephedre



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Capitolo 5
*** Episodio 5 - Mani ***


E fummo noi


 

E fummo noi

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


   

Episodio 5 - Mani

    

   

«Le giovani di questa sera stanno scalpitando dietro il palco, perciò non perdiamo altro tempo! Amici, ecco le vostre bellissimeeee... Happy girls!!»

La tenda argentata volò via in uno scintillio di luci, lasciando spazio alla discesa delle concorrenti.

Dieci ragazze in fila indiana andarono a formare un cerchio attorno al conduttore.

Tip-tap-tappete-tap, tap-tap-tipete-tap.

Ballavano al ritmo della sigla del programma, dimenando i fianchi, le braccia in aria come un branco di pavoni fieri. Roteando su se stesse, sfoderavano espressioni da bambolina e corpi seminudi, solo i bikini fluo a preservare un minimo di decoro.

Rei si ricordò la ragione per cui, in casa, non cenavamo mai prima delle otto: alle sette e mezza il salotto diventava il regno di Happy Girls, il preserale preferito di suo nonno.

«Vai!» canticchiava lui, ignorando il suo piatto di cibo e ballando a tempo con le ragazze. 

Che pena. Rei cercò la saliera: il riso era ben cotto, ma poco saporito. «Yu, passami il sale.»

Un secondo trascorse invano perché a quanto pareva pure il suo ragazzo stava osservando incantato la televisione. 

Lei gli rifilò un calcio sotto il tavolo. «Ehi!»

«Cosa-? Ah!» Lui fu lesto a riempirle le mani con la saliera. «Scusa.»

«Incredibile! Non basta il nonno a fare da maniaco in questa casa?»

«Hm? No, io guardavo la piscina dietro le ragazze! Il fumo, vedi?»

Lei si voltò a guardare. Lo schermo le rimandò l'immagine di una piscina termale a lato della scenografia, le acque di un azzurro tanto cristallino da aver conquistato persino la telecamera. «Mi prendi in giro? Dove sarebbe il fuoco?»

«Mi riferivo al vapore fumante della piscina. Mi fa invidia. Per un bagno così noi dobbiamo accendere la stufa, poi riscaldarla soffiando forte sul legno per alimentare la fiamma, altrimenti...» Yuichiro si rese conto di aver parlato troppo. «Non mi sto lamentando, maestro.»

Suo nonno aveva smesso di guardare la tv, gli occhietti d'aquila puntati su una preda grossa tre volte lui, ma intimorita.

«Quella stufa ha un passato glorioso, ragazzo! Prima che arrivassi tu. ero io a soffiarci dentro ogni volta. Ho più del doppio dei tuoi anni, ma dalla mia bocca non è mai uscito un 'ah' di protesta! I giovani d'oggi non riconoscono più il valore della fatica» bofonchiò.

Ovvero, della fatica di Yuichiro, pensò Rei. «Nonno, anche a me piacerebbe avere una stufa elettrica. Ma chiudiamo il discorso, non ho voglia di litigare mentre stiamo mangiando.»

Invece di zittirsi, suo nonno continuò a borbottare sotto voce.

Casa mia, questi ragazzi, bah.
   Bah, spettava dirlo a lei. Il nonno era un testardo. In futuro sarebbe riuscita a convincerlo che la casa stava diventando troppo vecchia, ma era una battaglia che avrebbe intrapreso a tempo debito. Anni fa aveva pensato ad un piano: appena fosse cresciuta abbastanza da trovarsi un lavoro, avrebbe minacciato di trasferirsi. Al nonno l'idea non sarebbe piaciuta, così, per farla restare, le avrebbe concesso un impianto di riscaldamento nuovo di zecca.

Le era parsa una strategia intelligente, ma oramai presentava due grosse falle.

Per prima cosa, il nonno avrebbe giudicato positivo che lei crescesse e facesse la sua vita, anche lontano da lui. Lo sentiva parlare sempre più spesso di come da giovane se ne fosse andato a scoprire il mondo, per diventare un adulto completo.

Inoltre Rei non poteva dimenticarsi di Yuichiro. Non erano più solo amici, avevano iniziato una relazione. Vivere sotto lo stesso tetto si era rivelato immensamente comodo: lo vedeva di mattina, poteva abbracciarlo quando tornava a casa, e la sera si ritagliavano un quarto d'ora insieme, al buio, per baciarsi fuori dalla sua stanza.

Sperava davvero di convincere suo nonno che sarebbe fuggita da quel piccolo paradiso? Poteva funzionare se diceva che Yuichiro si sarebbe trasferito con lei, ma a quel punto il nonno avrebbe frainteso le loro intenzioni e tornare indietro sarebbe stato impossibile. Lei non voleva davvero andare via dal tempio. Anche se... 

Fuori di casa avrebbe potuto godere di un bagno moderno - con le piastrelle rosa - e magari di un salotto arredato secondo il suo gusto personale. E di una vista con balcone? Purtroppo l'appartamento sarebbe stato piccolo, era un problema di tutte le abitazioni giapponesi. C'era da considerare anche Yuichiro, che non si sarebbe trovato bene in un posto privo di giardino.

Stava ignorando un enorme vantaggio: se lei e Yu avessero avuto una casa tutta loro, avrebbero potuto fare tutto quello che volevano, sia di giorno che di notte, senza preoccuparsi che il nonno fosse in agguato a controllarli. Magari Yuichiro si sarebbe... lasciato andare?

