Ehm… ok, sono di
nuovo io che rompo le scatole con una nuova storia! ahahahha, ormai non me ne
vado più da qui u.u ma approfitto del fatto che ‘Come in una favola’ sta per
finire e lascio il primo capitolo della storia nuova :)
Cooomunque, ci
sentiamo in fondo alla fine del capitolo u.u buona lettura!
Capitolo uno - Presentazioni e programmazioni
14/06/2010
Cammino senza
nessuna fretta tra i filari del vigneto e osservo i grappoli d’uva che stanno
crescendo e che verranno raccolti non appena saranno divenuti maturi.
Io però approfitto
di quel momento e oltre a controllare la crescita dei tanti grappoli, mi
preoccupo che le viti non abbiano nessun tipo di problema.
Sarebbe terribile
se a metà giugno, quando mancano solo pochi mesi alla vendemmia, fossimo
costretti a dover intervenire perché le piante hanno contratto qualche
spiacevole malattia, che altererebbe in qualche modo il sapore e la qualità dei
vini che produco.
Da quel che vedo,
però, capisco che è tutto nella norma e che non ci sono anomalie di alcun tipo.
Le cure che quasi ogni giorno io e gli altri addetti alle vigne apportiamo alle
viti si possono notare anche da lontano.
Sbuffo dopo aver
appuntato le ultime notifiche sulla cartellina che mi porto sempre dietro -
come Linus si porta sempre dietro la sua coperta -, e poi mi copro la testa
usando proprio la cartellina, mentre lancio un’occhiataccia indispettita verso
il sole alto e già troppo caldo per essere solo le prime ore del mattino.
La mia è stata
proprio una bella idea quella di andarsene in giro sotto il sole rovente, senza
portarsi dietro almeno un berretto.
Faccio dietro-front
dopo aver sbuffato nuovamente. Tanto ho già controllato quello che dovevo
controllare e sarà meglio che mi ritiri per un po’ all’ombra, prima di beccarmi
la prima insolazione dell’estate.
Sono pessima, me ne
rendo conto, continuo a blaterare tra me e me senza essermi prima presentata a
voi!
Ma rimediamo in
fretta, dunque, vediamo...
Io sono Isabella
Swan, ma potete chiamarmi Bella, poiché tutti i miei parenti/amici/conoscenti
mi chiamano così. Sono nata nel lontano (ma neanche tanto lontano) 1987 e sono,
come forse avrete già capito, la proprietaria del vigneto dove sto bazzicando
in questo preciso momento.
Vi starete
giustamente chiedendo come fa una ragazza di quasi ventitré anni a essere già
proprietaria di un vigneto. È una domanda curiosa questa ed è normale che lo
pensiate. Quindi, vi posso rispondere subito.
Mio nonno, il buon
caro e vecchio Jack Swan, al momento della sua morte me l’ha lasciato in eredità,
assieme all’azienda vinicola della quale era proprietario. Quando lo seppi
rimasi molto scioccata, ma in senso buono ovviamente. Non mi sarei mai
immaginata in tutta la mia vita che il nonno potesse un giorno lasciarmi
l’attività che aveva svolto per tutta la sua esistenza, diventata in seguito
una piccola fortuna.
Avevo compiuto da
poco diciannove anni, quando il nonno moriva, e ero in partenza per il college
a Dartmouth, per studiare arte. Immaginate quale fu la mia faccia, capendo di
essere diventata proprietaria e responsabile di una delle aziende vinicole più
importanti e famose della California, con guadagni annuali pari a quasi 10
milioni di dollari.
Probabilmente,
simile a quella che avete voi in questo preciso istante.
Da una parte ero
felice di quella novità, il lavoro del nonno mi era sempre piaciuto sin da
quando ero una bimbetta minuscola che si divertiva ad assaggiare gli acini
d’uva, nascondendosi tra le viti quando giocava.
Mi è sempre
piaciuta l’idea di lavorare all’aria aperta e di stare a stretto contatto con
la natura, una cosa che non avrei fatto facilmente se mi fossi laureata in
arte, per diventare un critico d’arte.
L’eredità del nonno
stravolse i miei progetti e lo fece al momento giusto.
Decisi di prendermi
un anno sabbatico e di trasferirmi nella villa che il nonno costruì vicino ai
vigneti e dove, per quasi cinquant’anni, risiedé insieme a nonna Isabella.
Quando seppe dei
miei progetti, ne rimase contenta, sia perché avrei colmato un po’ il vuoto che
la scomparsa del nonno le lasciò e sia perché, a detta sua, avrei trovato il
modo di capire veramente quanto fosse bello produrre i vini.
Il periodo del mio
trasferimento avvenne proprio durante la vendemmia, sembrava quasi una specie
di coincidenza fortunata. Ricordo che la nonna mi diede appena il tempo di
farmi sistemare nella mia camera, trascinandomi subito dopo dai vari operai che
stavano raccogliendo le uve, che avrebbero poi trasportato nello stabilimento
situato poco lontano.
Quell’anno non mi
persi niente, non saltai nessun passaggio della produzione. Rimanevo quasi
incantata a osservare quello che accadeva in quel posto, nonostante lo sapessi
da una vita intera. Ma in quel momento mi sembrava che capivo solo allora
quello che veramente mio nonno mi spiegava, sempre con lo stesso entusiasmo e
la stessa passione.
