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Autore: Papillon_    01/06/2012    9 recensioni
Mary, una ragazza semplice, determinata e bellissima arriva alla Cross Accademy. E qui conosce Zero, il ragazzo misterioso, quello da cui tutti stanno alla larga. Quello di cui tutti hanno paura.
Tranne lei.
I due sembrano destinati ad avvicinarsi sempre di più; uniti per cercare l'unica verità che Mary sta cercando.
Ma che ne sarà di Yuuki?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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 Capitolo 1
Life and Death
Mary
 
Urlai.
Mi ritrovai in una pozza di sudore, ansante e poco convinta di avere tutte le rotelle a posto nel mio cervellino. Sentivo ancora il rumore di quella pistola, e il calore di qullo sguardo omicida.
Ero terrorizzata.
E sì che, fino a prova contraria, non ero una che si spaventava facile, anzi, spesso ero io ad allontanare gli altri da me; forse a causa del mio carattere forte e indipendente, forse, per i miei impenetrabili occhi di ghiaccio che nessuno riusciva a fissare per più di qualche istante.
Quei due occhi viola ci erano riusciti. Mi avevano...scavata dentro.
-Mary! - chiamò mia madre dal piano di sotto.
Guardai la sveglia e notai che erano le dieci e mezza di un piacevole martedì di fine agosto. Sì, era ora di alzarsi, mamma aveva ragione.
-Arrivo! - biascicai con voce ancora impestata dal sonno.
Mi alzai in fretta e furia e andai alla finestra spalancandola. Nel farlo, entrò nella stanza una piacevole brezza fresca, tipica delle estati inglesi.
Respirando a pieni polmoni, diedi il benvenuto ad un nuovo giorno, che non sapevo ancora mi avrebbe cambiato la vita.
***
 
Pochi minuti dopo mi recai in bagno e mi specchiai. Risi al solo pensiero che qualche ora prima stavo sognando una mia possibile morte, due occhi stupendi e una paura palpabile. Cominciai a pettinare i miei lunghissimi capelli neri, che per adesso arrivavano sotto il seno, ma che sognavo fin da piccola di far arrivare ai fianchi.
Tutto sommato ero una ragazza semplice; non ero né troppo magra, ma nemmeno troppo in forma; ero giusta. Adoravo mangiare, e non ero una di quelle donne che si disperavano se prendevano qualche chilo, anzi, tendevo addirittura a gioire. Avevo labbra rosse e carnose, che, pur avendo diciassette anni suonati, non avevano baciato ancora nessuno.
Risi di nuovo, ma mi sforzai subito di tornare seria. Quello era un giorno importante, lo era davvero.
Dopo essermi infilata un paio di comodi Jeans blu e una maglietta bianca aderente, andai al piano di sotto e trovai mia madre in cucina, indaffarata come sempre nella difficile preparazione di quel pasto chiamato colazione.
-Buongiorno, tesoro. Dormito bene? - mi chiese lei, senza voltarsi, continuando a lavorare.
-Sì, mamma, ho dormito bene - risposi, tralasciando il piccolo particolare del sogno. Mia madre era una donna apprensiva, che ingigantiva sempre tutto, e io non volevo farla preoccupare. Soprattutto in quanto, comunque, era sola.
Sì, mio padre non c'era più da ormai undici lunghissimi anni, e quello sarebbe stato il giorno del suo cinquantunesimo compleanno. Il trenta agosto, una data fatidica che era marchiata nel mio cuore e in quello della mia dolce mamma.
Mi sedetti al solito posto e addentai un biscotto che presi a caso; mi accorsi solo dopo che in effetti, quello una volta era il preferito di papà. Coincidenza?
-Tesoro, oggi andiamo verso le quattro, lo sai, vero? - mi chiese mamma.
-Lo so, non ti preoccupare - le risposi io. Praticamente, da undici anni a questa parte, mamma ed io eravamo solite andare a trovare papà nel cimitero in cui era sepolto, a un bel po' di distanza da noi.