Voleva davvero abbandonare suo nonno per una questione del genere? Era un non-problema che si sarebbe risolto rapidamente da solo.

Un sospiro esaltato la mise sull'attenti.

Il nonno era balzato sul tavolo. «Quella ha perso il costume!»

Alla tv una delle concorrenti lanciò un gridolino e corse a sistemare il top del bikini, rossa in volto. La telecamera indugiò sulla sua scollatura e il presentatore scoppiò in una risata. Lo spettacolo era pietoso, degradante per qualunque donna.

Suo nonno si era stampato in faccia un'espressione indecente, mentre Yuichiro... La mascella le cascò a terra: lui stava guardando lo schermo a bocca aperta. 

Brutto-! Afferrò un bichiere e gli gettò tutto l'acqua dritto in quegli occhi da pervertito.

Lui affogò, colpì il tavolo con un ginocchio e dopo l'urlo di dolore saltò in piedi. «Cosa-?!»

«Sei un maniaco!»

Lui capì di essere finito dentro il vulcano acceso della sua ira. «Aspetta! Stavo solo-!»

Fissando le tette di quella lì! Si mosse per tirargli il collo e sentì bruciare ogni muscolo per lo sforzo di trattenersi. Se gli avesse messo le mani addosso non sarebbe riuscita a controllarsi. Lo avrebbe atterrato, schiacciato, schiaffeggiato, lo avrebbe...!

Schizzò fuori dal salotto, le risate alte di suo nonno che la seguivano in corridoio. 

«Rei!»

Quell'idiota del suo ex-ragazzo non aveva colto il messaggio, la stava seguendo. «Stammi lontano!»

«Ma io davvero non stavo-!»

«Risparmiartela!» Maniaco che non era altro!!

«Rei!»

La supplica non la commosse, erano solo trucchetti infimi.

Non aveva voglia di vederlo, di sentirlo, di sapere che esisteva! Voleva che evaporasse! «Sparisci!»

Arrivò alla sua stanza e sbatté la porta di lato, con tutta la forza che aveva. 

«Ascoltami! Mi dispiace, ma io...»

Oh, in quel momento dispiaceva a lei di avergli concesso anche solo un briciolo di attenzione! Gli aveva permesso di farla sentire una stupida!

«Tornatene di là! Sono così arrabbiata con te che ascoltarti mi fa salire la bile!»

La faceva fremere il solo sentirlo respirare convulsamente dietro la porta, alla ricerca di parole inutili.

Lui abbassò la voce. «Mi dispiace. Ma non perché... In realtà io...»

«Hai detto abbastanza! Ora va' via.» Non era nemmeno in grado di scusarsi a dovere, idiota che non era altro. Se si azzardava a buttarle addosso una giustificazione inesistente, lei avrebbe dato di matto! «Parlo sul serio! Non voglio sentirti dire nient'altro, vattene.»

Dietro la porta vi fu silenzio, un mutismo carico di parole che rifiutava la resa.

Ma lei era ferita.

Basta, per favore.

Era delusa, si sentiva ridicola. Si sentiva messa sullo stesso piano di un'oca senza cervello dentro un televisore. Che umiliazione.

Udì il suono di passi che prendevano la via del corridoio, in direzione della cucina.

Il suo cervello si rilassò.

«Scusa.»

Fu l'ultima cosa che udì da lui prima di essere lasciata in pace per il resto della notte, a stomaco vuoto.

Bella dieta.

  


  

Per il mattino seguente, si era calmata. Nella sua testa era stata siglata una tregua provvisoria tra due fazioni in lotta, entrambe armate di ordigni nucleari pronti al lancio. Incontrò Yuichiro a metà corridoio, prima di girare l'angolo. Lui era seduto per terra, la schiena appoggiata alla parete. L'aveva aspettata per non lasciarla andare a scuola di soppiatto.

Non mi abbasso a certi giochetti, pensò lei.

Lui scattò in piedi. Sotto gli occhi aveva due borse violacee che le strapparono un malcelato sorriso di soddisfazione.

«Rei.»

Si fermò a un paio di metri da lui, abbastanza vicina da affrontarlo, e distante a sufficienza da fargli capire che tra loro vi era uno spazio che era stato lui e solo lui a creare.

Yuichiro inspirò. Ebbe un improvviso momento di confusione, poi si inventò di sana pianta - probabilmente per la centesima volta - parole su cui aveva ragionato per tutta la notte. «Mi dispiace di averti fatto stare male. Ma ieri non significava niente. Non l'ho fatto apposta, ma cercherò di non farlo più.»

Cercherò?

Durante la notte, buttando da parte umiliazione e sentimenti personali, lei aveva ragionato innanzitutto sull'estrema inferiorità della condizione maschile: per istinto tutti gli uomini erano dei maiali, il gene della perversione era installato nel loro midollo. Come ragionamento non era servito a calmarla, ma aveva placato i suoi istinti omicidi più immediati. Nemmeno il migliore degli uomini era capace di distinguersi oltre una certa misura, perciò poteva farne a Yuichiro una colpa? Certo che sì, ma non abbastanza da morirne di rabbia e uccidere lui nel processo.

Se la sarebbe fatta passare. Aveva già un piano in mente. «Ho deciso quale sarà la tua punizione.»

Se fosse stato un cane, a Yuichiro si sarebbero rizzate le orecchie.

Lei gli girò intorno, sorpassandolo.

«Rei?»

«Scoprirai cosa intendo. Ora lasciami in pace, devo mangiare.»

