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Autore: Nonna Minerva    13/01/2007    18 recensioni
Dove si ripercorrono alcuni istanti degli ultimi due anni di Remus e Dora, e più avanti daremo anche una sbirciatina alla loro vita dopo queste vacanze di Natale che loro non dimenticheranno mai.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I’ll be home for Christmas

Uff… si direbbe che ce l’ho fatta...

Scusate se pubblico a quest’ora indegna, ma questo originariamente avrebbe dovuto essere il capitolo 4, ma poi ho pensato che forse era più semplice e più corretto pubblicare i capitoli in ordine cronologico e questa è la prima cosa che succede, la premessa della storia...

 

Bene, ora, se siete pronti ad iniziare questa seconda maratona, vi lascio leggere in pace...

 

Mi è venuta un po’ triste, ma vi prometto che il prossimo sarà più allegro.

 

Buona lettura!!

 

Nonna Minerva

 

 

I’ll be home for Christmas

(Missing Moments)

 

 

Ad Alektos, che non può betare, anche se sono certa vorrebbe...

e a Stateira, che è molto depressa...

 

 

1. La notte che cambiò due, anzi tre, vite.

 

 

Fin da bambina aveva sempre adorato la Vigilia di Natale.

L’atmosfera, i regali, la sua famiglia, la neve... soprattutto la neve.

Quando all’improvviso tutto si ricopriva di bianco ed il paesaggio fuori dalla finestra diventava irriconoscibile ed allo stesso tempo magico.

Passava giornate all’aperto a giocare con la neve, per poi tornare in casa tutta intorpidita e sedersi davanti ad un fuoco scoppiettante per scaldarsi, assaporando una dolce cioccolata calda.   

Che bei tempi erano.

Senza pensieri, preoccupazioni... nessuna maledetta guerra da combattere.

 

Questa non assomiglia per niente ad una Vigilia di Natale. Pensò amaramente Ninfadora. Dove sono le risate, i sorrisi, dove sono finite l’atmosfera,il vischio, e tutte le cose che fanno il Natale? Persino la neve si rifiuta di cadere quest’anno...

La ragazza guardò con tristezza fuori dalla finestra, per poi voltarsi verso la stanza, alla ricerca di un solo lontanissimo segno in quella casa che le indicasse che il giorno dopo era Natale.

Ma già sapeva che non avrebbe trovato niente di quello che cercava.

Nessuno aveva molta voglia di festeggiare.

Non si avevano notizie di Harry, Ron ed Hermione, partiti ormai da mesi alla ricerca degli Horcrux.

Voldemort era più forte che mai e la fine della guerra sembrava sempre più lontana.

Insicurezza, timore e preoccupazione regnavano dappertutto oramai.

Seguì con lo sguardo tutti gli occupanti della stanza. Meno della metà di quelli che erano una volta.

Molly aveva preparato la cena, ma aveva perso la sua solita allegria.

Era pallida e i suoi occhi erano stanchi per le notte insonni trascorse a preoccuparsi per i figli.

Arthur sedeva accanto a lei, altrettanto pallido, perso nei suoi pensieri.

Charlie parlava con Kingsley.

Minerva e Moody erano passati velocemente dopo cena dicendo che proprio non si potevano fermare.

Remus occupava una poltrona accanto al fuoco, totalmente concentrato nella lettura di un libro che aveva preso dalla libreria, un bicchiere di Whiskey Incendiario in mano.

La ragazza si soffermò ad osservarlo.

L’impassibile Remus.

 

Non aveva battuto ciglio quando il giorno prima aveva annunciato la sua intenzione di andarsene per un po’ e questo non aveva fatto altro che rafforzare la sua convinzione.

Nonostante avesse rinunciato da tempo all’idea di far tornare il mago sulle proprie decisioni, e all’apparenza potesse sembrare che i suoi sentimenti per lui fossero esattamente come Remus li aveva chiamati, un’infatuazione passeggera, lei continuava ad amarlo profondamente ed incondizionatamente.

Non poteva farne a meno.

Non si decide di chi innamorarsi.

Avevano raggiunto uno stato di convivenza civile, non sarebbero mai riusciti a ricostruire il legame di amicizia che li univa una volta, ma almeno ora riuscivano a stare nella stessa stanza senza che lui scappasse nel timore che lei continuasse la sua sfuriata, o che lei si sentisse a disagio per la sua presenza.

