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Autore: gm19961    12/06/2012    4 recensioni
"Ero rimasto spiazzato. Come avevo fatto a contenermi? Ancora non lo so. So solo che se non fosse stato per quel briciolo di autocontrollo che avevo accumulato in tutti quegli anni difficili, sarai balzato in piedi e l'avrei riabbracciata senza esitazione. Quella era davvero Maya Fey? Quella era la sua voce, l'avrei potuta riconoscere tra mille. Ma era davvero molto più raffinata e meno caotica del solito. Era cresciuta, evidentemente."
Spoiler su tutta la serie di AA e AJ.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Fey, Phoenix Wright, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 

“Allora Pearly? Come ti sembro?”
Chiesi facendo una piroetta di fronte allo specchio, mentre la mia cuginetta mi guardava con sue occhi entusiasti e tristi al medesimo istante. Mi prese le mani, e mi schioccò un bacio sulla guancia. “Sei bellissima, Mistica Maya...”
Lo ero davvero? Dovevo ammettere che quel vestito nero e attillato mi metteva un po' in ansia: non avevo mai portato simili abiti da …. tutta la vita, ed era più che logico che mi sentissi fuori luogo: sembravo davvero una persona completamente diversa. Con i capelli più corti e con questo abbigliamento, neanche Mia mi avrebbe riconosciuto. O magari, nemmeno Phoenix.
Stupida.
Perché pensavo a lui in momenti come quelli? Stavo per vivere la serata più bella della mia vita, con il mio ragazzo, Osaki, che finalmente mi avrebbe fatta diventare moglie, e perché no, anche madre... e mi mettevo a pensare a lui? Scossi la testa e mi inginocchiai su quegli stupidissimi trampoli che avevo ai piedi: avvicinai Pearly a me, era ancora bassina pur avendo la bellezza di sedici anni. I capelli le erano cresciuti drasticamente, e col tempo si erano schiariti ancor di più, tant'è che da lontano la sua chioma sembrava di una tonalità color grano che al solito color miele. Le sfregai le mani sulle spalle e la vidi distogliere lo sguardo, con gli occhi verso il basso, un gesto che non aveva perso il vizio di fare anche da piccolina. Mi disse se era davvero quello che desideravo, se fosse lui l'uomo giusto per me. Annuii ad entrambe le sue domande e la abbracciai forte a me. Phoenix Wright non faceva più parte della mia vita, e mai e poi mai, avrebbe potuto rovinarmi un momento tanto perfetto come quello a cui avevo aspirato negli ultimi due anni e mezzo. Osaki era un ragazzo fantastico, unico nel suo genere, direi. Ed era molto dolce, per me c'era sempre stato al contrario di qualcun'altro.
Stupida.
Ci ero ricascata ancora una volta. Cos'era quel nervosismo? Era l'imminente proposta a farmi sentire così incomprensibilmente frustrata e tesa? Oppure era il mio cuore che stava tentando l'unico e ultimo tentativo di farmi cambiare idea? Di tornare indietro, adesso che ero ancora in tempo... No, il mio cuore doveva solo tacere. Mi aveva sempre fatto sbagliare, ora era giusto seguire la strada: dritta, senza svolte. E ci sarei riuscita a dimenticarlo, volente o nolente. Abbracciai nuovamente mia cugina e afferrai la borsa, camminando con disinvoltura su quei tacchi che mi aveva regalato Mia dieci anni fa. Mi aveva detto che quelli avrebbero fatto un figurone se li avesse indossati nelle occasioni speciali. E quale occasione era più speciale di quella? 
Mi guardai ancora allo specchio e una mano si appoggio improvvisamente sulla mia spalla. Guardai nella superficie riflettente e vidi dietro di me... la mia sorellina. Pearl l'aveva davvero evocata?
“... Mia!” mi voltai di scatto e abbracciai la mia sorellina, sentendo le sue braccia fini stringermi forte a lei. Quanto mi era mancata, non capitava spesso che Pearly la evocasse. Però, forse Pearl aveva fatto un bene: parlare con lei di cosa sarebbe successo quella sera, mi metteva davvero in agitazione. Avevo bisogno di una bella calmata dalla mia sorellina. Le presi una mano e la feci accomodare sul suo vecchio futon, rimasto lì, inutilizzato da più di dieci anni: ma a cui, ogni giorno, venivano cambiate le lenzuola e veniva accuratamente conservato, sotto mia richiesta, il profumo di Mia.
“Maya. Ma guardati, sembri un'altra persona! E' il gran giorno oggi, vero?” 
Perspicace, come sempre. Mi dimenticavo spesso che lei era lì a tenermi d'occhio, ovunque andassi sentivo la sua anima al mio fianco. Senza di lei, che avrei fatto... “Sì. Sono un po' agitata...” risposi atona, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi color nocciola. 
“Non ne hai motivo. Però, c'è una cosa che dobbiamo chiarire.”
Mia mi guardò con quel suo sguardo da avvocato che, più di tutti, sapeva trapelare gli sguardi impauriti e bugiardi dei testimoni. Sapevo anche dove stesse andando a parare; dopotutto era mia sorella. Chi meglio di lei mi conosceva? Forse, l'unica cosa che mi dava fastidio è che si dovesse parlare ancora di lui: ne avevo davvero abbastanza. In quelle ventiquattro ore, avevo pensato a lui ogni minuto, ogni secondo. Mi sentivo uno schifo.
“Maya... sei ancora innamorata di Phoenix, vero? Ti rendi conto che in questo istante potresti usare una persona per dimenticartelo? Non è giusto.”
Persi le staffe, lì, su due piedi. Scossi la testa e mi portai una mano all'orecchio. Che nervoso. 
“Mi dici che dovrei fare?! Dovrei restare single a vita perché sto aspettando quello stupido che non si fa da sentire da sette anni e passa? No grazie, Mia. E io non sto usando, Osaki. Lo sai, gli voglio bene.” 
“Ed è questo il punto. Gli vuoi bene E BASTA.” Mia posò le sue candide mani sulle mie spalle scoperte e con gli occhi, improvvisamente diventati più dolci e calorosi, iniziò a parlarmi di come due persone non potessero sposarsi, se non provavano dell'amore. Mi fece venire tanti di quei dubbi, fin troppi, a dire al vero. Amavo davvero Osaki? O amavo Phoenix Wright?
“... Segui il tuo cuore, Maya. Tutto ciò che ha fatto, non è stata colpa dei sentimenti. E' stata colpa del destino. Ma se tu provi questo amore da dieci anni, perché non fai in modo di rincontrarlo? Non so cosa provi Phoenix per te, ma tentar non nuoce. L'unica che ci rimetterà, al contrario di quanto pensi, sarai tu. Non hai scampo.”
 