Ero rimasta giorni
interi a osservare e a farmi spiegare tutto quello che accadeva all’interno
dello stabilimento: dalla spremitura delle uve, per passare alla fase di
fermentazione e di macerazione, fino ad arrivare alla svinatura e alla conseguente
fase di affinamento. Feci la mia scelta solo osservando tutto ciò, ma solo quando
mi fecero assaggiare il risultato di tutto quel lavoro diedi la risposta
definitiva.
Avevo scelto di
continuare quello che era stato il lavoro del nonno, sperando di riuscire a
essere alla sua altezza e di non far rimpiangere i tempi in cui era il padrone
dell’azienda. La nonna era fiduciosa delle mie capacità, oltre che felice della
mia scelta.
Fu lei a
confessarmi che il nonno sperava che almeno uno dei suoi nipoti continuasse
quella che era stata la sua passione, oltre che un lavoro. Ed era contenta che
io realizzassi questo suo desiderio.
I primi tempi che
passai nelle campagne della Napa Valley, la zona in cui si trovava l’azienda, furono
tutti all’insegna dello studio e della scoperta di quello che sarebbe presto
diventato il mio mondo.
Imparavo a
riconoscere le varie specie di viti che avevamo nei campi attraverso la forma e
il colore delle foglie e a prendermi cura di esse, appuntandomi le dosi e i
tempi delle varie concimazioni ed il metodo di potatura che garantiva, alla
nuova annata, un raccolto più abbondante.
Non era facile
ricordarmi tutti quei passaggi, per non parlare delle varie e tante malattie
che attaccavano la vite, che qualche volta anche le nostre avevano contratto,
ma me la cavavo e riuscivo in breve tempo ad avere una buona padronanza della
materia. Diciamo che per essere una che non aveva mai studiato agraria, a farlo
nel giro di pochi giorni, andavo abbastanza bene.
Avevo provato a
rendere partecipe mio fratello Jasper della mia nuova attività e mi sarebbe
piaciuto un sacco lavorare insieme a lui, se avesse preso la mia stessa scelta.
Purtroppo le cose non andarono nel modo che sperai.
Nonostante il nonno
avesse lasciato l’azienda sia a me sia a lui, Jasper si rifiutò con tutto se
stesso di prendere parte all’attività di famiglia. A sua detta, voleva
continuare a fare quello per cui aveva studiato duramente, ossia crearsi una
carriera nel campo della pubblicità.
Una cosa però mi
aveva promesso, e la stava mantenendo ancora oggi: curava la pubblicità
dell’azienda ed il sito Internet. In cambio, ovviamente, delle sue solite
bottiglie di vino settimanali che si scolava insieme a sua moglie Alice.
Alice e Jasper non
sono due alcolizzati; è solo che, come un po’ tutta la nostra famiglia, hanno
la passione per il vino e approfittano del fatto che io, da brava sorella e
cognata, non gli faccio pagare quello che bevono durante
i pasti. Sarebbero finiti in bancarotta se ogni settimana dovevano andare a
comprare sette bottiglie di vino da 34 dollari l’una.
Il prezzo del vino,
il Cabernet-sauvignon, è un po’ altino - lo penso anche io-, ma è il risultato
di una qualità di uva pregiata, un incrocio di uve bianche e rosse. All’azienda
non produciamo solo questo vino, però; mio nonno, forse per ricordare le
origini italiane di nonna, aveva scelto di coltivare anche altre uve e di
produrre alcuni vini noti in Italia, come il Sangiovese e il Chianti.
È bello ritrovare
in qualche modo attraverso il vino le origini della nostra famiglia.
Va bene adesso la
smetto di parlare di me, penso di avervi scocciato abbastanza.
Mi metto a correre,
sempre con la cartellina sulla testa, fino a vedere il limitare dei vitigni e
la villa dove abito insieme a nonna. Sento il bisogno di bere qualcosa di
fresco e che mi rilassi un poco, prima di andare a fare una visitina allo
stabilimento.
Tutti là dentro mi
dicono che se decido di non andarci per un giorno non succede nulla di male, ma
io davvero non ce la faccio a lasciar stare.
Se non faccio
almeno una volta al giorno il giro dei locali e delle cantine mi sento male. Se non ci credete,
mia nonna vi darà la conferma.
Raggiungo felice
l’ombra del portico, lieta di sentire finalmente fresco e non più il caldo
infernale della California, ed entro in casa togliendomi gli occhiali da sole.
La casa della
nonna, o meglio anche casa mia, è arredata con i colori caldi del marrone e con
mobili moderni che ricordano i dettagli rustici della campagna. Dopotutto, noi
abitiamo qui, no?
Poggio gli occhiali
da sole e la cartellina sul mobile del corridoio e mi dirigo verso la cucina,
ignorando bellamente il salotto e l’invitante divano beige dove mi piace tanto
leggere e starmene in santa pace. So che la nonna si trova là, perché sento il
buon odore del cibo che mi guida verso di lei. Se nonna non cucina per un
reggimento intero non si sente tranquilla.
Quando entro in
cucina, una cucina enorme e simile per arredamento a tutto il resto della casa,
la trovo impegnata a montare qualcosa dentro a una terrina.
