Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Nykyo    03/11/2006    6 recensioni
Quale rapporto lega Albus Silente e Severus Piton? Qual è la vera natura di Silente: è solo un abile stratega, un condottiero che muove le sue pedine sulla scacchiera della guerra, o è anche un uomo, capace di paterno affetto? La vicenda dei diciassette anni trascorsi da Piton e Silente, fianco a fianco, raccontata dal punto di vista di chi, come il Preside, ha fiducia in Severus Piton.
Questo racconto ha vinto il primo premio al concorso "Piton e la Giustizia" del Sotterraneo di Piton
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PARTE SECONDA: Un terribile errore.

 

 

1. La spia perfetta.

 

 

Non appena ne fu realmente consapevole, la dolcezza di Silente parve insopportabile al giovane mago.

Si alzò di scatto, allontanando bruscamente le mani del vecchio dalle sue e scagliando via il calice, che andò ad infrangersi poco lontano sull’antico pavimento di pietra, tingendolo di un rosso cupo troppo simile al colore del sangue. Distolse lo sguardo, disgustato.

I pensieri si fecero parole, gridate senza alcun controllo – “Non sia gentile con me. Non voglio la sua gentilezza! Non me la merito. Non merito che disprezzo. Non sono venuto qui per chieder perdono… non è questo. Non sono qui per me stesso… “.

“E per cosa, allora, ragazzo?” – lo interruppe calmo il Preside – “Cosa ti ha portato da me? Non credi che sia venuto il momento di dirmelo?”.

Occhi chiari fissi nei neri abissi di quelli del ventenne tremante dinnanzi a lui. Occhi che non conoscevano ancora la risposta, pur dopo aver scrutato a fondo la sua mente torturata.

Devi dirmelo tu, Severus. E’ qualcosa che ti fa troppo male, l’ho capito. Male al punto che vorresti rivelarmelo, ma, per tutto il tempo, la tua mente ha tentato di negarlo e rimuoverlo. Perciò, ho conosciuto ogni tuo pensiero, ma questo è rimasto intoccabile, come assente. Saresti un ottimo occlumante, sai.

Forza dillo, il coraggio ormai non ti manca.

“La Profezia” – mormorò il mago bruno, con la voce ridotta ad un soffio – “Ho commesso un terribile errore![1]

Poi, una nuova esplosione, in tono ancora parzialmente infantile, non del tutto adulto – “Quella maledetta Profezia che ho inavvertitamente ascoltato alla locanda. Se la ricorda? Quelle dannate parole… e non ho nemmeno sentito la fine… “.

Lo sguardo di Albus Silente lampeggiò dietro alle piccole lenti. Scordò all’istante dispiacere e compassione. Il Preside paternamente preoccupato per l’ex studente scomparve, lasciando il posto solo all’indomabile combattente; al più temibile dei nemici di Lord Voldemort.

“Va avanti” – intimò, imperioso.

Il giovane Piton prese fiato, gli parve che un nodo gli risalisse su dalle viscere per poi bloccargli la gola. Infine passò e riuscì a mormorare – “L’ho riferita all’Oscuro Signore… “.

Un’altra pausa. Ora, erano fin troppe le parole che premevano per poter uscire dalle sue labbra martoriate.

Le lasciò andare, con confusa veemenza – “Non sapevo… non potevo immaginare… Non avevo alcun modo di sapere come Lui poteva interpretarla; il senso che avrebbe potuto darle[2]. Ma parlavano di Lui e io… sono stato un imperdonabile sciocco, un bambino, uno stupido” – si tormentò le mani, prima di continuare – “Volevo… credevo ancora che potessero esservi vera gloria ed onore presso l’Oscuro Signore, per chi lo serviva con solerzia, o forse avevo solo paura di cosa sarebbe accaduto se Lui avesse scoperto da altri che io avevo ascoltato la Profezia, ma gliel’avevo taciuta. Come potevo sapere che Lui… “.

“Non potevi” – constatò Silente, ancora interamente concentrato sulla rivelazione, inaspettatamente importante, che stava per ascoltare – “Ma ora, invece, lo sai. Adesso sai come Voldemort può aver interpretato quella Profezia. Di qualunque cosa si tratti, ragazzo, devi dirmelo. Non aver paura di me, parla liberamente. Dimmi tutto, forza”.

“Non ho paura di lei” – Severus scosse sconsolatamente il capo – “Ma di ciò a cui ho dato inizio. Non volevo. E’ terribile! Lei l’ha visto con i suoi occhi, poco fa: ho bruciato la mia anima, ma questo… è mille volte peggio… non volevo”.

