CAPITOLO IV:
“Merdamerdamerdamerda” imprecò tra se e
sé, togliendosi al
volo il pigiama e raccattando i primi vestiti che le passavano sotto
mano: era
dannatamente in ritardo per il lavoro; il suo turno iniziava alle dieci
e mezza
e lei era ancora a casa!
Si lavò, si vestì e fece colazione in meno di
cinque minuti
poi acchiappò chiavi e borsa e scapicollò
giù per le scale; rispose con un
cenno sbrigativo al “Buongiorno, Tsunade-san” con
il quale l’aveva salutata il
vicino e finalmente riuscì a fermare un taxi.
“Tsunade!” Il sovraintendete Sarutobi la guardava,
dall’altro capo del corridoio, con sguardo severo; le mani ai
fianchi e il tono
irritato non promettevano nulla di buono. “Sei in ritardo
anche sta volta!”
Si girò lentamente e assunse l’espressione
più desolata che
il suo smisurato orgoglio le permetteva di fare. “Mi scusi,
sovraintendente.
Non succederà più.”
“Lo spero bene, altrimenti la prossima volta dovrò
prendere
provvedimenti!” la ammonì severamente, nonostante
il tono di voce ormai fosse
tornato normale, segno che le aveva già perdonato lo sgarro.
“Voglio vederti alle
undici nel mio ufficio, puntuale…
e
porta con te anche Jiiraya. Dobbiamo discutere degli ultimi
avvenimenti.”
“Certo.”
Venti minuti dopo stava bussando alla porta di legno di
Hiruzen Sarutobi, come decantava la targhetta d’ottone
affissa a lato, seguita
da Jiraya. Finalmente giunse dall’altro lato della porta la
voce del
sovraintendente che li invitava ad entrare.
“Eccoci, capo” lo salutò allegramente
Jiiraya, sventolando
una mano. Sarutobi alzò gli occhi al cielo ma
lasciò correre: si era ormai
rassegnato al non-rispetto che gli portava il ragazzo, nonostante fosse
il suo
superiore.
“Sedetevi pure.” gli rispose invece, accennando
alle comode
sedie poste di fronte alla sua scrivania; una volta che si furono
accomodati
riprese a parlare. “Penso avrete intuito che siete qui per il
caso di
Orochimaru.” I due annuirono in risposta. “Dalle
ultime notizie che abbiamo
sappiamo che è stato visto da una testimone nei pressi della
zona periferica orientale
al limitare di Tokyo, il che ci fa escludere definitivamente il
rapimento.”
Nessuno dei tre sembrava contento dell’idea. “Direi
che a questo punto non c’è
nient’altro da fare: Orochimaru è maggiorenne ed
è in grado di decidere per se
stesso, evidentemente ha deciso di scappare verso un’altra
vita. Se per caso vi
trovaste a comunicare con lui riportategli i miei saluti e il mio
augurio per
il futuro. Il caso è chiuso.”
Il tono di voce di Sarutobi indicava chiaramente che la
discussione era finita e che erano ufficialmente congedati; lentamente
si
alzarono e uscirono dall’ufficio, tutti e due con la stessa,
triste,
espressione sconsolata stampata in volto.
“Non posso credere che se ne sia andato
così… nemmeno un
saluto.” ruppe il silenzio Jiraya.
Tsunade non rispose, non voleva rispondere; così il ragazzo
continuò il suo monologo.
“Non che fossimo in un rapporto tutto rose e fiori ma ne
abbiamo passate delle belle insieme. Evidentemente sono io che mi sono affezionato
troppo… bè del resto
è di Orochimaru che stiamo parlando.”
Sospirò pesantemente. “Bene, io sono
arrivato a destinazione. Ci vediamo, Tsunade.” e si chiuse
alla spalle la porta
dell’ufficio.
Una volta arrivata alla sua postazione anche Tsunade si
lasciò cadere pesantemente sulla comoda sedia girevole,
immersa nei suoi
pensieri e totalmente estraniata dal mondo. Non riuscì a
concentrarsi per tutto
il giorno: i pensieri le ronzavano fastidiosamente nelle orecchie e la
sua
attenzione continuava ad andare a tutta la questione di Orochimaru.
Non sapeva nemmeno lei se essere triste della fuga o
sollevata da essa: da una parte era contenta di non avere
più quegli occhi a
scombussolarle la giornata e la determinazione, non doveva
più guardarsi dagli
attacchi a sorpresa del ragazzo che ogni volta riuscivano a metterla
alle
strette, non era più terrorizzata di svegliarsi e trovarsi di nuovo in quella stanza ordinata e
asettica. D’altra parte era
estremamente irritata dalla scomparsa nel nulla di quello che, doveva
ammettere
–seppur con estrema riluttanza-, era diventato il suo amante;
una chiamata, una
lettera… un misero bigliettino di saluti sarebbe stati
apprezzati, l’avevano
abbandonata di nuovo. Tutte le persone accanto a lei continuavano a
sparire,
una dietro l’altra: il suo fratellino minore, il suo
fidanzato, sua madre, suo
padre.. e ora il tradimento di Orochimaru.
‘Ecco!’ si trovò a pensare, infuriata.
‘Tradimento è
la parola giusta.’ Perché il moro aveva fatto
niente
meno di quello: aveva tradito la tacita promessa che si erano fatti,
erano
amanti, erano confidenti, erano una la medicina dell’altro e
viceversa. E ora,
quello stronzo, si permetteva di
svanire nel nulla –come debole fumo- senza uno straccio di
spiegazione?! Ah no,
quello era proprio il colmo!
‘Che beffa d’uomo’ pensò
decisamente irritata.
“Traditore”
borbottò poi, chiudendo violentemente il block notes per
sottolineare,
mentalmente, il concetto.
"Ciao Tsunade. Ce ne hai messo di tempo per accorgerti della
mia presenza…”
Orochimaru era tranquillamente seduto sul suo divano a gambe
incrociate e stava sfoggiando il suo peggior
sorrisetto irritante.
E con questo capitolo
siamo tornati definitivamente al
presente. Un presente che si pone, circa, un paio di settimane dopo che
Tsunade
torna dalla casa della vecchia zia: Orochimaru è scomparso,
senza uno straccio
di spiegazione, subito dopo che lei torna.
Ma ora è ricomparso. Perché? Cosa
vorrà mai?
Restate connessi e lo scoprirete *musichetta accattivante*
XD
Aspetto, come sempre, le vostre impressione e commenti.
Baci,
Eikochan.