Ed io abitavo nella “tranquilla” periferia di Londra. Ci eravamo trasferite poco dopo la morte di mio padre, quando io avevo solo sei anni.
-Mamma, sai che però oggi dalle due alle tre ho il corso di Giapponese.
Lei si sedette al tavolo e cominciò a mangiare il suo brunch. -Certo, me le ricordo, tesoro. Appena torni andiamo, allora.
-Ci sarà anche Hannah, probabilmente.
Hannah era la mia migliore amica, l'unica creatura vivente in quell'enorme mondo che mi capiva e che mi sopportava. Eravamo cresciute insieme, io e lei: a sette anni, lei imparava a giocare con le bambole, io a cucinare e ad aiutare la mamma perché era completamente sola. Insieme, formavamo un bel trio agguerrito; visto che infatti i genitori di Hannah erano spesso via per lavoro, lei era quasi sempre da me.
-Va bene - annuì mia madre.
Ellie Lambert, così si chiamava la mia mamma pasticciona, che non ci sapeva fare con gli uomini, proprio come me, e che non sapeva cucinare di più che un uovo fritto. Quel sacrosanto uovo fritto che si mangiava tutte le mattine.
Secondo me era bellissima, con i suoi capelli biondi e ondulati alla perfezione, come se fosse appena uscita dal parrucchiere. Aveva occhi di velluto, la mia mamma: azzurri chiari, proprio come i miei.
L'ora di andare a Giapponese arrivò in fretta; prima di incamminarmi, salutai mamma con un lieve bacio sulla fronte e controllai che in casa fosse tutto a posto, per evitare danni.
Mi accorsi che lei mi guardava ancora dalla finestra, quando Hannah arrivò con la sua bici davanti al mio garage.
-Tua madre non è ancora convinta sul Giapponese, vero Mary? - mi chiese con un sorriso enorme.
Era quello che mi piaceva di lei, sorrideva sempre. Mi rallegrava molto, e mi bastava.
-Non riesce a capire perché proprio quella lingua - ammisi.
-Beh, non l'ho mai capito neanche io. Insomma, con tutte le lingue di questo mondo, tesoro, proprio il Giapponese vai a tirare fuori?
-Dai, lo sai che mi piace - dissi con voce gentile ingranando con la bici. I miei genitori erano originari del Giappone. Io e la mamma lo avevamo lasciato solo per l'incidente di papà, ma in cuor mio sapevo che lei era ancora molto legata alle sue origini orientali.
-Ah, sì, Hannah, posso chiederti una cosa? - domandai mentre parcheggiavamo la bici davanti alla casetta della signora che ci dava le lezioni.
-Dimmi.
-Dopo la lezione io e mamma andiamo a trovare papà. Oggi avrebbe compiuto gli anni.
Il viso di Hannah si addolcì un pochino.
-Speravo potessi venire con noi, visto che solitamente dopo i corsi vieni a casa nostra.
-Certo che vengo, tesoro, non domandarlo neanche.
In quel momento, la porta della casetta si aprì, e ci accolse una signora bassotta dall'aria severa.
 
In realtà, quella piccola signora, non era altri che la signora Miura, che insisteva per farsi chiamare da noi “obaasan”, cioè nonna in Giapponese, un nome che personalmente amavo tantissimo.
-Benvenute, Mary e Hannah, vi stavo aspettando. - disse allegramente la donna, facendoci entrare nella sua bellissima e accogliente casa.
Cominciammo subito a metterci all'opera, e la lezione, almeno per me, volò. Alle tre, il Big Ben si ribellò e ci fece notare che, ormai, il tempo era scaduto.
-Hannah, Mary, complimenti per oggi. State migliorando molto, davvero.
Io e la mia migliore amica ci scambiammo un'occhiata d'intesa, per poi alzarci all'unisono dalla sedia. Ci incamminammo come il nostro solito verso l'uscita.
