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Autore: Douglas    08/07/2012    1 recensioni
Rivistazione della storia della BBC. Dopo aver perso l'aereo John Watson decide di tornare a casa dalla sua famiglia invece di recarsi direttamente a Londra. Scherlock intanto si impegnerà al massimo per cacciare ogni conquilino che il fratello gli procura finchè un giorno, durante una rapina in banca, incontra un soldato che gli salva la vita.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5- Fra il male e il bene c'è una porta, e io l'aprirò!

 

Ben Weston

 

Adoro il mio lavoro.

Non solo perché la paga dell'autista personale di un parlamentare è a dir poco stellare, ma anche perché era stato un vero e proprio colpo di fortuna aver ricevuto quest'offerta di lavoro da un uomo tanto distinto come Mycroft Holmes.

Prima di fare l'autista di limousine, avevo fatto il tassista per quasi vent'anni e, grazie alla mia dimestichezza con le strade londinesi e una buona dose di esperienza accumulata nel periodo giovanile in cui lavoravo come corriere, mi ero tenuto stretto quell'impiego.

Era un lavoro come un altro che non mi entusiasmava, sopratutto a causa della mia scarsa conoscenza delle lingue straniere che mi sarebbero servite per farmi capire ai numerosi turisti che affollavano la capitale.

Era più forte di me: se l'inglese è considerato la lingua globale con cui tutti si mettevano in contatto anche con persone di altre nazionalità, perché i turisti si ostinavano a parlare nella loro lingua natale? Non era forse quello un poderoso schiaffo al progresso?

Non mi lamentavo: sorridevo cercando di cavare un indirizzo dal loro inglese sconnesso e incomprensibile e, contemporaneamente, azionavo il comando per aumentare i chilometri sul contatore grazie ad un marchingegno istallato dal mio carrozziere di fiducia.

La mia vita però venne sconvolta un giorno di settembre di tre anni fa da un pazzoide che, come se fosse appena sbucato da un poliziesco tedesco mal riuscito, mi intimava di raggiungere il più in fretta possibile il 221/B di Baker Street utilizzando tutte le scorciatoie da me conosciute.

Lo squadrai da capo a piedi, incredulo, ma ripartii con la mia solita flemma azionando nel frattempo il pulsante posto vicino al comando dei tergicristalli.

Ignorando le sue pressanti richieste, mi venne spontaneo pensare che a questo mondo esistevano parecchi invasati che si sentivano grandi poliziotti:tutta colpa di C.S.I e Criminal Mind..

Sfortunatamente dovetti ben presto ricredermi poiché appena svoltato l'angolo, mi ritrovai invischiato in una vera e propria sparatoria con tanto di pallottole volanti che fischiavano a pochi centimetri dalle orecchie, simile a quelle che il commissario Rex e il suo assistente ( perché era il cane ad avere l'assistente e non il contrario) dovevano fare i conti ogni santo giorno.

Per lo spavento, andai a tamponare con violenza la macchina che avevo davanti che si era fermata per fare attraversare un pedone mentre una seconda botta dal dietro mi avvisò che avevo innescato un vero mene proprio tamponamento a catena.

Atterrito, non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi per vedere cosa era successo al mio passeggero e rimasi inchiodato nella posizione di guida per lo shock.

L'ultima cosa che ricordo sono una voce profonda che mi definiva un idiota prevedibile, il rumore di una portiera sbattuta e le sirene dell'ambulanza e della polizia che arrivavano sul posto.

Il resto rimane nel buio più totale.

Quando mi svegliai dovetti affrontare la dura realtà: mi ritrovavo improvvisamente senza lavoro visto che, oltre ad aver praticamente distrutto un taxi, avevo anche svelato il trucco con cui riuscivo a spillare più soldi, con un violento colpo di frusta al collo e con un danno di 1000 sterline da pagare.

Il tizio della sparatoria non era stato catturato poiché era fuggito prima dell'arrivo dei soccorsi però l'avevo visto in faccia e avrei potuto benissimo identificarlo fra mille: con quegli abiti costosi, gli zigomi pronunciati e la pelle praticamente trasparente non sarebbe stato difficile trovarlo, inoltre conoscevo quello che supponevo essere il suo indirizzo.

Il fratello del presunto sospettato mi tappò la bocca offrendomi un lavoro prestigioso come suo autista personale che fui ben felice d'accettare.