Probabilmente pensava che lei avesse realizzato quale immenso errore stava per compiere nel volersi legare a uno come lui ed ora fosse sì, preoccupata per la guerra e tutto il resto, ma comunque sollevata e serena per lo scampato pericolo.

Peccato che i suoi capelli raccontassero tutt’altra storia.

Ancora si rifiutavano di cambiare. Non volevano diventare verdi,  blu, o gialli, né tanto meno rosa.

Solo quel monotono castano spento.

Ma lui sembrava non farci caso.

Probabilmente si era solo immaginata che lui ricambiasse in qualche modo i suoi sentimenti.

Tutte quelle volte quando affermava che non potevano stare insieme, che lui  non provava niente, quando c’era quella scintilla, nei suoi occhi, che a lei sembrava dicesse proprio l’esatto contrario.

Lei non significava niente per lui.

Niente.

Ed ora più che mai desiderava andarsene.

Per fortuna la sua valigia era quasi pronta e, tempo un paio di giorni, si sarebbe lasciata alle spalle quella vita dove ancora fresco era il ricordo della morte di Sirius, di Silente, e la consapevolezza che Remus non l’avrebbe mai amata.

Ancora qualche giorno e per lei sarebbe iniziata una nuova vita, nella speranza di ritrovare presto i suoi colori, la sua allegria e, col tempo, dimenticare.

 

***

 

Remus voltò un’altra pagina di quel libro che teneva aperto sulle gambe, senza essere riuscito a leggere una sola parola in tutta la sera.

Non era concentrato.

L’unica cosa a cui riusciva a pensare era lei, ed il fatto che in pochi giorni se ne sarebbe andata.

Bevve distrattamente un altro sorso dal bicchiere che aveva in mano, la benvenuta sensazione dell’alcool che gli annebbiava la mente, nella speranza di scacciare quei tristi pensieri.

Dopo la sfuriata all’infermeria, la notte in cui Silente era stato assassinato, Ninfadora non lo aveva più tormentato, non le aveva più chiesto niente, e lui era felice che alla fine avesse realizzato che era semplicemente una follia dedicare il resto della sua giovane vita ad uno come lui.

Poco importava che lui ricambiasse i suoi sentimenti e che l’amasse più della sua stessa vita, questo era l’unico modo in cui Remus Lupin avrebbe mai potuto guardare una donna, da lontano.

Sarebbe stato difficile non poterla più nemmeno guardare da una debita distanza, ma di sicuro era meglio per lei.

Si sarebbe trovata qualcuno di giovane e sano, che l’amasse e avrebbe avuto la vita che si meritava.

 

A poco a poco la stanza iniziò a svuotarsi.

Era presto per andare a dormire, ma nessuno era dell’umore giusto per scherzare e chiacchierare.

Ninfadora e Remus erano gli unici rimasti.

La ragazza si allontanò dalla finestra, lanciando un’ultima occhiata speranzosa al giardino, e poi appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolino, mentre Remus si alzava ed andava a riempire di nuovo il suo, tornando al suo posto e portando la bottiglia con sé.

“Chi stai aspettando Tonks?” le chiese, sorseggiando il suo drink, “E’ tutta la sera che guardi fuori da quella finestra.”

A Tonks non era sfuggito l’uso del suo cognome da parte di lui.

Quando Sirius ancora non era morto la chiamava ‘Ninfadora’ sempre e comunque, non importava quanto la cosa la irritasse o lei minacciasse di vendicarsi, lui lo faceva lo stesso, per il gusto di farla arrabbiare.

Dove sono finiti quei tempi? Si chiese.

“La neve.” Rispose. “Aspetto la neve. Ma non credo arriverà quest’anno. Guarda.” Disse, indicando con un gesto la stanza spoglia. “Una volta questa stanza era piena di decorazioni in questo periodo, guardala adesso. Nessuno avrà voglia di festeggiare domani. La neve l’avrebbe fatto sembrare un po’ più Natale, invece sarà un giorno come tutti gli altri.

Si allungò sul tavolino e prese la bottiglia e riempì di nuovo il bicchiere.

Remus sospirò profondamente.