Forse, penso tra
me, sta preparando le frittelle, ma potrebbe anche fare a meno di farlo.
Sull’isola della cucina c’è già un vassoio intero di biscotti al cioccolato, (i
miei preferiti), una torta alle noci e dei muffin assortiti.
-Ancora non hai smesso
di cucinare?- chiedo, avvicinandomi a lei, arrampicandomi poi sul ripiano per
potermi sedere.
La nonna alza lo
sguardo verso di me, arricciando le labbra e interrompendo per qualche secondo
il suo lavoro, prima di riprenderlo. Non è sorpresa per la mia comparsa
improvvisa, diciamo che si è abituata in questi quattro anni alle mie uscite
bizzarre.
Nonna Isabella ha
un aspetto giovanile per la sua età, sessantacinque anni portati
meravigliosamente. Se non fosse per i capelli bianchi che tiene sempre legati
in una croccia dietro il capo, potrebbe passare per una signora più giovane.
Anche il nonno era
giovane quando scomparve, aveva compiuto da pochissimo sessantanove anni, ma
come tutti sappiamo bene se il cancro decide di portarti via dai tuoi cari
prima del tempo non puoi fare nulla per impedirlo.
-Sai che mi piace
farlo- mi risponde dopo un po’, sorridendo. Mi lancia un’occhiata di sbieco e mi
molla uno schiaffetto sulla mano.
-Scendi da lì,
signorina! Qui sopra ci si cucina, non ci si siede. Quante volte devo
ripetertelo?-
Sbuffo, alzando gli
occhi al cielo, e scendo dal ripiano e prima di andare a occupare posto a
tavola mi avvicino all’isola e a tutto quel ben di Dio che c’è posato sopra.
Afferro un biscotto, mordendolo e sentendo i pezzi di cioccolato fondente che
si sciolgono in bocca, e rubacchio anche un muffin ai mirtilli.
-Bella, smettila di
mangiare i dolci- mi ammonisce.
Mi volto, pensando
che mi abbia vista, invece la trovo voltata verso la finestra, impegnata a
montare le uova. Alcune volte mi viene da pensare che abbia gli occhi anche
dietro la testa, poiché mi sgama nonostante non riesca a vedermi.
-Non fto.. non sto
mangiando- balbetto e immediatamente nascondo dietro la schiena il muffin e
quel che resta del biscotto.
Nonna ride. -Farò
finta che sia così, ma non toccare altro, quelli sono per i ragazzi. Per te sto
preparando le frittelle.-
Uh, frittelle.. buone!
-Con lo sciroppo
d’acero?-
Alcune volte me ne
esco con domande che sembrano non esser uscite dalla mia bocca, ma da quella di
una bambina piccola. Non posso farci niente però se la nonna è così brava a
cucinare e ogni cosa che fa rappresenta una festa per le mie papille gustative.
-Sì tesoro, ci
metto anche lo sciroppo d’acero.-
La sua risposta mi entusiasma
così tanto che ripongo il muffin nel mucchio insieme agli altri, mentre il
biscotto finisce nella mia bocca.
Mi avvicino all’enorme
tavolo in noce e scosto la sedia, rischiando di strozzarmi con il boccone di
biscotto, mentre osservo Principessa, la gatta persiana di nonna, dormire
tranquillamente sopra di essa.
-Nonna, Principessa
ha rischiato grosso- la informo, prendendo malamente la gatta tra le braccia. Quest’ultima
miagola indispettita e tira fuori le unghie, ma quando capisce che sono io si
rilassa e si sistema meglio tra le mie braccia.
-Stavo per
trasformarla in un cuscino da sedia!-
Mi siedo,
carezzando il morbido pelo bianco di Principessa, mentre questa fa le fusa e si
gode le coccole che le sto riservando. Nonna, nel frattempo, deve aver messo a
cuocere le frittelle perché il buon odore che sento mi sta facendo crescere la
fame.
-Povera micetta. L’hai
salvata spero.-
Annuisco. -Oh sì, è
salva.-
Cinque minuti dopo
nonna si avvicina al tavolo e mi posiziona davanti, con un sorriso, l’enorme
montagna di frittelle che ha preparato. Sono così belle da vedere e l’odore è
così invitante che ne mangio un pezzo senza preoccuparmi di mettere lo sciroppo
d’acero.
-Allora, tesoro,
sono buone?- mi chiede lei, sedendosi accanto, carezzandomi una spalla.
Annuisco, con il
boccone ancora in bocca.
-Come sempre!-
Lascio la presa
sulla gatta che, da brava ruffiana, si è addormentata sulle mie cosce e allungo
il braccio per recuperare la bottiglia di sciroppo d’acero. Mentre lo faccio mia
nonna mi blocca il braccio e se lo porta sotto gli occhi, scrutandolo
attentamente.
-Che succede?-
Nonna lascia
passare qualche secondo prima di rispondermi con un'altra domanda. -Hai messo
la protezione solare prima di uscire? Ti si è arrossata la pelle-
-Ehm…-
Nonna durante
l’estate, mi ricorda sempre di spalmare la protezione solare sulla pelle prima
di uscire.