Sulle prime non mi fidai di quello che conoscevo come il fratello di uno squilibrato che andava in giro a farsi sparare addosso per puro divertimento però, con il tempo, incominciai ad apprezzare la riservatezza di quel distinto uomo di politica.

Anche se non mi è permesso fare supposizioni, mi sembra di aver intuito già da tempo il suo ruolo in politica: Mycroft Holmes non si faceva una grande pubblicità attraverso i mass media perché aveva i propri mezzi per farsi votare, mezzi potenti ed invisibili che Tony Blair in persona avrebbe solo potuto sognare: provavo una profonda stima per un uomo che, grazie alla propria diplomazia, riusciva a mandare avanti un intero paese.

Suo fratello, invece, riusciva solo a scatenarmi istinti omicidi inespressi: come un enorme palla al piede che non sapeva far altro che infastidire il fratello con assurde pretese insensate, Sherlock Holmes era disoccupato e giocava a fare il detective solo per il gusto di sentirsi superiore agli altri.

Ben Weston lo considerava poco più di un subdolo avvoltoio che si nutriva delle carcasse dei morti per potersi sfamare.

Per questo motivo, quando l'aveva visto salire sulla sua limousine quella mattina, aveva dovuto trattenersi dal sferrargli un meritato pugno sul naso per averlo lasciato da solo, agonizzante, in un taxi semidistrutto: istinto che mi invadeva sempre le poche volte che Sherlock accettava un passaggio sulla limousine del fratello.

Lo osservavo dallo specchietto con aria circospetta, ascoltando il suo borbottio sconnesso sopra il residuo di terriccio rimasto attaccato sul tappettino della sua limousine ed osservando con tacito odio i movimenti fulminei delle sue mani che studiavano con chirurgica precisione i residui di chissà-cosa rimasti impigliati fra le pieghe dei sedili.

Probabilmente, mia figlia Carry, da buon adolescente con gli ormoni a mille, avrebbe appeso il suo poster in camera visto il visino delicato che si ritrovava quell'uomo ma, se un giorno gli avesse portato a casa uno squilibrato di quel calibro, l'avrei cacciato di casa sua a pedate nel sedere.

-Le ha dato un passaggio. Strano. – esclamò improvvisamente con voce più chiara e squillante del solito e, sentendomi preso in causa, seguii il copione assegnatomi dal fratello in quelle circostanze: -Non mi è permesso rivelare nessun dettaglio della vita privata del signor. Holmes, quindi stia zitto e buono o apro la portiera e le faccio provare l'ebrezza di essere gettato da una limousine in corsa- pensai fra me e me immaginandomi la scena successiva con immenso piacere.

-Non mi è permesso rivelare nessun dettaglio della vita privata del signor. Holmes- esclamai invece attenendomi alle direttive del grande capo: avevo due figli e una moglie da sfamare e non potevo permettermi pazzie. Sicuramente, il mio ultimo desiderio prima di una eventuale pena di morte, sarebbe stato quello di riempire di lividi quella sanguisuga troppo cresciuta.

- Non era una domanda. Io so che le ha dato un passaggio come so che doveva essere una donna molto attraente e consapevole del suo fascino. Per inciso, scaraventarmi giù da una limousine non procurerebbe mai la mia morte poiché saprei atterrare in modo tale da ridurre i danni ad un braccio rotto e qualche escoriazione e, se passasse vicino alle sponde del Tamigi, potrei persino cadere in acqua senza farmi del male, quindi la smetta di ingegnarsi in modi banali per assassinarmi e si concentri sulla strada- lo riprese con tono asciutto mentre osservava in controluce un filo di nailon nello stesso modo in cui sua moglie osservava un quadro durante una di quelle noiosissime esposizione a cui era stato trascinato: sembrava che ci vedesse tutto un mondo in quel semplice filo come sua moglie vedeva un significato in quattro macchie di vernice su una tela bianca.

Non osai più rivolgergli parola, scocciato e allo stesso tempo impressionato dalla sua perspicacia, e mi concentrai sulla strada fingendo di essere solo in macchina: suo fratello aveva accennato qualcosa del fatto che non sarebbe stato facile nascondere le tracce del loro passaggio e per questo, mi aveva pregato di limitarmi a quella semplice frase di circostanza e di non rispondere alle sue provocazioni.

In dieci minuti arrivammo a destinazione e, accostandomi sul marciapiedi che conduceva direttamente all'appartamento in cui aveva visto entrare Mycroft e la stangona poco loquace, scaricai la pesante zavorra non prima di avergli rivolta un ultima occhiata furibonda a cui lui rispose con un irritante sorrisetto sarcastico.

