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Autore: Ale HP    05/04/2012    0 recensioni
Sarebbero arrivati gli Oscuri a poco, era sempre così, ogni singola sera: quando il sole calava, portando via ogni luce e ogni rassicurazione nella Terra del Mare, gli Oscuri si impadronivano del cielo e lo tingevano di un nero spettrale per popolare gli incubi della gente.
Elnath, però, era diverso. Non aveva paura degli incubi, perché solo lì poteva vederlo.

Crossover tra Mondo Emerso/Harry Potter. Crossover molto Fantasy e molto contorta.
Slash, Elnath (OC)/Albus Severus Potter
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Draco Malfoy, Neville Paciock, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le tenebre dei due mondi.

 
Parte I – Mondo Emerso
 
La luna illuminava il villaggio, mentre Elnath osservava distratto il cielo tingersi un tetro nero.
Sarebbero arrivati gli Oscuri a poco, era sempre così, ogni singola sera: quando il sole calava, portando via ogni luce e ogni rassicurazione nella Terra del Mare, gli Oscuri si impadronivano del cielo e lo tingevano di un nero spettrale per popolare gli incubi della gente.
Elnath, però, era diverso. Non aveva paura degli incubi, perché solo lì poteva vederlo.
Lui era un Oscuro e il ragazzo lo sapeva, ma non gli interessava, non da quando aveva visto uno strano luccichio nei suoi occhi. Sembrava quasi che potesse provare qualcosa.
Ma è impossibile, si ripeteva Elnath, cercando di dimenticare quel volto che – a suo parere – era angelico, nonostante tutto.
«Elnath? Tua madre ha finito di cucinare, vieni» ordinò il padre, sbucato all’improvviso sull’uscio della porta della sua camera fatta completamente in legno.
Il padre, Tonnan, era un uomo esigente, che non si lasciava andare alle emozioni. Pretendeva il massimo dal figlio: voleva che lui fosse il più bravo marinaio, che cavalcasse i draghi di mare meglio di chiunque altro e che sposasse una giovane donna bella e ricca.
Ma Elnath odiava quelle cose, preferiva di certo starsene in casa a scrivere le sue lettere all’Oscuro che aveva rapito il suo cuore, e non desiderava affatto una giovane donna da sposare.
Il ragazzo annuì, prima di seguire il padre nell’altra stanza di quella casa.
Loro erano una famiglia modesta ed una casa con due camere era tutto ciò che potessero permettersi, ma – nonostante ciò – Elnath aveva una stanza tutta sua, mentre i genitori dormivano nella cucina. Era stato il suo regalo di sedici anni, quando era entrato nell’età adulta, appena qualche mese prima.
«Figliolo, cos’hai?» domandò la madre, quando vide che il ragazzo non accennava nemmeno a prendere un solo cucchiaio della zuppa.
«Niente, madre. Pensavo» rispose noncurante lui, dopo un profondo sospiro.
Geneviève – questo era il nome della madre – abbozzò un sorriso, prima di ritornare a inzuppare il pane fatto da lei nel resto della zuppa.
«Se non vi dispiace, madre, ritornerei in camera mia. Non ho fame stasera, scusatemi». Elnath si alzò, senza aspettare l’obbiezione del padre e la preoccupazione della madre, per dirigersi nella sua tanto amata camera.
Guardò distratto i disegni appesi al muro e si perse nei meandri oscuri dei colori tetri che aveva usato.
Aveva provato più volte a riprodurre il volto che lo tormentava mattina, sera e notte, ottenendo solo scarsi risultati: quegli occhi non potevano essere disegnati, era impossibile.
Si accasciò sul letto, mettendo le mani sulla faccia, per trattenere le lacrime.
Sapeva che ciò che provava era sbagliato, non poteva di certo innamorarsi di un maschio, per di più di un Oscuro!
Ma il cuor non si comanda, Elnath sapeva anche questo, così si lasciò andare nelle tenebre per sognarlo ancora una volta.

