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Autore: ladymisteria    30/06/2012    1 recensioni
"Sherlock Holmes se ne stava in piedi in quella stanza della sede governativa dei servizi segreti britannici.
Sembrava perfettamente a suo agio, nonostante fosse scalzo, bagnato come un pulcino e avesse sulla testa una spada di Damocle con impressa a caratteri cubitali un'accusa per alto tradimento."

Seguito di "Rain and Confidences"
Versione riveduta e corretta
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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Mycroft Holmes scese dalla macchina assieme al fratello.

«Hai paura che non riesca a ricordare dove si trova la porta? O forse che io non riesca a raggiungerla da solo?»

«No. Voglio solo assicurarmi che tu arrivi a destinazione senza deviazioni»

«Ma che gentile…».

Attraversarono l’enorme parco in silenzio, costeggiando il laghetto e fermandosi poi davanti all’imponente portone di una villa risalente all’epoca vittoriana.

«Bene, sono arrivato. Puoi anche andare, ora. Sono certo che questa piccola passeggiata abbia già accentuato la nostalgia che provi nei confronti della tua comoda poltrona».

«Sopporterò, per questa volta. Attenderò che tu sia entrato»

«Diffidente fino alla fine…».

«Puoi darmi torto?»

«In ogni momento».

Mycroft stava già per replicare, quando la porta si aprì, rivelando un’anziana cameriera.

«La signora vi stava aspettando» disse, bonaria.

Sherlock le lanciò un’occhiata di sfuggita.

«Vedo che non sei cambiata affatto, Doris. Ti piace ancora il whisky scozzese» mormorò, mentre insieme a Mycroft veniva accompagnato all’interno della villa.

La cameriera serrò le labbra, poi, cercando di mantenere un tono di voce calmo, replicò: «Nemmeno lei, signore».

Arrivarono in un ampio e lussuoso salotto, anch’esso in stile tipicamente vittoriano.

Su una poltrona accanto al camino, immersa nella lettura di un piccolo volumetto rilegato in pelle blu, era seduta una donna.

Aveva un’aria aristocratica, e la postura composta di una persona a cui era stata data un’educazione ferrea e ineccepibile.

I capelli scuri, raccolti in un sofisticato chignon, erano striati qua e là di grigio, e qualche ricciolo sostava perenne ai lati del viso della donna.

Quest’ultima alzò gli occhi sui nuovi venuti, rivelando la loro straordinaria chiarezza.

 Il viso diafano e delicato della donna venne illuminato da un sorriso.

Celine Holmes si alzò, andando a stringere in un abbraccio il figlio minore.

«Non credevo saresti venuto così presto, Sherlock»

«Non avevo impegni. E Mycroft ci teneva così tanto a portarmi qui oggi stesso, mamma» disse Sherlock, senza darsi la pena di rispondere all’abbraccio.

Mycroft prese in mano il libro abbandonato dalla madre.

«“La psicologia dell’inconscio”… Ti prepari a riavere Sherlock in giro per casa?» disse, mellifluo.

Celine lo guardò ammonitrice.

«Non credi di essere stato scortese nei confronti di tuo fratello?»

«Giusto. E’ stato terribilmente scortese da parte tua, Mycroft» replicò Sherlock, fulminandolo con lo sguardo.

«Oh, non era mia intenzione ferire i tuoi sentimenti. Ma ultimamente ci sei abituato, no?».

Sherlock divenne livido.

Celine sospirò.

«Non potreste sotterrare l’ascia di guerra?»

«Spiacente. Ho già stillato i miei propositi per l’anno nuovo, e purtroppo il nome di Mycroft non è presente tra essi. Non in modo positivo, almeno».

Mycroft lasciò cadere il libro sulla poltrona, avviandosi rapidamente verso la porta.

«A presto, mamma. Sherlock».

«A presto Mycroft»

«Cerca di arrivare al cancello senza avere il fiato corto» disse tagliente il minore.

*

Celine attese che il figlio avesse finito di sistemare le poche cose che si era portato da Baker Street.

«Che hai combinato, stavolta?» disse, l’aria di chi è abituato al peggio.

«Mi chiedo per quale assurda ragione debba essere per forza io ad aver fatto qualcosa»

«Semplicemente perché tra i miei figli, tu sei l’unico che si muove abbastanza per potersi cacciare nei guai di persona».

Sherlock ghignò.

Sua madre aveva sempre condiviso, almeno in parte, le sue opinioni.

«Nulla di realmente importante».

«Hai detto la stessa cosa quando cominciasti a drogarti, Sherlock».

Sherlock fissò ostinato fuori dalla finestra.

Era quello il punto, allora.

«Credevo non ti piacesse parlare di quel periodo»

«E’ così. Ma vorrei sapere se devo preoccuparmi nuovamente di questo».

«Non devi. Sono pulito, se è questo che temi».

«Mycroft dice che hai ricominciato a fumare».

«E Mycroft ti ha spiegato il perché?»

«No»

«Tipico».

Il detective sospirò.

«E’ stato lui a farmi ricominciare. Lui mi ha dato la sigaretta».

Gettò le ultime cose sul letto.

«Ma non devi preoccuparti neppure di questo. Finché sarò a Londra non mi vedrai mai con una sigaretta. Ho pagato mezza città perché si rifiutasse di vendermele».

Celine annuì.

«Perché ti ha offerto quella sigaretta, comunque?».

Quando Sherlock rispose, lo fece con estrema riluttanza.

«Era morta una persona. Una persona a cui tenevo. O almeno, questo era quello che credevo».

Celine studiò il figlio.

«Non tenevi a lei?»

«Non era morta».

Guardò la madre, sedendosi sul suo vecchio letto.

«Si finse morta per un po’. L’ha fatto spesso»

«E’ quello che facesti tu»

«Già…».

Celine Holmes raccolse uno spartito da terra.

«L’hai composta tu?»

L’uomo annuì.

«Irene… E’ il suo nome?»

«Sì».

«Che è successo, Sherlock? Perché improvvisamente tuo fratello preferisce che tu rimanga sotto controllo a casa sua o qui?».

Sherlock guardò la sua vecchia stanza.

«Non è cambiato nulla nemmeno qui…»

«Desidererei che facessi buon uso delle buone maniere che ti ho fatto insegnare, Sherlock Holmes; e mi rispondessi».

Il detective sbuffò.

Ma lei non era Mycroft.

Con sua madre aveva sempre potuto parlare liberamente…

«Ho commesso un errore…».

*

Sir Hawking e Mycroft Holmes camminavano tranquilli per i corridoi di Buckingham Palace.

«Tuo fratello sa di star camminando sul filo del rasoio?»

«Ti stupiresti nell’apprendere che ha passato tutta la vita, su quel filo».

Il maggiore dei fratelli Holmes sospirò.

«Quello che temo, però, è che prima o poi ceda nuovamente alla tentazione di saltare giù; di nuovo verso gli abissi»

«Non può farlo. Non se tiene davvero a te».

Mycroft guardò l’altro uomo.

«Allora credo dovrei prepararmi a vederlo saltare».

 

   
 
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