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Autore: margheritanikolaevna    22/05/2012    5 recensioni
Questa fic è stata scritta per il contest "Una fiaba anche per te" indetto da Alex J su efp. Quindi stavolta Neal, i suoi amici e i suoi nemici si muoveranno tra re, regine, principi, principesse da salvare, matrigne cattive, streghe, spiriti aiutanti, etc...Ma non temete, sono sempre loro e, anzi, sono certa che riconoscerete le somiglianze tra la favola e la "realtà" della serie tv.
La storia si è classificata al terzo posto e si è aggiudicata il premio speciale per la migliore fanfiction
Terza classificata al contest "Amore è..." indetto sa Yuma92 su efp.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  Capitolo quinto
 

 
Neal cavalcava da ore quando si accorse che il suo destriero era esausto e smontò, proseguendo a piedi per consentirgli di riposare almeno un po’; giunto nei pressi di un trivio, la sua attenzione fu attirata dalle grida rabbiose di un uomo, un cencioso mendicante, che tentava di difendersi dagli scherzi crudeli con cui una banda di ragazzacci lo tormentava.
A Neal ripugnava qualsiasi forma di sopraffazione di una persona debole e in difficoltà così, nonostante fosse divorato dall’ansia arrivare troppo tardi, decise di fermarsi e scacciare quei petulanti ragazzini: per fortuna non ci volle un grande sforzo e anzi fu sufficiente a vista del giovane cavaliere e della spada che portava alla cintola per disperdere la fastidiosa marmaglia. Quando tese la mano per aiutare l’uomo, che era stato spinto nel fango della via, a rialzarsi e lo tirò su si accorse che era meno anziano di quanto gli fosse inizialmente sembrato: le sue vesti lacere e sporche rivelavano un fisico muscoloso e allenato e il viso, sebbene ricoperto di sudiciume, richiamò subito nel giovane una sensazione di familiarità niente affatto piacevole.
Quel volto dalla pelle rovinata, quegli occhi tempestosi li aveva visti solo per pochi minuti dieci anni prima, eppure li aveva riconosciuti al primo sguardo: proprio così, quello era Garrett Fowler, colui che anni prima l’aveva rapito e aveva tentato di assassinarlo vilmente! Snudare la spada e puntarla alla gola dell’uomo fu un istante; il cavaliere decaduto però non indietreggiò né altrimenti si mosse, sostenendo il suo sguardo furioso.
“Uccidimi, ragazzo…” disse anzi con voce appena tremante “La mia vita è finita molti anni addietro, quando la regina Althaea, adirata per il mio fallimento con te, mi privò di tutti i miei beni e titoli, relegandomi fino a pochi mesi fa in una buia e immonda segreta; sono riuscito a evadere, ma ormai non sono che un povero vecchio cencioso da schernire… Avanti, fallo, dimostra il tuo coraggio!”.
Neal stese il braccio preparandosi a decapitare di netto l’avversario, quando d’improvviso udì risuonare alle sue spalle una voce nota e amata: senza essere visto, era giunto e si era materializzato Moz, lo spiritello dell’aria. Egli parlò brevemente e come al solito le sue parole furono piene di pietosa saggezza: non ce ne vollero molte, tuttavia, perché il giovane principe desistesse dai suoi propositi…forse avrebbe comunque fermato la sua mano anche senza l’intervento del soprannaturale protettore.
Neal salutò lo spirito con un sorriso e risalì a cavallo, scuotendo le briglie per farlo muovere, quando Fowler lo bloccò parandoglisi davanti: aveva capito che il ragazzo intendeva rivendicare il trono e gli propose di aiutarlo, ringraziandolo in tal modo per avergli risparmiato la vita. Odiava la regina - gli disse - come e forse anche più di lui! Al giovane principe avrebbe fatto comodo un aiuto, ma l’idea di allearsi con quell’uomo gli faceva orrore e quindi rifiutò l’offerta, riprendendo subito il suo viaggio.
Giunse dinanzi al castello di Green Ivy che era ormai tarda sera e subito si accorse che in ogni luogo fervevano i preparativi per le nozze dell’indomani mattina: le cucine, sature di profumi irresistibili di cibi succulenti, traboccavano di servi indaffarati e dietro le finestre del piano nobile, tutte illuminate, s’indovinavano stuoli di cameriere intente a lucidare l’argenteria, spolverare tappeti e lustrare pavimenti.
E Kate, la sua Kate, dov’era in quel momento? Cosa stava facendo? Non aveva dubitato nemmeno per un istante del suo amore e in quel momento gli si stringeva il cuore al pensiero di ciò che la ragazza poteva stare provando, senza sapere che lui era lì per salvarla da un destino odioso.
Neal comprese che era il caso di fermarsi a riposare: il destriero era sfinito e lui stesso si sentiva esausto per la lunga cavalcata. Ma dove avrebbe potuto trovare ricovero senza correre il rischio di essere riconosciuto? Aveva infatti validi motivi per temere che la regina Althaea potesse scoprire del suo ritorno e cercare di farlo tacere per sempre; non aveva nemmeno terminato di formulare quel pensiero che per la seconda volta in quel giorno avvertì accanto la presenza del suo amico fatto di aria e vento.
Liberato il cavallo, l’astuto Moz impiegò le sue arti magiche per creare un travestimento che avrebbe protetto il suo amico: con barba e baffi canuti e abiti dimessi, nessuno avrebbe infatti riconosciuto il bel giovane dagli occhi sfrontati nel povero vecchio curvo che adesso bussava alla porta del palazzo che l’abile spirito gli aveva indicato, assecondando un piano che solo lui conosceva.
Si trattava della dimora di Peter Burke e di sua moglie Elizabeth: erano persone gentili e generose e non avrebbero mai violato le sacre leggi dell’ospitalità rifiutando alloggio a un povero, esausto vecchio. Infatti, lo fecero accomodare accanto al caminetto affinché si riscaldasse e fu la stessa Elizabeth a porgergli una tazza di minestra fumante. Quando gli si avvicinò e i suoi occhi incrociarono per un istante quelli del principe, invero, la ragazza ebbe un sussulto; emise un gemito soffocato e impallidì tanto che, se la stanza non fosse stata in penombra e rischiarata solo dalle fiamme del camino, il marito avrebbe certamente notato il suo improvviso turbamento. Non ne fu subito sicura, ma bastò una seconda occhiata perché la fanciulla indovinasse sotto il travestimento i lineamenti che l’amica le aveva descritto con tanta amorosa attenzione.
 
