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Autore: Mrs C    22/05/2012    7 recensioni
[Cap1]
John non sa che ore sono. In Afghanistan teneva sempre l'orologio di Harry nel taschino della divisa, sincronizzato sul fuso orario di Londra. Si ripeteva spesso che se avesse continuato a tenerlo lì, guardandolo quando lo riteneva necessario, sarebbe tornato a casa. E l'ha fatto, John è tornato, eppure l'abitudine di sapere sempre che ore sono è rimasta. Ha pensato che non se ne sarebbe mai più liberato, almeno finché non ha conosciuto Sherlock. Con lui, tenere conto dell'ora, è assolutamente impossibile perché non ha un orario e non gli interessa minimamente averne uno. E John non sa che ore sono.
[Crossover: Sherlock/Criminal Minds]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Dietro la schiena
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Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett




John non sa che ore sono. In Afghanistan teneva sempre l'orologio di Harry nel taschino della divisa, sincronizzato sul fuso orario di Londra. Si ripeteva spesso che se avesse continuato a tenerlo lì, guardandolo quando lo riteneva necessario, sarebbe tornato a casa. E l'ha fatto, John è tornato, eppure l'abitudine di sapere sempre che ore sono è rimasta. Ha pensato che non se ne sarebbe mai più liberato, almeno finché non ha conosciuto Sherlock. Con lui, tenere conto dell'ora, è assolutamente impossibile perché non ha un orario e non gli interessa minimamente averne uno. E John non sa che ore sono. C'è molta luce, ma non crede sia mattina. Probabilmente è primo pomeriggio, ma non se ne fa un problema, considerando che hanno finito d'indagare sull'ultimo caso alle cinque di questa mattina. Si alza, lento, perché la testa gli sta scoppiando. Ogni minimo suono è come una randellata e cerca di non fare più rumore del dovuto. C'è molto silenzio, troppo perché non gli risulti strano. Scende le scale piano, aggrappandosi alla parete mentre si strofino gli occhi con il palmo della mano. Non sente Sherlock trafficare in cucina per cui le alternative sono due: la prima è che sia collassato sul divano, la seconda è che sia uscito. Quando inizia a pensare che la seconda ipotesi sia più probabile della prima, due voci distinte giungono alle sue orecchie come se avessero urlato. Un calcio in piena faccia gli avrebbe fatto meno male, e in uno sprazzo di lucidità cerca di ricordare dove ha sistemato le pastiglie contro l'emicrania, dopo che Sherlock ha avuto la brillante idea di occupare l'armadietto dei medicinali con le dita in salamoia dell'ultimo cadavere giunto all'obitorio del Bart's.
- Buongiorno, John.
John inarca le sopracciglia. Non ha bisogno di alzare gli occhi per sapere chi gli ha appena rivolto la parola perché conosce quella voce troppo bene per sbagliarsi. Sente una risata di scherno ruggirgli in gola, ma la ricaccia giù all'altezza dello stomaco perché la situazione che si trova davanti è paradossale: nel suo salotto - seduto nella sua poltrona - c'è Mycroft, il fratello schizofrenico del suo coinquilino.
- Buongiorno a lei, Mycroft. A cosa dobbiamo l'onere di questa visita inaspettata?
Lui si morde il labbro inferiore, squadrando John da capo a piedi, indeciso se scatenargli contro l'Interpool o alzarsi e ficcargli l'ombrello su per il cu-
- John, prepara il té. Mio fratello non è capace e io sono troppo impegnato per alzarmi.
I suoi occhi si spostano da Holmes senior a Holmes junior nel giro di pochi secondi. Effettivamente, Sherlock è impegnato, questo è vero. A fissare suo fratello, per un motivo a John completamente oscuro. Ma con il cervello menomato dalla mancanza di sonno, il medico non si sforza nemmeno di provare a capire.
- Per l'amor di Dio, Sherlock! Almeno chiudi la vestaglia!
