Serie TV > Dr. House - Medical Division
Ricorda la storia  |       
Autore: _vally_    02/12/2006    13 recensioni
House e la sua equipe alle prese con uno stranissimo caso, ma strano è anche quello che sta succedendo al Plaisboro. Cosa è successo tra Wilson e la Cuddy? Perchè Chase si comporta in modo così insolito? E House, che continua a provocare Cameron...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1

CAPITOLO 1

28 gennaio, h 17.00

Ufficio di House

“Bisogna farle una risonanza magnetica, adesso!”

“La macchina è occupata, ed è prenotata per le prossime tre ore dal Dr. Kryke.” Cameron aveva il tono pacato e rassegnato di chi sa dove andrà a parare questa discussione.

“Io ho bisogno adesso di quella macchina! La mia è un’urgenza vera, le sue no!”

“Questione di punti di vista…” Chase commentò a bassa voce, ma non abbastanza da non essere udito. Lo sguardo di House si posò pochi istanti su di lui, abbastanza per fargli capire di aver fatto un errore, l’ennesimo dell’ultimo periodo, tutti errori che il suo capo gli avrebbe fatto pagare. “Cameron, prendi la paziente e portala a fare la risonanza…” “Ma…” “…e portati Chase, Quell’accento inglese oggi mi è intollerabile, lontano da me!” “Australiano…” Errore numero due della giornata. “Inglese o australiano…l’importante è…zitto!”. Stava per replicare qualcosa ma la mano di Cameron si appoggiò sul suo braccio e capì che era meglio lasciare perdere. Si voltò e seguì la collega.

“Foreman tu…” House si voltò verso il neurologo. “State esagerando” replicò lui, interrompendo House. Sospirò. “Vai a casa della donna.”. Foreman scosse la testa e usci dall’ufficio di House.

Lui rimase qualche secondo a fissare la porta, soprappensiero. Poi alzo la cornetta e chiamò Wilson,

“Pronto”

“Vai dalla Cuddy”

“Perchè?”

“Dille che deve ordinare a Kryke di stare a cuccia mentre i miei fanno la risonanza alla mia paziente.”

“Kryke ti odia, non t farà mai un favore.”

“Ecco perché sarà la Cuddy a tenerlo a bada”

“Ma perché non vai tu a parlare con lei?!”

“…”

“House?”

“Devo dare da mangiare a Steve”

e riattaccò.

Wilson posò la cornetta. Questa non ci voleva. Doveva pensare in fredda ad una scusa per non andare da lei. Gliene venne in mente una che gli sembrava ottima e richiamò subito House.

Dopo due squilli fu salutato dal “Si che ci vai invece” di House.

“Ma come facevi a sapere che…”

“Che non vuoi avvicinarti all’ufficio della Cuddy?”

“No…che ho avuto un’emergenza, devo cercare un chirurgo per un’operazione urg…”

“bla bla bla…non prendermi in giro”

“urgente”

“ma smettila.” Wilson non poteva vederlo, ma House aveva un sorrisino perfido…si stava divertendo a torturare l’amico.

Wilson d’altra parte era visibilmente scosso. Decise per una soluzione che non era da lui, ma fu l’unica che gli venne in mente al momento. Riattaccò.

House rimase qualche secondo perplesso a fissare la cornetta. Aveva messo in difficoltà il suo amico diverse volte, e di solito il siparietto si concludeva con Wilson che confessava le reali motivazioni di qualche suo comportamento insolito che tentava invano di nascondere ad House, lui lo prendeva in giro per un po’, l’altro si fingeva offeso, e il giorno dopo era tutto come prima.

La cornetta riattaccata così brutalmente fu un segnale di stop per House.

Richiamò l’amico.

“House, ho da fare, occupati tu dei tuoi pazienti”

“Si, vado io dalla Cuddy”

Wilson però lo sapeva, la tregua al placcaggio non sarebbe durata a lungo.

House si avviò verso l’ufficio della Cuddy, ma incontrò Cameron nel corridoio. “Chase sta facendo la risonanza”

“E Kryke?”

“Gli ho chiesto un favore, con gentilezza, e mi ha permesso di far passare avanti la paziente.”

“Semmai glielo avrai promesso un favore…” insinuò passando oltre la dottoressa.

Cameron incassò la battuta sorridendo, ormai riconosceva una forma di affetto nel continuo tormentarla di House.

“Vado a casa, fatemi sapere se trovate qualcosa!” le urlò ormai lontano da lei.

