E fummo noi di ellephedre (/viewuser.php?uid=53532)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 1 - All'inizio, insieme ***
Capitolo 2: *** Episodio 2 - Inattesa gelosia ***
Capitolo 3: *** Episodio 3 - Capelli ***
Capitolo 4: *** Episodio 4 - Profumi ***
Capitolo 5: *** Episodio 5 - Mani ***
Capitolo 6: *** Magnifica estate ***
Capitolo 1 *** Episodio 1 - All'inizio, insieme ***
Interludio
E fummo noi
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon
non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di
Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Episodio
1 - All'inizio, insieme.
«Ti è
successo qualcosa,
Rei-san?»
Rei
faticò a concentrarsi sulla domanda, impegnata com'era a
infilare le scarpe all'uscita dalla scuola.
«Cosa intendi?»
Fuyu, la sua compagna di classe, chiuse
la porticina dell'armadietto. «Da ieri sorridi tanto. Non ti
ho mai vista così
felice.»
Dietro di loro, vicino alla fila opposta
di
armadietti, alcune ragazze avevano iniziato a muoversi al rallentatore.
Le loro
mani sfilavano le scarpe
scolastiche con grande calma, qualcuna si accarezzava con distrazione i
capelli... Scuse per indugiare un momento in più
nelle immediate vicinanze.
Rei non ne fu sorpresa: a
scuola lei era una
celebrità. Talentuosa, rispettata, organizzatrice di un
festival
scolastico memorabile, capoclasse, spinta
più volte a candidarsi per il posto di presidentessa del
corpo
studentesco. Era nota a tutti, persino alle graziose matricole appena
iscritte alle medie, bambine che avevano già cominciato a
guardarla con ammirazione nonostante il nuovo anno scolastico fosse
iniziato da meno di un mese.
Sarebbero state buone ragioni per
restarsene
in silenzio, ma il gossip non la spaventava. «Mi sono trovata
un ragazzo» disse a Fuyu.
Udì un suono di scarpe che cadevano a terra e
quando capì chi le aveva fatte cadere rilasciò un
brontolio silente.
«Un ragazzo?»
ripeté Mika Suzuki, kohai del secondo anno.
Lungo i corridoi della scuola Mika
le lanciava sorrisi timidi tutte le volte che la incrociava. Era
così platealmente infatuata di lei che tutto l'istituto
sapeva
della sua adorazione non ricambiata.
«Oh.» Gli occhi di
Mika si riempirono di grosse e
adorabili lacrime. «Io... Scusatemi!»
Fuggì dalla sala d'ingresso
ancora scalza,
un'eroina da cartone animato in piena regola. Tutta
quella teatralità purtroppo era genuina.
Nell'evitare di
assecondare l'affetto di Mika, Rei si era sentita spesso una
specie di oni
brutto e cattivo. Per fortuna aveva potuto usare come barriera
una verità molto comoda.
A me piacciono
gli
uomini.
Alcune tra le sue più
ferventi
ammiratrici non avevano voluto crederci:
lei non si era mai fatta venire a
prendere a scuola da un ragazzo.
Il suo era un istituto
femminile, ma diverse sue compagne avevano trovato un fidanzato molto
prima
del terzo anno delle superiori. Il fatto che lei non avesse ancora
trovato il partner adatto comunque non era parso strano: a scuola era
universalmente
percepita come una creatura altezzosa e molto
esigente, che pretendeva solo il meglio per sé. Le andava
bene così: era orgogliosa di quell'immagine,
coltivata
con attenzione negli anni.
Fuyu scrollò le spalle.
«Mika-san prima o poi
doveva
scontrarsi
con la dura realtà.»
Tra tutte le sue compagne di classe,
Fuyu Kitahara era quella a
cui Rei aveva permesso di avvicinarsi di più. Fuyu era una
ragazza
gentile, a
posto. Come lei ce n'erano altre, ma Rei ci teneva a non farsi
troppe amiche: più
persone conosceva intimamente, più erano le spiegazioni che
doveva dare su di sé e sulla propria vita. In un futuro
ormai
prossimo la sua situazione si sarebbe esponenzialmente complicata. Era
stata
disposta a fare un'eccezione per un possibile fidanzato, ma
aveva già tutte le grandi amiche di cui
aveva
bisogno.
Fuyu le offrì un sorriso
complice. «Posso
chiederti altre notizie su di lui, Rei-san? Se ti ha conquistata,
dev'essere un ragazzo meraviglioso.»
Non in maniera convenzionale,
pensò Rei.
Per andare a
lavorare Yuichiro indossava una tunica e un
hakama.
Aveva quasi
cinque anni più di lei, ma non possedeva una laurea e nella
vita
aspirava a diventare il gestore di un tempio.
Mentre esitava a parlare di lui si sentì strana.
Nel suo istituto privato era pratica
comune vantarsi dei vari e
presunti
pregi
del proprio fidanzato. Per tanto tempo lei aveva immaginato che,
appena
si fosse trovata un ragazzo, avrebbe potuto parlare di lui con enorme
fierezza in tante conversazioni
casuali buttate lì, giusto per darsi qualche aria innocente.
Si
sarebbe trovata un fidanzato bellissimo, ovviamente. Se lui non fosse
stato molto
intelligente - con una serie di risultati accademici brillanti alle
spalle -
sarebbe stato comunque indirizzato ad avere grande successo
nella vita. Come cantante o attore, magari.
Più
tradizionalmente, lui avrebbe potuto essere un futuro medico o
forse un giovane e già brillante imprenditore. Un uomo
destinato ad un lavoro da
semplice impiegato le era sembrato
così banale. Eppure, alla
fine...
«Si tratta del ragazzo che
abita al tempio con me» confessò. E si
vergognò al pensiero di essersi, anche solo per un momento,
vergognata di lui.
Fuyu, che un paio di volte era venuta in
visita al tempio, palesò prima incredulità,
quindi profonda
delusione. «Oh.»
Rei
detestò difendere l'immagine di
Yuichiro. «Il mio ragazzo
è...» Si rifiutò di
iniziare ad elencare le sue qualità. Non doveva dimostrare
niente a nessuno. «Lui è quello giusto per
me.»
Fuyu tentò di assumere
un'espressione più
allegra. «Certo.
Sono contenta per te, Rei-san. Non fraintendermi, non pensavo
male.»
Due tipe sfacciate della sezione C erano
ancora ferme a due metri da loro,
le orecchie tese.
Rei strinse i denti. «Non ne
avresti motivo. Lui oggi viene a
prendermi a
scuola. Accompagnami all'ingresso, te lo presento.» Non
si
vergognava di Yuichiro,
affatto. Che
lo vedesse pure tutta la scuola,
lei non voleva nasconderlo.
Quando prese per mano Fuyu,
trascinandola
fuori dall'edificio, fu costretta ad ammettere che stava prendendo
troppo a cuore la faccenda. Non significava forse che, in fondo,
temeva proprio di
vergognarsi? Prendeva di petto la situazione perché si
aspettava un brutto colpo.
Che meschina. Non era mai
cresciuta? Pensava davvero che il
giudizio superficiale
di alcune sconosciute avesse la minima importanza?
Loro non conoscevano Yuichiro.
«Ehm, Rei-san?»
Smise di strattonare Fuyu.
«Scusa.» Erano finite al
centro dello
spiazzo. «Ecco.» Accennò con la testa al
muro chiaro che
delimitava l'edificio scolastico. «Mi
starà aspettando oltre l'uscita.»
Fuyu lasciò dondolare
delicatamente la propria cartella.
«Non ti stavo
giudicando, sai? Anzi, per me è un grande onore sapere
che
vuoi presentarmi il tuo ragazzo.»
Davvero?
Fuyu si avvicinò con fare cospiratore.
«Penso che la cosa
più bella dell'avere
un fidanzato sia essere innamorate di lui. Secondo
me sei più felice tu, Rei-san, di tante altre ragazze che si
vantano di
chissà cosa.» Ridacchiò a bassa voce e
Rei
pensò
di averla ingiustamente sottovalutata.
«Guarda» le disse
Fuyu. «Credo che le due
che ci stavano ascoltando
lo abbiano già detto a qualcun altro. C'è gente
che sta andando a vedere.»
Rei conobbe un attimo di nervosismo e
riuscì a scioglierlo in
una risata. «Che lo vedano pure. Lui
è...» Cercò
le parole giuste per descriverlo e fallì nel trovarle: non
c'era un modo per parlare di Yuichiro rendendogli
giustizia.
Guardò Fuyu e
iniziò a provare un
genuino desiderio
di presentarglielo. Dovevano esserci altre persone che potessero
guardarlo ed essere contente per
lei: Yuichiro la rendeva felice e quindi era da
mostrare in
giro il più possibile, solo con fierezza.
D'altronde, lui
l'aveva scelta. Era accaduto anche il contrario, ma in
quei
due giorni lei si era scoperta a pensare di essere molto fortunata: era
stata
scelta da una persona di valore, che aveva avuto l'idea pazza di
aspettarla per quattro anni, sopportando tutti i comportamenti idioti a
cui lei l'aveva sottoposto.
Oltrepassò l'uscita e
vagò con lo
sguardo. Trovò Yuichiro accanto ad un albero, mentre
studiava le
studentesse che uscivano, alla ricerca di lei. Lui indossava quello che
considerava il suo abito buono, la giacca
di jeans
chiara in coordinato coi pantaloni dello stesso tessuto e colore.
Rei non seppe cosa
le accade, ma le sembrò di vederlo per la prima volta, come
se non lo avesse mai incontrato prima. Tutto
quello che ebbe negli occhi fu l'immagine di un ragazzo tranquillo con
un bel viso pacato, forse anche un poco serio. Lui era abbastanza
grande da non essere più un ragazzino e riempiva bene gli
abiti
semplici, senza pretese, che portava. Aveva anche belle
spalle, belle
braccia, belle gambe; a lei piacevano molto. Le piaceva molto lui, che
era modesto, affettuoso, a modo suo molto perspicace e facile a
donare sorrisi.
Yuichiro la vide e alzò il braccio, iniziando ad
attraversare la
strada.
«Non capisco di cosa ti
preoccupavi, Rei-san.» Fuyu
era divertita. «Secondo me hai trovato l'esemplare di
uomo perfetto: un bravo ragazzo carino e immensamente devoto.»
«Devoto?»
«Si capisce da come ti
guarda.»
Già. Come se lei fosse la
cosa più importante del
suo mondo.
Chissà perché era stata
tanto
stupida da provare anche solo un minimo di vergogna all'idea di
presentarlo ad estranei.
Assieme alla serenità,
ritrovò un sano
spirito
di competizione e non vide ragione di mettervi freno. «A
dire la
verità... c'è una cosa di
Yuichiro che non risulta evidente. Una cosetta da niente.»
Incuriosita, Fuyu rimase in ascolto.
«Ti prego di fare sano
pettegolezzo in giro su questa
questione. Fa'
attenzione a come fa di cognome ora che te lo
presento; non è affatto una concidenza.»
«Rei» disse lui,
arrivando a pochi passi da loro.
Non aveva smesso per
un solo attimo di sorridere.
«Yuichiro.» Gli prese la
mano. «Sono pronta
ad andare. Prima
però
volevo presentarti questa mia compagna di classe. Qualche volta
è venuta al tempio, forse te la ricordi. Si chiama Fuyu
Kitahara.»
Lui le offrì un inchino del
capo. «Piacere, io
sono
Yuichiro
Kumada.» Le mostrò un sorriso di scuse.
«Non ricordo di
averti
già vista, al tempio passa tanta gente. Perdonami.»
Fuyu annuì pensierosa e Rei
identificò l'esatto
momento in
cui l'indizio che aveva lanciato diede i suoi
frutti. Davanti alla bocca leggermente spalancata della sua compagna di
classe, si
sentì
percorrere da un infantilissimo senso di gigantesca
soddisfazione.
«Parlane,
okay? È
vero al cento per cento.»
Fuyu non sembrò dispiacersi
del ruolo che le era stato
assegnato. «Rei-san.» Scosse piano la testa.
«Niente da fare... Vinci sempre tu.»
Esatto, la più fortunata era
lei, in tutti i possibili sensi
esistenti.
Yuichiro non capì nulla, ma
come suo solito si astenne dal
domandare.
Rei lo prese a braccetto.
«Adesso andiamo.
Ciao, Fuyu.»
«A domani Rei-san.»
Condivisero una risata segreta.
«Tu non usi il san
per lei» osservò Yuichiro, «ma lei lo
usa per te.»
Riflettendo sull'osservazione Rei gli
passò la cartella,
disfacendosi del peso. Si sgranchì le spalle provate da una
giornata sui banchi. «Conosco Fuyu e altre
ragazze da
quando
avevamo undici anni. Ad un certo punto con alcune ho smesso di usare
l'onirifico. Non si sono lamentate, così...»
«Secondo me loro continuano a usare
il san con
te
perché tu ispiri rispetto.»
Lei concordò, poi colse un riferimento nascosto e
lo
trovò fastidioso.
«Adesso
non
venirmi a dire che anche tu mi rispetti ancora come quando usavi il san.» Non
ci teneva
a sapere che lui non aveva ancora smesso di
sentirsi, in qualche maniera, inferiore a lei. «Va bene che
sono
stata
io a costringerti a usare solo il mio nome, ma-»
«Quello era il
passato.» Yuichiro
cercò di proposito una
sua
mano, stringendola forte. «Da due giorni sono un uomo nuovo!
Sto uscendo
con te per la prima volta, cosa può rendermi più
sicuro
di me?» Le mostrò un sorriso gigante che lei non
riuscì
ad imitare.
Lui le aveva detto era una cosa molto
carina, pensata per
renderla felice, ma... «Non solo da due giorni,
vero?»
Yuichiro comprese la ragione della domanda
retorica.
«No.»
Bene. Anche solo pensarlo sarebbe stato
il primo passo verso
un'involuzione a cui lei non teneva ad assistere.
«Qualche anno fa»
continuò lui,
«ti rispettavo
così
tanto per come sapevi importi. Per me avevi una sicurezza incredibile
per la tua
età, una valanga di grazia e calma che sapevi sfoderare nei
momenti giusti, capacità organizzative
invidiabili-»
«Grazie.» Le lodi
meritate le
facevano sempre piacere.
«Già. Poi
è passato del tempo... e ho
cominciato
a notare
che perdevi spesso la pazienza.
Non ti rassegnavi all'idea di non saper fare qualcosa. Di tanto in
tanto
pretendevi favori che non era tuo diritto chiedere. Ah, e la tua
testardaggine non era sempre una cosa piacevole da vedere. A volte,
quando sentivi di aver subito un torto, eri deliberatamente crudele. In
maniera sottile, niente di che, però... Ecco, sei ancora
tutte
queste cose.»
Rei era attonita. «Che
diavolo stai
facendo?»
«Ti dimostro che non sono
più quello di qualche
anno anno
fa?» azzardò lui.
«Bravo, ci sei
riuscito!»
Provò ad allontanarsi, ma lui le bloccò
il polso.
«No!» rise.
«Non hai capito. A
me tutto questo non dà
fastidio.»
«Oh, quanto sei generoso.»
«Col passare del tempo ti ho
visto più umana, Rei.
Ti ho
idealizzato di meno e per me sei diventata più... normale.
Anche se
non abbastanza avvicinabile da dirti quello che provavo per
te.»
«Fortuna che l'altro giorno non hai aggiunto alla
tua dichiarazione
questo mio elenco di qualità.»
«Ma sono
qualità.»
La strinse a sé col
braccio libero e Rei bloccò un bacio con la mano.
«Cos'è tutta questa
confidenza?» Si scostò col viso provando a
mantenersi seria e fallendo miseramente.
«I tuoi sono difetti
perfetti.» Yuichiro affondò col naso nella sua
guancia -
il secondo gesto preferito di Rei. Erano passati solo due giorni e
mezzo, perciò la
classifica
era
ancora in formazione e in continua evoluzione, ma c'erano
già dimostrazioni d'affetto che nella sua testa si erano
guadagnate un posto d'onore nella
hit parade.
«Difetti perfetti»
ripeté lui,
«ma è l'ultima
volta che
ne parlo, lo prometto. Non ne ho il diritto, io ne ho
così
tanti che non si possono contare.»
«È vero.» Lei
sperimentò il gesto d'affetto numero uno, il
migliore. «Sei insicuro.» Unì la bocca
alla sua in uno
schiocco
leggero, sfiorandola appena. «Indeciso. Un po'
zerbino.» Evitò
che Yuichiro si staccasse da lei cercando un bacio
più
dolce.
Servì a fargli capire lo
scherzo.
«Allora?» Gli disse, riprendendosi la
cartella.
«Dove andiamo per
il nostro primo appuntamento?»
Durante il giorno, con l'avvicinarsi del
fatidico momento, Yuichiro
aveva cominciato a sentirsi nervoso.
Il primo appuntamento.
Era un'esperienza da godersi appieno, ma anche una bella prova.
Gli era venuto in mente solo quella
mattina - e mai prima di quel
momento - che lui e Rei non avevano interessi in comune.
Era stato
un fulmine a ciel sereno che aveva squarciato in due il suo paradiso
di felicità.
Forse esagerava, si era detto. Entrambi
potevano divertirsi a fare cose
normali, come passeggiare per la città o andare al cinema.
La passioni più forti di Rei
erano la musica, i fumetti e lo
shopping. Le piaceva girare per negozi, in quanto includeva la
possibilità di rifornirsi di materiale per le prime
due cose.
La passione più forte di lui
era... l'escursionismo?
Più
o meno, non a livelli estremi. Gli piaceva muoversi per luoghi in
cui
la presenza dell'uomo era minima. Era un passatempo che Rei
avrebbe
detestato.
Al pensiero si era quasi fatto prendere
dal panico.
Nonono! A lui
piaceva anche leggere! Gradiva una buona storia come qualunque persona,
sia su carta che su pellicola e persino sotto forma di canzone. Poteva
condividere qualcosa di quello che piaceva a Rei! La musica
di lei, per esempio, gli era sempre parsa fantastica.
Poi...
Abbattuto, si era arreso.
Aveva deciso che avrebbero fatto
shopping. Sarebbe equivalso ad andare
sul
sicuro e per quel primo periodo lui voleva solo cercare di essere il
fidanzato che lei aveva sempre sperato di avere. Non voleva
che le
venisse in mente nemmeno un piccolo motivo di rimpianto.
Pensò di nuovo al contenuto
del
suo portafogli, proprio come quella mattina.
Per uscire con Rei doveva
avere denaro. A
lei non sarebbe piaciuto fare economia sui luoghi in cui mangiare, sui
posti
da visitare o su qualunque altra cosa per cui si dovesse spendere.
Ovviamente Rei era capace di regolarsi sulle proprie spese, ma
lui era sicuro che l'idea di trovarsi un fidanzato le fosse
stata
gradita anche per la possibilità di non avere più
il pensiero del
denaro.
Qualche volta gli era capitato, in
passato, di accompagnarla a fare
spese. Al supermercato soprattutto - piuttosto frequentemente - ma
diversi anni addietro si era unito a lei anche in qualche giro per
negozi, come portapacchi umano. L'aveva osservata mentre lei studiava i
capi che le interessavano e lasciava a malincuore quelli che le
piacevano di più, perché troppo cari. Persino
quando
riempiva il carrello della spesa a volte lei si attardava a guardare
qualche pezzo di carne prelibato e costoso, valutandone il prezzo.
Capire di non poter spendere in quel modo i soldi del maestro le
causava un piccolo sospiro.
"Il ragazzo che mi troverò io
sarà più
ricco di Mamoru!"
Rei aveva scherzato così con
Usagi, un giorno di diversi
mesi fa. Yuichiro si era ritrovato ad ascoltarla quasi per caso.
Ricco.
Lui... non lo era. Esserlo lo aveva
infastidito. Sapeva che una
disponibilità illimitata di denaro non dava la
felicità:
ad avere alcune cose se ne volevano altre e poi altre ancora e poi ci
si ritrovava con talmente tanta roba che si finiva col chiedersi
perché la si fosse voluta possedere in un primo momento.
Da quando conosceva la
necessità di risparmiare aveva anche
compreso il bisogno di possedere più soldi, ma era
riuscito a
soddisfare tutte le sue necessità e i suoi desideri con lo
stipendio modesto - e onesto - che gli passava il maestro.
I desideri di Rei però...
Forse avrebbe dovuto cominciare a
cercare un altro lavoro? Tra qualche
tempo, quando i suoi risparmi si fossero diradati. Avrebbe potuto
chiedere al maestro qualche ora libera solo per qualche giorno alla
settimana, per un impiego part-time di qualunque tipo. Con un
lavoro che non aveva mai fatto poteva vivere
nuove esperienze.
«A che stai
pensando?»
Tornò alla realtà.
«A niente. Avevo
la testa
per aria.»
Rei scelse di non indagare.
«Hai visto qualche posto
dove vuoi
fermarti? Se passeggiamo senza meta, dovresti almeno contribuire con
qualche idea.»
In realtà stava aspettando
che lei gli indicasse qualche negozio
in
cui voleva entrare. Oramai erano vicini alla zona più
commerciale di
Juuban.
Rei lanciò un'occhiata di
lato. «Vuoi un
gelato? Fa
ancora un po' freschino, ma lì hanno già aperto
la
stagione...» Indicò dietro le sue spalle con un
cenno del mento.
Lui non si disturbò neanche a
guardare.
«Vuoi una di quelle coppe
grandi,
un... parfait, si chiama così?»
Rei inclinò la testa,
curiosa. «No. Vanno bene due coppette
da
asporto,
così continuiamo a camminare.» Cominciò
ad
avviarsi. «Per
te cioccolato e panna, come a casa? Aspetta, vediamo prima che gusti ci
sono.»
Entrarono nella gelateria. Davanti alla
vetrina con le diverse scelte,
la più veloce a decidere fu Rei. Quasi subito chiese una
coppetta con gusto anguria e yogurt. Lui invece si attardò a
scegliere. Dopo mesi che non assaggiava del gelato, la prima leccata al
cono lo
lasciò talmente estasiato che era già fuori dal
negozio
assieme a Rei quando si accorse di aver saltato un passaggio.
Girò la testa e notò che la ragazza al bancone
non stava
inseguendo nessuno per il pagamento dei gelati.
Evitò di sentirsi troppo
idiota e pensò a
rimediare. «Quant'era?»
