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Autore: CaskaLangley    21/01/2007    8 recensioni
Anche se è tornato finalmente a casa con i suoi amici, Sora non trova la pace che aveva dato per scontata. Forse anche la luce può essere troppa...? (Sora/Kairi) /Riku/Sora)
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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Attenzione: la storia contiene spoiler più o meno espliciti su Kingdom Hearts, Kingdom Hearts: Chain of Memories e Kingdom Hearts 2.

Attenzione di nuovo: ho scelto il rating R perché la storia non è in effetti così grafica e dettagliata nelle descrizioni. Non la ritenevo una NC17, insomma, e non credo che lo sia. Tuttavia ci tenevo a sottolineare la R -che spesso viene ignorata, poverina ;_;" - in quanto "Hidamari" pur non essendo una yaoi contiene riferimenti ad atti violenti e sessuali tra due ragazzi (<3). Se la cosa vi turba, vi secca o semplicemente non fa per voi, è meglio che non proseguiate nella lettura. Vediamo come funziona questo rating, altrimenti lo alzo XD Grazie ^-^!

Questa storia è una one-shot, ma sull’EFP ho preferito dividerla in capitoletti, anche perché aveva già nella sua forma originale i titolini interni :o Comunque è già terminata e la pubblicherò completamente in quattro aggiornamenti; non so in che arco temporale, dipende tutto da quali disponibilità di connessione avrò XD ma in massimo due settimane sarà pubblicata tutta (questo per tranquillizzare che mi conosce e conosce bene anche i miei tempi imbarazzanti ;_;").

Ok, non rompo più >_<

HIDAMARI

#31; biancospino ~ speranza

Nessuna paura

Sora si riparò gli occhi dall’accecante luce del sole pomeridiano. I riflessi sul mare brillavano così forte da sembrare cristalli rotti, specchi che riflettevano raggi taglienti come lame.

Accolse la vista con un po’ di fastidio, ma si abituò presto, come ci si abituerebbe a qualsiasi difetto presente su qualcosa di desiderato tanto a lungo. Era come quando, da piccolo, chiedeva per Natale giocattoli che sembravano molto più belli di come si rivelavano una volta aperta la scatola, ma era così felice di averli ottenuti, così soddisfatto all’idea di poterli mostrare a tutti quanti il giorno dopo, che non importava se le sue aspettative fossero state o meno deluse, perché quello che importava era l’appagamento.

La felicità, in fondo.

E a proposito di felicità, vide subito che sulla spiaggia, seduta sulla sabbia senza nemmeno un telo, Kairi era in attenta contemplazione del mare.

Si avvicinò a lei di corsa, temendo che un soffio di vento potesse portargliela via - come si era sempre portato via tutti i miraggi che lo avevano accompagnato durante il suo interminabile viaggio.

Sollevò un sacco di sabbia, che era tanto leggera e secca da volargli fin quasi negli occhi. Quando le fu dietro alla schiena, e quando vide che la propria ombra incontrava la sua, intrecciandosi per terra come chiara prova della loro esistenza, sospirò a pieni polmoni perché fu finalmente certo che lei era lì. Loro erano lì. Ed erano insieme.

Ormai era tornato da almeno un mese, ma questi pensieri lo rendevano ancora così puerilmente felice che gli veniva voglia spesso voglia di stringerla, o anche solo di posarle una mano sulla spalla, di far passare tra le dita una ciocca dei suoi capelli…qualsiasi cosa, per godersi la sua tangibile, dolcissima presenza.

Kairi si girò, con una mano aperta sopra gli occhi, e gli rivolse un sorriso luminoso.

Non era sorpresa di vederlo, al contrario, era come se lo avesse aspettato fino a quel momento.

Kairi lo guardava sempre in quel modo, nel modo in cui metti a fuoco una sagoma amica in lontananza, e ogni volta sembrava corrergli incontro, con quei suoi occhi azzurri e brillanti, anche se restava immobile.

