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Autore: MissNothing    01/04/2012    7 recensioni
"Mai fidarsi di una bella ragazza con un brutto segreto."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Seguito seguito di All These Things That I've Done, a sua volta un seguito di You Know I'm Gonna Find A Way.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until You're Over Me.'
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ikj 1. my darling, who knew?





Aspettavo, aspettavo, aspettavo.. ma sinceramente non sapevo cosa aspettarmi. Il rumore della chiamata in attesa di risposta riempiva la stanza, così forte che ero tentato di prendere quel maledetto computer e buttarlo giù dal balcone; perché cavolo, come se non fossi già abbastanza stanco, dovevo subirmi quel rumoraccio che trillava in testa. Adoravo il fatto che ci potessimo sentire tramite quel mezzo, ma forse in un certo senso ci stava allontanando più di quanto ci stesse effettivamente avvicinando.  Avevo paura che avrebbe reso tutto un po' più.. sterile, una volta visti. Freddo. E Gerard, cazzo. Gerard non rispondeva. Erano cinque minuti buoni che aspettavo, tentato dalla possibilità di tornare a letto e piagniucolare per il resto dell'intera nottata per poi poter fare l'offeso domani e beccarmi anche il doppio delle attenzioni. Nonostante quell'opzione fosse, in un certo senso, da non demigrare, non riuscii a trattenere un sorriso anche un po' imbarazzante quando lo squillare cessò e un certo trentaquattrenne dal colore di capelli adatto più ad un(a) sedicenne si impose al mio sguardo. Era così affannato che sembrava avesse corso la maratona, mentre tentava ancora di sedersi in modo dignitoso sulla sedia girevole. Volevo tanto abbracciarlo.
-Cambiavo il pannolino a Bandit. E se pensi di esserti annoiato ad aspettarmi, ti sei divertito più di me.- Cercò di abbozzare un sorriso mentre ancora prendeva resipro. Affrettò così tanto nel parlare che forse era perché non aveva effettivamente fiato per farlo. Sembrava quasi che in quella frase la punteggiatura fosse più che inesistente, dal modo in cui l'aveva pronunciata. Accavallò le gambe e, appoggiando le mani alla scrivania, ci si avvicinò insieme alla sedia.
-La vita è dura quando Lindsey non c'è?- Ridacchiai, guardandolo dappertutto senza riuscire a concentrarmi su un solo punto. Notai solo in quel momento il contrasto fra i due ambienti; lui, nel luminoso e caldo salotto di casa sua e di Lynz.. io, nella stanza insonorizzata che usavo solo per registrare a casa mia e di.. di Emily. Al buio, illuminato appena appena dalla luce dello schermo. Che infinita tristezza.
-Nah, a dire il vero è una pacchia.- Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, lasciandosi cadere contro lo schienale e "rilassandosi". -Pisciare con la porta aperta, dormire quanto voglio, chiamarti nel pieno della notte e decidere comodamente se dirti porcate, cose dolci o, se meglio mi gira, raccontarti di quello che ho fatto quel giorno.- Sbadigliò, visibilmente stanco. Certo, non potevo fargliene una colpa, siccome era comunque lì.. e non dava nemmeno segno di volersene andare. Rimasi a fissarlo con uno sguardo anche un po' troppo preso, e quando aprì gli occhi, cercai di distoglierlo il più in fretta possibile le farfalle che ormai avevano perennemente accasato nel mio stomaco, pensavano bene di organizzare una gara di salto dell'asta. Fece un sorrisetto divertito, come se ancora non sapesse che non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso.
-Io mi sento così solo.- Non che me l'avesse chiesto, ma pensavo che un minimo gli importasse. Lanciai uno sguardo malinconico al divanetto di pelle dove erano due sere che dormivo. Cavolo, non che il letto matrimoniale nell'altra stanza non mi tentasse, ma quei letti enormi e vuoti.. bhè, ecco, tre sere prima avevo provato a dormirci e avevo finito per piangere. Tutta la maledetta notte. Anche se ormai piangevo per tutto. Ero diventato una sorte di ipersensibile, ma ora stavo provando a migliorare. Dopo essermi ritrovato a finire un pacchetto di tovagliolini per il Moulin Rouge, mi ero reso conto conto che dovevo prendere seri provvedimenti.