La strada era buia, ma il ragazzo riuscì benissimo ad intravedere uno strano luccichio provenire da poco lontano, all’altezza del suo naso all’insù.
Lo seguì desideroso, sapendo a chi apparteneva quel piccolo brillio.
«Oscuro!» urlò, felice.
Quella volta gli avrebbe parlato, non se ne sarebbe stato lì imbambolato a fissarlo.
«Chi abbiamo qui?» mormorò una voce cupa e tenebrosa, proveniente al fianco di quella luce che attirava il ragazzo più di ogni altra cosa.
Improvvisamente Elnath provò tutta la paura che non aveva provato in tutte quelle notti.
Sapeva a chi apparteneva quella voce e sentirla tra le tenebre lo fece star male, fin troppo.
«Laio» sussurrò, spaventato.
Laio, il suo amico di infanzia costretto ad andare all'Accademia per colpa del padre e poi morto da bravo scudiero,il ragazzo che aveva lottato per fare ciò che voleva fare, colui che lo sosteneva sempre, colui che gli mancava più di chiunque altro.
Vide una piccola – microscopica, in realtà – luce illuminare anche gli occhi dell’amico, per un solo istante, ma a Elnath bastò per sentirsi meglio.
«Vattene» disse preoccupato l’Oscuro mettendosi all’istante davanti a Laio.
Perché era così preoccupato? Cosa poteva mai succedergli di male con lui – l’uomo che più amava al mondo – e il suo migliore amico?
Nulla,si disse il ragazzo.
Ma, ovviamente, si sbagliava.
La luce che aveva illuminato poco prima Laio era cattiva, non buona come quella dell’altro.
Poi, in un solo istante, Elnath capì ogni cosa.
Quello era solo il corpo del biondino che sorrideva sempre o forse solo la voce, il resto non apparteneva a Laio, lui era morto l’anno precedente.
«Dimmi il tuo nome, prima» sussurrò, rivolto all’Oscuro dagli occhi luminosi.
«Albus. Ma ora vattene!» urlò.
 
Elnath si sveglio di soprassalto, tremando.
Si guardò intorno, conscio che tutta quella storia si sarebbe rivelata un’ennesima lotta tra male a bene, e fermò il suo sguardo sulla parete piena di disegni. Vi si recò all’istante, prese la matita e scrisse sotto ad essi “Albus”.
Sapeva il suo nome ora, e in un certo senso era un motivo in più per scoprire qualcos’altro su quella faccenda.
 
I giorni passarono in fretta, nella Terra del Mare. La pace regnava sovrana durante il giorno, ma nella notte la situazione stava degenerando.
Proprio come era successo nella Terra della Notte, ormai disabitata da poco meno di un anno. Gli Oscuri avevano preso tutto, ogni momento, ogni attimo e ogni persona. Elnath e i suoi genitori dovevano ritenersi fortunati se erano riusciti a scappare.
Ma, quanto pareva, la storia si stava ripentendo. Erano molteplici, infatti, i casi di suicidio durante la notte e le urla disperate che risuonavano nel silenzio tetro della notte.
Elnath non poteva sopportare tutto quello. Aveva sempre odiato l’oscurità, specialmente quando Laio, il suo sole personale, se ne era andato.
In quel momento si rese conto di quanto la sua vita facesse schifo: nessuna capacità specifica, nessuna ambizione futura, nessuna promessa sposa e nessun soldo in tasca. Non che cose del genere gli interessassero, ma ormai erano altamente necessarie per vivere.
Decise che sarebbe tornato a dormire, almeno così avrebbe visto ancora una volta l’unica ragione per la quale continuava tutta quella messinscena chiamata vita.
“Albus”, pensò, prima di calare tra le tenebre.
Come ogni volta nei suoi sogni – e non incubi, come dicevano gli altri – lo vide. Ogni Oscuro aveva la libertà di “tormentare” chi voleva e nessun’altro poteva intromettersi. Era come una sorta di caccia: non la smettevano finché la loro preda non sarebbe stata loro.
Elnath non era molto spaventato da questa opzione: essere di Albus era – molto probabilmente – la cosa che più desiderava al mondo.
 
L’oscurità era persistente come ogni volta, sarebbe stato davvero strano trovare un Oscuro alla luce, sia del mattino che di una candela.
Ma non era strano trovare un luccichio in quell’oscurità, per Elnath.
«Albus!» esclamò, felice di riuscire a vedere per lo meno i suoi occhi. Se ci pensava, non aveva mai visto bene il suo volto.
«Non urlare, ti sentiranno. Fingiti spaventato» disse, avvicinandosi al ragazzo, con una finta espressione che doveva incutere timore.
«Ho scritto una cosa» continuò, a voce bassa. «Prendila e leggila quando ti sarai svegliato».
Elnath annuì. Qualunque cosa che gli diceva il suo amato, lui l’avrebbe fatta.
«Ora dimmi come ti chiami» chiese infine sorridendo l’Oscuro.
Il ragazzo sorrise, prima di sussurragli il suo nome.
Albus sembrò soddisfatto dalla risposta, come se quel nome gli si addicesse alla perfezione.
 