28 gennaio, h 21.00

Casa di House

Il telefono di House squillò; era Foreman.

“Ho trovato una cosa”

“Dove? Cosa?” gli rispose una voce assonnata.

“House, sono Foreman, mi hai mandato a casa della signorina Pivet, la paziente semiparalizzata, e ho trovato una cosa interessante”

“Mmm…”

“Ma mi stai ascoltando?”

“No! Ti richiamo io.”

E riattaccò.

Foreman era abituato agli sbalzi d’umore di House, ma ultimamente il Plaisboro sembrava una gabbia di matti. Il telefonino squillò dopo pochi secondi.

“Pronto”

“Cos’hai trovato?”

“Placenta.”

“Placenta?”

“Si, qualcuno ha partorito da non più di 48 ore in questa casa…”

“Non la paziente, le abbiamo fatto tutti i controlli giusto?

“Si, l’ha visitata Chase. Se ne sarebbe accorto se…”

“Ok, ok. Ma ci sono una donna e un neonato in circolazione che potrebbero avere bisogno d’aiuto, e la nostra paziente sa qualcosa.”

“Sono a 3 ore di auto dall’ospedale e…”

“Chiama Cameron”

“Chase è di turno”

“Chiama Cameron e dille che ci vediamo nel mio ufficio tra un’ora”

“Chase è di turno”

“Ti si è incantato il disco?! Richiama se trovi altro d’interessante, come un cadavere di neonato o roba simile.”

E riattaccò.

La versione suscettibile del suo già suscettibile capo era decisamente odiosa.

“E’ un ottimo medico, è un ottimo medico…” questa filastrocca ripetuta tra sé e sé era un ottimo calmante per Foreman.

28 gennaio, h 22.30

Ufficio di House

“Sei in ritardo” House era appoggiato alla parete del suo ufficio, con le luci spente.

“Lo so, ho fatto prima che potevo. Ma c’è Chase di turno perché mi hai fatto chiamare?” Cameron era visibilmente scocciata. “e…ma perché è tutto buio?” e si avvicinò all’interruttore.

“No!” House la bloccò col suo bastone.

“Che succede? Ancora emicrania?”

“No. Vieni più vicina.”

La scocciatura lasciò spazio alla sorpresa e un po’ di timore. Il cuore incominciò a battere più veloce, e il ricordo di sensazioni forti che si credevano dimenticate si affacciò alla mente di Cameron. Ma durò solo un’istante.

Si avvicinò di qualche passo e appena fu abbastanza vicina House la prese per un braccio e la tirò vicino a lui, facendo segno di stare in silenzio. Niente dichiarazioni d’amore o baci mozzafiato, House voleva qualcuno che giocasse a nascondino insieme a lui. Ma a lei andava bene così, giusto? Ormai le era passata… A volte non ne era così sicura, ma il dubbio durava sempre poco.

“Cosa stiamo facendo?” chiese sussurrando.

“Sta arrivando Chase”

“E’ lui che conta?”

House la guardò con espressione perplessa, evidentemente non aveva capito il suo accenno a un gioco da bambini forse ormai dimenticato.

Chase entrò in ufficio accendendo la luce. “Perchè state al buio?” chiese sorpreso.

Cameron stava per rispondere ma fu interrotta da House: “Ehm…così!” disse fingendosi imbarazzato, e si diresse in fretta verso la lavagna.

Cameron subì in silenzio l’occhiataccia di Chase e un’idea sulle intenzioni di House cominciò a farsi largo nella sua testa.

Bastardo manipolatore.

“Foreman ha trovato una cosa insolita a casa della Pivet: placenta.” Esordì House.

“Placenta?! Umana?” chiese Cameron.

“Non credo che Foreman abbia interrotto la mia serata divanobirratv per il parto di una gattino. Lui ci tiene a me, e al suo lavoro…”

“Ho visitato io la paziente, non ha avuto gravidanze, né tanto meno un parto in casa poche ore fa!” disse Chase irritato.

“Come sei sulla difensiva! Non sto dicendo che è stata la Pivet a partorire. Ma qualcun altro si, e a casa sua. Dobbiamo scoprire chi e perché non è andata in ospedale; e soprattutto, che fine ha fatto.”

“Potrebbe avere qualcosa a che fare con la malattia della nostra paziente?” chiese Cameron.

“Scopriamolo subito. Chase, inizia tu. Vai a parlare con la donna.”

Chase uscì dall’ufficio.