-Mi manchi.- Sussurrò appena, e quello era definitivamente il momento melenso della chiamata. Giocherellò nervosamente con le sue stesse mani, quasi come se in quel momento cercassero qualcosa di impossibile da stringere. Qualcosa di troppo lontano. Calò un silenzio imbarazzante e anche un po' troppo pesante da gestire: se a volte a telefono era perdonabile, in videochiamata era troppo imbarazzante. Perché entrambi ci guardavamo -e sapevamo che ci stavamo guardando- eppure nessuno dei due diceva niente. Guardai un po' alle sue spalle in cerca di qualcosa da commentare, uno spunto per parlare. E bingo.
-E' una tinta, quella?- Scossi il capo, ridacchiando mentre indicavo inutilmente quella scatoletta rettangolare. E si era davvero salvato in corner perché era girata, altrimenti avrei visto anche il colore. Gerard si voltò frettolosamente e la prese dal lungo bancone della cucina a vista (che incredibilmente arrivava fino alla scrivania lì nell'angolo) e la poggiò a terra. Qualcosa da nascondere ce l'aveva. E provabilmente, mi sarei potuto aspettare di trovarlo anche coi capelli verdi e zebrati, il giorno dopo.
-E' il solito rosso.- Si strinse nelle spalle, quasi come se cambiare colore sarebbe stata una colpa. "Solito", poi. Come se fosse normale vedere un trentaquattrenne (per lo più padre) con i capelli rosso fuoco sparato. Come se fosse qualcosa alla quale dopo un po' di abitui. -Di qualche tono più chiaro.- Aggiunse, ma non sapevo fino a che punto fidarmi. Gerard era bravo a mentire, ma solo se si trattava di cose importanti. E nonostante ci fosse qualcosa di più dietro il suo tingersi continuamente i capelli, non sapevo fino a che punto pensava che quella fosse una questione degna delle sue bugie.
-Non è questo..- Mi morsi il labbro inferiore, osservandogli i capelli che ormai avevano una consistenza simile a quella della steppa. -E' che ti tingi con la stessa frequenza con cui Rihanna si cambia d'abito nel video di S.O.S.- Aggrottai le sopracciglia, rendendomi conto che forse non l'avrei mai più visto con il suo colore di capelli naturale. Ma se continuava con quella frequenza, non l'avrei mai più visto con dei capelli in testa e stop. Rimasi in silenzio, rievocando il paragone fatto poco prima. E poi mi lamentavo quando mi chiamava "checca". Fortunatamente, dopo un primo momento di risate trattenute, sorvolò sulla mia uscita così poco eterosessuale e saltò subito al punto.
-Sì, ma che potrei farci?- Sbuffò, avvicinandosi vertiginosamente alla web-cam e scombinandosi leggermente i capelli al centro. -Guarda qui che ricrescita orrenda.- Sospirò, e mi mostrò tutti quei ciuffetti neri/marroncini nei quali, sincermente, non trovai proprio niente di male. Ma Gerard era il solito puntiglioso, e per quanto sembrasse sicuro di sé, l'aspetto era ancora uno dei suoi punti deboli. E chi ero io per impedirgli di fare quello che voleva con i suoi capelli? Quello pelato a quarant'anni sarebbe stato lui, e nonostante anche solo l'ide mi faceva rabbrividire, non potevo impedire né ai negozianti di vendergli qualsiasi tipo di tinta, né a lui di fare come meglio credeva.
-Falli neri.- Lo guardai, interrompendo il suo piccolo dramma da ricrescita con una stupida richiesta che ero consapevole che non avrebbe mai assecondato. Abbassò il capo, come se avessi appena detto la cosa più sbagliata possibile. Eppure non ci trovavo nulla di male, in quelo colore. Anzi, lo adoravo. Gli incorniciava benissimo il volto e adoravo come contrastava con la sua pelle diafana.
-Non mi piacciono neri.- Mormorò, impastando un po' le parole a tal punto che non ero nemmeno sicuro di aver capito bene cosa stesse dicendo.
-Ma sono i tuoi.- Obbiettai un po', cercando di fargli disperatamente capire che per me era bellissimo con ogni colore. Non era per il colore in sé stesso, era per lui. Non c'era bisogno di strafare con le più assurde tonalità di rosso. Era Gerard, non Party Poison. E sapevo benissimo che era una cosa che tutt'oggi non gli faceva piacere. Perché travestirsi in quel modo, altrimenti? prima col trucco, adesso con tinte e vestiti assurdi.
