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Autore: Mary P_Stark    06/07/2012    4 recensioni
Tutto si sarebbe aspetta, Elizabeth, tranne che di rischiare la vita durante un semplice campeggio nei bei boschi dell'Oregon. Ma tutto può succedere, a una creatura mannara, quando di mezzo ci sono rancore e odio. Scampata alle bocche dei fucili puntati contro di lei per ucciderla, Elizabeth troverà inaspettatamente aiuto e conforto in un dottore fuori dal comune, che non solo la salverà da coloro che intendono farle del male, ma le mostrerà che, di certi esseri umani ci si può fidare. E lei ridarà speranza a un uomo che pensava di non poter più aprire il proprio cuore a nessuno.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 
 
 
Era un idiota. Ma quello l’aveva sempre saputo.

A dirla tutta, era il campione degli idioti e, se poteva sbagliare qualcosa, aveva la certezza praticamente matematica che l’avrebbe fatto nel modo peggiore possibile e con il massimo danno.

Non a caso, con Elizabeth aveva sbagliato. Alla grande.

Aveva quarant’anni, era un dottore laureato con Magna con Laudae, ammirato da colleghi e pazienti, eppure si era fatto mettere i piedi in testa da tre, semplici paroline: io ti amo.

Perché non aveva potuto dirgliele? Dove sarebbe stato il problema? Erano entrambi adulti e vaccinati! Alla peggio, lei gli avrebbe riso in faccia. In fondo, c’era abituato. Con Melanie aveva fatto un sacco di allenamento.

Già, Melanie.

Continuava a cascare su di lei, come se tutto il mondo femminile iniziasse e finisse con la ex moglie che, per quanti difetti avesse avuto, non era mai stata diversa da se stessa. Era stato forse lui a volere qualcosa di diverso da lei, e per questo erano arrivati metaforicamente alle mani.

Si era convinto di poter creare qualcosa di bello, con Melanie, ma si era ingannato, lasciandosi andare all’esuberanza giovanile e al bel sorriso di lei.

Elizabeth, però, non aveva nulla a che fare con l’ex moglie e, soprattutto, ciò che provava per l’adorabile mannara che aveva salvato, era mille volte più forte di qualsiasi altro sentimento avesse mai provato in vita sua.

Forse, aveva taciuto proprio per questo. Un rifiuto lo avrebbe ucciso, indipendentemente dalla sua forza, dalla sua esperienza, da tutto quanto.

Eppure, doveva provare a dire quelle piccole, difficilissime parole, o non se lo sarebbe mai perdonato in tutta la vita.

Aveva resistito un mese, senza vederla, senza sentire il suo profumo di gelsomino riempirgli le narici, senza udire il suo canticchiare allegro o la sua voce argentina.

Si era ritrovato a percorrere centimetro per centimetro la baita in lungo e in largo, sentendosi un prigioniero nella sua stessa abitazione. Senza di lei, non aveva più alcun senso stare lì. Senza di lei, tutto il piacere di aver vissuto isolato dal mondo - che tanto aveva detestato - non aveva più alcuno scopo.

Si era sentito svuotato, privato di qualcosa di vitale.

Tutto ciò che aveva cercato nel partire per l’Oregon sembrava non avere più importanza. La sua ricerca di una pace interiore, della solitudine che gli facesse passare l’odio nei confronti delle ipocrisie della vita… tutto questo non importava più, se non c’era Elizabeth – Beth – a dividere il suo tempo con lui.

Sistemandosi meglio le bretelle dello zaino sulle spalle, Derek proseguì lungo il sentiero che conduceva alle Mammoth Hot Springs, dove si trovava il geyser più famoso del parco di Yellowstone, l’Old Faithful.

Mentre prendeva l’aereo per recarsi in Wyoming, si era detto che, quel viaggio della speranza in direzione del Parco di Yellowstone, avrebbe potuto finire in due modi; o con la sua completa felicità, o con un bagno in un geyser. Perché l’idea di vivere senza Elizabeth cominciava a sembrargli davvero troppo difficile da sopportare, e una morte per ustione da getti di vapore gli pareva una buona fine.

Ovviamente, si era dato dell’idiota nel momento stesso in cui aveva concepito quel pensiero; era da imbecilli partire con quei presupposti. Perciò, facendosi forza, aveva inforcato il primo greyhound in partenza dall’aeroporto di Cheyenne e si era lasciato trasportare fino al Parco.