Ingoiai il groppo che mi era rimasto in gola e, stringendo saldamente le dita intorno al volante di morbida pelle, lo osservai procedere a passo spedito verso il portone di legno scuro.

Quell'essere mostruoso avrebbe mai potuto condividere un appartamento con un ragazza tanto seducente?

E con un altro essere umano?

Era veramente umano quell'ammasso di cellule grigie ambulante o era uno di quegli alieni freddi e calcolatori venuti sulla terra alla ricerca di un territorio da conquistare?

Ben Weston si disse che la televisione doveva avergli dato alla testa dopo quell'affermazione da film fantascientifico.

Solo una cosa poteva essergli certa, solo un pazzo della suo calibro avrebbe accettato di convivere un appartamento con un tizio che ti guarda come fossi una rana da vivisezionare.

Quando lo vidi varcare la porta di casa, controllai l'orario sul cruscotto e, su una bella agenda in pelle marrone (regalo di sua figlia per il compleanno), mi segnai il minuto esatto in cui la porta si era chiusa alle sue spalle.

Non segnai le ore, era assolutamente sicuro che non avrebbe avuto bisogno di quelle.

Con l'agenda e la penna ancora in grembo, mi misi comodo e, ignorando le riviste d'arte prestate da mia moglie Clara, mi decisi a terminare un maxi- cruciverba che aveva in ballo da più di due settimane.

Era ancora bloccato sulla parola di 10 lettere orizzontali ( persona che soffre di una patologia che lo porta ad un totale isolamento nei confronti della società) quando la porta si spalancò per la seconda volta permettendo l'uscita di una furibonda stangona che, grazie a poche agile falcate da modella, raggiunse la limousine e, senza molte cerimonie, tornò a battere freneticamente le unghie laccate sullo schermo del suo telefono touch anche se in un modo molto più violento di prima.

12 minuti, la convivenza di un comune individuo con Sherlock Holmes non poteva durare di più.

Sull'agenda, segnai i minuti esatti dell'arrivo della donna nella limousine e, trattenendo a stento un sorrisetto amaro, mi concessi diversi minuti per bearsi della celestiale visione che intravedevo nello specchietto anteriore, concentrandomi sul punto esatto in cui le gambe chilometriche venivano crudelmente coperte dalla gonna di jeans.

Attaccare bottone con una simile bellezza era praticamente escluso: amavo alla follia sua moglie, eppure mi sarebbe piaciuto un sacco flirtare con le belle ragazze come sapevo fare da giovane.

Indeciso, feci appena a tempo ad aprire la bocca per domandarle cosa era successo in quell'appartamento con lo squilibrato e il parlamentare, quando vidi il secondo uscire dallo stabile e, con il suo tipico passo lento ma deciso e con lo sguardo talmente indecifrabile ci sarebbe voluto uno squadrone di psicologi professionisti per capire cosa stesse passando per la testa, mi bloccò le corde vocali in un istante.

-Deve scusarlo Anthea, mio fratello è un vero maleducato quando si tratta di donne. Le avevo accennato della sua sociopatia, forse l'ho fatto in modo poco marcato- esclamò Mycroft Holmes appena si fu accomodato nel posto accanto alla ragazza: se non fosse stato una persona minuziosamente intellegibile, Ben avrebbe detto che il signor. Holmes ci stava provando con quella bellissima ragazza. Non le sorrideva in modo mellifluo, non la guardava come se avesse la vista a raggi x di Superman e non tentava di farle i complimenti: manteneva il suo tipico tono neutrale da comizio elettorale e le stava ad una distanza consona alla situazione ma, per il semplice fatto che fosse andato personalmente a prenderla al campo da tennis, lo aveva fatto insospettire.

Sta il fatto che l'uomo, da buon parlamentare che si rispetti, aveva evidenziato solo i lati positivi del fratellino: genialità, intuito, acume, talento per la musica, tralasciando volutamente la sua follia definendola poco più che una “particolare” situazione: bizzarra, fuori dal comune, stramba, malata, critica, esasperante; così tanti aggettivi e tutti così insufficienti per descrivere le condizioni inumane in cui viveva quel pazzoide sociopatico.

Un improvvisa illuminazione mi invase da capo a piedi e, posando lo sguardo sugli spazi vuoti del suo cruciverba, li riempì con la parola “Sociopatico” che ci stava a pennello.