«Duecentocinquanta
yen.»
«Per due gelati?»
Era un prezzo stracciato.
«No, per uno» ridacchiò Rei.
«Me li dai
più tardi o paghi
per quelli che mangeremo la prossima volta.»
... cosa?
No.
Portò la mano sul retro dei
pantaloni e si fermò
in
tempo. Sarebbe stato ridicolo offrirle in mano del denaro. C'era
un'altra soluzione. «Vuoi andare in qualche negozio
di vestiti, o di dischi?»
Rei indugiò con la palettina
trasparente del gelato, rosa
fosforescente, in bocca. La sfilò dalle labbra.
«Vuoi
comprare
qualcosa?»
«No, dicevo per
te.»
«Io non ho niente da comprare
oggi.»
Sì, ma non aveva capito
quello che lui stava cercando di
fare.
Rei scrollò le spalle.
«Se dopo non sappiamo dove
andare,
possiamo fare un salto al reparto musica di Yurindo.
Magari è arrivato qualcosa di nuovo.»
Ecco. E se era arrivato, lui glielo
avrebbe regalato.
Lei affondò la paletta nel proprio gelato e
gliela
portò alle labbra. «Sentì
quant'è
buono questo
gusto allo yogurt. Ti piace?»
Latte e derivati non erano tra i cibi
suoi preferiti, ma
trovò il gusto particolare, niente male. Annuì.
«Poi mi fai provare il tuo
cioccolato. Come mai lo scegli
sempre?»
Lui non fu originale nella risposta.
«Mi piace.» E
gli piaceva quel
momento: come una vera coppia, assaggiavano l'uno il cibo
dell'altra.
Rei riprese a camminare. «Sai
che penso di sapere
perché lo gradisci tanto?»
Lui la raggiunse.
«È un po' come
te» sorrise lei. «Un
bel gusto intenso e dolce, di
cui si impara a non poter fare a meno.»
Oh, lui era felice. Felice, felice,
felice. Col
cono la sporcò di cioccolato sulla
bocca. Anche sul naso, con divertito disappunto di lei, ma poi pulire e
assaggiarsi a vicenda
fu un'operazione magnifica per entrambi.
I posti con troppa gente quel giorno non
le piacevano.
Forse avrebbero dovuto dirigersi fuori
da Juuban, verso
spazi più tranquilli, ma non si erano attrezzati per una
lunga
gita. La sua cartella, che di tanto in tanto si passavano di
mano, era d'impiccio. Yuichiro continuava a prendergliela, ma lei
insisteva puntualmente per riaverla.
Sarebbero dovuti rientrare a casa per
sbarazzersene, ma lì
c'era
suo nonno.
Rei non aveva ancora voglia di rivederlo. La
prossima volta
che se lo fosse trovato davanti, sarebbe stato il momento delle
spiegazioni. Quella mattina, cogliendoli in flagrante
durante il bacio di saluto, lui non aveva accennato a grandi
discorsi. Anzi, lei lo aveva inseguito in giro per il corridoio e lui
era letteralmente sparito nel nulla, probabilmente a giocare sul tetto,
come ogni tanto faceva.
Lei non si illudeva: quella sera stessa si
sarebbe
ritrovata a tavola con lui e Yuichiro a discutere di cosa poteva
o non poteva succedere in quella loro relazione.
Non erano paletti di cui lei avesse
ancora bisogno. Per quel giorno,
fino a
che era possibile, voleva pensare solamente a uscire e a divertirsi con
Yu.
Yu?
Bel nomignolo, sorrise tra sé.
Si stava divertendo con lui. Assieme a
Yu era bello anche non
fare niente, camminare in
giro oppure riposarsi su una panchina, come stavano facendo in quel
momento.
L'unica cosa che le dava fastidio era
indossare ancora la divisa
scolastica. Per il loro primo appuntamento avrebbe voluto
sentirsi più carina, più... curata. Aveva
considerato di chiedergli di entrare in un negozio, per
comprare
qualcosa da mettersi subito, ma lei impiegava ore a
scegliere i vestiti e nell'attesa lui sarebbe morto di noia.
Forse durante il sabato o la domenica
sarebbero potuti andare fuori
città. L'idea di una scampagnata non la attirava molto,
ma si sarebbe portata dietro
il lettore musicale e magari un nuovo libro, da sfogliare quando
si
fossero fermati a riposare. Stare all'aperto
non le avrebbe fatto male e Yuichiro si sarebbe divertito. Per fortuna
lui non sembrava annoiarsi neppure così, a non
far nulla di particolare assieme a lei.
«Tutto bene?»
«Certo» gli sorrise,
continuando a giocare senza
senso con una sua
mano. Qualche minuto prima l'aveva presa e non l'aveva più
lasciata andare.
La teneva giusto perché era piacevole scoprire meglio la
mano che aveva avuto davanti per anni senza mai aver davvero
osservato. Per
esempio non
aveva notato le linee del suo palmo - ben segnate, lunghe - o i
punti in cui la pelle si
era fatta più ruvida per il troppo stringere lavoro.
Si divertiva a muovergli e
tirargli un po' le dita. Lo teneva
intrappolato e c'era del piacere in quel concetto.
«Stavo pensando...»
Lo guardò.
«Mi accompagneresti a prendere
qualcosa di nuovo da per me?
Non ho molti vestiti.»
Accompagnarlo a fare acquisti?
«Come mai? Di solito non pensi
al guardaroba» Con l'eccezione di nuove tute o scarpe per
correre. Le usava
tanto intensamente da usurarle in fretta.
Lui tentò una scrollata
di spalle che non gli
riuscì a dovere. «Tu sei sempre vestita
bene.»
Cercando il bandolo della matassa, lei
aggrottò la fronte.
«Vorresti adeguarti a me?»
«Per non farti
sfigurare.»
Le uscì uno sbuffo. «Non mi
dispiace se ti compri qualcosa
di nuovo,
ma
fallo solo se lo ritieni necessario. E scegli tu. I miei
gusti non ti piacerebbero.»
Lui studiò le sue parole.
«Ma i tuoi sono i gusti
di cui mi
importa ora.»
«È una cosa carina da dire,
ma anche stupida. Non devi
annullarti per me, non provarci nemmeno.»
Nella confusione di Yuichiro si fece viva
un'ombra di frustrazione.
«Non si
tratta di annullarmi, solo di coinvolgerti.»
Non era una buona idea comunque.
«Ti farei spendere un
capitale che non
puoi permetterti. E ti pentiresti del risultato finale.» In
termini di vestiario maschile lei virava su uno stile elegante. Non era
il tipo di capo che avrebbe visto bene
addosso a
lui, inoltre... Lo osservò bene in faccia e non
capì.
«Cosa
c'è?»
«Non dovresti pensare al
denaro.» Lui scosse la
testa ancor prima di
finire di parlare. «Voglio dire... non dovresti
preoccuparti di
quello che spendo.»
«Non me ne
preoccupo.» A meno che non si trattasse
di cifre
astronomiche buttate via per cose che lui non avrebbe usato, come i
vestiti a cui pensava lei e di cui stavano parlando. E naturalmente
non si preoccupava dei suoi soldi a meno che non si trattasse di lei.
Non voleva pesare sulle sue finanze solo perché ora stavano
insieme;
non
era necessario. Poteva scherzare e vantarsi della ricchissima
famiglia da cui
proveniva lui, ma lo conosceva per quello che era: un gran lavoratore
che si era sudato ogni centesimo dei propri risparmi.
Dubbioso, Yuichiro cercò di
leggere nei suoi pensieri.
«Sai
che posso offrirti cose come gelati o cibo, vero?»
Certo. «Posso farlo anche io.
A volte divideremo e a volte ci
faremo
qualche regalo a vicenda. Cosa c'entrano i soldi con questo?»
Il sospiro pesante di lui le accese una
fiammella di fastidio. «Be'?»
«Non voglio che pensi a me
come a un fidanzato di seconda
categoria.»
«Come diavolo ti è
venuto in mente?» Che
cosa aveva fatto
lei di sbagliato in quella sua testa bacata per fargli pensare che-
«Posso fare cose semplici come
pagare per
quello che mangiamo o... O regalarti qualcosa che ti piace.»
Adesso le doveva delle spiegazioni.
«Quando avrei detto che
non sei
capace di farlo?»
«Quando hai detto che potevi
farlo tu.»
Le parole le morirono in bocca. Di tutti
- di tutti! - i difetti che
avrebbe pensato di poter legare a Yuichiro, un tale becero
maschilismo
era stata l'ultima cosa che le sarebbe venuta in mente. L'ultima!
Con le braccia Yuichiro
disegnò una croce obliqua in aria. «No. No no no,
non volevo dire che non hai il diritto di offrirmi
qualcosa, ma che... non voglio che mi consideri inferiore
al ragazzo che cercavi.»
«Quale
ragazzo?»
Maledizione, voleva tornare a parlare di Yamato proprio ora?
«Non volevi qualcuno che ti
regalasse cose che non potevi
permetterti?»
Le stava dando della venale? «No.»
«Qualcuno che potesse evitarti
il pensiero di risparmiare per
quello
che desideravi?»
«No!» Era stato un
desiderio finto, stupido e
completamente innocente!
L'espressione risoluta di lui la
portò a un'illuminazione.
«Lo hai sentito dire a una delle ragazze?»
«No. L'ho sentito da te, per caso. Ma non
conta: so che a volte ti
dà
fastidio doverti limitare nel comprare quello che ti piace e
quindi-»
Doveva interromperlo. «Stammi
a sentire. Mi dava fastidio perché
un tempo
accettavo i soldi di mio padre. Il nonno non approvava, ma lui me li
dava e io compravo tutto quello che mi pareva, senza pensieri. Poi mio
padre ha cominciato a intromettersi nelle mie scelte e io ho iniziato a
tagliarlo fuori dalla mia vita. I soldi non hanno mai smesso di
arrivare, ma mi sono rifiutata di continuare ad usarli, per
principio. Se proprio volessi sfruttare
qualcuno, sfrutterei lui.»
Yuichiro rimase in silenzio per un
attimo. «Io non sto
parlando di
sfruttamento.»
Lei rilasciò un sospiro.
«Di cosa, allora? Di
essere capace
di
farmi regali non facendomi spendere? Potrebbe essere piacevole qualche
volta, ma non è necessario per farmi
felice.»
Siccome lui non ebbe un commento pronto,
trovò lei
l'argomentazione
giusto per continuare. «Non mi serve andare in ristoranti o a
fare
spese per divertirmi uscendo insieme a te. Perciò
dove
saresti una seconda categoria?»
«Okay.» Lui finalmente comprese.
«Mi
sono spiegato male e non
avevo capito. Scusa. Però... non ho nessun problema a pagare
per quello che consumiamo quando usciamo. O per qualcosa che potrebbe
piacerti
un giorno, se vorrai. Insisto perché io non spendo in niente,
Rei. Tu sì invece. Se posso farti risparmiare per altre
cose.... sarà una
distribuzione equa. Di quello che serve a tutti e due rispetto a quello
che abbiamo.»
Che abbiamo?
In quel discorso a convincerla fu solo l'ultimo ragionamento, il
pensare alle finanze di entrambi come ad una cosa sola.
Si ritrovò economicamente
intenerita. «Fa' come
vuoi, allora. Se
senti di non avere nulla in cui spendere... Ma se un giorno avrai
bisogno, vieni da me. Non sei l'unico a cui piace fare
regali.»
Lui fu soddisfatto.
Lei pure. «Tanto
potrò dire per sempre che sono
stata io la
prima a pagare per tutti e due.»
Gli regalò una risata e,
quando lui si sporse repentinamente
in avanti, Rei seppe cosa stava per succedere: un paio d'ore di uscita
le avevano già insegnato una cosa.
«Aspetta.» Si
tirò indietro, staccando
la bocca dalla sua. «Meglio di no.»
L'espressione di Yuichiro si perse in
modo talmente sincero da farle
desiderare di mandare a quel paese il mondo intero.
«Cerchiamo un posto
più appartato.»
«Hm?»
Non che baciandosi dessero
spettacolo, ma a
lei dava fastidio sentirsi osservata mentre era impegnata a godersi la
carezza umida delle sue labbra, a ricambiarla, a farsi uscire
qualche piccolo suono innocente, sentendosi abbracciare, rabbrividendo
un poco e... Per riprendersi, sgranò gli occhi. E lo fece di
nuovo, perché in lontananza
individuò la soluzione. «Ho
trovato, andiamo!» Si
tirò su e lo trascinò via per un braccio.
«Dove?»
«Al luna park!»
Rei sembrava non avere più
remore a spendere i suoi soldi.
Di fronte alla ruota panoramica a cui
si erano diretti appena entrati
al luna park, gli aveva detto chiaramente di prepararsi a pagare per
almeno quattro o cinque giri.
Guardando le cabine rosa che dondolavano
alte in
aria, Yuichiro continuò a essere stupito. Non avrebbe mai
immaginato che le piacessero le giostre o i parchi giochi. Scopriva
sempre cose nuove su di lei.
«Ecco, questa è
libera.» Il gestore
della ruota premette un pulsante e aprì la porta
della
cabina che si era fermata, invitandoli ad entrare.
Rei non si fece pregare e Yuichiro la
seguì.
La cabina si chiuse e lei si sedette sul
sedile di fronte al suo.
«Sai
che prima mi è venuto in mente un nuovo modo di chiamarti?
Yu.»
Yu? Come Yucchan, il nome che usava per
lui la sua
famiglia. In bocca a Rei era come un assaggio di marmellata.
«Sono contenta, ti piace.»
Sì, sapeva di confidenza e
affetto.
La ruota cominciò a muoversi.
«È stata una buona
idea» commentò lui. Non
faceva un giro su una giostra come quella sin da quando era bambino.
«Non immaginavo che ti piacesse una cosa
simile.»
«Non fraintendere. Non
è male, ma non ti
ho chiesto di
venire qui per guardare la città a trenta metri
d'altezza.» Sorrise con una strana piega della
labbra, bella e dal significato
ignoto. Passò dal sedile opposto al suo, sistemandosi al suo
fianco. «Volevo che ci trovassimo qui per stare un po'
da soli.»
... ah. Ah,
capì lui.
«Forse potevamo usare il
cinema, ma non è un luogo
abbastanza intimo per i miei gusti. E poi a me piace vedere un film
se pago per entrare. Invece...» Vagò con lo
sguardo lungo il
piccolo spazio di due metri per due, coi sedili comodi e i colori
tenui. «Qui è più romantico.
È una
cosa sciocca
da vere coppie, non trovi?»
«Sì.» Lui
si abbassò per baciarla
come inteso, ma lei
si ritrasse.
«Se stamattina avessi tenuto
le orecchie più
aperte» lo biasimò divertita,
«adesso avremo i nostri spazi anche a casa, di nascosto
dal nonno.»
Già,
sospirò Yuichiro. Col passare delle ore, quella mattina, era
arrivato
alla stessa conclusione. Ma il maestro era stato
più furbo di entrambi. Forse aveva saputo di loro sin
dall'inizio.
«Guarda che stavo scherzando,
non è colpa
tua.»
«Ma dispiace anche a me che lo
abbia saputo così
presto.»
«Ah, ora sì? Non
eri tu quello che insisteva per
essere
sinceri, per dirgli tutto subito-»
«Ha diritto di sapere e
di parlarne con noi, solo
che...
anche noi avremmo avuto diritto a non sentirci controllati
nei primi tempi. Se non abitassimo insieme...» Sarebbero
stati
più liberi.
«Non posso
immaginarlo.» Le braccia di Rei si
adagiarono sulle sue
spalle. «Sai come risolviamo stasera? Con un bel discorso
serio. Tu
dovrai essere moolto coraggioso col nonno. Per me.»
Per lei poteva essere tutto quanto. Le
tenne la nuca con tutte e due le mani, evitando che scappasse di
nuovo.
Presa.
Con la bocca sulla sua si
sentì ancora una volta, di nuovo,
sul punto di scoppiare di sollievo. Ebbe voglia di ridere e di
ringraziare qualcuno - chiunque, Rei per prima. Lei lo stava
abbracciando, stringendo. Aveva la necessità fisica di
stargli vicino e ogni volta che non lo mandava via gli diceva in cento
modi diversi, uno migliore dell'altro, quel 'ti amo' che lui continuava
a
ripetersi e ripetersi in testa, parole che avevano trasformato la sua
vita. Conosceva la voce di lei che le pronunciava da due giorni e
voleva
sentirle ancora quella dichiarazione tra un mese, tra un anno. Tra
tanti anni, per favore.
«Ehi, calma» rise
piano Rei, tirando indietro il
mento, mordicchiandosi le labbra amorevolmente torturate.
«Non scappo.»
Non era ancora diventato uno scherzo che
lo faceva ridere.
Il viola degli occhi di lei si tinse di
rosso sui contorni, un riflesso, il colore
del sole che iniziava a calare. «Non scappo
più.» Lei indugiò col respiro sulle sue
labbra, le palpebre basse. «Qui sto molto bene.»
In quella cabina, su quella ruota
panoramica, lui voleva restare per
sempre. Non c'era nessun se
in quel luogo.
Le dita di lei, ferme sulla sua guancia, gli diedero un
lieve pizzicotto. «Torna qui anche tu, Yu. Con me, hm? Non
andare da nessun'altra parte.»
Non nel passato, non nel futuro.
Sì.
Ricevette un bacio. Ricevette Rei.
Sì.
«Ragazzi, stasera non mi
sono goduto la
cena.» Posando le bacchette sul tavolo, suo nonno si
pulì la
bocca con un fazzoletto di tela. «Qual è la
ragione di questa tensione?»
Rei fu sul punto di saltare in piedi e
mettersi a urlare. Faceva
a loro quella domanda?
«Maestro...»
azzardò Yuichiro.
Rei lo bloccò con una mano.
«No. A questo punto mi
aspetto
che sia lui a parlare. Noi non abbiamo niente da
spiegare!»
«Infatti.»
«Che vuol dire infatti?»
Si bloccò.
«C'è qualcosa da
spiegare?» Suo nonno si
alzò da
tavola. «È successo qualcosa di nuovo
oggi?»
Rei si sentì cadere dentro
uno scivolo di cui non
conosceva la fine. Se per suo nonno quel giorno non era accaduto nulla
di nuovo, allora significava che sapeva di lei e Yuichiro sin dal
giorno
prima. Li stava prendendo in giro?
Lui sfoderò un sorriso furbo.
«Quando
avrò
qualcosa da dirvi, vi parlerò io.» Si diresse
tranquillo
verso la porta.
Bloccando in gola a Yuichiro
il sospiro di sollievo, Rei sbatté
una mano sul tavolo. «Che vuol dire?!
Torna qui!»
Contrariato, suo nonno si
voltò. «Nipote.»
«Nonno! Non ci sto a essere
lasciata sulle spine solo
perché tu ora non vuoi dire neanche mezza parola! Sai che io
e Yuichiro
ci siamo messi insieme, ci hai visti stamattina!» Era ora di
finirla
con quei silenzi enigmatici!
«Stamattina non ho visto
niente di strano. Perché
mi stai
aggredendo?»
... cosa?
Yuichiro la imitò nel tirarsi
su. «Rei, credo
che... tuo
nonno stia solo cercando di dire che non ha niente da rimproverarci
o... da chiederci.» Cercò una conferma nello
sguardo
di lui.
Il nonno si limitò ad una
scrollatina di spalle.
«Quindi non ha niente in
contrario» si
azzardò a terminare
Yuichiro.
Lo sguardo di suo nonno rimase neutro e
Rei non ci vide più.
«Parole, nonno! Non ti hanno mangiato la lingua! Sei
contrario o no?»
Lui si indispettì e
incrociò le braccia.
«No.
Yuichiro lo sa già.»
Rei fulminò il suo nuovo
ragazzo con lo sguardo. «Cosa?»
sibilò.
Lui tremò sul posto.
«No no, si riferisce a una
conversazione
di qualche giorno fa che-» Deglutì.
«Sapevo che non
disapprovava. Pensavo fosse chiaro, altrimenti stamattina-»
Rei gli fece segno di zittirsi.
«Nonno.» Quando
tornò a
guardarlo non lo trovò più da nessuna parte.
Oltrepassò il tavolo con un balzo e si sporse con la testa
sul
corridoio. «Allora non farai storie?»
urlò.
Lui continuò ad avanzare.
«Le stai facendo solo
tu, nipote.»
Prima che potesse rispondergli di nuovo,
Rei ebbe una mano a tapparle la
bocca. Morse piano una delle dita di Yu e si ritrovò
girata, a guardarlo che sorrideva.
«Rei.» Lui sorrideva divertito.
«Approva. Perché lo provochi?»
«Non è vero che non
ha niente da dire!»
Anche lei
cercò di non alzare troppo la voce. «Vuole tenerci
sui
carboni ardenti!»
«Secondo me è
contento.»
«Che cosa ti aveva detto
l'altro giorno? A proposito,
quando?»
«Quando me ne stavo andando.
Mi ha detto che se tu avessi
voluto
scegliermi, lui sarebbe stato felice di accogliermi in questa famiglia
di cui facevo già parte.»
Lei si commosse talmente tanto che per
poco non le passò
l'arrabbiatura. «E non hai pensato di dirmelo?»
«Non mi è venuto in
mente» fece sereno lui. «E comunque
non sapevo se gradiva l'idea di noi due che avevamo una relazione
giorno
dopo giorno, in questa casa... Una cosa è immaginarlo,
un'altra è vederlo.»
Da dentro il salotto, Rei
lanciò un'occhiata verso il
corridoio vuoto. Suo
malgrado, non riuscì a rimanere risentita.
«Non importa.
Visto che lui non ha niente da dire, noi faremo come ci pare.»
Per sfidare suo nonno e togliere la confusione dal
volto di Yuichiro,
prese la faccia di lui tra le mani e attaccò la bocca alla
sua.
Il nonno non aveva niente da dire? Bene,
allora lei si sarebbe
presa
tutti i tipi di baci che voleva, quando le pareva, in qualunque stanza
della casa
si trovasse, a qualunque ora del giorno e della notte-
«Ci sono i piatti da
lavare!» fu il grido che
giunse dall'altra parte
della casa.
Lei quasi schizzò in aria.
Yuichiro si irrigidì, poi
scoppiò a ridere.