Elnath si ritrovò ancora una volta nel suo letto, ma stavolta con una pergamena gialla sulla faccia. Saltò velocemente in piedi, per poter mettere leggere la lettera a lume di candela.
Appena vide la scrittura elegante impressa su quella pergamena non poté non pensare quanto fossero uguali i due ragazzi.
 
Non so bene come presentarmi a te. Ho sempre provato a proteggerti nella notte, con tutto me stesso. Non so dire bene il motivo, ma l’ho fatto e continuerò a farlo.  
Ciò che devo dirti è molto importante, leggi con attenzione.
Io sono Albus, sono un mago e vengo da un mondo che tu non conosci. Si chiama Terra;  ma su questo pianeta ormai è scesa la notte perenne.
Tutto è iniziato due anni fa. Io ero alla scuola di magia, quando mio padre è venuto con l’esercito di maghi che aveva sconfitto il “cattivo” della situazione anni prima. Disse a me, ai miei cugini ed ai nostri amici più stretti di scappare più lontano possibile.
Iniziammo a vagare tra tutti i paesi presenti sulla Terra, finché non arrivò il giorno in cui tutto sembrò perso. Due Oscuri ci trovarono e uccisero il mio migliore amico. Non potevo sopportarlo e così mi ribellai. Iniziai a lottare con tutto me stesso, lanciando mille incantesimi e pugni e calci quando la situazione peggiorava; ma il risultato non fu dei migliori. Gli Oscuri ci catturarono e ancora mi tormento per questo mio errore. Se fossimo scappati subito, mentre i due erano ancora intenti a prendere l’anima del mio amico, ora saremmo tutti salvi. Quando gli Oscuri vogliono la tua anima ti fanno loro schiavo, così come siamo stati fatti noi. Ormai quasi tutti coloro che tormentano tutte le notti di questo popolo di cui tu fai parte, non sono altro che schiavi, mente gli Originali si sono limitati a due. Queidue.
Per qualche assurdo motivo, però, io non ho dimenticato nulla. La mia anima è ancora con me, e sento che in qualche modo è merito tuo, mi tieni attaccato a questo mondo. Ed è per questo che ti chiedo di salvarmi; solo io so come sconfiggere gli Oscuri e salvare gli innocenti. C’è in ballo la salvezza di troppi mondi, ed uno è già andato perso. Se solo penso a tutta la mia vita; tutte le belle giornate con gli amici, con la famiglia, con il mio migliore amico… è tutto troppo sbagliato. Perché il male persiste? Perché la gente continua a volere di più, senza capire che siamo un unico popolo?

Ti prego, non cadere nell’oscurità anche tu, non volere di più di quello che hai, perché anche se non te ne rendi conto tutto ciò che possiedi è tutta la tua vita e tutta la tua felicità.
Penso di essermi dilungato fin troppo, ma non potevo solo usarti per scappare, dovevi sapere. Qui da voi chiamate il cattivo Marvash e l’eroina Sheireen; anche se sei un ragazzo so che sei tu il nuovo eroe e quindi la nuova Sheireen. Sconfiggi il Marvash e il mondo sarà salvo ancora una volta.
Albus
 