-Mi ha dato della prostituta- bisbigliò improvvisamente Anthea senza smettere un attimo di interrompere la sua frenetica attività: c'è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo ossessivo con cui i giovani d'oggi si scambiano messaggi a tutte le ore del giorno e della notte ma quella tizia li batteva sicuramente tutti.

-La farebbe sentire meglio sapere che mio fratello non ha pietà nemmeno per la propria madre quando si tratta di osservazioni?- esclamò Mycroft con un espressione inespugnabile sul volto lacerata appena da un sorrisetto: non riusciva a capire se con quella frase stesse davvero tentando di farsi perdonare oppure la stesse prendendo in giro.

Modo poco galante per conquistare una donna.

- Mi avevate assicurato che fosse soltanto un po' esigente- lo riprese lei con franchezza senza dilungarsi in discorsi inutili: la sua offesa si leggeva chiaramente nelle sue iride o meglio nelle iridi riflesse sullo schermo accesso del suo cellulare.

-In realtà, ho creduto che se l'avesse conosciuta di persona avrebbe colto anche lui i lati positivi del suo carattere: siete una ragazza molto intelligente, riservata e indubbiamente affascinante ma Sherlock è accecato dalla sue “doti” per vederlo. Per questo sarò felice se accettasse le mie scuse ascoltando la proposta che voglio farle...- esclamò sporgendosi le labbra verso l'orecchio incorniciato dalle onde brune della ragazza.

Incredulo, decisi di sbirciare la scena direttamente dallo spazio creato fra il poggiatesta e lo schienale del mio sedile, pronto a sorbirmi una scena da film rosa con tanto di bacio appassionato e anello da una trentina di carati.

- Cosa intende per proposta?- domandò incuriosita.

-Che ne direbbe di diventare la mia segretaria personale? In fondo io le avevo promesso di pagarle l'affitto nel caso in cui Sherlock le avrebbe creato problemi ed effettivamente è quello che ha fatto. So che state cercando un nuovo impiego e con me potrà avere contatti con persone illustri che sapranno indirizzarla sulla giusta via. Le prometto salari alti e impieghi gratificanti che sono sicuro saranno all'altezza delle sue ottime credenziali. D'altronde, di questi tempi, sembra quasi impossibile trovare collaboratori validi...- e con queste parole lanciò un occhiata tagliente all'autista ancora voltato nella loro direzione.

Ben Weston incassò il colpo con un invidiabile nochalance ritornando alla sua tipica professionalità che lo aveva reso così gradito agli occhi del capo.

Non ascoltò il resto del discorso concedendosi solo il lusso di ascoltare la risposta affermativa della ragazza e, chiudendo il libro che aveva posato sulle cosce, non domandò neppure la loro destinazione, consapevole del fatto che l'aveva volutamente ignorata quando il signor. Holmes gliela aveva comunicata prima di sistemare le cinture di sicurezza.

Si concentrò sulla strada più veloce da prendere per arrivare a Buckingham Palace lasciandosi cullare soltanto dal pensiero consolatorio che sarebbe potuto rimanere a stretto contatto con quella bellezza ancora per un bel po'.

 

Shelock Holmes

 

Questa volta Mycroft gliela aveva fatta grossa...

Quando al telefono lo aveva pregato di raggiungerlo, non aveva immaginato che intendesse all'interno del suo appartamento.

Lì dentro c'erano i sue acidi, le sue basi, il microscopio da 800 sterline e il suo violino solo per fare gli esempi più importanti ma c'erano anche il suo notebook e i libri di rinomati criminologi di tutto il mondo.

Fortunatamente la sua preziosa siringa era accuratamente nascosta in una scatola in legno intarsiato incastrata fra lo specchiera del bagno e la parete piastrellata, dove alla lamina di vetro dello specchio era stato fatto istallare un perno centrale che lo percorreva verticalmente nell'area centrale.

Una semplice pressione nell'area giusta avrebbe fatto ruotare di qualche grado la superficie rivelando un piccola nicchia in cui nascondere i suoi tesori: siringhe e bottigliette di cocaina.

Non sono abbastanza ottuso per credere ai luoghi comuni, eppure temevo che una donna attraente avrebbe avuto altro per la testa che pensare a non distruggere tutto ciò che incontra.

Chissà se, passando accanto ai suoi esperimenti, avrebbe potuto far cadere a terra le sue provette o avrebbe voluto provare il suo violino insudiciandolo con quelle mani ricoperte di sostanza viscosa ritrovata sulla maniglia della portiera della limousine con cui si era truccata( fondotinta).

