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Autore: Pwhore    29/04/2012    2 recensioni
Lei si chiama Giulia. L'ho conosciuta il 20 gennaio, e da quel giorno non ha mai lasciato la mia mente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni seguenti passarono senza troppi avvenimenti noti di importanza. Infatti credo che il nostro rapporto si fosse limitato a diventare grandi amiche, visto che ci parlavamo spesso, su Facebook e via messaggi, e lei era presente in ogni parte della mia giornata. Cominciai a vedermi più come una specie di tappabuchi che altro; ma non un tappabuchi negativo, uno positivo, di quelli che sai ci sarà sempre per te. Perché, in effetti, ogni volta che lei aveva bisogno di me, io c'ero o cercavo di esserci, e mi veniva l'ansia se non rispondevo in tempo reale, per questo controllavo il cellulare ogni due minuti. Non c'era scusa che reggeva, non mi sarei perdonata di non aver letto in tempo un qualsiasi messaggio, triste o felice che fosse. Questa è un po' una mia mania, mi sento in colpa se non rispondo subito alla gente, perché mi viene da pensare che se smettessi di fare come faccio ora si sentirebbero un po' l'ultima ruota del carro, cosa che a me succede molto spesso. E siccome fa schifo, tratto gli altri come vorrei essere trattata io, senza farli aspettare troppo tempo e senza demotivarli come la gente ha sempre fatto con me, con Giuls, con quelli del gruppo. Noi siamo tutti un po' sfigatelli, come direbbero gli altri; diversi, originali, vinili in un mondo di CD per metterla breve. Non siamo mai stati accettati a fondo da quelli che ci circondavano e ognuno di noi ha un brutto passato da raccontare, chi più, chi meno, ma il bello di tutto questo è che siamo cresciuti diventando in grado di ignorare gli altri, quelli che vogliono solo distruggerci e vederci soffrire, e abbiamo sempre consigli pronti per tutti, perché, cavolo, ci siamo già passati noi. Infatti, sono più che convinta che se la gente che prima c'insultava fosse costretta a provare i nostri stessi sentimenti, rimarrebbe intrappolata in una spirale di tristezza e autolesionismo, che noi invece siamo riusciti a demolire appoggiandoci l'un l'altro. Perché, pensateci bene, quelli che prendono in giro gli altri per sentirsi più fighi, che hanno in realtà? Amici falsi, che gli sparlano dietro con chiunque; una situazione difficile a casa di cui non possono parlare con nessuno perché a nessuno interessa che stiano male; un'autostima troppo alta che li porterà ad avere problemi a relazionarsi con gente nuova; un gruppo di persone che li disprezzerà sempre e comunque per le loro azioni; una reputazione da smargiassi e stronzi che li porterà a essere isolati; una mentalità stupida e chiusa, che gli impone di comportarsi in modo altrettanto stupido; e solo una cerchia di fedeli, che pendono dalle loro labbra nella speranza di ricevere una qualche ricompensa e venir etichettati come quelli fighi, duri, che non hanno paura di niente. Invece non è così, perché l'unica cosa che riesci a pensare vedendoli è che sono solo un branco di vigliacchi, dei codardi che devono agire in gruppo perché da soli non hanno le palle per fare assolutamente niente. Non parliamo poi delle cose pericolose, quelle fatte solo per impressionare gli altri e far aumentare la propria fama, che o finiscono bene, ma che vengono completamente ignorate dagli altri, o male, e che proprio per l'esito negativo verranno ricordate anche da quelli fuori dalla cerchia. Insomma, queste persone si circondano da idioti con l'illusione di sentirsi meglio, ma alla fine sono costrette a realizzare che sono state sole fin dall'inizio e che non c'è mai stato davvero un singolo ragazzo che volesse conoscerle per non approfittare della loro situazione. A questo punto, i fortunati siamo noi, no? Abbiamo una famiglia allargata e numerosa, che non smette mai di sostenerci; combattiamo contro i nostri problemi tutti i giorni e sappiamo che c'è sempre qualcuno che ci apprezza; perché anche se di carattere possiamo non somigliarci, le nostre sofferenze sono le stesse, e nonostante ci sia chi reagisce in un modo e chi in un altro, alla fine ci complimentiamo tutti l'uno con l'altro per il nostro coraggio e per la nostra determinazione a cambiare le cose. E anche nei momenti più bui, sappiamo di poter contare sul prossimo, perché, a differenza dei nostri aguzzini, noi possediamo un cuore grande che, sebbene sia stato ferito e abusato da tutti, è ancora capace di provare speranza e non ci permetterà mai di arrenderci. Per quanto grandi le difficoltà possano essere, non combatteremo mai da soli; e alla fine è questa la cosa più bella, e se non avessi avuto un passato del genere non sarei arrivata a conoscere delle persone così meravigliose; quindi in un certo senso dovrei ringraziare quelli che mi hanno reso una vita un inferno per otto anni, anche se non ne ho la minima voglia. In fondo, se loro non fossero stati così deboli, io ora non sarei così forte e felice.
