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Autore: Theredcrest    18/05/2012    1 recensioni
Anderville è una metropoli come tante altre nel mondo, e come tante altre dà ospitalità ad una quantità inimmaginabile di ospiti soprannaturali. Tra tutti, spicca la società dei Vampiri per il suo intenso bisogno di contatti e relazioni con gli umani e le altre creature presenti. Questa storia parla di Rachele, una vampira ventenne mai stata umana, e del suo percorso per diventare una "Madre" e ricoprire il ruolo più ambito di tutti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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DIVERBI INTERNI

 
Mi guardo attorno, stordita, senza vedere nessuno di mia conoscenza. Isabel dev'essersi appartata con mamma, degli incubi preferisco non curarmi e anche degli scettri. Da qualche parte, intravedo il lunghi capelli del loro capo che si sta dirigendo in mia direzione. Faccio per allontanarmi e cambiare strada, per così dire, quando mi rendo conto di una figura appostata accanto ad una colonna, vicino all'orchestra: Leonard. Come al solito è tranquillo, non beve nulla e sembra non fare nulla. Sembra, perché in realtà starà raccogliendo informazioni e qualsiasi frammento di conversazione possa fruttargli dei vantaggi. Mi dirigo da lui senza volerlo disturbare ma, quando si accorge della mia presenza, non faccio in tempo a rifiutare che lui si è già abbassato alla mia altezza per prestarsi in un abbraccio: vengo avvolta dalla sua camicia verde scuro e dal gilet nero che porta, piacevolmente sorpresa dall'odore della colonia che deve aver messo per l'occasione.
«Leonard» lo saluto con un cenno del capo, lasciandolo. Lui annuisce con la testa calva quasi lucida sotto le luci della stanza: ha fatto una scelta infelice prima della sua trasformazione e non può cambiarla.
«Rachele. Ti trovo bene.»
«Non più di te. Dimmi come va, sono curiosa» gli rispondo. Faccio scivolare il viso nell'incavo della spalla, contro la camicia di seta, e mi stringo a lui di nuovo. Per me è un piacere rivederlo. Lo lascio subito dopo.
«Come al solito: faccio uso di tanta pazienza e ascolto, fintanto non c'è nulla di meglio da fare qui. Le Rose non fanno mai feste come le vorrebbero e tutto finisce, al solito, in un disastro. A proposito, hai bevuto?»
Scuoto la testa, senza essere tenuta a specificare nulla.
«Bene. I nostri raffinatissimi fratelli si sono divertiti a riempirli di cazzate, le stesse che escono loro di bocca. C'è solo da sperare nessuno dia di matto.» Mi carezza la testa. «Tu, il vestito verde?»
Già, il vestito verde.
«Ringrazia mamma, altrimenti me lo sarei messo.» Rispondo scontenta. Lui sorride sghembo.
«Capisco. Non imbronciarti, lo sai com'è fatta. Ligia alle regole fino alla fine. Sai dov'è?»
«Dev'essere da qualche parte con Isabel, stavano chiacchierando allegramente l'ultima volta che le ho viste. Si saranno, sai... appartate.»
«Mhm.» Non è certo un segreto. «Tu dov'eri andata a finire? Non ti ho vista entrare.»
«È un miracolo che ci sia qualcosa che non riesci a vedere!» gli strizzo l'occhio. «Ho fatto un giro nei corridoi, a dare una sbirciatina.»
«Sempre curiosa. Non cambi proprio mai» sorride di nuovo, soddisfatto. «Resta nei dintorni, vado a cercare la tua sire e torno» mi dice, poi si allontana velocemente con un'andatura incredibilmente leggera. Ecco, a lui invidio il come si muove felpato e discreto tra la gente: chi l'ha trasformato deve aver catturato le sue doti migliori, anche se non vuole mai andare sull'argomento. E intanto io sono rimasta di nuovo sola.