-
 
Forse Mia aveva ragione, forse stavo commettendo uno sbaglio. Ma era troppo tardi per i ripensamenti. Ero seduta di fronte al mio ragazzo, Osaki, che non smetteva un attimo di guardarmi con gli occhi fuori dalle orbite. Forse avrei dovuto indossare più spesso cose del genere! Eravamo in un ristorante giù in città, sulla via del Parco Pubblico, in parte a una raffica di ristoranti di varie nazioni: messicano, tailandese e perfino russo!
Ma evitavo spudoratamente quel posto, si diceva che lì dentro un tipo aveva una strana copertura e che si giocasse anche a poker! Io ero una frana a giocare a poker, e tra l'altro, quel giro di persone losche non mi piaceva affatto. Evitavo perfino di passarci, quando andavo a fare la spesa, in quella via desolata.
Scossi la testa e bevvi un sorso d'acqua, nervosa come non mai. Iniziai a parlare delle solite cose con Osaki, mentre sentii una strana presenza alle mie spalle. Non seppi esattamente cosa provai in quell'istante, l'unica cosa di cui ero certa era che la strana sensazione era vagamente famigliare, quasi come se l'avessi sentita quel giorno stesso.
Ma non ci fece più di tanto caso.
E ovviamente, sbagliai alla grande.
 