Una volta raggiunta la sua destinazione, aveva interrogato per quasi mezz’ora una guida locale che, con un sorriso divertito, lo aveva per l’appunto indirizzato verso le Mammoth Hot Spring. A detta sua, lì avrebbe trovato Elizabeth intenta a studiare il super vulcano che si trovava sotto i loro piedi.

Non che l’idea di trovarsi su una ciminiera potenzialmente esplosiva lo rendesse felice, ma sapeva bene che, nel momento stesso in cui avesse voluto esplodere, nessun posto sarebbe stato abbastanza sicuro. Non doveva quindi darsi tanta pena per ciò che stava sotto quella crosta di roccia ed erba, apparentemente così tranquilla e pacifica.

In lontananza, gli sbuffi violenti di acqua bollente dei geyser portavano con sé anche l’odore caratteristico di uova marce dello zolfo e, pur se vagamente fastidioso, il fatto di essere finalmente arrivato gli diede conforto.

Tutt’intorno, la foresta brulicava di vita, gli alti abeti mugghiavano al vento che spirava dalle vette lontane e, sotto quel sole inclemente, le pozze d’acqua dei geyser scintillavano come specchi d’argento finissimo.

Non faticava a comprendere perché migliaia di persone, ogni anno, visitassero quei luoghi. C’era magia, c’era il fascino della natura selvaggia, c’era il contatto con l’ancestrale respiro della terra.

Era il luogo ideale in cui dichiararsi. O prendere una sonora batosta sentimentale.

Ora, doveva solo riuscire a dire tutto senza incepparsi o svenire, cosa peraltro assai probabile. Non era un asso in quel genere di esternazioni e, vista l’esperienza tragica del suo precedente matrimonio, aveva dei seri dubbi sulla sua reale capacità di giudizio.

Eppure, con Elizabeth sperava di non sbagliarsi e, più di tutto, sperava non lo prendesse per un completo imbecille.

Quando infine giunse nel campo dei geyser e l’aria si riempì di micro particelle d’acqua, Derek sorrise spontaneamente. Lì, ogni cosa appariva lussureggiante, rigogliosa, forte e primordiale. Si poteva toccare con mano la potenza a stento controllata della Madre Terra, e respirarne i suoi effluvi da inferno dantesco.

I turisti erano tutti impegnati nello scattare foto, ben ordinati dietro le staccionate protettive che percorrevano i sentieri e là, lontana da tutti e impegnata nei suoi prelievi di campioni di terreno, vide Elizabeth.

In calzoncini corti e camicia cachi, era piegata su un ginocchio mentre, munita di provetta e guanti, prelevava con una piccola zappetta alcuni campioni di terra provenienti da un antico geyser ormai inattivo.

I suoi bellissimi capelli erano trattenuti da un cappellino con le insegne del parco e, poco dietro di lei, contenute in due enormi sacche rigide, si trovavano tutte le attrezzature per il rilevamento e lo studio dei campioni sul campo.

Avvicinandosi a lei con passo tranquillo, pur se lui non ci si sentiva minimamente, ne studiò il volto perfetto e bellissimo.

La bocca carnosa e priva di rossetto era piegata in una smorfia di concentrazione mentre gli occhi, accigliati, erano impegnati a studiare da vicino la terra appena raccolta.

«Sembri molto pensierosa» esordì lui, rendendosi conto di avere la gola praticamente riarsa. E non per via del caldo di quell’afosa giornata di agosto inoltrato.

Lei sobbalzò, sorpresa di avvertire quella voce a lei cara. Sollevando di scatto il viso, puntò le sue iridi cerulee su un volto che non l’aveva più abbandonata da quel lontano giorno a Lincoln City.

Con un mezzo sorriso, si alzò quindi in piedi e chiosò: «Bravo. Ti sei tenuto sopravvento, così non ti ho sentito arrivare.»

«Onestamente, non ci ho nemmeno pensato» ammise Derek, ridacchiando imbarazzato. Dio, quanto avrebbe voluto bersi tutta la borraccia che teneva appesa allo zaino! Stava per morire disidratato, e tutto per colpa di Elizabeth! Non riusciva a connettere, dinanzi a lei!

«Stai gracchiando, Derek. Sicuro di star bene?» rise lei, ammiccando al suo indirizzo prima di allungargli una delle sue borracce. «Forza, bevi. Non bisogna disidratarsi, con questo caldo.»

«Grazie.»

Ingollò frenetico, quasi strozzandosi con l’acqua fresca e, quando infine ebbe terminato, le porse la borraccia mormorando: «Mi sei mancata, sai?»

«E tu mi hai fatto ammattire» gli replicò lei, poggiando le mani sui fianchi.