“E io cosa sono venuta a fare?”

“Tu sei la mia attaccante di riserva. Se Chase commette fallo, entri tu che hai un gioco più morbido e risolvi la partita.”

“…”

“Si lo so che non capisci le metafore sportive! Se la donna vuole parlare, ce la caviamo in pochi minuti con Chase. Se oppone resistenza, vai a seminare un po’ di solidarietà femminile e torni al tempo del raccolto con le risposte. Nel frattempo però un neonato potrebbe morire. Quindi provo prima con Chase.”

L’odioso, perfido altruismo di House…

29 gennaio, h 8.00

Ufficio di House

Foreman arrivò puntuale come sempre (o quasi) e trovò House che dormiva sdraiato sul pavimento. Lo fissò finchè non aprì gli occhi, sentendosi osservato.

“Spione depravato!” esclamò, e si alzò in piedi.

“Ho portato la placenta in laboratorio. Non ho trovato altre tracce di un parto. Non c’è sangue né niente. Nella casa sembra viva solo lei.”

“Non credo. Ci dev’essere un’altra donna. Quella che ha partorito. Se vedi vestiti da uomo nell’armadio di una donna sola, o si traveste o va a letto con Wilson…”

Foreman accennò un sorriso e finì la sua frase “…ma se c’è un’altra donna non ci sono molti indizi che lo indicano. Lo so.”

“Potresti aver notato un guardaroba molto fornito…” tentò House.

“No. Pochi vestiti, un solo letto singolo. Niente spazzolino, il suo è qui in ospedale. Vive sola.”

House si fermò a riflettere qualche secondo.

“Dove sono Cameron e Chase?” chiese Foreman.

“Cameron è a casa, le ho lasciato mezza giornata libera, è rimasta fino alle 4 di mattina a tentare di scucire qualche informazione alla paziente. Chase è in giro.”

“Perché non hai provato a torturare tu la paziente? Di solito è una cosa che ti piace fare”

“Fatto. Ho finito un’ora fa. Niente da fare, sostiene di essere figlia unica da quando è morta la sorella 5 anni fa, niente amiche gravide o cose simili. L’unica persona che entrava in casa sua era la donna delle pulizie. Ma ha 60 anni e non ha più le chiavi di casa. Quindi è da escludere che abbia affittato il bilocale della signorina Pivet come sala da parto con cucinotto a qualche nipote in dolce attesa.”

“Quindi?”chiese Foreman.

“Che domande! Ha mentito! Dobbiamo scoprire da dove viene quella placenta…” e uscì dall’ufficio lasciando Foreman pensieroso a fissare la solita lavagna.

Dopo pochi minuti arrivo Chase.

“Ehi, già in giro per l’ospedale! Non lo vuoi un caffè?” chiese Foreman al collega.

“Ne ho già bevuti cinque di caffè per stare in piedi tutta la notte”

“Ma non è rimasta Cameron a parlare con la paziente?”

“Si ma…sono rimasto anch’io. Ho preferito, potevano avere bisogno di me.”

“E allora perché House non ha dato anche a te la mezza giornata libera?”

“Perché rimanere è stata una mia scelta…e poi figurati se quel bastardo mi fa un favore del genere. Solo Cameron ha certi privilegi.”

“Aspetta aspetta…” disse Foreman avvicinandosi al collega “mi spieghi cosa sta succedendo?”

“Niente che non succeda già da mesi…”

“No. Da un paio di settimane tu e House vi punzecchiate più del solito, ma stranamente sembra non essere lui a portare avanti questo gioco malato. Sei tu, ti accanisci su di lui, e ne subisci le ovvie conseguenze…”

“Non sopporto più la sua arroganza”

“Chase” disse Foreman guardandolo negli occhi “qualunque problema tu abbia risolvilo in fretta, perché non credo House abbia un limite in quello che ti può far passare qui dentro.”

Entrò House.

“Oh eccoti qui! Puoi passare una giornata fuori dall’ospedale!” disse dando una pacca sulla spalla a Chase.

“Cioè?”

“Cioè vai a farti un giro nel quartiere della signorina Pivet, a cercare notizie di una donna che fino a un paio di giorni era incinta e ora non lo è più!”

“Ma cosa te ne frega di questa donna, sempre che esista?!” urlò Chase.

House si bloccò e lo fissò per qualche secondo. “Non ti scaldare” disse con voce pacata “Foreman,vai con lui.”