Diavolo, si era sentita gli occhi del
nonno addosso!
Yuichiro la prese per le spalle e
avvicinò la bocca al suo
orecchio. «Quando non è in casa. Passa al tempio
metà della sua giornata.»
Lei si riempì di una vena di
allegria. «Anche
tu.»
«Ma io tornerò
indietro per te.»
«Non lavorerai
più?»
«Certo, ma mi
concederò qualche...
distrazione.»
Lei lasciò scorrere la mano
sul suo braccio.
Le piaceva
toccarlo. Le piaceva guardarlo e amarlo, il suo bravo ragazzo devoto
che da lei si meritava una devozione immensa.
«Bravo Yu.»
FINE
NdA
- Bene,
avevo in mente questo episodio davvero da tanto tempo. Solo
come frammenti di scene, ma mi causavano tanta tenerezza. Volevo
parlarne perché queste scene non raccontate mi schizzavano
in testa di tanto in tanto. Come per Ami e Alexander in Acqua Viva, ha
cominciato a mancarmi sempre di più non poter raccontare la
relazione di Rei e Yuichiro nei suoi momenti iniziali, nella sua
evoluzione.
Questa raccolta è qui per questo :)
Spero che vi piaccia sinora e di raccontarvi cose
interessanti su
questi due, che adoro in un modo dedicato tutto a loro. Motivo per cui
adoro chiunque me ne parli ;)
Ecco l'ordine delle vicende di Rei e Yuichiro, per
come le ho
raccontate finora.
1. Ovviamente...
impossibile?
2.
Red
Lemon -- Rei/Yuichiro II
3.
L'indole
del fuoco
4. Interludio
- episodio 2 (Dirlo o no?)
5. E fummo noi - questo episodio ("All'inizio,
insieme")
6. E
fummo noi - Episodio: inattesa gelosia
Poi vengono, per ora, l'episodio
4 di Interludio e le vicende di Verso
l'alba.
Scusate
la confusione, il fatto che è sto riempiendo buchi col
passare degli
anni. 'L'indole del fuoco' andrà a diventare l'ultimo
capitolo di
'Ovviamente... impossibile?' (che in questo modo, dopo quattro anni di
sofferenze di Yuichiro e incertezze di Rei, si concluderà
degnamente
coi due che finiscono insieme). Rei/Yuichiro II in Red Lemon
rimarrà
separata perché è un episodio a rating assai
rossino (:D) e non indispensabile per cogliere la storia del rapporto
tra i
due. L'episodio 4 di Interludio rimarrà anch'esso nella
raccolta
originaria, visto che coinvolge anche la coppia Ami e Alexander.
E'
possibile invece che scelga di includere nell'attuale raccolta
l'episodio 2 di
Interludio ("Dirlo o no?"), essendo esso
riferito principalmente
a Rei e Yu (anche se con la presenza delle altre ragazze). Dovrei
arricchirlo e scriverlo meglio, perché, come 'L'indole del
fuoco', al
momento quel testo ha uno stile proprio povero. Sigh.
Beh, tutto questo per
dirvi che la numerazione degli episodi di questa raccolta potrebbe
cambiare, così come l'ordine dei capitoli.
Alla prossima!
ellephedre
|
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Capitolo 2 *** Episodio 2 - Inattesa gelosia ***
Interludio
E fummo noi
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon
non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di
Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Episodio
2 - Inattesa gelosia
Col passare delle
settimane Rei aveva imparato ad
apprezzare i molti vantaggi di un fidanzato poco appariscente.
Usagi passava il suo tempo a
rodersi il
fegato per le ragazze che si gettavano
tra le braccia di Mamoru? Lei no.
Ami doveva far finta di non
sentire gli
apprezzamenti sotto voce
lanciati in direzione di Alexander quando i due uscivano insieme? Lei
no.
Lei aveva Yuichiro, che quando
andava in
giro guardava per terra, per
aria o nel nulla, perso nei propri pensieri.
Yuichiro, che appena
poteva
indossava la tunica del tempio e sembrava uscito da un mondo
vecchio quarant'anni.
Yuichiro, che del cattivo ragazzo misterioso che
piaceva tanto alle (altre) donne non aveva nulla.
Quando stava in
silenzio lui aveva un'espressione perennemente serena e, quando
qualcuno gli
parlava, pareva pronto a gettarsi ai suoi piedi per essergli di
aiuto
e servizio.
Il resto del mondo di lui non
sapeva
nulla ed era perfetto: Yuichiro
Kumada era solamente suo e nessuna cercava di rubarglielo.
Se quella
non era pace.
Terminò un
mercoledì di giugno qualunque,
esattamente all'ora di pranzo.
«Ed è
così che sei finito a lavorare
qui» disse
squillante una voce sconosciuta di ragazza, non lontano dalla stanza
del
sacro fuoco.
Rei drizzò
le
orecchie, lasciando gli occhi fissi sulle
fiamme ardenti.
«Il
maestro è stato molto gentile
con me.»
Yuichiro.
Lo sentiva a malapena.
«Come vedi»,
continuò lui, «questo è un
tempio molto grande. Mantenerlo costa, ma Hino-san mi ha
preso ugualmente con sé come apprendista. Non
sapeva nemmeno chi ero. Sono già passati quattro
anni.»
«Quattro
anni e sei l'unico
aiutante? Davvero non
c'è nessun
altro?»
Rei
separò le mani unite e si
diresse alla porta. Le voci che provenivano dalla zona dell'altare
divennero più nitide.
«Oltre a me c'è solo
Rei, la nipote del
maestro, che funge da miko quando ha
tempo.»
La nipote del
maestro?
Invece di lasciar
scorrere l'anta per
intero, come aveva inteso fare,
Rei aprì solo uno spiraglio. Accanto a Yuichiro, voltata di
spalle, stava
una ragazza coi capelli neri, corti; portava una canottierina gialla e
dei pantaloncini bianchi.
Era quasi estate, ma
la primavera era
ancora mite e
non c'era ragione di andare in giro tanto svestite.
«Allora pensi che abbia una
possibilità qui?»
Nella domanda
dell'estranea vi fu una
risata sommessa e una lieve inclinazione del capo. Flirt.
Prima di sbattere l'anta dall'altro lato, Rei volle
udire la risposta.
«Dipende
dal maestro. Gliene
parlerò.»
«Grazie!
È un
peccato che non possa restare oggi, ma
passerò domani per conoscerlo. Oh, spero che vada bene! Mi
piacerebbe moltissimo lavorare in questo tempio. Qui ci sei anche
tu.»
COSA??
«Ah...
sì.» L'esitazione di Yuichiro
prese la piega di una
risata. «Non preoccuparti, piacerai al
maestro.»
«Speriamo.
Devo correre
adesso.» La tipa
allungò una mano e la posò sul braccio di
Yuichiro.
«Grazie di tutto, a
domani.»
«... a
domani.»
Dallo spiraglio Rei
riuscì a
vedere la testa di lui voltata
verso lo spiazzo del tempio. La ragazza stava correndo via, con i
suoi pantaloncini a mutanda e il suo vitino da vespa. Rei attese tre
secondi - contati tra sibili di rabbia - prima di sbattere la porta di
lato. Il tempio tremò sino alle fondamenta.
Yuichiro
sussultò, voltandosi. Appena la
vide, si aprì in un sorriso enorme.
«Ciao!»
Rei si
bloccò dopo un
passo.
«Ciao.» Si
leccò le labbra, pronta a gustare sangue non suo.
«Con chi
parlavi?»
Tranquillo, lui
indicò le
scale del tempio con un cenno
della testa. «Era una
ragazza che mi ha fermato per strada. È interessata a
lavorare in un
tempio.»
«Noi non
assumiamo.»
Lui
studiò il suo tono e,
stupido che non era altro,
non lo
comprese. «Tuo nonno ieri mi diceva che non gli
sarebbe
dispiaciuto avere qualche ragazza nuova ad aiutarlo.»
«Quelle
erano le sue solite
chiacchiere da maniaco. Non
dobbiamo dargli retta, ancora non lo sai?»
Yuichiro
contemplò la corda
della preghiera che dondolava dal soffitto e
sospirò. «Il fatto è che...
è molto annoiato negli ultimi
tempi. Quella
ragazza» guardò di nuovo le scale,
«sembra fatta di pasta dura. Saprà gestire le sue
battute. E poi ha bisogno di un
lavoro.»
«Mio nonno
paga una
miseria.»
Yuichiro
scrollò le spalle.
«Per lei sarebbe solo
un lavoro
part-time. Vuole guadagnare qualcosa durante l'ultimo anno delle
superiori, per risparmiare. Adesso lavora in una gelateria.»
Ma quanto
avevano parlato? «Ti ha raccontato tante cose.»
«Be' sì, sembrava
simpatica.»
Un apprezzamento che
le lasciava solo il
gusto del punto da cui
cominciare. «Ti trovava simpatico
anche
lei.»
Lui trovò l'appunto divertente.
«Vuole un
lavoro, per questo era gentile.»
Già, come
no. Infatti anche
lei flirtava con le persone che la dovevano
raccomandare, cercando tocchi casuali. Naturale.
«Perché mi hai presentato
come 'la
nipote del maestro'?»
«Hm?»
«La nipote
del
maestro» ripeté Rei,
rifiutandosi di spiegarsi oltre.
Yuichiro comprese
che aveva
ascoltato quasi tutta la conversazione,
ma impiegò un altro attimo a cogliere la silenziosa domanda.
«Ah. Be', il nostro rapporto non c'entrava col
discorso.»
Oh,
già.
Non era
un'informazione da dare a una sconosciuta che sorrideva e alludeva un
po' troppo. Non sia mai.
Rei si impose di
calmarsi. Era
cresciuta, era maturata:
poteva imporsi senza gridare e minacciare violenza.
«La
prossima volta di' chi sono per te. Sempre che tu ce l'abbia in
mente.»
«Eh?»
I monosillabi non
risolvevano nulla!
«Quella ci stava
provando! Il
minimo che potevi fare tu era dirle che eri impegnato!»
Invece
lui aveva esitato e si era messo persino a fissarla mentre andava via,
manco fosse
interessato all'offerta.
Per la sua incolumità, Rei non
considerò l'ipotesi per più di mezzo
secondo.
Yuichiro
scoppiò a ridere.
«Ma non era interessata a me!
Figurarsi, una
come quella mi avrebbe voluto solo nei sogni che avevo-»
Lei lo
mandò a rotolare
giù per i cinque scalini di pietra dell'altare.
«Sogni d'oro
allora!
Senza di me!»
Per la rabbia
cominciò a
correre e per determinazione corse più veloce di lui,
giù per la scalinata che
portava in
strada e fuori dal tempo. Lo distanziò fino a perderlo di
vista.
L'allenamento Sailor
una volta tanto era servito a qualcosa.
Gli stritolo il collo.
Se prova a
parlarmi lo faccio fuori con la scopa!
Se osa menzionare di
nuovo
quella specie di parassita, giuro che lo mando a dormire fuori di casa!
Idiozie, doveva
lasciarlo, ecco cosa
doveva fare! Almeno per qualche
giorno doveva farlo piangere e disperare fino allo sfinimento!
Così lui non avrebbe MAI più osato darla per
scontata.
Nei sogni che aveva,
eh?
Bello dirle che in
tutti quei sogni
c'era stata solo lei e poi
coltivarne di nascosto altri.
Rei non aveva pensato che lui fosse come
tutti gli altri uomini, sempre pronto a credere che in giro ci fossero
ragazze migliori di quelle che avevano accanto e che - per loro sfortuna - non li
degnavano di uno sguardo.
Oh, se quella tipa gli
piaceva tanto che ci
andasse pure! Lo avrebbe
impacchettato lei stessa per la sfacciata, con un fiocco tanto
stretto da bloccargli la circolazione.
Qualcosa le
adombrò la
visuale.
«Rei?»
«CHE
C'È?!?!»
Usagi
spiccò un balzo
all'indietro.
«Perché URLI?
Ti ho solo salutato!!»
Rei tornò
a vedere i propri
dintorni. Era finita al parco.
Usagi
le stava davanti, una smorfia piagnucolante stampata in faccia.
«Cosa
ci fai qui?» le domandò.
Usagi finse di
tirare su col naso.
«Cos'è
questo brutto
carattere? Sto andando a trovare Mamo-chan. Gli faccio una
sorpresa.»
«Potrebbe
farne lui a
te.»
«Eh?»
Rei strinse i denti.
«Niente.
Oggi sono di cattivo umore,
lasciami
perdere. Va' pure, parliamo al telefono più
tardi.» Avrebbe
avuto bisogno di
sfogarsi. Chi meglio di Usagi per quello?
«Hm,
no. Non si abbandonano
le amiche in
difficoltà. Che
cos'hai?»
Sul punto di aprire
di bocca, Rei
comprese che raccontare di quel
problema
l'avrebbe fatta sentire ridicola e misera.
Yuichiro era davvero ancora interessato ad altre ragazze?
«Niente.»
Usagi si sedette
accanto a lei, sulla
panchina. «Andiamo, voglio sapere
cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto. È
un'ingiustizia
vederti tanto giù.»
Oh, esatto, non
era
giusto! Cos'aveva fatto lei per meritarsi una simile
mancanza di rispetto?
«È stato Yuichiro.» Appena
tirò fuori
il nome
di lui si sentì già meglio.
Doveva pestare almeno quello! «Sai che oggi una
tizia ha
cercato di
abbordarlo?
E lui le ha dato pure corda!
Non le ha
nemmeno detto che io ero la sua-... Be'?»
A Usagi tremava il
petto per le risate.
«Lo trovi
divertente?»
«No.
Sì. No,
però... una tipa ha cercato di
'abbordarlo'? Andiamo Rei, non è possibile. Ti sarai
immaginata
tutto.»
Come?
«Sei
troppa gelosa.»
Usagi scosse condiscendente la
testa. «Nessuna
ragazza cercherebbe mai di rubarti Yuichiro. Va bene, in fondo
è carino, ma ha sempre quell'aria
così... svagata. Non può aver attirato in quel
senso una
ragazza che non lo conosce. Ti starai sbagliando, dDi sicuro.»
Rei
artigliò con le dita le
assi di legno della panchina.
«Ti parlo di un'estranea che ha cercato di rubarmi
il
ragazzo
e tu mi rispondi
dicendo che non è possibile perché tanto... non
lo
vuole nessuna?»
Usagi fece vagare le
pupille in tondo.
«Detto
così
è brutto. Intendo che Yuichiro non è un
ragazzo... insomma, molto affascinante.
Perciò tu non
devi preoccuparti di cose come questa.»
Rei non credette
alle proprie orecchie.
Non si doveva preoccupare perché
si era scelta un ragazzo che non era affascinante?
«Solo tu puoi essere afflitta dalla gelosia?»
«No, però-»
«Con tutte
le volte che sono
stata costretta ad ascoltarti mentre
piagnucolavi per sciocchezze!» Saltò in piedi.
«Forse ne
avevi motivo! Anche io mi sarei preoccupata ad avere accanto un ragazzo
poco
affettuoso come Mamoru!»
Usagi
spalancò la bocca.
«Mamo-chan non
è poco
affettuoso! È solo- solo-»
«È solo che se vuoi
un abbraccio da lui tu lo devi chiedere! Io non ho
mai avuto
questi problemi!»
Usagi
scattò come una molla.
«Mamo-chan non
è come dici!»
«Infatti
la colpa
sarà tua! Gli stai sempre
così
appiccata che lui non vedrà l'ora di stare da
solo!»
Usagi divenne un
tale concentrato d'ira
che i suoi codini si sollevarono
in aria. «Perché sono affettuosa! Povero Yuichiro,
è
sempre lui quello che deve venire a cercarti! Devi essere un fidanzata
impossibile!»
«Tra noi
due sei tu
più insopportabile!»
«Mamo-chan
non mi deve
sopportare!»
«Vallo a
dire a lui!»
«Sei
un'insensibile! Yuichiro
no, mi chiedo come faccia a
reggerti!»
Si fiondarono in
avanti nello stesso
momento.
«Mamma...?»
«Non
guardare tesoro, sono due
che litigano.»
«Ma ci sono tante
braccia, tante gambe... Quella
è una testa!»
«Lo so,
andiamo via. Nemmeno al parco c'è
più pace...»
La lotta ebbe fine
quando Usagi
colpì un palo con uno stinco.
«UAHHHHHHHHHH!»
Il salto fu
così potente che
Rei la trovò
attaccata al lampione. Lassù Usagi pareva un
koala con
le code.
«Scendi» le ordinò, inspirando
alla ricerca d'aria.
«Ahiaaahhh...» Usagi
scivolò lungo il
palo senza smettere di piangere.
«Ti sei fatta
male?» Rei le scostò una ciocca di
capelli dalla fronte. Stava sudando.
«Sìììì!»
Usagi
provò ad appoggiare la gamba dolorante a terra e
produsse una smorfia di sofferenza. Prese a saltare in
tondo, come se muoversi potesse aiutarla a guarire.
«Ferma.» Rei
riuscì ad afferrarla e, con
cautela, la
aiutò a camminare fino alla panchina. «Sei un
disastro.»
«Eri tu
che mi
picchiavi!»
«Be', se
tu non mi hai
lasciato i segni dei graffi è
solo
perché avevo la tunica.
Come hai fatto a non vedere il palo?» Si abbassò
ad
esaminarle
la gamba.
«Mi stavi
tirando i
capelli.»
«Tu tiravi
i miei, altrimenti
ti avrei avvertita.»
«Basta,
non
litighiamo piùùù!»
Rei emise un
sospiro. «Non
stavo più litigando, mi
sto
preoccupando per te. Riesci a poggiare la gamba ora?» Se non
ce
l'avesse
fatta sarebbero dovute andare in ospedale. Nel gesso di Usagi lei
avrebbe scritto: 'Questa mini-frattura è opera mia. Ero
stupida e
gelosa.'
Provò a
toccarle la gamba
dove vedeva una specie
di
livido che iniziava a formarsi.
Usagi
sussultò. «Mi
dispiace, Rei.»
«Sei tu
quella
azzoppata.»
«Sono
stata insensibile. È vero, tu mi hai sempre
ascoltato
quando mi lamentavo per quanto ero gelosa di Mamo-chan.»
Rei
scrollò le spalle.
Non le interessavano
più le
recriminazioni. «Sai che niente di quello che ho detto
è
vero.» Tornò in piedi e osservò lo
stato
disastrato della sua amica, le guance rosse dove l'aveva pizzicata -
forte ma
senza unghie - e gli occhi gonfi dal pianto. Usagi aveva la
capacità di far sembrare un piagnucolio di pochi secondi un
pianto disperato durato ore e ore. Anche così, aveva sempre
l'aspetto di un coniglietto paffuto che attendeva solo di
essere
consolato.
Rei un tempo si era
convinta che Mamoru
avesse avuto un cuore di ferro per il
numero di volte che era stato capace di resistere ai capricci che Usagi
aveva corredato di lacrime. Dentro di sé, però,
l'aveva
segretamente lodato: se Mamoru avesse ceduto a tutte le
piccole e
infantili pretese della sua fidanzata, non si sarebbe
dimostrato degno di lei.
«Mamoru
non ti trova
insopportabile, Usagi. Adesso dovresti
chiedergli di
venire a prenderti, vedrai che
arriverà correndo. Anche se non gli dici che ti sei
fatta
male.»
Usagi si
massaggiò
distrattamente il ginocchio.
«Lui non
arriva sempre
correndo. A volte è impegnato, ma... mi ama.»
Sollevò lo sguardo sotto la frangia disordinata.
«E
Yuichiro ama
te, Rei.»
Dentro di
sé Rei non lo
aveva mai messo in dubbio, ma non
bastava. Solo perché lui le aveva detto 'ti amo' poteva
permettersi di
indugiare
sull'idea di altre ragazze, anche solo per fantasia?
No, e lei non
sarebbe rimasta zitta a subire.
Usagi la stava
osservando. «Mi
dispiace per quello che ho detto su di lui,
però...
anche se un'estranea ha cercato di intromettersi tra voi, non puoi
preoccuparti. Non riesco - e voglio dire che non riesco, nemmeno se mi
pagassero in pasticcini - a immaginare che lui guardi un'altra
ragazza.»
Bene, Usagi
avrebbe potuto
aprire una sua pasticceria.
Non volle lasciarsi
vincere
di nuovo dall'amarezza. «Torno a casa.»
«Provi a
parlargli?»
Quel giorno, neppure
morta. Yuichiro si
sarebbe beccato ore di sdegnoso
silenzio da lei. «Ti chiamo più tardi, per dirti
com'è andata.» Solo quando stava per
prendere il piccolo sentiero che conduceva
alla strada si rese conto di cosa aveva dimenticato. «Oh.
Vuoi che
chiami Mamoru per te dalla cabina telefonica?»
Da lontano, Usagi
scrollò le
spalle. «Ma no!
Guarda!»
Saltò in piedi.
Rei
sussultò e
cercò di tornare indietro, ma si
fermò quando vide Usagi in equilibrio sulla gamba ferita.
«Ma non
stavi male?!»
«Sì che stavo male!
Ma è passato
qualche secondo
e quindi riesco a rimettermi di nuovo in piedi.
Vado verso la cabina da sola, ma sarò guarita
tra qualche minuto.»
Se avessero fatto un
fumetto su Usagi,
l'avrebbero chiamato
Regeneration Girl, l'Indistruttibile.
«Rimango
con te
finché
non sei guarita.»
«Manco per
sogno, va' da
Yuichiro! Tu cercherai di non
parlargli ma lui
parlerà con te. E voilà, tutto si
risolverà per magia. Su, vai! È la penitenza che
devi
scontare per avermi picchiata!»
Rei
lasciò ad Usagi la
soddisfazione di darle un'ordine e
anche la speranza di avere ragione.
Se anche avesse
parlato con
Yuichiro, lei non aveva intenzione di
perdonarlo subito. Per una volta, era la cosa giusta da fare.
«Rei.»
Ebbe il dispiacere
di ascoltare
la voce di lui proprio dopo
pranzo. Come lo
stupido che era, Yu aveva continuato a cercarla in giro per il
quartiere.
Chissà
come, non si erano
incrociati. Che fortuna.
«Avevo
chiuso la porta.» Rei
sollevò il braccio in direzione della cucina.
«Il tuo pranzo
ti aspetta in frigo.»