Naturalmente fu una richiesta inutile. Senza perdersi un suo passo, Yu la seguì fino al tavolo della cucina. «Ti ho preparato del caffè.»

«Servimelo.»

Lui fu più che felice di adempiere alla richiesta mentre lei si sedeva soddisfatta.

Non avrebbe dimenticato presto, ma la sua vendetta sarebbe stata tanto lenta e perfetta da ripagarla di ogni momento di pena.

Yuichiro lo meritava. Forse la sera prima era stato solo sorpreso - in fondo si era voltata a guardare anche lei, la nudità aveva quell'effetto sulle persone.

Ma lui si azzardava davvero a interessarsi al corpo di un'altra - anche solo per un microsecondo - quando aveva accanto una ragazza meravigliosa a cui non aveva mai cercato di mettere le mani addosso? Nel senso più viscerale del termine, ovviamente.

Baci e abbracci tra loro non si potevano più contare, e alcuni baci erano stati davvero intensi e passionali, ma... Ma non avevano mai portato a niente.

Era normale che Yuichiro non avesse ancora cercato di toccarla in una maniera un pochino più... intima? Bastava il seno, diavolo.

Ormai stavano insieme da più di un mese. Lei non era tanto maniaca da volersi buttare a capofitto in una rotolata sotto le lenzuola, ma iniziare a intravedere di striscio l'esperienza l'avrebbe fatta sentire bene... Desiderata.

Era abbastanza bella da suscitare quel tipo di attenzioni, no? Naturale! Si faceva simili domande solo perché le era capitato un nonno maniaco che faceva notare al suo ragazzo altre donne nude.

Era tutta colpa del nonno e di Yuichiro.

Qualcuno doveva pagarla cara.

«Ehm...» Lui le mise davanti una tazza di caffè. Si era seduto al suo fianco. «Mi piacerebbe farti stare bene oggi. Chiedimi quello che vuoi. Qualunque cosa.»

Un aspetto positivo di quella faccenda? Avrebbe potuto trattarlo come suo schiavo per mesi e mesi. Si ricordò che non poteva accontentarsi di tanto poco, la faccenda era grave. «Preferisco la punizione.»

Lui ne fu così deluso che nei suoi occhi comparve persino un barlume di disapprovazione.

Con che coraggio? «Ehi! Dire che ieri ero arrabbiata è troppo poco.»

«Lo so. Mi sono già scusato con te. Mi dispiace, Rei. Mi dispiace.»

Le sue promesse avevano sempre un suono bello e sincero. Non bastava più; loro due avevano una relazione che era fatta di piccoli problemi da affrontare alla radice. «Ti sei chiesto perché mi sono infuriata tanto?»

Lui esitò. «A me non interessa nessun'altra. Guardo solo te in quel modo.»

Se avesse già messo in pratica quelle parole, lei non si sarebbe sentita tanto umiliata. «Sai... Io e te passiamo troppo tempo a stringerci le mani come bambini.»

Fu come se gli avesse detto che il sole era nero. «Non vuoi che ti tenga per mano?»

«No, ma per un po' potrai avere solo le mie mani. Ecco la punizione.» Terminò di bere il caffé e si alzò da tavola. Aveva appena fatto in tempo a voltarsi che Yu le afferrò il polso.

«Vuoi dire che...?»

Esatto, niente baci di saluto. Lui scostò la sedia con poca grazia e provò ad avvicinarsi, ma lei scosse la testa e gli strinse forte le nocche. Mosse le loro mani unite su e giù. «Ci salutiamo così.»

Inebetito, lui rimase a guardare le loro dita intrecciate. «Solo con la mano?»

 «Sì.»

«Posso toccarti solo la mano?»

A volte era proprio tonto. «Già.»

«Perché?»

Le scappò un sospiro. «Hai tutto il giorno per pensarci. Io devo andare a scuola.»

Lui non la lasciò andare e quello che vide non le piacque. «Sarà meglio che non pensi niente di questa punizione.» Soprattutto che era una cosa stupida, perché il vero stupido tra loro due era lui.

Yuichiro scosse debolmente la testa. Intristito, fece scorrere i polpastrelli sul suo palmo, assaporando il contatto come se ne sentisse già la mancanza. «A più tardi allora.»

Lei sfuggì dalla sua presa. «A dopo.»

Prima di pentirsi, corse a scuola.

 


 

La testa nera di Rei sorgeva sul piazzale del tempio come il sole oltre l'orizzonte nel cielo del mattino.

Era la cosa più vicina alla poesia che la testa di Yuichiro avesse mai concepito, e tanto gli bastava.

Col passare degli anni aveva imparato a sostare davanti all'altare del tempio dalle tre alle quattro del pomeriggio, quando Rei faceva la sua comparsa sulla cima delle scale, salendo velocemente gli ultimi gradini. Lei non lo aveva mai cercato e lui se lo ricordava con un dolore nostalgico, che quasi gli mancava.

In passato lo sguardo di lei era rimasto fisso sul boschetto, sul pavimento, già rivolto verso la casa, con in mente il pensiero del momento. Amiche, la scuola, un esame, forse un altro ragazzo.

Un ragazzo più bello di lui, più intelligente e coraggioso? Meno degno, senza dubbio. Nessuno ti amerà come ti amo io.

Ogni tanto lei l'aveva inquadrato di sfuggita, regalandogli un cenno distratto. Lui era rimasto ad osservarla mentre passava oltre, i capelli che le cadevano sulle spalle come una coperta di seta. La gonna a pieghe danza sulle sue gambe e le sue mani stringevano sicure la cartella della scuola.