A volte Sora pensava che non ci fosse niente nel mondo in grado di dare tanta gioia.

Potersi aspettare.

Avere l’assoluta sicurezza che il momento di vedersi arriverà, e arriverà presto.

Era come continuare a tornare a casa.

Sora si sedette accanto a lei, e strinse con soddisfazione la sabbia caldissima tra le mani.

Lei lo rimproverò felice, pungolandogli il naso con una matita: "Pigrone, ma quanto hai dormito?" – Sora notò che non stava guardando il mare, ma era invece concentrata su un blocco da disegno.

"Non me ne parlare, sto morendo di sonno…"

"Sei rimasto ancora a fare compagnia a Riku, vero?"

Sora appoggiò i gomiti sulle ginocchia e sospirò.

Da quando erano tornati, Riku faceva la vita di un gatto fuso con un pipistrello.

Passava le giornate dormendo nel rifugio segreto, per terra, come un animale selvatico, e quando il buio calava lui si alzava, mangiava, camminava, guardava il mare e tornava a dormire. Sora aveva cercato in vano di cavarlo fuori da quel buco umido e buio, ma aveva presto dovuto arrendersi davanti alla sua ormai nota ostinazione.

"Io non lo capisco…" sospirò Kairi scuotendo lentamente la testa e tornando ad esaminare il disegno schizzato sul foglio, ma non aveva usato il tono di chi non capisce davvero.

Kairi non era una stupida. Non era mai stata egocentrica, una principessa che aspetta senza muovere un dito che il suo principe azzurro la vada a cercare. Era coraggiosa, invece, e sapeva guardare in faccia le cose.

Era una dote che Sora doveva ammettere di non possedere, per questo in lei la ammirava così tanto.

Tuttavia il fatto che Kairi fosse così sveglia in quell’occasione non era completamente una fortuna.

Era chiaro che Riku non avesse intenzione di farsi capire da lei, né da nessun altro.

E Sora odiava essere consapevole di questo, e di dargli ragione, in fondo.

La notte, quando il sole calava e il mare diventava blu scuro, Sora si sdraiava sulla sabbia e…respirava.

Era felice di essere tornato. Felice come non avrebbe mai immaginato di poter essere.

Ma solo di notte, quando tutto taceva, e solo le onde del mare lambivano i suoi pensieri, gli sembrava di riuscire a respirare. Il giorno era troppo frenetico. Così luminoso, e accecante, così pieno di rumore, che Sora non poteva fare altro che seppellire i pensieri e i ricordi che ogni tanto bussavano nella sua testa sotto una valanga di immagini e di parole, muovendosi, ridendo, comportandosi come se tutto fosse stato normale.

…Normale.

…le cose sarebbero mai più state normali, per loro…?

Guardò il profilo sereno di Kairi, la sua pelle rosa, i capelli che prendevano una colorazione quasi rossa alla luce, ed era chiaro, dolorosamente chiaro, che nonostante la sua sensibilità, nonostante il suo coraggio, nonostante la sua forza, lei non avrebbe potuto capire, e non doveva capire.

Non era giusto che capisse.

Kairi, che era così bella accarezzata dalla luce…

Sora scosse la testa, allontanando i pensieri malinconici. C’era la notte per diventare pensierosi. Il giorno era fatto per godersi ogni momento.

"Che cosa sarebbe quella roba?" domandò scavezzando il collo sul disegno di Kairi. Ovviamente si accorse che quella roba non era un titolo lusinghiero, ma era troppo tardi per ritrattarlo, e lei gli dette un colpetto in testa col blocco, arrabbiata. Poi lo girò al contrario sulle ginocchia e disse: "Sarebbe una cosa che non è venuta. Uffa."

Sora cercò di appianare le cose: "Posso vederlo bene?"

"A che serve, tanto è una roba."

"Ma dai, scusami, l’ho visto di sfuggita, e poi c’era il sole. Fai vedere, per favore."