Come se non gli
avesse detto una sola
parola, lui entrò
nella stanza e si mise a sedere accanto al tavolino largo dove
lei
stava
facendo i
compiti.
Rei non lo degnò di uno sguardo, ma le fu
impossibile
ignorarlo quando una sua mano la toccò sul collo.
«E questo?»
Si
scostò.
«Conseguenza di un match con Usagi.
Niente di
che.» Il piccolo graffio, che non aveva nemmeno sentito sul
momento, si
era mostrato a lei solo davanti allo specchio del bagno.
Cercò di
concentrarsi di
nuovo sul problema
di matematica. Pensò di chiedere a Yuichiro di uscire, ma
preferì astenersi: essere ignorato lo feriva. Che provasse
un po' di quel che aveva provato
lei sentendosi dimenticata di fronte alla prima
arrivata.
Lui emise un forte
sospiro e si sporse in avanti sul tavolo.
«Una ragazza come quella mi avrebbe voluto solo nei sogni che
avevo da ragazzino, e fortuna che non me ne importa
più niente. Era questo che stavo finendo di
dire.»
Buon per te. Fu uno sforzo
trattenersi e rimanere zitta.
«Pensavo
che ne avresti
riso
anche tu. Credevo che potessimo parlare di queste cose, del
passato e anche di... di quello che pensavamo di volere.»
Le pareva che lei lo
avesse trovato
divertente?
In silenzio lui non
si arrese, piuttosto
studiò la sua
mancanza di reazioni. «Mi sbagliavo. E... Va bene, forse
avevo pensato che quella
ragazza
fosse... interessata a me. Ma mi sembrava ridicolo o, se fosse stato
vero,
divertente, perché non mi era mai capitata una cosa
simile. È per questo che sono quasi sicuro che le
importasse solo del
lavoro al tempio.»
Rei era stufa di
rivivere la scena.
«Sto cercando di
studiare.» Comunque quella sfacciata in pantaloncini se lo
poteva
scordare di lavorare lì.
O, se ci
teneva tanto a lavorare nel loro tempio e a stare vicino a Yuichiro,
poteva farlo dentro una tomba. Liberare il sottosuolo dai vermi sarebbe
stata un'occupazione consona per una del suo calibro.
Yuichiro non
accennò ad andarsene.
«Ti ha fatto
arrabbiare
che non le abbia detto chi sei?»
Quello e il fatto
che, combinando tutti
gli indizi, le risultava ancora
difficile credergli. Yuichiro aveva fatto eccome un pensiero su quella
ragazza, per
quanto la versione che le stava raccontando fosse plausibile.
Lei non avrebbe
avuto remore a fidarsi delle sue parole se lo avesse sentito rendere
pubblica la loro relazione con la stessa devozione che le mostrava
quando
erano soli. Evidentemente, però, per lui la loro storia era
una cosa da nascondere.
«Un mese e
dodici
giorni.»
Il conteggio
attirò la sua
attenzione. Non fu facile
mantenere gli occhi sul foglio a quadretti.
«Noi due
stiamo insieme da un
mese e dodici giorni. Non riesco ancora
a
dichiarare con facilità che sei la mia... che ho qualcosa di
te, qualunque cosa. Noi ci amiamo, ma non siamo ancora arrivati al...
possesso. Per me è così; non la trovo una
cosa negativa.»
Ma che diavolo-?
«Che vuol
dire?»
Yuichiro si
riempì di un
cenno di speranza e lei si rese conto di
avergli appena risposto.
«Per ora
tu mi permetti di
amarti e per questo anche di...
ferirti. Non ci
capiamo spesso anche se poi facciamo pace e quindi... Penso di dover
ancora lavorare per renderti davvero felice.»
Lei
iniziò a capire.
«Solo allora sentirai che
è giusto dire che sono la tua ragazza?»
Lui
rifletté sulla risposta,
ma soprattutto sul tono della
domanda. «Sì?»
«È stupido.»
Yu si rabbuiò..
«Forse.»
«Dire 'mio
ragazzo' o 'mia
ragazza' è solo un modo
per
stabilire che c'è una coppia tra due persone. Siamo una
coppia, no?»
«Sì.»
«Questa
tua strana idea di
possesso è
più adatta ad uno di quegli impegni per cui si firma un
documento. Non ci arriveremo nemmeno vicino se continui
così.»
Yuichiro
incassò il colpo
come un pugno che era
abituato a subire. «Sei ancora arrabbiata.»
Rei si
sentì dannatamente in
colpa. In colpa, lei!
«Tu l'hai
lasciata fare. E, mentre andava via, hai passato
interi momenti a guardarla.»
Per un attimo lui
non parve
capire di cosa stesse
parlando. Quando comprese, aggrottò la fronte.
«Te l'ho già detto: me la
stavo
ridendo tra me. Pensavo a quanto sarei stato contento dell'occasione
tanti
anni fa e che non me ne importava più niente.
Pensavo» schioccò un
dito, «Capita così a tutti? Uno trova una ragazza
e all'improvviso
piove l'occasione per cui avrebbe pagato-»
«Quella
era una sfrontata
priva di pudore! Come faceva a
piacerti?!»
«Tanti
anni fa! Prima
di conoscerti! Stavo solo facendo ragionamenti stupidi
perché sono stupido, è questo che vuoi sentire?
Giocavo con l'idea di essere uno di quelli che veniva abbordato, ma non
ci credevo nemmeno io!»
Nel suo tono percepì lo stesso risentimento che lei
aveva provato udendo le parole di Usagi.
Posò
la penna e
deglutì. «Non è vero. Anche se non ci
sono
ragazze che ti seguono per strada» - cosa di cui lei era
immensamente
grata - «non significa che...»
«Rei.» Yuichiro scuoteva la testa. «Non
m'importa. Io piaccio a te.
Tu stai
sopra tutti i sogni che ho mai fatto. Questo» sorrise,
«mi ha fatto
pensare molto bene anche di me stesso, ma... non ha importanza. Stavo
bene anche prima, io mi faccio notare col tempo. La maggioranza delle
persone è come me, non è una sfortuna.»
Allungò una mano e le trovò la tempia. Le
accarezzò i capelli e Rei si chiese come avesse capito che
ora poteva farlo.
Il suo Yu
comprendeva molte cose di lei.
Forse, un po' meno di se stesso.
Cercò di spiegargli. «Nella
vita di tutti i giorni
ti manca fascino.» Fu
brutale con lui proprio per
essere il più dolce possibile. «Ma non fai nulla
per
costruirlo, non ci provi nemmeno. Sembra quasi che tu voglia affossarlo
completamente. Io credo... no, so
che potrebbe essere diverso. Tu hai fascino quando sei con
me.»
Forse avrebbe potuto
essere
più dolce, ma lui la ripagò
proprio con la serenità che lei aveva voluto vedere.
Perciò, dopo aver avuto tutto, volle averne ancora.
«A me
piace la tua voce,
quando la tieni tranquilla. Le tue
espressioni, di più quando non le nascondi sotto la frangia
che insisti per tenere lunga.» Gliela scostò dalla
fronte. «Mi piace anche come stai in taluni
vestiti.» Quei pochissimi
buoni
che aveva. «Non sottovalutarti, o è come se
calpestassi i miei gusti. Ti
assicuro che sono
sempre di qualità, non mi sono mai accontentata di nulla di
meno.»
Yuichiro
girò l'angolo del
tavolo e la strinse per la vita,
forte. «Con me ti sei accontentata, ma
diventerò
degno di te. Tutto quello che vuoi, Rei.»
«Per ora
sei già
tutto quello che voglio» Lo
circondò
con le braccia sulle spalle; le piacque il modo in cui le sue mani si
toccarono
tra loro dietro la schiena di lui, a racchiuderlo perfettamente.
«Il
mio ragazzo» mormorò.
Quel ragazzo che, alla fine,
non si era mai interessato
ad
un'altra, e che - per fortuna di lei e cecità di loro - non
interessava tanto ad altre donne, almeno per il momento. «Non
può essere una cosa a senso unico, perciò io sono
la tua...?»
«La mia
Rei?»
Le
strappò una risata bassa.
«Suona
meglio di 'la mia
ragazza', ma dirò anche
questo.» Lui assaporò il termine. «La
mia
ragazza.»
Lei gli
dimostrò che poteva
fidarsi a chiamarla così sollevandosi sulle ginocchia e
prendendogli la bocca con la propria.
Oh, quello, era quello
che
nessun'altra donna doveva mai scoprire: lui aveva la bocca
più soffice
e al contempo ferma che potesse esistere. Con quella era capace di dare
i baci più
saporiti ed eccitanti dell'intero pianeta. No, dell'intero universo.
Lentamente, si
sdraiarono insieme sui
tatami del pavimento.
«Yuichiro!!»
Staccandosi di
colpo, Rei si morse
scocciata le labbra. Avrebbe ucciso suo nonno.
«Il tuo
pranzo si è
raffreddato» continuò a urlare lui in corridoio.
«Hai mangiato
fuori?»
Districandosi piano, Yuichiro si pulì la bocca con
la tunica e tornò a sedere.
«No,
maestro! Devo
ancora mangiare.»
I passi fuori dalla
porta si
avvicinarono sempre di più e Rei si
ravviò i
capelli.
Dopo poco suo nonno
entrò nella stanza «Mangia in
fretta,
ragazzo. Abbiamo cose da fare più tardi.»
Ah sì? pensò Rei.
Sicuramente dovevano
riparare qualcosa che lui aveva
distrutto in uno dei suoi tanti allenamenti anti-età. Stava
cercando di nuovo di sviluppare un'assurda disciplina da insegnare
nella sua palestra, questa volta rivolgendosi a donne sui trenta o
quarant'anni. Sempre troppo giovani per lui.
«Nonno?»
Lui le
lanciò un'occhiata.
«Non dovresti
permettergli di disturbarti mentre fai i compiti.»
«Domani verrà
una
ragazza a
chiederti un lavoro.»
«Una ragazza?»
si illuminò lui.
«Sì, Yu l'ha
incontrata oggi. Ha la mia
età, le piace portare calzoncini e magliettine corte. Se ti
lasci
convincere ad assumerla, giuro che me ne andrò da questa
casa.»
Suo nonno chiuse la
bocca aperta.
«Sono
seria. E Yuichiro si
licenzierà,
perché se
non lo fa tra noi è finita.» Senza alcuna
vergogna, rivolse a lui
una linguaccia allegra, proprio lì.
Suo nonno
buttò le braccia al
cielo. «Ragazzo!
Ma non
potevi startene buono?»
«Ha
capito male
maestro-»
«Sì,
certo.» Mogio, lui
uscì in corridoio. «Lasciami solo col mio
lutto.»
Rei
liberò una risata.
«Va' a
mangiare.»
Diede al suo ragazzo un bacio sulla guancia. «Cii vediamo
più tardi.»
Yuichiro si
alzò e
uscì dalla stanza con un
sorriso largo, bello.
Sì, anche
quando ridi mi piaci.
Di più, da
quando so che sei innamorato di me.
FINE
EPISODIO
NdA
- Questo
episodio, come struttura, mi è stato suggerito da Maryusa,
che voleva una storia in cui Rei fosse gelosa e in cui ci fosse un
litigio tra Usagi e Rei vecchio stile (la nuvoletta di battaglia ad
accompagnare la rissa, così ho inteso io :D).
Avrebbe dovuto essere una one shot della raccolta Imagining, ma l'ho
trasformata in un episodio di questa raccolta che ho in mente da un
po'. Il primo periodo del rapporto tra Rei e Yuichiro l'ho studiato
soprattutto a livello di ricordi nell'altra mia fanfic, 'Verso l'alba',
ma era da tempo che volevo scrivere ad esempio del primo appuntamento
tra loro, quello avvenuto dopo l'episodio
2 di Interludio (ambientato il giorno dopo l'inizio della
loro relazione, che descrivo ne 'L'indole
del fuoco' e che si colloca intorno alla fine di Aprile del
96).
Se cerco di andare in ordine non la finisco
più, quindi il
prossimo episodio dovrebbe essere proprio quello del primo appuntamento.
Cambierò l'ordine dei capitoli in
seguito.
Ricordate, una recensione è il mio
più grande
premio, qualunque cosa abbiate da dire sulla storia :)
ellephedre
|
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Capitolo 3 *** Episodio 3 - Capelli ***
efummonoi3
"E fummo noi"
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono
esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation
Co.
Ltd
Episodio
3 - Capelli
«Sono diventati un po' lunghi.»
Offrendo la schiena alla folata di vento fresco, un sollievo insperato,
Yuichiro si voltò.
Camminava verso di lui il suo sogno, la folta chioma nera
legata in una
coda posata sulla spalla sinistra e un sorriso vestito d'estate.
Rei era fantastica e in quel luglio, da quasi tre mesi, era anche sua. Con i suoi
abbracci, con la sua voglia di stargli vicino, con
le
sue carezze improvvise - una migliore dell'altra. Con i suoi tutti i
baci, che lo avevano definitivamente convinto della presenza di un
elemento divino su quella Terra.
Ah, e naturalmente lui esultava anche per le magliettine estive. I
top,
come li chiamava Rei, ma per quanto lo riguardava erano semplicemente
pezzi di stoffa leggeri, aderenti e molto generosi nel far vedere o
intravedere quello che (s)coprivano. E lui poteva toccare;
fosse ringraziato il cielo e qualunque dio esistente, poteva finalmente
toccare! Non tutto, ma era felice anche solo di
poterle sfiorare un fianco.
Rei si accorse dell'occhiata che lui lanciò al suo seno e
non
disse niente. Quando gli fu accanto si limitò a inclinare la
testa di lato, senza coprirsi il petto. Non lo gonfiò
né fece alcun'altra mossa inconscia che potesse essere
interpretata come un rifiuto o, al contrario, come un invito troppo
esplicito. Si comportava
così
da alcune settimane e lui lo aveva preso come un permesso
non scritto: guardare
va bene.
Senza essere troppo sfacciato comunque si stava già sfinendo
dal rimirarla, ancora di più rispetto agli anni passati. Rei
era un'opera d'arte femminile fattasi viva, con ciglia
così folte, occhi così belli, labbra
così saporite.
Sensuali.
«Ogni tanto ti perdi in un tuo mondo» sorrise lei.
«Questa volta
c'entravo io?»
Lui fu felice di annuire.
Rei accennò ad arrossire piacevolmente.
Tossicchiò in tempio. «Stavo dicendo... i tuoi
capelli sono diventati un po' troppo lunghi.»
«Come?» Lui li cercò d'istinto con gli
occhi, lasciando scivolare
lo sguardo verso destra. Li intravide accanto al viso, come non gli
capitava da qualche tempo.
«Già.»
Rei annuì. «Hai deciso... di farli
ricrescere?»
Nella sua domanda ci fu un'esitazione che sapeva di opinione
negativa.
A lui non diede fastidio, dal momento che... «No. Mi
trovo
comodo
così, adesso finirei col sentirli come un
ingombro.» Da
quando
aveva iniziato a fare caldo poi, avere il collo scoperto si era
rivelata una manna. Non si era sentito così fresco da anni.
«Allora devi andare da un parrucchiere» gli
suggerì Rei.
Al massimo da un barbiere. Considerò
brevemente l'idea. «No.» Si afferrò una
ciocca dietro l'orecchio, tirandola piano. «Non mi serve un
taglio
preciso, li spunterò da solo.»
Rei congelò l'espressione in una mezza smorfia.
«No, dai.» Cercò un tocco sul suo
braccio. «Se sbagli poi sarai costretto a
tagliarli
corti come l'altra volta.»
Forse, ma la volta precedente lui aveva fatto fuori i propri capelli
con un intento simile alla vendetta, senza alcuna cura. Aveva eliminato
la massa che si era trovato in testa appositamente per non
sentirsi più la persona di prima, uno stupido illuso che
aveva
appena perso la ragazza che amava da sempre.
Ora era una persona nuova. «Basterà che faccia
attenzione.»
«Verranno fuori male.»
Che pessimismo. «Starò attento»
ripeté. «Piuttosto... stavi uscendo?»
Rei piegò le labbra su un angolo. «Con le ragazze,
a fare
compere. Torno per cena.» Sospirò. «Per
favore, non
tagliarli da
solo.»
La richiesta gentile lo portò a considerare
ulteriormente la possibilità. «Il fatto
è che...
All'inizio, dopo che me li sono fatti tagliare, mi sentivo
troppo...»
Non trovò un aggettivo che gli andasse bene.
«Troppo... in
ordine.»
Rei sollevò un sopracciglio.
«Troppo...»
«Normale?» completò lei, con una punta
di ironia.
Lui non la apprezzò. «Non mi sentivo me
stesso.» Si
passò una
mano
veloce sulla nuca. «Mi piace rimanere semplice, non bisogna
per forza
andare da qualcuno per sistemarsi i capelli. Sono solo...
capelli.»
«Presentarsi bene è importante.»
Sospirando, lui cercò di non sbuffare. «Io
non devo
presentarmi a nessuno.»
«Magari a me.»
Cosa?
«Non fare quella faccia. È un modo di dire, conta
il
concetto. A me
piacevi 'in ordine', come dici tu.»
L'argomentazione quasi lo convinse, ma dentro di lui
protestò una punta di fastidio, che prese a battere nello
studiare la
frase di lei. «Quindi, se cambio pettinatura... non ti
piaccio
più?»
Rei si fece severa. «Questa è un'idiozia. Scusa,
perché
fai tante storie? È come con la barba, no?» Gli
toccò la
guancia con una forza che andò oltre la semplice carezza.
«Mi
dava fastidio vederti in disordine e tu hai iniziato raderti
più
spesso. Fossi rimasto come prima staremo ancora insieme ugualmente, ma
così mi piaci di più. Capisci ora?»
Sì, anche se lui aveva preso a tenere le guance
lisce
soprattutto per non dare fastidio a quelle di lei. Magari lo avrebbe
fatto comunque e forse era solo una questione di gradimento per Rei, ma
non gli era piaciuto il colpetto sulla guancia. Per lei era stato un
modo di punirlo, di imporsi su una
sciocchezza che alla fine riguardava solo lui.
«Preferisco farlo da solo qui in casa.»
Per un
momento si
stupì lui stesso della propria determinazione.
Rei alzò in coppia le sopracciglia. «Non hai
intenzione di
andare da qualcuno che lo sa fare? Nemmeno da un barbiere?»
«No.»
Lei aprì la bocca, pronta a far uscire un ricatto.
«Se li tagli
da solo e ti vengono male...» Sbuffò e diede uno
schiaffo
rovesciato all'aria.
Se ne andò così, senza una sola altra parola,
marciando impettita verso la scalinata.
Lui non provò rimorso per averle causato quell'arrabbiatura:
Rei se l'era cercata da sola.
Quando scoprì di provare un briciolo di
soddisfazione, arricciò le labbra, riprese in mano
la scopa
e tornò a
lavorare.
Se aveva tagliato i capelli da solo, pensò Rei tornando a
casa, gli
erano venuti male di sicuro. Dato che non era stupido,
Yuichiro
doveva aver già pensato a farli sistemare - come lei gli
aveva detto di fare sin
dall'inizio. Sarebbe stato semplicissimo accertarsene:
avrebbe dato un'occhiata a come erano tagliati i capelli sul retro
della nuca, dove lui non poteva arrivare da solo con le mani.
La soddisfazione di aver avuto ragione l'avrebbe resa vittoriosa in
quel loro piccolo scontro, ma non sarebbe servita da sola a farglielo
perdonare. Lui non era stupido ma ogni tanto si comportava da tale.
Doveva essere chiaro che lei aveva
smesso di sopportare quelle uscite.
«Sono a casa!» gridò, una volta che ebbe
chiuso la porta
d'ingresso dietro di sé. Appoggiò alla parete il
sacchetto col suo acquisto.
«Bentornata!» rispose ad alta voce suo nonno, da
lontano.
Lei terminò di togliersi le scarpe e si apprestò
a
cenare. Per lavarsi le mani fece affidamento sul lavabo della cucina.
Entrando in salotto ebbe la piccola sorpresa di trovare la stessa
pettinatura del pomeriggio su Yuichiro.
Lanciandole un'occhiata, lui le offrì un saluto semplice,
incolore. Riprese a mangiare quasi subito e solo perché
continuò a seguirla con lo sguardo lei evitò di
infuriarsi.
E così Yuichiro ce l'aveva con lei? Per quale motivo, per
principio? Dargli un suggerimento sensato era per caso diventato un
crimine?
In cucina si lavò strofinò con violenza i palmi
sotto l'acqua.
Stupido.
Non si era tagliato i capelli durante il pomeriggio per un motivo molto
semplice: mancanza di tempo.
Aveva passato un paio d'ore a raccontarsi quella bugia, poi aveva
deciso di smettere di essere risentito con se stesso. Solo
perché si era sentito soddisfatto nel non aver dato ragione
a
Rei - quando lei non l'aveva
- non significava che lui fosse nel torto.
Non voleva punirsi rimandando il taglio, ma a prescindere da
qualunque motivazione, non voleva che Rei rimanesse
arrabbiata:
nelle proteste di lei c'era un valido fondamento. Non c'era
niente di male
nel modificare un po' il proprio aspetto per far piacere alla propria
ragazza. Lui non aveva avuto problemi con quel concetto, solo col
sentirselo in un qualche modo... imposto.
Man mano che si avvicinava la sera aveva anche iniziato a chiedersi
come si sarebbe sentito se Rei avesse deciso, di punto in
bianco,
di tagliarsi i capelli fin sotto le orecchie. L'avrebbe amata ancora -
ovviamente - ma avrebbe sofferto nel non vedere più la
chioma
fluente e ricca che gli era piaciuta tanto.
Era un esempio un po' azzardato, ma utile.
Restava il fatto che lui non sarebbe andato nemmeno morto da un
parrucchiere e al momento l'idea di un barbiere non gli piaceva.
Certo, anche per una
questione di principio; forse sciocco, ma pur sempre suo.
Però... però non voleva far arrabbiare troppo
Rei. Lei se
la sarebbe presa da morire, non per il mancato taglio, ma per la sfida
che lui le aveva lanciato. Perciò aveva trovato una
soluzione di
compromesso che sperava potesse andare bene per entrambi.
Con quel proposito in mente, si presentò alla porta della
camera di lei. «Posso entrare?»
Il silenzio dall'altra parte non fu molto promettente.