-E' per questo che non mi piacciono.- Sbuffò, confermando la mia teoria e trovandosi interrotto a metà frase dal pianto di Bandit, così forte da essere sentito nonostante stesse "dormendo" al piano di sopra. Gerard chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e veramene non riuscivo a capire come facesse a passare le intere nottate così. Forse perché non sono mai stato padre, ma  non so come ci si sente. Gerard mi disse più o meno che, non appena l'ha vista, le ha subito voluto bene. Che è una cosa incondizionata. Che non la capisci finché non la provi. Si alzò, piano, visibilmente senza forze. -Ci metto due minuti.- Annuì, cercando di convincere più sé stesso che me. Giurerei che si fosse anche stropicciato gli occhi. Annuì semplicemente, nonostante si fosse già girato.
In pochi minuti ritornò. Certo, un po' di più di due, ma tanto di cappello, perché la bambina aveva smesso di piangere e sembrava anche più tranquilla di prima. Gerard la teneva stretta al petto, con una presa salda ma delicata. Se c'era una cosa che in tutta la mia vita non mi sarei mai aspettato di vedere, era proprio.. quello. Non stava dormendo, di questo me ne rendevo conto perché riuscivo a sentire un ghigno piuttosto infantile che speravo davvero non appartenesse a Gerard. Se ne stava soltanto pigramente appoggiata al petto del papà, raggiante. E per qualche strano motivo, non riuscivo a smettere di sorridere. Scese le scale e si precipitò di nuovo alla scrivania.
-Ehi.- Sussurrai appena, consapevole che da quel momento in poi non sarei più stato il protagonista vero e proprio della serata. E non sarebbe stato un po'.. arrogante, pretenderlo? pretendere un posto nella sua vita che ormai non c'era? Mi accontentavo abbondantemente anche di quello, ormai. Aspettare continuamente il momento della giornata in cui possiamo parlare a telefono, chiusi in un bagno quando ci sono le ragazze, oppure videochiamarci se non sono in casa. Andare a letto e stamaprsi un sorriso forzato in faccia. Vivere aspettando l'inizio del tour o delle registrazioni. Merda, era così triste da ammettere.
-Guarda chi c'è, Bandit!- Gerard si sedette cautamente, facendo sedere a sua volta la bambina sulle sue gambe e parlando con una voce piuttosto idiota. La più piccola mi guardò, ridacchiando scioccamente e provando ad indicarmi con quelle minuscole dita, trascinando con sé la risata del padre. Oh - mio - Dio. Era così felice che mi sentivo una persona orrenda a desiderare che non fosse mai nata. E detto così suona cattivissimo, sì, ma non era la bambina in sé stessa o il fatto che fosse padre.. insomma, non potevo essere geloso di una bambina. Ma nonostante non fosse così felice da mesi, non riuscivo a non pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non fosse mai andato a quella festa. O se ci fossi andato anche io. Roba di un secondo. Prendere una decisione all'ultimo minuto, un'infuluenza lampo, un po' di traffico. Due secondi e sarebbe cambiato.. tutto.
-Sono stanco.- Sbadigliai, stropicciandomi gli occhi e sentendomi un po' scorretto ad appenderlo lì, su due piedi. Anche se non era del tutto una bugia, in effetti: l'idea di dovermi svegliare alle tre e mezza del mattino per prendere l'aereo da Seattle fino a Los Angeles, poi, di nuovo, prendere un secondo fottuto aereo dritto fino in Australia e senza scali non era proprio il massimo. Specialmente considerando che avevo due ore di sonno.
-No.- Si lamentò, facendo la solita faccia da cucciolo bastonato alla quale, il 99% delle volte, proprio non potevo resistere. Ed er proprio un colpo basso, da parte sua, perché cazzo, lo sapeva bene. -Per una volta che Lindsey è dai suoi ed Emily è dove cazzo è.- Mise il broncio, stringendo Bandit più forte al petto siccome sembrava stesse sviluppando improvvisamente un certo interesse per il Bungee Jumping. Come se si fosse dimenticato che il giorno dopo ci saremmo visti, poi. Presi un respiro profondo, considerando: tormentarmi con l'immagine di Gerard col broncio, o passare la nottata sveglio?