I due si avviarono fuori dall’ufficio, ma arrivati vicino all’uscita dell’ospedale, Chase cambiò strada.

“Dove vai?” chiese Foreman.

“Dalla Cuddy”

“Ma cosa vuoi fare? Lascia perdere, Chase.”

“Continua pure a fare il cagnolino di House, io mi sono rotto i coglioni.”

Chase entrò dalla Cuddy e gli disse quello che gli era stato ordinato di fare. “Io sono un medico, devo lavorare con i pazienti! Non devo andare in giro a fare l’investigatore!”

La Cuddy lo osservò perplessa, spostò lo sguardo su Foreman che alzò le spalle come per dire “non ci capisco niente neanch’io”

“Va bene Robert” disse con tranquillità la Cuddy “non andare, non è un tuo dovere.”

Chase era imbestialito, e nessuno capiva a pieno perché. House non era peggio del solito, era cambiato qualcosa in lui allora. Uscì dall’ufficio mugugnando un grazie e sparì nei corridoi.

“Ma che sta succedendo?” chiese la Cuddy a Foreman.

“Bella domanda!” rispose e si avviò verso la porta.

“Chiamami se queste stramberie durano troppo a lungo, conosco bene House, magari riesco a capire cosa sta combinando.”

“Credo dipenda anche da Chase stavolta” rispose, e uscì.

29 gennaio, h 9.30

Ufficio di Wilson

Wilson entrò nel suo ufficio, si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò chiudendo gli occhi.

Quando gli riaprì trovò un House divertito che lo fissava con un mezzo sorrisino, roteando il bastone.

“Che stai combinando Wilson?”

“Cosa vuoi dire?” ribattè lui fingendo indifferenza. Girò attorno alla scrivania dov’era appoggiato House e si sedette. House non si girò e dandogli le spalle disse, quasi stesse parlando con se stesso: “E’ successo qualcosa in ospedale…non fai più le tue gite di piacere in giro per i corridoi ad osservare il sedere delle infermiere.” continuava a roteare il bastone “Arrivi sempre un po’ in ritardo, vai via un po’ prima, e ti porti addirittura da mangiare da casa.” si girò lentamente “inizi e finisci le tue visite in studio, non offri neanche il caffè ai tuoi pazienti come ami tanto fare…” appoggiò le mani alla scrivania e fisso l’amico. “Cosa stai combinando Wilson?”

“Sei paranoico” disse lui distogliendo lo sguardo “e forse fai anche bene, ma stai dirigendo la tua paranoia dalla parte sbagliata!”

“Cosa vuoi dire?” chiese House leggermente spiazzato.

“Uno dei tuoi sta dando i numeri”

“Chase?”

“Si, l’ho sentito parlare con un’infermiera. Si lamentava di non so che ordine che gli avevi dato e che lui non ha svolto.”

House alzò gli occhi al cielo, poi tornò a guardare Wilson.

“Chase non è comunque un mio problema, so perfettamente quello che gli passa per la testa. Sei tu che mi nascondi qualcosa…”

“Pensala come vuoi, ma vai a riflettere su quello che sto tramando alle tue spalle da un’altra parte. Ho un appuntamento con un paziente.” Disse Wilson alzandosi e indicando ad House la porta.

“Mi stai cacciando?!”

“Si. Ho un paziente.”

“Ma io sono un amico, sono più importante!”

“In questo momento sei solo un bastardo. Ci vediamo dopo.”

“Pranzi con me?”

“Va bene” rispose Wilson sospirando

“Frego il pranzo a Kryke e vengo qui, così non devi uscire e non rischi di prenderti tutte quelle brutte malattie contagiose che girano negli ospedali!”

Wilson sorrise di risposta all’amico e lo accompagnò alla porta.

Sapeva che il pranzo sarebbe stato il terzo round, e House l’avrebbe avuta vinta.

House tornò nel suo ufficio, si mise davanti alla lavagna, e incominciò a giocare col suo yoyo.

Donna.

26 anni.

Impiegata statale.

Single.

Vive in un bilocale tenuto con tanta cura, in un quartiere ordinato e pulito.

E’ arrivata in ospedale per un tremore che continuava da quasi cinque ore ormai, e si era esteso dalla mano destra fino a prenderle tutto il braccio. Nell’arco di 12 ore si era esteso a tutta la metà destra del corpo, anche i muscoli del viso avevano incominciato a contrarsi in modo incontrollato. Spasmi muscolari, tremore, convulsioni…il caso era arrivato a lui perché tutto questo si presentava in continua sequenza su tutta la metà destra della paziente. E non c’era modo di calmarle. Si potevano bloccare le convulsioni con farmaci contro l’epilessia, ma dopo pochi secondi si ricominciava: spasmi. Fermavi quelli ma qualche forma di contrazione continuava. Ed erano dolorose.