“Hai la pelle chiara, ti bruceresti in poco tempo!” Ripete sempre e il
più delle volte le do ragione perché so di che colore diventerei se
dimenticassi anche solo una volta di ‘proteggermi’.
Un rosso acceso,
più di un pomodoro maturo.
-Me ne sono
dimenticata- sussurro. Riesco a liberare il braccio dalla presa di nonna e così
posso cominciare a ricoprire le frittelle di sciroppo… al diavolo la linea!
La sento sospirare.
-Più tardi, prima di andare da Alice, la metti così non ti scotti, va bene?-
-Devo andare da
Alice?- mi volto verso di lei, confusa, con la bottiglia ancora a mezz’aria.
-A che fare?-
-Credo per parlare
della gita di quest’anno, ha chiamato poco fa. Eri ancora in vagabondaggio per
il vigneto-. Scrolla le spalle, cominciando a versare del succo d’arancia in un
bicchiere.
-Ah giusto, la
gita- dico, sentendomi un po’ rimbambita per essermene dimenticata. Come potevo
dimenticarmene? Non è la prima volta che prendo parte a questa attività estiva.
Continuo a mangiare
le mie frittelle, prendendo ogni tanto un sorso di succo dal bicchiere e sto
per chiedere a nonna se le devo prendere qualcosa in paese, quando la porta di
servizio della cucina si apre, rivelando sulla soglia un ragazzone formato
gigante, dalla carnagione ambrata.
Dopo che ha aperto
la porta, Jacob bussa per annunciare il suo arrivo, come se noi non lo abbiamo
visto spalancarla.
Mossa stupida, molto
da lui.
-Signora Isabella,
posso entrare?-
-Ma che domande
sono, Jake? Certo che puoi entrare, caro. Vuoi un po’ di caffè o delle
frittelle? Ne ho lasciate un po’ anche per te-.
Nonna torna in
piedi in un baleno, contenta dell’arrivo del mio amico e ancora più contenta
perché può farlo rimpinzare di cibo come sempre.
Jake sorride. -Non
rifiuterei mai le vostre strepitose frittelle, signora-.
Soffoco una risata
stringendo le labbra e, per evitare di fare danni, mi porto in bocca una nuova
forchettata di frittelle, mugugnando un ‘ruffiano’ che può essere benissimo
spacciato per un gemito.
Jacob si accomoda a
tavola stando alla mia destra, osservandomi mentre m’ingozzo di cibo.
-Buongiorno Bella, attenta
che se continui così finirai con l’ingrassare.-
Sbuffo,
lanciandogli un’ occhiata ammonitrice, e rifilandogli una dolorosa pacca sulla
spalla. Rido per la smorfia di dolore che compare sul suo viso.
Conosco Jacob da
anni, per essere più precisa dal giorno in cui sono nata. Le nostre famiglie,
gli Swan e i Black, si conoscono non so da quanto tempo e sia io che lui sin da
piccini siamo sempre stati insieme. Come amici, ovviamente.
Non ho mai provato
nulla di più che un forte affetto di amicizia, ed anche per lui è la stessa
cosa, anche se nei primi anni delle superiori, mi faceva capire che cominciava
a provare qualcosa di diverso nei miei confronti. Per fortuna tutto poi è
sparito.
Nonno e nonna, che
hanno sempre considerato Jake come un nipote acquisito, speravano che tra noi
due scoccasse la “scintilla dell’amore”, come la chiamava sempre nonno, ma alla
fine si sono rassegnati entrambi all’idea che noi siamo soltanto amici, amici
stretti e basta.
Specialmente adesso
che Jake ha trovato il vero amore della sua vita, una ragazza che sin dalla
prima volta che l’ho vista ho pensato fosse la sua degna anima gemella. Lei si
chiama Leah, è una giovane veterinaria che ha cominciato da poco a lavorare
nello studio del dottor Ross, a Napa, e la caratteristica che me l’ha fatta
piacere dal primo momento è stata la sua capacità di tenere a bada quella
sottospecie di orso/mostro che ha scelto come fidanzato.
Jake un paio di
mesi prima le ha chiesto di sposarlo e lei ha accettato subito, nonostante
siano entrambi giovani e all’inizio della loro carriera lavorativa ma secondo
loro, se c’era l’amore tutto il resto poteva aspettare.
Leah mi ha scelto
come sua testimone, facendo nascere una litigata colossale, giacché anche Jake vuole
che io sia la sua testimone. Alla fine siamo giunto a un compromesso, farò da
testimone a Jake e alla nascita del loro primo bimbo, sarò la madrina.
Insomma, in qualche
modo mi avranno sempre tra i piedi, ma se la sono cercata loro ed io mica posso
dire di no.
-Cavolo, Bella, sei
sempre più manesca ogni giorno che passa!- commenta Jake, mentre si massaggia
la parte lesa e mi guarda storto.
-Tu mi prendi in
giro, io attacco… sai come la penso, no?- sorrido malignamente, bevendo il
succo d’arancia e accarezzando allo stesso tempo il pelo di Principessa, che la
voce del mio amico ha svegliato.
Lui sembra notare,
solo grazie al movimento del mio braccio, che ho la gatta acciambellata sulle
cosce. Si sporge per osservarla meglio.