Kairi gonfiò graziosamente le guance, poi sospirò e gli porse il blocco.

"Faccio schifo, dillo pure, tanto lo so."

"Ma dai, sono dei fiori, giusto?"

"Sì, ma quali?"

"Se non lo sai tu…"

"Io lo so! Sei tu che non lo capisci perché non sono capace!"

"In tua difesa si può dire che non conosco bene i fiori…"

"E’ un biancospino."

Sora rise come un castoro nervoso, e cambiò discorso: "Non sapevo che disegnassi."

Nel dirlo si rese conto di quanto triste, e lunga, fosse stata la loro lontananza.

Mentre lui spazzava via Heartless a Keyblade spianato, Kairi…lei viveva.

Andava a scuola. Guardava il sole sorgere e tramontare. Parlava con i compagni di classe, rideva, disegnava, e faceva tutte quelle cose che era giusto che facesse.

Ad essere ingiusto era che lui l’avesse trascinata in quel casino.

Era ingiusto che l’avesse fatta aspettare, e preoccupare.

Era ingiusto che l’avesse messa in pericolo così tante volte che lei avrebbe dovuto odiarlo, e non guardarlo con quell’affetto che gli riempiva il cuore.

Kairi meritava ogni più piccolo attimo di quella vita meravigliosa e normale.

Quella vita meravigliosa e normale che Sora, dopo aver tanto lottato per renderle, le aveva infine tolto un’altra volta. Chi gli assicurava che questa volta sarebbe durata?

Quando lei parlò, come se fosse destino che con poche parole dovesse cancellare ogni suo turbamento, si sentì subito meglio.

"Ho cominciato da quando siamo tornati qui insieme. Non so perché, mi è preso così. Ma è meglio che smetta, mi sa, sono negata nella maniera più assoluta…" ammise, ridendo.

Sora, allora, guardò con più attenzione il blocco. Rimase in silenzio per un po’, senza sapere lui stesso a che cosa stesse pensando, finché non disse solamente, in un sussurro: "Naminé."

Kairi lo guardò dubbiosa, con i suoi occhi rotondi da cerbiatta.

"…Naminé…credo che lei disegnasse…"

Invece di esserne turbata, lei accolse questa pseudo-rivelazione con gioia. La sua bocca si schiuse, poi sorrise felicemente. Sinceramente, Sora trovava un po’ strana la sua tranquillità davanti a certe cose, come quando a undici anni lui e Riku erano convinti di aver visto un mostro marino, e invece di scappare a riva Kairi si era immersa con gli occhialini per vederlo da vicino (cosa che ovviamente li aveva costretti a seguirla, e mentre Riku poteva essere effettivamente interessato ai mostri marini, Sora non era completamente convinto di volerne incontrare uno dal vivo).

Poi Kairi guardò il blocco e fece una smorfia: "Qualcosa mi dice che era più brava di me, vero?"

"Non mi ricordo. Non bene, almeno. Però forse sì, era brava…non ne sono sicuro, però."

"Forse Roxas lo saprebbe!" disse lei emozionata. Sora, come se lo avessero colto sul fatto in un momento imbarazzante, arrossì.

"Non lo so, forse, io che ne so?"

"Credi che loro si conoscessero bene?"

"Non lo so…forse."

"Io la vedo più come una cosa…mmmh, di affinità, sai. Magari non si vedevano spesso, ma era come se fossero sempre uniti" nel dirlo intrecciò le dita delle mani e gliele mise davanti agli occhi "Capisci?"

"Non lo so, forse…"

"Non lo so, forse, non lo so, forse…queste risposte non mi servono a molto, Sora!"

Sora si grattò imbarazzato la testa e Kairi disegnò un cuoricino sul blocco.

"…come ti senti con questa cosa…?"

"Con che cosa?"

"Avere un’altra persona dentro di te."

"Tecnicamente non sono delle altre persone" rispose Sora scrollando le spalle.