Derek sbatté le palpebre, confuso, prima di impallidire ed esalare: «Hai… hai sentito anche l’ultima…»

Fissandolo bieca, lei annuì, asserendo: «Pensavi che il rumore del motore del Cessna coprisse la tua voce? Non per me, mio caro.»

«Oh. Cazzo» gracchiò Derek, ora imbarazzato a morte.

«Dovrei dirlo io! Sono andata nel pallone, a causa di ciò che hai detto. Non sapevo cosa fare, se chiamarti, venire a prenderti a pugni nella tua baita, o infischiarmene e lasciare che facessi tu qualcosa. Insomma, è stato un inferno!» sbottò lei, accigliandosi in più di un’occasione.

«Scusa» mormorò mortificato Derek, reclinando il capo. L’aveva davvero fatta grossa.

«Ma ora sei qui. E vorrà pur dire qualcosa, no?» terminò di dire Elizabeth, sollevandogli il viso con un dito per guardarlo negli occhi. Dopotutto, quasi si eguagliavano, in altezza.

La barba era tornata, seppur non folta come prima e lei, sorridendo tra sé, ne fu felice. Preferiva Derek nella sua versione più selvaggia rispetto al contegnoso e perfetto dottore che aveva visto al Samaritan.

«Vuoi dirmi qualcosa?» gli chiese a quel punto Elizabeth, sorridendogli maliziosa.

Derek preferì agire e, avvolta la sua vita con un braccio, la schiacciò contro di sé per impadronirsi della sua bocca morbida e darle un bacio divorante che sapeva di speranza, di desiderio e di amore a stento controllato.

Elizabeth non si lasciò certo prendere in contropiede e, avvolte le braccia attorno al suo collo, approfondì il bacio affondando dentro di lui, prendendo e dando in egual misura.

Quando infine entrambi rischiarono il collasso per mancanza d’aria, si scostarono e la donna, sorridendo, mormorò: «Era così difficile?»

«Mi sembrava impossibile che fosse bastato così poco per innamorarmi, eppure, tutto quello che sapevo di te mi piaceva. E quando mi hai preparato la colazione, hai avuto in mano il mio cuore.»

Nel dirglielo, sogghignò divertito.

«E io che pensavo che il detto che vuole che gli uomini si prendano per la gola fosse solo una baggianata!» rise lei, impadronendosi un attimo della sua bocca prima di aggiungere: «Tu mi hai conquistata quando ti sei infuriato con me perché ti stavo proteggendo. Volevi metterti davanti a me, …tu, un comune umano che voleva difendere una mannara come me. Beh, se prima mi piacevi soltanto, così mi hai fatta capitolare.»

«Quindi?» volle sapere lui, speranzoso.

«Quindi, se provi ad andartene lontano da me, ti azzannerò a una gamba» sogghignò lei, ammiccando. «Ricordi che denti ho, vero?»

Scoppiando a ridere, lui la sollevò per farle fare una mezza giravolta e, al colmo della gioia, le stampò un bacio sulla guancia, promettendole: «Non sarai mai costretta ad azzannarmi, credimi. Arriverai a stancarti di me, piuttosto.»

«Ne dubito. Dopotutto, sei il mio dottore preferito. Piuttosto, e la tua ricerca della solitudine?»

Guardandosi intorno, Derek sorrise estasiato e le disse: «Cos’ha, questo posto, che non va? Tra queste lande potrei trovare tutta la solitudine che voglio!»

Poi, più seriamente, aggiunse: «E’ vero, cercavo la solitudine, il silenzio, la lontananza dagli uomini, dall’ipocrisia del mondo… invece ho trovato te. E non sarebbe potuta andarmi meglio. Al parco hanno sempre bisogno di dottori per la Clinica del Centro turistico. Farò domanda per essere assunto qui, così potremo stare insieme. E, quando diventerai guida del parco, sarà tutto perfetto.»

«Tutti questi cambiamenti… per me?» sussurrò lei, ancora incredula.

«Per noi» precisò Derek, stringendola in un abbraccio che sapeva di calore umano, amore e speranza. «Se mi vorrai, …per noi.»

Come aveva fatto Derek in precedenza, Elizabeth non rispose, preferendo lasciar parlare il suo corpo per lei.

Lo afferrò alla nuca e, dopo averlo fatto avvicinare, lo baciò così a fondo che, per Derek, non vi furono dubbi sulla sua risposta.

Era un noi, e lo sarebbe stato per tutta la loro vita.





N.d.A.: spero che questa storia breve vi sia piaciuta. Era un esperimento, ma credo comunque che non sia venuto tanto male! :)
  
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