-Oh, ma guarda chi
c’è qui! Ciao, Principessa.-
Jake allunga la
mano per accarezzarla, ma come accade ogni volta la gatta caccia fuori gli
artigli, mostrandoglieli e soffiando come se fosse minacciata.
Lo fa sempre,
soprattutto con le persone che non conosce e che sono estranee alla casa, come
ad esempio i vari operai che lavorano allo stabilimento e che ogni tanto
passano per salutare la nonna. Con me l’ha fatto i primi tempi, nonostante mi
conoscesse già, ma pian piano si è abituata alla mia presenza. Ed ora, sembra che
io sia la sua padrona.
Anche con Jacob potrebbe
passare per tale, ma non sembra proprio. Principessa continua a soffiargli
contro, come se fosse la prima volta che lo vede. Le ha dato anche un
soprannome, quel cretino…
-La gatta che ti
affetta è in ottima forma oggi-. Ecco, questo è il soprannome.
-Ma perché la
chiami così? Poverina non fa del male a nessuno. Invece a sentire te sembra una
specie di serial killer!-
-Anche tu una volta
pensavi che avesse qualcosa contro di te, ammettilo.-
Scrollo le spalle.
-Ma dopo ho cambiato idea, perché questa bella birbantella ha capito che io non
le farei mai e poi mai del male… giusto, Principessa?-
Prendo la gatta tra
le braccia e la sollevo in aria, portando il suo piccolo muso alla stessa
altezza del mio; lei non batte ciglio, si limita a guardarmi come se a lei la
cosa fosse indifferente. Per farmi capire meglio il concetto, miagola.
-Proprio non ti è
simpatica la mia gatta, eh Jake?- .
Nonna, tornata di
nuovo a tavola con noi, posa un enorme piatto di frittelle piene di sciroppo
davanti al mio amico sorridendogli.
-Non gli è mai
stata simpatica, nonna. È una cosa del tutto normale-.
Lascio un’ultima
carezza alla gatta, prima di posarla sul pavimento in cotto della cucina e poi
mi alzo in piedi, stirandomi le braccia.
-Io vado, nonna. Hai
bisogno di qualcosa giù a Napa?-
-No cara, ho tutto
quello che serve, ma grazie comunque- mi rivolge un sorriso dolce, mentre versa
il caffè per Jacob in una tazza.
-Dov’è che vai?-
Jake mi osserva incuriosito e si porta una forchettata spropositata di
frittelle alle labbra.
Lo guardo per un
po’ impressionata, prima di rispondergli.
-Vado da Alice, ha
chiamato prima e sembra che voglia parlarmi della gita di quest’anno.-
Lui deglutisce
l’enorme boccone e scoppia a ridere. -Ah giusto, la gita estiva! Se non fosse
per lei, tu staresti ogni singola estate a rompere le scatole in azienda. Devo
ringraziare Alice se ti manda via quelle poche settimane!-
Lo guardo male, ma
non ribatto. So che ha ragione e che sarei capace di non passare neanche un
giorno di vacanza estiva perché devo tenere sotto controllo le cose
nell’azienda, ma, per fortuna, Alice da un paio di anni a questa parte ha
trovato un’idea carina per i bambini di Napa e mi ha chiesto se volevo farne
parte.
Visto che l’idea mi
piace ho accettato e, per rendere felici quei piccoli marmocchi, sono anche
disposta a separarmi dalle mie amate viti e andare a passare sei settimane
all’aria aperta.
-Ed io invece devo
ringraziarla se per quelle settimane non sentirò le tue stronzate!- ribatto e
scoppio a ridere, seguita da lui.
La nonna è meno
felice di noi, invece, e mi guarda male come fa ogni volta che mi sente parlare
in quel modo poco educato. Mi avvicino a lei e la abbraccio, lasciandole un
enorme bacio sulla guancia che la fa ridere subito. Lei non è capace di restare
arrabbiata per molto tempo. Per le cose serie sì, riesce a tenere il muso per
giorni, ma per scaramucce del genere è facile farle tornare il sorriso.
-Quanto sei
ruffiana!- esclama, ridendo.
-Adesso va’, tanto
ci penserà Jacob a portare i dolci agli altri.-
-Stai attenta che
lui se li mangia tutti per strada!-
-Ehi! Ma per chi mi
hai preso?!- dice lui, sentendosi preso di mira.
Scoppio a ridere, e
il buon umore per quella scenetta mi resta addosso anche quando vado a
recuperare la borsa e gli occhiali da sole per uscire di casa. Mi fermo prima
ancora che possa aprire la porta, bloccata dalle parole amorevoli che la nonna
mi urla dalla cucina.
-Bella, tesoro,
ricordati la protezione!-
Cambio i miei
programmi e mi lancio di corsa verso le scale che mi porteranno al piano
superiore, per mettere quella benedetta protezione solare.
-
Ci metto poco ad
arrivare a Napa. La città non è poi così lontana da casa nostra, in una ventina
di minuti sono arrivata a destinazione. Sulla mia macchina percorro le varie
vie per arrivare all’agenzia di viaggi di Alice.
Da quello che posso
vedere, la città sta già attirando i primi turisti della stagione. Non ne
vengono così tanti dalle nostre parti e spesso quelli che vengono qui sono
attirati più per i vini che si producono nella nostra regione che per le altre
cose. È un fattore positivo per il
turismo della zona, ma non l’unico.
