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Autore: Cathy Earnshaw    03/05/2012    4 recensioni
Una ragazza e un regno da liberare, una compagnia di ricercati e un monile dotato di vita propria. Un equilibrio sottile da conservare. "Non si sfugge al proprio destino".
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 - Questo posto non mi piace-
Sua madre la guardò con aria severa.
- Non dire sciocchezze, Ariel! Questo posto è perfetto!-
Ariel tentò invano di scostare i lunghi capelli corvini dal viso, ma il vento era troppo forte perché stessero a posto. Storcendo il naso, gettò un’ultima occhiata mesta al vialetto buio e varcò la soglia.
 
Tre anni prima sua madre, Valerie, aveva ricevuto l’inaspettata telefonata di un notaio di York. La vecchia zia Rose era, infine, deceduta, e aveva nominato proprio lei, la sua nipote preferita, erede di una piccola proprietà dispersa nella brughiera. Valerie aveva accettato l’eredità per amore della zia, ma non si era più interessata a quella casa. Amava la città, il turbinare dei suoni e dei colori che il brulicare della vita portava inevitabilmente con sé. La campagna non faceva proprio per lei. Per questo motivo lasciare Londra le era costato molto, anche se sapeva di non aver avuto alternative: se voleva consegnare il suo ultimo romanzo entro il termine aveva bisogno di un posto tranquillo dove concentrarsi. Era stata sua figlia a ricordarle l’esistenza di quel luogo; lei non ci avrebbe mai pensato.
A differenza di sua madre, Ariel era una ragazza solitaria: aveva pochissimi amici, non amava la confusione, parlava poco. Sapeva che con il suo modo di fare metteva in apprensione la sua estrosa madre, ma non poteva farci niente. La sua vita era perfetta così, in mezzo agli scaffali della biblioteca e alle pagine impolverate dei testi di storia. Appena acquisita la casa di zia Rose, aveva insistito molto perché le fosse permesso di passare qualche tempo nel mezzo dello splendido nulla di quel paesaggio inospitale, ma Valerie non aveva voluto saperne. Senza dubbio temeva che la natura già eccessivamente riservata di sua figlia potesse peggiorare ulteriormente, lontano dalla città. Ariel era stata così contenta di aver saputo sfruttare la crisi artistica di sua madre a proprio vantaggio che la delusione le piovve addosso come grandine…
 
La proprietà consisteva in una villetta dall’aspetto fatiscente, costruita su due piani e fornita di soffitta, circondata da un giardino trascurato e un cortile che includeva una stalla deserta, un pozzo asciutto e il piccolo cimitero di famiglia dei primi proprietari. Nonostante l’aria sinistra e decadente, l’insieme risultava affascinante. L’ambientazione perfetta per un film dell’orrore, pensò Ariel. Le sarebbe piaciuto molto, se non fosse stato per il brivido che le era scivolato giù lungo la spina dorsale non appena aperto il cancello arrugginito e cigolante. Era quello stesso brivido che la agghiacciava quando il professore chiamava il suo nome agli esami. Lo stesso che l’aveva avvisata che qualcosa non andava quando il suo gattino non era ricomparso all’ora di cena. Lo stesso che aveva provato quel giorno di quasi undici anni prima in cui suo padre le aveva comunicato che se ne sarebbe andato. Era una sensazione strana e piuttosto spiacevole, e dall’alto dei suoi diciannove anni di esperienza poteva affermare con certezza che era un segnale di allarme. Una specie di sesto senso. Ad ogni modo, ormai si trovava là, e poteva solo augurarsi che sua madre trovasse velocemente l’ispirazione per tornarsene alla sua solitaria vita londinese.
Si chiuse la porta scrostata alle spalle e, finalmente con successo, si mise i capelli dietro alle orecchie. Guardandosi attorno scoprì di trovarsi in un atrio basso e poco illuminato, una specie di corridoio che attraversava la casa in tutta la sua lunghezza.
- La tua camera è di sopra, tesoro. Jerry ha già sistemato le tue cose-
Jerry. Il manager di Valerie. Un tipo viscido che si arricchiva alle loro spalle, assicurandosi la fiducia dell’ingenua scrittrice con le sue untuose lusinghe. A nulla erano valsi i tentativi di Ariel di indurre sua madre alla ragione: era innamorata persa.
- Non mi piace l’idea che tocchi le mie cose- mugugnò la ragazza.
- Dovresti ringraziarlo, invece! Con tutti i libri che hai deciso di portare ci avremmo impiegato una vita a mettere in ordine tutto-
Ariel soffocò un sospiro irritato. Prese la sua inseparabile borsa a tracolla e si mise alla ricerca della sua stanza.
 
La notte era molto buia. Ariel guardava le morbide colline coperte di erica dal balcone della sua camera. Sospirò. L’aria profumava di terra e di umido, e il vento ululava nelle fessure della vecchia casa. A parte questo, il silenzio era assoluto. Quella sera non aveva avuto il tempo di scoprire i misteri che, ne era sicura, quel rifugio le nascondeva. Si era limitata a buttare giù un piatto di pomodori e tonno in scatola prima di lavarsi e mettersi in pigiama. Aveva cercato di dormire ma non ne era stata capace. Si sentiva strana, lontana, persa. Come alla deriva. Era piacevole. Sorrise tra sé pensando che sua madre si sarebbe preoccupata se avesse espresso un simile pensiero. Ma il suo sorriso silenzioso sbiadì subito. Il suo pensiero era volato, diretto come un dardo, a Carrie, la sua migliore e unica amica. Non la vedeva da quasi un anno ormai. Si era trasferita con i suoi genitori a Bruxelles, e le mancava moltissimo. Senza di lei non era la stessa cosa, senza di lei Ariel era diventata ancora più solitaria. Carrie era la sua parte mondana, la sua coscienza sociale. Lei era una ragazza vivace ed espansiva, non le era mai stato difficile stringere amicizie. Si sarebbe fatta nuovi amici nella sua nuova città e così, lentamente ed inesorabilmente, si sarebbe dimenticata di Ariel. Che sarebbe stata sempre più sola. La sensazione di vivere in un altro mondo la accompagnava fin da bambina, ma mai si era sentita tanto avulsa dalla realtà come da quando aveva salutato Carrie. Si asciugò una lacrima traditrice e si strinse nello scialle.
- Smettila sciocca. Piangere non ti gioverà- sussurrò.
Si alzò, lasciò che il suo sguardo scivolasse per l’ultima volta sul profilo irregolare del paesaggio prima di imporsi di dormire.
 
   
 
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