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Autore: Eikochan    13/05/2012    2 recensioni
Tsunade è cresciuta segnata dalla tragedia più grande della sua vita; precipitata in un torpore emotivo e interiore non riesce a dare una svolta alla sua vita... finché un'evento non le darà questo opportunità. Ma non tutte le scelte sono giuste e alcune volte la serpe si nasconde proprio tra i tuoi amici. E' davvero necessario vendicarsi?
Dal primo capitolo:
“Pensi di essere una dura?”
Gli rispose con un sott’inteso, muto, cenno d’assenso.
“Allora dimmi cosa spinge una tredicenne a pestare a sangue due ragazzi.”
L’altra stette in silenzio per qualche minuto, sotto lo sguardo inquisitore del sovraintendente.
“Se una persona mi fa un torto, e chi deve punire essa non fa niente, non è forse lecito farmi giustizia da sola? Occhio per occhio, dente per dente”
Per Tsunade era sempre stato un vizio rispondere ad una domanda con un’altra domanda.

{Coppia principale: Tsunade/Orochimaru}
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru, Tsunade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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CAPITOLO IV:

 Sbattè le palpebre, cercando di mettere a fuoco la stanza nel buio, la testa che scoppiava dal dolore... poi si girò verso la sveglia che segnava le dieci e venti. Si alzò di scatto e lanciò scalciò via le coperte.
“Merdamerdamerdamerda” imprecò tra se e sé, togliendosi al volo il pigiama e raccattando i primi vestiti che le passavano sotto mano: era dannatamente in ritardo per il lavoro; il suo turno iniziava alle dieci e mezza e lei era ancora a casa!
Si lavò, si vestì e fece colazione in meno di cinque minuti poi acchiappò chiavi e borsa e scapicollò giù per le scale; rispose con un cenno sbrigativo al “Buongiorno, Tsunade-san” con il quale l’aveva salutata il vicino e finalmente riuscì a fermare un taxi.

 