Fermo la macchina
quando arrivo nella via dove si trova l’agenzia e, dopo averla spenta, scendo e
innesco subito le sicure. Sono previdente, è vero, ma sono anche tanto
affezionata al mio piccolo gioiellino che mi sono regalata appena qualche mese
fa: una Mini Cooper rossa fiammante con il tettuccio bianco.
Ero stanca di
prendere sempre il furgone della nonna, nonostante lei mi abbia sempre detto
che non era un problema, ma ho voluto fare ugualmente qualcosa per rendermi un
po’ più indipendente anche sull’argomento “mezzi di trasporto”. Per questo
motivo ho acquistato la mia macchinina.
Molti mi hanno
detto che avrei potuto permettermi di meglio, molto più di un’auto comune come
la Mini, ma sinceramente a me non è mai importato molto il lusso e lo spendere
i soldi senza un senso.
Mi serviva un’auto
che mi permettesse di spostarmi senza problemi e senza dipendere dagli altri. Mi
è piaciuta quella che ho acquistato e la storia è finita. Se gli altri poi
pensano che abbia sbagliato, a me non interessa.
Sistemo la borsa a
tracolla sulla mia spalla e mi avvio verso l’entrata dell’agenzia, passandomi
una mano tra i capelli e sbuffando per il caldo che continua a farsi sentire
ancora più intensamente di prima.
Meno male che ho
messo la protezione, penso tra me e me, mentre poggio una mano sulla porta e
spingo per aprirla. Subito un’ondata di aria fresca m’investe da capo a piedi, facendomi
sospirare di sollievo. La pelle si ricopre di brividi, ma la cosa è solo
temporanea. Sia ringraziata l’aria
condizionata!
-Uh, Bella, gliel’hai
fatta ad arrivare! E chiudi la porta, sbrigati!-
Apro gli occhi, che
ho chiuso non appena sono entrata, e mi affretto a richiudermi la porta dietro
le spalle mentre osservo la piccola Alice che cerca qualcosa in una montagna di
fogli stampati.
Alice, la mia
migliore amica, e mia cognata, è piccola solo per modo di dire. La sua statura
e il suo fisico minuto la fanno sembrare una ragazzina, anche più piccola di me.
In realtà ha ventisei anni, tre in più della sottoscritta.
I suoi capelli
corvini, corti e con le punte sparate in tutte le direzioni, si muovono ogni
tanto a causa dell’aria condizionata accesa e ogni tanto si vede il piccolo
fermaglio pieno di strass, che ha appuntato su un lato, brillare come se si
trovasse sotto il sole. Alza gli occhi, sorridendomi e facendomi cenno di
avvicinarmi a lei.
-Siediti un
secondo. Finisco di cercare una cosa e poi te la mostro. Vuoi un po’ di caffè
intanto? O del tè freddo?- chiede, riportando gli occhi e il naso in mezzo alle
scartoffie.
Scuoto la testa,
sorridendole e togliendomi finalmente gli occhiali da sole.
-No, sono a posto
così. Sei da sola oggi?- chiedo, vedendo che è l’unica persona presente nel
locale.
Di solito con lei
ci lavora anche una ragazza, Lauren.
Lauren ha la mia
stessa età e abbiamo frequentato insieme lo stesso liceo, ma non siamo mai
state molto amiche. A scuola, nei corridoi, ci scambiavamo giusto il banale e
semplice “ciao”.
Adesso invece non
c’è quasi più neanche quello. Io vengo di rado a Napa, giusto per trovare i
miei genitori, i miei amici e per fare un po’ di spesa quando la nonna non può
venirci, mentre lei è troppo impegnata a rimorchiare e a credersi chissà chi
per considerare gli altri. Di questo passo non verrà neanche più a lavorare, da
quello che vedo.
Alice sbuffa,
capendo a chi mi sto riferendo.
-Lascia perdere,
sta diventando una situazione assurda! Ma non voglio parlare di Lauren-sono-troppo-figa-e-gagliarda.
Ho altro di cui discutere con te adesso!-
Inarco le
sopracciglia proprio nello stesso momento in cui lei riesce a sfilare una serie
di fogli dal mucchio, senza far cadere tutti gli altri a terra. Si sporge verso
di me, che mi trovo dall’altra parte della sua scrivania, sorridendomi.
-Ecco il programma
di quest’anno! Ho faticato un sacco a trovare un altro campeggio nel Maine, ma
alla fine ci sono riuscita!-
Il suo sorriso estasiato
mi contagia, anche se non capisco per quale motivo abbia dovuto cambiare
campeggio.
-Non potevamo
tornare in quello dell’anno scorso?- le chiedo. Eravamo stati bene, il cibo era
buono e lo svago non mancava, e la natura e il paesaggio che ci circondava non
era male.
Alice mi guarda
male. -Pensi che dopo quello che hanno combinato Zac Efron e Jesse McCartney al
loro bungalow vi avrebbero fatto tornare tranquillamente? Quando hanno saputo
chi era che li stava chiamando hanno riappeso il telefono senza dire nulla-.