Aumentai il passo, spalancando con furia la porta principale dell'edificio con l'obbiettivo più di scardinarla che di aprirla ed, evitando per un soffio la mano scarna della signora Hudson, feci le scale a quattro a quattro fermandomi solo sull'ultimo gradino, il diciassettesimo per la precisione, per studiare dell'altro residuo di terra rossastra e sassolini grigiastri rimasto impigliato sul tappetino posto davanti all'appartamento, privo ovviamente della scritta “Welcome” che avevo provveduto a far sparire.

Dal basso, la voce tutt'altro che gracile della signora Hudson mi raggiunse informandomi che Mycroft era appena arrivato a farmi visita e che mi aspettava nell' appartamento insieme ad un amica.

Mi sporsi quel tanto che bastava per vedere la signora Hudson fare capolino dalle scale.

-Tempismo perfetto, signora Hudson. Peccato che abbia violato uno dei punti principali del nostro contratto.- esclamai puntando l'attenzione dalla voce signora su eventuali rumori o voci provenienti dall'interno.

 

 

La signora Hudson si ricordava bene il contratto d'affitto stillato dal notaio di Mycroft: era uno strano congruo di stranezze e cavilli impensabili che Sherlock aveva provveduto a far aggiungere per avere tutti i vantaggi possibili ed immaginabili. Tentennò prima di replicare: non temeva né Sherlock Holmes, un ragazzo incompreso nascosto sotto la maschera di uomo di polizia indifferente e distaccato, né tanto meno Mycroft Holmes, potente uomo di politica che però teneva al fratello a tal punto di telefonarle personalmente almeno una volta alla settimana per avere sue notizie.

L'unica sua paura, per quanto riguardava lo strano rapporto fraterno che li legava, era quello di pronunciare qualcosa in più, anche una sola parola in più, che avrebbe potuto scatenare la terza guerra mondiale.

Con cautela fu costretta a rivelare tutta la verità, consapevole che quel giovane perspicace l'avrebbe scoperta più velocemente di quanto lei avrebbe saputo inventare una scusa decente.

-Veramente il signor. Holmes mi aveva assicurato di avere il suo permesso. Aveva con sé la chiave dell'appartamento e quindi...- la donna non fece a tempo a terminare la frase che si ritrovò lo spioncino del 221 B nel punto esatto in cui c'erano gli occhi chiari di Sherlock.

- Hai fatto un duplicato della chiave di casa mia?- sentì gridare dall'interno dell'appartamento mentre si pentiva delle parole appena pronunciate: sospirò e rassegnata, tornò alle sue faccende con il pensiero fisso dell'anca che la tormentava:non aveva nè il tempo nè la voglia di occuparsi di quei due bambinoni troppo cresciuti.

L'unico suo rimpianto era stato quello di non riuschire a chiedere un favore a Sherlock... Ma lo sguardo infuocato che aveva prima di sbatterle la porta in faccia le aveva fatto capire che avrebbe fatto meglio ad aspettare.


 

- Hai fatto un duplicato della chiave di casa mia?- gli gridai addosso non appena li vidi scendere dalle scale che conducevano all'area superiore del suo appartamento dove si trovava il bagno, la camera da letto degli ospiti e la sua stanza .

- Buongiorno a te, Shelock e complimenti per la tua cortesia. Avevo bisogno di una chiave per mostrare l'appartamento alla signorina così mi sono fatta prestare dalla signora Hudson quella di scorta. La galanteria non è il suo forte, Anthea, ma per il resto...- incominciò Mycroft ignorando apertamente la mia rabbia. Mi mandava in bestia la sua indifferenza.

- Non mentirmi Mycroft! La signora Hudson ha detto che avevi già con te la chiave.- sibilai trattenendo a stento la rabbia: confuso, mi presi qualche secondo per ricacciare la rabbia in una delle immense sale del Mind Palace, quella piena di gabbie e di catene dove venivano rinchiuse i suoi inutili sentimenti.

- Calmati, come ho già detto, sono semplicemente venuto a mostrare l'appartamento alla signorina. Non tutto il mondo fa parte di una scena del crimine, sai?- mi esortò contrariato.

- Se lo fosse, tu saresti sempre il principale sospettato- borbottai infastidito dal tono di rimprovero che stava sfoggiando: mi fece tornare indietro hai tempi in cui abitavamo sotto lo stesso tetto e dovevo sorbirmi i suoi noiosissimi sermoni sull'importanza della famiglia e dei doveri di un figlio verso i propri genitori.