Quando ormai stavano pensando di mandare la paziente in coma farmacologico, per permetterle almeno di riposare mentre loro cercavano una soluzione, il tremore era scomparso.

Pochi minuti in cui la signorina Pivet quasi gridava al miracolo e poi il crollo.

Paralisi.

Le contrazioni avevano lasciato il posto a una calma piatta.

Gli esami avevano evidenziato solo un’anomalia nel flusso sanguigno cerebrale, un dato troppo generale per portare a qualche ipotesi probabile.

E poi quella placenta. Cosa poteva significare?

Chase aveva ragione, sembrava non esserci nessun collegamento con la paziente. E non era vero che voleva trovare la donna che aveva partorito solo per poter aiutare lei e il bambino. Il motivo reale è che sentiva che c’era qualche legame con la malattia della Pivet, anche se non aveva idea del quale. Ma era il suo istinto a parlare, e lui si fidava ciecamente del suo istinto.

Sentì un rumore e si voltò. Era Cameron.

“Tu ti fidi del mio istinto?” le chiese a bruciapelo.

“Si…bhe…certo.”

“Allora convinci Chase ad aiutare Foreman a cercare quella donna. Sono sicuro che sai come fare.”

“Pensi che vada in giro a dispensare favori sessuali a tutti per farti ottenere quello che vuoi?!” chiese lei fingendo di essere indignata. In realtà era divertita, aveva imparato a giocare con House.

“Si! A proposito, ho bisogno che la Cuddy mi paghi tutti gli spostamenti che sto facendo fare ai tuoi colleghi negli ultimi giorni…”

“Vai al diavolo!” disse lei ridendo.

In quel momento passò Chase. Cameron uscì dall’ufficio e raggiunse il collega.

“C’è bisogno che tu vada a dare una mano a Foreman, nel quartiere dove vive la paziente.” tentò lei.

“Sei il braccio destro di House adesso?” Chase era sulla difensiva anche con lei.

“Sapere qualcosa su quel parto potrebbe aiutarci a scoprire cos’ha Margie che non va”

“Usi il nome di battesimo…molto commuovente!”

“Chase quella donna sta morendo. E soffre. Se trovare quell’altra donna può darle una speranza, devi provare!”

“Ma chi sei tu per dirmi cosa devo fare?!” il tono di voce di Chase si alzò fin quasi ad urlare, e sguardi perplessi del personale dell’ospedale si posarono su di loro. “Certo, vado subito! Così tu puoi restare indisturbata a scambiarti battutine idiote con House!”

Si allontanò lasciando Cameron da sola in corridoio, a fissare il pavimento imbarazzata.

Quando alzò lo sguardo si accorse che House aveva assistito alla scena e la guardava divertito.

“Manipolatore bastardo” pensò, e continuò per la sua strada.

29 gennaio, h 14.00

Ufficio di Wilson

Bussarono. Wilson andò ad aprire.

Era House, e aveva tra le mani un cestino da campeggio.

“Non ci speravo più…” disse Wilason in realtà pensando “Ma cos’hai lì?”

“Scusa il ritardo, ma proprio oggi era il compleanno di non so che infermiera, e tutti quegli idioti hanno lasciato a casa il pranzo per farselo offrire da lei! Ho dovuto rubare il pranzo di un’intera famigliola in visita alla nonnina morente!”

“Ma…”

“Ho dovuto aspettare che morisse! Ha tirato le cuoia mezz’ora fa. E’ passata la fame a tutta la famiglia, e io gli ho voluto evitare la triste visione dei loro panini preparati con tanto amore che ammuffivano in questo grazioso cestino. Bello vero?” chiese mettendolo sotto il naso di Wilson, che lo guardò disgustato.

House posò il castino sulla scrivania di Wilson, e incominciò a tirare fuori il suo contenuto.

Improvvisamente si voltò e guardò il suo amico negli occhi.

“E’ la Cuddy.”

“Smettila House!” James si tradì non riuscendo a reggere lo sguardo dell’amico.

“Bingo!” esclamò, addentando un panino.

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

  
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Dr. House - Medical Division / Vai alla pagina dell'autore: _vally_