Elnath non seppe mai bene cosa successe dopo, ricordò solo di essere corso via di casa e di essersi poi risvegliato il mattino successivo con la testa in una grande tinozza, colma di vomito.
Era conscio che tutto quello che stava succedendo era solo il suo destino – così come lo era stato quello di Nhial e quelli futuri di altre Sheireen – ma la consapevolezza di dover salvare non un solo mondo, ma molteplici, gli incuteva fin troppa paura.
Era convinto, infatti, di non poter assolutamente sconfiggere due Marvash potenti quanto quei due Oscuri, specialmente quando non era capace di uccidere nemmeno un coniglio! Come poteva anche solo pensare di poter salvare delle vite, quando non sapeva nemmeno come era ancora vivo lui stesso? E, specialmente, cosa avrebbe detto Albus?
Di certo non poteva più dormire, constatò, proprio quando un conato di vomito lo costrinse a smettere di perdersi in quei mille pensieri.
Elnath sbuffò stancamente in quel vicolo ceco quel tenebroso lunedì mattina, proprio prima che un ragazzo dall’aria pacata e compita gli si avvicinava.
Alzò lievemente la testa quando sentì i passi avvicinarsi, e guardò incuriosito il ragazzo dai capelli neri che lo scrutava a sua volta.
«Stai bene, Elnath?» domandò, facendo saltare il ragazzino sporco di vomito e con i capelli biondi pieni di cenere. Come poteva sapere il suo nome?
Lui scattò in piedi in un secondo, con il cuore che gli scoppiava. Nessuno in quella città lo conosceva, mai era uscito di casa e mai aveva parlato con qualcuno all’infuori dei suoi genitori.
E Albus.
Elnath guardò il ragazzo a fondo, rendendosi conto che in realtà non aveva mai visto Albus veramente, ma solo gli occhi. Così, si avvicinò al ragazzo che conosceva il suo nome e lo guardò.
Fu la cosa più bella che Elnath ebbe mai provato in tutta la sua vita.
Guardare i suoi occhi e rendersi conto che al mondo non c’è nulla di più bello. Guardarli e vedere le emozioni della vita. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, e Elnath constatò che l’anima di quel ragazzo – che fosse o meno Albus – doveva essere la più pura di tutte.
Ma fu quando il ragazzo misterioso ricambiò veramente il suo sguardo che Elnath capì e ricordò.
Fu così che si rese conto di quanto eroico fosse stato la notte scorsa. Era uscito di notte, aveva camminato per tutta la città, cercandolo. Sapeva che se lui era sveglio Albus non era entrato negli incubi di nessuno, quindi poteva solo nascondersi nell’oscurità più profonda. Così si recò in quel vicolo, quello in cui erano ambientati la maggior parte dei suoi sogni e lo trovò. Quella fu, però, solo la parte più facile. Liberare un Oscuro non poteva assolutamente ritenersi la cosa più semplice al mondo; eppure lui ci era riuscito. Ricordava solo di aver seguito le istruzioni di Albus, che gli suggeriva mille parole di cui lui non sapeva il significato – molto probabilmente erano incantesimi del suo mondo – ma Elnath si scoprì davvero dedito alla magia. Forse aveva trovato qualcosa in cui era capace, per una volta.
L’unica cosa che non si spiegava era il motivo per il quale si trovava alle sei del mattino a vomitare in un vicolo semideserto.
Albus, nel frattempo, era corso a prendere qualcosa che somigliava molto ad un pezzo di legno, e un mantello. Posò quell’ultimo oggetto sulle spalle del ragazzo dolcemente.
« Cosa è successo di preciso? » domandò quando Albus si fu seduto al suo fianco e gli ebbe pulito la faccia con una magia. « Perché sto così? »
« Perché siamo due incoscienti » rispose, scrollando le spalle. « Dopo che mi hai salvato eri sfinito. In questo mondo la magia non funziona come nel mio, ma io non ne avevo idea. Qui la magia, se usata troppo, ti porta allo sfinimento.  Nel mio mondo non è così; la magia è la nostra risorsa, essere maghi significa poter sventolare la bacchetta in molte occasioni, sia futili che utili. Ma senza mai subirne conseguenze fisiche ». Elnath riuscì benissimo a vedere tutto il dispiacere di Albus e la preoccupazione nei suoi occhi; questa fu la ragione per la quale saltò in piedi felice e l’abbracciò.
Affondò la testa nella sua spalla – Elnath non era poi così alto! – e si lasciò cullare dalle braccia forti di Albus.
« L’importante è che sei qui adesso e che abbiamo una minima speranza di salvare tutti i nostri mondi » sussurrò poi il ragazzo, ancora stretto in quel tenero abbraccio.
Da quel momento in poi i due ragazzi non si guardarono mai più allo stesso modo, c’era sempre qualche strana emozione che Elnath non aveva mai provato, ma che Albus conosceva bene: era la stessa e identica sensazione che aveva provato in passato con Scorpius.
Ma ora Elnath è qui con me”, si ripeteva quindi il mago, cercando di dimenticare il suo migliore amico, ormai defunto. Però non passava giorno senza che lui ricordasse il suo volto pallido che gli sorrideva a lezione o durante le partite di Grifondoro. Ricordava sempre anche le battute, gli scherzi e le indimenticabili giornate ad Hogsmeade e quando scappavano con Rose per andare da Mielandia a fare scorta di dolci. Ricordava ogni giorno anche quanto amava accarezzargli i capelli, per poi passare alle sue morbide guancie, che riempiva sempre di baci. Ora che ci pensava, migliore amico proprio non era. Eppure nessuno dei due si era mai posto questo problema, ed ora era quello il più grande rimpianto che aveva Albus.
Si promise che con Elnath sarebbe stato diverso: si sarebbe dichiarato, non avrebbe avuto paura di esagerare o di sembrare inopportuno, e gli avrebbe detto quando lo amava ogni giorno.
Albus sentiva che con lui tutto sarebbe andato bene, dalla faccenda del suo cuore a quella della salvezza dell’umanità.
 