Passo un quarto d'ora a gironzolare per le sale ascoltando musica d'ambiente, iniziando ad annoiarmi seriamente. Quella del chiacchiericcio occasionale è un'attività molto rilassante, ma per quanto mi riguarda mi interesso più ai fatti che alle parole, specialmente quelli che vado a sbirciare in un paio di camere nel corridoio il momento dopo. China sulla toppa di una serratura priva di chiave, mi diverto a guardare un paio di soggetti fare fervidi salti tra manette e corde di lino, quando sento qualcuno che mi prende dai fianchi, da dietro, e si appiccica al mio sedere in modo molto inappropriato.
«Alla principessina interessano gli scandali?» Con voce ironica, strofina percettibilmente il suo davanti sul retro del mio vestito. Come se gli fosse veramente permesso di farmi qualcosa... sorvolo anche sul fatto infili una mano sotto i veli di tessuto fino a tastarmi una coscia, palpando.
«Trevor, piantala.» È facile riconoscere l'Incubo dal tono di voce freddo e graffiante, strafottente ogni volta che mi incontra. Scrollo le spalle infastidita, mi dedico di nuovo ad osservare lo spettacolo da dietro la porta. In tutta risposta, la sua mano si alza dove non dovrebbe.
«Trevor!» Mi alzo di scatto, voltandomi e staccandogli a forza una mano dal mio sedere, spintonandolo, già che ci sono, per staccarmi di dosso anche lui. La voglia di rifilargli un ceffone è tanta, ma è meglio non andare a litigare con uno come lui.
«Piantala di toccare se non vuoi che dia un calcio a quel paio di coglioni vuoti, freddi e morti che ti porti appresso.» La sua risata rauca è indicativa, mentre incrocio le braccia contrariata. È uno a cui piace molestare la gente, un maniaco. Con la differenza che un maniaco può essere considerato innocuo se comparato a lui.
«Perché non mi lasci in pace e non te ne torni dalla tua Felicia? Scommetto che sarà contenta di soddisfare i tuoi appetiti.»
«Perché cambiare proprietà è più divertente.» Si sistema i capelli scuri e corti all'indietro, un taglio molto moderno che tradisce la sua anzianità.
«Io non sono una tua proprietà!» Sto per andare oltre quando mi fermo di botto e mi mordo la lingua: continuare vorrebbe dire solo dargli soddisfazione. Cerco di darmi una certa dignità allora, senza riuscire comunque a reprimere la rabbia. Se potessero farlo, mi fumerebbero le orecchie.
«E che fine hanno fatto i tuoi bei capelli, stasera?» lo stuzzico, ricordando come l'ultima volta li avesse decisamente più lunghi. Sembra stizzito dalla domanda, si morde un angolo della bocca attraversata da una delle numerose, profonde cicatrici bianche.
«Perché me lo chiedi? Non sto bene, principessina?»
«No, affatto. Il tuo aspetto è ottimo, se TU che stai male. Starai sempre male. E per me, staresti male anche se ti curassi tutte quelle cicatrici, per amor del vero.»
Trevor è l'Incubo fatto persona, basta guardarlo in faccia per capirne il perché: il volto squadrato, per quanto attraente, è pieno di cicatrici e sfregiato da due artigliate sull'occhio sinistro cieco, un regalo di Ambris di tanto tempo fa. Potrebbe curarselo senza problemi, così come potrebbe curare tutto il resto, ma per decisione personale non lo fa e ad ogni ricevimento è sempre più coperto di ferite rimarginate che porta come vanto personale.
«Ahia, principessina. Mi hai colpito profondamente.» Con un sorriso sghembo si avvicina, costringendomi a mia volta a premermi contro la porta alle mie spalle. Con una mano mi afferra il mento, premendo sulle articolazioni della mandibola e costringendomi così a stare zitta. «Con un caratterino così precoce saresti degna di noi, sai? Oh, io lo vorrei vedere il tuo bel faccino coperto di cicatrici. Avresti l'onore di fartele infliggere da me in persona.»