-Aspettate, care. Ho un favore chiedervi. Hannah, potresti andare in cantina a prendere le casse d'acqua? Io ormai sono vecchia, non riesco più a farlo.
Nel dire quelle parole, la signora Miura sorrideva come per scusarsi.
-Certo, obaasan. Vieni con me, Mary?
-Se non ti dispiace, cara, Mary dovrebbe aiutarmi a fare un'altra cosa.
E senza aggiungere altro, io seguii la signora Miura e Hannah scomparse in cantina.
-Va tutto bene, obaasan? - chiesi perplessa, mentre l'anziana mi portava in camera da lei. Non ci ero mai stata prima.
-No, mi chiedevo soltanto perché una brava come te venga fare lezioni da me...insomma, sei quasi più brava di tua madre che in Giappone ci ha vissuto il doppio dei tuoi anni!
Risi di gusto, pensando che quelle parole, Hannah e mia madre, me le avevano ripetute cento volte.
-Ma io mi trovo bene, da lei, signora Miura. Davvero.
-Se lo dici tu, piccola. Ora però basta con gli scherzi.
Obaasan si fece improvvisamente seria.
-Mary, io ho qualcosa che ti appartiene da sempre. Ho solo aspettato il momento giusto per consegnartela, e...penso sia arrivato.
Ero ancora più in dubbio di prima.
La donna tirò fuori da un cassettino un collana semplice di pelle nera; ma poi, da uno scrigno color porpora estremamente prezioso, estrasse con con delicatezza un ciondolo molto particolare, che apparentemente sembrava di metallo. Aveva mani rugose, la signora Miura, mani che sapevano di vita vissuta e di amore per i libri e la sapienza.
-Mary, cosa vedi? chiese la donna mentre infilava il ciondolo nella collana e me la mostrava.
-E'... un simbolo? Vedo due croci greche sovrapposte tra di loro, e in quella di sopra ci sono quattro pugnali...e al centro della figura c'è un quadrato.*
Nel dirlo, mi sentii molto stupida. Ma poi, osservando gli occhi della “mia” obaasan, rapiti dai miei, mi calmai subito. Era così bella per avere sessant'anni, da farmi provare un' invidia pazzesca. Sarei stata come lei, alla sua età?
Fu lei a distogliere lo sguardo, come facevano sempre tutti.
-Questo è il simbolo dei cacciatori, detti “Hunters”, tesoro.
Rimasi a fissarla a bocca aperta, incredula di aver appena udito qualcosa che non stava né in cielo, né in terra.
Di nuovo mi fissò, e i suoi occhi, normalmente di un colore ambrato, si fecero spenti, senza identità. Come gli occhi di una persona morta. La voce di quella donna poi uscì, come se provenisse da un altro mondo.
-La croce è il simbolo della vita, Mary. Rappresenta la venerazione del sole. Ma, in ogni caso, è anche il simbolo della morte. Infatti, un tempo, la croce era uno strumento di tortura...
La donna mi toccò la spalla, e io rabbrividii.
-Per te è giunta l'ora di scegliere, Mary. E scegliere chi essere è difficile quanto vivere e morire. Esatto, vivere e morire: se non sceglierai, sarai costretta ad rinunciare alla tua vita.
Stavo per avere un infarto, lì, con quella dolce vecchina che mi stava facendo dei malocchi o che so io; fui più di una volta sul punto di urlare, quando obaasan, finalmente, tornò in sé.
-Non perderlo mai - ordinò mettendomi tra le mani il talismano.
Non appena lo misi al collo, emanò una luce pallida, ma io, stranamente, mi sentii calda. Protetta.
-Obaasan, chi sono gli Hunters? - chiesi, ansante ed eccitata dal calore della collana.
-Ma Dio mio, eccovi! Obaasan, ho sistemato le casse d'acqua. Tesoro, se non ci muoviamo, non oso pensare cosa farà tua madre.
Con i discorsi della signore Miura, mi ero completamente dimenticata di mamma e della visita al cimitero.