Per lui era il sole del pomeriggio, che sorgeva per illuminare la seconda parte della sua giornata.

Rei stava in un cielo che lui non poteva raggiungere. Si faceva ammirare, era il dono che concedeva ad un misero mortale che l'adorava da lontano.

E oggi lei pensava davvero che poterla toccare solo sulle mani fosse una punizione per lui? Era una retrocessione - questo sì - ma il dolore vero era sapere di averle causato un risentimento che lei non aveva ancora dimenticato.

Era un problema che avrebbero risolto insieme, in un modo o nell'altro, in un tempo o nell'altro. Presto, sperava lui. Ma non aveva né dubbi né incertezze sul risultato. Era semplice, inevitabile come il ritorno di lei a casa ogni giorno.

Eccoti..

Rei si affacciò sul piazzale dalla gradinata, sorgendo nel suo piccolo mondo di lavoro, a rendere sfocato l'ambiente circostante con la sua sola presenza. Brillava. Quando arrivava l'aria si faceva più fresca e gli alberi suonavano col venti. Poesia, incanto.

Gli occhi di lei incontrarono i suoi. Questa volta cercavano lui e nient'altro.

Gli venne incontro. Quel giorno solo per parlare ma... grazie. Grazie. Nella sua testa la ringraziava troppo spesso per avergli concesso il favore di iniziare una relazione con lui, se ne rendeva conto.

Lei gli si parò davanti indolente, la cartella tenuta con entrambe le mani a fare da barriera tra loro. «Ciao.»

Non le era ancora passata. «Ciao.»

«Oggi puoi lasciare a me il banchetto dei talismani. È la tua giornata libera.»

Lo sapeva. Ricordavano entrambi come lui l'aveva trascorsa nelle ultime settimane. «Quindi non vuoi uscire insieme?»

Lei fece spallucce. «Il nonno si è lamentato di questo lavoro extra che gli abbiamo dato.»

Era una pretesto. «È stato lui a offrirci un pomeriggio alla settimana. Oggi ci tenevo a uscire con te.»

Lei osservò distratta l'altare. Guardava altrove - senza rendersene conto - quando dentro di sé sapeva di comportarsi in maniera poco giusta. «Hai capito perché ce l'ho con te, sì o no?»

«Sono stato un verme.» Una frase che non poteva essere sbagliata.

Le labbra di lei accennarono a curvarsi. «Io direi più 'maiale', ma il verme è un altro buon paragone. Lasciando stare ieri sera, hai capito cosa c'è che non va?»

Eh? C'era qualche altro problema? Che cosa aveva fatto di male?

Con gli occhi lei scavò una fossa dentro la sua faccia, cercando di arrivare fino al suo cervello per vedere se ancora funzionava.

«Prima... non avevamo litigato» tentò lui.

Il sospiro di lei fu quasi un sibilo. «No. Ci vediamo più tardi, così ci pensi ancora.»

Ma lui non aveva niente a cui pensare! «Aspetta, spiegami.»

«No e oggi non ho tempo per uscire. Domani ho un esame, me n'ero dimenticata.»

«Va bene, ma...» Capì di avere una possibilità quando la afferrò per la mano e lei non si scostò. «Qualunque cosa sia, mi dispiace.»

«Non voglio scuse, voglio che tu capisca.»

Non avrebbe mai pensato di fare con lei una conversazione tipo marziano-venusiana, trovandosi davanti un'idioma a trabocchetto tutto femminile che non aveva speranza di cogliere. Ma quella era Rei e lui sapeva bene cosa le passava per la testa. Doveva solo scoprirlo. «Ho fatto qualcosa di sbagliato.» Aveva bisogno di un indizio.

«Non hai fatto qualcosa di giusto, piuttosto.»

Oh. «Ieri sera non ho insistito abbastanza e ti ho fatto passare la notte arrabbiata?» Era questa la sua colpa, essersi mostrato poco deciso?

Lei sfoderò un sorriso letale. «Non hai capito niente. Lasciami andare.»

Con quelle parole lo gettò sull'orlo di un abisso senza fondo. «Aspetta.» Non si vergognò di prenderle il polso con entrambe le mani, per non farla andare via, ma alzandosi dallo scalino dell'altare si sbilanciò in avanti e finì addirittura in ginocchio. Lei ne fu infastidita: c'era una linea sottile tra l'adorazione servile e il servilismo adorante. Quando lui si faceva calpestare come un tappeto, Rei lo detestava più che mai.

Non commise di nuovo quell'errore e saltò in piedi. «Volevo solo dirti che oggi mi sei mancata.»

Lei guardò il suolo. «Sì, okay.» Fra le loro mani unite infilò le dita tra le sue, indugiando sul tocco per un unico momento che volle concedere a entrambi. «Ci vediamo a cena.»

Che cosa devo capire? Rassegnato a lasciarla andare, Yu le accarezzò la pelle sottile tra pollice e indice. Lei si staccò con un brivido quasi impercettibile, e lui ebbe un'intuizione improvvisa che non aveva nulla a che fare con errori o colpe da trovare.

Cercando di non correre, Rei si diresse verso casa.

   


    

Si erano fatte le nove di sera.

Yuichiro trovò Rei davanti alla sua stanza, che scostava un pannello del corridoio per permettere all'aria di scorrere. Era quasi estate.