Ad ogni modo, le giornate passavano veloci e allegre, finché la sera del 26 gennaio non successe una cosa che mi sconvolse a dir poco. Ero appena andata a letto, saranno state le undici e mezza al massimo, e stavo parlando con Giuls come al solito. Non mi ricordo neanche di cosa, a esser sinceri, ma non doveva essere importante visto che il mio cervello l'ha rimosso senza problemi o fatica. Comunque mi ero infilata sotto le coperte da poco, forse dieci minuti, quando mi arrivò un messaggio da parte sua.
"Stavo pensando che tipo sono stupida (?) e che tu fai parte di tutta la mia giornata perché ci sei fino a quando io crollo dalla stanchezza alla mattina dopo e sei la prima persona che mi invia un messaggio e tipo io ti amo o"
Il mio cuore, Cristo santo, il mio cuore. Sembrava in procinto di esplodere, di scappare via dal mio petto, di saltar via, di fare qualsiasi cosa piuttosto che rimanere lì a fare il suo lavoro; ma non potevo mica dargli tutti i torti. Arrossii come non ero mai arrossita prima e rilessi il messaggio una decina di volte, cercando inutilmente di calmarmi un po'. Non poteva essere possibile, dovevo sbagliarmi, lei non mi aveva mai dato alcun segnale per cui potessi capire che le piacevo, doveva prendermi in giro per forza, o la cosa non si sarebbe spiegata. Però se mi aveva inviato il messaggio c'era un motivo, no? Forse i miei sentimenti erano troppo espliciti e lei lo faceva per pietà, oppure voleva solo vedere la mia reazione a una sua dichiarazione per poi dire, 'Mannò, dai, scherzavo,' e riderci su. E in quel caso sarei stata completamente fregata e non avrei avuto alcuna via d'uscita, non avrei saputo come comportarmi e la naturalezza che c'era tra noi sarebbe scomparsa completamente per non tornare mai più; senza contare che probabilmente lei avrebbe cominciato a parlarmi sempre di meno e in modo imbarazzato, per poi smettere definitivamente di rivolgermi la parola e ignorare i miei post e i miei commenti per evitare di creare situazioni equivoche o giù di lì. In quel caso cosa avrei potuto fare? Assolutamente nulla, solo soffrire, soffrire, soffrire; per poi morire dentro e scivolare nuovamente nell'abisso oscuro della mia apatia, da cui non sarei uscita per tanto, tanto tempo. E no, quello non doveva accadere, proprio no. Non volevo perderla per nulla al mondo, e ormai mi ero convinta che non fosse sincera e che volesse solo testare le mie reazioni; quindi le risposi con un 'ti voglio bene adskfjdhgk.' Non c'è bisogno di dirmi che è stata una mossa stupida, lo so benissimo da sola, però era l'unica cosa che mi fosse venuta in mente che non fosse qualcosa tipo, 'Oddio ti amo anch'io ghjhkjg.' Le chiesi se scherzasse e lei mi rispose negativamente, ma ormai il danno era fatto; e poi comunque non avevo garanzie che lo dicesse senza secondi fini. Mi rendevo perfettamente conto di stare esagerando, e anche tanto, ma non potevo non pensare alle conseguenze, a quello che sarebbe potuto succedere, e mi ero in qualche modo convinta che risponderle con un 'ti amo' non avrebbe portato a nulla di buono, se lei stesse effettivamente scherzando. Le dissi però che avevo un sorriso idiota stampato