-Oddio, andiamo, subito! - dissi prendendo la mia amica per il polso.
-A presto, obaasan! - urlai in qualche modo.
-Non dimenticare quello che ti ho detto - disse qualcuno nella mia testa, che assomigliava in maniera spaventosa alla signora Miura.
Dio mio, Dio mio.
Stavo seriamente diventando pazza.
 
Zero
 
Era sempre stato tutto così maledettamente semplice, fin dal primo istante. Eppure mi ero sempre rifiutato di ammetterlo a me stesso, accorgendomi che, in ogni caso, tutto rimane invariato, tutto può cambiare. Sempre.
Dio, piccola, sì, divorami... fallo. Ti prego.
Yuuki mi stava mordendo. Il gesto, in sé, poteva sembrare gelido e distaccato; ma non era vero. Ci stavamo fondendo, per la prima volta, io ero letteralmente lei.
La sentivo succhiare e mi piaceva, Dio se mi piaceva. Mi faceva impazzire. Io suoi piccoli gemiti mi facevano sentire uomo. Ero io, ero Zero? Non lo sapevo più. In quel momento c'era solo Yuuki, davvero, c'era solo lei.
Maledizione, sono quattro anni che ci sei solo tu, piccola.
Ci fu un attimo, solo un attimo, dove fui sul punto di cedere e lasciare che lei vagasse nei miei ricordi e nel mio cuore. Ma, visto che fino a prova contraria non ero masochista, la staccai da me.
-Basta, Yuuki, smettila di guardare dentro il mio cuore.
Mi specchiai nei suoi occhi infiniti, e desiderai prenderne un pezzetto. Vedevo in lei un'ombra di dubbio e imbarazzo. Che c'è, Yuuki, i miei sentimenti per te ti spaventano?
-Scusami, Zero.
E io mi sentii assalire da un mostro interno, al quale non avrei saputo dare su due piedi un nome di preciso. Mostro che repressi all'istante.
Che la trattassi con freddezza o no, Yuuki era sempre in grado di smascherarmi. Che la provocassi con il mio sangue o meno, rimaneva la bambina che mi chiedeva assiduamente di non abbandonarla. Avevamo sempre avuto bisogno l'uno dell'altra, ma a volte le parole buttate lì per caso distruggono ogni cosa. Proprio come quando ti scivola un bicchiere di vetro dalle mani: si frantuma in mille pezzi, come fai a raccoglierli tutti?
La mia minaccia di morte che non ti aveva fatta arrabbiare, no, ti aveva fatta piangere, quella volta, quando eravamo sul punto di spezzare ogni legame esistente e di crearne uno tutto nostro, fatto di semplicità e verità. Di speranza. In quel momento, vedendola andare via correndo, mi venne in mente il nostro bacio.
Il mio fottutissimo tentativo di allontanarti da lui.
Mi diressi verso la scuola, con passo lento ma deciso.
Dio, Yuuki, sempre nei pensieri, sei.
.
.
.
Posso immaginare la vostra faccia mentre leggete questo capitolo. ---> *Non capisco una mazza O.o*
Allora, intanto vorrei dire che questa cosina è interamente dedicata a una persona che l'ha vista nascere e crescere. Sai che sto parlando di te, vero, Anna? Aspetto con ansia che tu venga a vedere il nostro lavoretto finito.
Come potete ben notare la narrazione parte dal capitolo 74, nel quale Yuuki, per la prima volta, morde Zero. Come sapete tutti sono una Zerina, e non posso fare a meno di pensare che quel momento sia uno dei più belli che la Hino ci abbia donato.
Ecco può bastare, al resto ci penseranno gli altri capitoli.
Che aggiungere, se non che non vedevo l'ora di tornare a pubblicare? Mi mancava tanto, ragazze. E questa è la mia prima long, per cui vi aspetto in molti, ho bisogno del vostro sostegno!
Un bacio,
Vostra
Je
   
 
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