***
Di solito Peter Burke dormiva come un sasso, ragion per cui fu veramente sorpreso quando all’alba si svegliò di soprassalto con una strana sensazione alla bocca dello stomaco; ancora semiaddormentato, pensò confusamente che forse a cena aveva esagerato con l’arrosto di cinghiale, salvo poi rendersi conto dopo un istante che sua moglie non era a letto accanto a lui. E questo era altrettanto strano.
Il capitano delle guardie era un uomo razionale, rigoroso e al tempo stesso profondamente innamorato della moglie, per cui all’inizio il sospetto di un possibile tradimento non lo sfiorò nemmeno; tuttavia, non riusciva a dormire se Elizabeth non era vicino a lui e quindi si alzò per andare a cercarla.
La grande casa era deserta e silenziosa, ma la sua attenzione fu attirata da una fioca luce che filtrava dalla fessura sotto la porta dell’ingresso: l’uscio era socchiuso e lui, in preda a un’inquietudine sempre più intensa che non riusciva a spiegare razionalmente, non seppe resistere alla tentazione di avvicinarsi e gettare lo sguardo all’interno della stanza. Non immaginava ciò che avrebbe visto, però la presenza di un estraneo sotto al suo tetto - per quanto vecchio e malmesso -  aveva finito con l’allarmarlo.
Il comandante guardò e fece un passo indietro, come se lo avessero colpito: vide lei, sua moglie, col vecchio… Non più vecchio e curvo ma diritto, elegante, che teneva in mano la parrucca di capelli bianchi che gli aveva aperto l’accesso alla loro profanata magione! Vide Elizabeth ascoltarlo mentre egli chinava la testa per sussurrarle qualcosa all’orecchio e aggiustare con le sue mani - le stesse che lui adorava - quella menzogna sulla testa di lui, piegando la testa di lato con un sorriso mentre lo faceva; infine, la vide accompagnarlo fuori nel chiarore spettrale dell’alba.
In un primo momento Peter strinse il pugno robusto come se volesse con quello abbattere una belva feroce, poi si guardò intorno in cerca di un’arma: prese la spada che aveva appoggiato come ogni sera sulla panoplia nell’ingresso e iniziò a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Era fuori di sé: fu all’improvviso attraversato dall’idea che passare a fil di lama non solo la moglie traditrice ma anche il suo vile amante fosse non solo una cosa giusta, ma addirittura l’unica da fare. Quel pensiero si dilatò nella sua mente fino a divenire un demone mostruoso che prese completamente possesso di lui, scacciando tutte le altre, più miti, considerazioni che fino a poco prima albergavano nella sua mente sconvolta. 
Udì un rumore di passi presso la soglia: Elizabeth stava rientrando in casa dopo avere congedato il suo amante… strinse le dita convulsamente intorno all’elsa della spada e attese.
In quell’istante, il fuoco morente del camino illuminò tutta la stanza con uno sprazzo improvviso, come suscitato da un vento impetuoso: il tempo arrestò il suo scorrere consueto e l’aria si riempì di mormorii e scintillii.
Peter sgranò gli occhi, incredulo, mentre in ogni angolo risuonava una voce incorporea che pronunciava parole dolci come un balsamo per il suo cuore piagato: “Questa è una casa felice, lo è stata ogni giorno per tanti anni” diceva la voce da sotto il tavolo da pranzo. “Lei ti ama sopra ogni cosa, non puoi dimenticarlo” rispondeva la stessa voce proveniente da dietro le tende della finestra. “Questo focolare, se non fosse stato per lei, altro non sarebbe che un ammasso di pietre bruciacchiate e cenere e non già il cuore pulsante e festoso della tua vita!” aggiungeva qualcuno invisibile, nascosto tra i mattoni del camino. Era un sussurro, un mormorio come di brezza, eppure infinitamente chiaro e deciso.
“Ogni cosa in questa dimora parla di lei e del suo amore per te” proseguì il mormorio celeste “E tu devi ascoltare, perché questa è la verità”.
Al soldato sfuggì un gemito, lasciò scivolare per terra la spada e cadde seduto su una panca con la testa tra le mani; in quell’istante, lo spirito dell’aria disparve, il tempo riprese il suo corso ordinario ed Elizabeth Burke mise piede in casa.  
 