-E' a New York a sistemare le ultime cose con il trasferimento dello studio, comunque.- Mi stiracchiai, contorcendomi sulla sedia fino ad alzare le gambe e stringerle al petto. -Ed io devo svegliarmi più o meno 4 ore prima di te.. ciò vuol dire che tra due ore devo essere fuori casa.- Arricciai le labbra: al solo pensiero di trovarmi per strada a quell'ora rabbrividii. Dio, mi sarei potuto addormentare camminando. Abbassò il capo, capendo solo in quel momento che nottatina "leggera" mi aspettava. Si passò distrattamente una mano fra i capelli, che ormai era uno dei suoi tic, e sembrò cedere. Quanto era carino, quando, una volta tanto, metteva da parte il suo lampante egoismo e pensava anche un po' a me.
-Buonanotte.- Mi sorrise. Non un sorriso assurdo. Non di quelli luminosi, a trentadue denti, ma nemmeno malinconico, a dire il vero. Mi fece ricordare perché per tre mesi ero andato avanti così, soffocando quelle vocine che mi dicevano che forse era meglio smetterla lì e tirando avanti, a denti stretti. E' assurdo quando sei così felice anche solo di vedere qualcuno; perché prima, pur vivendo in città diverse, non c'era assolutamente niente che ci vietasse di prendere il primo treno o aereo e vederci, anche solo per lo sfizio di dieci minuti.  E ora.. ora anche solo il pensiero di stringerlo di nuovo mi faceva letteralmente ribaltare lo stomaco. Ogni santissima notte. Ogni volta che ci pensavo. Ed è anche ridicolo quando ti trovi a passare quei momenti poco prima di addormentarti a una sola ed unica cosa. Quando non c'era Emily, poi, sembrava che avessero messo insieme dieci anni di riprese del muro del pianto. Raggomitolato fra le coperte, iPod perennamente acceso con l'unico scopo di coprire quei rumori così poco mascolini che facevo quando singhiozzavo (non che ci fosse rimasto qualcosa di così mascolino, in me) e un numero fisso in testa. Solo un numero, che ogni giorno scendeva sempre più. Merda, merda, merda. Per non parlare dell'ansia dei giorni prima. Perché quando abbatti la barriera dei dieci è assurdo, davvero! realizzare che erano passati tre mesi per me fu pazzesco, in quel momento. Riuscivo solo a pensare al fatto che una sola cifra mi seprava da Gerard. E in momenti come quelli, nonostante tutto quello che mi aveva fatto, realizzavo che era sempre la persona più importante di tutta la mia vita.
-Notte, Gee.- Mi accorsi che mi ero nuovamente perso. Un po' a guardarlo, un po' nei miei pensieri. E realizzai solo in quel momento che, senza accorgermene, l'avevo chiamato per soprannome.. cosa che ormai non faceva da secoli. E nonostante mi avesse dato la buonanotte più o meno cinque minuti prima, trovai la forza di premere quell'enorme tasto rosso che stava lì a rovinarmi la festa e chiudere la chiamata solo in quel momento. Letteralmente, il suo unico scopo era caricarmi sulle spalle l'ansia di dover dire "ciao" alla persona dall'altro lato dello schermo. Nonostante, in quel momento, non c'era cosa che desiderassi di più che rimanere lì a parlare anche una vita intera.



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Gerard non mi notò subito, ma io sì. Nonostante fosse dall'altro lato dell'aeroporto, lo vidi, rimanendo semplicemente lì ad aspettare che anche lui mi notasse. Avevo freddo ed ero stanco, ma nonostante tutto, non mi rovinai il momento. Lo fissai mentre si avvicinava, scoprendo ad ogni passo che faceva un nuovo dettaglio. Aveva gli occhiali da sole. Quelli che lui odiava, ma a me piacevano tanto. Ormai li portava solo per nascondere le occhiaie. Un paio di jeans ridicolosamente stretti, una maglietta bianca, una felpa grigia. Portava il cappuccio, quindi non riuscii a vedere il suo "solito rosso un po' più chiaro", ma non era proprio la mia priorità in quel momento. Alzò lo sguardo e sorrise. Non riuscii a capire cosa stesse precisamente guardando, con quei maledetti occhiali.. ma una parte di me mi diceva che forse mi aveva visto. Abbassai leggermente lo sguardo, sorridendo anche io. Gerard lasciò accanto a Mikey e Ray la valigia e accellerò il passo, tanto che ad un certo punto sembrava quasi che mi stesse correndo incontro. Lasciai all'ultimo minuto il manico del trolley, quando ci trovammo così vicini che avevo quasi paura che da un momento all'altro mi sarei svegliato e che quello fosse solo un maledetto sogno. Eppure niente: senza dire una parola, mi abbracciò. Mi cinse i fianchi, in una presa così stretta che quasi non riuscivo a respirare. Riuscì a liberarmi un minimo, quel poco che bastava per potergli stringere le braccia intorno al collo, provando a farlo con altrettanta forza e cercando un minimo di pelle, non tutto quel tessuto del cappuccio. Riuscì finalmente a toglierlo, alzando il capo per guardarlo. Quando aveva specificato con quel "un po' più chiaro", mi sarei aspettato persino l'arancione. Ma il biondo.. Dio. Mi guardò, mordendosi il labbro come per chiedermi scusa.