-
 
Non ricordavo esattamente il perché, ma quando si trattava di cibo Trucy diventava incomprensibilmente aggressiva. Per questo mi aveva obbligato, per evitare di mangiare i miei piatti terrificanti, di comprare qualcosa al ristorante vicino all'ufficio. Ci andavo lì ogni santo venerdì, e ormai i camerieri si erano abituati alla mia presenza, e ovviamente anche a mettere tutto sul conto. Più e più volte mi avevano chiesto di star lì a fare piano bar, a suonare: ma io mi ero gentilmente rifiutato. La gente mi avrebbe – di nuovo – pagato per non suonare.
M'incamminai velocemente verso il ristorante, con le mani in tasca, e con la paranoia di fare veloce: lasciare Trucy da sola mi lasciava completamente assorto dalle mie responsabilità di padre iper protettivo. Non era colpa mia, comunque. Trucy era una ragazza troppo bella e speciale, e se avessi solo scovato un qualsiasi ragazzo a farle del male, non avrei avuto neanche rimpianti di finire in galera per lei. Eppure non ero il tipo che veniva incitato alla violenza: anzi, era l'esatto contrario. Però, tante volte, la mia gelosia e il mio astio si alzavano troppo di fretta. Questi erano gli effetti collaterali del mio smisurato carattere ingenuo che trattenevo con le catene nel mio cuore; e ogni tanto usciva lo stesso allo scoperto.
Aprii la porta del ristorante e mi diressi in fretta e furia al bancone delle ordinazioni. Lì, un bellissimo cestino con dentro del cibo più che accettabile, mi guardava come per dire: mangiami, lo so che mi vuoi. Eccome se lo volevo.
Mentre attendevo impaziente di tornare a casa, mi guardai intorno nella sala per i clienti: tutte coppiette. Mi soffermai a guardare un po' tutte le ragazze della sala, e il mio sguardo cadde sulla ragazza sull'angolo, con i capelli mori a caschetto e l'abito nero attillato che la rendeva tremendamente affascinante. In realtà la vedevo solo di schiena, ma se il dietro era così, chissà il davanti! Sentii qualcuno picchiettarmi la spalla: era il cameriere.
“Ecco la tua ordinazione, Phoenixuccio. E a proposito, ho visto che guardavi la ragazza laggiù...”
“Uh? Ah, sì. Guardavo ma non toccavo!” sorrisi cupo e guardai la sua borsa, dalla quale fuoriusciva un cordoncino violaceo. Storsi le labbra e misi bene a fuoco quel piccolo dettaglio: da lì, comunque, era troppo difficile guardare. 
“Beh, ci mancherebbe! Sai, il ragazzo prima è venuto qua a dirci che stasera le chiederà di sposarla. E che si assenterà cinque minuti per andare a prendere l'anello, che ci ha chiesto di custodire gelosamente.”
“Matrimonio, eh?”
Afferrai il cestino della cena, e chiesi al cameriere di segnare ancora. La prossima volta avrei finalmente pagato il conto di quattro mesi e passa. Oppure no.
“Oh, guarda si è alzato! Sarà andato a prendere l'anello!” cinguettò il cameriere, con forse, fin troppo entusiasmo. Che avesse delle strane tendenze, lo avevo sospettato fin dal primo momento. Ora però, ne avevo avuto la più assoluta conferma. Sarà stato per quello che non mi aveva fatto pagare per tutto quel tempo?
Davo davvero quell'impressione?
La donna tirò fuori il cellulare: viola anche quello. Sorrisi in un primo istante, e poi la registrazione che avevo guardato la mattina mi portò finalmente alla realtà. Il cellulare di Maya... non era possibile. Ancora quella strana sensazione mi aveva contorto lo stomaco, e ora sentivo che non sarebbe passata così tanto facilmente. Lasciai la cena in mano al cameriere bruscamente, e gli chiesi un piccolo favore: quello di intrattenere lo spasimante per un po' di tempo. Non mi sarebbe più sfuggita.


Ciau :3 Ecco un nuovo capitoloh di questa idiotissima fan fiction. :3
Camerieri gay POWAH.
Phoenix sta iniziando ad essere tanto geloso, non perdetevelo nel prossimo episodio! ;D
baci,
gm19961
   
 
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