John si massaggia il naso a occhi chiusi, ricevendo in cambio uno sbuffo scocciato da parte di Sherlock. L'emicrania inizia a diventare più pressante, e preferisce rintanarsi in cucina, imbarazzato da morire, per evitare che il suo cervello scoppi in maniera definitiva. Prima di nascondersi in mezzo ai fornelli, riesce comunque a intravedere gli angoli della bocca di Mycroft piegarsi verso l'alto. Per un secondo, l'idea di tirargli il bollitore in fronte lo sfiora come un soffio di vento leggero e maledettamente tentatore, ma John è curioso, troppo curioso per procurare una commozione cerebrale a Mycroft prima che si decida a parlare. John non è intelligente come i fratelli Holmes, lo sa, lo capisce. Ma è un tipo sveglio, ed è un ex soldato. E annusa, quando nell'aria c'è qualcosa di grosso.
- Allora, fratello. Vediamo di chiarire perché sei piombato in casa mia così dopo puoi andartene.
Sherlock ha le mani allacciate sotto il mento e gli occhi fissi su Mycroft. Perfettamente immobile, come sempre quando cerca di scoprire qualcosa. Mycroft giocherella nervosamente con il suo ombrello, trasmettendo quello stesso nervosismo a John, che sente bruciare le mani dalla voglia di piegarlo fino a dargli la forma di un amo da pesca. 
- Fammi indovinare. Problemi con gli Affari Interni? Affari Esteri? - Sherlock inclina appena il capo, guardando suo fratello congestionarsi sulla poltrona - No, è qualcosa di peggio.
Si lecca le labbra, come un gatto che ha appena avvistato un topo particolarmente grosso. John ha ancora in mano le tazzine prese dal ripiano superiore cinque minuti prima.
- CIA? FBI?
Mycroft si muove, a disagio, e Sherlock spalanca gli occhi azzurri colto da un'illuminazione. A John sembra quasi di vedere l'adrenalina scorrergli nelle vene e pompare sangue più veloce del normale. Non lo ammetterà mai, ma guardarlo in questo stato è inebriante persino per lui.
- Interessante. Che cosa può essere successo di così grave da chiedere l'intervento dell'Impero Britannico da parte del Governo Federale degli Stati Uniti?
Mycroft simula una tosse inesistente e quella risata è sempre lì lì che fa il solletico nella gola di John. Il fischio del bollitore lo distrae, per fortuna, ricordandogli che se non vuole farlo esplodere dovrebbe spegnere il fuoco, ma in questo momento potrebbe tornare Moriarty dalla tomba e gliene ne importerebbe meno di zero. Se l'FBI ha chiesto aiuto a Mycroft - e Mycroft l'ha chiesto a suo fratello - c'è qualcosa di molto più grande di quanto si aspettasse.
- Se è grave o meno vorrei che me lo dicessi tu, dopo aver esaminato i casi.
John versa l'acqua bollente nelle tazze da tè, cercando nello stesso momento di guardare entrambi i presenti alla discussione. Sherlock schiocca la lingua, e John sa che Mycroft sarà la prossima vittima delle sue brillanti deduzioni. For God's sake.
- Mycroft, tu sottovaluti la mia intelligenza. Da quando sono tornato non mi hai mai coinvolto nei tuoi "problemi internazionali" per cercare di tenermi lontano dai guai, devi aver convinto Lestrade a fare altrettanto perché mi sottopone solo casi di scarsa rilevanza che potrebbe risolvere persino Anderson con quel mezzo neurone che si ritrova. Ma se sei venuto a cercarmi, e per giunta di persona, vuol dire che la situazione è più critica di quanto tu stia cercando di darmi a bere. Risparmia tempo e srotola la lingua, fratello, o dovrai spiegare ai gattini dell'FBI perché il loro aiuto ha disdetto l'appuntamento che tu hai fissato per lui. E, John, ora puoi chiudere la bocca.
John arrossisce, borbottando qualche parola incomprensibile e concentrando tutta la sua attenzione sulle tazze da tè. Interessanti, sono sicuramente interessanti questi disegni particolari sul manico. Si umetta le labbra, sinceramente colpito come la prima volta che si sono incontrati - e come tutte le volte che sono seguite - e Sherlock ha capito dopo dieci secondi che era un medico militare di ritorno dell'Afghanistan. Sente il cuore battergli forte nel petto, perché da quando il suo migliore amico è tornato a casa, questa è la prima volta. La prima volta che sente come tutto sia tornato alla normalità per davvero. Stenta ancora a crederci.