“So a cosa ti riferisci,” disse, “E’ strano... Molly che ha smesso di cucinare quantità industriali di cibo e si limita a preparare lo stretto indispensabile, l’assenza dei ragazzi che fanno baccano, niente albero, niente decorazioni... hai ragione, non sembra Natale.”

Rimasero in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri.

Tonks assaporava per la prima volta dopo tanto tempo la sensazione di riuscire a stare da soli nella stessa stanza e parlare, senza sentirsi a disagio.

Alla fine Remus recuperò la bottiglia ed alzò lo sguardo cercando gli occhi di lei.

“Il bicchiere della staffa?” domandò.

La ragazza lo guardò per qualche istante, contemplando la sua proposta.

“Perché no,” rispose infine.

Remus versò il liquido ambrato nel bicchiere di lei e poi fece lo stesso col suo.

Tonks scivolò lungo il divano fino al lato più vicino a lui.

Alzarono i bicchieri e li accostarono per un breve istante.

Nessuno dei due aveva idea di qualcosa per cui poter brindare, per cui si limitarono semplicemente a vuotare i bicchieri.

 

“A letto adesso,” mormorò Remus, alzandosi dalla poltrona.

Tonks lo imitò e represse un sorriso nel vedere che nell’alzarsi Remus era abbastanza instabile sulle gambe.

Era alquanto insolito vedere Remus anche solo leggermente brillo.

Cercò di appoggiarsi alla poltrona, ma la prima volta la sua mano mancò di dieci centimetri buoni lo schienale, rischiando di mandare all’aria il suo già precario equilibrio.

La seconda volta riuscì ad aggrapparvisi, ma ancora faticava a stare in piedi.

In un secondo Tonks era al suo fianco per sorreggerlo.

Gli bastò percepire il suo alito per vedersi confermato il sospetto che non era solo brillo, anzi, era decisamente ubriaco.

“Forza, andiamo, ti porto a letto,” disse portandosi un braccio di lui dietro le spalle, arrossendo furiosamente per il doppio senso che c’era nelle sue parole e di cui si era accorta troppo tardi.

 

Con un po’ di fatica riuscirono ad arrivare in cima alle tre rampe di scale che portavano alla stanza di Remus.

Inaspettatamente, durante l’ultima rampa Remus si era fatto abbastanza collaborativo, e non ci avevano messo moltissimo a salire quegli  ultimi gradini.

Stavano vacando la soglia della sua stanza e lei già pregustava il calduccio del suo letto una volta messo lui a dormire, quando Remus si bloccò improvvisamente, spostando il braccio con cui si aggrappava a lei.

La ragazza si voltò, confusa e vide che lui aveva chiuso la porta, e ora si avvicinava lentamente a lei.

Senza rendersene conto si ritrovò intrappolata fra lui e la porta.

Remus alzò la mano e le accarezzò una guancia.

“Remus, cosa stai fac...?

Ma non ebbe il tempo di finire la frase, perché le labbra screpolate di Remus stavano sfiorando le sue in un tenero, delicato bacio.

Lui si allontanò quasi subito, ma lei gli passò le dita fra i capelli, riportando la sua bocca alla propria, mentre lui apriva le labbra, lasciandole approfondire il bacio.

Baciare Remus era come lo aveva sempre immaginato, ogni piccolissima parte di lei fremeva per quella stupenda sensazione alla bocca dello stomaco e sembrava che le sue ginocchia non l’avrebbero retta ancora per molto.

Ma forse quello dipendeva dall’alcool.

 

E poi ricordò perché si trovava lì.

Remus aveva bevuto troppo e lei l’aveva accompagnato su perché sembrava non riuscire a reggersi in piedi.

Non poteva approfittare di lui mentre era in quello stato.

Si separò da lui controvoglia.

“Remus, non possiamo farlo...” balbettò, mentre le mani di lui che le accarezzavano i fianchi rischiavano seriamente di distruggere la sua risoluzione.

“Perché?” sussurrò Remus, ed un brivido le percorse la schiena alle sue parole. “Non dirmi che non lo desideri anche tu, perché non ti credo.”

Anche tu.

Lui desiderava fare quello che aveva fatto.  

Non era possibile, doveva essere stata colpa dell’alcool.