«Sì» udì infine.
Scostò la porta di shogi di lato. Per vedere Rei dovette
avanzare dentro la stanza: lei era seduta sull'angolo, alla propria
scrivania,
intenta a fare i compiti.
Nell'osservarlo, sembrò un serpente a sonagli pronto a
balzare in avanti. «Cosa c'è?»
«Volevo chiederti se ti andava di darmi una mano.»
Le mostrò
le forbici da capelli.
L'offerta la sorprese.
«Vuoi che ti aiuti a...»
Esatto. «È meglio se lo fa un'altra
persona.»
Rei si adombrò. «Perché non un barbiere?»
Trattenersi dal sospirare non fu facile per lui. «Sono i miei
capelli. Puoi
aiutarmi?»
Nell'osservare le forbici, la protesta di lei acquisì una
sfumatura diversa. «Non l'ho mai fatto. Potrei essere io a
rovinarteli.»
«Ma è semplice.» Lui prese una ciocca
tra due dita e la
tirò di lato. «Tieni conto della lunghezza grazie
alle dita.
E
poi non stai partendo daccapo. In testa ho la base del taglio
precedente.»
Lo sbuffo di lei contenne una traccia di disperazione. «Se
non ti aiuto lo
farai da
solo?»
Per tranquillizzarla, lui fu sul punto di dirle di no.
«Sì»
dichiarò invece. Era più importante rassicurarla
sul
fatto che si fidava di lei, anche per un compito come quello.
Rei lo fissò negli occhi, quindi, esitando, si
alzò
in piedi. «Allora andiamo.»
Avrebbe avuto la sua testa tra le mani, capì Rei. Era una
grossa
responsabilità che la rendeva così nervosa da
farle
considerare l'ipotesi di decapitarlo di proposito: l'aveva messa lui in
quella posizione! Strofinò tra loro i denti. E se sbagliava?
No, non avrebbe tagliato troppo e sarebbe andato tutto bene. Anzi,
poteva considerare l'idea di tagliare male: qualche ciocca
tranciata via con violenza e poca cura l'avrebbe convinto a
rivolgersi a un professionista.
... sarebbe stato meschino.
Lo fulminò con lo sguardo lungo la schiena, sperando di
fargli un po' male.
Entrarono in bagno. Yuichiro non si sedette sulla sedia preparata
davanti allo specchio, andò invece in fondo, verso la vasca.
«Cosa fai?»
«Mi lavo rapidamente la testa. È più
facile
tagliare i
capelli quando sono umidi.»
«Ma così saranno fradici.»
«Userò il phon dopo.»
Giusto.
Lasciando da parte la forbice, lei lo seguì fino a
sistemarsi a
bordo vasca. Lui aprì il rubinetto, controllando la
temperatura
dell'acqua. «Com'è andata oggi con le
ragazze?»
«Bene. Ho comprato delle scarpe.» Evitò
di descrivergliele:
aveva
già notato che lo perdeva quando cercava di fare con lui
discorsi su abbigliamento o calzature. Veniva sempre ascoltata con
attenzione, ma l'interesse non si manteneva genuino a lungo.
Inginocchiandosi e sporgendosi in avanti con la testa, Yuichiro si mise
sotto il getto del rubinetto. Rabbrividì da capo a piedi.
«Ehi!» Lei digrignò i denti, immaginando
la sensazione come
se
fosse su di sé. «Sei pazzo? Se è finita
l'acqua
calda,
potevi sempre riscaldarne ancora prima di -»
«Nono!» lo sentì gridare oltre il
rumore.
Batteva i denti. «Va
bene
così!» Si strofinò rapidamente la nuca.
«Siamo in
estate!»
Come no. Lei
scosse la testa e
andò a prendere un asciugamano. Non appena lo mise sulle
spalle
di lui, Yuichiro si tirò indietro con uno
scatto. «Brr!»
La travolse una risata. «Che stupido!»
Andò a recuperare il
phon. «Chi te l'ha fatto fare?»
Lui si stava già strofinando i capelli.
«Non metti lo shampoo?»
Lo fece immobilizzare. L'occhiata terrorizzata che
lanciò all'acqua gelata la impietosì.
«Vado a scaldarla io?»
«No, ci si mette tanto.» Lui afferrò un
prodotto a caso e ne
rovesciò il contenuto su una mano. «Forza e
coraggio.»
«Lo sai che quello è un balsamo?»
«Cosa?»
«Non è uno shampoo.» Aveva letto le
scritte sulla confezione
qualche giorno prima, mentre si rilassava con un bel bagno caldo e
giocherellava con i vari prodotti presenti sui ripiani in plastica a
bordo vasca.
Le venne un grosso dubbio. «Non dirmi che l'hai comprato
pensando che
fosse uno shampoo.» Non aveva visto altro prodotto per
capelli da uomo
nei ripiani. Naturalmente l'unico a comprarne era Yuichiro, dato che a
suo nonno bastava il sapone per pulire la pelata.
Con la testa gocciolante, lui osservò riluttante il
balsamo. «Funzionava in modo un po' strano.»
Scrollò le
spalle e
fece per continuare.
«Ti do uno dei miei.»
«Va bene questo.» Yuichiro spalmò il
prodotto sulla testa e
nascose un sorriso. «Tanto so che vuoi prendermi in
giro.
Preferisco non avere in testa un profumo che te lo farà
ricordare anche domani.»
Lei sospirò. «Sì, sei
maldestro.» Per non dire di
peggio. «Tutto questo non sarebbe successo se fossi andato da
un barbiere.»
Lui ignorò il commento con tanta determinazione da farle
alzare gli occhi al cielo.
«Non riesco a capirti. Io mi sono dovuta conquistare il
parrucchiere.
Non è certo un posto orribile.»
«Come?»
Il racconto non sarebbe stato breve. «Risciacquati prima la
testa.»
Quando lo vide di nuovo rabbrividire sotto il getto dell'acqua, lei non
resistette e gli massaggiò le spalle con entrambe le mani.
Terminando, lui si tirò indietro con uno scatto e
finì col
bagnarla con una miriade di goccioline.
Peggio di un bambino.
Gli schiacciò le spalle con un ginocchio prima di procedere
ad
asciugargli lei stessa la testa. Rese energiche le passate.
«Il nonno
faceva così.»
«Hm?»
«Non era brusco apposta, pensava che per asciugare i capelli
ci volesse
energia.» Lo lasciò andare. «Mi faceva
tenere la
testa sulla vasca e mi lavava lui i capelli quando ero una
bambina. Mi sono cresciuti tanto proprio perché non si
ricordava
mai di tagliarmeli.» Si era affezionata in quel modo a tenere
una
chioma folta e lunga.
Yuichiro era rimasto in silenzio. «Quindi non... non ti ha
portato lui
dal parrucchiere.»
«No, me li tagliava in casa. Col tempo ha imparato a farlo
meglio, ma
io...» Le era mancato qualcosa. Una guida femminile, per la
precisione. «Quando sono entrata alle medie le mie compagne
di classe si vantavano
in continuazione delle loro nuove pettinature. Perciò un
giorno
mi sono decisa e sono andata anche io dal parrucchiere. Da
sola.» Gli
passò l'asciugamano e si sedette di nuovo a bordo vasca.
«È
stata una conquista, lavorano davvero bene. Ti fanno sentire... come
una principessa. Ti massaggiano la testa, ti coccolano i
capelli...»
«Io non devo essere una principessa» sorrise
Yuichiro. Alzandosi, si
diresse al phon.
«Non hai capito.»
«Certo. Tu fai bene ad andare dal parrucchiere. Non solo
perché
sei una ragazza, ma perché... lo senti come un
premio.»
Prese in
mano il phon ma tardò ad accenderlo e si osservò
per
qualche momento allo specchio. Guardare la propria immagine
sembrò confonderlo in modo sottile.
«Per me
è
diverso, io
sono stato tantissime volte in saloni simili, quando non potevo ancora
decidere. Ci andavo con mia madre e le mie sorelle. Lo trovavo un
posto... femminile, da cui uscivo cambiato in una maniera che non mi
piaceva.»
«Si tratta solo di dire al parrucchiere che pettinatura
vuoi.»
«Ma io voglio questa» sorrise lui. «Solo
un po' più corta.»
Accese il phon.
Si rendeva conto che quella pettinatura era saltata fuori proprio
dall'incontro con un parrucchiere? O un barbiere, non glielo aveva mai
chiesto.
Mentre si asciugava i capelli lui non si guardava allo specchio,
notò Rei. Teneva gli occhi chiusi, felice solo di sentire
l'aria
calda sulla testa.
... forse tra loro due quella nel torto era lei. Non era meglio
sentirsi tanto a posto con se stessi da riuscire ad amarsi con
qualunque pettinatura si avesse in testa? Per lui era così.
Yuichiro spense il phon, lasciando i capelli umidi. «Comunque
a te sta
molto bene.»
«Che cosa?»
«La pettinatura che fai dal parrucchiere.»
«Beh» sorrise lei. «Non è
proprio una pettinatura. Chiedo
solo
di spuntarmeli e lasciare la forma naturale. Lavorano più
sulla
frangia.»
Yuichiro annuì. «Penso lo stesso
che non ti
manchi niente.»
Ancora una volta, lei non capì.
«Ecco... Mio padre non stava spesso a casa e ho
passato anni a
vivere soprattutto con tre donne. Ho l'esperienza giusta per dirti che
tu sei femminile proprio come loro.»
Anche senza aver avuto una guida, comprese lei. Anche senza aver avuto
una madre.
Naturalmente, era stata proprio una mamma a mancarle. Una donna che la
portasse dal parrucchiere, che la aiutasse a scegliere i vestiti... Una
persona a cui rivolgersi senza imbarazzo per problemi femminili
strettamente fisici. Si era vergognata fino alla soglia della
mortificazione quando era stata costretta ad andare dal nonno per
chiedergli di uscire di casa a comprare dei... Era stato lui a lavare
le lenzuola sporche, senza sapere se farle le congratulazioni o
condividere il suo malumore. Non aveva saputo come reagire.
Lei gli aveva perdonato tutte quelle piccole incertezze. Col passare
degli anni le era dispiaciuto scoprire che, solo
occasionalmente,
sentiva più la mancanza di una donna che le stesse accanto
piuttosto che della propria madre.
Di lei ricordava qualcosa. Poco.
Nessuno si era premurato di rinfrescarle la memoria con le sue parole,
coi suoi atteggiamenti. Suo padre non ne parlava e suo nonno... forse
all'inizio aveva pensato
che fosse meglio non ricordarle sua madre. In fondo, lei aveva
detestato chiunque la menzionasse.
Ma anche se suo nonno avesse voluto parlarne di più,
lui conservava ben magri ricordi di lei, quei pochi che aveva vissuto.
A volte Rei si chiedeva che razza di persona fosse una ragazza che non
sentiva la mancanza della propria madre. Era davvero possibile che
dentro di lei non ci fosse un vuoto, nascosto da qualche parte?
Seduto, Yuichiro le stava porgendo le forbici.
Lei le prese in mano e si sentì prendere il polso con
delicatezza.
Per qualche momento, lui si limitò a guardarla, incerto
su
cosa dire. Infine, sospirò. «Mi dispiace se ti ho
fatto
pensare
a... cose che preferivi non...»
«Non ti preoccupare.» Le diede più
fastidio sentire che
anche
lui trattava la faccenda coi guanti. Non era necessario. «Non
è
un argomento tabù. Sono una ragazza che ha perso la mamma da
piccola. Non la ricordo molto, non soffro.»
Yuichiro non si era girato.
«È un bene» dichiarò lei,
finendo con
l'usare quasi un tono
di domanda.
Lui scrollò le spalle. «L'importante è
che tu stia
bene. Sono
sicuro che lo vorrebbe anche tua madre.»
Chissà. «Forse era più gentile di mio
padre, ma
anche lei
non doveva essere molto affettuosa se aveva sposato uno
come lui.»
Yuichiro scosse la testa. «Doveva essere generosa. Di buon
carattere.
Facile ad amare le persone, anche uno come tuo padre. Altrimenti tu
come potresti essere come sei?»
Le uscì un sorriso. Quando lo sentì commosso
sulle proprie labbra, capì di aver amato quelle parole.
Aveva avuto una buona mamma. Suo nonno lo aveva detto, ma non
abbastanza spesso.
Si sentì abbracciare piano e lasciò perdere le
proteste.
Era o non era femminile godersi le effusioni del proprio ragazzo?
Gli posò un bacio sulla fronte.
Come ricompensa, avrebbe cercato di tagliargli bene i capelli.
Rei parrucchiera provetta, prova numero uno.
«Di solito sono abile con le mani» si
sentì dire Yuichiro il
giorno dopo.
«Lo so.»
«Non l'ho fatto apposta.»
Il pentimento sincero, dimostrato per l'ennessima volta, lo fece
sorridere. «Lo so. Non lo pensavo.»
«Sì, però mi dispiace che...»
«Non ha importanza. Sei stata fortunata, ora mi hai di nuovo
in ordine
come volevi tu. E non l'hai fatto apposta.»
«Sei ironico?» indagò sospettosa Rei.
«No.» Aveva solo preso una decisione: la prossima
volta sarebbe andato
da un barbiere e avrebbe chiesto esplicitamente un taglio disordinato,
una minuscola spuntata senza la minima arte.
Rei era ancora dubbiosa, perciò lui la prese per la vita e
procedette ad usarla come ricevibaci umana, un giocattolo per bambini
troppo affettuosi quale era stato lui. Infatti aveva avuto uno di quei
cosi, un... pupazzo? Non ricordava, ma ora aveva Rei.
Tra le risate lei tentò una fuga priva di convinzione.
Lui la riprese in tempo e lei non cercò più di
scappare.
Sì, ora aveva Rei.
NdA: Sto
pubblicando da casa di un parente, perciò non ho molto tempo
per dire altro. A casa mi è partita la connessione internet,
posso accedere solo da un cellulare da cui non posso fare molto
ç_ç Vedere le recensioni sì :P
Spero che questo nuovo
episodio della raccolta vi sia piaciuto :)
ellephedre
|
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Capitolo 4 *** Episodio 4 - Profumi ***
efummonoi4
"E fummo noi"
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono
esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation
Co.
Ltd
Episodio
4 - Profumi
«Lei
per caso ha un
ragazzo?»
È proprietaria di una casa?
Di un auto di lusso? Di un lavoro
prestigioso? Tutte domande con lo stesso valore per Rei. Quella della
commessa della profumeria le aveva provocato un piccolo
sorriso. «Sì» aveva risposto,
fiera. Avere finalmente un fidanzato la faceva sentire ricca. Un uomo
era il
miglior accessorio che una ragazza potesse esibire. Non era necessaria
la presenza fisica di lui, bastava che nei discorsi si percepisse che
non era un individuo frutto di immaginazione. A cosa serviva essere
belle, ben vestite, e ben truccate, se non si poteva dimostrare di
essere
desiderate? Non funzionava dichiarare, con estrema nonchalance, 'No, io
non ho ancora scelto un uomo'. Le conoscenti più maligne -
ergo, le
compagne di classe - iniziavano a deriderti prontamente con lo sguardo.
La verità
è che non ti vuole nessuno, invece io...
A Rei era sembrato di poter sentire la
risatina di soddisfazione che
seguiva quelle comunicazioni silenziose tra bulbi oculari.
Da quando lei aveva un vero ragazzo,
tuttavia, non si doveva più
inventare pretendenti. Sentiva di essere salita su un gradino
più in alto, da dove guardava serena tutta l'invidia che la
circondava. Era un bel trono. Inoltre aveva anche il vantaggio di poter
informare perfetti
sconosciuti del suo nuovo stato di grazia.
Dopo le sue parole, nello sguardo della
commessa nacque una luce di
interesse. «Sa, è appena arrivato in negozio
questo nuovo profumo maschile. Favoloso. Glielo faccio
sentire.»
«No, non importa. Il mio
ragazzo non è tipo da
profumi.»
Provò a immaginarsi Yuichiro
che accostava il naso ad una di
quelle raffinate bottigliette: la smorfia sarebbe stata automatica.
La commessa la incuriosì con
una risata. «Oh, ma
non
è per lui.» Le fece segno di seguirla.
«I profumi da
uomo sono nati per noi donne. Un uomo impegnato ne indossa uno per far
contenta la sua compagna. Da parte nostra è quasi un segno
di...
possesso.»
Fu come ascoltare il suono di un liuto
magico. Si ritrovò alle spalle della donna senza quasi
accorgersene,
cercando di fingere disinteresse. Non era entrata in profumeria per
comprare qualcosa. A volte le piaceva
viziarsi col profumo occasionale di fragranze che non avrebbe mai
potuto permettersi, senza altri fini.
«Ecco.» La commessa
spruzzò il contenuto
di una
boccetta nera, sfumata, su una piccola striscia di cartone. Gliela
porse.
Accostare il naso non poteva far male,
pensò Rei.
Annusò e...
La commessa annuì complice.
«Fantastico,
vero?»
Fu incapace di risponderle: il suo
olfatto era andato in estasi. Ormai
drogato, il senso traditore chiese di essere inebriato con un'altra
dose di profumo.
Rei attaccò il cartoncino
profumato alle narici.
«Questi profumi sono nati per
attirare noi donne. Il suo
ragazzo
lo indosserà solo per l'effetto che avrà su di
lei.»
Hm, no. Sarebbe stato pericoloso.
«Capisco...» disse.
Doveva andarsene. Prima di elaborare una
strategia per scappare con
classe, inspirò altro profumo.
«È
costoso» ammise la commessa. «Ma qui
non si
compra solamente una boccetta di aroma pregiato - prodotto all'estero,
le ricordo. Stiamo parlando della possibilità di accedere ad
un'esperienza diversa. Nuova.»
Ahh,
godette il suo olfatto,
sì.
Rei deglutì.
«Certo, purtroppo...»
La commessa allontanò
crudelmente la boccetta.
«Tenga il
cartoncino. Il profumo è qui ad aspettarla per occasioni
speciali. O per farsi un regalo. Ogni tanto noi ragazze ne meritiamo
uno, no? Mi creda, ne vale la pena.»
Quelle parole la tormentarono lungo
tutta la strada verso casa.
I profumi, ragionò quella
sera nella sua camera, erano
prodotti da adulti.
Le piacevano moltissimo, e
perciò conservava diversi aromi
senza
pretese, piccole boccette che si era comprata quando un'aroma le era
garbato particolarmente. Alcuni erano profumi regalati da suo nonno,
che sapeva della sua piccola passione. Anche Yuichiro l'aveva intuita
e le aveva donato un profumo floreale molto carino per i suoi
diciassette anni, con un tappo a forma di rosa. Quello di Yuichiro era
un regalo che risaliva ad un anno addietro, perciò non era
stato un dono dal significato particolare: lui non glielo aveva dato
sognando di sentirlo su di lei, quanto come regalo di circostanza,
probabilmente scelto per la bellezza della confezione.
Da quando l'aveva, lei la metteva in
bella mostra nel suo comodino,
davanti allo specchio, semplicemente perché le piaceva.
Questo
bastava a rendere Yuichiro soddisfatto della propria perspicacia:
sorrideva sempre quando vedeva quella boccetta. Non le chiedeva mai se
metteva il profumo, né tentava di annusarla;
purtroppo, non
sembrava avere un naso molto sensibile agli odori, al contrario di lei.
Il cartoncino col logo della profumeria
non aveva ancora perso il
proprio aroma, pensò, odorandolo ancora una volta. Portarlo
al naso le dava alla
testa esattamente come durante il pomeriggio.
Era davvero un profumo da persone
adulte. Sofisticato. Sensuale,
persino.
Yuichiro scelte di entrare in camera sua
proprio mentre lei stava
arrossendo.
«Rei!»
Sobbalzando sul letto, lei nascose il
cartoncino sotto il sedere.
«Yu.»
Lui cercò di capire se era
successo qualcosa, poi
lasciò perdere. «Ho avuto un'idea
grandiosa!»
«Ah sì?»
Per caso aveva scelto di non
andare in
vacanza dai suoi? Quella sì che sarebbe stata una
novità.
Lui si sedette sul materasso.
«Quando tornerò a casa,
avrò ancora dei weekend liberi. Ho chiesto al
maestro.»
«Ah-ha.»
«Potremmo andare da qualche
parte, insieme.»
Ad esempio? «In
piscina?»
Lui era ancora entusiasta.
«No, pensavo...» Si
calmò. «In montagna. Al mare? Dove
vogliamo.»
Una gita fuori porta? Insieme?
«Ho tanti posti da farti
vedere»
continuò a sorridere lui felice. Innocente, a dirla
tutta. Non aveva forse in mente di pernottare fuori? Loro due, da
soli... che passavano la notte lontano da casa?
Non seppe che espressione mostrargli.
«Hai chiesto... E il
nonno ti ha detto di sì?»
«Hm?»
Ad un nostro viaggio da
soli? Capì che non voleva porre sul serio
quella domanda. «Ci penseremo.»
Non vederla entusiasta della proposta lo
deluse.
Lei non seppe come dirgli che ce l'aveva
soprattutto con se stessa: non
era in grado di decidersi su come agire - o come sentirsi - in merito a
una
questione fondamentale.
«Com'è andata la tua giornata?» gli
chiese invece.
Yuichiro smise di studiarla e si
rilassò. «Un
bambino oggi
ha rovesciato un cono gelato sui gradini del tempio. Non sapevo come
spiegare alla madre che non era grave, lo ha sgridato troppo.»
«È stata colpa di
lei. Non doveva lasciargli portare il cono
nel santuario.»
Yuichiro annuì.
«Gli ho dato di nascosto un
omamori per la
fortuna negli studi. Gli ho detto che, se prenderà buoni
voti,
sua madre si dimenticherà presto di oggi.»
Rei sorrise. «Un buon
consiglio.»
Yuichiro era già saltato ad
un altro pensiero.
«L'estate
sta facendo crescere troppo l'erba. Tuo nonno ha detto che ce la siamo
cavata
per tanti anni senza un nostro strumento per tosare. Anche questa volta
chiamerà qualcuno per sistemare tutto.»
«Sai com'è fatto...
Crede che ci sia poca
spiritualità nel sistemare meccanicamente questi problemi.
Lo
lascia fare a terzi, se proprio deve.»
«A me piacerebbe tosare
l'erba» rifletté
Yuichiro.