- Vede signorina, anche mio fratello certe volte può avere senso dell'umorismo- ironizzò quello mentre lei mi sbirciava nascondendo lo sguardo fra una setosa ciocca di capelli.

Guardai mio fratello divertito.

Mycroft conosceva bene quella sensazione: ci aveva convissuto, nel bene e nel male, durante i duri anni dell'adolescenza. Se, da un lato, lui veniva considerato come il fratello con la testa sulle spalle o il primogenito ereditiere della fortuna degli Holmes, erano i pochi a ricordarsi dell'esistenza di un Holmes junior assennato e studioso.

Sherlock era la pecora nera della famiglia: una pecora arrogante e spropositatamente boriosa dal carattere infernale ma dall' aspetto tipico della grande casata. Occhi cristallini, zigomi pronunciati, fisico snello: questo era Sherlock e Mycroft aveva sempre sognato di avere solo un quarto del suo fascino ai tempi in cui, a livello di notorietà, erano entrambi allo stesso livello.

Erano entrambi figli dei coniugi Holmes: però uno diligente e assennato e l'altro cinico e misterioso.

-Bene Sherlock, ora che ci hai degnato della tua presenza, ti posso presentare Anth...- non gli feci terminare la frase, poiché dopo una prima perlustrazione superficiale delle condizioni della casa (tutto apparentemente intatto) richiesi immediatamente un colloquio privato con lui.

Mycroft acconsentì, lanciando un rapido sguardo di scuse ad Anthea, e seguendomi in cucina si accertò di essere abbastanza lontano dalla ragazza per sfogare la sua vera natura da predatore naturale:

- Incredibile Shelock, non sei neanche riuscito a farle dire il suo nome- esclamò alzando la voce forse accorgendosi della mia totale disattenzione: mi ero posizionato nella traiettoria esatta da cui potevo vedere lo schermo spento della televisione riflettere i movimenti di quell'intrusa.

- Sai che io non ho mai bisogno delle presentazioni- e tossii senza ritegno quando lei appoggiò le dita sul mio adorato teschio.

Senza dubbio sarebbe stata la prima cosa a sparire se avrebbemmo condiviso l'appartamento.

- Tu no, ovviamente, ma forse lei avrebbe voluto presentarsi personalmente al suo futuro coinquilino- mi rimproverò e, a quelle parole, tramutai la mia espressione da contrita a divertita.

- A chi vuoi darla a bere Mycroft? So che anche se lo volessi, lei non sarebbe mai la mia futura coinquilina... Questi giochetti stupidi riservali per qualche parlamentare imbecille.-

Lui rimase un attimo basito alle mie parole, convinto che il suo piano sarebbe potuto davvero andare a buon fine, poi con la punta del suo inseparabile ombrello, colpì il pavimento producendo un rumore secco che rappresentava un vero e proprio gesto d'impazienza.

Era grave che danneggiasse volontariamente il suo ombrello, anche se si trattava solo della punta.

- Che vorresti dire, fratellino?- domandò con un espressione da tonto che non gli s'addiceva e utilizzando l'odioso diminutivo che sfoggiava soltanto nelle rare occasioni in cui voleva umiliarlo.

- Sto solo dicendo che sfruttare a tuo piacimento festività e anniversari solo per avere una bella ragazza come segretaria personale lo giudico piuttosto squallido. Chissà cosa ne penserebbe la mamma?- domandai mostrando il cellulare con aria minacciosa.

- Fallo pure, sarebbe contenta di sapere che almeno uno dei suoi figli ha contatti con esponenti dell'altro sesso- nel suo tono di voce non c'era un minimo di sarcasmo: mamma sarebbe davvero contenta di vederci entrambi accasati con tanto di colonna di pargoli al seguito.

Scocciato appoggiai il telefono sul tavolino, come a dichiarare la mia resa su quello specifico fronte.

-Solo un particolare mi sfugge; Perché quando l'hai incontrata al tennis club non le hai semplicemente proposto di abbandonare il suo posto da segretaria sottopagata in una squallida rivista per teenager per essere l'assistente personale di un importante uomo di politica?- domandai incuriosito da quella novità.