EPILOGO
 
Poche ore dopo il provvidenziale incontro tra Peter Burke e Moz lo spiritello, il palazzo di Green Ivy  si preparava a celebrare l’evento del secolo: il matrimonio tra la bella principessa Kate Moreau e il nobile principe Matthew Keller.
In verità, raramente fu dato di vedere una sposa più affranta e disperata la mattina delle sue nozze di quanto non fosse la dolce Kate. Nonostante il giorno precedente Elizabeth avesse cercato in ogni modo di consolarla, ella aveva preso la sua decisione: preferendo morire anziché vivere senza il suo amore, aveva deciso irrevocabilmente che la sua prima notte di nozze sarebbe anche stata l’ultima che avrebbe trascorso sulla terra. Veleno, pugnale o altro non importava; avrebbe trovato comunque il modo di farla finita.
Avanzò nell’ampia sala riccamente addobbata tra due ali di dignitari eleganti e festosi, provenienti da tutti i regni vicini: al suo passaggio dalla folla assiepata si levò un mormorio di ammirazione, perché la principessa era meravigliosamente bella anche con la morte nel cuore. Presso il trono, guardò per la prima volta in faccia colui che stava per diventare suo marito: il pensiero che lui avrebbe stretto tra le braccia solo il suo freddo cadavere la rincuorò e le rese quasi sopportabile il supplizio della cerimonia.
Mancavano pochi istanti al momento nel quale il celebrante avrebbe pronunciato le solenni formule rituali che li avrebbero legati e nessuno, tra la folla che gremiva la sala, fece caso al fatto che Elizabeth Burke sgusciasse da vicino al marito per sparire sul fondo della grande stanza. Non vista, aprì la porta e fece entrare un uomo che, avanzando dritto e atletico nonostante i capelli bianchi, attraversò la sala facendosi largo rudemente tra gli ospiti. Giunto innanzi al trono, la sua strada fu sbarrata dal capitano Burke, che fronteggiandolo con la spada sguainata gli impedì di proseguire.
I presenti indietreggiarono in un mormorio di spavento e confusione, mentre Elizabeth corse verso il marito e gli afferrò il braccio, fermando il colpo che l’uomo stava per infliggere a colui che riteneva un nemico.
“Fermati, non farlo! Lui è Neal, è l’uomo che ha salvato Kate” gridò a Peter, guardandolo fisso negli occhi “L’ho riconosciuto ieri sera e l’ho aiutato a entrare qui perché so che lei lo ama e che lui è venuto qui per impedirle di sposare un altro!”.
Quelle parole tolsero in un istante il peso che da alcune ore gravava sul cuore del povero capitano, il quale senza dire nulla abbassò la spada e lasciò avanzare il giovane.
Tutto avvenne in pochi, convulsi, momenti: Neal si liberò con un gesto della parrucca e del mantello e gridò forte il suo nome, il suo cognome e il suo titolo, mentre la gente ammutoliva per lo stupore, Kate Moreau si lasciava cadere semisvenuta per terra e il re Robert a gran voce chiedeva all’attonita Althaea e a suo figlio spiegazioni per quell’evento increscioso che rischiava di mandare a monte i suoi piani.
La sovrana fu la prima a riprendersi, attraversò la sala e si pose davanti al ragazzo con le mani sui fianchi e negli occhi uno sguardo di aperta sfida; Matthew la raggiunse e con aria sprezzante accusò il giovane di essere un millantatore, un pazzo, un traditore.  
“Dici di essere lo scomparso principe Neal” esclamò, arrogante “Ma quali prove puoi portare? Noi sappiamo solo che il mio fratellastro è sparito da anni, nessuno ne ha più avuto notizie. Per quanto ci riguarda potrebbe essere morto e tu un impostore…”.
“L’unico impostore qui sei tu!” ruggì Neal che, tuttavia, si rendeva conto della debolezza della propria posizione: solo, in mezzo ai suoi nemici, come aveva potuto sperare di cavarsela?
“Avanti” insistette Matthew “Dicci, che prove hai?”.
Ciò che non si aspettava di vedere fu la folla fendersi in due per il passaggio di un uomo alto e vestito miseramente: si fermò di fronte alla regina Althaea e tirò fuori dalla blusa macchiata un foglio di carta tutto spiegazzato ma ancora ben leggibile, sul quale spiccavano chiaramente i colori del sigillo dei Keller. La sovrana impallidì all’improvviso, riconoscendo sia il viso dell’uomo che il suo scritto, vergato anni prima.
“Mi chiamo Garrett Fowler” esclamò quello, mostrando il pezzo di carta a chi gli era vicino affinché constatasse che ciò che diceva era la verità “Dieci anni orsono Althaea Keller mi ordinò di rapire e uccidere il principe Neal per impadronirsi del trono di Daffodil… io non riuscii nel mio compito e lei mi rinchiuse nelle sue oscure prigioni fino a che non sono riuscito a scappare. Il principe ha avuto la possibilità di vendicarsi di me e non lo ha fatto, risparmiandomi la vita: egli merita di essere re e governare con saggezza il nostro paese! Questo è il salvacondotto che mi diede la regina per consentirmi di lasciare il regno con il bambino senza avere problemi con le guardie di frontiera. Riconoscete il suo sigillo?”.
Adesso gli sguardi di riprovazione dei presenti si concentrarono sulla sovrana e sul figlio: mentre il ragazzo si guardava intorno senza sapere bene cosa fare, invece la madre, fuori di sé per la rabbia e la vergogna di vedere il suo diabolico piano smascherato davanti a tutti, istintivamente indietreggiò in direzione dell’ampia finestra che dava sulla piazza d’armi del castello.
Voleva solo mettere quanta più distanza poteva tra lei e i suoi nemici, ma non si avvide che una delle tende che ornavano la cornice della finestra, senza alcuna spiegazione naturale, si era d’improvviso sollevata, come sospinta da un vento che spirava solo in quell’angolo della sala.
Per Althaea Keller inciampare in quel lembo di tessuto fu inevitabile, come lo fu perdere l’equilibrio e cadere all’indietro nel vuoto, sfracellandosi al suolo tra le urla di terrore dei presenti.
 