Iniziare a girovagare senza meta e senza attrezzatura si rivelò fin troppo fallimentare. Fu per questo che Elnath decise che sarebbe tornato a casa, avrebbe inventato una scusa e sarebbe poi partito carico di scorte con Albus, alla ricerca degli Oscuri.
A quando diceva il mago, infatti, quei due giravano per il Mondo Emerso da mesi, cercando di creare quanti più Oscuri potevano. Gli spiegò anche che la creazione di Oscuri è altamente difficoltosa, che è come staccarsi una parte di se stessi: se sai che non hai altra scelta non puoi scappare, chiudi gli occhi, stringi i denti e agisci.
« Dove sei stato, Elnath? Ci hai fatto spaventare! » esclamò Genévieve, quando il figlio varcò la soglia di casa.
Elnath ci pensò un attimo, poi la sua mente da probabile futuro scrittore e fanatico della lettura – in particolare dei manoscritti del mago Sennar – inventò la scusa che gli sembrò più credibile.
« Ieri sera non riuscivo a dormire, così mi sono seduto fuori e ho guardato il sole sorgere. Poi è passata una ragazza bellissima e ci siamo innamorati, però lei vuole tornare dalla sua famiglia, nella Terra del Vento. Andrò con lei, madre. Se voi due acconsentite » concluse, rivolgendosi anche al padre, che ascoltava assorto la conversazione.
« Ma che bella notizia, ragazzo! » esclamò il padre, sorridendo. Quello, constatò Elnath, era il primo sorriso che gli rivolgeva per qualcosa che aveva fatto.
« Quando tornerai? » domandò incuriosita la mamma, avvicinandosi a lui.
« Non ne ho idea! » esclamò. « Non so quanto vorrà restare lì. Potrebbe anche essere possibile vivere nella Terra del Vento per sempre. Vi manderò una lettera, comunque, non preoccupatevi ».
Tonnan annuì e diede una pacca sulla spalle di Elnath. « Sei un uomo, in fin dei conti, hai la libertà di vivere la tua vita! ».
« Già » sospirò lui, prima di recarsi in camera sua.
Prese mantelli e le sue scorte di cibo che nascondeva sotto al letto, poi staccò tutti i suoi disegni di Albus e i suoi inutili racconti incompiuti e li mise nella sua piccola tracolla di pelle di drago. Racimolò quanto più denaro riuscì a trovare e lo sommò a quello che gli diedero direttamente i suoi genitori. Bastava a malapena per due cavalli e qualche soggiorno in delle locande a basso prezzo. Pensandoci, sarebbero serviti più mantelli e più provviste.
Quando ebbe finito prese i suoi bagagli, salutò un’ultima volta i suoi genitori consapevole che quello poteva essere un addio, e raggiunse Albus al confine della città.
Lo guardò negli occhi – quei meravigliosi occhi verdi che avevano catturato il suo cuore – e seppe che era pronto.
 