Non ho paura di lei Signore, ma la prego, la prego, lo fermi. Non glielo lasci fare. Lei deve fermarlo, solo lei può riuscirci.

La supplico, deve impedire che accada… non m’importa di me, non hanno senso le mie infantili giustificazioni, ma lo fermi. Non voglio anche questa colpa, non ce la faccio a sopportarlo.

Infine, proruppe disperatamente, tutto d'un fiato – “I Potter, Signore. Lui ha saputo della nascita del loro bambino. Le date coincidono. Potrebbe credere che la Profezia sia riferita al bambino, a Harry Potter; al figlio di Lily…”.

Silente imprecò contro se stesso per aver perduto tanto tempo infliggendo al ragazzo il tormento dei propri ricordi, anche se, in fondo al cuore, era certo di non aver scelto la via sbagliata. Nonostante tutto, le ore trascorse dall’arrivo del giovane mago nel suo studio erano servite a dargli la certezza che poteva fidarsi pienamente di lui e che non si trattava solo di una trappola escogitata da Tom Riddle.

“Cosa esattamente gli hai riferito? Quanto hai sentito della profezia?” – domandò immediatamente.

“Solo l’inizio” – rispose Piton agitato – “Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore… nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese”[3].

“Solo questo” – ripeté in un roco mormorio – “Ho sempre avuto una certa facilità nel mandare a memoria ciò che ascolto… e ora non riesco più a levarmi questa frase dal cervello. Io… so che lui ha quasi ucciso i Potter per tre volte e il loro bambino è nato il 31 di luglio.‘Sull’estinguersi del settimo mese’… il 31 di luglio… Lui potrebbe credere… forse ha già pensato che si tratti del figlio dei Potter. Sono corso qui da lei subito, appena ho capito che l’Oscuro Signore avrebbe potuto pensare che la profezia si riferiva al piccolo Harry Potter… “.

Gli mancò la voce, mentre continuava a tormentarsi le mani in preda all’ansia.

“Aspettami qui, non ti muovere e se dovesse entrare qualcuno non dire una parola di ciò che mi ha appena riferito e di tutto quel che è successo finora. A nessuno!” – un ordine perentorio, privo di fronzoli e Silente era già fuori della stanza, dopo averla percorsa a grandi falcate.

Il primo di una lunga serie di comandi, anche se il ventenne disperato e spaventato non poteva saperlo, ma era già pronto ad obbedire lealmente.

 

 

Silente tornò quasi due ore dopo e non appena posò gli occhi sul ragazzo scordò nuovamente di essere il più fiero oppositore di Voldemort, per tornare ad essere solo un uomo e un educatore che non poteva che riconoscere i propri errori.

Lo sguardo di Piton era una supplica dolorosissima, una muta invocazione spaventata. Nel nero delle iridi si leggeva il terrore che fosse troppo tardi.

Povero Severus. Avrei davvero dovuto fermarti prima che tu scegliessi la via sbagliata. Affrontarti duramente e rivelarti che avevo compreso a cosa potevano condurti le tue insicurezze, i tanti desideri, la solitudine, le amicizie sbagliate che frequentavi e soprattutto la tua sete di sapere.

A guardarti mi stringe il cuore. Ho avuto qui Voldemort in persona, con tutta la sua melliflua arroganza, a fingersi umile, seduto su quella stessa sedia, ma non ho mai ritenuto che ci fosse speranza per lui.

Invece, per te c’era, ragazzo, per questo avrei dovuto lottare.

Ma forse non sarebbe servito. Che potevo fare, in fondo? Magari non mi avresti dato ascolto.

Ora però, sei qui e anche se dovrò chiederti un sacrificio enorme, ti giuro che troverò il modo per tenerti per sempre lontano dall’abisso. Non ti lascerò cadere di nuovo, Severus.

Se lo facessi ancora, sarebbe imperdonabile.

Lo raggiunse e gli posò lieve una mano sulla spalla. Era ancora poco più che un ragazzino, un bimbo rispetto ad un vegliardo come lui.

Severus sollevò il capo e il Preside non indugiò oltre – “Sta tranquillo. Ho preso le mie precauzioni. Sarà fatto tutto il possibile per proteggere i Potter. Per ora, in ogni caso, non è accaduto loro nulla di male. Lascia che ci pensi io”.

Era talmente calma la voce di Silente, che Severus non potè che credergli e confidare totalmente in lui. Aveva un disperato bisogno di credere e sperare.

Si sentiva sfinito, ma ora era facile parlare, finalmente – “La ringrazio”.