Mi mordo le labbra
per la brutta figura che l’anno scorso ha fatto l’agenzia di viaggi di Alice,
ma anche perché quel ricordo è talmente assurdo che mi fa ancora venire da
ridere. Mi trattengo però, sapendo che la persona che ho di fronte può reagire
male alla mia reazione.
I due bambini che
ha citato Alice, per l’appunto Zac e Jesse, avevano avuto la brillante idea di
accendere un fuoco dentro il loro bungalow in piena notte perché volevano abbrustolire
i loro marshmallow, non essendogli bastati, evidentemente, quelli che avevano
mangiato insieme al resto del gruppo qualche ora prima.
Ma non tutto andò secondo i loro piani.
Li scoprimmo presto
per fortuna, ma ormai avevano già combinato un bel po’ di danni: una cassapanca
e alcune sedie andarono bruciate, e a causa del fumo loro e gli altri due
bambini che erano presenti nel bungalow si beccarono una lieve intossicazione
da fumo. Non era nulla di grave, per fortuna, ma ciò costò loro la fine dei
campeggi estivi. E anche i nostri soggiorni futuri in quel campeggio, a quanto
pare.
-Già, hai ragione-
commento, e involontariamente sulle labbra mi scappa un sorriso.
Alice arriccia le
labbra ma non dice nulla, decidendo di lasciar correre e di riportare la sua
attenzione sui fogli che sono poggiati sulla scrivania. Lo faccio anch’io,
curiosa di scoprire cosa ha organizzato per la nuova gita estiva.
-Allora, ho trovato
un nuovo campeggio: è completamente dall’altra parte del Maine, ma è molto
simile a quello dell’anno scorso, e ci sono più attività da svolgere. Ah, e si
trova proprio sul lago Sebasticook!- mi spiega, entusiasta.
-Naturalmente, come
l’anno scorso dovete prendere un aereo: arriverete a Bangor con questo e poi
con un pulmino arriverete a destinazione. Tutto chiaro?-
Annuisco.
-Tutto chiaro,
praticamente la solita storia di tutti gli anni.-
Alice sorride.
-Esattamente!-
Mi porge i fogli che
mi ha mostrato fino a quel momento.
-Questa copia è per
te, giusto per documentarti meglio. Io ne ho una salvata sul computer e, come
sempre, per qualsiasi problema puoi chiamare qui. In fondo alla lista ho messo
anche una lista con tutti i bambini che parteciperanno quest’anno-.
La lista dei nomi è
proprio quello che vado a vedere, preferendo leggere il programma e le varie
documentazioni che ha fatto Alice con più calma a casa. Vedo che quest’anno i
partecipanti sono trentasei, otto in più rispetto all’anno scorso, e che tra di
loro c’è anche la piccola Amy, la nipotina di Alice. Per il resto rimango delusa
quando non trovo i nomi di Zac e Jesse, anche se so perfettamente che a loro è
vietato il campeggio per tutto il resto della loro vita.
Sono due bambini
vivaci e casinari, è vero, ma sono anche tanto simpatici! L’anno scorso erano stati
senza dubbio gli intrattenitori del campeggio e superavano di gran lunga anche
gli addetti e gli animatori che ci lavoravano.
-Quand’è che si
parte?- chiedo, mentre rimetto in ordine i fogli e riporto lo sguardo su di
lei.
-Il cinque Luglio,
subito dopo il giorno di festa. Partirete nel tardo pomeriggio e la mattina
dopo arriverete a Bangor. Starete lì per sei settimane, fino al 15 di agosto e
il 16 si ritorna a casa. La partenza è fissata per quella mattina alle undici.
Che ne pensi?- mi spiega tutto in un fiato e devo dire che come sempre ha fatto
un buon lavoro.
-Penso che sei la
migliore, Alice, sul serio!- le rivolgo un enorme sorriso, mentre lei ride
divertita.
-Benissimo! Quindi,
adesso posso anche comunicarti la novità di quest’anno-.
Si rilassa sulla
sua poltrona rossa imbottita e sospira, sorridendo.
Inarco un
sopracciglio.
-Quale novità?-
-Quest’anno avrai
un collega, mia cara. Ti aiuterà a tenere sott’occhio tutti i bambini, tanto
per evitare che combinino troppi danni come l’anno scorso.-
Sbuffo. È la prima
volta in tre anni che Alice decide di inserire un secondo accompagnatore nella
gita. Non mi da fastidio la cosa, soprattutto perché so che ha ragione e che
una mano in più a tenere sott’occhio trentasei bambini fa comodo. Spero solo che
abbia trovato qualcuno valido e che sappia a cosa va incontro. E spero per lei
che non lo abbia fatto per aiutarmi a trovare un fidanzato.
Sono secoli che cerca di spronarmi a trovarne uno.
-E chi è? Devi
dirmelo, lo conosco almeno?- chiedo, cercando di sapere qualcosa in più su di
lui.
Alice annuisce. -Lo
conosci, sì, ma al momento non si trova qui. Tornerà tra qualche giorno, credo,
ma sta venendo la sorella a prendere la copia del programma e per dirmi quand’è
che tornerà con più sicurezza.-
Mentre Alice parla
la porta dell’agenzia si apre di scatto. Mi volto, trovando così sulla soglia
una Leah alquanto accaldata, che cerca di riprendere fiato a grandi boccate.
-Ciao Leah- la
saluto.