Per il caldo lei aveva legato i capelli con un nastro rosso, nuovo. Indossava una maglietta larga e comoda che le sfuggiva a scelta da una spalla, accarezzandole il bicipite magro. Lei aveva giocato a tirarla su per tutta la durata della cena, senza capire che reazione gli provocava quel gesto innocente.

La spalla scoperta adesso era quella sinistra, ma le gambe erano entrambe nude, fasciate solo da un paio di pantaloncini scuri di cui si vedeva a malapena l'orlo.

Lui si era reso conto che col caldo sarebbe cresciuta la tentazione. Lo aveva sperimentato di anno in anno, puntualmente, con maggiore intensità con ogni estate che passava: Rei non aveva mai smesso di farsi più grande, culla di bellezze senza fine. Quell'anno c'era un ulteriore problema: ora lui poteva toccarla, ma non poteva davvero toccare.

Rispettava gli inizi in cui si trovavano, nonché il suo maestro - il nonno di Rei - che gli aveva detto di considerarlo parte della famiglia. Non c'era bisogno di un discorso chiaro per fargli capire che una fiducia simile richiedeva soprattutto un enorme rispetto.

Nella testa di un vecchino come il maestro, le libertà che lui aveva in mente erano lecite solo all'interno di un matrimonio. Yuichiro non aveva indugiato troppo su quel futuro lontano. Forse per non morire di disperazione, ma nemmeno a quello voleva pensare. Desiderava solo fare le cose per bene, e perciò non tradire la fiducia di nessuno. Aveva deciso di frenarsi finché poteva; non sarebbe stato difficile, giusto?

Gli piaceva soffrire, in fondo, e guardare Rei tanto a lungo da sentire le dita che prudevano dalla voglia di accarezzarla era un'agonia incredibilmente piacevole.

Non che dovessero soffrire in eterno entrambi, senza un briciolo di sollievo. Lei aveva proposto una penintenza che poteva trasformarsi in una soluzione interessante. Proprio perciò, a un certo punto del pomeriggio, lui aveva smesso di cercare la colpa di cui si era macchiato. Per quella sera si sarebbe permesso di essere tentato. Tutte le misure di sicurezza erano in piedi, non poteva esserci occasione migliore.

La raggiunse sul portico.

«Ehi» lo salutò Rei, annoiata. Aveva passato il pomeriggio a studiare e non era di buon umore.

«Hai finito coi libri?» le domandò lui.

«Ho lasciato perdere. Per una sola giornata ho fatto troppo e per una volta che non sono perfezionista...» Sbuffò e si adagiò contro gli shoji che facevano da parete alla sua camera. «Non venire a darmi un'altra grana: hai capito o no cos'hai fatto in tutte queste settimane?»

Settimane? Un altro indizio fondamentale, da cui non si lasciò distrarre. «Forse.»

«Allora parla.»

L'unica idea che gli era venuta in mente non era adatta a essere riferita a parole. «Pensavo a quello che hai detto.»

Lei attese di sentirlo continuare.

«Posso ancora avere solo le tue mani?»

Rei roteò gli occhi al soffitto. «Sei senza speranza.»

Lui la seguì dov'era andata a sedersi, sul lato aperto del corridoio. Le gambe di entrambi penzolarono sul giardino.

Yuichiro trovò una sua mano prima che lei potesse portarla sul grembo, fuori dalla sua portata.

Lei era esasperata. «Yu, vuoi davvero fare la vittima? Mi accontenterò di toccarle solo le mani, quanto sono bravo e paziente. Mi sembra quasi di sentirti.»

Gli venne da ridere. «Veramente avevo un altro piano.» Sollevò il suo braccio e le aprì la mano, allargando le sue dita recalcitranti. Le calmò tutte quante con un bacio al centro del palmo.

Lei sussultò. «Non è permesso.»

«Non l'hai detto.»

«Ho detto-»

«Che ho le tue mani. Perciò...» Usò il pollice per massaggiare le giunture delle sue ossa, sotto le nocche. La sentì trattenere un ansito debole: sicuramente aveva scritto tutto il giorno.

«Intendevo che potevamo solo stringerci le mani» la udì chiarire.

Lui amava da sempre la sua ritrosia, di più da quando era in grado di dissolverla. «Per me fare la vittima è divertente. Posso continuare?» Le sfiorò la pelle del palmo con le labbra e soffiò piano.

Rei soffocò un sorriso e un brivido che cercò di non fargli notare. «Non vuoi capire cosa c'è che non va?»

Se n'era fatto un'idea, ma non era facile parlarne in maniera corretta. «Anche se non ti ho visto» - non ancora, ma immaginava, sapeva - «so che tu sei molto più bella di quella ragazza.» Era quello il problema? Rei non aveva la quarta abbondante della ragazza alla tv, ma lui avrebbe preferito la sua proporzionata, soda e morbidissima terza fino al giorno della sua morte. E lo aveva anche detto in maniera delicata e sottile, era stato bravo. «Scusa se non te l'ho fatto capire.»

Lei era rimasta in silenzio, il braccio abbandonato nella sua presa. «Funziona così troppe volte. Mi fai un complimento e io cedo. Oggi no. Quello che hai detto non c'entra niente col problema.»

Allora lui non aveva più idee.

Rei si dichiarò vincitrice del match e si riprese il proprio braccio. Yuichiro lo recuperò prima che finisse rinchiuso in una gabbia di difesa.

«Non fare il bambino.»