Uno dei grazie più sentiti che il vecchio avesse mai ascoltato.

Poi, con fermezza – “Sono pronto ad andare ad Azkaban. Avverta pure gli Auror perché vengano a prendermi”.

E’ quel che merito. Solo quel che realmente mi spetta e forse è perfino troppo poco. Non ho più timore, nemmeno dei Dissennatori.

Come posso temere l’oblio? Quanto vorrei poter davvero dimenticare. Non desidero altro.

Silente fece un cenno di diniego col capo.

No, ragazzo, niente Azkaban. Non sarà questo il tuo destino.

Sei un dono e saprò far tesoro di te. L’ho compreso subito.

Non ti piacerà, ne sono consapevole. Ti farà male. Ancora sofferenza per te, ma sei più forte di quel che credi, o non saresti qui, e io ho bisogno di te.

Sei perfetto, Severus Piton. Assolutamente perfetto per me e per la causa, più di qualunque altro collaboratore io abbia mai avuto. Perfetto e fidato. Lo sei, perché vorrai esserlo.

Ad Azkaban saresti solo sterile preda del tuo inferno. Io, invece, ti darò la possibilità di costruire, laddove finora hai solo distrutto e un giorno, forse, sarà importante per te aver avuto l’occasione che sto per offrirti.

Un giorno, forse, qualunque cosa accadrà, farà la differenza, quando tirerai le somme.

“Niente Azkaban. Non ci andrai” – rispose senza staccargli la mano dalla spalla.

Piton sgranò gli occhi, incredulo.

“Non… “ – domandò nuovamente confuso – “Che cosa intende dire?”.

Silente non ritenne di doversi affidare a giri di parole. Meglio essere diretti, perfino concisi.

“Hai dimostrato coraggio e pentimento per le tue colpe” – disse semplicemente – “Vero pentimento. Gettarti in una cella in balia dei Dissennatori sarebbe uno spreco. Invece, rimedierai ai tuoi errori e lotterai perché non vengano più commessi i crimini orrendi che ora ti ripugnano tanto. Farò di te un collaboratore, una spia. Se lo vorrai”.

Le ultime tre parole suonarono decisamente retoriche al giovane, ancora incapace di credere alle proprie orecchie.

Io una spia? Come una spia?

Poi comprese cosa poteva significare e si alzò di scatto, arretrando istintivamente, tanto da rovesciare la pesante sedia intagliata.

“Intende…? “ – gli mancò il fiato.

“Tornerai da Voldemort” – affermò sicuro il vecchio – “Ti fingerai ancora suo leale servitore e raccoglierai informazioni per me e per coloro che come me lo combattono”.

Il mago bruno scosse convulsamente il capo – “No, no. Non posso, non me lo chieda. Non posso! Non mi rimandi tra i miei incubi. Farò qualunque altra cosa lei mi domanderà, ma non voglio tornare da Lui”.

Non dall’Oscuro Signore. Non a guardare i suoi Mangiamorte mentre uccidono ancora, mentre torturano, mentre godono del dolore e del terrore altrui. Non da Lui che potrebbe impormi di uccidere nuovamente. No! Non voglio più essere un assassino. Non posso più uccidere. Mai più!

Silente continuava a guardarlo con sicurezza, come se fosse già certo di poter contare su di lui.

“Ti sto dando una seconda possibilità, ragazzo” – replicò – “Ti sto offrendo una scelta. Non sono tanti coloro che possono vantarsi di aver avuto una simile opportunità nella vita, per rimediare ai propri errori. Ti sto dando, Severus, una via da percorrere per poterti un giorno guardare nuovamente allo specchio senza disgusto o vergogna e poter dire a te stesso: sono caduto, ma ho saputo rialzarmi. E ti sto offrendo piena fiducia; nella tua correttezza e lealtà, nelle tue capacità e nel coraggio che hai dimostrato”.

Fiducia in me? In un assassino. Mi ha visto uccidere. Mi ha visto con i suoi occhi nel pensatoio. Fiducia nelle mie capacità? Lei crede in me?

Nessuno mi ha mai offerto altrettanto. Mi hanno sempre condannato per quel che ero, anche quando non avevo ancora le mani sporche di sangue. Mi hanno giudicato anche solo per la Casa d’appartenenza, per il mio interesse per le Arti Oscure, perché ero cupo, goffo, diverso e impacciato.

Che altro poteva mai diventare Severus il secchione, il moccioso sempre vestito di nero, sempre a leggere libri e rimuginare incantesimi, anche proibiti, se non un Mangiamorte?