Lei, ricambiando il
mio saluto solo con la mano, si avvicina a noi dopo aver chiuso la porta e si
siede sulla sedia accanto alla mia, passandosi stancamente una mano sulla
fronte sudata.
–Scusate, scusate
il ritardo-, dice, respirando ancora velocemente. -Abbiamo avuto un po’ da fare
all’ambulatorio-.
Alice le lancia un’occhiata
preoccupata e allo stesso tempo minacciosa.
-Leah, ti avevo
detto che potevi fare tutto con calma! Come vedi Bella è ancora qui, le ho
giusto giusto finito di spiegare le ultime cose.-
Lei scuote le
spalle, sospirando ancora.
-Non fa niente, sul
serio. Questo caldo ci ucciderà tutti, quest’anno!-
-Tieni, cara,
prendi un po’ di tè.-
Alice le passa un
bicchiere e una caraffa di vetro piena di quello che sembra tè al limone, con
tanto di fettine galleggianti sulla superficie.
-Comunque… tuo
fratello ti ha detto quand’è che tornerà a casa?-
-Seth? Quindi è lui
il mio collega?- chiedo, facendo scorrere lo sguardo da Leah ad Alice e
viceversa.
Mi risponde Leah
dopo che si è scolata quasi mezza caraffa di tè.
-Sì, è lui. Ha
detto che quest’anno voleva passare una vacanza diversa rispetto alle altre e
ha deciso di prendere parte al progetto. Tornerà la prossima settimana, forse
martedì o mercoledì. Sta aspettando che escano i risultati degli ultimi esami e
poi rientrerà dal college.-
Ho smesso di ascoltarle
colpita dalla nuova informazione. Sono sollevata che si tratti di Seth. Lo
conosco da qualche anno ormai, da quando Jacob ha conosciuto Leah e so per
certa che è un bravo ragazzo. E anche che con lui non mi devo per nulla
preoccupare. Ha la testa sulle spalle e in più ho la conferma che quella pazza
di Alice non sta cercando di fare da Cupido.
Seth mi piace, sì,
ma è più piccolo di me di tre anni ed è mio amico, come io sono sua amica. Non potrà mai esserci nulla tra di noi.
-Alice, devi dirmi
altro oppure posso andare?- chiedo, attirando la sua attenzione.
-Vorrei tornare a
casa a dare un’occhiata in azienda-.
Lei scoppia a
ridere, così come Leah.
-Strano che non ci
sei ancora andata! Meno male che per quelle poche settimane in cui sei via
darai un po’ di tregua a chi dovrà restare a lavorare.-
-Sì sì…- fingo di
ascoltarla mentre mi metto gli occhiali da sole.
-Ci sentiamo Alice,
salutami Jasper… ah, digli che il suo prezioso vino se lo vuole deve venire a
prenderselo di persona stavolta! La nonna vuole vederlo, non si è più fatto
vivo e gli manca.-
-Riferirò, salutami
tanto la signora Isabella.-
-Se ti sente che la
chiami così, Alice… ormai anche per te è semplicemente “nonna”!- le faccio
notare con un sorrisino.
Lei alza le spalle.
-Non posso farci
nulla, non riesco a chiamarla in quel modo!- si giustifica ridendo.
Saluto Leah, che si
sta documentando sul programma della gita, ed esco dall’agenzia. Mentre mi
avvicino alla mia macchina, non posso fare a meno di pensare a quello che
accadrà durante l’estate.
Sarà sicuramente
divertente come le altre e naturalmente spero che non accadano casini simili
all’incidente dell’anno prima.
Ma mentre avvio il
motore e mi preparo a tornare a casa, non penso minimamente che durante questa vacanza
la mia vita potrebbe cambiare di nuovo…
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Eccomi qua! Ve l’avevo
promesso che tornavo :D
Questa nuova storia
è nata per caso, e la trama è venuta fuori all’improvviso tanto che ho dovuto
scriverla su carta per evitare di dimenticarla XD
In questo primo
capitolo conosciamo Bella e quello che è il suo lavoro e la sua vita, cioè i
vigneti e la produzione dei vini. Ho approfittato di questa storia e ho fatto
un rapido ripassino su come si fa il vino… sono andata a recuperare i miei
vecchi libri di scuola, alle volte possono tornare utili XD
Il campeggio, il
vero posto dove si svolgerà la storia, comparirà nei prossimi capitoli e la
maggior parte della storia si svolgerà lì; dopotutto, la trama ha preso vita
proprio grazie alla foto di un campeggio :)
Va bene, smetto di chiacchierare
XD ma prima ringrazio tutte voi che avete letto questo primo capitolo e anche
chi lascerà una recensione, vi ringrazio già da adesso! E per finire ringrazio
la mia cara pazza Meredhit, mia pre-reader che corregge anche i capitoli (per
sua sfortuna XD) e anche la mia amorina Ever Lights che ha realizzato la bellissima
copertina della ff *-* vi voglio tanto bene ragazze! Tanto tanto *-*
Adesso vi saluto, e
vi lascio un paio di foto per mostrarvi il posto dove abita Bella :)
Qui abbiamo la sua
casa in campagna
E qui il suo
vigneto
Alla prossima, un
bacione a tutte :*
KrisC