Ah, si? Non che la cosa mi importi. Sono solo parole, penso, anche se inizio a sentirmi un po' a disagio mentre si accosta e tenta di stamparmi un bacio sulle labbra. Mi rifiuto dimenandomi, frapponendo tra me e lui un gomito - accidenti alla superforza che non funziona quando dovrebbe - quindi lui ripiega sul collo, lasciandomi lievi tracce di morsi e saliva.
Un lieve rumore di tacchi risuona nella stanza, nello stesso momento.
«Che vergogna, l'Incubo con una verginella principiante e secca.»
Una zazzera di capelli biondo platino fa capolino dal fondo del corridoio, camminando lentamente. È Felicia, che si presenta con la sola compagnia delle proprie cicatrici, fasciata da una catsuit in latex nero bordato di arancio. Ma dov'è sua figlia Nora? Quell'arrogante disgraziata deve averla lasciata allo sbando, penso, magari a farsi seviziare dagli Incubi che non hanno partecipato alla festa.
Trevor le rifila un'occhiataccia appena la vede.
«Tornatene alla festa e lasciami divertire.»
«Non se ti devi divertire con lei.» L'Incubo mi spreme le guance, poi rilascia la presa sulla mia mandibola. Lei mette in mostra un sorriso malsano che le va da un orecchio all'altro. «Puoi sfregiarla, morderla e succhiarle via la cazzo di anima, ma non divertirti con lei.»
«E cosa me lo impedirebbe, vecchia cagna gelosa?» Alzando il mento, sorride in segno di sfida.
«Io.»
Trevor è schifoso tanto quanto suo fratello è viscido, ma dubito seriamente che si azzarderebbe ad ammazzarmi, rischiando poi di subire le ire della Madre. Felicia non è così accorta e potesse, metterebbe volentieri le mani attorno al mio collo per farlo a pezzi. Quando si dice della solidarietà femminile...
In un batter di ciglia, Felicia si lancia su di noi, con la chiara intenzione di sbattere al tappeto suo "marito" e, possibilmente, di schiacciarmi a suon di pugni lasciando solo un murales del mio sangue per terra. Trevor è abbastanza svelto (ma sopratutto abbastanza abituato agli scleri della sua donna) da reagire: prendendomi per una spalla mi lascia verso il muro opposto e si gira ad affrontarla. L'impatto contro la parete è così forte da rintronarmi, rendendomi impossibile seguire i due che se le danno di santa ragione. Quando finalmente mi riprendo, faccio appena in tempo ad alzarmi con tutta l'intenzione di andarmene e lasciarli a picchiarsi da soli quando un boato di voci scuote la sala centrale.
La scena è comica: ci fermiamo tutti, confusi, guardandoci in faccia. Quando realizziamo la possibile gravità della situazione, io sono la prima a fiondarmi nella sala, con tutta una serie di buoni motivi per partecipare e andarmene dal corridoio in fretta. Trevor è il secondo, seguito da una Felicia furibonda per avergliela data vinta, stavolta.


 

Note dell'autore
E così arriva anche il decimo capitolo di questa lunga storia, anche se con un bel po' di ritardo! Purtroppo in questo periodo mi sto dedicando molto ad altri progetti, ho in programma una storia che vedrete a breve (si spera, la mia pelandraggine non lascia scampo x°D) e quindi vado molto a rilento e temo sarà lo stesso nei prossimi tempi. Sappiate perdonarmi, vi prego >.< Ma tornaniamo alla ff, che è meglio xD Come avrete visto, anche questo capitolo è, come il precedente, un'introduzione ad alcuni personaggi principali che seguiranno Rachele nel bene e nel male. Non volete fare tutti una Ola per Trevor? No, vero? xD Povero cucciolo abbandonato (se, come no)!
Detto questo, spero vi sia piaciuto. Ringrazio ancora una volta tutti quelli che mi leggono e come sempre, sarò felice di ricevere i vostri commenti e rispondere a tuttituttitutti *.*
A presto col prossimo capitolo!
  
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