«L'ho visto fare ad un
giardiniere una volta. Era divertente.»
Il suo pareva più un
desiderio di giocare che di
lavorare.
«Se vuoi divertirti con quella macchina, forse è
più adatta in una
pista di
go-kart.»
«O al luna-park dove fanno gli
autoscontri» si
illuminò lui.
Era un bambino cresciuto. Le venne in
mente una domanda improvvisa. «Non hai mai voluto
un
auto?» Yuichiro appiedato era un'immagine che si era stampata
talmente bene nella sua testa che non si era mai azzardata a chiedergli
perché non avesse una macchina. Per qualche tempo aveva
semplicemente creduto
che lui non se la potesse permettere. Di certo al momento non poteva,
ma in una vita passata...
Yuichiro scrollò le spalle.
«Le macchine non fanno
per me.»
«In che senso?»
«Una volta ho provato a
prendere la patente, ma mi
distraevo.»
All'esame, con le domande?
Lui mimò la guida al volante
con le mani. «È
bello
guidare una scatola che si muove, ma io volevo essere... libero.
Guidando
bisogna rispettare la segnalatica, stare attenti ai semafori, alle
altre macchine... a non mettere sotto qualcuno.» Rise.
«Preferisco camminare. Mi guardo intorno senza
preoccupazioni, e non rimango bloccato negli ingorghi.»
Incrociando le gambe, lei si sporse in
avanti. «Sei
strano.» Ma appoggiò le mani e il mento sulla sua
spalla.
«Un giorno guiderai tu per
tutti e due.»
Sentirlo parlare di futuro la
addolcì.
«Ti porterò dove pare e piace a me.»
Yuichiro le baciò il naso,
provocandole una risata.
«Ascolta...»
iniziò lei.
Lui stava muovendo le narici.
«Hai messo su un profumo?» Si
avvicinò allo spazio tra il suo naso e la bocca, per
odorarla
meglio.
Lei si sentì ridere.
«È solo un campioncino che
ho annusato prima.»
Lui soppesò l'odore nella
propria mente. «È...
buono. Ha qualcosa di strano.»
Preferì non fargli capire
cosa. «Volevo parlarti
proprio di questo. A te... piacciono gli odori?» Chiedere
direttamente era il metodo migliore.
La domanda lo confuse.
«Sì, insomma... Se
un odore ti attira, ti viene
voglia di
annusarlo meglio?» Solo su una cosa non aveva dubbi: Yuichiro
amava l'odore dei cibi.
«Certo che mi piacciono i
profumi. Del cibo. Degli shampoo.
Di te.»
Ah sì? «Ma non mi
annusi molto.»
«Eh?»
Non faceva come lei. «Se a me
piace un odore, posso
stare a sentirlo per ore.» Infatti a volta faceva fatica a
staccarsi da lui.
«Se io facessi la stessa cosa,
credo che
sarebbe...» Yuichiro concluse con un sorriso incerto.
«Con te mi trattengo. Sento bene il tuo odore, Rei. Me lo
ricordo anche quando non ci sei, tanto è buono.»
Così la faceva sentire una
torta deliziosa.
«Hm. Annusa a volontà, allora.» Gli
offrì il collo e un brivido le
corse lungo la schiena. Il tremito sapeva di audacia e
anticipazione. «Se sono buona, mangiami pure un
pochino.»
«Non c'è un
'se'» disse piano lui,
sorridendo
appena. Affondò il naso sotto il suo orecchio,
solleticandola
col respiro.
Le venne voglia di ridere e mordersi la
bocca, per non lasciarsi
scappare nemmeno un piccolo ansito. La sensazione che le
provocava il suo alito sulla pelle era...
Lui la abbracciò per la vita.
«Mi piace
molto.» La strinse forte.
Morsi o baci l'avrebbero fatta
capitolare, ma l'abbraccio la fece
cedere completamente. Era giusto provare quelle sensazioni, no? Sentire
il corpo che si scioglieva, anche se vivevano tutti e due a casa di suo
nonno e forse non avrebbero dovuto. Un giorno non avrebbero
resistito, era inevitabile.
Lei voleva che succedesse in quella
casa. In quella stanza, forse. In
quella situazione, mentre erano innamorati e a lui non davano ancora
fastidio i suoi difetti, mentre i loro litigi erano ancora leggeri,
mentre sentiva di potersi fidare in tutti i modi di lui e che perdere
la testa insieme non le avrebbe mai fatto male, neppure un giorno
lontano.
Erano incertezze possibili solo quando
non lo guardava negli occhi.
Scostò la testa e la
abbassò, cercandolo. Si
prese il bacio leggero che Yuichiro chiese prima di lei.
«Sarei stato capace di non
muovermi più.»
Credeva a ogni sua parola, pensava solo
che fosse... troppo.
Si fidava di lui, ma stava ancora imparando a... ad affidarglisi. Ad
affidarsi n
generale. Aveva
fiducia in anime pure come quella di Usagi e delle sue amiche; persino
nel fatto che
Yuichiro avesse un cuore più luminoso di quanto potesse
credere
qualunque mostro. Ma non per questo lui non era dotato di
un cervello: Yu poteva scegliere di farle del male quando voleva, anche
involontariamente. Sarebbe stato molto più efficiente delle
ragazze se ci avesse provato e già
con loro.... Con ogni giorno che passava, Rei lo dotava sempre
più di quel potere. Se l'amore avessero cominciato a farlo,
invece
che provarlo solamente, il potere che Yuichiro avrebbe avuto su di
lei
sarebbe diventato enorme.
Sarebbe bastata una mezz'oretta passata a
sentire il suo odore, mentre
lui la toccava dappertutto, e per lei sarebbe letteralmente finita: non
sarebbe mai
più stata una persona unica da sola, non avrebbe mai
più
respirato un'aria che non gli avesse ricordato quell'esperienza, il
bisogno di lui.
Aveva paura, riconobbe, accettando di
aprire la bocca per un bacio
più lungo. Ma desiderava il suo Yuichiro, voleva sentirsi
abbracciata e toccarlo, mettere
la mano dentro i suoi vestiti e... tutto quanto, voleva tutto. Fammi smettere di
pensare. Continua.
Respirando forte, Yuichiro
allontanò la testa. Rimase a guardarla.
«... più tardi vuoi uscire?»
Una parte di lei lo ringraziò
per l'interruzione, ma
un'altra
parte - più grande o più piccola? - volle
ucciderlo. Ne
sorrise. «Dove?»
«Voglio un gelato. Ormai
è estate fonda,
è bello uscire di sera. Voglio farlo con te.»
Era stata molto intelligente a
scegliersi un ragazzo dolce e mite:
l'affetto le faceva un mondo di bene. «Certo. Senti... Se ti
compro un regalo solo perché sì, tu lo
metti?»
«Qualcosa che si
mette?» sorrise lui. «Lo
voglio. Se tu me lo vuoi addosso, lo voglio.»
Diavolo, era troppo facile.
«Allora domani lo
compro.» Si staccò
dall'abbraccio, per non essere tentata già in quel momento.
Doveva andare a contare i suoi risparmi.
Yuichiro si alzò in piedi,
felice. «Sono curioso.
Che cos'è?»
«È una
sorpresa» gli rispose lei. Una sorpresa per
lui e una sfida per lei. Non sapeva se avrebbe potuto resistere alla
combinazione di due cose
che già separatamente adorava, ma voleva la tentazione.
Voleva
la sfida e l'eccitazione. «Ti do questo regalo
domani.»
Per poter contare i soldi in pace, lo
mandò fuori dalla
stanza.
Il pomeriggio seguente, uscì
dal negozio con le tasche
più
leggere, un profumo avvolto nella sua raffinata scatoletta e
un'importante decisione.
Quello sarebbe stato un regalo a se
stessa.
A Yuichiro avrebbe comprato una camicia
carina; il profumo non era
adatto a lui. Okay, sia Yuichiro che il profumo mandavano in
estasi i
suoi sensi, ma in due modi completamente diversi. Il profumo... beh,
aveva quel profumo.
Mentre Yuichiro... Lui aveva un suo odore che sapeva di
ragazzo semplice, lavoratore, affettuoso... intenso, a suo modo.
Mischiare
quegli aromi sarebbe stato come mettere insieme cioccolato e
marmellata. Qualcuno praticava pazzie simili, ma due cose buone
andavano gustate nella loro genuinità, senza cercare di
affossare quello che erano con un'unione scriteriata.
Distruggere? Quant'era drammatica. Le
era solo venuto un brutto dubbio,
mentre si beava ancora una volta dell'odore del Profumo. A Yuichiro
poteva non piacere rendersi conto che quell'odore le era gradito.
Non
c'entrava nulla con lui, Yu poteva pensare che lei lo volesse diverso
da com'era in realtà: più grande, più
misterioso,
più sicuro, con ambizioni importanti, con un lavoro diverso.
Quel profumo
rappresentava un tipo di uomo che lui non sarebbe mai stato. Per
lei non
aveva alcuna importanza: non voleva una persona
così
accanto. Voleva solo il suo ragazzo e, occasionalmente, desiderava
bearsi di
un'aroma che le provocava piccoli brividi di estasi olfattiva.
Era solo un profumo - IL Profumo.
Fermamente convinta di quella
separazione di piaceri, a
Yuichiro regalò infine una camicia azzurra e bianca dalle
maniche corte, pulita
nelle linee senza essere troppo seria.
A lui piacque molto.
E furono tutti felici e contenti.
... ma lei, no.
Annusava il profumo la mattina, prima di
andare a scuola. Poi andava da
Yuichiro; salutandolo con un bacio, indugiava col naso anche su di lui.
A
Yuichiro piaceva molto quando finiva col baciarlo di nuovo, si stampava
in faccia un sorriso largo da ebete.
Di pomeriggio lei continuava a non saper
resistere. Erano soprattutto i
compiti di matematica a metterla in difficoltà: le
tormentavano la testa, portandola alla ricerca di un rapido sollievo.
Il profumo era sulla scrivania, accanto al portapenne. Lo inspirava
forte, fino a farselo arrivare dritto nel cervello. Inebriarsi in quel
modo
divino le impediva di rimanere ferma a lungo: si alzava dalla
sedia, usciva dalla stanza e andava a cercare Yuichiro. Al pomeriggio
non si azzardava ad abbracciarlo senza una ragione, si
sentiva stupida. Se ne stava lì a parlargli del
più e del meno, finché lui non si decideva a
ignorare i piccoli passi con cui lei indietreggiava inconsciamente, e
trovava il modo per stringerla, pure per un attimo solamente. Quel
momento era la sua salvezza: si ricordava dell'odore di lui e tutto
tornava a posto.
Fino alla sera, almeno. Quando il sole
calava, la boccetta di
profumo malefica la tentava di nuovo col suo fascino irresistibile.
Non saperle resistere la faceva sentire
in colpa. Accadeva sempre dopo
che Yuichiro si era già ritirato in camera sua e lei certo
non poteva andare da lui a quell'ora. Non di notte. Non nella sua
stanza.
Potresti,
sembrava ricordarle il profumo.
Dopo tre giorni di quelle stupidaggini,
Rei si decise a mettere in pratica l'unica soluzione possibile.
«Chiudi gli occhi»
disse a Yuichiro, all'inizio di
uno dei loro piccoli appuntamenti serali, nel corridoio aperto che dava
sul giardino, fuori dalla sua stanza. La serata era fresca e deliziosa.
Lui obbedì.
«Perché?»
«Perché
sì. Ti metto una
cosa.»
Lui si limitò a piegare la
testa, curioso.
Lei gli strofinò addosso il
polso intriso di profumo, sotto
la mascella e dietro l'orecchio.
La sensazione di bagnato lo fece
sorridere. «Acqua?»
«No, è... una cosa
che mi hanno fatto
provare.»
«Un profumo»
aprì gli occhi lui.
Ignorandolo, lei cercò di
accostare il naso, ma per una
volta Yuichiro si negò. Si ritrasse e piegò il
capo, cercando di annusarsi da solo. «Ma non
è...? Te l'ho sentito addosso in questi
giorni.»
Lei si sentì puntata da mille
riflettori, piccola e
indifesa. «Ah...»
«Te lo sentivo sul naso,
pensavo... Invece è un
profumo da uomo.» Una constatazione nuova, non una domanda.
«Sì»
deglutì lei.
«Il fatto è che... Mi piace. Voglio
regalartelo.»
«Un altro regalo?»
Il suo sorriso fu incoraggiante.
«Mi piace davvero
tanto.» Confessare la debolezza
la fece sentire nuda, ma stranamente a suo agio. «Quindi
pensavo...» Cercò di scrollare le spalle.
Yuichiro aveva ripreso ad arricciare il
naso contro la propria spalla.
«È un profumo... da te» concluse.
«Ma non è che
io-»
«Mi fa sentire
diverso.» La mezza risata la
confuse. «Grazie.» La mano che Yuichiro
aprì nella sua
direzione fu molto chiara nella richiesta.
Rei si alzò e si diresse in
camera. Ne uscì fuori
col rivale di lui, finendo col cederglielo senza rimpianti. Vederlo tra
le
sue dita fu una liberazione.
«Io ti avevo comprato
questo.» Yuichiro
rovistò nella tasca dell'hakama azzurro. «Per
ringraziarti della camicia e perché per il tuo ultimo
compleanno... Volevo rifarmi» sorrise.
Le porse una piccola scatola bianca dai
bordi neri. Il logo impresso
sulla confezione le fece spalancare la bocca.
«!!!»
esclamò.
A Yuichiro bastò come
ringraziamento.
«È- è-
è-...» Distrusse la
plastica che proteggeva la scatola e la aprì velocemente,
attenta a non rovinarla nemmeno su un lembo. La boccetta di profumo
ambrato era il suo desiderio proibito da secoli!
«Mi hanno detto che
è uno dei migliori. A me
è piaciuto.»
Senza ascoltarlo, lei se lo
spruzzò su una mano e se lo
portò al naso. Morì di un piacere assoluto.
Yuichiro annuiva soddisfatto.
«Sapevo che eri come me.
Anche io non resisto agli odori.»
«Non è
vero.»
Lo lasciò interdetto.
«Invece
sì.»
«Io sono molto più
sensibile ai profumi rispetto a
te.» La miglior fragranza da donna che esisteva al mondo la
stava facendo straparlare. «Quando ne scopro uno che mi
piace,
sono capace di continuare a sentirlo, e risentirlo, e sentirlo
ancora...»
«Ti ho già detto
che è quello che
faccio io con te» sorrise lui, scuotendo la testa.
«Ed era quello che stavi facendo tu con questo profumo,
vero?» Si indicò il collo.
Il silenzio era una risposta d'oro,
pensò Rei.
Yuichiro appoggiò la propria
boccetta scura a mezzo metro da
loro. Senza incontrare proteste, fece lo stesso con la bottiglietta
squadrata e ambrata di lei.
«Bastiamo da soli.»
Questo era vero.
«Grazie.» Lo abbracciò
per il fantastico regalo. Doveva essersi finanziariamente dissanguato.
Stringendola per la vita, lui le
premette le labbra sul mento.
«Non metterlo troppo spesso. Senza niente addosso, tu sei
già così...» Con un secondo bacio,
creò una
minuscola scia. Proseguì, pianissimo, senza fretta, verso il
suo orecchio.
Lei divenne un fascio di sensazioni
rigide e troppo delicate, pronte ad
esplodere.
Fece l'errore di abbassare
repentinamente la testa. Si
ritrovò a contatto con il Profumo mischiato al suo vero
odore preferito, quello che - aspirato troppo a lungo - le spegneva la
testa.
Gli cedette con bandiera bianca.
Baciò il suo Yu sul collo e
lo sentì farsi
rigido. Si ritrovò a poter baciare solo la sua bocca, ma
diavolo se fu sufficiente. Meraviglioso. Assoluto, completo. A parte
quella fastidiosa insistenza ad allontanarsi col corpo...
Accennò a protestare, ma Yuichiro le prese la testa tra le
mani. Le aprì la bocca con la sua e lei cercò al
tempo stesso di arrendersi e conquistarlo. Soprattutto di conquistarlo,
decise alla fine. Voleva mangiarsi il suo sapore, divorarlo. Oltre ad
un olfatto sensibile, però, aveva anche un senso del tatto
particolarmente sviluppato, soprattutto sulla bocca. Si impose di
accontentarsi dello strofinio leggero contro la labbra;
cominciò a terminare il contatto con baci brevi, di durata perfetta, poi fu
avida: volle dei baci veri, che erano troppo...
Lui riuscì ad allontanare il
viso senza interruzioni brusche.
«Devo dirti una cosa.»
Hm?
«Parto dopodomani, con un paio
di giorni di
anticipo.»
...
cosa?
«Così torno
prima» cercò di
spiegarle Yuichiro.
La smorfia colpevole fu l'unica cosa che
non la fece esplodere.
«Stavi cercando di farti... perdonare?»
Per questo le aveva comprato il profumo?!
«No! Non c'entra niente! Parto
due giorni prima
perché voglio bene alla mia famiglia, ma voglio passare del
tempo anche con te.» Alzò due dita. «Se
prendo il primo weekend, poi riesco a guadagnarne uno alla fine. Per
allora tu non avrai più la scuola, mentre
adesso...»
Era un ragionamento troppo sensato per
farla arrabbiare. Proprio
perciò, se la prese con lui e voltò la testa,
guardando lontano.
«Mi mancherai, Rei.»
Si trattava solo di un paio di
settimane. Inoltre, lui l'avrebbe
chiamata tutti i giorni, era inevitabile. Yuichiro non
riusciva a resistere standole lontano, mentre lei... Lei era
più indipendente.
Ripensare agli ultimi secondi le fece
decidere che un periodo di
casuale separazione poteva essere una buona idea: aveva bisogno di
riflettere e perciò non poteva esserci lui di mezzo. Le
annebbiava la testa.
«Sei arrabbiata?»
«No. Capisco che devi andare
dalla tua famiglia.»
Una parte stupida e davvero piccola della sua mente si risentiva nel
sapere che sarebbe partito, preferendo loro a lei. Ma in fondo era
felice per lui: aveva tutta una famiglia di
persone che lo amavano. Non era come lei, che aveva solo il nonno come
consanguineo che le voleva bene. Naturalmente, sorrise, aveva anche
le sue amiche.
«Non mi sentirò
sola.» Poteva
sopravvivere senza di lui, doveva dimostrarselo. «Ci sono le
ragazze, andrò da qualche parte con loro.»
«Non ti
mancherò?»
Nella domanda di lui vi fu una dose di
minuscola sicurezza che le diede
fastidio.
Tanto, torna presto.
«Abbiamo passato tutti gli
anni le vacanze
separati» gli disse invece. «Anche per
più di due settimane» Riuscì persino a
scrollare le spalle; la nonchalance la faceva sentire stabile.
«Quest'anno sarà più piacevole
rivederci al tuo ritorno.»
Lui annuì, esitante.
Lei si sentì d'improvviso
crudele. «Abbiamo un
rapporto sicuro.» Cercò di essere più
romantica. «Teniamo troppo l'uno all'altra perché
la lontananza possa essere un problema, no?»
«Non volevo dire
questo.»
Infatti lei stava facendo confusione.
«Quando tornerai,
sarà bello.» Veramente
bello, ma non lo aggiunse. Era verbalmente impedita coi
propri sentimenti.
Yuichiro tentò di leggere il
suo silenzio. Forse ci
riuscì, comunque le prese una mano. «Dimmi dove
vuoi andare quando tornerò. Ci hai pensato?»
Un po'. Al mare, in
montagna. «Non ho idee.» Dove saremo insieme.
«Il nonno ci lascerà andare?»
«Gite andata e ritorno di un
giorno, perché non
dovrebbe?»
Ah. Niente pernottamenti. Non
permise alla delusione di sconfiggerla. Appoggiò la testa
contro la spalla di lui, dal lato in cui
non c'era alcun altro profumo che non fosse il suo. «Al
lago?»
E si sarebbero potuti inventare un
temporale estivo all'occorrenza, se
avessero voluto, per rientrare solo il giorno dopo. Se fossero stati
pronti. Se lei... avesse imparato a non essere stupida.
Nella brezza fresca della sera estiva,
il braccio di lui attorno alle
spalle fu solamente piacevole.
«Conosco un bel posto. Si
può anche fare il
bagno.»
«Ha la sabbia?» Un
asciugamano sulla spiaggia.
Sdraiati insieme.
«No, le pietre. Ma sono lisce
e la spiaggia ha la sabbia. È
un po' dura, non come quella del mare.»
«Mh.»
Yuichiro le strofinò
indolente il braccio.
Non parlarono per un po'.
«Il tuo profumo mi piace
tanto, Yu» disse infine
lei.
«Più di quello che
hai comprato?»
Risero piano.
«Hm-mh. Quindi non
è vero che non sei sensibile
agli odori?»
«Il tuo posso sognarmelo. L'ho
fatto per tanto
tempo.»
... per anni.
Che cos'erano pochi giorni di lontananza
in confronto? Che cos'erano
timori infimamente codardi di fronte al loro bisogno? Lei non lo
avrebbe lasciato andare via, nemmeno se lui avesse cercato di farlo.
Avrebbe alimentato il loro amore finché avesse potuto, anche
se - magari - non ne era capace.
Ma lui lo voleva, l'avrebbe aiutata.
Sei mio.
Respirare l'aroma della sua tunica non
la inebriò, la
convinse.
Sarò tua
anche io.
Con quel salto nel vuoto rimase in
piedi, seduta accanto a lui, stretta
in un abbraccio tranquillo.
Le decisioni che sembravano
più difficili, sorrise, erano
sempre fin troppo facili.
NdA: Buon anno!
Questo episodio è ambientato poco prima dell'episodio 4 di
Interludio, quando Yuichiro va a trovare la sua famiglia. Non
rileggetelo, devo revisionarlo, è scritto malissimo
ç_ç Lasciando da parte le lagne, sarei
contentissima di sapere cosa pensate di questo scritto del primo
dell'anno.
In arrivo tante altre cose in questi giorni :)
Alla prossima!
ellephedre
|
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Capitolo 5 *** Episodio 5 - Mani ***
E fummo noi
E fummo noi
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon
non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di
Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Episodio
5 - Mani
«Le giovani di questa sera stanno
scalpitando dietro
il
palco, perciò non perdiamo altro tempo! Amici, ecco le
vostre bellissimeeee...