in faccia che proprio non voleva andarsene e che il mio cuore stava battendo all'impazzata, ma lei rise e cambiò discorso, addormentandosi dopo poco tempo. Io lo presi come una conferma di quello che temevo, e che per lei io significassi poco, se non addirittura niente, e mi sentii un po' più sollevata a non essermi esposta. Però non riuscivo ad accettarlo; non volevo crederci più che altro, desideravo ardentemente sapere quali erano davvero i suoi sentimenti e se mi aveva preso in giro o meno. Il dubbio mi rodeva lo stomaco e mi fece venire la nausea, solo che il senso di oppressione decise di non lasciarmi neanche quando effettivamente vomitai, ma invece rimase a farmi compagnia fino alle due, quando mi addormentai, e mi accompagnò nei sogni, trasformandoli in incubi senza un attimo di luce. Quando mi svegliai, la prima cosa che feci fu lavarmi la faccia con l'acqua fredda, nel tentativo di svegliarmi e realizzare che quello non era solo un ulteriore incubo ma la vita reale. Mi guardai allo specchio e notai le occhiaie, che risaltavano notevolmente sulla mia pelle chiara, e sperai che nessuno le notasse e mi chiedesse qualcosa, visto che sono comunque una caratteristica che ho sempre avuto e che non mi abbandonerà mai. Mi asciugai il viso gocciolante con un asciugamano bianco e aprii l'acqua della doccia, sperando che il getto di acqua calda mi potesse svegliare completamente e rimediasse all'aspetto orribile che avevo guadagnato con quella notte di incubi.
Rimasi in doccia per un quarto d'ora circa e ci misi dieci minuti a prepararmi, sebbene facessi tutto con movimenti meccanici e una lentezza surreale. La mattina di solito sono sempre pimpante di energia, ma quel giorno mi sembrava che muovere un singolo arto richiedesse una fatica abnorme, talmente sentivo pesante il mio corpo. Mi sembrava di essere diventata improvvisamente di metallo, un metallo oscuro e compatto, di quelli che non lasciano passare un singolo raggio di sole attraverso la loro massa, di quelli che pesano una tonnellata e si sollevano con le macchine, perché per le persone normali è uno sforzo troppo grande da sopportare. Mi trascinai in camera e cercai il cellulare tra le lenzuola, lo strinsi tra le dita e desiderai ardentemente che Giuls mi avesse spiegato qualcosa riguardo la sera prima. In realtà non sapevo cosa sperare, premendo il pulsante al centro, se di vedere un nuovo messaggio o non trovarne alcuno, segno che avevo ragione io e non era stato niente di serio. Mi ci volle un po' di tempo prima di premere effettivamente il pulsante, i miei muscoli erano troppo tesi per scattare o semplicemente muoversi in qualsiasi direzione e maniera. Respirai a fondo e realizzai che in effetti no, non c'era nessun messaggio, quindi ficcai il cellulare in tasca e scesi per la colazione, un po' più rilassata. Evidentemente non gliene fregava più di tanto di me, quindi potevo anche mettermi l'anima in pace e archiviare quel messaggio nei meandri della mia memoria. In ogni caso lo salvai, rimisi il cellulare in tasca, mi lavai i denti e uscii di casa sbattendomi la porta alle spalle.
   
 
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