-Sorpresa..- Esclamò, con finto tono emozionato. Fece una piccola smorfia, e come potevo avercela con lui, se voleva solo farmi una sopresa? E tra l'altro, non me lo sarei mai immaginato, ma stava davvero, davvero bene. Gli passai le dita in quella massa dorata, districandone alcuni nodi. Avrei voluto di più, ma.. se ci avesse visto qualcuno? Anche se infondo erano le sei del mattino, non c'era poi tanta gente. Fu proprio lui ad interrompere tutte quelle seghe mentali, stampandomi un lungo, lento, assonnato bacio. Di quelli che non hanno nemmeno un ritmo, sono solo.. umidi. Si staccò all'improvviso, e per poco non protestai. Abbassò il capo, gesticolando con un mezzo sorriso in volto. -Non dovrei, scusa, scusa..- Tornò a guardarmi, mordendosi il labbro come se ci fosse davvero qualcosa per cui scusarsi.
-Se ti prometto che ti scuso, mi baci di nuovo?- Abbozzai un mezzo sorriso, avvicinandomi mentre lui, invece, si allontamava di una distanza che sarebbe sembrata impercettibile, ma non per me. Sciolse l'abbraccio, e per poco non protestai. Quel semplice contatto già mi mancava. Il calore, il profumo, la stretta salda..
-C'è gente.. sono andato già un po' troppo oltre.- Sospirò, togliendosi gli occhiali e guardandomi dritto negli occhi. Sai perché ti amo? bhè, non lo so nemmeno io. Non penso di averti "scelto", o qualcosa del genere: in amore non si sceglie. E ne sono così sicuro anche perché, se avessi potuto scegliere, avrei preferito cento volte innamorarmi di una come Emily. Anche se però, a dire il vero ormai non so più nulla. Perché quando ti guardo negli occhi ti scelgo ogni volta. Per altre cento volte. E ti sceglierei sempre. Quando realizzai che eravamo veramente lì, vicini, ci stavamo vedendo dal vivo, pensai di morire. E dalla mia stupida espressione persa Gerard se ne accorse, probabilmente. Erano tre mesi che non eravamo così vicini e forse, a parole, non riuscirei mai ad esprimere quanto mi era mancato. Mi fece un sorriso che del concetto di sorriso racchiudeva ben poco (ma non era poi una colpa, stanco com'era) e si voltò, facendomi scendere dalla mia nuvoletta in un modo perfetto in cui possiamo fare quello che cazzo ci pare e riportandomi coi piedi per terra. E a proposito di piedi, per quanto stessi cercando di seguirlo dai ragazzi, i miei non collaboravano. Avevo le ginocchia ancora deboli, dieci ore di sonno mancate sulle spalle e la testa completamente altrove. Nonostante tutto, presi il trolley rimasto abbandonato e veramente, non so con quale forza, raggiunsi anche io Mikey e Ray, che poverini, ogni volta assistevano alla stessa scena con aria impassibile (nonostante fosse probabilmente una delle cose più imbarazzanti possibili). Un cenno con la mano, "ehi", un abbraccio. E nonostante fossi contento di vederli, cosa avrei dato per ritornare a qualche minuto prima..



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Una volta scesi dall'aereo, avevamo ricevuto una telefonata da una shoccata donna dall'accento australiano che ci diceva che, praticamente, era la moglie dell'autista e che si era rotto una gamba mentre tosava l'erba. Non ci eravamo informati di più perchè di certo dal rompersi un braccio tosando l'erba non può scaturire altro che un'imbrazzante storia di quelle che si vuole tenere per sé, ma il punto non era quello. Insomma, bingo? Cioè, se non era sfortuna questa. Il lato positivo era che la patente ce l'avevamo tutti, quindi, una volta vista fuori l'aeroporto una gigante jeep rossa (di quelle senza tettuccio) con un cartellino con i nostri nomi e delle scuse, bene o male, ce la cavammo. Nonostante il 70% della strada da fare fosse tutta terra rossa e canguri, probabilmente stavamo andando bene. O almeno il navigatore diceva così.