Per quanto si possa definire normale la vita con Sherlock Holmes, ovviamente.
- Senti, Sherlock - Mycroft sospira, massaggiandosi le palpebre con una mano - hai ragione. Avrei preferito non coinvolgerti per niente in questa storia. Ma non so di chi altro fidarmi, perché la situazione è davvero delicata e io non ho idea di come venirne fuori. Ho un fucile puntato alla schiena da ogni organizzazione per cui ho lavorato. Non è una situazione facile. Ho bisogno del tuo aiuto e mi devi dire se posso stare tranquillo affidando tutto nelle tue mani.
John poggia le tazze da tè sul tavolino, aprofittando della pausa di Mycroft. Non avrebbe scommesso un centesimo sul fatto che prima o poi avrebbe abbassato la guardia e chiesto aiuto in maniera così diretta. Ma da vicino - e da medico - quasi si spaventa nel constatare il suo stato fisico, rimanendone impressionato molto più delle sue parole. Iridi arrossate, occhiaie visibili e violacee. Decisamente più pallido del solito. Non sa con quale forza d'animo - né con quale coraggio, a dirla tutta - ma lascia stare le tazze da tè per qualche secondo, chinandosi in avanti e prendendo il polso del maggiore degli Holmes fra due dita. Due paia d'occhi lo fissano stupiti, ma John li ignora entrambi.  Battito accelerato. Allunga l'altra mano verso la fronte dell'uomo e socchiude gli occhi, sentendo il corpo dell'altro irrigidirsi a un contatto a cui non è abituato. Fronte fredda ma sudata. John si alza in piedi, dirigendosi velocemente in cucina, prende un bicchiere con dell'acqua a temperatura ambiente, poi torna da Mycroft, versandoci dello zucchero.
- Mycroft, bevi tutto d'un sorso per favore. Stai avendo un calo di pressione. Non dormi da almeno tre giorni e mangi decisamente troppo poco per la tua costituzione, fammi il favore di non collassare sul pavimento perché sarebbe davvero problematico dare delle spiegazioni convincenti al resto del Governo e persuaderli che nessuno di noi due ha attentato alla tua vita.
Sherlock non dice nulla, ha ancora le mani sotto al mento e si limita a fissare suo fratello intensamente. Ma John lo sa - lo sa anche se Sherlock non lo dirà mai - che quella reazione da parte di Mycroft l'ha profondamente turbato, impotente e indifeso come un bambino, davanti alla natura umana e fragile di suo fratello, sempre così sicuro di sé e della sua intelligenza. Per questo Sherlock sta in silenzio e per questo non insiste a fare altre domande. Sta aspettando e aspetterà tutto il tempo necessario a suo fratello per riprendersi, ma anche questo, con ogni probabilità possibile, lo terrà per sé fino alla tomba. 
- Siamo passati dal lei al tu, dottor Watson?
Mycroft accenna a un sorriso, un po' più tirato delle altre volte, e John si ritrova a sedere nel bracciolo della poltrona di Sherlock, assicurandosi che il Governo Britannico si riprenda abbastanza da tornare ad avere un colorito quantomeno decente.
- Se ti da fastidio, no.
Mycroft non dice niente. John lo prende come una specie di assenso e sta in silenzio. Sherlock stringe più forte le mani, tanto da far sbiancare le nocche, e John se ne accorge ma non dice niente neanche questa volta. Mycroft sospira. Un sospiro profondo, ad occhi chiusi. E quando li riapre, è il solito Impero Britannico. John si sente quasi sollevato, e Sherlock smette di torturare le sue dita per una frazione di secondo.
- Verrà a prenderci un aereo privato. - Mormora Mycroft.
Sherlock lo squadra da capo a piedi.
- Destinazione?
- Quantico.
John inarca appena le sopracciglia.
- In Virginia? Dobbiamo spostarci di così tanto?
Mycroft schiocca appena la lingua.
- Se non vuoi venire puoi sempre rimanere qui a badare alla casa, come ogni buona moglie.
John storce il naso, maledicendosi per non aver messo una dose considerevole di morfina al posto dello zucchero.