Happy girls!!»
La tenda argentata
volò via
in
uno scintillio di luci, lasciando spazio alla discesa delle
concorrenti.
Dieci ragazze in fila indiana andarono a formare un
cerchio attorno al conduttore.
Tip-tap-tappete-tap, tap-tap-tipete-tap.
Ballavano al ritmo della
sigla del programma, dimenando i fianchi, le
braccia in aria
come un branco di
pavoni
fieri. Roteando su se stesse, sfoderavano espressioni da bambolina e
corpi
seminudi, solo i bikini fluo a preservare un minimo di
decoro.
Rei si ricordò la
ragione per
cui, in casa, non cenavamo mai
prima
delle otto: alle sette e mezza il salotto diventava il regno di Happy
Girls, il preserale preferito di suo nonno.
«Vai!»
canticchiava
lui, ignorando
il suo piatto di
cibo e ballando a tempo con le ragazze.
Che pena.
Rei cercò la saliera: il riso era ben cotto, ma poco
saporito. «Yu, passami il sale.»
Un secondo trascorse invano perché a quanto pareva
pure il
suo ragazzo stava osservando incantato la televisione.
Lei
gli rifilò un calcio sotto il tavolo.
«Ehi!»
«Cosa-?
Ah!» Lui fu
lesto a riempirle le mani con
la saliera. «Scusa.»
«Incredibile! Non basta il nonno a fare
da
maniaco in questa casa?»
«Hm? No, io
guardavo
la piscina dietro le ragazze!
Il fumo,
vedi?»
Lei si voltò a guardare. Lo schermo le
rimandò l'immagine di una
piscina
termale a lato della scenografia, le acque di un azzurro tanto
cristallino da aver conquistato persino la telecamera. «Mi
prendi in
giro? Dove sarebbe il fuoco?»
«Mi riferivo al
vapore fumante
della piscina. Mi fa invidia.
Per un
bagno così noi dobbiamo accendere la stufa, poi riscaldarla
soffiando forte sul legno per alimentare la fiamma,
altrimenti...»
Yuichiro si rese conto di aver parlato troppo. «Non mi sto
lamentando,
maestro.»
Suo nonno aveva smesso di
guardare la
tv, gli occhietti
d'aquila puntati su una preda grossa tre volte lui, ma
intimorita.
«Quella
stufa ha un
passato
glorioso, ragazzo! Prima che arrivassi tu. ero io a soffiarci dentro
ogni volta. Ho più del doppio dei tuoi anni, ma dalla
mia bocca non
è mai uscito un 'ah' di protesta! I giovani d'oggi non
riconoscono più il valore della fatica»
bofonchiò.
Ovvero, della fatica di
Yuichiro,
pensò Rei. «Nonno, anche a
me piacerebbe avere una
stufa elettrica. Ma chiudiamo il discorso, non ho voglia di
litigare mentre stiamo mangiando.»
Invece di zittirsi, suo nonno
continuò a borbottare sotto
voce.
Casa mia,
questi ragazzi, bah.
Bah,
spettava
dirlo a lei. Il
nonno era un testardo. In futuro sarebbe riuscita a
convincerlo che la casa stava diventando troppo vecchia,
ma era
una battaglia che avrebbe intrapreso a tempo debito. Anni fa aveva
pensato ad un piano:
appena fosse cresciuta abbastanza da trovarsi un lavoro, avrebbe
minacciato di trasferirsi. Al nonno l'idea non sarebbe
piaciuta, così, per farla restare, le avrebbe
concesso un
impianto di riscaldamento nuovo di zecca.
Le era parsa una strategia
intelligente,
ma oramai presentava due
grosse
falle.
Per prima cosa, il nonno avrebbe giudicato
positivo che lei crescesse e facesse la sua vita, anche lontano da lui.
Lo sentiva parlare sempre
più spesso di come da giovane se ne
fosse andato a scoprire il mondo, per diventare un
adulto completo.
Inoltre Rei non poteva dimenticarsi di
Yuichiro.
Non erano
più solo
amici, avevano iniziato
una relazione. Vivere sotto lo stesso tetto si era rivelato
immensamente comodo: lo vedeva di mattina, poteva abbracciarlo
quando tornava a casa, e la sera si ritagliavano un quarto d'ora
insieme, al buio, per baciarsi fuori dalla sua stanza.
Sperava davvero di convincere suo nonno che sarebbe
fuggita
da quel
piccolo paradiso? Poteva funzionare se diceva che Yuichiro si
sarebbe trasferito con lei, ma a quel punto il nonno avrebbe frainteso
le loro intenzioni e tornare indietro sarebbe stato impossibile. Lei
non voleva davvero andare via dal tempio. Anche se...
Fuori
di casa avrebbe potuto godere di un bagno moderno - con le
piastrelle rosa - e magari di un salotto arredato secondo il suo gusto
personale. E di una vista con balcone? Purtroppo l'appartamento sarebbe
stato piccolo, era un problema di tutte le abitazioni
giapponesi. C'era da considerare anche Yuichiro, che non si
sarebbe trovato bene in un posto privo di giardino.
Stava ignorando un enorme
vantaggio: se lei e Yu avessero
avuto
una casa tutta loro, avrebbero potuto fare tutto quello che volevano,
sia di giorno
che di notte, senza preoccuparsi che il nonno fosse in agguato a
controllarli.
Magari Yuichiro si sarebbe... lasciato andare?
Voleva davvero abbandonare suo nonno per
una questione del genere? Era
un non-problema che si sarebbe risolto rapidamente da solo.
Un sospiro esaltato la mise
sull'attenti.
Il nonno era balzato sul
tavolo.
«Quella ha perso il
costume!»
Alla tv una delle concorrenti
lanciò un
gridolino e corse a sistemare il top del bikini, rossa in volto. La
telecamera indugiò sulla sua scollatura e il presentatore
scoppiò in una risata. Lo spettacolo era pietoso, degradante
per
qualunque donna.
Suo nonno si era stampato in faccia un'espressione
indecente, mentre Yuichiro... La mascella le cascò
a
terra: lui stava guardando lo schermo a bocca aperta.
Brutto-!
Afferrò un bichiere e gli gettò tutto l'acqua
dritto in quegli occhi da pervertito.
Lui affogò,
colpì
il tavolo con un ginocchio e
dopo l'urlo di dolore saltò in piedi. «Cosa-?!»
«Sei un
maniaco!»
Lui capì di essere
finito
dentro il vulcano acceso della sua
ira. «Aspetta! Stavo solo-!»
Fissando le
tette di
quella lì! Si mosse
per tirargli il collo e sentì bruciare ogni
muscolo
per lo sforzo di trattenersi. Se gli avesse messo le mani addosso non
sarebbe riuscita a controllarsi. Lo
avrebbe atterrato, schiacciato, schiaffeggiato, lo avrebbe...!
Schizzò fuori dal
salotto, le
risate alte di suo nonno
che la
seguivano in corridoio.
«Rei!»
Quell'idiota del suo ex-ragazzo
non
aveva colto il messaggio, la stava
seguendo. «Stammi lontano!»
«Ma io davvero non
stavo-!»
«Risparmiartela!»
Maniaco che non era altro!!
«Rei!»
La supplica non la commosse,
erano solo
trucchetti infimi.
Non aveva
voglia di vederlo, di sentirlo, di sapere che esisteva! Voleva
che evaporasse! «Sparisci!»
Arrivò alla
sua stanza e
sbatté la porta di
lato, con tutta la forza che aveva.
«Ascoltami! Mi
dispiace, ma io...»
Oh, in quel momento dispiaceva
a lei di
avergli concesso anche solo un
briciolo di attenzione! Gli aveva permesso di farla sentire una
stupida!
«Tornatene di là! Sono
così arrabbiata con te che ascoltarti mi
fa salire la bile!»
La faceva fremere il solo
sentirlo
respirare convulsamente
dietro la porta, alla ricerca di parole inutili.
Lui abbassò la voce.
«Mi dispiace. Ma non
perché... In realtà io...»
«Hai
detto
abbastanza! Ora va' via.» Non era nemmeno in grado di
scusarsi a
dovere, idiota che non era altro. Se si azzardava a buttarle addosso
una giustificazione inesistente, lei avrebbe dato di matto!
«Parlo sul
serio! Non voglio sentirti dire nient'altro, vattene.»
Dietro la porta vi fu silenzio,
un
mutismo carico di parole che
rifiutava la resa.
Ma lei era ferita.
Basta, per
favore.
Era delusa, si
sentiva ridicola. Si sentiva messa sullo stesso piano di
un'oca
senza cervello
dentro un televisore. Che
umiliazione.
Udì il suono di
passi che
prendevano la via del corridoio,
in direzione della cucina.
Il suo cervello si
rilassò.
«Scusa.»
Fu l'ultima cosa che
udì da
lui prima di essere lasciata in pace
per il resto della notte, a stomaco vuoto.
Bella dieta.
Per il mattino seguente, si era
calmata.
Nella sua testa era stata
siglata una tregua provvisoria tra due fazioni in lotta,
entrambe armate
di ordigni nucleari pronti al lancio. Incontrò Yuichiro a
metà corridoio, prima di girare
l'angolo. Lui era seduto per terra, la schiena appoggiata alla parete.
L'aveva
aspettata per non lasciarla andare a scuola di soppiatto.
Non mi abbasso
a certi
giochetti, pensò lei.
Lui scattò in
piedi. Sotto
gli occhi aveva due borse violacee che le strapparono un malcelato
sorriso di
soddisfazione.
«Rei.»
Si fermò a un paio
di metri
da lui, abbastanza vicina da
affrontarlo, e distante a sufficienza da fargli capire che tra loro vi
era uno spazio che era stato lui e solo lui a creare.
Yuichiro inspirò.
Ebbe un
improvviso momento di confusione,
poi si
inventò di sana pianta - probabilmente per la centesima
volta - parole su
cui aveva ragionato per tutta la notte. «Mi dispiace di
averti fatto
stare male. Ma
ieri non significava niente. Non l'ho fatto apposta, ma
cercherò di non farlo più.»
Cercherò?
Durante la notte, buttando da
parte
umiliazione e sentimenti personali,
lei aveva ragionato innanzitutto sull'estrema inferiorità
della
condizione maschile: per istinto tutti gli uomini erano dei
maiali, il gene della
perversione era
installato nel loro midollo. Come ragionamento non era servito a
calmarla, ma aveva placato i suoi istinti omicidi più
immediati.
Nemmeno il migliore degli uomini era
capace di
distinguersi oltre una certa misura, perciò poteva farne a
Yuichiro una colpa? Certo che sì, ma non abbastanza da
morirne
di rabbia e uccidere lui nel processo.
Se la sarebbe fatta passare.
Aveva
già un piano in mente.
«Ho deciso quale sarà la tua punizione.»
Se fosse stato un cane, a
Yuichiro si
sarebbero rizzate le orecchie.
Lei gli girò
intorno,
sorpassandolo.
«Rei?»
«Scoprirai cosa intendo.
Ora lasciami in pace, devo
mangiare.»
Naturalmente fu una richiesta
inutile.
Senza perdersi un suo passo,
Yu la seguì fino al tavolo della cucina.
«Ti ho
preparato del caffè.»
«Servimelo.»
Lui fu più che
felice di
adempiere alla richiesta mentre lei si sedeva soddisfatta.
Non avrebbe dimenticato presto,
ma la
sua vendetta sarebbe stata tanto
lenta e perfetta da ripagarla di ogni momento di pena.
Yuichiro lo
meritava. Forse la sera prima era stato solo sorpreso - in fondo si era
voltata a guardare anche lei, la nudità aveva quell'effetto
sulle
persone.
Ma lui si azzardava davvero a
interessarsi al corpo di
un'altra - anche solo per un microsecondo - quando aveva accanto una
ragazza meravigliosa a cui
non aveva mai cercato di mettere le mani addosso? Nel senso
più
viscerale del termine, ovviamente.
Baci e abbracci tra loro non si
potevano più contare, e alcuni baci erano stati davvero
intensi
e passionali, ma... Ma non avevano mai portato a niente.
Era normale
che Yuichiro non avesse ancora cercato di toccarla in una maniera un
pochino
più... intima? Bastava il seno, diavolo.
Ormai stavano
insieme
da più di un mese. Lei non era tanto maniaca da volersi
buttare a capofitto in una
rotolata sotto le lenzuola, ma iniziare a intravedere di striscio
l'esperienza l'avrebbe fatta sentire bene... Desiderata.
Era abbastanza bella da
suscitare quel
tipo di attenzioni,
no? Naturale! Si faceva simili domande solo perché
le era
capitato un
nonno maniaco che faceva notare al suo ragazzo altre donne nude.
Era tutta colpa del nonno e
di Yuichiro.
Qualcuno doveva pagarla cara.
«Ehm...» Lui le
mise davanti una tazza di
caffè. Si era seduto al suo fianco. «Mi piacerebbe
farti stare bene oggi. Chiedimi
quello
che vuoi. Qualunque cosa.»
Un aspetto positivo di quella
faccenda? Avrebbe potuto trattarlo come suo schiavo per mesi e mesi. Si
ricordò che non poteva
accontentarsi di
tanto poco, la faccenda era grave. «Preferisco la
punizione.»
Lui ne fu così
deluso che nei
suoi occhi comparve
persino un barlume di disapprovazione.
Con che coraggio?
«Ehi! Dire che ieri ero arrabbiata è
troppo
poco.»
«Lo so. Mi sono
già
scusato con te. Mi
dispiace, Rei.
Mi dispiace.»
Le sue promesse avevano sempre
un suono
bello e sincero. Non bastava
più; loro due avevano una
relazione che era fatta di piccoli problemi da affrontare alla radice.
«Ti sei chiesto perché mi sono infuriata
tanto?»
Lui esitò.
«A me
non interessa nessun'altra.
Guardo solo te
in quel modo.»
Se avesse già messo
in
pratica quelle parole, lei non si
sarebbe sentita tanto umiliata. «Sai... Io e
te passiamo troppo tempo a stringerci le mani come bambini.»
Fu come se gli
avesse detto che
il sole era nero. «Non vuoi che ti tenga per
mano?»
«No,
ma per un po' potrai avere solo
le mie
mani. Ecco la
punizione.» Terminò di bere il
caffé e si
alzò
da tavola. Aveva appena fatto in tempo a voltarsi che Yu le
afferrò il polso.
«Vuoi dire
che...?»
Esatto, niente baci di saluto.
Lui
scostò la sedia con poca
grazia e provò ad avvicinarsi, ma lei scosse la testa e gli
strinse forte le nocche. Mosse le loro mani unite su e giù.
«Ci salutiamo
così.»
Inebetito, lui rimase a
guardare le loro
dita intrecciate.
«Solo con la
mano?»
«Sì.»
«Posso toccarti solo
la
mano?»
A volte era proprio tonto.
«Già.»
«Perché?»
Le scappò un
sospiro.
«Hai tutto il giorno per
pensarci. Io
devo andare a scuola.»
Lui non la lasciò
andare e quello che vide non le piacque. «Sarà
meglio
che
non pensi niente di questa punizione.» Soprattutto che era
una cosa
stupida, perché il vero stupido tra loro due era lui.
Yuichiro scosse debolmente la
testa.
Intristito, fece scorrere i
polpastrelli sul suo palmo, assaporando il contatto come se ne sentisse
già la mancanza. «A
più
tardi allora.»
Lei sfuggì dalla sua
presa.
«A dopo.»
Prima di pentirsi, corse a
scuola.
La testa nera di Rei sorgeva
sul
piazzale del tempio come il sole oltre
l'orizzonte nel cielo del mattino.
Era la cosa più
vicina alla
poesia che la testa di Yuichiro avesse
mai concepito, e tanto gli bastava.
Col passare degli anni aveva
imparato a
sostare davanti all'altare del
tempio dalle tre alle
quattro del pomeriggio, quando Rei faceva la sua comparsa sulla cima
delle scale, salendo velocemente gli ultimi gradini. Lei non lo aveva
mai cercato e lui se lo ricordava con un dolore nostalgico, che quasi
gli mancava.
In passato lo sguardo di lei era rimasto
fisso sul
boschetto, sul
pavimento, già rivolto verso la casa, con in mente il
pensiero
del momento. Amiche, la scuola, un esame, forse un altro ragazzo.
Un
ragazzo più bello di lui, più
intelligente e coraggioso? Meno degno, senza dubbio. Nessuno ti amerà come
ti amo io.
Ogni tanto lei
l'aveva inquadrato di sfuggita, regalandogli un cenno distratto. Lui
era rimasto ad osservarla mentre passava oltre, i capelli che le
cadevano sulle spalle come una coperta di seta. La gonna a
pieghe danza sulle sue gambe e
le sue mani stringevano sicure la cartella della scuola.
Per lui era il
sole del pomeriggio, che sorgeva per illuminare la seconda parte della
sua giornata.
Rei stava in un cielo che lui
non poteva
raggiungere. Si faceva
ammirare, era il dono che concedeva ad un misero mortale che
l'adorava da
lontano.
E oggi lei pensava davvero che poterla toccare solo sulle mani
fosse una
punizione per lui? Era una retrocessione - questo sì - ma il
dolore vero era sapere di averle causato un risentimento che lei non
aveva ancora dimenticato.
Era un problema che avrebbero
risolto
insieme, in un modo o nell'altro, in un tempo o nell'altro. Presto,
sperava lui. Ma non aveva né dubbi né incertezze
sul
risultato. Era semplice, inevitabile come il ritorno di lei a casa ogni
giorno.
Eccoti..
Rei
si affacciò sul piazzale dalla
gradinata, sorgendo nel suo piccolo mondo
di lavoro, a rendere sfocato l'ambiente circostante con la sua sola
presenza. Brillava.
Quando arrivava l'aria
si faceva più fresca e gli alberi suonavano col venti.
Poesia,
incanto.
Gli occhi di lei incontrarono i suoi. Questa volta
cercavano lui e nient'altro.
Gli venne incontro. Quel giorno
solo per
parlare ma... grazie.
Grazie.
Nella sua testa la ringraziava troppo spesso per avergli concesso
il favore di iniziare una relazione con lui, se ne rendeva conto.
Lei gli si parò
davanti
indolente, la cartella tenuta con
entrambe le mani a fare da barriera tra loro.
«Ciao.»
Non le era ancora passata.
«Ciao.»
«Oggi puoi lasciare a
me il
banchetto dei talismani.
È la
tua giornata libera.»
Lo sapeva. Ricordavano entrambi
come lui
l'aveva trascorsa nelle ultime
settimane. «Quindi non vuoi uscire insieme?»
Lei fece spallucce.
«Il nonno si è lamentato
di questo
lavoro extra che gli abbiamo dato.»
Era una pretesto.
«È stato lui a offrirci
un
pomeriggio alla settimana. Oggi ci tenevo a uscire con te.»
Lei osservò
distratta
l'altare. Guardava altrove - senza
rendersene conto - quando dentro di sé sapeva di comportarsi
in
maniera poco giusta. «Hai capito perché ce
l'ho con
te, sì o
no?»
«Sono stato un
verme.» Una frase che non poteva
essere sbagliata.
Le labbra di lei accennarono a
curvarsi.
«Io direi più 'maiale',
ma il verme è un altro buon paragone. Lasciando stare
ieri sera,
hai capito cosa c'è che non va?»
Eh?
C'era
qualche altro problema? Che cosa aveva fatto di male?
Con gli occhi lei
scavò una
fossa dentro la sua faccia,
cercando
di arrivare fino al suo cervello per vedere se ancora funzionava.
«Prima... non avevamo
litigato» tentò
lui.
Il sospiro di lei fu quasi un
sibilo.
«No. Ci vediamo
più
tardi, così ci pensi ancora.»
Ma lui non aveva niente a cui
pensare!
«Aspetta, spiegami.»
«No e oggi non ho
tempo
per uscire. Domani ho un esame,
me n'ero dimenticata.»
«Va bene,
ma...»
Capì di avere una
possibilità
quando la
afferrò per la mano e lei non si scostò.
«Qualunque cosa
sia, mi dispiace.»
«Non voglio
scuse, voglio che tu capisca.»
Non avrebbe mai pensato di fare
con lei
una conversazione tipo
marziano-venusiana, trovandosi davanti un'idioma a trabocchetto tutto
femminile che non aveva speranza di cogliere. Ma quella era
Rei
e lui sapeva bene cosa le passava per la testa. Doveva solo scoprirlo.
«Ho fatto qualcosa di
sbagliato.» Aveva bisogno di un indizio.
«Non hai fatto
qualcosa di
giusto, piuttosto.»
Oh. «Ieri
sera non ho insistito
abbastanza e
ti ho fatto passare la notte arrabbiata?» Era questa la sua
colpa,
essersi mostrato poco deciso?
Lei sfoderò un
sorriso
letale. «Non hai capito
niente.
Lasciami andare.»
Con quelle parole lo gettò
sull'orlo di un abisso senza
fondo. «Aspetta.» Non si
vergognò di prenderle il polso con entrambe le mani, per non
farla andare via, ma alzandosi dallo scalino dell'altare si
sbilanciò in avanti e finì addirittura in
ginocchio. Lei
ne fu infastidita: c'era una linea sottile tra l'adorazione
servile e il servilismo adorante. Quando lui si faceva calpestare come
un tappeto, Rei lo detestava più che mai.
Non commise di
nuovo quell'errore e saltò in piedi. «Volevo
solo dirti che oggi mi
sei
mancata.»
Lei guardò il suolo.
«Sì,
okay.» Fra le loro mani
unite
infilò le dita tra le sue, indugiando sul tocco per un unico
momento che volle concedere a entrambi. «Ci vediamo a
cena.»
Che cosa devo
capire?
Rassegnato a lasciarla andare, Yu le accarezzò la pelle
sottile tra
pollice e indice. Lei si staccò con un brivido quasi
impercettibile, e lui ebbe un'intuizione improvvisa che non aveva
nulla a che
fare con errori o colpe da trovare.
Cercando di non correre, Rei si
diresse
verso casa.
Si erano fatte le nove di sera.
Yuichiro trovò Rei davanti
alla sua
stanza, che scostava un pannello
del
corridoio per permettere all'aria di scorrere. Era quasi estate.
Per il caldo lei aveva legato i capelli con un nastro rosso,
nuovo.