"Sì lo, so, non tecnicamente, però…" tracciò con la matita un lungo segno sul foglio "…Naminé aveva dei pensieri…" prese un pugno di sabbia e lo lasciò scivolare tra le dita "…lei parlava, rideva, e aveva paura…"

"Non aveva un cuore" rispose Sora, troppo duramente. Kairi scosse la testa, sorridendo tristemente: "Lo so, però…comunque sia, la cosa più strana è che non mi sento affatto strana. Piuttosto da quando l’ho incontrata è come se fossi…completa. Lei è me, ma è contemporaneamente una mia amica che vive lontana, e so che sta bene…anche se in realtà mi vive così vicina."

Sora scavò nella sabbia con un piede. Non voleva dirle che lui non provava nessuno dei quei sentimenti piacevoli, e non solo. Non provava niente. Quando pensava a certe cose c’era come il vuoto, dentro di lui. La sensazione di avere dei ricordi, e delle emozioni da incanalare, ma di non riuscire a farlo.

Kairi domandò imbarazzata: "Quello che dico ha il minimo senso?"

Lui le sorrise: "Certamente che ce l’ha."

"Anche tu ti senti così?"

Sora rifletté per un attimo sulla possibilità di mentire, poi capì che in quel frangente sarebbe stato inutile. Non era abituato a dire bugie, e voleva farlo abbastanza poco da essere credibile quando vi era costretto.

"Quando è successo, Riku ha detto che sarei stato sempre lo stesso. Ma io non mi sento così. A volte mi sento…invaso."

Kairi tacque. Difficile capire perché. Poteva essere scossa, o semplicemente rispettosa. Lei era sempre stata così, estranea al desiderio di riempire il silenzio con parole tutto sommato inutili.

Sora invece odiava il silenzio.

Avrebbe voluto ridere e urlare così forte da coprire tutto il silenzio del mondo.

Tuttavia, adesso, quel silenzio…

Senza muoversi di un solo centimetro da dov’era seduta, Kairi si inclinò fino ad appoggiare la testa contro la sua spalla, con gli occhi chiusi.

Sora si agitò solo per un attimo, ma quello subito successivo si rilassò in modo sorprendente.

"…Sora…"

"Mh?"

"…non senti mai come…come dei sentimenti, che non riconosci come tuoi, sul subito…ma poi ci pensi, e ci ripensi, e ad un certo punto è come se in fondo, da qualche parte, anche tu avessi provato quegli stessi sentimenti, ma in modo molto meno…"

Non continuò. Sora attese a lungo, poi terminò: "doloroso."

"…allora capita anche a te?"

Lui annuì. Un’ammissione pericolosa, viste le circostanze.

Kairi si spostò i capelli da davanti al viso.

"Quando ero qui da sola, e vi aspettavo, e quando non riuscivo a ricordarmi bene di te…mi sentivo molto sola. Però avevo sempre quella speranza…quella sensazione che vi avrei rivisti, prima o poi. Quella fiducia in voi. Ma a volte, da quando siamo tornati, io siedo qui, o sono a casa mia, o magari sono in mezzo alla gente…e mi sento sola in modo desolante. Mi sento così sola, e spaurita, che mi viene da piangere. E vorrei tanto urlare, e chiedere aiuto, ma a stento respiro, come se una mano mi tappasse la bocca…"

Sora cercò di guardarla e vide che stava strizzando gli occhi.

"Ehy…"

"…forse Naminé si sentiva in questo modo…" disse Kairi d’un fiato "…forse si sentiva sola, sperduta, e prigioniera…e non aveva nemmeno un cuore per sperare che qualcuno andasse a trarla in salvo…"

"Ehy, ehy" si preoccupò, alzando poi senza pensarci un braccio per cingerle le spalle, e lei chiuse subito gli occhi.

"Se ci penso mi sento così in colpa…"

"Ma cosa stai dicendo, non è mica colpa tua!"