 
La caccia agli Oscuri fu una vera e propria tortura. Camminavano senza tregua in lunghe lande desolate, fino ad arrivare in città già cadute nel terrore dei loro nemici. La parte più brutta era senza dubbio la notte. Albus non era abituato a tutti quegli incubi, e ben presto iniziò a cadere nel baratro più profondo: la disperazione.                                     
Erano molti quelli che avevano questa reazione, ma erano pochi quelli che la superavano. Elnath era consapevole che continuando così Albus sarebbe completamente impazzito, ma non sapeva cosa fare precisamente. Lui non aveva mai avuto questi problemi, aveva sempre visto Albus quando dormiva, e anche se ora non era più così, la paura ancora si doveva presentare, perché sapeva che l’uomo della sua vita era al suo fianco.
E mentre il mago terrestre soffriva durante la notte, Elnath iniziò a capire fin troppe cose durante i suoi sogni.
« Albus » disse una sera il ragazzo, con l’intenzione di fare un monologo consolatorio, « so che stai passando delle notti terribili e non sai quanto vorrei che tutta questa storia finisse, ma sappi che io sono qui con te. Se nella notte hai paura, ti svegli, o se vuoi smetterla di sognare, svegliami, ti prego. Non riesco a continuare a viaggiare con te, ad aggrapparmi a te quando non sono capace di fare qualunque cosa utile durante il giorno, sapendo che tu stai soffrendo così tanto. Senti, Albus, io sarò anche una frana durante le ore di sole. Cado in continuazione, non so cacciare o cavalcare senza cadere per più di dieci minuti, e non so fare magie chissà quanto potenti. Ma se c’è una cosa che riesco a fare è dormire senza soffrire. Sul serio, per me non è mai cambiato nulla dalle notti della mia infanzia, quando tutto questo non esisteva, a quelle di questi giorni. Aggrappati a me, ti prego, fallo o io soffrirò con te ».
Mai qualcuno aveva implorato un’altra persona di chiedere il suo aiuto, semmai il contrario. In ogni modo, Albus fu davvero sollevato di sentire quelle parole.
« Grazie, Elnath, non so come farei senza di te » disse, con un sincero sorriso.
In risposta, il biondino l’abbracciò come ormai facevano sempre per consolarvi, finché Albus non decise che sarebbe andato oltre.
Guardò gli occhi di Elnath – erano sempre quella parte la più bella in una persona – e seppe che era ciò che voleva di più al mondo.
« Ti amo » sussurrò, senza giri di parole o altre allusioni. L’amore, stando ai pensieri di Albus, doveva essere dichiarato sempre così, come esce dal cuore. E nulla è più spontaneo di un semplice ma bellissimo “Ti amo”.
Fu in quel momento che Elnath gli saltò praticamente addosso. Lo baciò prima con tutta la dolcezza che il mago si aspettava da un ragazzo tanto pacato e solare quanto lui, poi con più vigore e sentimento, finché si ritrovarono nudi sotto i mantelli, che da un po’ di giorni usavano da coperte.
Avevano appena fatto l’amore, senza quasi accorgersene. O meglio, Elnath non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, ma Albus lo sapeva eccome.
« Sei bellissimo » gli sussurrò all’orecchio, come se fosse un segreto che solo lui e Albus dovevano sapere.
« Ai tuoi occhi » corresse lui, sorridendo.
« Ed ai tuoi occhi io come sono? » chiese sorridendo anch’egli.
« Ai miei occhi sei l’uomo più bello che ho mai conosciuto. E ti amo » rispose, avvicinandosi ancora una volta alle labbra del suo ormai fidanzato.
« Sai, non ho più tanta paura di sognare, se so che tu sei qui vicino a me ». Albus non poté sbagliarsi più di così.
Quella fu la notte più brutta della sua vita, per il semplice fatto che quando sei felice gli Oscuri ti strappano via la tua felicità con una velocità assurda. Niente di più orrendo.
Ma ciò che fece davvero spaventare il ragazzo non fu questo, ma il fatto che quelli non erano dei semplici Oscuri che per lui non avevano alcun significato. Vedere i propri amici torturarti nel sonno non può di certo ritenersi bello.
 
« Rose, guarda qui chi c’è! » esclamò quello che sicuramente era Louis. Si sentiva dall’accento vagamente francese, trasmessogli dalla madre che non aveva mai imparato a parlare l’inglese – o l’anglese, come diceva lei – per bene.
« Bene bene! » esclamò di rimando lei, entusiasta.
« Perché state parlando così tanto, agire è così bello… » commentò con voce maliziosa sua sorella.
Albus sentì il suo cuore spezzarsi. Quella era Lily, proprio la sorella Lily che quando era piccola si accucciava tra le sue braccia e si addormentava lì; proprio la ragazzina che veniva da lui quando aveva problemi con i ragazzi; proprio l’adolescente frustata che piangeva sulla sua spalla; proprio la forte giocatrice di Quidditch che lo batteva ad ogni partita nel giardino della Tana.
La ragazza si avvicinò allo spaventato Albus, e iniziò a tirarlo con forza verso di lei, per poi spingerlo con altrettanta forza a terra.
« Calma, Lily. Lascialo un po’ anche a noi » disse James,peggiorando così la situazione mentale di Albus.
Sarebbe di sicuro uscito pazzo. Non riusciva assolutamente a vedere le persone che più amava al mondo in quel modo e per colpa sua.
Poi, mentre il ragazzo era immerso nella disperazione dei suoi pensieri, tutti si strinsero attorno a lui, non facendogli capire più nulla. Sentì qualcuno che gli toglieva i vestiti, poi qualcun altro che diceva qualcosa a proposito di un simbolo da incidere, e, infine, sentì l’inconfondibile tocco della sorella sulla sua gamba, seguito a ruota da qualcosa di così bollente da far svegliare Albus urlando.
 