Un giudizio che quasi lo offese. Non farlo tu, pensò. «Anche quando discutiamo, voglio che ti ricordi che ci sono limiti da non superare. Questa non è una discussione seria.» Era più un test a cui lei lo stava sottoponendo. «Non negarmi un contatto quando ti cerco.» Soprattutto se era stato lei a concederlo e lui stava alle regole di un gioco che continuava per ragioni che non comprendeva.

Nella penombra Rei cercò il cortile. «Non piace nemmeno a me questa situazione. Non mi piace che tu non capisca.»

Raramente era stato tanto frustrato. «Cos'è che non capisco?»

«Perché non continui a massaggiare? È bello e per oggi funziona meglio delle parole.»

L'aveva delusa.

Le offrì le proprie scuse massaggiando forte tra la base di medio e anulare, sciogliendo il nodo di un muscolo indurito. La mano di lei si allungò, aprendosi. Le avrebbe sciolto le spalle tese o baciato la tempia, se fosse servito, ma si limitò a dare dove lei aveva offerto, senza più lamentarsi. 

Che cosa sto sbagliando? Tracciò la fibra di ogni muscolo, ne massaggiò i contorni. Cercò i nervi alla cieca, attento ai piccoli avvallamenti e alle curve. Li trovò e lenì con carezze la loro fatica.

Rei era con lui, a guardare con occhi socchiusi il suo lavoro. Si era rilassata, in tempo per il piccolo omaggio che lui aveva in mente da tutta la sera.

Con un'unghia le tracciò l'intera mano, dalla base del palmo sino alla punta dell'indice, indugiando.

I sensi di lei si protessero dallo stimolo chudendo le dita. Lui le aprì e lo fece di nuovo, questa volta col polpastrello, scoprendo le delizie dell'anulare. Rei cercò di sfuggirgli di nuovo, senza forza. Lui la punse in un punto scoperto, sulla pelle alla base del pollice, ricca di terminazioni. Sfiorò quel punto con l'unghia e lei raddrizzò la schiena, un fiore che aveva scoperto la luce del sole.

«Che stai facendo?» La sua voce era un sussurro tremante.

«Non lo so.» Stava indovinando. L'aveva immaginata sensibile ovunque, e stava cominciando a scoprirlo nella maniera più innocente, partendo da una mano a cui non aveva mai prestato le giuste attenzioni.

Rei aveva unito le labbra, come a formare la parola basta. Una reazione che aveva spesso, senza rendersene conto. Lo diceva soprattutto con gli occhi, quando il desiderio di spingersi oltre era tanto forte da spaventarla. Diventava più audace di giorno in giorno, presto avrebbe perso ogni ritrosia. Allora lui sarebbe stato semplicemente perduto, ma, se bisognava cadere, con lei andava bene anche un abisso.

Rei inspirò piano e aprì la mano sul suo ginocchio, offrendosi inconsapevolmente.

Lui si godette la vampata che lo scosse, fuoco che poteva bruciare senza esplodere. Giocò con lei a due mani, esplorando lembi di pelle dimenticati, trascurati. Accese ogni suo più piccolo nervo, osservando rapito la sensualità di dita che si flettevano e si distendevano nel tentativo di resistere, per continuare a subire la stimolazione. Vide Rei che apriva la bocca senza emettere suono, e fu la sua più grande vittoria.

«Hm» disse lei infine, fingendosi pensierosa. «Ora andiamo a dormire, okay?»

Se solo fosse potuto entrare in camera sua, per continuare. Le avrebbe baciato l'incavo del gomito, la bocca. Si sarebbe disteso con lei e... «Sì.» Doveva proprio andare.

Lei impresse un'ultima stretta, un gesto di unità amichevole che tentò di scacciare l'intimità che avevano costruito. «Buonanotte.»

«Buonanotte» fece lui.

Non insistette oltre per quella sera.

   


     

Era proprio da loro risolvere un problema senza risolverlo.

Rei chiuse gli occhi e intrappolò il pezzo di pesce in bocca, assaggiandone il gusto sul labbro. Sotto il tavolo Yuichiro stava facendo strane cose alla vena del suo polso, stuzzicandola come per assicurarsi della corretta circolazione del sangue.

Oh, scorre, voleva dirgli lei. E molto veloce.

Cercò di masticare senza sussultare. Stavano cenando e il nonno per fortuna era concentrato sul telegiornale. 

Yu prese a far scorrere un dito sul suo braccio, su e giù. Piano, su e giù.

Le venne la pelle d'oca e non poté reggere oltre. Gli schiacciò la mano sul pavimento e lo notò trattenere una risata. Lui riprese a mangiare con tutte e dieci le dita sopra il tavolo - lei le contò per non avere sorprese.

Con la sua idea di un paio di giorni prima non aveva ottenuto di fargli capire che cosa l'avesse disturbata tanto, ma era riuscita a farlo agire in merito. Un successo insperato, sorprendente nelle reazioni che le stava provocando.

Aveva cercato di capire perché lui non la desiderasse di più, perché non facesse qualcosa di più, e Yuichiro... aveva cominciato a farlo.

Solo con una mano, ma diavolo se quelle dita non avevano rivoluzionato qualunque idea lei avesse sulla passione. Era intimo il modo in cui la toccava, amorevole e... Non aveva un'altra parola, ma molte sensazioni: le sentiva crescere nel petto, scendere e salire sino a impadronirsi di lei.

 Come se stessimo facendo...

Accolse il rossore, ma cercò di frenarlo per non essere indecente. Ti amo, diavolo, e basta con le mani.

