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Autore: Justanotherpsycho    06/06/2012    4 recensioni
Può l'orgoglio di un Dio e la sua sete di gloria e potere aizzarlo contro suo Padre? Verrà l'Olimpo scosso dall'ultima e più grande delle Tre Guerre Divine, quella mai narrata?
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ma che…?» fa il Dio nuovamente stupito, mentre il vecchio accenna un ghigno.
«Pensavi che questo ti avrebbe salvato, inutile vecchio?» Ares, seccato, estrae la daga e velocemente trafigge nuovamente il corpo dell’oracolo. Questo, con le ultime energie bisbiglia:
«Pensavi che sarebbe stato tutto così facile?»
Proprio allora numerosi ululati fanno da eco al barbaro, provenienti dall’esterno della capanna, e sembrano esserle tutt’intorno.
Ares, sorpreso, estrae la lama dall'addome e il vecchio crolla al suolo morendo col ghigno immortalato sulla faccia.
I tre immortali si precipitano fuori dalla tenda dove i soldati, alquanto scossi, si guardano intorno bisbigliando. Altri ululati rimbombano nella coltre di nebbia e neve che circonda e riempie il villaggio, resa più rada dalle fiamme che ancora non accennano a spegnersi, anzi hanno quasi stretto lo spiazzo in cui si trova ora l’esercito in una morsa di fuoco.
Gli ululati si susseguono l’uno dopo l’altro e sembrano sempre più vicini, più forti, più terrificanti…
«Scappiamo o moriremo tutti!» urla un soldato istericamente mentre lascia la sua postazione e scappa con quanto fiato ha in corpo abbandonando armi e armature.
Ares, in un batter d’occhio, afferra una lancia da un soldato e gliela scaglia contro, conficcandola proprio in mezzo alla schiena, e il disertore cade sul terriccio impregnato già di sangue oltre che neve sciolta:
«No! Nessuno si muova! Preferite l’ira di qualche bestia selvaggia o quella di un Dio!?»
Subito dopo le belve tacciono. E il silenzio pare ora ancora più assordante di quegli ululati. Le si avverte: sono lì vicino, oltre quella cortina di fiamme. Forse il fuoco le spaventerà o almeno le tratterrà dall’attaccare… Quand'ecco che all’improvviso un ammasso di peli salta fuori dalle fiamme come se queste nemmeno lo sfiorassero, e si avventa su un soldato: non sono semplici bestie! Sebbene abbiano sembianze di lupi, camminano su due zampe e sono addirittura armati e ricoperti da un’armatura!
Subito ne spuntano altri che attraversano il fuoco come niente fosse. Presto l’intero contingente si ritrova circondato e attaccato da tutti i lati. Gli uomini-lupo attaccano seppur con le armi ancora in modo feroce e animalesco, non disdegnando, quando non possono menar fendenti, di prendersi qualche boccone di carne fresca da collo e arti del nemico.
Ma Ares e gli Spiriti della Battaglia non si fanno impressionare e si gettano all’attacco.
La tecnica guerriera del Dio, non scalfita dal terrore come invece quella dei suoi soldati, riesce facilmente a sopraffare lo stile animalesco dei mostri. Questi comunque continuano a sbucare dalle fiamme e Ares e i Makhai sembrano essere gli unici in grado di eliminarli poiché lentamente i soldati vengono decimati e orribilmente sfigurati o mutilati dai mostri che sembrano uccidere per nutrirsi proprio come dei lupi.
L’impressionante miscuglio di tonfi metallici allo scontro di due lame, di urla da battaglia dei soldati, di latrati e versi bestiali, di carni lacerate e spolpate, di fiamme vive tutt’intorno faceva rabbrividire il sangue nelle vene persino al Dio che di battaglie sanguinose ne aveva viste a centinaia.
Para un fendente alto con la daga, un calcio nel ventre della bestia per liberarsi la lama e poi un colpo per tagliargli la testa. Un altro mostro crolla ai piedi di Ares, boccheggiando egli si asciuga il sudore misto a sangue che gli imbratta il volto. Alza lentamente lo sguardo incuriosito dal rallentare dell’azione e scopre che sono rimasti solo lui e i Makhai a contrastare gli uomini-lupo, che li hanno completamente circondati e ora lentamente li stringono analizzandoli e cercando la strategia migliore per cenare con carne divina.
Un moto d’orgoglio aizza le fiamme dell’ira nel ventre di Ares che erompe in un fragoroso:
«Per l’Olimpo!!!»
Le urla dei commilitoni accompagnano la carica che si apre e si espande come un muro contro i nemici, che non solo li hanno circondati ma sono in numero nettamente maggiore.
Molto dopo, quando le fiamme si stanno ormai dissipando e un tiepido sole fa debolmente capolino dietro le foreste innevate e i fianchi delle montagne, Ares sta estraendo la lama dall’ultimo corpo caldo.
«Beh, alla fine ce l’abbiamo fatta: è una vittoria per l’Olimpo!» esclama soddisfatto Kydoimòs, seduto sopra una pila di cadaveri pelosi, alcuni dei quali fumanti e orribilmente mutilati.
«Tu dici?» fa Ares con aria misteriosa.
Più tardi Ares si trova sull’Olimpo, ma sulla soglia della cittadella divina lo aspetta il fratello Apollo, con la sua armatura dorata e splendente come il sole e le sue solite vesti pompose che si addicono al Dio della musica, delle arti, della medicina e, non per ultimo, del cerchio solare.
Appoggiato con la schiena contro una delle colonne che sorreggono l’ingresso alla cittadella, il Dio sta evidentemente aspettando il fratello:
«Contento fratello? Hai sterminato un altro villaggio di innocenti barbari. Peccato che stavolta tu ci abbia rimesso tutti gli uomini! Nostro padre sarà furioso! Come farai a giustificargli l’accaduto? Cosa c’era di così importante in quel minuscolo villaggio sperduto sui monti barbari, da doverlo attaccare e saccheggiare con un contingente dei migliori uomini dell’Olimpo? Oro? Diamanti?»
«A quanto pare non erano i migliori, i miei spartani avrebbero saputo fare di meglio… Non ti preoccupare fratello, ho le mie ragioni. Lì ho trovato qualcosa di infinitamente migliore di qualche banale oggetto rituale in oro e brillanti. Ma questo non è affar tuo…»
«Non è affar mio? Da quando sei così geloso del tuo bottino?»
«Non c’è nessun bottino caro Apollo, niente che tu possa lucidare o riempire con del Nettare, solo una certezza…»
«Oh… non ti facevo così filosofo, Ares, forse stai finalmente maturando»
«Si, forse… forse è giunto il momento che io cambi, che compia il mio destino… A proposito… sai, per caso… se esiste qualche oracolo di Gea ancora in piedi?»
L’espressione del Musageta si fa d’un tratto sospettosa e scrutatrice: «Perché mi chiedi questo? Perché mai vorresti metterti in contatto con la vecchia Gea?... non credo, comunque…»
Ares, per niente soddisfatto della risposta, che comunque già immaginava, e accortosi di aver provocato la curiosità del fratello, abbandona la discussione prima che questi potesse indagare di più e prende la strada per il suo tempio, dove potersi lavare di dosso sangue e sudore.
  
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