Ho finito per crederci anche io.

Ma tornare nel cerchio dei Mangiamorte, no. Non ce la faccio. Non ho vero coraggio, non fino a questo punto, no.

Si sentiva morire al solo pensiero di Voldemort. Non della sua collera, ma della sua sola presenza, dei suoi possibili ordini, di tutto l’orrore che gli ruotava intorno.

Si sentiva minuscolo e impotente; perduto e spaventato. Nauseato; troppo debole.

Gli tremavano di nuovo le gambe. In fondo, aveva sperato, quasi bramato Azkaban. La prigione pareva un luogo di pace rispetto alla cerchia dell’Oscuro Signore. Il bacio del Dissennatore poteva porre fine alla sofferenza.

La tensione spazzò definitivamente via ogni orgoglio.

“NO! Mi mandi ad Azkaban. Mi uccida, mi faccia fare qualunque altra cosa, ma non mi rimandi di nuovo indietro in quell’inferno, la prego” – scongiurò, mentre le lacrime premevano di nuovo contro il bordo dei suoi occhi neri, dilatati dallo sgomento – “Tutto, ma non questo, non di nuovo da Lui. Non so fingere fino a questo punto. Io… e se mi ordinasse di uccidere ancora? Preferirei morire, glielo giuro. Non me lo chieda”.

Silente si lisciò la fluente barba bianca e rispose sereno – “Ti darò una copertura, che convinca anche Voldemort, anzi che lui potrà credere vantaggiosa per sé. Una copertura che ti ponga in una situazione tale per cui perfino Voldemort troverà poco conveniente farti commettere nuovi delitti. Non subito, ma ci lavoreremo e, appena saremo pronti, faremo in modo, io e te, che lui creda di aver avuto la brillante idea di mandarti da me. Imparerai a fingere perfettamente. Per ora Voldemort non ha alcun motivo per non fidarsi di te, e non ne avrà per lungo tempo. Intanto imparerai. Anche se oggi non ti sei opposto alla mia legilimanzia, un giovane riservato come te non dovrebbe aver problemi a diventare un buon occlumante. Un ottimo occlumante; ti istruirò personalmente. E se mai Voldemort dovesse dubitare sarà troppo tardi”.

“E se non riuscissi?” – un grido soffocato, uscito da labbra tremanti – “Non m’importa di essere ucciso, ma se, invece che aiutarla dovessi danneggiarla? Se dovessi deluderla?”.

Silente sorrise – “Non lo farai. Perché ci metterai tutto il tuo impegno. So quanto profondo può essere. Sono certo che ti impegnerai, perché tu per primo vorresti vedere Voldemort sconfitto. Se lui cadesse non ci sarebbero più omicidi, torture, stupri, sparizioni. Se lui cadesse, nessuno darebbe la caccia ai Potter. Diventerai la mia spia e proteggerai personalmente Lily, James e il bambino, perché se davvero Voldemort dovesse decidere di far loro del male tu potresti riferirmi immediatamente che è sulle loro tracce”.

Sono crudele con te, ragazzo. Pretendo di metterti interamente in gioco. Ti chiedo te stesso, corpo e anima. Ti sto domandando la vita intera. Ma devo e tu accetterai, perché c’è ancora in te la luce che ho potuto vedere con tanta chiarezza.

Severus pensò che il Preside aveva ragione. Lui avrebbe per sempre fatto i conti con i propri rimorsi, ma desiderava con tutto se stesso che l’Oscuro Signore cessasse la sua tremenda, folle avanzata e che fosse fermato, prima che potesse compiere qualcosa di orrendo a causa della Profezia che gli aveva sconsideratamente riferito.

Oh, vederlo sconfitto e poter dire a me stesso di essere stato anche solo in minima parte l’artefice di quella disfatta… Saperlo non più in grado di nuocere…

Ma tornare da lui, e replicare ogni notte l’orrore, ancora, ancora, senza fine, ora che aveva creduto che, invece, il legame di sangue con il suo odiato mentore si sarebbe potuto spezzare, era troppo doloroso.

Cadde in ginocchio, tremante come lo era stato nel rivivere i propri strazianti ricordi, infelice come non mai, forse nuovamente febbricitante.

Si prostrò, ripentendo, singhiozzante – “Non me lo chieda. Qualunque altra cosa, la supplico, ma non questo” – e afferrò la veste del vecchio mago per portarla alle labbra, com’era solito fare con l’Oscuro Signore, per far comprendere al Preside quanto era conscio della propria inadeguatezza e pochezza e fino a che punto era disperato.