- Vedo che ti riprendi in fretta, Mycroft. Peccato, mi piaceva vederti moribondo, ti rende più umano. - Replica il medico, piccato.
- Se John non viene puoi dimenticarti di me, fratello - Sherlock lo trapassa con un'occhiata, visibilmente seccato - E ora smettila di perdere tempo facendomi dire cose ovvie. A chi dobbiamo dare la caccia? 
Probabilmente è solo una sua sensazione, ma l'aria nella stanza sembra essersi fatta incredibilmente più fredda e John sente un brivido scorrergli lungo la schiena. Impercettibilmente si rannicchia di più verso Sherlock, e per una frazione di secondo sente gli occhi del Detective sulla pelle. Ha paura, John, ha paura che s'immischino di nuovo in qualcosa di troppo grosso per loro. E questo lo rende inquieto, perché lo shock per la finta morte del suo migliore amico gli ha lasciato una cicatrice profonda nell'anima. Ed è difficile - per Dio, se lo è - riabituarsi all'idea che Sherlock potrebbe correre di nuovo un rischio simile. E che lui potrebbe di nuovo essere impotente. Il suo pensiero vola alla pistola che tiene nel cassetto al piano di sopra. E John fa una promessa a se stesso, distruggendo in un secondo tutti i principi morali che si è prefissato da quando è entrato all'esercito: questa volta sparerà per uccidere, a chiunque oserà anche solo pensare di fare del male al suo migliore amico. E, che Dio lo assista, non avrà alcuna paura di finire in galera se servirà a proteggerlo. Mycroft prende un profondo respiro. Poi parla.
  - Hai mai sentito parlare dei Killer di River Creek?




Ps. I'm a Serial Addicted

Salve, mi chiamo Jess e sono tornata. *Ciao Jess*
Questa probabilmente è la fanfiction più difficile che io abbia mai scritto. Non mi sono mai cimentata con un Crossover (fatto bene, quando ero più giovane ci ho provato e... non voglio ricordarlo neanche). Di solito evito di infilarmi in qualcosa che non conosco, ma questa volta non sono davvero riuscita a trattenermi. Il Crossover in questione è fra Sherlock - ovviamente - e Criminal Minds, altra serie che io amo tantissimo. Considerando che gli argomenti trattati sono molto simili, ho pensato che potesse uscirne fuori qualcosa di carino - o quanto meno godibile - così semplicemente ci ho provato. Non ho la benché minima idea di quanto potrà durare, anche se non la tirerò troppo per le lunghe, perché potrei perdermi e fare un disastro, che renderebbe ogni mio sforzo per rendere questa storiella quanto meno buona, inutile. La citazione iniziale è presa da uno degli episodi di Criminal Minds (così come lo saranno tutte le altre, nei prossimi capitoli) e la colonna sonora che mi ha accompagnata durante gran parte della stesura è Set fire to the rain - Adele, una canzone a dir poco fantastica di cui mi sono profondamente innamorata. In un certo senso si potrebbe dire che c'azzecca, in qualche modo *Johnlock* ma per ora preferisco concentrarmi su altri particolari della storia, ma non escludo qualche piccola parte slashosa. Che altro dire? 
Questa storia è un tributo. Un tributo al Gruppo di Sherlocked di cui faccio parte e che mi fanno passare la giornata in maniera a dir poco fantastica (e che mi hanno ispirata per scrivere questa cosa, per cui sentitevi responsabili u.u), un tributo a me che ultimamente sono davvero giù di tono ma che scrivendo trovo sempre la forza di andare avanti e un tributo a Sir Arthur Conan Doyle, che oggi sarebbe stato il suo compleanno e ci tenevo davvero a postare questa prima parte oggi. Perché, per aver creato un personaggio così straordinario come Sherlock Holmes, un piccolo tributo ogni tanto ci vuole.
Spero solo non si rivolti nella tomba troppo a lungo. Quindi, ricordo che i personaggi non sono miei ma di Sir Doyle, e questa rivisitazione in chiave moderna appartiene a Moffiss (e i personaggi di Criminal Mind ai rispettivi creatori, ovviamente) *prega verso nord* vi auguro una buona lettura e ci si sente presto, aspetto i pomodori u_u



Jess
   
 
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