- Tu, come?-

- Aveva dei sassolini grigi incastrati sotto le suole delle scarpe e della terra rossa sulla parte centrale delle suole: questo particolare tipo di ghiaia è riscontrabile solo due aree specifiche della città con un tipo di ghiaia grigia e frastagliata mentre la terra rossa, più fine e trattata delle altre, si trova solo in due campi da tennis professionali. Abbinando le due opzioni sono riuscito a riscontrare solo una via nella quale troviamo un campo da tennis e un parcheggio in ghiaia grigia. Esso conduce direttamente alla sede dei una rivista per teenager di poco conto. C'era anche un centro commerciale nella medesima struttura ma un filo di nailon intrappolato nel poggiapiedi posteriore mi ha indirizzato su un altra strada: era un filo sottile e piuttosto trasparente adatto a calze leggere estive quindi adatte a chi è abituato ad indossare calze sottili per mettere in mostra le gambe, una commessa per praticità non indosserebbe mai delle calze così sottili in un periodo autunnale. Gli uffici di un redazione sono notoriamente molto più caldi dei locali di un supermercato a porte scorrevoli con tanto di frigoriferi adatti per conservare al meglio carni e latticini.

Probabilmente stava facendo una partita di tennis nel campo a lato al suo ufficio quando siete andata a prenderla, una meritata pausa dopo un articolo particolarmente complesso sulle cotte adolescenziali o sui metodi per far sparire l'acne. La sua attrezzatura è stata goffamente nascosta dal vostro autista nel bagagliaio mentre la ragazza si è dimenticata di cambiarsi le scarpe perché le indossa per praticità anche nel tempo libero come è evidente dall'usura totale delle calzature. Inoltre ha dovuto truccarsi di nuovo dopo la partita per prepararsi all'incontro così ha utilizzato lo specchietto della limousine, lasciando tracce viscose di rimmel e polvere di ombretto sul parasole posteriore e il fondotinta fresco ha lasciato delle traccie evidenti sulla pelle del sedile. Si è truccata all'ultimo momento e si è tenuta addosso le scarpe da tennis ciò significa che era impreparata al tuo arrivo. Forse glielo hai solo accennato durante uno dei vostri fugaci incontri. Solo un cosa mi sfugge ancora, perché hai dovuto farmela incontrare? Non avresti potuto semplicemente proporgli l'impiego quando l'hai incontrata al tennis club?- domandai compiaciuto per l'espressione vagamente sconfitta del fratello.

Non era facile scoprire cosa tramasse l'astuto uomo di politica e nemmeno in quel caso Sherlock fu pienamente convinto di aver vinto.

- Semplice, volevo che ti incontrasse e capisse quanto fossi misogino con certi tipi di donne così da ottenere la sua totale fiducia. Non si sa mai, magari avresti potuto sfruttare la sua vicinanza per farti trasferire informazioni utili sul mio conto- un improvviso luccichio mi fece distrarre per un secondo e capito che proveniva dalla vistosa collana che la ragazza indossava, feci finta di non notare il suo appostamento.

- E troppo stupida per affidarle un lavoro di spionaggio. E tu sei troppo astuto per farti abbindolare da un paio di gambe lunghe. Credo che in passato l'abbiano assunta solo per trarre profitto dalle sue doti fisiche e non dalle qualità mentali- lo schermo della televisione mi restituì l'immagine di un ragazza sconvolta intenta a spiare due persone che parlottavano in una cucina di un appartamento. Se fosse stato un programma televisivo, sarebbe stata una soap opera di bassa qualità come di bassa qualità fu la reazione della “leggiadra signorina”.

- Brutto bastardo, io non sono una prostituta- urlò svelando il suo nascondiglio dietro lo stipite della porta. Capirai che nascondiglio!

La tensione in lei era evidente, le mani erano strette in morse d'acciaio che facevano risaltare i tendini delle dita mentre il viso aveva preso un colorito molto simile al vermiglio, con i muscoli facciali contratti in un espressione quasi bestiale.

- Signor. Holmes anche se questo tizio è suo fratello, le confesso che sarebbe l'ultimo uomo sulla terra con cui condividerei qualcosa...-

Qualcosa? Buffo modo per dire un appartamento. Oppure, questa volta, le sue parole non erano state pronunciate casualmente ma erano frutto di uno discorso già affrontato fra i due.

Capii in non meno di cinque secondi. Le aveva consigliato di sedurmi.

Illuso.

Ero suo fratello da una vita e non aveva ancora capito che mi interessavano quel genere di cose?

Lei non assecondò i nostri silenzi e i nostri sguardi carichi di significato e, lanciando un ultima occhiata omicida, la vidi sparire oltre la porta d'ingresso seguita dall'ondeggiare sinuoso delle ciocche brune.