Ma poi alzò lo sguardo e lesse la verità nei suoi occhi.

Lo pensava davvero.

 

Allora capì.

Capì che tutte le barriere che lui aveva costruito fra di loro erano crollate insieme all’ultimo bicchiere di Whiskey Incendiario.

La sua coscienza non era lì per tormentarlo e stava facendo esattamente quello che il suo corpo gli chiedeva di fare, tenere fra le braccia la donna che amava.

Ma per quanto i gesti di questo Remus disinibito e temerario le dicessero che sarebbe andato tutto bene, lei non era così stupida da non sapere che il mattino dopo tutte le sue paure sarebbero tornate e lui l’avrebbe respinta di nuovo, nonostante fosse certa che desiderava davvero stare con lei.

L’alcool non stava alterando i suoi sentimenti, facendogli fare qualcosa di azzardato, anzi, aveva dato voce ai suoi desideri più intimi e profondi.

Le sue mani erano dappertutto nello stesso tempo, accarezzavano, tormentavano, domandavano silenziosamente il permesso di sfiorarla, e lei non poteva negare che la cosa le dispiacesse.

 

In condizioni normali l’avrebbe fermato  e se ne sarebbe andata, ma non questa volta.

Ne sapeva abbastanza per prevedere che lui il giorno dopo si sarebbe svegliato con un mal di testa colossale e nessun ricordo di quello che era successo.

Gemette quando lui le posò le labbra sul collo, solleticandola alternativamente con la lingua e i denti.

E poi, anche lei aveva bevuto un po’ quella sera, nemmeno lei era completamente in sé, specialmente quando le sue mani... Merlino, fallo di nuovo ti prego...!

 

Non si illudeva, quello che stava succedendo quella notte non si sarebbe ripetuto, non avrebbe cambiato idea riguardo la sua partenza, ma ci voleva un bel ricordo cui aggrapparsi nei momenti difficili.

E fare l’amore con Remus sarebbe stato senza dubbio il suo ricordo più bello.

 

Era tutto così... perfetto.

Accarezzò il volto di lui e riportò le sue labbra sulle sue, impaziente di sfiorarlo di nuovo, impaziente di avere di più.

Affondò le mani nei capelli morbidi di Remus impedendogli di allontanarsi, scendendo poi delicatamente lungo il collo.

Lui rispondeva con passione ad ogni sua mossa, ad ogni suo bacio.

Improvvisamente le gambe toccarono il bordo del letto e un secondo dopo Tonks era distesa sulle coperte di lana e lui sopra di lei.

 

Remus infilò lentamente le mani sotto il suo maglione mentre lei tra un bacio e l’altro iniziava a sbottonargli la camicia.

L’indumento volò sul pavimento, seguito a ruota dalla sua camicia e poi fu il turno della maglietta.

Le sue mani lasciavano scie di fuoco su ogni millimetro di pelle che sfioravano.

Dopo un po’ sembrò che le dita non fossero abbastanza, perché iniziò a posarle una serie di baci leggeri sul collo, scendendo lungo la gola, il petto e poi sempre più giù, mentre lei si muoveva, assecondando ogni suo tocco, decisa a conservare ogni sensazione nella sua memoria.

 

***

 

Quando si svegliò, fuori era ancora buio, ma una strana luce entrava dalle tendine chiuse male.

Tonks guardò il mago addormentato a fianco a lei.

Percorse con lo sguardo le numerose cicatrici che gli segnavano il petto.

Delicatamente gli scostò una ciocca di capelli dal viso e gli posò un bacio fugace sulle labbra.

Era bellissimo, e così voleva ricordarlo.

 

Scivolò fuori dal letto il più silenziosamente e aggraziatamente, cercando di evitare il minimo rumore, anche se probabilmente nemmeno una mandria di elefanti in fuga l’avrebbe svegliato, ed iniziò a rivestirsi.

 

Infilò i pantaloni e si mise a cercare a tentoni la sua maglietta.

Raccolse il maglione e stava per metterlo, quando la sua attenzione fu catturata da qualcosa fuori dalla finestra.

Rimase ferma di fronte al vetro gelido per alcuni lunghissimi istanti, poi una lacrima le rigò il volto.

Aveva iniziato a nevicare.

 

  
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