« Albus! » lo chiamava Elnath, da ormai una buona mezz’ora.
Ma sapeva che chiamarlo non serviva a nulla; solo il diretto interessato poteva sottrarsi agli incubi degli Oscuri.
Quando Albus finalmente si svegliò con un urlo, Elnath notò un improvviso calore sotto la sua mano, poggiata sulla gamba dell’amato.
Elnath la ritrasse di scatto, ormai ustionata, mentre Albus ansimava impaurito.
« Cosa…?» domandò esterrefatto il più piccolo, che scrutava spaventato il mago. Quest’ultimo, non avendo né la forza né il coraggio per parlare, strinse Elnath in un caloroso abbraccio.
Si aggrappò a lui con tutto se stesso, conscio che  era l’unica persona che lo teneva ancora attaccato alla vita.
« È stato orribile » gli disse, quando ebbe la forza di mettere le parole in una sequenza logica. « Mi… mi hanno torturato » continuò indeciso. « Proprio loro ».
Elnath lo fece stringere a sé ancora più forte, cercando di dargli un appiglio. « Non avere paura, io sono qui con te. E ti amo ».
« Non è con l’amore che possiamo sconfiggere gli Oscuri » commentò acido Albus, staccandosi improvvisamente da lui. « Loro non hanno amore. Guarda» aggiunse, indicando la sua gamba.
Era ustionata, sembra ombra di dubbio, ma Elnath riuscì ad identificare qualcosa, un qualcosa che conosceva anche abbastanza bene. Erano due “s” che si intrecciavano l’una con l’altra, formando una sorta di serpente, con sotto scritto un messaggio, che cambiava a seconda di ciò che voleva comunicare chi incideva il simbolo. Quello di Albus recitava le seguenti parole: “Se coraggioso sei, paura non ci fai. Ma se paura hai, la morte presto troverai”. Non aveva assolutamente senso.
« Cosa vuol dire, Elnath? » domandò incuriosito Albus, non conoscendo nemmeno la lingua con cui era scritta quella sorta di profezia.
« Che vogliono intimidirti. E ucciderti ».
Dette queste poche parole, e dopo essersi guardati negli occhi, i due ragazzi presero la loro roba e scapparono.
Corsero senza una meta precisa per quelle che sembrarono ore, finché non si resero conto che tutto quello non aveva senso. O almeno non aveva senso per Albus. Perché Elnath sapeva benissimo verso che Terra stavano correndo, sapeva benissimo che era la loro unica possibilità, e sapeva benissimo che Albus, una volta lì, avrebbe sofferto troppo.
« Dove stiamo andando? » urlò improvvisamente il mago, ansimando per via della corsa.
« Lo so che non è il posto perfetto per te, ma non possiamo non andarci » disse Elnath, con lo sguardo basso. « Ho pensato molto in questi giorni e ho tratto delle conclusioni. Ho capito dai miei sogni dove si trova il loro covo, ho capito che ci sono moltissime persone intrappolate nel mondo degli Oscuri, che si trovano in una specie di limbo, dove non sono né Oscuri né persone normali. Dopo aver dormito anche quando non volevo e dopo aver visto il tuo simbolo ho concluso che questo limbo è il tuo pianeta. Sei tu la causa di tutto questo, Al. Non sai quanto mi costa dirlo. Il simbolo non viene inciso  a caso, c’è un motivo ben preciso: vogliono che tu sia il loro Marvash ».
« Vogliono? » domandò stranito Albus. Tutto quello non aveva alcun senso.
« Tu non sei di questo Mondo, Al. Non puoi essere nato per essere male, da te le cose non funzionano così. Lì puoi solodiventare male.  È per questo che dobbiamo scappare. Dobbiamo arrivare sulla Terra, dove tutto è incominciato. Dobbiamo liberare tutti coloro che sono in quello che ora è diventato il mondo degli Oscuri. Devo salvarti, Albus. Non posso farti cadere nel male, anche se questo ti costerà tanta fatica. Andare nella Terra della Notte ti farà sentire come se ti stessero uccidendo in ogni momento, anche io l’ho provato, prima che venissi tu nei miei incubi trasformandoli in sogni normali. Ma non possiamo non andarci. Lì, in quella che un tempo era la dimora del cavaliere Pewar, c’è un oggetto appartenuto ad un mio… amico» Elnath indugiò un po’ prima di pronunciare quella parola, riferita a Laio. Era ancora un ferita aperta e faticava a pensare che si sarebbe rimarginata. « Lui me lo diede prima di partire per l’Accademia nella quale non voleva andare. Mi disse che se mai sarebbe successo qualcosa, se mai il Tiranno – il Marvash sconfitto due anni fa – avesse tentato di uccidere me e le nostre famiglie, io avrei dovuto prendere quella sorta di pietra, dire due parole e mi sarei trovato in un posto migliore, chiamato Terra. Ma io lo lasciai da lui: non riuscivo nemmeno ad immaginare che le cose potessero evolversi in un modo tanto catastrofico  » Elnath sospirò. Si stava appena rendendo conto che tutta quella storia era incominciata anni prima e che se avesse preso quell’oggetto, impedendo a Laio di partire, tutto sarebbe stato completamente diverso.
« Comunque, è l’unico modo che abbiamo per salvare tutti coloro che rimangono umani. È l’unico modo per salvare noi, e quello che abbiamo ».
Albus annuì, lottando con il groppo che gli si era formato in gola.
« Vedrai che ce la faremo » continuò Elnath, prima di abbracciarlo.
 