Indossava una maglietta larga e comoda che le sfuggiva a scelta da una
spalla, accarezzandole il bicipite magro. Lei aveva giocato a
tirarla su per tutta la
durata della cena, senza capire che reazione gli provocava quel gesto
innocente.
La spalla scoperta adesso era
quella sinistra, ma le gambe erano entrambe nude, fasciate solo da un
paio di pantaloncini scuri di cui si vedeva a malapena l'orlo.
Lui si era reso conto che col
caldo
sarebbe cresciuta la tentazione. Lo
aveva sperimentato di anno in anno, puntualmente, con maggiore
intensità
con ogni estate che passava: Rei non aveva mai smesso di farsi
più grande, culla di bellezze senza fine. Quell'anno c'era
un
ulteriore
problema: ora lui poteva toccarla, ma non poteva davvero toccare.
Rispettava gli inizi in cui si
trovavano, nonché il suo
maestro - il nonno di Rei - che gli aveva detto di considerarlo parte
della famiglia. Non c'era bisogno di un discorso chiaro per fargli
capire che una fiducia simile richiedeva soprattutto un enorme
rispetto.
Nella testa di un vecchino come il maestro, le
libertà che lui aveva in mente erano lecite solo
all'interno
di un matrimonio. Yuichiro non
aveva
indugiato
troppo su quel futuro lontano. Forse per non morire di
disperazione, ma nemmeno a quello voleva pensare. Desiderava solo fare
le cose per bene, e
perciò non tradire la fiducia di nessuno. Aveva deciso di
frenarsi finché poteva; non sarebbe stato difficile, giusto?
Gli
piaceva
soffrire, in fondo, e guardare Rei tanto a lungo da sentire le dita che
prudevano dalla voglia di accarezzarla era un'agonia incredibilmente
piacevole.
Non che dovessero soffrire in
eterno
entrambi, senza un briciolo di
sollievo. Lei aveva proposto una penintenza che poteva trasformarsi in
una soluzione interessante. Proprio perciò, a un certo
punto
del pomeriggio, lui aveva smesso
di cercare la colpa di cui si era macchiato. Per quella sera si
sarebbe permesso di essere tentato. Tutte le misure di sicurezza erano
in piedi, non poteva esserci occasione migliore.
La raggiunse sul portico.
«Ehi» lo salutò Rei,
annoiata. Aveva passato il
pomeriggio a studiare
e non era di buon umore.
«Hai finito coi
libri?» le domandò lui.
«Ho
lasciato
perdere. Per una sola giornata ho
fatto troppo e
per una volta che non sono perfezionista...»
Sbuffò e si adagiò contro gli shoji che facevano
da parete alla sua
camera. «Non venire a darmi un'altra grana: hai
capito o no
cos'hai
fatto in tutte queste settimane?»
Settimane?
Un altro indizio fondamentale, da cui non si lasciò
distrarre. «Forse.»
«Allora
parla.»
L'unica idea che gli era venuta
in mente
non era adatta a essere
riferita a parole. «Pensavo a quello che hai
detto.»
Lei attese di sentirlo
continuare.
«Posso ancora avere
solo le
tue mani?»
Rei roteò gli occhi al
soffitto. «Sei senza
speranza.»
Lui la seguì dov'era
andata a
sedersi, sul lato
aperto del
corridoio. Le gambe di entrambi penzolarono sul giardino.
Yuichiro trovò una sua mano
prima che lei potesse portarla sul grembo, fuori dalla sua portata.
Lei era esasperata. «Yu, vuoi davvero
fare la
vittima? Mi
accontenterò di toccarle solo le mani, quanto sono bravo e
paziente. Mi sembra quasi di sentirti.»
Gli venne da ridere.
«Veramente avevo un altro
piano.» Sollevò il suo braccio e le
aprì la mano, allargando le sue dita recalcitranti. Le
calmò tutte quante con un bacio al centro del palmo.
Lei sussultò.
«Non è
permesso.»
«Non l'hai
detto.»
«Ho detto-»
«Che ho le tue mani.
Perciò...»
Usò il pollice
per
massaggiare le giunture delle sue ossa, sotto le nocche. La
sentì
trattenere un ansito debole: sicuramente aveva scritto tutto il
giorno.
«Intendevo che
potevamo solo stringerci
le mani» la udì chiarire.
Lui amava da
sempre la sua ritrosia, di più da
quando era in
grado di dissolverla. «Per me fare la vittima
è divertente. Posso continuare?» Le
sfiorò la
pelle del palmo con le labbra e soffiò piano.
Rei soffocò un
sorriso e un
brivido
che cercò di non fargli notare. «Non vuoi
capire cosa
c'è che
non va?»
Se n'era fatto un'idea, ma non
era
facile parlarne in maniera corretta.
«Anche se non ti ho visto» - non ancora, ma
immaginava, sapeva - «so
che tu sei molto più bella di quella ragazza.» Era
quello il
problema? Rei non aveva la quarta abbondante della ragazza alla tv, ma
lui avrebbe preferito la sua proporzionata, soda e morbidissima
terza fino al giorno della sua morte. E lo aveva anche detto
in maniera
delicata e sottile, era stato bravo. «Scusa se non te l'ho
fatto
capire.»
Lei era rimasta in silenzio, il
braccio
abbandonato nella sua presa.
«Funziona così troppe volte. Mi fai un
complimento e io
cedo.
Oggi no. Quello che hai detto non c'entra niente col
problema.»
Allora lui non aveva più
idee.
Rei si dichiarò
vincitrice
del match e si riprese il proprio
braccio. Yuichiro lo recuperò prima che finisse rinchiuso in
una
gabbia di difesa.
«Non fare il
bambino.»
Un giudizio che quasi lo
offese. Non
farlo tu, pensò. «Anche quando
discutiamo, voglio che ti ricordi che ci sono limiti da non superare.
Questa non
è una discussione seria.» Era più un
test a cui
lei lo
stava sottoponendo. «Non negarmi un contatto quando ti
cerco.»
Soprattutto se era stato lei a concederlo e lui stava alle regole di
un gioco che continuava per ragioni che non comprendeva.
Nella penombra Rei cercò il cortile.
«Non piace nemmeno a me questa situazione. Non mi
piace che tu non
capisca.»
Raramente era stato tanto frustrato.
«Cos'è che non capisco?»
«Perché
non
continui a massaggiare? È
bello e per
oggi funziona meglio delle parole.»
L'aveva delusa.
Le offrì le proprie scuse
massaggiando forte tra la base di medio e
anulare, sciogliendo il nodo di un muscolo indurito. La mano di lei si
allungò, aprendosi. Le avrebbe sciolto le spalle tese o
baciato la tempia, se fosse
servito, ma si limitò a dare dove lei aveva offerto, senza
più lamentarsi.
Che
cosa sto sbagliando?
Tracciò la fibra di ogni muscolo, ne massaggiò i
contorni. Cercò i nervi alla cieca, attento ai piccoli
avvallamenti e alle curve. Li trovò e lenì con
carezze la
loro fatica.
Rei era con lui, a guardare con
occhi
socchiusi il suo lavoro. Si era
rilassata, in tempo per il piccolo omaggio che lui aveva in mente da
tutta la sera.
Con un'unghia le tracciò l'intera mano, dalla base
del palmo
sino alla punta dell'indice, indugiando.
I sensi di lei si protessero
dallo stimolo chudendo le dita. Lui le aprì e lo fece di
nuovo,
questa volta col polpastrello, scoprendo le delizie dell'anulare. Rei
cercò di sfuggirgli di nuovo, senza forza. Lui la punse in
un punto
scoperto, sulla pelle alla base del pollice, ricca di terminazioni.
Sfiorò quel punto con l'unghia e lei
raddrizzò la schiena, un fiore che aveva scoperto la luce
del
sole.
«Che stai
facendo?»
La sua voce era un sussurro
tremante.
«Non lo
so.» Stava
indovinando. L'aveva immaginata
sensibile ovunque, e
stava cominciando a scoprirlo nella maniera più innocente,
partendo
da
una mano a cui non aveva mai prestato le giuste attenzioni.
Rei aveva unito le labbra, come
a
formare la parola basta.
Una reazione che aveva spesso, senza rendersene conto. Lo diceva
soprattutto con gli occhi, quando il desiderio di spingersi oltre era
tanto forte da spaventarla. Diventava più audace di giorno
in
giorno, presto avrebbe perso ogni ritrosia. Allora lui sarebbe stato
semplicemente perduto, ma, se bisognava cadere, con lei andava bene
anche un abisso.
Rei inspirò piano e
aprì la mano sul suo
ginocchio, offrendosi inconsapevolmente.
Lui si godette la vampata che
lo scosse,
fuoco che poteva bruciare
senza esplodere. Giocò con lei a due mani, esplorando lembi
di
pelle dimenticati, trascurati. Accese ogni suo più piccolo
nervo,
osservando rapito la sensualità di dita che si flettevano e
si distendevano nel tentativo di resistere, per continuare a subire la
stimolazione. Vide Rei
che
apriva la bocca senza emettere suono, e fu la sua più grande
vittoria.
«Hm» disse
lei
infine, fingendosi pensierosa.
«Ora andiamo a
dormire, okay?»
Se solo fosse potuto entrare in
camera sua, per continuare. Le
avrebbe baciato l'incavo del gomito, la bocca. Si sarebbe disteso con
lei e... «Sì.» Doveva proprio andare.
Lei impresse un'ultima stretta,
un gesto
di unità amichevole
che
tentò di scacciare l'intimità che avevano
costruito. «Buonanotte.»
«Buonanotte» fece lui.
Non insistette oltre per quella
sera.
Era proprio da loro risolvere
un
problema senza risolverlo.
Rei chiuse gli occhi e
intrappolò il pezzo di pesce in
bocca,
assaggiandone il gusto sul labbro. Sotto il tavolo Yuichiro stava
facendo strane cose alla vena del suo polso, stuzzicandola come per
assicurarsi della corretta circolazione del sangue.
Oh, scorre,
voleva dirgli lei. E
molto veloce.
Cercò di masticare
senza
sussultare. Stavano cenando e il
nonno per fortuna era concentrato sul telegiornale.
Yu prese a far scorrere un dito
sul suo
braccio, su e giù.
Piano, su e giù.
Le venne la pelle
d'oca e non poté reggere oltre. Gli
schiacciò la
mano sul
pavimento e lo notò
trattenere una risata. Lui riprese a mangiare con tutte e dieci le dita
sopra il tavolo - lei le contò per non avere sorprese.
Con la sua idea di un paio di
giorni
prima non aveva ottenuto di fargli
capire che cosa l'avesse disturbata tanto, ma era riuscita a farlo
agire in merito. Un successo insperato, sorprendente nelle
reazioni che le stava provocando.
Aveva cercato di capire
perché
lui non la desiderasse di più, perché non facesse
qualcosa di
più, e Yuichiro... aveva cominciato a farlo.
Solo con una mano, ma diavolo se
quelle dita
non avevano rivoluzionato
qualunque idea lei avesse sulla passione. Era intimo
il modo in cui
la
toccava, amorevole e... Non aveva un'altra parola, ma molte
sensazioni: le sentiva crescere nel petto, scendere e salire sino a
impadronirsi di lei.
Come
se stessimo
facendo...
Accolse il rossore,
ma cercò di frenarlo per non
essere indecente. Ti
amo, diavolo, e basta con le mani.
Yu
doveva riprendere
a usare la bocca. Come, era solo da scoprire.
«Allora»
tossì lei più tardi, per darsi un tono.
«Hai capito?»
Aveva fatto in modo di dare
tregua al suo
braccio nascondendolo dietro la
schiena. Tutti i suoi nervi stavano protestando in coro per la
privazione.
Lui rideva a bassa voce.
«Non lo so. Però mi
sembra che
abbiamo scoperto altre cose.»
Puoi dirlo
forte. Tossicchiò di nuovo, per mandare
giù l'aquolina che si era formata nella sua bocca.
«Vuoi costringermi a
parlare?»
«No.»
Avrebbe dovuto invece, perché lei
moriva dalla
voglia di farlo. Era un
trampolino perfetto per riprendere coi baci serali che le mancavano
come l'acqua nel deserto. Nonostante
tutto, e questo dimostra esattamente quanto fossero deliziosi.
Si arrese. «Mi hai mai guardato come quella svergognata alla
televisione?»
Lui le prestò tutta
la sua
attenzione.
«Cosa?»
«Sei stato un verme a
guardarla» - se ci ripensava
voleva ancora
prenderlo a pugni - «ma mi sono arrabbiata perché
con me non
hai
mai fatto lo stesso.»
Non aveva mai mostrato di
desiderarla
come un
ragazzo - un uomo - doveva desiderare la donna che diceva di amare con
tutta l'anima.
Yuichiro non stava dicendo niente.
«Stiamo insieme da un
mese» insistette lei, «era ridicolo.»
«Era?»
Se si era sbagliata, lo
decapitava sul
posto. Lì, nella sua
stanza. «Tu hai... Le mie mani» spiegò,
arrossendo.
Lui cominciò a
sorridere. Si
slanciò in avanti
prima che
lei potesse fermarlo, e la sensazione dell'abbraccio ritrovato fu tanto
piacevole da farle dimenticare ogni barriera che aveva creato.
«Ti voglio bene,
Rei.»
Oh, che ingiustizia.
«Anche
io.» La felicità
di lui era zucchero
che le solleticava la lingua.
«In qualunque
pensiero che ho,
tu vieni sempre per
prima.»
Con le braccia lei gli circondò la schiena, premuta
contro il suo petto.
Lui le prese le guance tra le
mani.
«Questo mi è
mancato.»
Il bacio che le diede fu di fame e d'amore, privo d'urgenza.
Non ne
acquisì col passare dei secondi: si erano allenati a
resistere e assaporare. Con le labbra, mordicchiando, suggendo, lei lo
lasciò a sua volta senza fiato. Presero aria e
ricominciarono.
Fu la
miglior
serie di baci che si fossero mai dati, almeno fino a quel
momento.
Lascia ben
sperare per
il prossimo litigio.
Nella sua testa era rimasta
irrisolta una domanda, il
quesito che aveva
dato il via a tutta la faccenda. Lui non aveva risposto a parole, non
per davvero.
Non lo fece quella sera.
Né la sera dopo.
Né la sera seguente,
ancora.
Si limitò a baciarla
e ad
accarezzarle le mani, senza soste
di
felicità o entusiasmo. La sua tattica vincente fu iniziare
a sfiorarla
dietro il collo. Giocò coi capelli fini alla
base
della sua nuca e lei fu perduta.
Così
sia.
Per le domande in fondo c'era
tanto
tempo.
FINE
NdA: una one-shot, un parto. L'idea c'era, ma non sapevo come
renderla.
A risultato finito muoio dalla voglia di sapere cosa ne pensate, per
capire se è saltato fuori qualcosa di degno.
ellephedre
|
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Capitolo 6 *** Magnifica estate ***
E fummo noi
Questo è quello che succede a riguardare la puntata
99 di Sailor Moon S - quella in cui Yuichiro quasi andava via dal
tempio dopo aver pensato che Rei stesse con Haruka.
In questo episodio ci sono riferimenti ad un'altra one-shot
(lemon) che ho scritto, ovvero Red
Lemon 2.
Attenzione: questo episodio è situato in estate,
dopo la vacanza di Rei e Yuichiro con Ami, Alexander, Makoto e Minako.
Quindi dopo che i due hanno iniziato a far virare il loro rapporto in
una certa direzione, come raccontato in quell'episodio di Interludio (Scena
4 - Tutti insieme in vacanza)
E fummo noi
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono.
Essi sono
esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation
Co.
Ltd
Episodio
6 - Magnifica estate
I capelli di Rei sembravano un manto di seta.
Alcuni fili le ricadevano sulle spalle, altri sfioravano le
braccia.
L'intera chioma di lei risplendeva al sole, acquisendo riflessi
violacei splendidi da guardare.
Lei spostò una ciocca leggera dietro l'orecchio.
«Lo fai apposta?»
Lui sgranò gli occhi, risvegliato dai suoi
pensieri.
«Cosa?»
«Fissi e rimiri, ma alla fine non tocchi.»
Eh?
Lei inclinò la testa, sorridendogli invitante, e
Yuichiro
ricordò che quello non era più il passato.
«È una tortura anche per me»
mormorò Rei. «Se mi guardi così mi
aspetto che tu faccia qualcosa. Poi rimango ad aspettare, e aspetto
ancora...»
Felice, lui le sfiorò il viso. Fu colpito da una
scossa al
petto quando Rei non si ritrasse. Lei rimase ferma, in attesa, gli
occhi sui suoi.
«A cosa stai pensando?»
sussurrò.
«All'ultima volta che ti ho vista
così.»
Rei non capì.
«Con questi vestiti.» Lei indossava una
canottierina scollata rossa e dei pantaloncini bianchi, la stessa
combinazione di un anno addietro.
Lui aveva ancora bene in testa la scena di lei che, adirata ed
esasperata, gli diceva a chiare lettere che non ci sarebbe mai stato
niente tra loro due, che la sua era tutta immaginazione.
Quella stessa sera Rei si era scusata per aver esagerato - col
tono,
non coi contenuti - e lui l'aveva subito perdonata. Ma, senza volerlo,
a volte ricordava ancora quel rifiuto netto di lei, che nella sua mente
aveva la calura dell'estate e un vago odore di sudore - il proprio,
mentre tutte le sue speranze d'amore si scioglievano al sole.
Rei gli prese la mano. Lo guardava con una certa comprensione,
anche se
lui non aveva detto niente.
«Tu rifletti troppo.» Rei voltò
la sua
mano tra le dita. Sfiorò un suo dito con le labbra.
Yuichiro si irrigidì.
«Rifletti quando non devi, Yu. Poi sei impulsivo nei
momenti
sbagliati.»
«... quali?» Lui aveva ancora gli occhi
fissi sulla
sua bocca.
«Quando prendi decisioni assurde, senza
pensare.»
Lei non specificò a cosa si riferisse e lui non
glielo
chiese: Rei aveva di nuovo unito le labbra, posandole su un
polpastrello. Sulla pelle il calore del suo respiro era bollente.
«E quando non dovresti pensare...» Rei
sorrise.
«Te ne stai fermo lì.»
Lui si sporse in avanti. Si gustò la vista di lei
che non si
allontanava, che, bellissima, aspettava trepidante.
C'era una cosa di quella maglietta che gli piaceva da morire.
Avvicinò la mano e la posò sulla stomaco
nudo di
lei.
Rei si tese e lui scelse quel momento per baciarla.
Le assaggiò la bocca, non la aprì. Fu
Rei ad
accarezzarlo con la lingua sulle labbra, fermandosi, sussultando un
poco, appena lui muoveva un dito sulla sua pancia.
Yuichiro non resistette e la strinse con l'altro braccio sulla
schiena
scoperta. Rei gli circondò il collo con le braccia.
Aumentarono la temperatura tra loro muovendo in sincrono le
lingue
umide l'uno sull'altra, massaggiandosi. Yuichiro separò un
poco le palpebre e trovò gli occhi socchiusi di lei.
Rei lo strinse più forte e lui volle impazzire.
Quello era il Paradiso e il Nirvana insieme. Era la perfezione
assoluta.
Spostò la mano lungo lo stomaco di lei, verso il
fianco, e
Rei inspirò a fondo, sottraendogli la bocca per prendere
aria. Le sue pupille erano così larghe che del viola non era
rimasto quasi niente: in quel momento c'era solo passione in lei. Lui
aveva la mano sulla pelle nuda del suo corpo e sapeva che, spostandosi
da quel corridoio di pochi metri, verso la stanza di lei, avrebbe
potuto toglierle i vestiti, vedere e toccare tanto altro di lei...
In pieno giorno.
Mentre il maestro era in salotto a guardare la televisione.
Rei se ne ricordò assieme a lui.
A corto di fiato, sorrise e gli scostò i capelli
dalla
fronte, posandogli un bacio sulla guancia. «Vado a farmi una
doccia.» Si alzò.
L'immagine di lei sotto l'acqua peggiorò la
situazione di
lui.
In piedi, Rei lo osservò. «Era quello che
ti
dicevo.»
«Hm?»
«Non sei impulsivo quando devi, Yu.»
... cioè, avrebbe dovuto esserlo in quel momento?
Era impossibile!
Lei giocò a sollevare le sopracciglia.
«È finita la pausa-anguria.» Si
chinò a raccogliere i due piatti di plastica con i resti di
cocomero che avevano mangiato. «Ci vediamo più
tardi» lo salutò.
Mentre la guardava andare via, in lui si dissipò la
frustrazione.
Rimasto solo, iniziò a sorridere e si
guardò la
mano.
Oh, wow.
Portò il palmo davanti alla faccia e vi
stampò
sopra un bacio di congratulazioni.
Hai visto,
mano? Cosa
hai toccato oggi!
Come uno stupido, gioì.
E non hai idea
delle
meraviglie che toccherai un giorno.
Ce l'aveva lui, ormai non aveva più alcun dubbio.
Perciò avrebbe avuto pazienza, perché presto, a
breve...
Sospirando, si lasciò cadere in piedi sul cortile.
Okay, non a breve. Ma quando avesse capito come aggirare il
problema
del maestro, lui e Rei...
Si trasformò in un idiota delirante di gioia e,
quasi
saltando, si diresse estatico al tempio.
Che magnifica estate!
Episodio
6 - Magnifica estate - FINE
Note dell'autore: Ho già detto tutto nelle note
iniziali, o quasi. Raramente mi capita di scrivere scene di questo
stampo così sensuale senza poi andare a fondo. Infatti tutto
ciò mi sta facendo venire una voglia matta di terminare di
scrivere il nuovo capitolo di 'Di fiamme e quiete', quello che segue la
prima
giornata di San Valentino di Rei e Yuichiro.
Di questo passo farò il tris, e avrò
scritto di questi due prima che si mettano insieme (mi riferisco
all'ultimo capitolo recentemente aggiornato di "Ovviamente...
Impossibile?"), poi quando si sono messi insieme (ma ancora
non hanno combinato :D) e infine quando, dopo Verso l'alba, tra loro
c'è un'intimità tale che ormai parlano di
anelli, matrimoni non ancora da fare e... hehe, qualcos'altro.
Non vedo l'ora perché - dopo tanto romanticismo -
tra questi due ritornerà ad esserci un po' di maretta.
Elle
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