Ray alla guida, poi, era la cosa migliore del mondo. Sembrava che stesse giocando a Super Mario ogni volta che evitava di investire un qualche animale o dei contadini (che cazzo ci facevano dei contadini vicino l'Aires Rock, poi, era un'altra domanda). Come si incazzava con il Tom-Tom quando, non vedendo altre macchine, pensava che avessimo sbagliato strada, poi, era una di quelle cose che avrei pagato per rivedere di nuovo, di nuovo e altre mille volte. "Vaffanculo, cos'è questa merda!? The Day After Tomorrow?! -Un'oasi nel pieno centro di Sidney- Oh, certo, stupida locandina di merda, merda!" E potrei andare avanti così per almeno mezz'ora, perché era semplicemente splendido. E quando Mikey tentava di calmarlo nonostante fosse più preoccupato di tutti e tre messi insieme? Ad un certo punto aveva cominciato a dare di matto: "Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così, lo sapevo. Diventeremo cibo per canguri, vi dico". E se questo fosse stato un film horror, lui sarebbe stato decisamente il primo a morire.
Ovviamente i due si erano messi avanti, così da lasciarci soli ai posti di dietro senza rendersi conto che quando c'erano loro era semplicemente imbarazzante -se non impossibile- comportarci in maniera che ormai, per noi, era naturale. Ma non nei loro confronti: l'uno in quelli dell'altro. E in un primo momento non ce ne rendevamo nemmeno conto! Insomma, quando avevamo saputo che l'autista non poteva venire, ci eravamo semplicemente lanciati uno di quegli sguardi complici, come a dire che ora potevamo fare quello che volevamo. E invece no. Eravamo lì, imbambolati. E quasi come se mi leggesse nel pensiero, lentamente si avvicinò. Mi trovai contro il portellone della jeep, senza troppa possibilità di muovermi e con il suo volto affondato nel petto. E della seconda non ebbi tanto da lamentarmi, siccome, a dirla tutta, non mi sarei mosso nemmeno se avessi potuto.
-Sono cinque giorni che non te lo dico ed è assurdo.- Sussurrò appena, la voce quasi soffocata da tutto quel tessuto contro cui naso e bocca erano premuti. Non capii a cosa si riferisse, ma non era prorpio la mia priorità, al momento. Lentamente il suo volto salì, fino a poggiarsi nel mio incavo del collo. Avvicinò le labbra al mio orecchio. Respiravo a malapena. -Vorrei provare ad essere originale, ma proprio non ci riesco..- Persi un battito. Battito che poi compensai con il ritmo accelerato che da quel momento in poi mi perseguitò. -Ti amo molto.-Sussurrò, finalmente. Quanto mi erano mancate quelle parole. Presi un respiro profondo e mi voltai appena verso di lui, aspettando che facesse qualcosa. Rimase a fissarmi, e nonostante mi aspettassi qualcosa di più da uno che si ritrova a pochi millmetri da una persona alla quale ha appena dichiarato amore, non obbiettai. Perché infondo era già tanto, no?


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OMG SONO TORNATA! *coro di gente afflitta* <3
E' un primo capitolo piuttosto inutile, ma non potevo già smerdare tutto qui perché MUAHAHAHAHAH. Insomma, no?
Allora, Frank non vive a Seattle, i know, ma se è per questo non esiste nemmeno una Emily, quindi qual'è il vero e proprio problema della questione? il realismo è già andato a puttane lol
Per chi non avesse letto le prime due storie, mh. Se le volete leggere non vi spoilero, ma se non le volete leggere mandatemi un mp e vi faccio un riassunto, se proprio volete leggere questa (?)
Chiedo scusa se ci ho messo tanto, ma praticamente la prima volta mi s'è spento il pc all'improvviso e ho perso tutto, la seconda avevo cominciato a scrivere dal punto di Gerard e me ne sono accorta a metà capitolo (truestory) e la terza ero tipo *table flip* per la disperazione. <3 E poi è sempre difficile cambiare storia, no? °w° NO?! *urlo speranzoso*
Eeeee, bon, ci siamo insomma. Il titolo è preso da "Who Knew" di Pink, che è la canzone più poppeggiante che mi sia mai piaciuta ma è davvero troppo bella. c___c
E niente, al prossimo capitolo, vaa. <3
   
 
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