Ma Severus Piton non baciò mai l’orlo di quella lunga tunica azzurra, perché Albus Silente lo agguantò con foga per il bavero del mantello e lo sollevò, con forza insospettabile in un vecchio tanto esile, rimettendolo in piedi all’istante.

“Mai in ginocchio davanti a me, Severus!” – esclamò con vigore, fissandolo con occhi perfino più eloquenti delle parole – “Mai! Ti ho forse chiesto di umiliarti? Sono forse Voldemort io, che un uomo debba degradarsi ai miei piedi perché io possa camminare a testa alta? Credi che mi reputerei degno di stima se ti lasciassi calpestare la dignità che nelle ultime ore hai dimostrato di possedere? O che ti costringerò, se realmente non lo desideri, ad accettare il ruolo di spia e ritornare in tale veste da Voldemort? Io non voglio schiavi, Severus, io non compro le persone e non ti prometterò folli e falsi doni, né ti ricatterò con lo spauracchio di Azkaban, che non temi e che ti eviterò in ogni caso. Io guardo alla persona, e all’uomo che ho davanti lascerò libera scelta. Sei tu che decidi”.

Il cuore del giovane mago batteva all’impazzata.

Nessuno prima d’ora l’aveva mai trattato così: realmente da pari a pari. Ma Silente non vantava verso di lui altro titolo di superiorità se non l’età e la maggior esperienza.

Essere rispettato, era tutto ciò che sempre aveva desiderato. Rispettato davvero. Invece, era stato spesso umiliato e mai si era sentito realmente stimato.

Né se lo sarebbe aspettato ormai, con le colpe che gli schiacciavano ferocemente le spalle; fermamente convinto di non meritarlo più.

Voldemort per primo l’aveva sempre e solo ingannato e aveva distrutto ogni briciolo della sua dignità. L’aveva reso schiavo, assassino, animale marchiato, facendo sì che lui stesso non potesse più tributarsi rispetto.

Come può trattarmi come se fossi degno di stima? Come fa a fidarsi di me? Proprio di me?

Come fa a sapere che non lo tradirò? Anche se è vero: non lo tradirei mai, morirei oggi stesso piuttosto che ripagare così il dono che mi ha appena fatto. Il regalo di cui mi sento indegno: una fiducia totale e incondizionata.

Darei qualunque cosa per non deludere la fede che depone in me.

Il vecchio, non solo non lo aveva condannato, ma gli tendeva la mano ed era disposto a credere in lui, perfino a difendere il suo onore e la sua dignità, impedendogli un gesto servile.

Anche solo il modo in cui aveva pronunciato il suo nome era un privilegio inaspettato che lo lasciava senza fiato. Non come tutte le altre volte, quel giorno, in tono paterno come con un bambino spaurito, ma come rivolgendosi ad un uomo.

Lui si era sentito realmente adulto per la prima volta.

Ho creduto d’essere diventato uomo, prima d’oggi. Ho creduto d’essere intelligente e sapiente. Ho pensato: sono un cresciuto, sono padrone della mia vita, non più l’adolescente insicuro che può essere oggetto di scherno.

Sbagliavo. Ero ancora un ragazzetto immaturo, incosciente e accecato. Solo quella mano che mi ha sollevato da terra e le sue parole mi hanno fatto veramente sentire un uomo e non un bambino.

Mi hanno fatto sentire libero.

Prima ancora di aprir bocca per rispondere, Severus Piton seppe con certezza che il primo tratto della sua nuova via era segnato e sarebbe stato il Preside ad indicargliela. Ma lui solo l’avrebbe tracciata. Lui l’avrebbe imboccata.

Comprese, senza ombra di dubbio, che per la persona straordinaria che era Albus Silente, non per la sua innegabile potenza, o per l’enorme aura magica, non per le conoscenze innumerevoli o per la saggezza, ma solo per la profonda e sincera umanità di quel vecchio incredibile lui sarebbe andato ovunque, perfino da Voldemort, perfino ad immergersi nel più profondo degli incubi, nel più oscuro abisso, volontariamente.



[1] La frase pronunciata dal mio giovane Piton è volutamente la medesima frase con cui Silente, parlando del fatto che Piton rivelò a Voldemort la profezia, risponde a Harry nel cap. 25 (“La veggente spiata”); pag. 497 de Harry Potter e il Principe Mezzosangue.

[2] Anche in questo caso le parole di Piton coincidono quasi perfettamente con quelle di Silente, ancora da HP6, cap. 25, pag. 498.

[3] Da HP5; pag. 777.

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Nykyo