-l'avevi vista origliare, non è vero? Per quello hai usato quelle parole?-

- Ovviamente, ciò non toglie che la seduzione sia una delle sue migliori armi, ti consiglio di sfruttarla al meglio- borbottai qualche parola in suo favore ma non le concessi il lusso di altre lusinghe.

Era una donna piuttosto infantile e tendente alla superficialità che se ne stava per la maggior parte del tempo isolata in un mondo tecnologico, forse troppo frustrata e vigliacca per affrontare la vita reale.

Uno dei principali difetti che Sherlock mal sopportava in qualsiasi persona era la viltà.

-Ne terrò conto- concordò l'altro.

- Ovviamente dovrai mantenere il nostro patto se non vuoi che le riveli il tuo losco piano- esclamai divertito dal capovolgimento del ricatto.

Per ora, ero io a tirare i fili di quella strana relazione fraterna ma non era detto che un qualsiasi fatto avrebbe potuto riportare tutto nelle mani del parlamentare.

- Quello era scontato, Sherly-.

- Sherlock è un nome già abbastanza fuori dal comune, storpiarlo è un vero e proprio insulto alla decenza- dissi avanzando di un passo inducendolo così a retrocedere fino alla porta, era un invito abbastanza esplicito da indurlo a stringere a se il suo fido compare di acquazzoni, ma c'era ancora una cosa da precisare prima che se ne andasse – Spero solo che questa caccia al “coinquilino perfetto” sia ormai terminata- esclamai mentre ormai sembrava intenzionato a prendere congedo.

Con la punta dell'ombrello mi colpi sullo sterno inducendomi ad allontanarmi di qualche passo poi, assumendo una rigida posizione degna di una delle scultura in cera di Madame Thussard, sogghignò e disse – questo non posso concedertelo... Sai che ti ossessionerò a vita finché non troverai qualcuno con cui spartire l'affitto.-

Aggrottai le fronte e, posando la punta dell'indice e del medio della destra nel punto in cui le sopracciglia si potrebbero congiungere in un unico arco, provai a trovare un modo per porre fine a quella persecuzione.

Niente che non implicasse un qualsiasi danno fisico o mentale.

- Cosa dovrei fare per terminarla?- ci rinunciai alla fine.

Mi veniva in mente le solo macabre scene del crimine di casi che avevo già risolto in precedenza.

- Dovrai risolvere tutti i casi che ti propongo senza nemmeno batter ciglio- aprii gli occhi ed emettendo un verso simile ad un grugnito, gli feci intendere il mio disappunto- oppure dovrai cominciare tu stesso la caccia. Vedila come la ricerca dell'unica persona che, condividendo con te l'appartamento per 24 ore, non provi il sano impulso di piantarti un coltello nella schiena-

Coltello nella schiena? Arma banale per un coinquilino banale. Il coinquilino perfetto dovrebbe come minimo strangolarmi con il filo del telefono oppure fingere una perdita di gas e farmi esplodere insieme al 221B.

Dovevo ammettere che però la cosa cominciava ad intrigarmi.

- in quest'ottica potrebbe essere interessante, anche se sai quanto odio scendere a patti con te- ammisi mentre lo spingevo praticamente sul pianerottolo.

- Tutto in quest'ottica è interessante per te. Smettila di fare il difficile, io lo faccio per te perché so che hai avuto piuttosto fatica a pagare l'affitto di questo mese. Dimezzarlo ti darebbe la possibilità di utilizzare il denaro dei casi per fare qualche acquisto in più.-

Pensai alle mie costose scorte di cocaina che, inesorabilmente ,stavano per terminare e ammisi che qualche soldo in più non mi avrebbe fatto male.

- Allora, lo farai?- domandò Mycroft avvicinandosi alla scala che conduceva al pian terreno.

- Ci penserò su però non contarci troppo- e così dicendo rientrai nell'appartamento con mille pensieri nella testa e una sfrenata voglia di cocaina che placai esaurendo l'intera scatola di cerotti alla nicotina: non molto soddisfacenti ma certamente più economici.

 

Angolo autrice:

Eccomi con il mio ultimo capitolo, un tantino più lungo dei precedenti anche se devo ammettere che molto meno coinvolgente degli altri. Praticamente mi serve per introdurre l'incontro fra Sherlock e John che avverrà fra breve.

Ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia e sopratutto un ringraziamento speciale a Celestine e i suoi consigli.

  
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