***
 
E fu così che i regni di Daffodil e Green Ivy vissero la loro giornata più memorabile e intrecciarono i loro destini per l’eternità.
Il principe Neal, riconosciuto come legittimo sovrano, riprese il posto che gli era stato sottratto e che invece gli spettava di diritto; l’usurpatore Matthew ammise le sue colpe e, atteso che il re gli fece grazia della vita, fu condannato all’esilio perpetuo; Fowler fu perdonato e rientrò in possesso dei suoi beni, mentre il re Robert Moreau non vide naufragare le sue mire di potere perché non si sarebbe potuta immaginare una coppia di sposi altrettanto radiosa e felice del principe Neal e della principessa Kate. 
Quel giorno fu dichiarato festa nazionale, furono organizzati grandiosi banchetti e tornei per divertire i sudditi; tutti mangiarono, bevvero, ballarono e si divertirono a sazietà e quando furono soddisfatti…ricominciarono da capo.
 
FINE
 
 
Note: come avrete notato, dovendo scrivere una fiaba ho cercato di giocare con i luoghi comuni delle fiabe ma utilizzando i personaggi della serie tv nel tentativo di rispettarne i caratteri e anche la storia personale: infatti, anche qui Neal è un truffatore e Peter più o meno un poliziotto, Matthew è prima amico e poi rivale di Neal, Adler è il suo mentore, Moz suo amico e aiutante, Kate la donna che ama, Elizabeth colei che da subito si fida di lui e lo aiuta, Fowler prima un suo nemico - che Neal vorrebbe, ma alla fine non riesce a uccidere - e poi in qualche modo un suo alleato, etc...
 

  
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