 
Arrivarono alla Terra della Notte in due giorni di cavalcata nei quali Elnath cadde davvero poco per i suoi standard.
Il problema principale arrivò quando Albus si rese conto di non vedere praticamente nulla lì. Certo, c’era il sole rosso, ma non serviva a molto e quando persero i cavalli al mago sembrò tutto perduto, nonostante Elnath continuasse a rassicurarlo, dicendogli che sapeva dove stava andando.
Ed infatti era così.
Raggiunsero la casa di Laio in poco tempo, considerata la disperazione di Albus che non aiutava di certo la goffaggine di Elnath.
« Dove dobbiamo cercare? » domandò Albus, quando vide Elnath soffermarsi su dei quadri.
Uno ritraeva un uomo alto, con indosso un’armatura e un sorriso severo; doveva essere Pewar. Nell’altro c’erano due ragazzini sorridenti, con i capelli biondi e gli occhi chiari; Albus riconobbe subito Elnath, così piccolo e ingenuo che stringeva quello che doveva essere l’amico Laio.
« Ti manca » disse Albus. Non era assolutamente una domanda e Elnath l’aveva capito bene. « So come ci si sente. Il mio migliore amico, quello ucciso dai due Oscuri, mi manca più di ogni altra cosa. Continuo a pensare a tutte le cose che non avevamo fatto, a tutte le cose che ci eravamo promessi di fare. Ma sai cosa ti dico? Ormai è andata così, ed ho te, sei la ricompensa migliore che mi potesse capitare ».
Elnath si girò verso di lui, con le lacrime agli occhi, e lo abbracciò come ormai facevano così spesso.
«Dobbiamo muoverci » disse infine, staccandosi dall’amato.
Riuscirono a trovare l’oggetto di cui parlava Elnath dopo qualche ora, e Albus si sentì deluso nel constatare che la cosa che trasportava da un mondo all’altro fosse uno stupido sasso. Tutto sommato, si disse, era proprio come le passaporte.
« Sai… sai cosa devi fare? » domandò poi, guardando Elnath, che annuì un attimo dopo, senza nemmeno pensarci.
Il ragazzo gli prese subito le mani, stringendo ancora il sasso. Albus constatò che era davvero bollente; come poteva mantenere quell’oggetto ustionante in mano? In ogni modo, Elnath pronunciò delle parole che Albus non seppe riconoscere e pian piano il mondo intorno a loro perse consistenza.




NdA:

Penso che ora vi debba molte spiegazioni!
 Inizio col spiegare che sia nel Mondo Emerso, che nella Terra, una disgrazia si è abbattuta: dei nuovi "Marvash" sono sorti, dei Mavash che hanno completamente distrutto la Terra, ridotta ad un insieme di persone quasi morte. Essi entrano nei sogni della gente, torturandoli; pian piano si sono impossessati di tutti coloro che sono divenuti "disperati", per via dei sogni. Gli Oscuri, poi, alla luce del giorno hanno il volto completamente coperto e nei sogni possono farsi vedere solo se vogliono. Ma questo penso che l'abbiate già capito.
Ora, passiamo ai personaggi: Elnath è di mia invenzione ed era l'amico d'infanzia di Laio, per cui, prima della comparsa degli Oscuri, viveva nella Terra della Notte.

Il resto delle spiegazioni arriverà con il prossimo e ultimo capitolo, altrimenti ora faccio troppi Spoiler! xD
 
   
 
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