"Lo so" singhiozzò, strofinandosi gli occhi col dorso della mano "ma a volte questi sentimenti sono così soffocanti che vorrei poterla almeno abbracciare…"

Sora non sapeva cosa fare. Ormai poteva saltare in testa ad un drago di vento, attorcigliare Jafar nella sua coda, colpire il Baobao con un fulmine e massacrare mille Heartless, ma quando si trattava di trovare le parole per consolare qualcuno, nella fattispecie la ragazza più importante del mondo, era praticamente paralitico.

Come sempre fu Kairi a risolvere tutto con un gesto semplicissimo: gli prese la mano.

"…forse io ho rischiato di dovermi sentire proprio come lei…ma sono stata fortunata ad arrivare su quest’isola, e ad incontrare voi. Da quando sono rinvenuta su questa spiaggia, non mi sono mai sentita sola. Anche quando mi sembrava di esserlo perché eravate lontani, eravamo comunque vicini. Anche quando sono saltata in quel portale."

"Quella comunque è stata una cosa un po’ stupida…" bofonchiò Sora.

Kairi rise: "Sì, però vi ho ritrovati, giusto?"

Lui le sorrise a sua volta: "Giusto."

"E non ne ho mai dubitato nemmeno per un secondo."

"Beh, questo è perché sei pazza e hai il cuore più grosso della tua testa…"

Kairi spalancò gli occhi, poi divertita lo colpì in testa col blocco da disegno e rise: "Oddio, da che pulpito viene la predica! Che paura, per un attimo mi sei sembrato identico a Riku, che impressione!"

"Vero vero? L’ho fatto apposta! In effetti sono soddisfatto di com’è uscita!"

Kairi incrociò le braccia sul petto e simulando una voce profonda che faceva quasi paura sul suo faccino delizioso disse: "Questo è perché sei pazza e hai il cuore più grosso della tua testa!"

Sora, per dare una maggior credibilità, le spostò tutta la frangetta davanti agli occhi. Lei rise e lo ripeté, facendo lo sguardo arcigno. Poi, cercando di riprendere fiato, disse: "oddio, speriamo che Riku non salti fuori adesso o ci uccide!"

Sora scosse la testa: "Non credo che il problema esista…"

Kairi, allora, gli prese nuovamente la mano. Sora, nonostante si sentisse improvvisamente triste, fu contento nel rendersi conto che aveva smesso di sobbalzare sorpreso quando si toccavano. Era consolante, e piacevole.

"…vorrei che Riku tornasse a scherzare con noi…"

Kairi gli prese la mano tra le sue e gli disse dolcemente, ma con assoluta sicurezza: "Un giorno succederà."

Sora annuì, con la sensazione disgustosa di avere come un sedimento in fondo allo stomaco. Della sporcizia che siccome era così tappato, trattenuto, otturato come un lavandino, non riusciva a lavarsi via.

Lui capiva Riku, e in un certo senso era pronto a giustificarlo, ma quell’atteggiamento lo faceva sentire così…accusato.

Non ne poteva più di sentirsi in colpa per averlo lasciato andare. Di non essere stato abbastanza sveglio o abbastanza forte o abbastanza veloce da riportarlo a casa subito.

Quando lo vedeva lì, accartocciato per gli affari suoi, Sora si sentiva il fallimento peggiore dell’universo.

E si chiedeva: ha avuto senso aver aiutato tante persone?

Aveva avuto senso, se alla fine non era riuscito ad aiutare proprio lui?

…aveva avuto senso…?

"…Sora…?" lo chiamò dolcemente Kairi.

Lui le sorrise e lei lo ricambiò, serena.

Andava bene anche così.

Non importava che Riku lo facesse sentire come se si stesse aggrappando con i denti ad un filo che pendeva dalle tenebre. Finché Kairi gli dava tutta quella luce, non aveva paura.

…non aveva…

…nessuna…

…paura…

  
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