Yu doveva riprendere a usare la bocca. Come, era solo da scoprire.

             

«Allora» tossì lei più tardi, per darsi un tono. «Hai capito?»

Aveva fatto in modo di dare tregua al suo braccio nascondendolo dietro la schiena. Tutti i suoi nervi stavano protestando in coro per la privazione.

Lui rideva a bassa voce. «Non lo so. Però mi sembra che abbiamo scoperto altre cose.»

Puoi dirlo forte. Tossicchiò di nuovo, per mandare giù l'aquolina che si era formata nella sua bocca. «Vuoi costringermi a parlare?»

«No.»

Avrebbe dovuto invece, perché lei moriva dalla voglia di farlo. Era un trampolino perfetto per riprendere coi baci serali che le mancavano come l'acqua nel deserto. Nonostante tutto, e questo dimostra esattamente quanto fossero deliziosi. Si arrese. «Mi hai mai guardato come quella svergognata alla televisione?»

Lui le prestò tutta la sua attenzione. «Cosa?»

«Sei stato un verme a guardarla» - se ci ripensava voleva ancora prenderlo a pugni - «ma mi sono arrabbiata perché con me non hai mai fatto lo stesso.»

Non aveva mai mostrato di desiderarla come un ragazzo - un uomo - doveva desiderare la donna che diceva di amare con tutta l'anima.

Yuichiro non stava dicendo niente.

«Stiamo insieme da un mese» insistette lei, «era ridicolo.»

«Era?»

Se si era sbagliata, lo decapitava sul posto. Lì, nella sua stanza. «Tu hai... Le mie mani» spiegò, arrossendo.

Lui cominciò a sorridere. Si slanciò in avanti prima che lei potesse fermarlo, e la sensazione dell'abbraccio ritrovato fu tanto piacevole da farle dimenticare ogni barriera che aveva creato.

«Ti voglio bene, Rei.»

Oh, che ingiustizia. «Anche io.» La felicità di lui era zucchero che le solleticava la lingua.

«In qualunque pensiero che ho, tu vieni sempre per prima.»

Con le braccia lei gli circondò la schiena, premuta contro il suo petto. 

Lui le prese le guance tra le mani. «Questo mi è mancato.»

Il bacio che le diede fu di fame e d'amore, privo d'urgenza. Non ne acquisì col passare dei secondi: si erano allenati a resistere e assaporare. Con le labbra, mordicchiando, suggendo, lei lo lasciò a sua volta senza fiato. Presero aria e ricominciarono.

Fu la miglior serie di baci che si fossero mai dati, almeno fino a quel momento.

Lascia ben sperare per il prossimo litigio.

Nella sua testa era rimasta irrisolta una domanda, il quesito che aveva dato il via a tutta la faccenda. Lui non aveva risposto a parole, non per davvero.

Non lo fece quella sera.

Né la sera dopo.

Né la sera seguente, ancora.

Si limitò a baciarla e ad accarezzarle le mani, senza soste di felicità o entusiasmo. La sua tattica vincente fu iniziare a sfiorarla dietro il collo. Giocò coi capelli fini alla base della sua nuca e lei fu perduta.

Così sia.

Per le domande in fondo c'era tanto tempo.

   

FINE

   

   


   

NdA: una one-shot, un parto. L'idea c'era, ma non sapevo come renderla. A risultato finito muoio dalla voglia di sapere cosa ne pensate, per capire se è saltato fuori qualcosa di degno.

ellephedre

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Capitolo 6
*** Magnifica estate ***


E fummo noi

Questo è quello che succede a riguardare la puntata 99 di Sailor Moon S - quella in cui Yuichiro quasi andava via dal tempio dopo aver pensato che Rei stesse con Haruka.

In questo episodio ci sono riferimenti ad un'altra one-shot (lemon) che ho scritto, ovvero Red Lemon 2.

Attenzione: questo episodio è situato in estate, dopo la vacanza di Rei e Yuichiro con Ami, Alexander, Makoto e Minako. Quindi dopo che i due hanno iniziato a far virare il loro rapporto in una certa direzione, come raccontato in quell'episodio di Interludio (Scena 4 - Tutti insieme in vacanza)

 

   

E fummo noi

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd

 

Episodio 6 - Magnifica estate

 

I capelli di Rei sembravano un manto di seta.

Alcuni fili le ricadevano sulle spalle, altri sfioravano le braccia. L'intera chioma di lei risplendeva al sole, acquisendo riflessi violacei splendidi da guardare.

Lei spostò una ciocca leggera dietro l'orecchio. «Lo fai apposta?»

Lui sgranò gli occhi, risvegliato dai suoi pensieri. «Cosa?»

«Fissi e rimiri, ma alla fine non tocchi.»

Eh?

Lei inclinò la testa, sorridendogli invitante, e Yuichiro ricordò che quello non era più il passato.

«È una tortura anche per me» mormorò Rei. «Se mi guardi così mi aspetto che tu faccia qualcosa. Poi rimango ad aspettare, e aspetto ancora...»

Felice, lui le sfiorò il viso. Fu colpito da una scossa al petto quando Rei non si ritrasse. Lei rimase ferma, in attesa, gli occhi sui suoi.

«A cosa stai pensando?» sussurrò.

«All'ultima volta che ti ho vista così.»

Rei non capì.

«Con questi vestiti.» Lei indossava una canottierina scollata rossa e dei pantaloncini bianchi, la stessa combinazione di un anno addietro.