 Dopo soli venti minuti di viaggio –l’autista si era visto sommergere da una valanga di incitamenti, non sempre gentili, sull’andare più veloce e non aveva potuto fare a meno di schiacciare sull’acceleratore- era arrivata a destinazione. Entrò, cauta, nell’atrio e si accorse che –stranamente- non c’era anima viva in vista, sollevata, sgattaiolò verso gli uffici; era quasi arrivata alla porta del suo quando una voce tuonante la bloccò.
“Tsunade!” Il sovraintendete Sarutobi la guardava, dall’altro capo del corridoio, con sguardo severo; le mani ai fianchi e il tono irritato non promettevano nulla di buono. “Sei in ritardo anche sta volta!”
Si girò lentamente e assunse l’espressione più desolata che il suo smisurato orgoglio le permetteva di fare. “Mi scusi, sovraintendente. Non succederà più.”
“Lo spero bene, altrimenti la prossima volta dovrò prendere provvedimenti!” la ammonì severamente, nonostante il tono di voce ormai fosse tornato normale, segno che le aveva già perdonato lo sgarro. “Voglio vederti alle undici nel mio ufficio, puntuale… e porta con te anche Jiiraya. Dobbiamo discutere degli ultimi avvenimenti.”
“Certo.”
Venti minuti dopo stava bussando alla porta di legno di Hiruzen Sarutobi, come decantava la targhetta d’ottone affissa a lato, seguita da Jiraya. Finalmente giunse dall’altro lato della porta la voce del sovraintendente che li invitava ad entrare.
“Eccoci, capo” lo salutò allegramente Jiiraya, sventolando una mano. Sarutobi alzò gli occhi al cielo ma lasciò correre: si era ormai rassegnato al non-rispetto che gli portava il ragazzo, nonostante fosse il suo superiore.
“Sedetevi pure.” gli rispose invece, accennando alle comode sedie poste di fronte alla sua scrivania; una volta che si furono accomodati riprese a parlare. “Penso avrete intuito che siete qui per il caso di Orochimaru.” I due annuirono in risposta. “Dalle ultime notizie che abbiamo sappiamo che è stato visto da una testimone nei pressi della zona periferica orientale al limitare di Tokyo, il che ci fa escludere definitivamente il rapimento.” Nessuno dei tre sembrava contento dell’idea. “Direi che a questo punto non c’è nient’altro da fare: Orochimaru è maggiorenne ed è in grado di decidere per se stesso, evidentemente ha deciso di scappare verso un’altra vita. Se per caso vi trovaste a comunicare con lui riportategli i miei saluti e il mio augurio per il futuro. Il caso è chiuso.”
Il tono di voce di Sarutobi indicava chiaramente che la discussione era finita e che erano ufficialmente congedati; lentamente si alzarono e uscirono dall’ufficio, tutti e due con la stessa, triste, espressione sconsolata stampata in volto.
“Non posso credere che se ne sia andato così… nemmeno un saluto.” ruppe il silenzio Jiraya.
Tsunade non rispose, non voleva rispondere; così il ragazzo continuò il suo monologo.
“Non che fossimo in un rapporto tutto rose e fiori ma ne abbiamo passate delle belle insieme. Evidentemente sono io  che mi sono affezionato troppo… bè del resto è di Orochimaru che stiamo parlando.” Sospirò pesantemente. “Bene, io sono arrivato a destinazione. Ci vediamo, Tsunade.” e si chiuse alla spalle la porta dell’ufficio.
Una volta arrivata alla sua postazione anche Tsunade si lasciò cadere pesantemente sulla comoda sedia girevole, immersa nei suoi pensieri e totalmente estraniata dal mondo. Non riuscì a concentrarsi per tutto il giorno: i pensieri le ronzavano fastidiosamente nelle orecchie e la sua attenzione continuava ad andare a tutta la questione di Orochimaru.
Non sapeva nemmeno lei se essere triste della fuga o sollevata da essa: da una parte era contenta di non avere più quegli occhi a scombussolarle la giornata e la determinazione, non doveva più guardarsi dagli attacchi a sorpresa del ragazzo che ogni volta riuscivano a metterla alle strette, non era più terrorizzata di svegliarsi e trovarsi di nuovo in quella stanza ordinata e asettica. D’altra parte era estremamente irritata dalla scomparsa nel nulla di quello che, doveva ammettere –seppur con estrema riluttanza-, era diventato il suo amante; una chiamata, una lettera… un misero bigliettino di saluti sarebbe stati apprezzati, l’avevano abbandonata di nuovo. Tutte le persone accanto a lei continuavano a sparire, una dietro l’altra: il suo fratellino minore, il suo fidanzato, sua madre, suo padre.. e ora il tradimento di Orochimaru.
‘Ecco!’ si trovò a pensare, infuriata. ‘Tradimento è la parola giusta.’ Perché il moro aveva fatto niente meno di quello: aveva tradito la tacita promessa che si erano fatti, erano amanti, erano confidenti, erano una la medicina dell’altro e viceversa. E ora, quello stronzo, si permetteva di svanire nel nulla –come debole fumo- senza uno straccio di spiegazione?! Ah no, quello era proprio il colmo!
‘Che beffa d’uomo’ pensò decisamente irritata.
Traditore” borbottò poi, chiudendo violentemente il block notes per sottolineare, mentalmente, il concetto.

 

 Aprì la porta con un lieve calcetto –i sacchetti della spesa le occupavano le mani- ed entrò nell’ appartamento. Si richiuse la porta alle spalle e lanciò le chiavi sul mobile all’ingresso, per poi avviarsi in cucina; era a metà del soggiorno quando un profumo forte e dolciastro, decisamente famigliare, le arrivò alle narici; si girò di scatto verso il divano e fu solo grazie al suo provvidenziale sangue freddo che non mollò le borse per terra.
"Ciao Tsunade. Ce ne hai messo di tempo per accorgerti della mia presenza…”
Orochimaru era tranquillamente seduto sul suo divano a gambe incrociate e stava sfoggiando il suo peggior sorrisetto irritante.

 

SPAZIO AUTRICE:

E con questo capitolo siamo tornati definitivamente al presente. Un presente che si pone, circa, un paio di settimane dopo che Tsunade torna dalla casa della vecchia zia: Orochimaru è scomparso, senza uno straccio di spiegazione, subito dopo che lei torna.
Ma ora è ricomparso. Perché? Cosa vorrà mai?
Restate connessi e lo scoprirete *musichetta accattivante* XD

 Niente, spero che questo capitolo sia piaciuto… e chiedo perdono per il lungo tempo trascorso dallo scorso e la brevità di questo. (E dire che questo capitolo era già scritto, ma si… sono un caso perso!)
Aspetto, come sempre, le vostre impressione e commenti.

Baci, Eikochan.

   
 
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