Lui aveva ancora bene in testa la scena di lei che, adirata ed esasperata, gli diceva a chiare lettere che non ci sarebbe mai stato niente tra loro due, che la sua era tutta immaginazione.

Quella stessa sera Rei si era scusata per aver esagerato - col tono, non coi contenuti - e lui l'aveva subito perdonata. Ma, senza volerlo, a volte ricordava ancora quel rifiuto netto di lei, che nella sua mente aveva la calura dell'estate e un vago odore di sudore - il proprio, mentre tutte le sue speranze d'amore si scioglievano al sole.

Rei gli prese la mano. Lo guardava con una certa comprensione, anche se lui non aveva detto niente.

«Tu rifletti troppo.» Rei voltò la sua mano tra le dita. Sfiorò un suo dito con le labbra.

Yuichiro si irrigidì.

«Rifletti quando non devi, Yu. Poi sei impulsivo nei momenti sbagliati.»

«... quali?» Lui aveva ancora gli occhi fissi sulla sua bocca.

«Quando prendi decisioni assurde, senza pensare.»

Lei non specificò a cosa si riferisse e lui non glielo chiese: Rei aveva di nuovo unito le labbra, posandole su un polpastrello. Sulla pelle il calore del suo respiro era bollente.

«E quando non dovresti pensare...» Rei sorrise. «Te ne stai fermo lì.»

Lui si sporse in avanti. Si gustò la vista di lei che non si allontanava, che, bellissima, aspettava trepidante.

C'era una cosa di quella maglietta che gli piaceva da morire.

Avvicinò la mano e la posò sulla stomaco nudo di lei.

Rei si tese e lui scelse quel momento per baciarla.

Le assaggiò la bocca, non la aprì. Fu Rei ad accarezzarlo con la lingua sulle labbra, fermandosi, sussultando un poco, appena lui muoveva un dito sulla sua pancia.

Yuichiro non resistette e la strinse con l'altro braccio sulla schiena scoperta. Rei gli circondò il collo con le braccia.

Aumentarono la temperatura tra loro muovendo in sincrono le lingue umide l'uno sull'altra, massaggiandosi. Yuichiro separò un poco le palpebre e trovò gli occhi socchiusi di lei.

Rei lo strinse più forte e lui volle impazzire.

Quello era il Paradiso e il Nirvana insieme. Era la perfezione assoluta.

Spostò la mano lungo lo stomaco di lei, verso il fianco, e Rei inspirò a fondo, sottraendogli la bocca per prendere aria. Le sue pupille erano così larghe che del viola non era rimasto quasi niente: in quel momento c'era solo passione in lei. Lui aveva la mano sulla pelle nuda del suo corpo e sapeva che, spostandosi da quel corridoio di pochi metri, verso la stanza di lei, avrebbe potuto toglierle i vestiti, vedere e toccare tanto altro di lei...

In pieno giorno.

Mentre il maestro era in salotto a guardare la televisione.

Rei se ne ricordò assieme a lui.

A corto di fiato, sorrise e gli scostò i capelli dalla fronte, posandogli un bacio sulla guancia. «Vado a farmi una doccia.» Si alzò.

L'immagine di lei sotto l'acqua peggiorò la situazione di lui.

In piedi, Rei lo osservò. «Era quello che ti dicevo.»

«Hm?»

«Non sei impulsivo quando devi, Yu.»

... cioè, avrebbe dovuto esserlo in quel momento?

Era impossibile!

Lei giocò a sollevare le sopracciglia. «È finita la pausa-anguria.» Si chinò a raccogliere i due piatti di plastica con i resti di cocomero che avevano mangiato. «Ci vediamo più tardi» lo salutò.

Mentre la guardava andare via, in lui si dissipò la frustrazione.

Rimasto solo, iniziò a sorridere e si guardò la mano.

Oh, wow.

Portò il palmo davanti alla faccia e vi stampò sopra un bacio di congratulazioni.

Hai visto, mano? Cosa hai toccato oggi!

Come uno stupido, gioì.

E non hai idea delle meraviglie che toccherai un giorno.

Ce l'aveva lui, ormai non aveva più alcun dubbio. Perciò avrebbe avuto pazienza, perché presto, a breve...

Sospirando, si lasciò cadere in piedi sul cortile.

Okay, non a breve. Ma quando avesse capito come aggirare il problema del maestro, lui e Rei...

Si trasformò in un idiota delirante di gioia e, quasi saltando, si diresse estatico al tempio.

Che magnifica estate!

 

 

Episodio 6 - Magnifica estate - FINE

 

 


 

Note dell'autore: Ho già detto tutto nelle note iniziali, o quasi. Raramente mi capita di scrivere scene di questo stampo così sensuale senza poi andare a fondo. Infatti tutto ciò mi sta facendo venire una voglia matta di terminare di scrivere il nuovo capitolo di 'Di fiamme e quiete', quello che segue la prima giornata di San Valentino di Rei e Yuichiro.

Di questo passo farò il tris, e avrò scritto di questi due prima che si mettano insieme (mi riferisco all'ultimo capitolo recentemente aggiornato di "Ovviamente... Impossibile?"), poi quando si sono messi insieme (ma ancora non hanno combinato :D) e infine quando, dopo Verso l'alba, tra loro c'è un'intimità tale che ormai parlano di anelli, matrimoni non ancora da fare e... hehe, qualcos'altro.

Non vedo l'ora perché - dopo tanto romanticismo - tra questi due ritornerà ad esserci un po' di maretta.

 

Elle

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